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La morte di Sean Connery e Gigi Proietti ci costerna ed atterrisce ma non dobbiamo svilirci, ci sono io a rallegrarvi, basta con gli sgarbi quotidiani…


03 Nov

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Sì, quasi all’unisono, sono scomparsi due attori molto importanti.

Sebbene qui, in tale sede a sua volta rilevante per la cinematografia tutta, considerevole per ogni cinefilo o improvvisatosi critico nostrano, voglia subito, nettamente compiere un opportuno distinguo e affermare, con estrema fermezza e imperturbabile fierezza, oserei dire con lucidissima chiarezza, che dissento da chi definì Gigi Proietti un grande attore.

Pezzo alla David Foster Wallace italiano…

Riconosco a Vittorio Sgarbi la sua inoppugnabile, imbattibile capacità esegetica di valutare l’Arte, soprattutto ipotetica, pittorica e scultorea, dettagliatamente e con profonda garbatezza. Peraltro, termine che poco gli si addice quando, assalito da pusillanimità figlia della sua innata, inestirpabile arroganza un po’ mendace, elargisce parsimoniosamente, eufemisticamente e contraddittoriamente, con scarsa generosità umana nei riguardi del prossimo, spesso da lui considerato, superficialmente e anti-democraticamente, una capra totalmente, cioè un impresentabile ignorante che di molte più conoscenze, desiderio di affamarsi di scibile ma carente culturalmente, abbisognerebbe al fine di affinarsi e non sfigurare con lui, magnificatosi nel divinizzare sé stesso, non solo Michelangelo, perfino la sua famosa ex storica, la Casalegno, da non confondere con Gianroberto Casaleggio e con Rocco Casalino, neanche con Casalecchio, frazioncina di Bologna ove spesso “alloggio” per bere un buon caffè con tanto di gambe accavallate da uomo intellettuale o forse da Joaquin Phoenix di Irrational Man, ah ah.

Dunque, riconosciuto il valore critico, in termini prettamente inerenti l’esegesi artistica, allo Sgarbi nazionale, debbo però dirgli, in buona fede, che di Cinema non capisce niente.

E sarebbe meglio che si astenga a strumentalizzare la morte di Gigi Proietti per scopi esclusivamente suoi dediti a fare opposizione contro il governo Conte e i 5 Stelle.

Inoltre, tanti anni fa, Sgarbi mise lingua, sì, la sua, erudita, colta, raffinata, forbita, soprattutto furbetta, su Eyes Wide Shut.

Uscendosene con delle esternazioni poco attinenti a Kubrick. Che ne può sapere uno come lui, infatti, di Barry Lindon?

Lui, abituato al tè London, lui che non visse mai un’adolescenza da Alex di Arancia meccanica, cioè Malcolm McDowell?

Lui che non ha figli e, malgrado ci “doni” video scolpiti a suo Jack Torrance dei poveri con lo sfondo di un quadro che vale ventimila Euro o cinquemila dollari, non patì mai nessuna crisi d’ispirazione e blocco dello scrittore da Jack Nicholson, per l’appunto, di Shining.

In quanto giammai necessitò di starsene isolato davvero, soffrendo il gelo della paura orrifica di non poter pagare una bolletta poiché, anche se non avesse scritto molti libri su Giotto, ha così tanti soldi, molti dei quali dalla nascita fra l’altro ereditati, da potersi permettere ogni sera una buona cioccolata calda, un latte macchiato e una gustosa pagnotta?

Ora, io non voglio sapere se con Berlusconi, Vittorio e la d’Urso si diedero anche a “messe nere” viste da Tom Cruise, cioè se Vittorio, fra una sberla data alla defunta Marina Ripa di Meana, il suo glorificare la “povera” Moana e le sue sofistiche moine, si sia adoperato ad aiutare una mondina, liberandola dalla schiavitù a mo’ d’Innominato con Lucia Mondella. Ah, la panza è pienotta, Vittorio.

Cosa ne puoi sapere, tu, della vita sfruttata di una mig… ta?

Quello che so è che elevi in gloria Proietti ma non credo che che tu abbia mai amato davvero RockyMean Streets e Casinò. Film per i quali Proietti donò la sua rocciosa voce rispettivamente a Stallone e a De Niro.

Ora, Vittorio, concordo con te però su una cosa. Non reputo Gigi un grande attore. Quindi, paradossalmente, così come affermi tu, lo è.

Poiché uomo comune profusosi nel Cinema e nel Teatro con immane naturalezza. Rimanendo uguale a sé stesso, un uomo della strada. Che attinse dalla sua “comunità”, in ogni senso, per farne della satira.

Gigi fu un satiro. Vittorio, le sembro satirico?

Gigi non cazzeggiò da Marzullo, né di stramberie mattatrici da distinti tromboni come Vittorio Gassman, nemmeno s’autodefinì antipaticamente un genio, a differenza di come fece Carmelo Bene.

Gigi Proietti fu come Sean Connery, come Sylvester Stallone ma non come De Niro.

Avete mai visto un film in cui Sean, per esempio, ingrassi per la parte? E impari l’accento statunitense, prendendo le distanze dalla sua cadenza scozzese?

Uno vede Caccia a Ottobre Rosso e non vede un capitano sovietico di nome Marko Ramius.

Bensì James Bond ancora coi capelli, dicasi altresì toupet.

Questa è e fu la grandezza di Sean.

Così come, allo stesso modo, io non mi vedo e non vidi (forse non me ne avvidi, fui poco avveduto) come si suol dire gergalmente, Gigi Proietti nella parte di De Niro in Taxi Driver.

Cioè Travis Bickle. Gli sarebbe venuto spontaneo, durante il celeberrimo Dici a me?, strizzarci l’occhiolino e assieme al mago/Peter Boyle, raccontarci una “mandrakata”.

Gigi fu ed è Gigi. Così come Gene Hackman è sempre stato Hackman. Anche in film pessimi come Boxe.

Ecco, se vogliamo battercela su un piano cinematografico, anche letterario, caro Vittorio… non voglio fare il gigione esaltato come Muhammad Ali ma credo proprio che andresti, contro di me, al tappeto come George Foreman.

Aggiungiamo anche che, dalla mia, sono molto più bello, molto più veloce, molto più giovane e che, a differenza di magnificare il mondo e Raffaello, estetizzando tutto in modo un po’ stucchevole, poco addentro la realtà sociale, alla pari di Adriano Celentano di Joan Lui, eh sì, arrivo io… con questo.

https://www.ibs.it/leggenda-dei-lucenti-temerari-libro-stefano-falotico/e/9788855165785?inventoryId=256656577

Insomma, sono un tableau vivant, lei invece, Vittorio, è solo un bon vivant e, onestamente, fra tante cos(c)e giuste, non ha le mie car(t)ucce.

Mi spiace sostenere di essere più grande di Shakespeare.

Anche perché è vero. Ma, a differenza di Shakespeare, non sono un baronetto e devo fare un mutuo per comprarmi una nuova Fiat Punto. La vedo dura, signor Falotico, resistere a questo mondo in modo resiliente senza affidarsi alla previdenza… Sì, lo dico da me. Sapete perché? Perché così non è. Non sono mica un coglione come l’italiano medio.

Sono quello che sono, cioè non sono, poi ho sonno, domani no. Adesso, me la tiro…

Per farlo, devo indossare la mascherina? La uso solo per non contagiare gli altri. Si spaventerebbero se la togliessi. Perché sono sfregiato? No, perché nessuno è capace, in questa società dell’apparenza, di togliersela.

 

di Stefano Falotico

THE IRISHMAN – The scene that everyone hates, ovvero quella dell’ortolano, la grocery (messin)scena, è invece un capolavoro di sofisticato pregio


08 Dec

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Sì, è un periodo di gagliarda mia rinomanza nel quale, in tali sabati miei ritornati in auge, in tali Saturday Night(s)Fever a volte scostumati, di me sfigato e macchiato caldamente dopo che, per tempo immemorabile, fui solo abbacchiato e obnubilato, no, non riesco a essere John Travolta con le sue danze acrobatiche, però entro nei locali giammai malfamati con ghigno da uomo affamato. Talvolta, solo affannato e affaticato poiché, lontano da essi, ho parcheggiato. Cosicché devo percorrere dieci chilometri a piedi, giungendo in loco a pecora. Cioè sfiancato. E devo stare pure attento che, dopo aver fatto serata, nel frattempo, la portiera della macchina qualche malintenzionato non abbia segnato. Sono sempre stato uno sfregiato. La farò franca. E se, invece di Franca, mi facessi una bevuta col Branca Menta? Sì, non sono da branco, sto al bancone e intanto guardo tutti i culoni. Ah ah.

Mai fu però un lupo solitario, bensì un solitario come Neil/De Niro di Heat. Conosco il calore delle donne come Ashley Judd ma, se rompono il cazzo, so esser loro Val Kilmer.

Questo Falotico, dapprima adombratosi, poi coperto di vergogna, quindi svergognatamente impudico a mostrarsi senza trucco, perciò come Joker, nudo e crudo nel suo decadentismo tendente al nero più cupo da uomo che perse qualche capello ma non il vizioso suo fare il volpino malvoluto, quest’uomo dalla bellezza angelica come Leo DiCaprio senza piedi caprini eppur carismaticamente diabolico come Mefistofele, cioè Lucifero. Vale a dire il diavolo di Angel Heart, che ve lo dico a fare? De Niro.

Quest’uomo che, in un’epoca remota, ai tempi delle scuole medie, fu ambito da tutte le ragazze più belle poiché possedette un fascino magnetico da Mickey Rourke dei tempi d’oro, più che altro dei poveri.

Quest’uomo che ogni suo talento, perfino pure la potenza ipnotica dei suoi occhi ero(t)ici, scialacquò in un’orribile, ignobile maniera da far spavento addirittura ai più zotici. Quest’uomo che divenne uno spaventapasseri e che si trascurò, oserei dire, sì, fu oscurato da ogni passerina che neppure di striscio lo cagò. Quest’uomo incapricciatosi, depressosi, immalinconitosi, impigritosi, apparentemente spentosi e riaccesosi con portento dopo tanti piagnistei, ipocondrie, lamenti e la sua misteriosa cameretta. Ove, ve lo posso dire, sono conservati molti porno merdosi più dei cessi di Cattelan.

Quest’uomo mai andato con una mignotta a cui gridarono… devi ancora mangiarne di pagnotte, sempliciotto.

Quest’uomo che poi affrontò il nonnismo prepotente di tale società di camerati violenti, quest’uomo schernito dal bullismo fetido dei burini più tremendi e malviventi, quest’uomo malvisto e perciò preso per il culo dal gentil sesso in modo oscenamente scandaloso a causa della loro incurabile deficienza. Ah, donne inculabili, sì sì.

Un uomo ingiuriato, crocifisso eppur giammai fottuto. Appunto…

Un osso duro eppur tenero di cuore, dolce come qualcosa che, lungamente, s’ingrossa di notte ove è buio, questo uomo profondo che se ne sprofonda e su un’altra bionda si fionda, scolandoselo, no, scolandosela tutta d’un fiato, ah ah, quest’uomo sfortunato ma mai domato, poco amato eppur corteggiato, quest’uomo che resistette, chissà ove sparì e stette, insistette e poi, dopo essere stato così sbattuto, ora si zittisce e quindi nuovamente s’ingrugnisce, incaponito e inculato, poltrisce, quest’uomo romantico eppur spesso antipatico, superbamente da tutti e tutte, soprattutto, divorato e squartato, aperto in due e “sfanculato”.

Ma egli se ne frega e volteggia alato in tal mondo oramai putrefatto poiché egli sa il Falò suo e dà nell’occhio, miei pinocchi, poiché è un uomo che guarda le gnocche, sgranocchiando un’altra patatina e si lecca i baffi come quando sei Fonzie(s).

Un uomo sfigurato ma grande come la più alta, figurativa Arte.

 

di Stefano Falotico

JOKER ha ora la data dell’anteprima mondiale, il Governo cade, voi ne uscirete? Quando, in quale trailer? Per fortuna esce il Blu-ray di Angel Heart restaurato


09 Aug

francesca dellera dellera

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Capitolo uno: dovete avere una bella vita per perdere tempo a pensare al governo

Sì, adoro la spietatezza. Poiché io sono intransigente perfino con me stesso. Sì, mi auto-critico come se a praticare l’esegesi della mia persona fosse il severissimo critico d’Arte per antonomasia, ovvero il Vittorio Sgarbi nazionale.

Ah, spesso nella mia anima non tira una bella aria. Sono cosciente dei miei limiti e cerco di sanarli ora dopo ora con fiera e ferrea abnegazione. Quando vado troppo giù, mangio un tiramisù di liscia, scorrevole masturbazione. E tutto mi pare più fluido.

Se scrivo, per esempio, un testo e, a distanza di qualche minuto dalla sua pubblicazione, m’accorgo che presenta(va) dei refusi, quanto prima, tempo e altri impegni permettendo, lo correggo immantinente.

In quanto son uomo che, appunto, quando si rende pubblico, a differenza di molti giornalisti-pubblicisti impresentabili e incolti, cura ogni dettaglio nei minimi particolari. Io sono la particolarità, d’altronde, fatta persona.

E m’angustia, mi allarma e quanto Di Maio, no, quanto mai mi preoccupa quest’Italia oramai all’arrembaggio, piena di gente che tira a campare, arrangiandosi. Ma non so per quanto.

Ah, io di tutto m’accorgo, spesso con la maggioranza son in disaccordo in quanto voce lontana dal coro e sovente anche dal mio cinico core. Come Ismaele nell’incipit del capolavoro letterario di Herman Melville, ovvero Moby Dick, appena atteggiate le vostre labbra al torvo, ecco, o siete Alba Parietti che ancora, nonostante i suoi anni suonati, s’atteggia a donna da novembre umido e piovigginoso per l’uomo navigatore delle sue cosce che furono su Google immagini dei tempi oramai andati, oppure state sinceramente gracchiando, sconsolati e borbottanti, amareggiati e stremati, rammaricati e delusi come uno spennacchiato corvo.

Ah, che brutte facce incagnite, ingrugnite, forse solo imbufalite che avete. Ma ancora qualcosa avete?

Questo è il problema.

Tira solo, appunto, una pessima aria e non quello che dovrebbe tirare quando le cosce, no, le cose si mostrano nel loro solare, incantevole splendore attizzante e indirizzante all’azione ficcante.

Frequentemente, quello è per voi intirizzito e soprattutto striminzito. Spompato e inaridito.

All’Aria che tira, Vittorio ha celebrato, forse da costernato decerebrato, l’italiana scon-fitta. Aveva ragione quando tempo fa ammonì gl’illusi dal gridare troppo presto vittoria?

Ah, Vittoria. N’ero ossessionato, una figa mai vista, da me sicuramente neppure minimamente avuta, che non mi faceva dormire la notte. Lei andava sempre a prendere il sole a Metaponto e io, sapendo che lei m’aveva snobbato e onestamente, platealmente rifiutato, per nascondere il dolore di questa mia immaginata e fantasticata scopata mai con lei (av)venuta, pontificai. Immaginando di predicare dall’alto del suo balconcino, ah, un capodopera monumentale di forme geometriche sensazionali come se fosse stato scolpito da Michelangelo. Ah, solo baciare quei suoi capezzoli grossi e palpare quel suo seno rigoglioso, meraviglioso, semmai in un amplesso caldamente serale in quel mare frizzante e ondoso, m’avrebbe aperto… le porte del paradiso mio da suo carnale moroso, oserei dire super focoso. Affogato, libidinosamente insabbiato.

Sì, un grande San Pietro. Ma io invece finii come Cristo e urlai solo, senza parole, la mia Pietà.

Sì, ogni mattina, vicino alla riva, la vedevo così angelicata eppur diabolica nell’ostentare di sua vanagloria l’estasi del suo bikini favoloso. In mezzo a quel dolcissimo, schiumoso cloro, desideravo spalmarle la mia crema ma rimasi all’asciutto. Pure bruciato vivo poiché non usai la protezione adeguata e il suo fidanzato mi cacciò un calcio nelle palle così tremendo da spappolarmele più di un castello di sabbia che si scioglie immediatamente sotto la prima pioggia battente.

Che donna. Dopo aver fatto l’amore con Vittoria, stanne certo, non hai più bisogno di nessun Sgarbi Vittorio che t’illumini sul patrimonio artistico e rinascimentale della nostra Italia fighissima.

Vittoria, donna superlativa, assolutamente. Sì, il superlativo assoluto di figa è fighissima o figona? No, figona è un accrescitivo, per forza… ah ah.

Sì, che te ne fai della Cappella Sistina se sai che, ogni notte, puoi dipingere e affrescare Vittoria, detta la birichina passerona? Non necessiti neppure di azzeccare una vincente sestina. Eh sì, Vittoria è donna zuccherosa con cui inzaccherarsi ma io, perdendovi la testa, ricevetti però soltanto un’inzuccata e nessuna inzuppata.

Perché lei indossa la quinta e già allora partii subito di eccessiva spinta. Lei sa rigenerarti, crearti a sua immagine a somiglianza, forgiandoti di scintilla divina e toccandoti con la soavità dei suoi lieti polpastrelli che accarezzano il tuo uccello bello già ritto come un carabiniere sull’attenti, donna da Altare della Patria che sa accenderti la fiamma tricolore con un magistrale pompino, oserei dire, variopinto!

Qui, sto esagerando. Ma io ci do. Senza badare a spese. A nessuna spesa. Mai sino a questo momento pagai una prostituta ma, comunque, quando vado appunto a fare la spesa e, cazzo, basta che compri un succo di frutta e ti prosciugano lo stesso. Donna, lei viene prosciugata se le offrono gratis il prosciutto?

Non ho soldi, mi decollerò, impiccandomi.

Sì, quando uno s’impicca, non sente poi tanto male. È come un bacio pungente col succhiotto, miei salsicciotti. Soprattutto scemotti.

Sgarbi ha proferito le seguenti, lapidarie parole testuali come se stesse recitando il suo Antico Testamento ai posteri, tramandando il suo sapere a un’Italia, più che da Elmo di Scipio, discinta e non più distinta.

Dominata solo dal più pericoloso, barbarico, triviale, populistico istinto.

Sgarbi è un opinionista, opinabile o no, ma sa il fallo, no, fatto suo:

è successo quello che doveva succedere. Perché non si può governare con fantasmi che non hanno un’idea, una visione politica e che sono figli di un personaggio grottesco e paradossale che si chiama Grillo. Che non c’è più da un anno. Da quando sono arrivati al governo, Grillo è sparito e ha messo lì questo piccolo fantoccio educato… non laureato, non lavorante, diventato ministro del Lavoro e vice-premier, con la visione di dare i danari a tutti quelli che poverini hanno bisogno, impedendo con ciò lo sviluppo dell’economia, creando quindi un danno terribile al Paese e chiamandosi grillini senza Grillo. Quindi, mi pare che sia inevitabile. Io dissi al mio discorso di fiducia provocatoria: nel disordine e nell’ignoranza io prospero. E sono qui per assistere al vostro declino.

Io, invece, sono sempre qui per assistere al suo cretino.

Ora, io sono apolitico sebbene apollineo. E non mi piace Di Maio. Ma che c’entra il classismo dell’essere laureati o no?

Guardi, nella mia vita ho visto professoresse di Storia e Italiano dire ai loro studenti che, senza laurea, si diventa disoccupati e pazzi. Queste donne andavano matte Per Woody Allen. Sino a prova contraria, Allen non è laureato.

Abbiamo visto questa gente “laureata” cos’è stata capace di fare alle persone. Questa gente di cultura cosa professò? Ma che vollero processare e professare?

Non vanno bene perciò i 5 Stelle ma non vanno bene nemmeno questi falsi ipocriti che prima parlano del PD da mezzi comunisti pacifisti, incitando alla rivoluzione del volersi tutti, appunto, bene, ma poi li trovi a togliere le stellette al prossimo con le loro sbrigative recensioni.

Sì, ci voleva una fortissima reazione indimenticabile. Un’impietosa lezione.

Sarebbe questa la gente che si dichiarò e ancora, ottusamente, si dichiara progressista, che va dai giovani di vent’anni e gioca, sadicamente, con le loro intime emozioni, ricattandoli psicologicamente perché a quell’età devono farsi il culo e come schiavi lavorare?

Ma che razza d’insegnamento è mai questo? Questa si chiama demagogia. Allora, cambierò religione e pregherò alla sinagoga, no, nella moschea, lontano da queste fastidiose mosche che si fingono, appunto, comuniste come quelli di Mosca, ah, sì, persone sedicenti da Cremlino ma in verità vi dico che preferisco a costoro, cioè gli impostori, un morbido gelato al cremino.

No, questa gente da me non avrà più nulla, nemmeno il reddito di dignità. Quella dignità per cui si riempiono la bocca e quella bocca ora per sempre cucita. Come si fa coi pazzi che, sedati come cavalli, sono rimasti distrutti.

Capitolo due: il celeberrimo, chi non lo conosce, auto-inganno di cui parla la borghesia stagna con la piena panza, gente che fa pena e che mi ha davvero rotto le palle abbastanza

Per molti anni, praticamente una ventina, ho sempre pensato che quando gli altri mi dicevano che, se non facevo certe “cose”, mi auto-ingannavo perché, in verità, le desideravo, ne soffrivo la mancanza e trovavo l’alibi, da loro chiamato scappatoia consolatoria, per sviare altrove, incenerendomi nella solitudine o esaltando la mia depressione a contraltare dei miei limiti patologici, chiamati genericamente o forse geneticamente disagi psicologici, magnificandomi nel fare il misantropo a tutti i costi a mo’ di rinnegazione capricciosa delle mie intime aspirazioni frustrate, sì, uso il passato remoto adesso, malsanamente e ingenuamente vi credetti.

Si chiama suggestione. Essere suggestionabili però dinanzi alla falsità delle facili deduzioni.

Guardate, lo dico dal più profondo del malincuore, sino all’altro ieri volevo persuadermi che io avessi torto e loro ragione.

Ma ho soppesato, nelle scorse ore, un’attenta, psicanalitica considerazione, un’auto-riflessione atroce. Non sarei mai voluto arrivare a questa tragica consapevolezza. A questa devastante conclusione.

Purtroppo, avevano torto. Sì, ho scritto bene. Ho detto purtroppo.

Perché, ribadisco, mi sarebbe davvero piaciuto che avessero avuto e abbiamo semmai tutt’ora piena ragione.

Poiché sarei stato e sarei un semplice coglione. Basta un po’ di eiaculazione e vedrai come ti passano le paturnie con una scopata d spontanea erezione. Oh, prendila come viene, mi dissero. Ma che vogliono dire? Non sanno parlare.

La verità è molto più grave, ancestrale, incurabile. Io non sono mai inculabile, al massimo m’inculo da solo.

Una verità destinata a macerarmi nell’animo più di come già nella totale alienazione sprofondai, annegai, m’intorpidii da tempo immane.

Tutto ciò per cui mi prodigo scrupolosamente per ottenere con vigore e determinazione, ahimè, si concretizza e si avvera con sempre maggiore mia intuizione.

Tutto ciò che inconsciamente non mi piace, invece, non (av)viene. Sì, il sesso non è che mi prenda molto. No, manco per il cazzo.

Ora, se avete lo stomaco forte e non siete malati di pregiudizi, vi spiego bene. Se voleste stare a leggere, a sentire e ad auscultare le ragioni del mio cuore, vi spiegherò tutto con coraggio, schiettezza e franca coscienza, con sana potenza. Con ponderazione. Potete dire anche ponderatezza.

Sì, so che state già ridendo, anzi, voi dite… sorridendo. Deridendomi, no, ora siete maturi e adulti, snobbarmi, sì. Prendere questa mia uscita (uscita da che?), mie checche, come l’ennesimo mio al lupo, al lupo ché poi tanto non succede niente?

La mia vita affettiva e sessuale è finita. Non c’è alcun rimedio né soluzione. Ora arriva la mia sincera costernazione.

Al che, un mio amico buontempone, goliardicamente provocatorio e giocherellone, per sdrammatizzare la serietà della mia succitata affermazione, esplode con un:

– Ah, perché mai iniziò? Ah ah!

– Purtroppo c’è sempre stata. Ora ti dico. Ciò non è inquietante, è invero terrificante. Rimarchiamo il rimarchevole.

– Dimmi pure. Onestamente, sono rimasto un po’ indietro con la tua vita. Sai com’è. È già incasinata la mia che se stessi a preoccuparmi di ciò che accade nella vita degli altri, ah, starei fresco.

Comunque, hai la mia attenzione. Ti do però mezz’ora. Ce la fai?

– Eh certo. Mi sa che ho ragione io, dannazione.

– Cioè non è mai stato un problema di timidezza, chiusura e quant’altro? In effetti, mi sa che forse è così come dici tu. Le persone timide non si scagliano contro uno alto due metri e gli saltano alla gola a costo poi di prenderle e finire, se va fatta bene, al traumatologico oppure, se va fatta male, al cimitero. Sì, certo, l’altro da te aggredito, eh già, sarebbe finito all’ergastolo ma tu saresti finito del tutto, diciamo.

– Già. Ho pensato a quanto t’ho detto in seguito al mi piace su Instagram di Francesca Dellera.

– Francesca Dellera. L’attrice?

– Attrice di che? Ah sì, come attrice del cazzo è da trecento Oscar l’ano.

– Sì, comunque lei? Quella de La carne?

– Ecco, appunto.

– Ma ancora campa, Francesca? A proposito, il ritornello di Lucio Battisti e Mogol… Francesca non ha mai detto di no… fu scritto per la Dellera?

– Ma che cazzo dici? Sì, comunque non è tanto vecchia. È dell’ano, no, anno 1965. Diciamo che, cinematograficamente parlando, a livello qualitativo, l’ha preso in culo da tempo immemorabile ma non mi addentrerei in compenetrazioni da psicanale, no, psicanalisi. Sarà cascata in depressione, le saranno cascate le tette. Sarà stata economicamente messa a novanta, alle strette. Che cazzo ne posso sapere, io?

Sono andato a fare delle ricerche in merito ai suoi mariti, no, flirt. Ha un carnet appunto carnale mica male. Insomma, da maiala. Donna dolcissima, ispirò a molti uomini, pensa, il crème au caramel. Sì, lei si è fatta tutti. Dai buzzurri che fumano le Camel ai gobbi come i cammelli, perfino Benicio Del Toro, eh sì, nomen omen, Delon Alain, anche se Alain nega d’averla inchiappettata bellament’, Berlusconi ovviamente e pure Christopher Lambert, specializzato in cosce e minigonne, vedi le sue relazioni della minchia con Parietti Alba e Diane Lane. Ah, Christopher, uomo che sa scaldare le donne meglio di una maglia di lana.

Fatto sta che Lambert, secondo me, è un attore di merda e, nonostante questo popò di figotte, un povero Cristo. Diciamocela!

Ah, guarda, Francesca è una che ha perennemente lavorato duro. Sì, si è fatta il culo per avere tre ville al mare. Si capisce.

Dal 1986 al 2006, poi non ha fatto più un cazzo, come no, ha girato la bellezza di sette film, due miniserie e forse però un milione di seghe dei suoi fan incalliti.

Sì, un sex symbol degno di notte. No, di nota. Donna indubbiamente un po’ mignotta ma, comunque sia, faccia quel cazzo che vuole. Non la giudico.

Detto ciò, asserito questo e non il mio in Francesca inserito, i titoli dei film da lei interpretati sono lo specchio della mia vita da depresso anale, no, annale.

Sì, Grandi magazzini, ovvero i centri commerciali ove vado quando sono annoiato per guardare le vetrine, aspettando l’ora di cena.

Capriccio, appunto, peccato veniale di cui vengo accusato dall’età di 14 anni in poi.

Roba da ricchi: sì, sono pure colpevolizzato se sto male. La depressione, in Italia, viene considerata una vergogna nazionale. E ti urlano che solo chi ha i soldi può permettersi di sputtanarseli, andando a fare chiacchiere con gli psicologi.

Qui si paga alla Romana. L’Italia è un Paese di falsi e, appunto, se sei diverso dagli altri, ti dicono che ti auto-inganni e ti danno della bugiarda.

Insomma, un Paese ove se non ti spacchi il culo, facendotelo/e, se aspetti il sabato sera per andare con un mignottone come la Dellera, ti fanno le smorfie come se tu fossi un bimbo, vale a dire L’orso di peluche.

Sì, a me ne diedero tante. Già pienamente adolescente, registrai dalla tv il film 4 cuccioli da salvare. Perché è un film commovente.

La gente stupida alluse malignamente:

– Ah, e chi sarebbe il quinto cucciolotto? Tu? Ah ah.

 

Sì, vidi giusto nella mia coscia e (in)coscienza, anni fa, quando decisi di mandarvi tutti a fare in culo.

Dopo che mi sverginai, impazzii davvero.

Di solito succede il contrario. Sì, per voi. Per me fu traumatico. Sì, dopo la prima volta, scopai molto. Questo va ammesso.

Ma persi la mia poesia. Quindi, fottetevi.

Vedo ora il mondo per quello che è.

Un mondo ove vendereste pure vostra madre al demonio al fine soltanto di dare un bacio alla Dellera. Io, pur di dare un bacio alla Dellera, venderei comunque il nuovissimo Blu-ray di Angel Heart che ho appena pre-ordinato. Tanto costa poco, 20 Euro, posso ricomprarlo. Ah ah.

A parte tutto, sì, non mi piace tanto il sesso. Non sto scherzando. So che questo può turbarvi. Ma scusate, se non turba me, a voi che cazzo frega? Per caso volete incularmi?

Finisco con questa:

– Stefano, non capisco perché tu ti ostini a inserire video sul tuo canale YouTube. Ho appena visto il tuo ultimo. Ho visto pure che l’hanno visualizzato solo dieci persone.

– Vedi? Ti sbagli un’altra volta. Sono undici, considerando che tu l’hai appena visionato.

Ah ah.

 

Comunque, fedelissimi e stronzissimi, dopo il mio Cuore angelico… tenere tenebre sanguigneIl diavolo è un giocattolaio Il candore svelato, libri che potete trovare in vendita su Amazon e sulle maggiori catene librarie online, sto terminando il quarto romanzo a tematica faustiana e diabolica.

Purtroppo, ho la stessa faccia da culo di Mickey Rourke. Volete farmene una croce?

Eh sì, quest’anno sarò fra gli accreditati stampa a Venezia per il Festival.

Ma reggeremo sino a fine agosto o questo stival’ cadrà a pezzi come la stessa Venezia sommersa dalle acque?

Chissà.

Adesso, vado a leccare un gelato.

E forse anche qualcos’altro.

 

di Stefano Falotico

 

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Evviva Bob Dylan e Dylan Dog


04 Jun

dylan dog rolling thunder revue scorsese

Sì, il mio teorema è presto spiegato. Non ci vuole un mostro delle equazioni come Albert Einstein. Uno che, fra l’altro, inventò la teoria della relatività ma non seppe rivoluzionare la sua faccia bruttissima.

Oh, va detto. Che c’è di male? DiCaprio, ad esempio, è un bel ragazzo, Kate Winslet deve adesso smaltire i chili di troppo, Albert era fisicamente un cesso. Non voglio mettere in discussione la sua mente ma, in quanto a sex appeal, non oso immaginare se Matthew McConaughey di Interstellar fosse stato suo padre.

Cazzo, accende la videocamera e, anziché beccarsi Casey Affleck, si cucca Albert.

A quel punto, Matthew capisce che non conviene tornare sulla Terra. Meglio fottersi Anne Hathaway. Sperando che nasca un uomo meno cerebrale di Albert ma più appetibile fisicamente che possa piacere a Jessica Chastain.

Sì, i genitori vogliono sempre il pene, no, il bene dei figli.

E spesso invece sbagliano tutto. Basti pensare a Mario Brega di Un sacco bello. Aveva educato il figlio a sani principi di modesta operosità sociale e invece s’è trovato un figlio senz’arte né parte.

Di mio, tutti nel corso degli anni hanno cercato di educarmi a una vita corretta. Ecco, più volevano approntare correzioni alla mia vita, da costoro ritenuta (di)storta, più io rispondevo loro con altrettanta ipocrisia stronza.

Ecco allora che se uno mi diceva di guardare L’ultimo bacio di Muccino, io guardavo invece Gli amanti del Pont-Neuf. Poi, se uno a quel punto voleva istruirmi su tutti gli altri film di Leos Carax, ecco che mettevo su un filmetto con Lilli Carati.

Sì, non ho rimpianti. Alla mia età, quasi tutti i miei coetanei sono sistemati e sposati.

Sai che bellezza. Come diceva Al Pacino di Scent of a Woman, una volta che avrete trovato un lavoro stabile e una compagna fissa, il grande sogno sarà bello che finito. Sarete fottuti.

Le altre donne non potete più guardarle. O meglio, sì, potete pure guardarle ma, ogni volta che ciò accadrà, la vostra lei vi ricatterà, urlandovi che potrebbe domandarvi il divorzio, chiedendovi gli alimenti, privandovi dei vostri figli poco abbienti.

I figli… so’ pezzi ’e core e cresceranno coi musicarelli di Mario Merola, Nino D’Angelo e Gigi D’Alessio.

Insomma, questi qui prevedo che diverranno assai presto affiliati a Gomorra…

No, non dei camorristi, ci mancherebbe. E neppure faranno la vita di Ray Liotta, Bob De Niro e Joe Pesci di Quei bravi ragazzi.

Credo però che passeranno tutta la loro misera esistenza a gridare sguaiatamente contro la moglie perché avranno scoperto che lei li tradiva con uno strozzino.

Ma non illudetevi, eh no. Non andrà meglio pure se ascolterete Nick Cave per fare gli anticonformisti di maniera e fingerete di amare il Cinema di Jim Jarmusch quando, invero, so benissimo che adorate Mira Sorvino de La dea dell’amore.

Oppure, visto che vostra moglie vi obbliga a stare con lei, mentirete a voi stessi. Perché, in cuor vostro, siete ancora amanti dei Metallica ma lei vi costringe, per amore, solo per amore, a farvi piacere Alvaro Soler.

Dai, suvvia. Siete tipi da Vitali Alvaro, non siete dei falsi romantici.

E quelli che, appunto, essendo sposati, dunque oramai (in)castrati, se la tirano… ora da intellettuali che, non avendo niente da fare, celebrano l’arte tutta e passano le domeniche pomeriggio nei musei?

Ma che musoni, dei mausolei.

Poi ci sono i fascisti fanatici ancora di Mussolini, dunque di Salvini.

Sì, donne ambiziose senza vergogna, pur di avere un seggio in parlamento, si appaiano a questo pazzo da reggimento.

E voi credete davvero che lavorare dieci ore al giorno possa donare dignità a un uomo?

Credete realmente che andare a messa tutte le domeniche vi renderà persone migliori di Al Pacino di Scarface?

Non ci credete voi, non ci credo io. Non ci crede nessuno.

La vostra vita è una farsa, una recita parrocchiale, una terribile pantomima, una mascherata da Eyes Wide Shut.

Per quanto mi concerne, che io mi ricordi, ho sempre voluto amare Bob Dylan.

Sì, ne ho viste troppe per credere che Salvatore Quasimodo si sia meritato il Nobel.

Ognuno sta solo sul cuor della terra,

trafitto da un raggio di sole,

ed è subito sera.

Mah, io lo sostengo dalla prima elementare ma non mi hanno mai dato né mi daranno il Nobel per questa poesiola banale con la rima quasi baciata peggio di tua sorella che nessuno limona.

Nella mia vita ho visto ragazzi in gambissima sedati come cavalli soltanto perché ebbero il coraggio di dire al loro professore di psicologia che doveva curarsi.

E ho visto psicologi malati di mente più dei barboni ai semafori.

Ho visto cinquantenni pasciuti venirmi a fare la morale, dicendomi che loro sono filantropi e hanno lavorato nelle ambulanze.

Sì, adesso sono ricoverati in manicomio.

Quindi, mi tengo i miei incubi, le mie notti cimiteriali, mi tengo i miei bui esistenziali, mi tengo la mia angoscia.

Mi congedo con questa, concedetemela. Anni fa, incontrai una tizia:

– Ah, Clint Eastwood è un uomo che, certo, avrà pure la sua età ma che fascino, cazzo. Io me lo farei anche se è vecchietto, diciamo.

Le risposi appunto alla Clint:

– Sì, ti credo. Indubbiamente Clint è un uomo senz’età. Bisognerebbe però vedere se Clint volesse venire a letto con te.

– Che vorresti dire?

– Niente. Stasera ridanno I ponti di Madison County in tv. Continua a sognare…RollingThunder_Dylan_Side_Performance

di Stefano Falotico

La cosiddetta mental illness esiste nel Cinema e nella vita? Esiste solo il Genius-Pop un po’ bambino e un po’ volpino, fidatevi, sono il re dei bei ballerini


11 May

 

suntory bill murrayQuanto mai attuale, viste le nevrosi collettive e il forte disagio sociale esponenzialmente aumentato, è il tema della follia.

Shutter Island? Film da quattro soldi. La leggenda del re pescatore? Sì, andiamo già molto meglio, facciamo dei miglioramenti.

Ah, la follia! Termine forse troppo generalista e superficiale. Tant’è che, in alcuni siti, peraltro tematicamente molto seri, vedo comparire assurdamente foto che mettono i brividi. Raccapriccianti e appunto fuori luogo rispetto alla delicatezza del quadro d’insieme. Sì, l’immagine semmai di Jack Nicholson di Shining che sventra di ascia la porta del bagno dell’Overlook Hotel su suo ghigno lupesco e sanguinario, oppure foto di persone derelitte che vagano catatoniche, come zombi, lungo le strade periferiche, mal illuminate, di grandi città al pallido, mortifero plenilunio nel sole loro interiore precocemente tramontato in una vita torva.

Persone imbrunitesi nell’inaridimento affettivo, afflitte dalla loro unica compagnia possibile, ovvero la solitudine più cupa.

Persone dagli sguardi allucinati che fissano con occhi vitrei il vuoto. Captando l’incommensurabile abisso a molti ignoto. Scandagliando, forse incoscientemente, nelle loro sofferenze infinitamente strazianti, il pasto nudo. Dunque, la nostra umanità decaduta e incenerita da una società apparentemente felice, invero già macellatasi nella povertà morale più inaudita. Che si riflette, grottescamente, nelle iridi languide di uomini e donne sdilinquitisi nell’apatia più inutilmente sognante, che si rifrange nello spettrale specchio delle loro anime nerissime e non più candide.

Abbagliandoci di tormento eclatante, inducendoci a riflettere con maggiore calma. Obbligandoci a interrogarci sull’esistenza, incomprensibile ai più, e su tale stupefacente, immane, umana discrepanza.

Ah, vedo molte panze!

E le domande che in cuor ci sorgono son tante. Versiamo molte lacrime sgorganti.

Spaccati come siamo da troppe incognite umidamente, inconsolabilmente vaganti.

Come se, attraverso queste immagini potenti, si volesse esemplificare appunto la follia e parcellizzarla in deficienti, iconiche raffigurazioni, in figurative sfighe appunto cinematografiche, pittoriche o perfino scultoree. Pensiamo, ad esempio, alle rappresentazioni della follia che il Rinascimento ci ha regalato, magnificando addirittura l’estasi, che ne so, rabbiosa e disperata della Madonna che, gridante in preda al lutto non cicatrizzabile della perdita del suo amato figlio Gesù, si contorse in un gemito lancinante, osservando la “sindone” di quel suo nostro Cristo, sì, asceso al cielo, ma non più di questo mondo tortuoso e soventemente orrido.

Io sono di Bologna. Non so se conoscete, ad esempio, a tal proposito, il Compianto sul Cristo morto di Niccolò dell’Arca, uno dei massimi capolavori scultorei della mia natia città felsinea.

Me lo faceva studiare la mia insegnante di storia dell’arte. Ah, gran donna. Grassa e brutta. Ma una donna che, per via della sua repellenza fisica, aveva sublimato le sue carenze affettive e sessuali nell’arte, appunto, più alta. Sognando un profeta biblico che illuminasse la sua frigidità galoppante.

Celebre anche l’omonima pittura absidale di Vincenzo Onofri nella basilica di San Petronio.

E ora vi racconto una storia.

Frequentavo la terza media e nessuna tizia frequentavo. Erano mesi nei quali impazziva, no, impazzava per radio Enrico Ruggeri con la sua Mistero. Che da poco aveva vinto il Festival di Sanremo.

E tale dotta, simpaticissima insegnante di storia dell’arte aveva chiesto noi di recarci, a piccoli gruppi, a fare delle ricerche e degli scatti fotografici in queste due chiese sopra citatevi.

Io non volevo andarci. Ma c’andai perché ero innamorato di una ragazza. E quindi, capirete bene, cosa potesse sinceramente fregarmene dell’arte.

Lei era la Vergine fattasi carne.

L’amavo puramente e l’avrei scolpita duramente con le mie sopraffine mani da moderno Michelangelo Buonarroti. Ah, era lei un capodopera, opera magna per un amoroso, caldo arrosto stuzzicante, da piluccarcene entrambi ben rosolati e pennella(n)ti.

Se, invece, non avesse voluto donare a me, personaggio già matto all’Arcimboldi, le grazie armoniose delle sue gambe vellutate come pesca setosa del Caravaggio, mi sarei consolato, mangiando dell’insalata.

Lavandomene le mani… con l’acquaragia. Forza, coraggio. Non è da una stronza che ti manda a fanculo che si misura un Pollo(ck).

Sì, se mi fosse stata acida come l’aceto balsamico, rendendo ogni mio caloroso slancio soltanto un vano, fantasticante assaggio, mi sarei comunque divertito con un film di Stanlio e Ollio.

Erano tempi acerbi, sì, ove ammiravo il seno di Deborah Caprioglio ma non sapevo cosa fosse il Campidoglio, ero proprio un Klaus Kinski alla buona…

Non conoscevo a memoria tutti i nomi dei sette nani ma già volevo un po’ macchiare dolcemente la mia bramata Biancaneve nell’ano.

Ero un ignorante come il principe Antonio de Curtis in Totò e i re di Roma.

E non sapevo neanche, mio dio, che vergogna, che fu proprio l’Albertone nazionale a dar la voce ad Oliver Hardy.

Ah, le ragazze della mia età erano pure messe peggio, comunque. Pensavano soltanto a comprare gli Swatch, i ragazzi, poco tempo dopo, di queste se ne sarebbero fottuti, ammirando invece Baywatch con Pamela Anderson.

Molti furono segati, eccome.

Ah, vi era anche Pamela Prati. Una che, come la Anderson, era tutta rifatta più della facciata del Colosseo.

Ah, gladiatori defraudati della vostra Connie Nielsen, fatevi una passeggiata per i Campi Elisi o, se siete di Bologna, per i Giardini Margherita. Può darsi che Connie non ve l’abbia data ma incontrerete, a fare jogging e a strafarsi di qualche spinello, una racchia che ascolta Elisa.

Oh, buttala via.

Sì, tempi di sciacquette da smerdare nello sciacquone delle memorie annegate nel brodo dei tortellini, miei paesani, tempi di genitori oramai piegatisi al sistema che, fra una bolletta e l’altra, da totali bolliti aspettavano le vacanze natalizie per andarsi a fare un giro all’Abetone.

Insomma, la malattia mentale esiste?

Sì, per voi sì.

Per il Genius, no. Ché egli frutta, no, fa fruttare il suo pesce fritto e, tra una schizofrenica e una depressa, come un cavallo pazzo fluttua.

Quante cazzate che vi dico? Eh?

Ma se non ci fossi io, il Joker Marino, questa vita sarebbe già per voi da manicomio.

Fidatevi.

Voi uomini sareste ridotti come John Travolta di Pulp Fiction.

E voi donne come Uma Thurman.

Mentre io ora bevo un whisky.

In quanto Bukowski con sguardo da cane Husky.

Poiché sono uomo malinconico ma anche autoironico di gran candore, di ottimo sapore un Falotico, un uomo dai molti languori tra i vostri, cinici, freddi sudori, un uomo che puoi scolarti in un bicchiere d’acqua come il più pregiato liquore.

Sono un santo.

No, uno da Suntory.

E ora ballo perché mi tira il culo.

 

di Stefano Falotico

pulp fiction travolta thurman

Terry Gilliam, l’ultimo degli umanisti


21 Mar
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No, non è vero, anche Woody Allen lo è. Ma col tutto il bene che possiamo volergli, dobbiamo essere schietti. Il suo ultimo film è una ciofeca, deludente. Ma quale Kate Winslet immensa? Diciamo pure che la signora Kate è ingrassata parecchio e anche la sua recitazione è tutta da Actor’s Studio nella sua espressione più calcolatrice e fredda, anti-emozionale. Non è una recitazione sincera, ma impostata, teatrale, che gode dei suoi vezzi e delle sue arcate sopraccigliari smorfiose, che vive e vegeta di algidità. Per non parlare del Timberlake, uno che è buono solo a far ballare il suo bacino in Jessica Biel, che infatti da quando sta con lui è diventata un manichino, e si è imbruttita. Quel culo sodo, voluttuoso, per cui mi scalmanai per ore onanistiche memorabili, è or appiattito e anche le sue gambe sono quelle storte di Belén, altro mistero su cui studiosi dei desideri sessuali degli uomini medi dovrebbero scriverci un libro.

 

– Scusi, ma ci sono tante belle donne in giro. Perché fa il follower di questa qui?

– Perché ha la faccia da zoccola. Ma è una zoccola di classe, che non lo dà a vedere troppo.

 

Sì, questa è stata la risposta. Una risposta di una volgarità agghiacciante ma che dimostra quanto anche uomini laureati e finto-intellettuali amino delle donne solo quella, la figa enunciata nei lineamenti di un viso corrotto, deturpato dalla schifezza che la signora BELENA incarna ipocritamente.
Ma la Biel sta ancora col Justino? Ma che cazzo me ne frega!

Sì, un tempo divenni amico di uno che mi pareva in gamba. Leggeva tutti i filosofi greci e amava il Cinema di De Palma. Poi gli chiesi qual era la sua donna ideale e mi rispose Eva Henger.

Gli chiesi perché e lui rispose… perché sembra una santarellina se le guardi solo la faccia, ma è una maialona, e questo mi eccita da morire.

Per questa sua risposta, non ci dormii su per delle notti interminabili e compresi che l’uomo è dominato dalla animalità e che i bassi istinti non li puoi tacere dietro una villa costosissima. Invero, costui, che pareva tanto raffinato, è solo un troione altolocato. Fidatevi.

Credo che l’ultimo degli umanisti sia Gilliam. Un uomo anche umano che riflette sulla tragica condizione umana, sulla follia dei nostri tempi, che non fa il moralizzatore né ha una cazzo di laurea in Scienze delle Comunicazioni, facoltà che va abrogata e abolita quanto prima, ricettario d’istruzioni per l’uso che serviranno ai tonti per divulgare informazioni assodate come le tonificate pornoattrici. Ma che fanno? Basta con queste depilazioni e pilates. Datele in pasto a Ponzio Pilato!

Ma che vuoi comunicare? Che questo è un film sul rispetto, sulla dignità, un film che trasmette un messaggio di pace? Ma per piacere! Son cose da terza elementare. Beccati questo? Si chiama pugno!

Impari a essere artista. L’artista è istintivo, è folle, è visionario, non ha regole. Ma funziona, sì, funziona meglio del tuo cervello da idiot.

Sì, invece è giusto che io sia l’idiota per eccellenza, per antonomasia, colui che fa mille cose che non servono a un cazzo, e spesso sono pure controproducenti. Sì, è qui che si vede il genio. Troppo facile fare cose scontate e ricevere gli applausi dei cretini. Ci vogliono i coglioni per non essere un coglione come tutti.

 

E ordino un altro caffè, cazzeggiando di faccia che la dice lunga.

 

 

di Stefano Falotico

 

 

Gli esteti sono peggiori delle estetiste


19 Mar

02031423Fidatevi, se c’è una categoria di persone da cui dovete diffidare sono le estetiste. L’estetista è specializzato/ nella cosmesi, nella cura soprattutto del viso, tralasciando le loro “cure” massaggianti su cui avrebbero da obiettare molte cinesine… sì, lanterne rosse…

Sì, prendono una donna e la conciano per le feste. Se prima quella donna aveva il naso troppo lungo e pronunciato, ecco che gliel’accorciano in maniera impresentabile, praticamente glielo schiacciano e non di distingue più la cartilagine dal resto del lifting, sì, perché nel frattempo le guance son state sgonfiate, quelle belle guanciotte alla Sabrina Ferilli, donna cresciuta nella Roma più ciociara e al pomodoro, che t’invoglia a trombarla alla puttanesca, son state stirate, hanno “rattoppato” le rughe attaccandoci pelle di culo, e la faccia della signora ha assunto un’espressione di cazzo. Sì, diciamocela, molte donne si rifanno perché hanno capito che, così come son fatte, non se le fa più nessuno. Allora, così fan tutte… e abbiamo il chirurgo plastico di Brazil. L’unico che le caga perché vien ben pagato. Sì, egli disfa i visi putrescenti rendendoli ancor più putridi, macellando ogni imperfezione bellissima nell’appiattimento epidermico più osceno.

Ma, nonostante queste donne facciano schifo, la moda “facciale” non passa mai. E sempre più donne, entrate in menopausa, vanno dall’estetista. Lavoro che, secondo me, andrebbe perseguito penalmente, è un crimine contro il detto il mondo è bello perché vario.

Sì, queste donne, illudendosi di ringiovanire, vengono del tutto avariate.

Ma, fidatevi, alcuni critici di Arte e di Cinema sono peggiori delle estetiste. Soffrendo d’incurabili disturbi di personalità, essendo malati di solipsismo radicato e reiterato ai confini della legalità, amano solo i film che piacciono a loro, disdegnandosi tutto il resto, snobbandolo e sbuffando.

Al che, ecco i fanatici di Nolan, persone che s’incantano per le geometrie “aero-spaziali” visive del nostro illusionista, e dei contenuti non gliene può fregar di meno. Amano questi giocattoli stroboscopici, caleidoscopici e si lustran gli occhi dinanzi a tanta plastica “meraviglia”.

Come quelli, per fortuna pochi, che adorano Zack Snyder. Perché ha inquadrato il culo di Gal Gadot da una prospettiva simmetrica all’antipatia che questa donna trasmette, diluendo il tutto nel volto da burino di un Ben Affleck sovrappeso. “Vero” Cinema artefatto. Ma come? Non avevi scritto che la Gadot è figa? Certo. Ma sempre troia rimane.

Sì, ci sono i critici alla Sgarbi, uno che per leccare il culo ai siciliani, essendo in quella regione assessore, cita i passi del Gattopardo. Ma, secondo me, oramai non sa più distinguere un capolavoro da un dipinto di frutta e verdura con la banana della sua zucca vuota. Sì, Vittorio, dopo morto, sarà ricordato in modo cimiteriale con una “foto segnaletica” sulla lapide, eseguita dai grillini, e il suo corpo verrà sbandierato al Campidoglio con tutti i 5 Stelle osannanti la sua capra così ben “recensita”.

Abbiamo poi i fanatici di Sylvester Stallone. Sì, l’emblema dell’uomo che, nonostante lo prenda sempre in quel posto, alla fine vince. E che vince vorrei sapere? Di aver fatto il fascistone che ha preso a pugni dei fascisti peggiori del suo proletario sindacalista che campa di muscoli, e che martella, martoria e falcia chiunque gli capiti a tiro? Sveglia, Stallone ha sempre amato i soldi, è più borghese lui di De Laurentiis.

Ha vinto, Adriana, ha vinto! Auguri e figli maschi!

Poi ci sono quelli che sono “elevati” ma adorano le pornoattrici. Sì, perché sono sacerdotesse del piacere, sono poetesse del godimento. E ben venga(no). Sognano di scoparsele di brutto ma, secondo me, anche se dovessero davvero scoparsele, capirebbero che quelle prendono trenta uccelloni a notte e vomiterebbero dal disgusto per sé stessi. Ma, comunque, si sarebbero tolti il voglino. Ah, sai che bellezza!

 

 

di Stefano Falotico

Requiescat: Indagine sulle morti di Čajkovskij


07 May

Pëtr Il’ič Čajkovskij, figura emblematica della Musica, genio e compositore indimenticabile.

Ottavio Plini e Alberto Luchetti hanno pensato d’indagare sulla sua misteriosa morte, girando questo corto straordinario, che ospito qui nel mio sito e di cui sono anche la voce inquisitrice.

Centoventi anni fa, la notte del 6 novembre 1893, Piotr Ilic Čaikovskij moriva a San Pietroburgo, nell’appartamento del fratello. Le cause della morte sono a tutt’oggi misteriose, con almeno tre ipotesi molto diverse fra loro. Cosa accadrebbe se fossero chiamati tre testimoni vicini al compositore negli ultimi giorni a raccontare ciascuno una di queste versioni? E chi, se non Čaikovskij stesso, potrebbe avere l’ultima parola sulla questione? Le note della sua sesta sinfonia, conclusa poche settimane prima, ci saranno compagne in questo viaggio, dischiudendoci le estreme verità di questo grande uomo.

Regia di Ottavio Plini e Alberto Luchetti da un soggetto di Ottavio Plini. Fotografia di Alberto Luchetti e Marco del Rosso. Aiuti operatori Tommaso de Brabant e Andrea Prandini. Interpreti: Giacomo Beria, Valerio Vannini, Attilio Costantino, Monica Maria Seksich, Stefano Falotico.

 

Recensione di Stefano Falotico

 

Ipnotico, “breve” capolavoro che racchiude, in lirismo d’immagini fuori d’ogni epoca, l’assoluta anima di un genio “vergato” nei patibolari ultimi suoi giorni prima dell’addio definitivo ma immortale per l’umanità. Magnetiche presenze s’intersecano a gravitar di congiura e testimonianze discordanti, diluite in plumbei nitori fra inquadrature accorate, soffuse, “al liquore”, avvinghiate all’enigma per sempre misterioso, aura di fascino “arsenico”, dolce-amara visione del Tempo scandito nelle lucenti, incantevoli note della sua impareggiabile colonna sonora colore Bellezza.
Spettralmente, appare dalle nebbie L’Inquisitore, figura “mascherata” flamboyant, voce gotica che s’incarna (in)visibile dalla penombra, si sviscera dalle e dentro le tenebre profonde di quest’indagine maestosa. Quindi, sfilano i suoi amici, i suoi conoscenti, i suoi “assassini”. Il rimpianto dell’amore e di una vita sacrificata per un bene altissimo, estremo. Poi, il Cielo lievissimo s’increspa nella Notte.

Complimenti a tutti gli interpreti, con particolare menzione per il protagonista, nel cui “vegliardo” volto brilla la saggezza vivida di un grande Uomo, per Valerio Vannini, perfetto, stupendo sentire ad aderenza del dolore così elegantemente espresso, e a Ottavio, “fantasma” inquietante da “lugubre” cerimoniere.

Genius-Pop

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