Posts Tagged ‘Attacco al treno’

La mia particolarità, dico una cosa e 5 min dopo la rinnego, sono un rinnegatore continuo


21 Mar

THE 15:17 TO PARIS

 

– Scusi, ma lei che ne pensa dell’ultimo film di Eastwood?

– Ottimo, non capito, quasi capolavoro.

– Andiamo a berci una birra?

– Sì, se offre lei.

– Certo, buona bevuta.

– Ah, comunque io non me lo bevo l’ultimo Eastwood. Secondo me è una puttanata.

– Scusi, è ubriaco?

– Sì, dalla nascita. Lei invece è frocio?

– Sì, lei mi piace.

– Lei no. Ma lei è frocio dalla nascita?

– No, solo dopo la pubertà.

– Capisco. Sa, le dirò, vada a prenderselo nel culo.

– Ma non eravamo amici? No, ho deciso io che non lo siamo più.

– Perché sono frocio?

– No, perché non capisce un cazzo di Cinema. Se le dico che l’ultimo Eastwood è splendido, perché vuole farmi bere?

Non mi ubriachi di stronzate!

– Lei è un testone!

– Sì, ho sempre avuto una grande testa. A proposito, ha notato che la testa di DiCaprio è sproporzionata rispetto al corpo?

Quel Leonardo lì peserà 80 chili, 60 solo di testa. Ha una testa che sembra la Luna.

– Ma lei è pazzo.

– Non meno di lei.

– Io non sono pazzo.

– Se le dico che lo è, mi deve credere. Anche se in verità mi sembra solo mezzo matto.

– Sono pazzo totalmente o non lo sono?

– Ma non lo so. Mi lasci vedere questo film.

 

 

di Stefano Falotico

Ore 15:17 – Attacco al treno, recensione di Antisistema, utente di FilmTv


12 Feb

5a3d20893345eTHE 15:17 TO PARIS

Visto che porto l’avatar di questo mito del cinema, direi che è giunto il momento che parli finalmente di qualche film di Clint Eastwood, che a oggi volenti o nolenti resta il miglior regista vivente che ci sia ad Hollywood, nonostante gli sparuti detrattori che da American Sniper in poi stanno aumentando sempre più.

Con Ore 15:17 – Attacco al Treno, il regista conclude la trilogia filmica dedicata agli eroi recenti della storia americana; e tutto si può dire di quest’opera tranne che sia un brutto film come la gran parte della critica mondiale ignorante (in primis quella americana) vuole farci credere. Il massacro critico è presto spiegato, come i ben informati sanno, il signor Clint Eastwood sin dagli anni 50 è un sostenitore dichiarato del partito Repubblicano (è registrato come elettore), che ha sempre sostenuto in prima persona (anche con cospicui finanziamenti), e non da ultimo, ha dato il suo appoggio a Donald Trump. Ora da quando questo controverso presidente è riuscito a salire alla Casa Bianca, la reazione delle élite della cultura critica cinematogafica e di Hollywood è stata di totale chiusura verso questa novità. Tutto questo ha portato nell’ultimo anno a una repressione da parte della critica di tutti i film che non seguissero certi dettami come : il politicamente corretto, il femminismo, adeguata rappresentazione delle minoranze etniche, favore verso i diritti civili etc… in sostanza la solita solfa sterile di idee di sinistra… ma rigorosamente quella educata e “borghese” (chi spiega a questi geni che se non si raggiunge in primis una prequazione economica, i diritti che in astratto avrei non potrei ma farli valere nel concreto?). Il cinema di Hollywood oramai (quello impegnato in primis, ma anche il mainstream), sembra essersi ridotto per lo più a sterili spottoni di propaganda sulle pari opportunità e sui diritti civili affrontati in modo scolastico e con pensierini da terza elementare. Non dovrebbe stupire quindi che un regista, il cui cinema sin dagli anni 70 trae molta forza dalla rabbia, dall’insoddisfazione e dalla rappresentazione della lacerazione degli Stati Uniti, venga accolto molto male con questo film che non si preoccupa di seguire alcuna moda imperante del pensiero ed affronta in modo controverso la trattazione della materia in questione.

Affrontata questa doverosa premessa; c’è da dire che la trama è molto semplice e stringata, nonché nota poiché tratta da un fatto di cronaca molto recente e a cui è stato data ampio risalto.

Skarlatos, Stone e Sadler; sono tre ragazzi (i primi due sono anche militari in licenza) in vacanza nelle capitali europee che, durante un viaggio in treno verso Parigi, si troveranno loro malgrado ad affrontare e a sventare un attentato terroristico di un affiliato dell’ISIS.

 

Il film è semplice, schietto e diretto; questi tre giovani sono di forte ideologia Repubblicana e Clint Eastwood senza alcun timore reverenziale ce lo sbatte subito in faccia. Stringatezza e essenzialità nella narrazione della storia sono i due elementi cardini su cui si fonda quest’opera, che inizia dall’infanzia dei tre giovani per poi mostrarci di tanto in tanto dei flashforward dell’attentato al Treno del 21 Agosto 2015. Skarlatos, Stone e Sadler (Eastwood si focalizza specialmente sulla figura del secondo), sono tre giovani percepiti sin da piccoli come “anormali” e poco disciplinati. La loro vita è pura frustrazione per via di una società che punta a inculcare idee senza però spiegare il perché di esse (in primis i valori religiosi della scuola cristiana in cui i nostri tre ragazzini fanno parte). L’unico collante che li unisce è per assurdo la guerra… infatti passano lunghi pomeriggi a giocare a essa che, lungi però all’essere vista come demoniaca, è l’unico elemento che consente a questi tre ragazzini emarginati dal sistema di fare del cameratismo tra loro.

Come detto in precedenza, il cinema di Clint Eastwood sin dalle origini (e anche in veste puramente di attore) è cinema fatto di rabbia contro qualcosa o qualcuno… le istituzioni, i politici, la società, certe idee finto progressiste utopiche etc… ed Eastwood con quest’opera mette in piena luce tutto questo. Scegliendo di far interpretare il film ai veri protagonisti della vicenda reale, il regista cerca un’urgenza espressivo-formale che dei veri attori non avrebbero mai potuto dargli. Quello che la critica ha scambiato per appiattimento, semplificazione e inespressività degli attori, non è altro che la messa in scena della vita vera in tutto e per tutto. Per Eastwood i veri eroi non sono quelli che la Marvel ci vuole propinare con i suoi esseri fascisti di plastica e cartapesta, né gente dall’alta integrità morale e ideologica che spopolano in tanti biopic celebrativi (anche degli ultimi anni purtroppo); ma l’eroe per il regista è chi riesce a reagire immediatamente (anche incoscientemente) innanzi a un problema di grave entità e riesce ad affrontare in modo pragmatico quanto diretto tutti problemi della vita che sembrano volerti solo stendere. Interessante il discorso sull’immagine che il regista ultra-ottantenne riesce a compiere (e qua si collega alla TV di American Sniper che mostra le immagini dell’attentato alle Torri Gemelle) nella seconda parte di film molto criticata, dedita al turismo.

La vita di questi giovani e della loro generazione è fatta di immagini e indottrinamento tramite di esse. L’unico modo di potersi sentire qualcuno è replicare battute di film di scarso valore come quelle del Gladiatore nel Colosseo, oppure fare continui selfie (autoscatti) per condividere le proprie foto con gli altri… è l’immagine di sé che conta e non l’esperienza che si sta vivendo. In questo modo, questa generazione di esseri anonimi, pensa di poter uscire dalla massificazione egualitaria a cui sembra condannata, pensando di trovare la propria affermazione nel mare magnum della rete. Non a caso la regia, nella parte turistica del film, fa molto uso di stereotipi buttati in faccia allo spettatore e riprese tipiche da video condiviso da Instagram. Una generazione superficiale di americani che quando vanno in vacanza sono sempre i soliti cafoni (che poi per inciso, quando vado in vacanza, in un posto mai visto, vedo i monumenti, non è che vado nei luoghi quotidiani… sennò che viaggio a fare), che pensano che tutto ruoti intorno a loro e che la storia sia stata fatta da loro (un sapiente uso dell’ironia da parte della guida tedesca a Berlino fa capire che non è per niente così perché in effetti gli americani si prendono tutti i meriti, anche quelli che non sono i propri… come dire… se vi sono registi che pomposamente e didascalicamente celebrano gli Usa, il nostro vecchio Clint con una maestria da veterano demolisce il suo paese con una battuta politicamente scorretta).

In tutto questo vissuto normale di quotidianità vacanziera, il protagonista Stone ci dice ad un certo punto che forse pensa di poter essere destinato a qualcosa di più, ma è una riflessione giovanile superficiale, che viene subito derisa dal suo amico Sadler; ma la ripresa panoramica di Venezia fa capire come in realtà ognuno di noi, pur essendo interconnesso in un flusso vitale (in questo caso i calli di Venezia), cerca di trovare il modo di potersi realizzare uscendo da esso. A Eastwood non interessa il momento del treno, quello è un episodio che casualmente faceva parte del flusso della vita dei nostri tre amici e in cui, partendo da un semplice viaggio quotidiano, sono riusciti a salvare la vita a tante persone. Inoltre al regista non interessa minimamente creare momenti memorabili, perché tre amici che vanno in vacanza si comportano veramente così e non c’è bisogno di forzare l’espressività dei protagonisti, né di romanzare qualcosa dietro a questo viaggio e né di rendere il tutto artificioso con la recitazione di veri attori che, pur immedesimandosi nei veri protagonisti, non potranno mai far vivere la vera esperienza di quell’evento. In sostanza Clint Eastwood fa sembrare con questa sua scelta artistica invecchiati all’istante molti biopic contemporanei che puzzano di classicismo obsoleto, vecchio e stantio. Questi tre ragazzi (più un’altra persona) sono dei veri eroi; perché in quel preciso momento non c’era un’ideologia politica da difendere o quant’altro, ma si doveva solo agire e basta. Non c’è bisogno di approfondire il personaggio del terrorista di cui Eastwood sino all’ultimo non ci mostra il volto, poiché il pericolo è rappresentato da chiunque e ci passa accanto nella nostra vita e noi neanche ce ne accorgiamo (illuminante la scena del tizio di colore nel treno, e di fuori c’è il terrorista che tranquillamente cammina con il trolley). Un attentato sventato in modo secco, asciutto e senza retorica enfatica… realismo estremo e nessuna costruzione… non siamo assistendo alla recitazione, ma ciò che vediamo è un vero pezzo di vita. Il terrorista è solo un invasato che voleva fare una strage e saggiamente Eastwood non si addentra in una stupida quanto razzista critica contro i musulmani (l’ISIS viene citato di sfuggita da Skarlatoa in una conversazione internet… tutto viaggia verso il mare magnum della rete).

Che potrei aggiungere… l’ennesimo grande film di Clint Eastwood demolito da un’ignorante critica tesa a esaltare prodottini ordinari e demolire i veri film di qualità come questo… ce ne faremo una ragione e chi apprezza il vero cinema se lo saprà godere tranquillamente.

Ore 15:17 – Attacco al treno, la questione Eastwood


10 Feb

Attacco al treno

L’ultimo film del Maestro fa discutere, la Critica in maniera pressoché unanime l’ha stroncato, definendolo il peggior film in assoluto della sua comunque indiscutibile carriera. E fioccano gli insulti, tutte le ombre che Eastwood aveva cancellato attorno alla sua persona “equivoca” e ambigua ecco che rifioccano. E la gente, in maniera unforgiven, si accanisce, coprendolo di vergogna. Io risparmio il mio giudizio a visione avvenuta che, in quanto ancora non successa e credo che accadrà Lunedì pomeriggio, non può esternare il suo parere.

Mi limito a osservare questo costernante bombardamento senza precedenti, rimanendo basito. Sì, io, essere vagante e alle volte vacante ma giammai vacuo, che ho elevato la perplessità a mio sguardo sul mondo, che è sempre suscettibile di dubbi, qui copio-incollo alcune recensioni che mi hanno indotto a pensare. E pensare non fa male, amici che sparate a zero, sentenziate con faciloneria degna dell’Inquisizione più mendace, e oscurantisti votate Salvini per un mondo poco fraterno ma invero, vi dico, assai ostile alla convivenza pacifica e al rispetto democratico delle opinioni che possono turbarvi.

Titolo originale: The 15:17 to Paris, durata 1h e 34 min

 

Mi duole il cuore vedere come un regista che mi ha emozionato decine di volte con i suoi film riesca a fare qualcosa di così atroce come Ore 15:17 – Attacco al treno.

Nonostante il nome altisonante di un Maestro come Clint Eastwood, non posso difendere un lavoro talmente retorico, reazionario, razzista e così modesto nella messinscena e nella narrazione da far accapponare la pelle.

Un film che passa costantemente il messaggio che la guerra sia una cosa bella e giusta non merita rispetto.

 

di Sharif Meghdoud, mio contatto Facebook, abrasivo, pungente, alle volte nullafacente, in qualche ora del giorno dormiente, come tutti

 

“Ore 15:17 – Attacco al treno” di Clint Eastwood, in sala da oggi, è purtroppo una sonora e spiazzante delusione.

È come trovarsi di fronte a un film di Eastwood privato della grandezza di Eastwood, un’operazione dove la “retorica” e il “patriottismo” connaturati e incorporati al suo cinema (qui, purtroppo, sono senza virgolette) non fanno i conti con le zone d’ombra che da sempre lo abitano e lo rendono grande.

Come nel caso dell’automa Chris Kyle di “American Sniper”, il più controverso degli esempi recenti: cecchino divenuto automa, sensazionale racconto della genesi di una macchina da guerra da una prospettiva ideologica tutt’altro che contraria e dunque illuminante, non giudicante.

La sospensione repentina e agghiacciante del chiaroscurale discorso eastwoodiano è invece in questo caso piuttosto sconfortante e si abbandona alla superficie letterale dell’eroismo con una serie di scelte sorprendentemente pigre: l’interminabile racconto dell’infanzia degli eroi non per caso ma già per desiderio, il viaggio in Europa alla «To Rome with Love», la piattezza formale da far cadere la mascella, la voce off evangelica del più militarizzato dei tre protagonisti.

Il fatto che il film sia interpretato dai veri, giovani uomini che sventarono l’attacco jihadista su quel treno diretto a Parigi da Amsterdam aggiunge un coefficiente di ambiguità che Eastwood non affronta, non risolve, non getta sul piano dell’esperienza di un momento di tensione irripetibile.

Il re-enactment avrebbe potuto fornire possibilità nuove e inattese, invece restano soltanto i fantasmi di un progetto sfuggito di mano, a cominciare dalla sceneggiatura di Dorothy Blyskal: un vistoso tallone d’Achille che i detrattori più ostinati potranno impugnare con foga e a futura memoria, ma anche con effetto retroattivo.

Un film sbagliato come questo non cancella invece la grandezza di Eastwood, ma chi ha rifiutato “American Sniper” qui dovrebbe come minimo levare gli scudi.

È il suo film peggiore, senza appello.

Tristezza.

di Davide Stanzione, redattore di Best Movie e mio amico a fasi alterne, forse altere, che non conosce la pizzeria Altero

 

E così, tra Il Fatto Quotidiano che lo definisce bellissimo, e Alò che sostiene sia geniale, aspetto il mio responso, in quanto uomo oggi stronzo, domani come questo McConaughey.

 

E ricordate: di Falotico ce n’è uno, ma Santamaria mi imita in maniera dubbia.

E, a proposito di cecchini, la mia vicina di casa, Angela, che di cognome fa appunto Cecchini, stamattina, in mia assenza, ha ritirato il mio Blu-ray di Ronin speditomi da Amazon.

Perché io sono uomo come Sam, segretamente so cosa c’è nella vostra valigetta, e lo sapevo anche prima di guardare Pulp Fiction.

Su questa stronzata, vado a vedere che posso cucinarmi a pranzo. Credo che mangerò dei maccheroni o forse degli spaghetti western.

Sì, nella vita si può perdere il treno, ma io guido la macchina. E lei, signora, si attacchi al tram. Lei, invece, che ha gusti sessuali che non mi appartengono, si faccia il trans.

 

di Stefano Falotico

 

Santamaria Stefano mcconaughey

Oggi pomeriggio, domani o al massimo venerdì sarà ufficialmente diffuso il trailer del nuovo Eastwood


13 Dec

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Eh sì, questo è ciò che abbiamo appreso, noi, cultori degli scoop. E il trailer durerà due minuti e 12 secondi. Insomma, oggi dovremmo rifarci gli occhi, noi, amanti della classicità, di cui l’esimio, incommensurabile Eastwood è maestro. Speriamo bene. Anche se tutto potrebbe slittare alla settimana prossima. Ma non disperiamo, noi, che di Eastwood siamo “prodighi” e ammiratori, e il cui fanatismo sconfina in urla alla Eli Wallach “cattivo”, amiamo il “monco” e ogni sua opera, da almeno quasi trent’anni a questa parte, è degna della nostra più scrupolosa attenzione. Issiamoci dunque nell’attesa più trepidante e “fervida” di spasmi perché questo film del “biondo” oggi canuto e scheletrico si preannuncia epocale. Eastwood, fregandosene delle regole, ha utilizzato qui, non nomi altisonanti di Hollywood, bensì proprio i tre eroi viventi della storia da lui raccontata, coloro i quali tal avventura sulla propria pelle vissero per davvero, per essere ancora più realista e mescolare la finzione ai macabri quanto spettacolari avvenimenti successi. Sarà un successo? Certo. Da tempo oramai i film di Eastwood, oltre a ottenere Oscar e riconoscimenti immensi dalla Critica, piacciono anche al grande pubblico perché il nostro signor venerando ed egregio sa mescere poesia e intrattenimento, è uno storyteller di scuola raffinatissima, uno sguardo impareggiabile che ama cambiar genere e traiettorie visive, rimanendo fedelissimo al suo inappuntabile stile. Molte scene son state girate nella nostra Venezia, fiore all’occhiello perché metropoli lagunare che sulle onde placide e poi burrascose nel vento dei sognatori veleggia, come Clint, uomo che oramai si avvicina alla novantina e prodigiosamente sa essere più energico, vitale e fresco di tanti giovani precocemente rimbambiti. Eastwood, un nome, una garanzia. Il film uscirà e Febbraio e non potrà rientrare nella corsa agli Oscar, ma Eastwood è già pieno di statuette e a lui importa solo aver firmato un’altra opera, ci auguriamo tutti, indimenticabile.

Adesso, vado a pranzare, e buoni maccheroni al sugo di olive verdi mi aspettano nel masticar la mia anima appetitosa, in questa giornata che si prospetta falotica come il mio cognome insegna al pari degli insegnamenti morali di Eastwood, uomo anche amorale, “fascista” comunista dalle ideologie ambigue eppur splendente in sue rughe suadenti.

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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