Archive for December, 2018

Discorso di Santo Stefano, dovremmo conservare la festa del Natale ma abolire tutti i falsi sacramenti, aborrire i battesimi, i matrimoni e anche i funerali…


26 Dec

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Sì, ieri son stato da mio cugino, a Prato. Quest’amena, buffa città dell’entroterra toscano, poco distante da Firenze. Che ha combattuto per tantissimo tempo al fine di diventare provincia e soltanto nel 1992 è diventata un capoluogo.

Sì, credo di avere imparato ciò da poco. E da altre parti, in tempi assai recenti, ho scritto che non è affatto provincia. Sì, sono sbadato, è la mia caratteristica. Ero rimasto indietro. Io sono del ’79 e, quando da piccolo spesso me ne recavo, Prato non era provincia di niente. Da bambino ci vivevo perfino. Mia madre, laureatasi in Biologia a Firenze, aveva trovato lavoro, non ancora di ruolo, da quelle parti e girava da un paesino all’altro ove insegnava alle scuole medie. Che vita eccezionale… di continui viaggi spossanti e quasi mai un attimo di riposo. E manco scopava molto perché, appunto, mio padre non c’era. E, semmai, mio padre nel frattempo si rallegrava da solo, guardando le vallette di qualche varietà in tv. Sì, credo che gli piacesse Milly Carlucci. E ho detto tutto.

Molti miei parenti materni stavano e stanno tutt’ora a Prato. In prima linea, i genitori di mia madre, ovvero i miei nonni. Mio nonno è morto una decina d’anni fa, mia madre due anni or sono. Forse tre. Non ha molta importanza. Dopo che l’hanno malcurata al cuore. Poteva vivere ancora ma i medici, omertosi e bugiardi, la operarono scelleratamente e, sbrigativamente, ricucendo tutto alla buona come il chirurgo Totò di Totò Diabolicus, quando mia nonna schiattò dopo giorni di sofferenza estrema, preferirono oscenamente glissare, sussurrando… abbiamo fatto il possibile ma comunque era già molto anziana, è morta oggi ma, anche se fossimo stati meticolosamente scrupolosi, non le restava molto da vivere.

Bello schifo. Inutile tentare cause in questi casi. I medici hanno sempre il cosiddetto coltello, anzi, bisturi dalla parte del manico.

Ecco, mia nonna, quando io neppure frequentavo le elementari, mi teneva a casa sua perché mia madre era al lavoro. E mio padre a sua volta lavorava intanto a Bologna. Ma questo l’ho già detto o accennato.

Così ho fatto l’asilo a Prato. E, ogni volta che mio nonno tornava dal lavoro nella pausa pranzo per poi riprendere nel pomeriggio a far la guardia in banca, io, già tornato dall’asilo, gli urlavo dal balcone… hai portato i soldi e da mangiare? Ah ah.

A Prato vivono anche alcuni parenti di mio padre.

Sì, i miei genitori, come i miei parenti, sono del meridione ma quasi tutti sono emigrati al nord in cerca di maggiore fortuna. E quest’emigrazione, questa specie di esodo biblico si è spaccato in due tronconi. Fra quelli che si son stabiliti e stabilizzati a Prato e altri, non tantissimi invero, che son venuti a Bologna, ove io sono nato. All’ospedale Sant’Orsola.

Di tanto in tanto, quasi mai a essere sinceri, torno appunto a Prato, soprattutto nei giorni delle festività comandate, come Natale o Pasqua, date pressoché inderogabili. Che palle…

Ma torno solo da mia zia e mio cugino. Mio zio, il padre di mio cugino, è morto assai prematuramente dopo che si era già separato ufficiosamente da mia zia, sebbene divorziati a livello legale non lo siano mai stati.

E mio cugino ora abita dalle parti di Siena assieme alla sua compagna con la quale convive.

Ma, ovviamente, nel giorno di Natale, va a far visita a sua madre e pure io, a mia volta, faccio visita a loro.

Quando sono a Prato, mi sembra di essere precipitato in una realtà da Frittole, sì, l’immaginaria cittadina medioevale di Non ci resta che piangere.

– Ma veramente siamo nel 1400?

– Eh, quasi mille e 5.

Non che Prato, al di là delle sue costruzioni appunto medievali, non si sia modernizzata. Anzi, tutt’altro. È ora una delle città dalla cultura più fiorentina, no, fiorente. Culla di menti geniali, di fumettisti creativi, di artisti sopraffini.

Ma basterebbe il suo duomo, la sua cattedrale, ad attestare che Prato è figlia di un’altra epoca.

La cattedrale di Prato è stata eretta secoli fa ed è una delle costruzioni più antiche d’Italia. Pieve di Santo Stefano…

E la gente, nonostante oggi si sia globalizzata e internettizzata, ha conservato quel ruspante modo di fare schietto, alle volte anche fastidioso e troppo invadente, da amiconi, sì, un po’ alla Amici miei.

E tutti, a Natale, si abbracciano come fossero amanti, si salutano calorosamente, bevono e si ubriacano da compagnoni.

Una realtà ben diversa da quella bolognese. A Bologna, la gente è molto fredda. Forse più raffinata o forse solo più ipocrita. Non lo so…

Mio zio defunto, il padre di mio cugino, si chiamava Piero. Io avrei dovuto chiamarmi Pietro. Sapete bene che un’usanza tipica del meridione è quella di affibbiare lo stesso nome del nonno paterno al primo nipote maschio.

Dunque, mio nonno paterno, chiamandosi Pietro, anche lui morto oramai da un pezzo, ci rimase malissimo quando mia madre decise di chiamarmi Stefano. Distruggendo le tradizioni di famiglia… Pietro proprio non le piaceva. Ma, per dare il contentino a mio nonno, come secondo nome all’anagrafe mi diede Piero, sì, come il mio ex zio. Doppia presa per il culo, ah ah.

Sì, la Toscana si è sempre professata portavoce e detentrice della Lingua italiana, è stata la patria del Dolce Stil Novo.

Quindi, Piero, come Piero della Francesca, facevamo molto Santo Stefano rinascimentale. Ah ah.

Mah, la Lingua italiana è una balla che sia stata inventata dai toscani e dal Petrarca. Noi abbiamo origini latine, greco-romane, arabe, sicule, la dovreste finire con questi (capo)luoghi comuni.

Ché poi avrei da dirvene anche sul Petrarca. Sì, non il celeberrimo poeta del cazzo, bensì uno psichiatra da cui andavo, che aveva appunto lo studio a Firenze. Di me, come tutti, non capì una minchia e mi prescriveva farmaci totalmente sbagliati.

Mah, devo esservi sincero. Ho un’amica su Facebook, con la quale vorrei stringere qualcosa che vada oltre la semplice amicizia, con cui curarmi, ah ah, che si chiama M… a Petracca. Sì, Petracca, non Petrarca. E nemmeno patriarca! Secondo me, è molto più brava del Petrarca, ma soprattutto più bona… Che figa la Petracca, sono anni che cerco di scoparmela. Diciamocela! Ah ah.

Lei mi riempie di apprezzamenti ma ancora non si sente in grado, aggradata diciamo, di essere da me riempita di un duro appezzamento… Ah ah.

Sì, con questa salirei… di molti gradi ma devo procedere gradualmente. Ah ah.

Fatto sta che, nei giorni di festa, mi sento sempre infelice. E mi son pure riguardato Changeling, uno dei film più cupi del mondo. Vi è John Malkovich. Non so se lo sapete. Malkovich, che ha aperto vari atelier di moda, si è comprato una casa a Prato, davanti al Duomo. Sì, Prato è famosa anche per essere all’avanguardia nelle industrie tessili. E, tra un film e l’altro, John va a Prato. Adesso, pare che sia a Roma a girare The New Pope del Sorrentino. Sì, vorrei essere John Cusack di Essere John Malkovich, per sapere che cazzo c’è nella testa di uno che, come il Cusack, fa John di nome e Malkovich di viso anomalo…

Malkovich ha sempre avuto la faccia dello psicopatico pedofilo. E gli hanno dato spesso parti da cattivo maniaco come Nel centro del mirino…

Invece, in Changeling, fa la parte di un prete che salva la Jolie dal manicomio e assieme a lei combatte affinché venga punito in maniera esemplare un pedofilo assassino.

Quindi, l’altro luogo comune secondo il quale dalla faccia di una persona capisci tutto… è una stronzata monumentale. Andate a dirlo a quel morto di fame del Lombroso. Secondo le sue teorie psichiatriche di merda, se uno aveva una faccia da lupo, era socialmente pericoloso… Per fortuna è crepato questo porco.

Insomma, dobbiamo evolverci. Perciò, facciamola finita pure coi battesimi e tutto il resto.

Un bambino non ha coscienza e invece i genitori lo battezzano, obbligandolo sin dapprincipio a diventare un cristiano. Lo portano a catechismo e lo indottrinano.

I musulmani, d’altro canto e di contraltare, ah ah, credono a quell’Allah e poi si radicalizzano, divengono fondamentalisti e abbiamo il terrorismo.

I buddisti sono poi quelli peggiori. Visto che, avendo creduto a Cristo, l’hanno preso in quel posto per essere stati troppo buoni, disconoscono il cristianesimo e si danno alla contemplazione. Ma andassero a dar via il culo.

Io abolirei pure il matrimonio. Ché poi, appunto, come mia zia e mio zio, si litiga e il divorzio costa un occhio della testa. E a rimetterci sono i figli.

E finiamola anche coi funerali. Il dolore è qualcosa di pudicamente privato.

Sono orribili i funerali. Muore un tuo caro, la persona a te proprio più cara e, anziché potertene star tranquillo a soffrire in silenzio, devi svolgere i preparativi per la messa, comprare la bara, contattate le pompe funebri e persino sorbirti parenti e amici falsissimi nel giorno dell’ultimo addio.

Sì, i parenti non si scelgono. Gli amici, sì. Le donne, anche. Sì, sono terrificanti i funerali.

Arrivano a farti le condoglianze delle persone a te apparentate solo per albero genealogico con le quali non hai mai avuto niente da spartire.

Che ne so, tu sei un prete come Malkovich e invece un tuo parente è un troione che fa turismo sessuale.

Ecco, vediamo di finirla con questi rituali, con queste falsità.

Di mio, ho appena ordinato l’unica copia rimasta in Blu-ray di Changeling. Edizione inglese con audio in italiano perché in Italia, un Paese d’idioti, il Blu-ray non esiste.

Qui da noi esistono e hanno successo soltanto le idiozie, le banalità, le festicciole, le scemenze.

E ho detto tutto… Ecco, dopo tutte le batoste che ho ricevuto, abiuro?

Io non abiuro manco per la Petracca. Grande figa, la Petracca. Ah ah.

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Racconto di Natale, una storia assurda, tanto incredibile da essere reale e buon Natale alla Changeling


25 Dec

Film Title: The Changeling

Ieri sera, ho rivisto Changeling, uno dei grandi film più sottovalutati di Eastwood. Che assai presto recensirò.

La prima volta che lo vidi fu in una sala cinematografica a Rastignano, in provincia di Bologna. Era pieno novembre, il novembre dell’oramai lontano, orribile, almeno per me, 2008.

Era sabato e avevo ricevuto il permesso di due giorni per tornare a casa.

Perché stavo svolgendo servizio militare ed ero stato congedato per il fine settimana? No, io son stato obiettore di coscienza, il servizio civile lo svolsi nel 2000, se non ricordo male. Sì, o meglio nella stagione 2000-2001, anno più anno meno. Dovrei, per esservi più preciso, andare a controllare l’attestato rilasciatami dopo averlo terminato e che conservo da qualche parte nella marea di scartoffie e documenti, certificazioni e ciclostilati burocratici che ho ficcato in uno dei tanti cassetti del mio appartamento.

Sì, svolsi servizio civile in Cineteca perché, dopo i due giorni di leva, fui dichiarato perfettamente a posto, normalissimo, di sana e robusta costituzione e dunque non mi riformarono e dovetti attenermi, come ogni bravo cittadino italiano, a quest’onere a cui tutti i ragazzi maggiorenni adempivano quasi immediatamente se non potevano rimandarlo per motivi di studio o per gravi problemi familiari.

Cosicché, trascorsi pochi mesi dalla leva, mi giunse a casa la lettera secondo la quale, nel giro di un paio di settimane, forse qualcosa in più, avrei dovuto presentarmi ai vari uffici con la mia domanda da obiettore. Non ricordo esattamente, forse i funzionari dello Stato, dopo che compilai i questionari e mi sottoposi alle varie visite mediche, mi chiesero in quel posto fatiscente se volevo far il militare, la cosiddetta naia, o se invece preferisco dichiararmi un pacifista come Stanley Kubrick o Terrence Malick e non avessi alcune intenzioni belliche, come si suol dire. Insomma, mi domandarono se fossi un fervido sostenitore delle teorie contro ogni forma di guerra come Gino Strada. Ah ah.

Sì, scusate se la memoria, dopo circa vent’anni da allora, un po’ mi tradisce. Insomma, non mi ricordo se feci domanda subito come obiettore oppure, soltanto dopo aver superato brillantemente la leva, mi fu chiesto di presentar domanda.

Fatto sta che inoltrai un’altra domanda. Come forse sapete, all’epoca, prima che abolissero la leva obbligatoria, chi aveva deciso di svolgere il servizio civile, poteva, nel limite del consentito, vagliare alcune opzioni rispetto ai luoghi nei quali avrebbe dovuto ottemperare a quest’obbligo irrinunciabile.

Fra i vari posti sottoposti alla mia attenzione, fortunatamente, essendo io da sempre un cinefilo incallito, vi era niente meno che la Cineteca di Bologna. Subito, mi affrettai a selezionare quella “crocetta”, inoltrando seduta stante il documento per battere la concorrenza. Ah, di certo non volevo finire a pulire il culo agli anziani e a sorbirmi quasi un anno in mezzo a persone che, con tutta la stima e il bene del mondo che posso voler loro, sicuramente avrebbero infranto, col loro carico di tristezze e malattie spesso, ahinoi, penose, il mio gaudente giovincello che voleva vedere il mondo nella sua luccicante bellezza più sana e portatrice di letizia.

Ebbi grande didietro, lo ammetto. E, infatti, fui scelto assieme ad altri tre miei concittadini dalla Cineteca di Bologna.

Cazzo, i primi giorni ero spaventato. Era un ambiente del tutto nuovo, pieno di cinquantenni boriosi e schizzinosi. E io, sebbene avessi già vent’anni suonati, mi sentivo un imbarazzato, timido pesce fuor d’acqua. Ma la paura scomparve abbastanza presto. Prima mi affiancarono a una bella signora, la Marc… san, sì, forse di origini veneziane, una donna con delle cosce stupende che, però, mi guardava dall’alto in basso, mi squadrava sempre con pose da stronza insanabile e mi dettava i numeri da scrivere e da appioppare ai manifesti e alle locandine che dovevo pazientemente enumerare come un monaco amanuense de Il nome della rosa.

Era una bella donna, indubbiamente, anzi, vi dirò di più. Secondo me, col suo fare altezzoso, mi provocava apposta perché s’era accorta, all’istante, che ero l’unico che non ci provasse con lei. E il mio atteggiamento schivo, pudico e timoroso non poco paradossalmente la metteva in soggezione e la disturbava, non riuscendo lei a spiegarsi perché fossi schifosamente taciturno, indisponente con la mia atimia e non le lanciassi, come tutti gli altri, delle occhiate bavose, desiderose d’invitarla a cena e semmai scoparmela.

Cazzo, avevo vent’anni, non ero più un bambino, lei in verità non era molto più grande di me. E allora non capiva come mai un ragazzo discretamente di buon aspetto fosse così chiuso e non si lanciasse.

Sì, le piacevo, ma aveva un modo assai strano di dimostrarmelo. Sogghignava e cercava di trattenere le risate, pensando fra sé e sé, come cazzo devo fargli capire che mi piacerebbe se si azzardasse a fare la prima mossa? Sì, ero io che doveva fare la prima mossa. Se l’avesse fatta lei, i suoi colleghi l’avrebbero scambiata per una poco di buono che circuiva, oscenamente troia, i ragazzi obiettori da immorale, sessuale predatrice porca.

Alla fine, mi mandò a fanculo. Sì, non sopportando oltremodo la mia ritrosia allucinante, trovò una scusa bella e buona per sbattermi… via dal suo ufficio e mi fece accoppiare… con uno scimmione quarantenne obeso, sozzo e lercio, scoreggione. Era il fotografo della Cineteca. Un semi-invalido che nella vita non aveva trovato di meglio.

Furono mesi interminabili nei quali dovetti sopportare tale gorilla flatulente che, afflitto da nostalgie tardo sessantottine fuori tempo massimo, mi parlava dei suoi miti musicali, di Lou Reed, Nico e compagnia bella. E mi voleva invogliare al maledettismo più di maniera. Mi disse anche che apparteneva al cosiddetto gruppo degli Enfatisti: gli Enfatisti furono per la decadente e post-politicizzata Bologna una scarica di adrenalina narcisistica e autodistruttiva

Una sera, invitò me e gli altri tre ragazzi obiettori, a casa sua. Preparò il pollo con le sue mani unte e bisunte e stemmo assieme, appassionatamente, fino a notte inoltrata, ad assistere alle elezioni presidenziali americane. Sì, si stavano compiendo (oh, ora mi viene in mente l’anno esatto, il 2000) le votazioni per eleggere il nuovo Presidente degli Stati Uniti. Lo scontro era tra Al Gore e quel figlio di puttana di George W. Bush, la testa di cazzo che, con la sua politica da macellaio, è stato uno dei responsabili della tragedia delle Torri Gemelle. Avvenuta infatti l’11 Settembre dell’anno successivo.

Devo dirvi la verità. Mi fece molto bene quell’anno. Fu tostissimo, duro più di Bruce Willis, ma mi svegliai parecchio, stando a contatto da mattina sino a pomeriggio pieno con tutta quella gente. In realtà, io son sempre stato sveglissimo ma mi piaceva dormirmela. Ah ah.

Fu al termine di quest’anno che cominciarono i casini. La gente attorno a me, accortasi della mia metamorfosi comportamentale, di una sorta di risveglio ai limiti dell’inverosimile, cominciò a chiedermi spiegazioni, non capendo più chi avesse di fronte. Come… uno che aveva passato quasi tutta l’adolescenza barricato nella solitudine delle sue notti malinconiche, ora, di punto in bianco, che si era messo in testa? Ah, doveva subito ora cercare lavoro o continuare gli studi che aveva interrotto. Eh sì, non era “malato”, come per qualche anno orrendamente si era arbitrariamente supposto, era solo un povero stronzo che, terminati i suoi obblighi, diciamo, coscienziosi, ancora se la tirava da artista ante litteram e adesso gli era perfino balzata in mente l’idea folle di scrivere un libro di memorie autobiografiche, romanzate e cazzute.

Dopo tira e molla estenuanti, indagini alla mia psiche, congetture, pettegolezzi, incomprensioni ai limiti del grottesco più furibondo, ecco che davvero cominciò un’altra indagine.

Stupefattomi e stufatomi di essere preso per i fondelli, mi accomiatai da quel delirio e ricominciai davvero a pensare a me.

Dato che amavo infinitamente il Cinema, volli iscrivermi al DAMS. Ma dovevo prima diplomarmi. Sì, avevo interrotto il Liceo Scientifico ed era oramai troppo tardi per ributtarsi lì. Tanto, cultura ne avevo già da vendere, in quegli anni da mio autodidatta superbamente lontano dai miei coetanei stronzissimi, avevo letto più libri io dello stesso Umberto Eco. Il diploma, il primo che mi capitasse a tiro, mi serviva solo per accedere a quella facoltà da me designata. Che poi comunque è una stronzata, diciamocela. Non è la Laurea al DAMS a renderti Orson Welles. Parafrasando Totò, signori si nasce e io modestamente, emulo di Bob De Niro lo nacqui.

Incontrai nel frattempo anche una ragazza di Trieste e poi pure un’altra. E in quel periodo mi sverginai perfino.

Ma, nei vari forum su Internet, mi arrivavano missive devastanti, con offese infamanti, calunnie obbrobriose e qualcheduno scrisse addirittura e addusse che una di queste due ragazze, da me mostrata su YouTube, era una prostituta raccattata sulla strada e dal sottoscritto, dietro laido pagamento, fosse stata obbligata a filmarsi amoreggiante con me per far sì che, finalmente, dopo anni in cui fui adocchiato come uno sfigato cosmico, volevo dimostrare che non ero un citrullo poco dotato in ogni senso, impotente e vigliacco. In verità vi dico che Rocco Siffredi m’ha sempre fatto un baffo. Lo sanno i miei ex amici coi quali giocavo a Calcio. I quali, quand’eravamo tutti ignudi nello spogliatoio, mi guardavano come fossero tutti omosessuali. Eh sì, in mezzo alle gambe, nonostante non l’abbia dato molto a vedere, c’era e c’è qualcosa di molto succulento.

Ma non perdiamoci in desideri maschili e non. In seguito a tali atti spregevoli e diffamatori, mi comportai da scriteriato e cominciai a sbraitare a destra e a manca.

Al che, come se non bastasse, essendo io tanto irrequieto e in preda a ire fortissime, fui sottoposto a una perizia, eseguitami da uno psichiatra totalmente pazzo e di una superficialità da far ammattire davvero.

In solo mezz’ora di colloquio, quando tentai di spiegargli la situazione, addivenne boriosamente, senza voler sentir ragione alcuna, che fossi paranoico e schizofrenico.

Dopo pochi giorni, vennero i carabinieri a prelevarmi coattamente. E mi trascinarono alla clinica psichiatrica più rinomata, si fa per dire, di Bologna. Finiti, sfinendomi, i quattro mesi orrendi di sedazioni e neurolettici, imbottito com’ero di tranquillanti in seguito ai quali a stento riuscivo a parlare e a camminare, i medici, dopo un’attentissima osservazione, sì, osservandomi così malridotto, incapace di esprimermi, decisero che per il mio bene dovevo essere trasferito lontano da genitori e amici.

Bello schifo.

Ed è per questo che, nel novembre del 2008, ebbi quei due giorni di permesso da quella sorta di comunità terapeutica e potei vedere a Rastignano il magnifico Changeling.

In quel posto di matti, ove io non stavo a dirci nulla, come infatti sostenuto dallo psicologo del luogo, il quale si accorse dopo trenta secondi nei quali gli parlai che si era trattato di un enorme, mostruoso equivoco giudiziario e diagnostico, e lottò affinché potessi essere liberato il prima possibile (ed è per questo che mi concedeva permessi a iosa, cose che ai “matti” sono assolutamente proibite), dovetti avere la forza immane di tenere tutto dentro, mantenendo una condotta ineccepibile che permettesse di appurare che, in effetti, era stato commesso un criminoso errore, anzi, un orrore.

Fui quindi liberato ma l’iter burocratico durò altri quattro anni, in cui fui costretto a dimostrare la mia sanità mentale.

E, in un flagellante, umiliante percorso riabilitativo ingiusto e spossante, dopo che mi sbudellai, distrussi il fegato, dopo che lavorai perfino sottopagato per acclarare che ero socialmente funzionante, fui dimesso.

Vi svelo questo, se non lo sapete. Una persona dichiarata matta, nel novantanove percento dei casi, è matta davvero. E, in quanto matta, non essendo cosciente della sua malattia mentale, nonostante tutti provino dolcemente a spigargliela, rimane matta tutta la vita. Perché la sua malattia mentale non le permette di comprendere la patologia della quale è affetta, poiché una persona matta soffre appunto di manie interpretative e distorce ogni cosa sulla base della sua alterata percezione della realtà.

Nessuna persona viene dimessa da un centro di salute mentale. Provate a informarvi e chiedete in giro.

Quindi, se ciò è accaduto, è perché i medici stessi, sconvolti, si eran accorti che la diagnosi era infinitamente sbagliata.

Insomma, ero stato cornuto e mazziato. E in questi casi nessuno ti risarcisce.

Al che, dopo poco, passato circa un anno dalla mia dimissione, imbufalito per tutto l’inferno che avevo dovuto vedere, mi sfogai ancora.

E giù di altre diagnosi inventate giusto per legalizzare e burocratizzare il casino successo. E per evitare beghe. Sennò si doveva giustificare l’ingiustificabile. Chi mai se ne sarebbe preso la briga?

Nessuno che voleva avere il coraggio di ammettere i propri scellerati sbagli, partoriti dalla fretta cattivissima consigliera e dall’arrembante sveltezza di uno psichiatra immondo che io vedrei bene, appunto, a pulire i glutei dei vecchi per scontare le sue vergognose diagnosi che hanno rovinato e spezzato centinaia di ragazzi soltanto bisognosi di essere ascoltati. Analizzati in momenti sbagliati.

Oltre alla mia tragedia, una settimana fa n’è avvenuta un’altra.

Sconvolgente.

E io sono dispiaciuto davvero.

Io ero solo arrabbiato.

Ma, nonostante ciò, auguro a tutti buon Natale.

Perché, come narra la leggenda di Changeling, io sono un folletto.

Forse, in questa brutta storia, non saprò mai chi è stato il deficiente che all’epoca mi perseguitava e mandava, vilmente, messaggi tanto da provocatori d’aver scatenato tal evitabilissimo putiferio. A me non lo confesserà mai. E io voglio soltanto che schiatti nel dolore della sua colpa.

Comunque, festeggiamo, e presto uscirà in cartaceo il mio nuovo libro.

Ringrazio il mio John Malkovich, che io so chi è ma non posso rivelarvi, strepitoso personaggio che mi ha salvato dalle grinfie della follia altrui, non la mia.

È un uomo che mi ha detto: – Vedi, le istituzioni hanno potere e non vogliono che la loro integrità possa essere minata. Quello psichiatra non ammetterà mai il suo sbaglio, gli stessi in medici e quelli che ti hanno avuto in fantomatica cura non riconosceranno i loro scempi. Perché altrimenti sarebbero radiati dall’albo.

Preferiscono dire che andavi curato anche se non ne avevi alcun bisogno e ora, dopo la cura immaginaria, stai bene ed evviva la vita.

Ti saluteranno con una stretta di mano e ti sorrideranno. Anche se, una volta che chiuderai la porta, penseranno… mio dio, che cazzo abbiamo fatto…?!

– Ma è una menzogna terrificante. Ricusare la patologia del loro malato cervello, il loro delirante abbaglio colossale, negare di aver sciupato anni di vita con una diagnosi fuori di testa.

– Lo so. Ma resisterai e vincerai, come infatti hai vinto.

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di Stefano FaloticoFilm Title: The Changeling Film Title: The Changeling

Oggi che è Natale, festeggio il 2019 perché mi tira il culo, cosa mi è successo in quest’an(n)o?


24 Dec

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Non sono cazzi che vi riguardano. So che siete sempre interessati ai miei cazzi ma ne ho solo uno e non mi piace offrirvelo. Lo servo come un dolce struffolo caldo a una donna da riempire del mio candito.

Che poi a me piace più il pandoro. Il pandoro è come una pornostar. Io conosco tutte le pornostar.

Sì son donne da bue e asinelli che riscaldano col loro fiato il bambinello e lo viziano, lo corrompono sin da subito. I re magi gli portano i doni profumati e lui cosparge codeste zoccolone, incensandole incessantemente del suo oro colante, egli tutte le mira e, mirabilmente, ammirandole le crocifigge, poi le imbalsama con la sua cremosa mirra. Sin ad ascendere al paradiso dopo essersi fatto uomo reincarnato nella pelle di tali Maddalene invereconde.

Io da piccolo mi chiedevo sempre che cazzo fosse la mirra. Mi chiedevo anche cosa fosse un porno. Ai miei tempi, non c’era la pornografia online. Al che, se volevi vedere qualcosa di movimentato, qualcosa per l’uccello fumante, dovevi comprarti una tessera per noleggiare questi film proibiti da Il nano e La Mela, ove ritiravi videocassette già tutte lerce, passate di mano in mano, per sconcezze personali d’inconfessabile masturbazione probatoria. Sì, probatoria, era registrato nell’archivio informativo, dopo che pagavi la fattura, che avevi noleggiato un porno. E quindi quello del negozio, con tanto di foto segnaletica sulla tua carta d’identità, sapeva benissimo che quella sera ci avevi dato dentro… sì, certamente uno non noleggia un porno per commuoversi e piangere come davanti a Jules e Jim, ma per slegare il suo Big Jim dinanzi a quelle Barbie tutte lisc’. Versando gocce di sudore, incalzando nell’orgasmo montante, gestito in piena autonomia senza paura della prestazione con una donna che ti rompe i coglioni, è già venuta e ti obbliga ad accelerare quando invece volevi ancora lentamente assaporare il sapor lievitante del tuo membro strusciante, croccante.

Eh sì.

Ora, le più grandi fighe della pornografia americana degli ultimi vent’anni sono queste:

Brianna Beach. Noleggiate il film Control 4 e andrete Fuori controllo come dei pazzi Mel Gibson nell’omonima pellicola di Martin Campbell.

Parliamo di un culo strepitoso, ah, Brianna.

In fatto di culi imbattibili, ficchiamo alla grande anche la mitica Naomi Russell. Beccatevela nel film Ass Addiction e poi mi fate sapere… se dopo la prima visione, la vostra pressione è normale, siete indubbiamente froci.

Una delle mie fisse è stata Rhiannon Bray. Una faccia un po’ da uomo ma un Lato B che neanche Sofia Loren di pene, no, Pane, amore e fantasia. Sì, una vera ciociara questa Naomi.

E naturalmente Kendra Lust.

Ma avrei tante da raccontarvene.

Bene, ora pensiamo ai buonismi del Natale e basta con le cazzate, ah ah.

In questo anno son successe molte cose brutte e molte cose belle.

Dopo queste bellone, parliamo delle cose bruttarelle forti.

Innanzitutto, il cinese da cui andavo ogni mattina a prendere il caffè… ha chiuso baracca e burattini. Perché strozzato dai debiti. E io non posso più parlare da Ghost Dog con uno col quale ero in perfetta sintonia ma non capivo una minchia di quello che diceva. E lui rideva. Mah.

Per mesi, ho svolto un telelavoro ove mi son fatto il mazzo e spaccato il culo. Ma la ditta per cui prestavo servizio è fallita e io non ho visto neanche un Euro per pagarmi il caffè. Ho detto tutto.

La zia di mia madre è morta, io invece, dopo cinquemila anni di diagnosi bacate di psichiatri, questi sì, puttanieri, son stato scagionato da ogni impiccagione al mio uccello, represso per tempo immemorabile con farmaci contenitivi.

Contenitivi di che? Faccio, a parte qualche vizietto, una vita da monaco. E, appena entro in un posto pubblico, dei troioni di un metro e novanta m’inculano a sangue di battutine perché capiscono, al primo sguardo, lontano un miglio, che non sono un maniaco sessuale come loro. E, da virili machi orgogliosi delle loro aggressività sessuali, vogliono coglionarmi perché stanno assieme a donne palestrate e mi dicono che non gliela faccio.

Saranno pure bone le lor signore ma le porti a vedere un film di Clint Eastwood e pensano: ah sì, Eastwood, quello con le pistole…

Quello con le pistole.

Devo dirvi la verità. Da quando mi son abbonato a Netflix, vado pochissimo al cinema. Mi son stufato di tutti questi tamarri che ridono alle battute sbagliate, che mangiano come dei maiali, che sghignazzano, di lingue salivano con le loro oche ritardate e sono degli analfabeti, non soltanto dei quotidiani nazionali, ché mai sfogliano manco a pagarli, nonostante ritirino lo stipendio a fine mese, parlando di Calcio tra una scartoffia e una penna stilografica senza inchiostro, ma non conoscono la lettura dei film.

Zero spirito critico. Sono però quasi tutti laureati. Sì, imparavano a memoria venti pagine al giorno per pigliarsi dei buoni voti e si son dunque sistemati, dietro certificato statale, negli uffici comunali.

Da allora, sono l’incarnazione delle migliori pellicole di zombi di George Romero. L’unico momento di loro vitalità è quando con le loro sceme d’imbecillità scopano puzzolenti, scoreggiando tra una botta e un piatto di maccheroni. Allegria!

Mi sa che l’ultimo film che ho visto al cinema è stato Ore 15:17 – Attacco al treno. La storia della mia vita. Sono come Spencer Stone, un coglione mai visto dal quale mai ti aspetteresti una mossa del genere.

Sì, e mi sa che il nuovo film che vedrò al cinema sarà The Mule.

Ma cos’è questo Mary Poppins con Emily Blunt? Diciamocela, non va affatto bene per la parte.

Julie Andrews aveva classe. Questa Blunt invece è solo una strafiga zotica. Ma siatele Sicario.  Dai, questa è una bagascia da viali. Che c’azzecca con un personaggio così tenero da zucchero a velo come quello sul pandoro? Sì, è una mezza pornoattrice tale Emily. Forza, negri, pompatela di “supercalifragilistichespiralidoso” Merita solo di essere sbattuta!

Eh, secondo me, al di là delle belle gambe, questa Blunt, in quanto a Poppins, no, poppe, fa schifo. È piattissima.

Suvvia, vada a lavare i piatti.

Fra le altre cose brutte, son avvenute tragedie incolmabili, lo so.

Compresa la mia. L’unico genio con quasi cinquanta libri all’attivo e il conto in banca che nemmeno quello al semaforo vicino via Prati di Caprara, qui a Bologna. Ho detto tutto. Che vita!

La verità va detta. L’abbiamo preso tutti in culo. Chi più chi meno. Roba che le donne pornostar si sognano.

Sì, loro al massimo avranno preso inculate mille volte.

Io direi che noi ne abbiamo prese molte, molte di più. Loro, fottute così tanto, sono miliardarie.

Noi siamo senza una lira e morti.

Complimenti a questa bella società di puttane.

Buon Natale!

E, mi raccomando, scartiamo i regali.

Quale sarà la sorpresa?

Sì, domani mi faranno una diagnosi di schizofrenia alienante con anomala depressione inchiappettante, portandomi vicino al coma farmacologico e al suicidio scampato per un pelo, e finché la barca va… lasciala andare.

 

– Stefano, ma davvero guardi i porno? Che vergogna!

– Tu invece cosa guardi?

– Io sono alto, alto, altissimo!

– Sì, attento a non sbattere la testa al soffitto. E che ti cada una tegola.

 

Emily Blunt è un’ottima attrice? Mah, a me sembra un’eccezionale leccatrice. La faccia c’è tutta, poi tiene il microfono come fosse quello duro di Siffredi.

Non è una volgarità da demente, la faccia di Emily non mente!

 

di Stefano Falotico

In questo rigido clima prenatalizio, mi sento Tito, sì, come Andronico, il cognome di un mio amico, un terrone sanguigno


23 Dec

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Ecco, partiamo dal mio palazzo. Una congrega di fattucchiere, di pazzi, di stregoni, di maghi e incantatrici. Me non m’incantano. M’incantavo solo sul culo della figlia del Fiorini, un culo incantevole. Prendevamo assieme l’ascensore e io, in quel frangente ascendente, respiravo l’odore lieve del suo farmelo salire imbarazzato. Camuffavo sempre l’evidente erezione grazie al mio giubbotto lungo di pelle che arrivava quasi fino al ginocchio. Ah, gran gnocca. Era timidissima con me, io ancora di più. Me la facevo nelle mutande, ah ah. Poi, chiavavo… la porta del mio appartamento. Ah, con quella non c’era speranza. Bella era bella ma, cazzo, era una moralista bigotta con tanto di cintura di castità nel cervello. Per sprangarla, dovevi chiamare Ash de L’armata delle tenebre, sì, quello del reparto ferramenta.

Il marito della mia vicina di casa invece mi è sempre parso Bob De Niro di Nascosto nel buio. Un lupo che pare un angioletto, educatore falsissimo di sua figlia. Ha sempre temuto, da troppo premuroso qual è stato, che la sua prediletta, unica pargoletta impazzisce. E, dopo Ragioneria, anziché invogliarla a studi più affini alla sua anima strappalacrime, la inibì completamente. Codesta, dovete sapere, era una patita di Claudio Baglioni, eh sì, l’avrei vista come laureata in Scienze Pedagogiche, come futura maestrina castratrice delle voglie adolescenziali sanissime dei suoi allievi libidinosi in piena crescita ormonale, inculcando loro in testa e nei testicoli canzoni retoriche da Strada facendo e ficcandoli… a vedere Piccolo grande amore con Raoul Bova, uomo sul quale si masturba ancora segretamente, immaginando di esser bona come la Snellenburg. Suo marito è invece creaturale, tenerissimo, già, è quello de La forma dell’acqua. Ho detto tutto. Sì, non scherzo, per non annegare, travolto dalle umiliazioni poiché dalla nascita dislessico, gli son venute le branchie. Mah, adesso fa la cura dimagrante e mangia solo il formaggio Leerdammer, ideale per i panini e la carne nuda e cruda della sua cultura bovina. Ma torniamo al padre. Accortosi che la figlia non gliela poteva fare, la sbatté dietro la scrivania, raccattandole un lavoro da mezza segretaria del cazzo. Contento lui, contenta lei, contenti loro che guardano Buona Domenica.

Sì, il marito della mia vicina è De Niro del film di John Polson. Con tanto d’impermeabile giallo e lui che spunta fuori dalla cantina coi barattoli di marmellata e incesti, no, cestini di frutta. Per ipocrisie familiari psicologicamente parricide a base di vite spremute e acide come il limone.

Ah, la figlia d’estate, dopo essersi depilata le cosce, spendendo tremila Euro perché durante l’anno l’è cresciuto un muschio da addobbo dal presepe, va a Riccione con tanto di ricciolini da Teresa Mannino e mangia, sulla spiaggia, pesche lisce come la pelle delle gambe di Diane Lane dei bei tempi. Ah, Diane Lane, era da riscaldare come la lana. Da esserle frusciante lungo tutto il corpo come Tarzan con le liane.

Appena però si tuffa al largo, la ritenzione idrica mette in mostra ogni smagliatura e lei appare davvero per quel che è, senza trucco e senz’inganno. Cioè Bette Midler di Hocus Pocus.

In fondo, comunque, è una buona famiglia. Potrebbe piacere a Robert Redford, paladino delle vite dolcemente democratiche. Anche a Patrizia Rossetti, quella delle televendite. Con questi farebbe una fortuna, Patrizia. Riuscirebbe a vendere loro anche un materasso coi chiodi, dicendo a costoro: – Oh, finalmente qui potete godervela.

Sì, si son comprati il lettino della Rossetti. Convinti che erano chiodi morbidi come L’Eminflex.

Tralasciando il mio palazzo, assisteremo ancora alle infuriate di Vittorio Sgarbi, l’unico uomo di cultura che, ogni tre frasi, urla vai a dar via il culo come neanche un camionista puttaniere del comune denuclearizzato di una cittadina lombarda.

Dal primo gennaio va in pensione. In manicomio, no? Non è che Vittorio farà la fine di Jeremy Irons in Die Hard – Duri a morire con Aldo Busi nella parte di Bruce Willis?

Con Vittorio che gli urla capra, capra, capra e Busi che gli dà del mentecatto e chiama la neuro?

Di mio, sono ancora Macaulay Culkin di Mamma, ho perso l’aereo. I ladri e gli adulti porci vogliono derubarmi, soprattutto l’anima, ma li fotto io e mi guardo pure i vecchi noir.

Sì, fra l’altro, non so se avete notato, in quei film gialli ci son sempre delle fighe pazzesche. Rita Hayworth, Ingrid Bergman, Greta Garbo, Scarlett Johansson di Black Dahlia, storie di uomini duri e di donne coi reggicalze. Di prostitute ambite, di regine maledette, di femme fatales impertinenti.

Sì, sì, ce lo spariamo questo filmetto… perché, in questa notte buia e tempestosa, come si suol dire, ho bisogno di una vicenda contorta e di una passera solitaria un po’ puttana.

La gente è sempre stata preoccupata per me. Diceva… ah, ma stando Home Alone, tal Falotico diventerà scemo. Perché mai?

Da soli, senza rotture di coglioni, puoi scoparti chi vuoi, virtualmente e non, quando lo desideri e non devi timbrare neanche il cartellino per tirar su famiglia e semmai una figlia sciroccata, depressa, sciocca e demente.

Buon Natale a tutti gli scemi del villaggio, a chi a fine 2018 guarda C’è posta per te, a chi ascolta Giorgia che stupra Una storia importante di Ramazzotti in radio, a chi si crede intenditore di Cinema, recitando a pappardella le sinossi di FilmTv.it, e soprattutto agli idioti che dicono al prossimo di soffrire di disturbi psichici e dal cielo, di giustizia divina, gli è arrivata una mazzata che neanche un fuoricampo di Joe DiMaggio.

Lezione di vita numero quattro, dopo le prime tre di Ronin.

E dopo il Decalogo di Krzysztof Kieślowski.

Sono uno stronzo fuori di testa, cinico e porco? Magari, sarei ricco e invece spero che mi assuma la donna delle pulizie, appunto, del mio palazzo. È l’unica che salvo di questo stabile. Non sa leggere ma sa detergere… sì, come scopa lei, nessuna. E dovreste vederla, da dietro, come pulisce con lo strofinaccio le scale. Sì, lei è lì, chinata a novanta sulle scale e io, prima di pigliare l’ascensore, di occhio indiscreto della fotocamera, scatto impunemente un selfie che può sempre servire nel caso dovessero licenziarla. Ah ah.

È molto buona questa delle pulizie. Io di più. Ah ah.

La gente non ha avuto alcun rispetto delle mie passate, potentissime sofferenze fisiche e psicologiche. Sì, non ho vergogna a confessare delle mie paure e delle mie giuste angosce di anni e anni or sono. Anzi, se mi ammazzavo o mi sedavano come un cavallo, se tutta la mia rabbia, dovuta ad anni di menzogne, raggiramenti, prese in giro invalidanti, suggestioni sferzate senza sprezzo del pudore, attacchi alla sessualità e altre orripilanti bassezze simili, se in seguito a offese animalesche, mi fossi ribellato, come infatti furiosamente è avvenuto tragicamente, la gente, delittuosa e criminale, tanto criminale che, inducendomi a reazioni così scellerate, volle far passare me per delinquente, sarebbe andata a festeggiare, a brindare perché un coglione in meno s’era tolto dalle palle. E, mentre loro tracannavo come maiali, io me ne stavo solo al freddo come Kinski di Nosferatu. Con in mano solo le foto della donna delle pulizie. Ah ah.

E mentre loro ridevano, ballavano, si ubriacavano, scherzavano, io dovevo star accorto a zittirmi, imprigionato nella falsità e nella loro vigliacca omertà.

Per anni, durati un tempo infinito, sì, a molti non è importato un cazzo di me. Assolutamente. Ero solo l’autista, il diverso che diverso non è affatto, anzi è decisamente meglio, il pagliaccio da deridere perché accusato di superbia, il burattino con cui giochicchiare negli attimi di noia, il genio malato da mutilare, dimezzare, castrare e demoralizzare, da non cagar di striscio e al quale in faccia compassionevolmente sogghignare dietro le spalle, anzi, come dico io, per le loro fottute palle. E a nessuno è mai fregato nulla di quello che provavo, sentivo, se ero innamorato, se ero incapricciato, perfino, se ero appunto folle o se mi straziavo nella malinconia, se leggevo mille libri e fantasticavo da sublime poeta, se mi arrabbiavo, tenendo tutto dentro, o mi frustravo nel mutismo più avvilente e impotente. Nessuno, nella maniera più totale, sconcertante, agghiacciante, nessuno che sia venuto a casa mia a risollevarmi. No, nessuno.

A nessuno è mai, fra l’altro, diciamocelo, importato se mi piaceva Shannon Tweed. Oh, Shannon era una zoccola da avere.

Anzi, appena mi sono mostrato, appena ho avuto il coraggio di confessare il mio animo, giù di altre infamie, di altre porcate, di altre recisioni alla coscienza. Di altre superficialità, idiozie, banalità e amenità. Di altre scorribande vili e turpi perché da dietro un pc, con un ottimo profilo falso, si può sparare a zero e poi aspettare che il fesso di turno, in tal caso il sottoscritto, s’infuochi per addebitargli così qualche mentale disturbo. E continuare a ridere da matti. Uh ah, ah ah, che divertimento! Che festone!

E dunque, dinanzi ai loro mali, per quanto devastanti e orribili, non m’impietosisco. Di certo non gioisco ma nemmeno piango. Al massimo, rifletto.

Rifletto e soffro anche. Sono partecipe del loro dolore.

È anche il mio. Così è.

Parola del Signore.

Parola del Punitore.  Dei suoi sbagli.

Sì, in verità ho punito solo me stesso. Pensate, dopo esser venuto sulla foto di quella delle pulizie, andavo dal prete a dirgli che questa qui era il demone Pazuzu de L’esorcista. Cristo! Questa delle mie pulizie, pensate, mi ha posseduto totalmente.

Tant’è che, da una vita non ascoltavo più Zucchero e il suo album Oro, incenso e birra, mentre l’altro giorno, totalmente schizzato… ho cantato a squarciagola Diavolo in me!

Parola del Salvatore, cara società schizofrenica di merda.

Parola del più forte di tutti. Sì, qualche volta. Quando me la tiro… e me ne sbatto.

Del più immensamente cattivo. Del più autenticamente buono e che ha persino concesso il perdono.

Sì, sono cattivissimo. Mando le mie foto alle modelle troie da tanti uccelli su Instagram per ricordare loro che c’è un cazzone in più.

Del più spietato, del più bravo, del più veloce, del più vero.

Oddio mio, oh, Gesù!

Oh, Madonna santissima!

Parola dell’angelo sterminatore! Soprattutto di sé stesso. Scusate, ora devo mangiare un torroncino.

Questa vita è stata una tragedia. Come quella di tutti. Era meglio se Dio, anziché creare il mondo, se ne fosse rimasto ficcato nel suo buco nero. Ma non quello della Vergine Maria. Pensate, la maggior parte delle persone a Natale festeggia uno che pensano che sia nato per inseminazione spaziale. Sì, Christopher Nolan, con la storia dell’inseminazione in vitro per Via Lattea, potrebbe girare una puttanata fantascientifica più figa di Anne Hathaway. Sì, tanto la gente si beve tutto. E abbocca alla favoletta di un mulatto della Palestina che si è fatto uomo perché così i centri commerciali vanno a nozze di spese, regalini e puttanate varie.

Ho detto tutto. Insomma, festeggiamo pure come sempre questo Natale. Se pensate che a Natale siamo uomini migliori e più buoni, non è così, se pensate che a Natale le lasagne sono più buone è così.

E sapete perché? Perché la domenica tua madre le fa tanto per farle, a Natale non vuole fare brutta figura coi parenti.

di Stefano Falotico

 

Il cuore rivelatore di un uomo che non mente mai, nemmeno quando dice le bugie


22 Dec

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Sì, amici, io non ho mai mentito a nessuno. Mai e poi mai. Credo di aver sconfessato però il mio caro uccello per molto tempo. Un uccello or libero e ancor felino in mezzo a quest’umanità maligna e ferina.

Per anni, fui denominato Stefanino. Perché la gente, poco conscia di quel che invero son sempre stato, e soprattutto del mio arnese assai vorace ancora tosto e attrezzato, si creò delle strane idee attorno alla mia persona, combinando danni immani. Rattrappendomi in una dimensione talvolta da infante in quanto non capiva perché non volessi attenermi a questa cosa assai insulsa chiamata realtà schiacciante.

E, a forza di voler dar a tutti gl’ignoranti spiegazioni inutili, mi sbriciolai nella malinconia più pura, perdendo l’aroma del mio erotismo purpureo, castigandomi in colpe mai commesse soltanto per compiacere una borghesia stagnante nelle sue certezze bacate da malmessi che, manomettendomi, volevano imprigionarmi in qualche stupida diagnosi strafottente.

Ma il mio core fu divelto all’improvviso e mai mi sarei dovuto azzardare a mostrarlo in tutto il suo inferocito urlo sovrano e scucito, tanto angelico quanto magnificamente luciferino. Poiché addosso altre infamie mi piovvero e, per discolparmene, non poco faticai, nello sbudellarmi, a chiarire e certificare ogni mia assoluta, indiscutibile normalità straordinaria da uomo che adora l’imene di qualità. Sì, sono He-Man. Ah ah! Non più dovete menarmela!

Sin da piccolo son stato dotato… troppo oltre per esser capito e accettato. E dunque fui precocemente equivocato, le persone varie malattie mentali invocarono per riuscire a spiegarsi tanto fenomeno così armonico e florido. Valgo oro, luridi!

Dovreste evocare voi stessi e non vociare di volgare sbracare. Fate cagare!

Perché, da esistenzialista romantico, io soventemente disdegno la vita ruffiana del puttanesimo quotidiano e mi rannicchio nel segreto, anche nelle segrete, delle mie ansie. Donna, accoglimi fra le tue cosce prelibate, angosciami come solo tu sai fare nello strazio e nello struscio di un amplesso soffice, avvolgente, avvinghiante, avviluppante, forse solo inculante. Ah, lo so, non son stato elegante ma, suvvia, sii a me salivante. Succhiami e salirà. Baciami e s’innalzerà. Fottiti!

Ma son uomo che sa unire a questa stupenda virtù sognante, come detto, qualcosa che ora fa rima con gigante. Da enorme amante. E batte, batte, delle vostre idiozie se ne sbatte. Sbattendomene, da imbattuto, vado cremoso, caloroso e perfino poderoso. Cammino alto tra i furfanti irosi dal cattivo alito che si consolano con le battone mentre io, con piccanti battutine, son sempre ficcante, me la tiro… con classe da intoccabile uomo galante, voi siete rimasti degli elefanti e io, fantino, in sella cavalco ancora col mio simpatico pisellino ottimamente penetrante. Ahia, ahia, ahia, ah ah, gatta ci cova anche in questo caso? No, è sol gattona da pelare perché, se Poe scrisse il Gatto nero, io posso accarezzarla, bagnarla e scaldarla, inumidirla e sbiancarla mentre, ingrossandolo, lucidamente e lucidissimo, soffia e (s)pompa colando, probabilmente ancor indurendosi con tanto piluccare e poi, eiaculante, sfiancante, morbidamente danzante nuovamente risplende indistruttibile come il più pregiato diamante.

Insomma, altro che bambino. Ho una voce da Al Pacino, nient’affatto possiedo un uccellino e so muovere bene il bacino. Se non mi credete, chiedete in giro. Le donne con me diventano la Gioconda.

Ma attenzione ai girini. Potrebbe scapparci un altro Stefanino e sarebbero per voi cazzi ancor più amari e piccini. Questa si chiama volgarità? No, è solo una delle mie imbattibili specialità. E io posso permettermelo! Donna, è permesso? Ah no? Allora, pigliati un cinepanettone e buona pensione!

Che stronza! Le ho rivelato il mio cuore, mi ha offeso a morte. Sapete che vi dico? Era solo un troione!

Solo i POE-ti non deludono mai. Fidatevi.

di Stefano Falotico

Kenneth Branagh nel trailer di All Is True non è William Shakespeare, è nientepopodimeno che…


22 Dec

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Sir Ben Kingsley, sì, il mandarino…

Come no? Sta anche nel prato a coltivare la frutta. Nell’orto… sai quante buone mele, pesche, quanti alberi di arancio. Poi, puoi anche piantare quelli di banane e ti fai la macedonia.

Ah ah.

Oh, a me pare lui.

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di Stefano Falotico

Il Genius, il ritorno, meglio di Twin Peaks 3, e buon Natale a tutti


22 Dec

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Il cuore rivelatore, che fantastica storia è la vita!

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Il cuore rivelatore, che fantastica storia è la vita!

E tutti che pensavano assurdità sul mio conto. Lotte, invidie, mormorii, pettegolezzi.

Ma, restaurato, rinnovato, rincuorato, mi è giunto a casa il libro col mio racconto Un angelico miracolo.

E, fra un colpo di genio e l’altro, una colazione con molta panna e molto zucchero, sono io che risolvo i problemi, vero Mr. Wolf, rinato a suadente decadenza.

E se il grande Dario Argento filmò a Torino, no, a Roma, L’uccello dalle piume di cristallo, perché io non posso recarmi in questo capoluogo piemontese come il mitico Lino Banfi di Al bar dello sport e ammirare, dall’alto della mia Mole Antonelliana, tutto il panorama di questa vita strana?

Habemus Papam! Evviva le romane e anche le spagnole!

Come un gargoyle a Notre-Dame, osservo la miseria degli stolti e ballo assieme a Edgar Allan Poe la magnificenza della mia spettacolare giovinezza mia perduta o forse giammai vinta.

Tutti pensavano che fossi un martire e invece sono spaziale artista da Montmartre.

È ancora presto per ascoltare il rumore del mare, son riemerso come una marea di Mont Saint-Michel perché vado matto per quella figona di Pfeiffer Michelle. O meglio, ora Michelle è un po’ andata ma in giro ci son altre bionde che aspettano soltanto che io nei loro buchini le strapazzi come una buona frittata.

Molti pensavano che scherzassi quando mi autodefinii il Genius. E mi pigliarono per malato di mente.

Invece, io non sono né malato né inculato, resto un ragazzo con un ottimo c… o.

E d’ora in poi fatevi i vostri.

Un certo Lavstig su Facebook mi ha detto che son penoso. Dopo tre minuti, l’hanno ricoverato in manicomio perché gli son arrivate tre frecciatine che l’hanno fatto capitombolare di colpo.

Un altro, un tale Frattini, mi ha dato l’appellativo di poveraccio. Sì, questo pensionato avrà da me solo un rutto in faccia e una scoreggina distillata con enorme aplomb, silenziosa, scricchiolante nello sfintere a lui inchiappettante.

 

 

di Stefano Falotico

Il cambiamento impressionante di Liam Neeson


21 Dec

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Sì, l’ho scritto varie volte, qui e in altre sedi.

Liam Neeson mi ha lasciato stupefatto. Adesso si è dato al Cinema “commerciale” e mai avrei potuto immaginare che il signor Schindler potesse diventare un eroe d’azione così credibile e carismatico.

Anche se la sua parte noir era già stata messa in luce, e scusate il gioco di parole, in Darkman.

Permettetemi d’inserire questa mia breve disamina su Run All Night, un film certamente non da storia della Settima Arte ma un thrillerone decisamente corposo e ottimamente girato.

 

 

di Stefano Falotico

Dinanzi a un dramma, vi è solo silenzio


20 Dec

Film Title: Biutiful

Matthew McConaughey in INTERSTELLAR, from Paramount Pictures and Warner Brothers Pictures, in association with Legendary Pictures.

Matthew McConaughey in INTERSTELLAR, from Paramount Pictures and Warner Brothers Pictures, in association with Legendary Pictures.

Sì, per tutta la vita la gente mi ha detto che soffro di una sensibilità prodigiosa. Ed è stata questa la causa delle mie “distorsioni”.

Oggi, più che mai, sono convinto che io non sia sensibile, io sono un sensitivo.

Troppe fatalità son successe nella mia vita, troppi eventi razionalmente inspiegabili. E, di fronte a questo mistero profondissimo, rimango stordito.

Così come ieri mattina scrissi, ancora ignaro totalmente di un incredibile, commovente dramma purtroppo accaduto che ho appreso da mie fonti soltanto in tarda sera, che sono Chris Walken de La zona morta. Un uomo che dopo un lungo sonno si è risvegliato con poteri telepatici straordinari.

Due notti fa mi sono destato, che mi crediate o meno, in tarda notte e ho avvertito che qualcosa di tragico era successo. Avevo anche scritto che tutto si sarebbe risolto per il meglio. No, ciò non si è avverato, anzi. Sono un sensitivo, non un veggente.

Dinanzi al buio della morte, ogni rabbia si assopisce.

E si rimane increduli dirimpetto alla vita, anche davanti alla morte.

Questo dramma, del quale non posso riferire pubblicamente, nonostante tutto… mi ha scioccato.

È veramente assurda la vita. Nel momento stesso in cui ho appreso sconvolto questa notizia, su un sito è stata pubblicata questa mia recensione che su FilmTV.it io avevo già inserito.

Una vita finisce e un’altra si è risvegliata, dopo tanto trambusto, dopo che mi persi nello spazio per un tempo immemorabile, grande e tremendo come la luce. Che ha scatenato tanti episodi, ahimè, spiacevoli.

E io continuo a vedere parenti ed ex amici, anche quelli con cui ci son state delle brutte discordie, che mi lasciano. Credo che fra qualche anno vedrò morire anche i miei genitori, purtroppo.

Questo è il mio omaggio, credo il più sincero. In tale mattina di atmosfera pre-natalizia assai triste.

Detto ciò, la diagnosi che invece fu fatta a me tanti anni fa era totalmente sbagliata.

E questo è un altro mistero senza spiegazione.

 

di Stefano Falotico


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Interstellar #goodnight #bye #life

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In giro, si dice che Liam Neeson abbia una bella pistola…


19 Dec

Liam Neeson Sexy

E son girini…

Sì, pare che sia una specie di lupo più tosto di quello di The Grey, molto scorsesiano.

Uma Thurman, che è stata una delle sue amanti, sostenne, imbarazzata, che non aveva mai visto qualcosa del genere.

Un tenebroso, come si suol dire, che viaggia spericolato tra fulmini e lampioni, poi si apre a sorrisi al lampone ed è anche un grosso volpone.

È la classica faccia di cazzo che fotte in maniera straordinaria Vera Farmiga ne L’uomo sul treno. Un finale bestiale.

Sì, pare che l’altra sera, senza sprezzo della vergogna, sia entrato in un bar e con delicatezza infinita abbia detto alla cameriera:

– Sì, possiedo una faccia da culo rinnovata, gioviale, beatamente sensuale per deliziosi amori al bacio con leggiadria fumante e deliziosi tocchi di carezzevole vostra bramosia gustante ogni piacere più leccante la mia beltà avviluppante e galoppante, son uomo-cavallo di lana in tal gregge di pecorine avvilenti e frust(r)anti e, mentre voi vi (s)montate, io mi scaldo d’intimità morbide e setose, da lupo di barbetta ovviamente pelosa, forse sono odoroso, so che siete smaniose della mia leccornia per far a vostro marito le corna spinose, eppur io rimango solo a me caloroso e non inforno nessuna rosa, poiché metafisico Nosferatu pallido e ombroso.

– Scusi, voi?

– Sì, do sempre il voi a una donna. Se lei invece volesse darmi del tu potremmo allargarci in una pluralità amorosa. Accorciando le distanze, anche se spero di allungarle qualcosa nella mia stanza.

 

Proprio una faccia da sberla!

Ricordate, Liam Neeson è un enorme lover e indossa pure il pullover.

Un uomo misterioso. Nessuno sa un cazzo della sua vita privata. Nessuno, tranne qualcuna.

Vi pare una stronzata? Anche Taken lo è. Eppure ha incassato tantissimo.

 

– Cosa volevi dire con l’ultima frase?

– Quello che ha detto.

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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