Posts Tagged ‘Al bar dello sport’

(D)io porz! Come dicono a Bulåggna, MIDNIGHT COWBOY, a RATSO preferii Jessica Rabbit o la/o Rizzo? E Pasqua?


29 Mar

The Academy of Motion Picture Arts and Sciences will present a new digital restoration of “Who Framed Roger Rabbit” in celebration of the film’s 25th anniversary on Thursday, April 4, at 7:30 p.m. at the Samuel Goldwyn Theater in Beverly Hills. Pictured: Roger Rabbit and Bob Hoskins in WHO FRAMED ROGER RABBIT, 1988.

The Academy of Motion Picture Arts and Sciences will present a new digital restoration of “Who Framed Roger Rabbit” in celebration of the film’s 25th anniversary on Thursday, April 4, at 7:30 p.m. at the Samuel Goldwyn Theater in Beverly Hills.
Pictured: Roger Rabbit and Bob Hoskins in WHO FRAMED ROGER RABBIT, 1988.

 

Purissima faloticata davvero ficcante! Il Falò spinge, eh eh. Ratso, alias Dustin Hoffman di Piccolo grande uomo (Little Big Man) o di Rain Man? No, quello del film citato, chiamato, nella versione italiana, Enrico.

0:01, inizio e son un cavallo pazzo, no, soltanto cavallerizzo. Oh oh.

5:00, chi è Monica Sweetheart? Lo dice il cognome, ah ah. 11:35! 13:57, Er Monnezza!

15:22.

17:31, ma quale Andrzej Żuławski. Meglio la sua ex, Sophie Marceau. Il tempo delle mele o delle pere? 18:38, Dan Peterson! Meglio Karla Kush o Kay Rush? Ah ah.

 

 

midnight cowboy voight hoffman

Un Falò (ri)esploso di rabbia pasoliniana delle più savie e vitalistiche per il Vangelo secondo San(t)o Stefano. Il Falò non è un vaticanista e neppur il sicario, no, vicario di Cristo e dei poveri cristi ma è soltanto uno squallido, no, squattrinato artista e temerario, metaforico equilibrista in un mondo ripieno di narcisisti e puttaneschi esibizionisti. Questa è la Veritas. Non ve ne sono altre. In Verbo, no, invero vi dico di andare in pece, sì, pace alla Lino Banfi e ricordate: salutatemi a sor(r)eta. Sì, tua sorella è una (finta) suora? Mah, ah ah. Il Falò sa. Non è il messia e, vivaddio, non crede a nessuna Chiesa. Così sia.

Un uomo che è lui stesso l’aldilà, cari baccalà!

 

di Stefano Falotico

Blonde? Preferisco Enrichetta Blondel


27 Sep

Perdonate la mia onestà (im)morale, appena la gente vuole imborghesirmi, cambio le regole del loro gioco come Aristotele(s). Cioè Aristotele Socrate Omero Onassis, anagraficamente Aristotle o il nero presente anche ne Il nome della rosa, alias Urs Althaus?

Ben Affleck ha compiuto 50 an(n)i.

Cmq, Elena Sofia Barucchieri, alias Elena Sofia Ricci, recitò con Andrea Roncato in Ne parliamo lunedì, mostrò il suo lato b in perizoma nel film Commedia sexy, e fu in Ex con l’eccitante, no, citata Nancy Brilli.

E non confondete Fabris con Giovanni Floris, cari Compagni di scuola. Zidane, detto ZIZOU, non come dico io, ovvero Zidou. Uh uh.242682500_10219797032819139_2364390807559847836_n

Avete comprato i pelati?

 

di Stefano Falotico

Marco Montemagno, “comunicatore” doc un po’ meteora, intervista il critico Paolo Mereghetti ma entrambi non sono ferrati nelle loro materie e forse sono banali materialisti?


22 Jan

monty montemagno

Evviva il meteorismo! Ora, Montemagno è un uomo che sta sempre più cifre pazzesche guadagnando, sfruttando la comunicazione SEO. Intanto, l’appetito vien mangiando. Districandosi di qua e di là fra libri di dubbia attendibilità e interviste d’altrettanta inconfutabile, no, (in)contestabile validità e qualità. Eppure, nella sua arrampicata socio-economica senza pari, forse da Hilton Paris o solo da paradiso, comparabile alla scalata di Reinhold Messner senza bombole d’ossigeno sull’Everest, insomma, da uomo della seggiovia, no, da apripista sciistico, no, da arrivista furbamente mellifluo, oserei dire cinico e studiatamente ruffianissimo, Montemagno assomiglia a colui che azzeccò la schedina vincente nel film Al bar dello sport di Sergio Martino, vale a dire Banfi Lino, raggiungendo il Montepremi. Salendo sulla Mole Antonelliana, da Lino ribattezzata Mole di Antonello, decantando le vette alpine che, da lassù, in quel di Torino si possono ammirare all’orizzonte, vicino al confine. Ovvero, il Monte Rosa, il Monte Bianco e…, forse festeggiando la sua vincita miliardaria da super fortunato con un barattolo gigantesco di Nutella da Bianca di Moretti Nanni oppure mangiando la torta intera, anzi il delicatissimo dessert Mont Blanc. Sì, Marco magna il suo dolce… senza volerlo ripartire a fette. Uomo non nazista gerarca, il Marco, bensì scalatore della dura piramide gerarchica. Uomo emancipato, oramai quasi arrapato, no, d’altopiano più ambito, no, un altolocato forse amante di sua moglie, non so se bella come Laura Morante o premio Nobel come Elsa Morante, oppure graziato dalla divinizzazione di sé stesso che, in maniera capziosamente affettata, leggermente affrettata, sta ottenendo soldi e patate, no, a palate grazie alla sua veloce, persuasiva, assai scaltra parlantina da volpino dal pelo candido e pulitino… Uomo spumeggiante, light e piumato. Brinda di grandi spumanti il suo “furfante” o il suo essere scafato malandrino? Uomo navigato, il Montemagno, che lecca tutti a mo’ di gelato Magnum. “Sommariamente”, miei somari, senza in testa la brillantina, in quanto Marco è sul pelato-stempiato quasi attempato, sì, vicino alla pasciuta (finanziariamente parlando) cinquantina da emigrato non alla Lino pugliese in Piemonte ma a Londra ove poche volte, probabilmente, mangia la pastasciutta, Montemagno stappa uno spumantino ed è salito in cima non al K2, bensì sulla sommità di esagerate, pecuniarie somme.

Come se la cava da tuttologo affamato di scibile, obiettivamente? Insomma… Dopo aver intervistato Insegno Pino e Stefano Accorsi, al suo capezzale, Paolo Mereghetti è accorso. Ma tutti e due, a mio avviso, necessiterebbero del soccorso. Perlomeno, di una controllatina da una crocerossima… Loro succhiano un tiramisù da Antica Gelateria del Corso? No, s’arruffianano la gente che, rispettivamente, dalle labbra pende di Lavorability e del Dizionario dei Film scritto dal critico del Corriere della Sera. Il Mereghetti, chi sennò? Celeberrimo opinionista cinematografico che ha un privilegiato editoriale sul più culturalmente celebrato quotidiano nazionale succitato, scrivendo spesso impagabili, assai pagate stronzate, dicasi altresì recensioni sciatte e svergognate, impudiche e spietate. Marco Montemagno di Cinema ne capisce quanto una ragazzina di 18 anni di Instagram che fa sfoggio dei suoi brufoli curati dal Topexan su addome perfettamente piatto, palestrato e gambe depilate in virtù di strepitosi pilates, mostrandola, no, esibendo sua tartarughina comprata allo zoo di quell’animale del suo fidanzato, sinceramente un quarantenne non disoccupato, neanche debosciato, però ignorante come una capra ma ricco sfondato. Eh sì, nella vita ci vuole culo, miei iellati e “caramellati”.  Bisogna farselo per farsi… il Brand oppure Love Brandi. Bevendo poi, felici e contenti con lei strafatta eppur soddisfatta, eh già, un brandy o un Martini con Colombari Martina oppure con un’altra donna, si fa per dire, coglionata. Molte volte, codesta è stata all’università trombata oppure sempre promossa poiché raccomandata, diciamo anche cazzuta, no, fottuta…e vai di spintarelle, di veline e di vedo-non vedo… dell’ipocrisia più troia di questa vita put… na e lurida.  Montemagno chiede a Paolo se qualche regista italiano che Mereghetti stesso disprezza, eh eh, si sia contro di lui scagliato. Palo sostiene che nel suo ambiente è criticato ma al contempo stimato.

Lezioni di Scienze delle Comunicazioni, forse di un’inutile istituzione creata e patrocinata da Umberto Eco, autore de Il nome della rosa, il suo unico capolavoro, cioè un trombone e un finto sapientone…

Paolo non disprezza, invero, alcun regista. Sì, egli valuta di esegesi personali, non so se con della fine ermeneutica, ogni film da lui visto, compreso The Mule, non solo per il Corriere ma al calar della sera. Spesso lui stronca in forma apodittica e aprioristica, diciamo prevenuta e qualche volta ballistica. Se ne frega se i registi contro i quali lui si accanisce in faccia gli stranutiscono, no, starnutano, no, sputano. Non ha prezzo il suo metro di giudizio, in effetti, se vogliamo essere dei puristi della lingua, come appena dettovi, Paolo nessuno disprezza. Diciamo che non molti apprezza. I costi dei suoi aggiornamenti dizionaristici hanno elevatissimi prezzi poiché Paolo vuole essere ottimamente retribuito in quanto auto-definitosi il critico più letto e amato, il più elevato. Dal canto suo, Montemagno non gli è da meno. Non pretende, a differenza di Netflix, che gli iscritti al suo canale YouTube paghino una quota mensile, altresì viene cospicuamente remunerato dagli annunci pubblicitari pallosi, un tantissimo ogni due minuti, che disturbano e interrompono la visione dei suoi filmati ottenenti migliaia di visualizzazioni a mo’ di pausa “ristoratrice” fra il primo tempo e il secondo. Paolo Mereghetti ha assegnato voti mediocri a tutti i film di Scorsese con DiCaprio eppur afferma che è grazie a Scorsese se il bel Leo è arrivato. Dove o con mille donne? Paolo conosce bene la bavetta, no, la gavetta e i ferri del mestiere. Infatti, non si ricorda il nome dell’attore premio Oscar per Il ponte delle spie, ovvero Mark Rylance. Poi, tardivamente, gli sovviene ma non lo perdoniamo e presto sarà citato in aula di tribunale dal giudice Frank Langella de Il processo ai Chicago 7. Sarà assolto da ogni accusa, no, da ogni refuso e lapsus freudiano se reciterà il rosario e avrà il coraggio di ammettere che è troppo precipitoso nei suoi verdetti mai finali. Alzando a tiramento… le stellette in base a ciò che più, col passare del tempo, risulta accattivante e conveniente. In base a ciò che maggiormente lo aggrada. Gli sarà tolto un grado.  A Paolo di ciò non frega niente ed è come il miglior Cinema d’annata. Riesce a unire l’utile al dilettevole, ci tiene fermamente alla sua dignità professionale inviolabile e contemporaneamente vuole offrire ai suoi lettori un punto di vista facilmente fruibile, associabile a un blockbuster divertente, intrattenendo ogni “utente” con una prosa piena di colpi di scena esilaranti, mescolata ad osservazioni pungenti e polemiche alla maniera di Ken Loach e della Settima Arte impegnata. Paolo è il Kubrick di Shining. Sì, il suo dizionario è Arte pura che appassiona e, al contempo, fa godibilmente paura. Con la “piccolissima” differenza che, più che paura, fa pena quando Paolo si lascia andare a triviali battutine sulle donnine a mo’ di Ezio Greggio de Il silenzio dei prosciutti. In quanto Paolo, dinanzi a ogni attrice che scoscia, non riesce a resistere alla tentazione di lodarne le forme estetiche assai graziose e burrose. Paolo adora, per esempio, il delizioso culo di Joanna Pacula e asserisce duramente che Zandalee valga la visione solo per Erika Anderson perché, in tale pellicola inguardabile e “sudaticcia”, Erika è indubbiamente un’inaudita fig… na. Ce la dia, no, ce la vogliamo dire tutta? Uomini e donne, alle prossime erezioni, no, alle prossime elezioni, votate il Falò. Il più severo povero cristo, no, intransigente ed integerrimo Critico di Cinema del mondo, soprattutto di sé stes(s)o. Infatti, a forza di fare autocritica, è un uomo che è riuscito a essere bello e maledetto come Marlon Brando di Ultimo tango a Parigi, conservando orgogliosamente le sue origini e il suo onore da Sophia Loren de La ciociara. Insomma, il Falò, un soprammobile, no, un sopraffino critico perfino più bravo di Francesco Alò. Ohibò, ah ah.

Marco Montemagno, detto Monty. Chi? I Monty Pithon o Montgomery Clift? A Mereghetti Paolo piace da morire Un uomo tranquillo. In questo film non vi è Monty, bensì John Wayne. Uomo che fu sceriffo di grossa stelletta. Mereghetti reputa The Irishman un grande capolavoro. Chissà quante stellette darà a Gray Horse, il prossimo film di Scorsese. Se lo stroncherà, non avrà scampo. E gli farò lo shampoo, no, lo scalpo. Giù il cappello! Sì, anche io dinanzi ad Erika Anderson divento un selvaggio e mi scappello.

Comunque, Nicolas Cage è L’ultimo dei Mohicani? No, non è proprio cane, dai. In Zandalee, spinge…

di Stefano Falotico

montemagno mereghetti

 

A Settembre compirò 40 anni ma sono Tim Roth di Un’altra giovinezza, Brad Pitt di Benjamin Button, forse quello di Ad Astra oppure il principe dei francescani


05 Jun

61975191_10213795712789889_129681301937586176_n 62046967_10213795712389879_2804465850168377344_n brad pitt benjamin button

Sì, il tempo passa, miei passerotti e miei uomini grassi e ripieni più dei panzerotti. Per voi, per me no. Col tempo anzi, la mia brillantezza, levigata sempre più in simpatica asciuttezza, s’è eternata in un viso che, senz’ombra di dubbio e senza più ubbie da medioevalistici oscurantisti qual siete così come i praticanti della magia nera a Gubbio, mi rende simile al Joker, un intrattenitore che mette follemente di buon umore un’umanità sul lastrico e manicomiale.

Io do pepe ai vostri spenti ardori in quanto uomo di buon cuore che, al solo battito del sopracciglio destro, sa far sì che sui vostri volti sinistri, devastati da invidie e gelosie fratricide, si stampi un sorriso leggiadro ammantato di calore. Io santo non sono ma sano ogni vostro malestro, miei falsi maestri invero assai maldestri.

Ecco, cuccatevi questa foto, scattata da poco. Quanti anni mi dareste?

Che cosa? Cinquanta?

Mio cugino, su Facebook, roso dall’invidia, non si è smentito. Lui non mi fa un complimento nemmeno se dovessi avere i soldi per regalargli un residence. Invece, anche se dovessi sbancare alla SNAI, scommettendo che il Bologna Football Club, il prossimo anno, vincerà lo Scudetto, ipotesi tanto irreale quanto quella secondo cui Silvio Orlando, in un immediato futuro, diverrà più sexy dell’eternamente fascinoso Brad Pitt, non gli donerò proprio un beneamato cazzo.

Oggi, ero in macchina e ho acceso la radio. Al che su R101 quell’ex gran figa di Lucilla Agosti, ora indubbiamente inaciditasi nella maturità poco attraente da classe ‘78 un po’ troppo impigratasi, anche fisicamente, nella pasciuta maternità scarsamente eccitante da donna andata, ha intervistato degli ascoltatori, chiedendo loro se si sentano vecchi e spacciati.

Alcuni sono stati onesti con sé stessi. E hanno confessato la verità. Come se stessero cantando di riso amaro, pianto (a di)rotto e nodo in gola l’intramontabile Non ho l’età di Gigliola Cinquetti.

Ammettendo che, sì, in effetti, un tempo erano come Mickey Rourke di 9 settimane e ½ ma, nonostante la loro ancor furiosa grinta da lottatori della vita come Randy “The Ram” Robinson di The Wrestler, oggettivamente, e di ciò ne sono ammirevolmente coscienti, non vengono più cagati dalle loro ex ammiratrici alla Kim Basinger.

Sì, un tempo stavano con bionde tutte d’oro come Kim e come Alec Baldwin. Adesso, non sapendo come buttarla a ridere, cicciottelli, passano le loro giornate a scimmiottare i politici porcelli che loro detestano, trattandoli da cicciobelli. Un tempo erano magri come Spillo Altobelli, ora vanno in giro con le bretelle.

Sì, Baldwin al Saturday Night Live prende per il culo Donald Trump. Loro invece, distrutti da condizioni socio-economiche tristemente infognatesi nella merda, non sanno fare altro che sparare a zero su Di Maio, Salvini, Berlusconi, su Giorgia Meloni, urlando a costoro che sono tutti dei troioni. Che poveretti.

Quindi, ora che sta arrivando l’estate, eh sì, già me li vedo a mangiare prosciutto e melone in piatti che piangono l’effervescenza di notti ubriache non più di vino. Scusate, volevo dire divine. Notti in cui dormono come dei bambini. I bambini dormono sogni tranquilli perché per loro il futuro non esiste. I rincoglioniti fanno la stessa cosa. Per loro, infatti, non v’è domani. Hanno una vita sempre identica e immutabile.

Quindi, si recano dal chirurgo plastico per rifarsi il look. Sì, fino a qualche anno fa, la chirurgia estetica era una prerogativa femminile. Una peculiarità, diciamo, il cui primato di operazioni alle labbra era detenuto dalla celeberrima donna scosciata per antonomasia, l’Alba Parietti nazionale.

Oggi invece pure i maschi che una volta si rifacevano gli occhi su Alba quando lei accavallava da infarto a Galagoal, eh già, hanno preso gusto a scarnificare le loro pelli come fossero nella pellicola Il macellaio.

Vanno sempre in palestra ma gli effetti della rimodellante cura anatomica stentano a vedersi. Cosicché si recano appunto dal butcher, ordinando pezzi di salsiccia più grassi delle caviglie di Valeria Marini. Altra donna che fu un loro idolo. Bambola!

Che uomini putrefatti.

Io adoro Mickey Rourke. A mio avviso è stato forse il più grande attore degli anni ottanta. E tuttora, quando lo vedo così bravo e figo in Rusty il selvaggio e L’anno del dragone, mi vengono dei dubbi riguardo la mia eterosessualità. Dubbi che sciolgo però subito, riguardando Francesco di Liliana Cavani.
Sì, il protagonista di questo biopic sul santo di Assisi, invero, non fu Rourke. Il suo nome stava in cartellone e nella locandina del dvd come specchietto delle allodole. Il protagonista fui io.

Sì, erano tempi per me asessuati in cui solo tizie lontane anni luce da Helena Bonham Carter volevano parlare…., ci siamo capiti. Ero un passero solitario ed Helena compiaceva onanisticamente il mio Massimo Troisi di Ricomincio da tre.

Helena è una finta santa ma soprattutto una vera gnocca.

Kenneth Branagh, ad esempio, quando stava con lei, non azzeccò un film anche se il suo Frankenstein è quasi un capolavoro. Tim Burton, invece, da quando l’ha sposata, ha perso ogni gusto della fantasia più vivamente poetica e i suoi film recenti son stati delle porcate.

Diciamocela!

Big Fish, comunque, è stupendo.

Eh sì, sono sempre stato uno che ha preferito vivere di fantasie piuttosto che battermi il petto villoso per donne come Jessica Lange.

E dire che ho scritto La leggenda di King Kong.

 

 

di Stefano Faloticoroth altra giovinezza vastano banfi bar dello sport francesco rourke

Al bar dello sport, recensione del capolavoro attoriale di Lino Banfi!


27 Aug

bar dello sport locandina

 

Eh sì, non stupitevi di questa mia incursione nella commedia di grana grossa degli anni ottanta italici.

Talvolta, i ricordi della mia infanzia, nella quale assiduamente guardavo questo film, risalgono in superficie e spaccano la mia parvenza da intellettuale. Anche se io non indosso maschere e mai sia che volessi celarmi dietro un’immagine noiosa di pensatore serioso.

Dunque, parliamo di questo cult imprescindibile. Patrimonio genetico di ogni italiano vero da Toto Cutugno.

E, per quanto vogliate emanciparvi dalle vostre e mie ineludibili origini popolari-partigiane, questo film l’avete visto tutti. E semmai avete anche riso senza vergogna. Sbellicandovi. Scompisciandovi. Non dovete mentire, l’ironia di Lino Banfi è straordinaria, vulcanica, malinconicamente incazzata.

Con la sua buffa parlata, le sue iraconde genialate, la sua stizza compressa che poi esplode e travolge chiunque gli capiti a tiro, nel putiferio irrefrenabile di un’attoriale esibizione folcloristica, pittoresca, in un pirotecnico fiorire colorito della sua meridionalità pugliese di origine controllata. Un Banfi, sì, DOC.

Lino è un emigrato sfortunatissimo, stazionatosi a Torino, “tecnico” delle vongole veraci, oberato dai debiti e ricattato da uno strozzino mafioso, e vive col cognato e la sorella. Frequentando Il bar dello sport, ove passa il suo tempo libero, cazzeggiando coi suoi amici terroni come lui, e ove puntualmente gioca la schedina. Puro Totocalcio ruspante! Sì, prima del calcioscommesse di oggi, qualsiasi uomo disperato, schiacciato da una precaria condizione economica, inseguiva il mitico sogno del 13 miliardario. Sopravvivendo con l’arte d’arrangiarsi. E straziandosi di fegato amaro, fra litigi familiari, sfighe varie e amici scalognatissimi, da incorniciare.

Così, miracolosamente Lino fa tredici, grazie anche ai consigli del garzone del bar, un ragazzo muto soprannominato beffardamente Parola (Jerry Calà).

Con Parola, Lino viaggia alla volta della Costa Azzurra, lasciato dalla fidanzata Rossana (Mara Venier), inconsapevole della sua vincita, per scappare dagli amici che pretendono da lui regali dispendiosi e per fuggire dalle grinfie del boss locale che lo ricatta.

Parola, disgraziatamente tentato dal gioco d’azzardo, perde tutti i soldi di Lino al casinò…

O forse no.

Questo film appartiene al mitologico Lino Banfi che azzecca il miglior personaggio in assoluto della sua carriera assieme allo strepitoso Oronzo Canà de L’allenatore nel pallone.

La prima mezz’ora del film è scoppiettante, un totale Banfi show. Poi il film perde parecchi colpi, s’affloscia e sinceramente annoia.

Ma le scene iniziali della pellicola, diretta da Francesco Massaro, sono indubbiamente assai divertenti, oserei dire memorabili. Con una squadra di caratteristi azzeccatissimi, in cui primeggiano l’ex cabarettista Sergio Vastano e Annabella Schiavone nella parte della sorella di Lino.

Trash magnifico, da montepremi! Basterebbe la scena nella quale Lino, in piena notte, non sa dove nascondere la schedina…

Tutti colti in questa chesa, si legge molto…

La Mole di Antonello!

 

di Stefano Falotico

Batman perlustrò Torino, un “alive” nelle calienti magie della Mole Antonelliana


09 Jul

 

Gita a Torino “controvento”. Gli spifferi s’inimicarono il pifferaio magico che è in me, e non riuscii a scacciar i topi, ma il “pipistrello” “intopò”

Avete sofferto la mia assenza? Eravate “in premura” per me? No, il Genius è vivo e vegetissimo e ha abbondantemente superato la fase “vegetativa” delle sue trascorse depressioni “ammosciantissime”.
Diciamo che ora, da viveur, vola come un “uccellin di (frutti di) bosco”, e “usignoleggia”, non rovinato ma di rovo, fra “diluvi” e un altro dirupo fra le lupe, tra un Fiume Po e una “diga” della sua anima che “appioppa”, altro che scoiattolo, pugni in faccia agli irriverenti, “sodomizzandoli” di questo “proclama”: – Vieni qua, fascista, dove pensi di (im)bucarti? Il bucato della tua ragazza è lordo di sangue, ma non è il tuo liquido seminale. No, lo sperma non è neppure mio, perché è risaputo che “giace” come quello di San Gennaro, “criogenicamente” surgelato per decoagular il suo vulcanico zampillo quando una Donna sa, “miracolosamente“, (s)premerlo come una barista ballonzolante del suo cocktail più “malandrino”, un po’ al pompelmo su “limonata” rinfrescante in zona bollente, forse shakerando l'”eccitando” fra cubetti di ghiaccio e una piadina con dell’aglio, per tener a bada il vampiro dei miei succhiotti. Però scotta…, e “passa” di mano in mano, per giochi pallavolistici di “schiacciate” a sbattermi a terra. Fra una botta e l’altra, una sberlona e passere anche col “passeggino”, il pisello contro il fascista è manganello, per ricordargli che sua sorella si becca la “clava” d’un cavernicolo.

A parte gli scherzi, suvvia, son stato davvero a Torino, ospite d’un mio amico.
Ho alloggiato all’Hotel Cristallo di Corso Traiano.
Traiano, l’mperatore romano, da non confondere con “troione”, appellativo poco carino che spesso si dà all’uomo troppo “cosciente”, fra le cosce, del suo “fascino” puttanesco fra le “romane”. Dette “mignotte”.
Sì, più che imperatore, dunque, ‘er mignottaro, da non confondersi, a sua volta, col Minotauro, per quanto anche “costui” fu ben “filato” da Arianna in zona “incuneata” e “labirintica”.

Ottavio m’ha condotto lungo le vie più famose di Torino, al Parco del Valentino, per esempio. Detto, in piemontese, Ël Valentin, paragonabile ai Giardini Margherita di Bologna, detta la “capitale” del turtellen.
Tornando al Valentino, pare che il nome derivi da una “cappella”.
Mah, quella di Rodolfo o quella del “santo?”.

In questo parco, molte coppie s’abbronzano fra “lei” che “lecca” e “lui” che lascia che il “sorbetto” si squagli.

Poi, dopo “operosi” giri per alcune piazze celebri, ci siam piazzati al cinema ubicato sotto la “Mole di Antonello”, come Lino Banfi la ribattezzò dopo aver fatto tredici con Jerry Calà, l’unico muto di nome Parola che, dopo la vincita miliardaria al Casinò di Monte-Carlo (sì, son stati tanto fessi da fottersi la “schedina vincente” per incularsele, ma recuperando il doppio di culo con tanto di baci alla “francese”) si trasforma nell’indiano del “cuculo“.

A goderci il melodramma Un amore splendido, Cary Grant d’annata con una Deborah Kerr da “bagnare” in piscina.
Storia tragimalinconica che butta la tragedia in un “Amiamoci, io sono Ferrante, tu sei rossa come la Ferrari, anche se adesso sei sulla sedia a rotelle”.

Stanchi dopo tanti “avanti e indietro”, siam “rincasati”.
Il tassista m’ha sfilato circa venti euro, viaggiando “tamarramente” su musica da discoteca.
Mi sono “consolato” con una pizzetta, e varie sigarette “digestive”.

Domani l’avventura continuerà.
Aspettatevi dei video…

Eccone uno…, muto, come si conviene al clima religioso della trascendenza.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Al bar dello sport (1983)
  2. Gran Torino (2008)
  3. Torino nera (1972)
  4. Un amore splendido (1957)
  5. Superman and the Mole-Men (1951)
  6. Parco Valentino (1990)
  7. Rodolfo Valentino (1951)

 

 

Genius-Pop

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