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Bruce Springsteen fan sfegatato di Scorsese? Sapevo di You Talkin’ To Me?, ma questa mi giunge nuova o forse no


07 May

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Domenica scorsa, a Los Angeles, vi è stata una strepitosa discussione fra Bruce Springsteen e Martin Scorsese.

Che cosa? Sì, avete letto bene. Ciò vi stupisce?

Si dice che siamo amici dal lontano 1975.

Come molti di voi sapranno, la celeberrima frase iconica You Talkin’ To Me pronunciata da Travis Bickle/De Niro di Taxi Driver fu involontariamente ispirata da Springsteen.

Sì, De Niro e Scorsese improvvisarono questa scena. Non sapendo che fare, a De Niro venne tale balzana e al contempo geniale idea.

Pochi giorni prima, per puro caso, era stato a un concerto di Springsteen. E Springsteen, fra una canzone e l’altra, s’era rivolto alla platea in tono scherzoso, pronunciando a incitazione del pubblico la frase suddetta.

Il resto è storia del Cinema.

Taxi Driver è stato scritto da Paul Schrader, regista peraltro de La luce del giorno.

Titolo tradotto in italiano della springsteeniana Light of Day. Che è infatti il titolo originale della pellicola che contiene proprio quest’omonima, ispiratrice, famosa track del Boss.

Taxi Driver e Al di là della vita, il cui script è sempre firmato da Schrader, sono due film cupamente notturni, sull’oscurità soprattutto dell’animo nostro umano.

Eppure, se non vado errato, Scorsese non ha mai utilizzato, in una delle colonne sonore dei suoi capolavori, nessuna canzone di Springsteen.

Fatto molto strano. Sì, nei suoi film, quelli più folli, visionari, incendiari, impazzano Eric Clapton, i Rolling Stones, i Clash e via dicendo.

Tutte rockstar di richiamo ed epocali. Ma, così come non mi risulta, correggetemi se sbaglio, che Scorsese non abbia mai usato canzoni, che ne so, dei Beatles, altresì non ha mai palesato e reso omaggio a questa misteriosa amicizia con Springsteen, tributandolo nell’inserire nei suoi film qualche suo pezzo pregiato.

Alla stessa maniera, Springsteen non ha mai fatto riferimento a questa conoscenza, un po’ segreta, con Martin.

Ebbene, io ero entrato in fissa con Springsteen verso il 2000. Ho tutti i suoi album nelle varie edizioni. Molti libri e biografie.

Ecco, becero luogo comune italiota è quello secondo cui chi ascolta Springsteen sia un cafone e ignorantone

Perché, nella limitatissima cultura appunto italica, superficiale e ridanciana, si accosta Springsteen a Born in the U.S.A. E dunque s’immagina un suo ammiratore nostrano in abiti molto sbracati con tanto di bandana da Troppo forte di Carlo Verdone.

In Italia, la gente canta spesso le canzoni inglesi e americane solo perché orecchiabili e, infoiandosi su pezzi grintosi, a squarciagola si dimena in grammelot che, a confronto di quelli di Dario Fo, sono questi sì da Nobel, degli idioti però.

Born in the U.S.A. non è una canzone per maschioni rambistici che pure di Rambo non hanno capito un cazzo. È una bellissima canzone contro il Vietnam e i suoi orrori, quindi una canzone rabbiosamente pacifista.

E Springsteen non è affatto un burino. Nebraska è uno degli album più malinconicamente poetici ed elevati di tutti i tempi.

Sì, dovrei fare un mockumentary sulla mia vita.

Inconsciamente, coi miei fanatismi su Scorsese e Springsteen, avevo già visto giusto riguardo la mia anima.

Da uomo dancing in the dark…

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di Stefano Faloticotroppo forte verdone

Le tiepide “ire” poetiche di Bruce


05 Nov

 

Un impetuoso, roboante grido s’innalza in una Notte incendiata negli ormoni.
Il fremito di “rabbonite” angosce che si permeano d’un “lacustre” sospiro, flussi incantatori d’un magma in eruzione.
L’incertezza della vita ch’oscilla lieve e poi stride con animalità irriverenti ch'”ammorbideranno” o peggio ammorberanno le sinuose energie che ti gridano dentro, i passi nella sabbia di danze oniriche, nella battaglia irsuta del Cuore, o dell’anima che s’incupì in brindisi troppo “lieti” col vento, per mastodontiche ebbrezze che, carezzandola troppo, la “sgualcirono”, inguaribile foga romantica, o rocambolesche fughe che scoccan i dardi di raffrenate o raffredate lussurie, il battito d’ali dell’infinito che si spande in crespe cadenze “taciturne”, nei crepuscoli addolciti da troppe stelle, o dai crepitii selvaggi di corpi “diroccati” in svenevoli baci, turgidissimi amplessi a divorarci, in un’onda che respira e si “soffocherà” ancora in un “bungalow” d’una scalcinata periferia, o taglieremo con l’accetta il “sangue” per avvinghiarcelo, per inteporirlo e bagnar le nostre vene di morsi dalle ombrose decadenze.

Puttana, come Indira Varma, o fin troppo glamour come Liz Hurley, dietro le luci floride d’una Los Angeles dalle fosforescenti palme, nuda, spogliata, ti porgi a me, e ti lecco ogni “gracile” e poi “violento” grammo di pelle, in sudori che assaggiano il buio nell’attesa di risorgerci, oh quale sorgente, nell’alba nitida del Cielo limpido, per un altro fuck me hard!
Proletario, con le croci sul petto, “brutto” ma non cattivo, trasandato e nell’andar nei suoi passi, amante della Donna tutta, e dell’umanità che (si) perde, o come un borghese qualunque con una voce roca e magnifica, o solo “di roccia”.

Secondo me, Stefano Falotico, un po’ di Bruce Springsteen, è questo.
Domani, potrei cambiar idea, basta che l’Ikea non mi “arredi” di troppa “sobria” semplicità.
Cazzo.

 

 

Nella Notte, si balla, De Palma nel rosso acceso.

 

 

Siamo nati per correre, da una città che uccide i sogni, sempre “fuggiaschi”, stabili come le fronde d’un albero nella tempesta.

 

 

Il Mondo è pieno di babbeucci o di chi bussa alla porta, di guerre maledette e fratricide e di sani di mente con cervelli portentosi e l’erotismo dei grandi lupi.
Menomale che eravate nati in America. Ma, l’America ha sempre il fascino d’un grande viaggio.

 

 

Sì, amo il fiume, anche in piena di me, e o odio i cretini, Dio di me stesso e d’una Donna dalle gambe di Patti Scialfa che l'”arraffa”.
Andammo nel river, o sulle rive.
Ma Cristo fa miracoli solo a un grande Uomo.
E “fischietterò” con le labbra.

 

 

(Stefano Falotico)

 

 

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