Posts Tagged ‘Borotalco’

Non avrei mai creduto di essere quasi identico a Nanni Moretti e odio le patetiche auto-agiografie di Carlo Verdone, la solita retorica dell’imbrodarsi e poi piangersi addosso del Cinema italiano…


09 Jun

Nanni Moretti Bianca Nutella

No, non è questione di piaggeria oppure paradossalmente di stantia e deleteria retorica autodistruttiva il voler, ancora una volta, polemizzare di sana pianta sulla situazione italiana, non soltanto cinematografica.

È veramente penosa.

Detesto, d’altronde, i moralisti in maniera decisa, inderogabile e irreversibile. No, mi spiace, non voglio tornare indietro. Sano, no, sono un savio portavoce di tutti i miei errori esistenziali. Proprio in virtù di questi, non desidero compiere dietro-front e ricominciare. Ah ah.

E ci tengo, fermamente, a ogni mia passata e presunta malasanità, per modo di dire, e mentale infermità.

Mi fate ridere… anzi, piangere. Mi lasciate costernato, atterrito, mortificato. Insomma, se siete nati tonti, non potete morire illuminati.

Qui da noi, se scrivi un coraggioso, molto sincero libro erotico, la gente perbenista e biecamente ipocrita, da dietro, ti scarica immane derisione immonda. Così, d’altra parte, qui da noi va il vostro, sì, il vostro piccolo e antico mondo ingiusto. Oserei dire vetusto e retrogrado. Vige, difatti, un’arretratezza culturale da far spavento a Freddy Krueger di Nightmare. No, non sto scherzando e non sono schizzato.

Sì, la gente ridacchia, ben fiera e appagata di essere giudeo-cristiana nata e non rinnegata, ignorante e capra, malamente stipendiata però sanamente, ah ah, orgogliosa altresì di credere solamente alla facciata. Apparentemente più immacolata. Una facciata che, secondo me, andrebbe completamente restaurata in modo risoluto e davvero cazzuto.

Sì, l’Italia è da tempo immemorabile assai marcia, andrebbe svecchiata, ringiovanita e basta, per piacere, col passato. E quell’altro? Ultimo, il cantante. Mamma mia che lagne/a!

Ebbe ragione, al solito, Pier Paolo Pasolini quando sacramentò che l’Italia è, tutto sommato, un Belpaese immutabile a livello prettamente ideologico, ancorato a una visione perennemente, fintamente progressista, capziosamente ecumenica e assolutamente non comunista.

Sì, è bello, fa figo spacciarsi per gente di Sinistra ma in verità vi dico che la gente è falsa.

Predica bene ma, come si suol dire, razzola male.

Se qui non appartieni a certe lobby, ti dicono, mi spiace… trovati un hobby, sei un hobbit.

Se invece osi, non solo di osé, un po’ troppo… ecco che incontri, a livello metaforico, Lorena Bobbitt.

Vieni cioè evirato, deprivato dei tuoi sogni. E i castratori sono perfino i maschi che si fingono aperti di mentalità. Ma quale sessantotto! La rivoluzione, non solo sessuale, da noi non è mai iniziata.

Provo pietà, pena ed enorme compassione per gli italiani. Gira che ti rigira, la gente parla, si riempie la bocca di paroloni ma, alla fin fine, è priva di fantasia e sprovvista di leggiadra poesia.

Sono tutti dei sofisti, dei sofisticati di frasi, invero, fatte e più sfatte di loro che le emettono con boria e squallida fanfaronaggine ripugnante.

No, mi spiace contraddire i proverbi e i luoghi comuni, per l’appunto, ma non significa affatto essere dei furfanti se si ama una donna come Marilyn Monroe. E, come il Moretti di Bianca, le si vorrebbe istituire una scuola in suo onore e nome. Ecco, se fossi un professore d’italiano, e dire che potrei esserlo, dato che ho scritto più libri rispetto a persone iper-laureate nel loro inutile filosofeggiare con boria, vorrei un istituto superiore, sì, un liceo classico chiamato Robert De Niro. Perché Bob è l’unica persona al mondo capace di recitare in Nonno, questa volta è guerra… e poi girare Killers of the Flower Moon del suo amico Scorsese.

Bob gira commedie familiari e alimentari per soldi? E allora? Deve pur portare avanti il suo Tribeca…

Voi dovete invece mantenere i vostri figli? Mica sono i miei, eh eh.

E poi Bob è versatile, appunto, a differenza di chi non cambia mai idea ed è un rammollito inaudito. Sia fisicamente che psicologicamente.

Carlo Verdone? Oramai passa il tempo a fare della retorica sul suo Cinema del passato.

Dubito, inoltre, che il tanto decantato “cantante” Lucio Dalla abbia partecipato, non solo in veste di elargitore di sue canzoni, al film Borotalco, dando il suo nullaosta senza aver ancora finito di vedere il film.

Sì, è vero, così come sostenne Laura Morante, Michele Apicella/Nanni era arido. Ma lo era perché voleva un mondo migliore.

Un mondo ove non bisogna mai pensare di aver capito tutto, dove non si ricatta il prossimo se quest’ultimo non la pensa come noi.

In Italia, provate a contraddire un pezzo grosso e costui vi augurerà buon compleanno di otto anni anche se avete quarant’anni. Perché, col suo potere, vuole suggestionarvi e intimidirvi, nanizzarvi e semmai dirvi che siete solo degli onanisti sfigati.

A un certo punto, invece qualcuno capisce che non può permettere che gli idioti vincano.

Spacca completamente le regole. Ribalta tutte le certezze, urla che bisogna finirla di mitizzare Moana, Moana Pozzi, che bisognerebbe finirla coi retro-pensieri, con le dietrologie in senso lato e non, figurato o meno.

Altrimenti, ci lasciamo sfigurare.

Ci vuole qualcuno che vada da uno che semmai gli chiede… non capisco, eri depresso e uscivi poco di casa, che ti è successo, non capisco… e gli dica… a te che frega?

Vengo per caso io a chiedere come amare, come lavorare, come vivere? Zappatori! Lavoratori untori, fenomeni da baracconi, millantatori, predicatori!

Ecco perché Nanni Moretti è un grande.

Perché, in Caro diario, a costo di venire distrutto e umiliato da tutti, ha le palle per dire che a lui piaceva da morire Jennifer Beals! Flashdance!

Sì, sono matto come un cavallo. Come no. Voi lo siete!

Da tempo sogno di concretizzare un mio sogno, cioè questo…

Girare per Bologna, in piena estate, recarmi da tutte le persone di ogni quartiere e chiedere loro se amano la loro vita. Poi, inserire come colonna sonora, la grande Whitney Houston.

Signore e signori, questo è Stefano Falotico.

Autore di Bologna HARD BOILED… 292 pagine. Mica, come direbbero qui da me, bruscolini e gelatini, miei parrucconi coi parrucchini. E le donne vogliono solo un nuovo taglio dalla parrucchiera.

Meglio il barbiere, mie Barbie e sbarbine! Ah ah.

Avanti, inetti, dementi e psicopatici, guitti d’avanspettacolo, pagliacci che sapete solo fare della stanca satira da David Parenzo, che seguite le tribune elettorali perché non sapete mai con chi schierarvi, avanti, lenti, polentoni, esseri palindromi, pelandroni, contemplatori, depressi cronici, piagnoni, mammoni e donne isteriche da Marco Mengoni, avanti, buffoni, sapientoni, sapete che vi dico?

C’era una volta in America, malgrado Bob, non è per niente un capolavoro. Ha ragione Mereghetti! È un film compiaciuto, un’elegia malinconica tristissima, adatta per chi è sul viale del tramonto.

Sì, ho quasi 42 anni ma sono più giovane, più forte e deduttivo di uno di quindici.

Come dice, non Bob, bensì Al Pacino di Heat… scattante, reattivo… come devo essere.

Se non vi piaccio, chiamate la neuro. Busseranno gli infermieri a casa mia e dirò loro:

– Capisco, il Papa vuole scomunicarmi. Non potendo, essendo nel 2021, vuole sbattermi in manicomio.

Peccato… che io vi sono già stato, mentre lui, eh eh, no.

Ah no, scusate, prima che debba “redimermi”, posso chiedervi una sigaretta?

Voglio quella che fuma Jude Law in The Young Pope.

– Ci stai prendendo per il culo?

– No, per quello vi pensa vostra moglie.

Ed è per questo che siete infermieri. Vostra moglie vi tradisce ma dovete fare i buoni samaritani perché non credete nel divorzio.

Almeno, i vicini di casa potranno dire che fate del bene.

– Figlio di puttana!

– Non sapevo di essere tuo fratello…

 

di Stefano Falotico

Per tutta la vita ho pensato di essere uno sfigato come JOKER, ho scoperto di essere BRUCE WAYNE, ogni CATWOMAN mi vuole


15 Oct

batman forever batman keaton borotalco verdone

BATMAN RETURNS, Michelle Pfeiffer, 1992

BATMAN RETURNS, Michelle Pfeiffer, 1992

Ma ciò, anziché farmi piacere, mi duole. Sì, è una bella responsabilità.

È meglio non piacere alle donne. Almeno, puoi continuare a vivere sottoterra come Birdman.

Sì, avevo perimetrato la mia struttura mentale all’idea di essere un in(s)etto, un uomo infettatosi del male di vivere, un uomo dostoevskijano come Travis Bickle di Taxi Driver.

Un essere straniero alla Albert Camus, un ectoplasma, un mezzo voyeur come James Spader de L’uomo senza ombra.

Sì, sono sempre stato fanatico di Elisabeth Shue. Credo che sia a tutt’oggi una bionda che vale il prezzo del biglietto più di Michelle Pfeiffer e di Kim Basinger dei tempi d’oro.

Guardatela in The Boys, ragazzi, e capirete che non ha niente da invidiare a milf come Brandi Love.

Sì, secondo me, Elisabeth ha sbagliato industria cinematografica a Los Angeles. Anziché essere (non) accreditata in City of Angels, avrebbe dovuto essere una delle attrici preferite delle video productions di ArchAngel.

Come attrice, a parte qualche picco recitativo quasi da Oscar (vedi Via da Las Vegas), non ha mai spiccato il volo come un pipistrello nella notte.

Sì, è sempre stata considerata, malgrado alcune sue notevoli prove, un’attrice di secondo piano.

Invece, è una che appena la vedi, i tuoi ormoni prendono l’ascensore.

Volano, per l’appunto, alle stelle.

Va detto che è un po’ invecchiata e quelle forme armoniosamente formose, sensualmente muscolose e illanguidenti ogni uomo eterosessuale potente, esibite in Palmetto, sono sdilinquite in un viso grinzoso e in un lifting sospetto.

Ora, prendiamo Ralph Macchio di Karate Kid. Secondo me, tutto il culo che si fa per vincere domani, per l’appunto, con tanto di colpo della gru e “dai la cera, togli la cera”, fu proteso per conquistare Elisabeth.

M’assomiglia. In terza media, andavo matto per una ragazza. Che, come Elisabeth, aveva i capelli biondo platino.

Studiavo solo per fare bella figura con lei. A lei, tutto sommato, piacevo. Infatti, una volta mi chiese di accompagnarla a casa.

Ma le risposi che preferivo riguardarmi la scena di Link in cui la scimmia osserva il nudo estasiante di Elisabeth Shue.

Ah, la mia adolescenza non esistette. Mentre tutti i miei coetanei se la tiravano da fighi alla Tom Cruise di Cocktail, io rivedevo sino allo sfinimento Ritorno al futuro – Parte II.

M’oscurai nella notte più profonda. Fu tutto un Effetto black out.

Sì, mi purificai talmente tanto, mi castigai in maniera così disumana che fui scambiato per un santo.

No, non The Saint/Val Kilmer. Anche se Val fu pure Batman.

Fui davvero un Harry a pezzi.

Sì, fui scambiato per Dakota Fanning di Nascosto nel buio. Mi costrinsero a delle cure psichiatriche. Ma scoprii che il mio dottore soffriva di doppia personalità. Un Bob De Niro uguale ad Anthony Perkins di Psycho.

Sì, si spacciava per educatore ma invero a me chiedeva la parcella, invece alle disperate, giovani ragazze bionde amorevoli, forse diplomatesi al magistrale ma senza lavoro, offriva il suo porcello.

Loro piangevano, riempiendo fazzoletti della Kleenex, lui le ascoltava per poi sentirle robustamente con una consolazione buonista di vero transfert empatico. Soprattutto verso le più bone, si dimostrava un filantropo come Brett Cullen/Thomas Wayne. Ah ah.

Ecco, io, dopo aver assistito a tutto questo porcile, a quest’ipocrisia del sistema, a questo lerciume, a questa corruzione, dovrei fare come Arthur Fleck/Joker e ribellarmi, dando di matto scriteriatamente, oppure devo essere duro e resistere, vendicandomi poi sottilmente in maniera machiavellica alla pari di Bruce Willis de Il giustiziere della notte – Death Wish?

Ma no. Non facciamo casini. Meglio essere Bruce Wayne.

Sono praticamente uguale a lui. Essere cupo ed elegante che si fa servire e riverire da ogni donna galante, ha la Batmobile ficcante, in verità una Punto usata della Fiat, e ancora una casa di Big Jim, regalo della mia infanzia dorata, adora coccolare ogni Barbie e gli piace Anne Hathaway.

Insomma, ci troviamo sinceramente di fronte a una delle più grandi tragicommedie della storia.

Prendiamola a ridere.

O con ponderata filosofia, come si suol dire.

Diciamo piuttosto che, da qualche mese, fra me e una donna stupenda s’è instaurato un certo feeling, che mi crediate o no.

Lei continua a sostenere che io sia un bell’uomo ma dice che dovrei smetterla di vergognarmi di esserlo. Asserisce, infatti, che pare che me ne faccia una colpa.

No, ammesso che sia un bell’uomo, ho adorato Joker alla follia ma solitamente disprezzo i cinecomic.

Poiché sono realista. Non sono ricco come Iron Man.

E, in tutta onestà, per quanto sia gradevole questa storia fra me e costei, so che non potrà durare molto.

Sì, sono l’unico Batman della storia che non può permetterle una villa col maggiordomo.

Eh già, nonostante quasi tutti si credano machi edonisti e infallibili supereroi cazzuti, io non uso né trucchi né maschere, neppure creme di bellezza o effetti decorativi per definire il contorno occhi.

Sono un uomo al Borotalco.

Se non vi piaccio, vi pago perfino l’abbonamento in palestra, basta che non mi rompiate più i coglioni.

Sì, se fossi realmente Batman, mi annoierei a morte. Diverrei uno stronzo tristissimo come Ugo Tognazzi di Amici miei o, peggio, un cretino come Christian De Sica di Compagni di scuola.

Ma se devo dirla tutta, qui non è il paradiso, all’inferno delle verità io mento col sorriso?

No, non ho mai mentito in vita mia. Ed è questa la cosa mostruosa.

Questo qui, accanto al mio letto, è il mio migliore amico. Ho detto tutto.

 

di Stefano Falotico

 

shue nascosto nel buio punisher

TOO OLD TO DIE YOUNG: ne vogliamo parlare della recensione apparsa su Rolling Stone della serie di Nicolas Winding Refn? E del JOKER?


10 Aug

joker

Guardate, ogni altra parola sarebbe superflua, oserei dire pleonastica.

Colui che ha scritto tale recensione, secondo me, vista la figuraccia, non si salverà nemmeno con mille facciali plastiche.

E questo è pus underground da Nanni Moretti di Caro diario!

Copiamo-incolliamo qui tale recensione assurda in maniera integrale, senza dunque apportare editing alle virgole di cui questo recensore abusa più del minutaggio lunghissimo della suddetta serie di Refn, senza correggergli alcun errore di battitura.

Una recensione cult, più che altro scritta col culo, contro la quale anche il mitico Pino Farinotti di C’era una volta il West si deve arrendere.

Sì, dinanzi a questo campione dell’esegesi cinematografica, non possono esistere al momento rivali.

Speriamo che la maggior parte delle persone si stia approcciando a Too Old to Die Young, la serie televisiva fottutamente pulp del regista danese per Amazon Prime Video, in quanto fan o qualcosa di simile. O, per lo meno, come spettatori semi-consapevoli della sua filmografia. In bocca al lupo nel caso invece questo sia il vostro debutto nel mondo di Refn – è la peggiore introduzione possibile al suo marchio di fabbrica di noir al neon stilizzato e sotto steroidi, o la “migliore” introduzione nel peggiore dei modi possibili. Buona fortuna a chiunque sia caduto nel suo paesaggio di anti eroi stoici, violenza e ritmo lento e doloroso come la tortura dell’acqua senza una mappa.

Ma torniamo alla domanda iniziale: il vostro film preferito fa parte della trilogia di Pusher, il racconto in tre parti e a tre prospettive, che ha contribuito a lanciare Refn a livello internazionale e ha introdotto il futuro criminale Hannibal Lecter / cattivo di Bond / Mads Mikkelsen nel mondo? Oppure è Bronson, biopic incredibilmente brillante del condannato britannico Charles Bronson che vede Tom Hardy raggiungere i livelli di teatralità del kabuki? Con tutta probabilità è Drive, il riff stellare guidato da Ryan Gosling sugli autisti per la fuga; quasi sicuramente non è il film successivo del duo, Solo Dio perdona (anche se questo thriller ambientato in Thailandia è migliore di quanto la sua reputazione suggerisca). O forse è The Neon Demon, il suo benvenuto all’Inferno, una parabola sulle modelle che si mangiano da sole.

Ok, ora immaginate che il vostro film preferito duri 13 ore. Con la stessa trama però. Potrebbe essere diviso in narrazioni parallele, forse qualche deviazione extra qua e là. Ma lo stesso materiale narrativo di base. Stiracchiato. Su. 13. Ore.

A meno che non ti chiami Ken Burns o David Lynch, forse devi pensare bene se quel tempo, suddiviso in più di 10 puntate con una durata media di un’ora e 15 minuti, sia una necessità o semplicemente un’indulgenza. (Alcuni episodi durano fino a 90 minuti, l’ultimo una mezz’ora, chiamatelo coda). Specialmente se il motivo principale per lavorare a un prodotto serializzato più lungo è: “Sembra che tutti stiano facendo roba in streaming, dovrei farlo anch’io!”. Questa è stata più o meno la scusa che Refn ha accampato a Cannes, dove ha mostrato due episodi centrali, per dare uno sguardo esteso ed esistenziale sia nell’abisso che nel proprio ombelico, dove ci sono poliziotti, truffatori, cartelli e modi creativi di torturare forme di vita basate sul carbonio. Ha anche detto che questa non era tv – un mezzo che definisce “tutto reality show e notizie” – ma un lunghissimo film. Ovvio. Certo, sua maestà. La sensazione di guardare qualcosa di un autore che in qualche modo crede virtualmente di abbassare i propri standard proviene dal tuo schermo.

Cosa dipinge il nostro uomo su questa grande tela? Iniziamo con un poliziotto di nome Martin (Miles Teller), un tipo forte e silenzioso che suggerisce un blocco da sofferenza post-traumatica o una lavagna intenzionalmente vuota. Il suo partner (Lance Gross) ha la capacità di trasformare un controllo del traffico di routine in una situazione alla Cattivo tenente in un batter d’occhio. In ogni caso è sorprendente quando qualcuno si avvicina semplicemente a lui e gli spara una pallottola in testa. La tragedia fa guadagnare a Martin una promozione a detective, ma non la libertà da un gangster locale (Babs Olusanmokun), che lo costringe a ricoprire il ruolo del suo defunto partner come sicario. Né vi impedisce di essere scettici sul fatto che il protagonista frequenti una studentessa delle superiori di 17 anni (Nell Tiger Free).

Seguiamo poi chi ha sparato, Jesus (Augusto Aguilera), a sud del confine. Il poliziotto aveva ucciso sua madre, una famigerata signora della droga. Suo zio (Emiliano Díez) lo accoglie e lo introduce al cartello. Quando c’è uno slittamento di potere, Jesus e la pupilla del vecchio – una giovane di nome Yaritza (Cristina Rodlo) che ha salvato dal deserto e cresciuto come sua figlia, non senza alcune implicazioni spiacevoli – sono sposati. La coppia viene quindi mandata in America, con l’intenzione di proteggere gli interessi dell’organizzazione. Ci sono anche questioni incompiute riguardo a quell’omicidio per vendetta. Ci sono sempre. Ah, abbiamo detto che Yaritza potrebbe essere l’incarnazione di un’antica leggenda folcloristica / pilastro dei tarocchi conosciuta come l’Alta Sacerdotessa della Morte?

Altri personaggi vengono buttati nella mischia, in particolare un ex agente dell’FBI con un occhio solo (John Hawkes di Deadwood) che diventa mentore di Martin e una guaritrice New Age (Jena Malone) che assume l’ex federale per dare la caccia a criminali sessuali particolarmente efferati. Ci sono anche magnati fissati con il rape-porn, pedofili, tossici, casi di molestie da studio del #MeToo, più controfigure di Trump di quante non ne riescano a far entrare in una registrazione di Access Hollywood e, qua e là, solo ordinari stronzi. In altre parole, un sacco di mascolinità tossica – e il punto è questo. La galleria di parassiti della malavita, molestatori seriali di bambini e misogini violenti che Refn e il suo co-creatore, il fumettista fuoriclasse Ed Brubaker, hanno inventato non rappresentano solo il peggio di quella società quanto della Società del 2019, un “chi è chi” quotidiano di degenerati e miserabili. E come per il mondo in cui viviamo, molto di ciò si riduce al male che fanno gli uomini. ‘Bravi ragazzi’ qui è un ossimoro.

Ci vorrà un angelo della morte per ripulire il mondo dai maschi abusivi, ed è per questo che la serie e l’attenzione continuano a tornare a Yaritza. È il veicolo per le inclinazioni più soprannaturali e surreali del regista, che sono cresciute dai tempi di Solo Dio perdona e la sua decisione che preferirebbe essere una nuova versione di Alejandro Jodorowsky piuttosto che un povero Michael Mann. Aiuta anche che a interpretare Yaritza sia Rodlo, un’attrice che sa come tenere uno schermo, indipendentemente dalle dimensioni. È una grande osservatrice con un occhio killer per i dettagli, un’artista che sa come far sì che la calma e il tocco minimalista contino in un pasticcio splatter massimalista. Va da sé che Refn, un cineasta che non ha mai incontrato una luce colorata che non abbia amato biblicamente, e il leggendario direttore della fotografia Darius Khondji (La città perduta, Seven) immergono tutto in colori allucinogeni, ombre da notte oscurissima e atmosfera infernale da night club. Vale anche la pena sottolineare che il personaggio di Rodlo è l’unico che sembra davvero adatto al tono e alla visione dello show; nemmeno Teller, che offre la migliore imitazione di un Robert Mitchum del XXI secolo, può sincronizzare il piglio alla Raymond Chandler del suo protagonista alla narrazione. Un giorno, qualcuno realizzerà un super-montaggio delle scene di Rodlo e ci regalerà un incubo cromosomico XY di tre ore.

Nel frattempo, abbiamo questa lagna zoppicante e sgraziata che non giustifica la sua durata da maratona come qualcosa di più di una follia autocompiaciuta e durissima senza giustificazioni. Naturalmente puoi trasformare una crime story pulp in qualcosa di immoralmente magnifico dal punto di vista visivo, ammucchiando varie cose, dal costume da narco chic agli schemi visivi della Pop Art. Puoi dare al tuo gangster un tocco di stranezza facendolo diventare un fanatico dello ska vintage e puoi inscenare un inseguimento in auto ridicolmente lungo sulle note di Mandy di Barry Manilow, l’action-flick dito medio del giorno. Puoi ingaggiare Morgan Fairchild come White Privilege e dare a William Baldwin un pasto da sette portate da masticare, completo di mosse onanistiche di potere. Puoi usare l’immaginario misogino in nome dell’innalzamento della vendetta e dell’empowerment femminile, anche se ogni singola persona sulla faccia della terra vorrebbe davvero che non lo facessi. Puoi perfino usare la violenza estrema come esercizio di carneficina feticizzata. Chi non ama un cinemassacro ben fatto? O guardare un Nazista farsi sparare nel cazzo?

Ma quando ti viene data la possibilità di impegnarti in uno storytelling di lunga durata e lo traduci nel nulla, in scene che si estendano all’infinito semplicemente perché puoi farlo, o scambi il concetto di lentezza al cinema con quello di istantanea profondità, o non riesci a capire che forse “meno è meglio” quando si tratta della tua estetica art-to-grindhouse, potresti essere chiamato a risponderne. Refn ha ragione: questa non è tv. È auto-parodia. E non ci vuole una mezza giornata di visione per capire che forse stiamo diventando troppo vecchi per questa merda.

In attesa del trailer 2 di JOKER, immaginiamo Arthur Fleck al Murray Franklin Show con tutti gli altri ospiti della società (im)bandita

Sì, ecco che Robert De Niro, cotonato come Mike Bongiorno, invita in trasmissione il mezzo disgraziato, sciagurato, completamente devastato e rovinato, handicappato, scalognato, super sfigato mai visto, schizofrenico irreprimibile e not responder incallito Arthur Fleck. Sottoponendolo a delle domande da terzo grado derisorio per far ridere di gusto la platea gozzovigliante di applausi purtroppo spontanei e non telecomandati.

Sì, gente che ride dinanzi a ogni più sconcia, stolta provocazione di cattivo gusto, si scompiscia e sganascia di fronte alle sentenzianti stereotipie dei luoghi comuni espulsi malvagiamente dall’infernale orco catodico incarnato da Murray, inquisitore da Il nome della rosa con Connery, impomatato e in giacca e cravatta, in smoking impeccabile abbigliato. La gente va matta per tale tremendo mega-direttore, no, solo presentatore galattico del network di massa sparato negli occhi e nelle orecchie dei telespettatori paganti, ovvero l’uomo medio italiano, filoamericano che si beve tutte le stronzate della Rai, pagando anche il canone. Crepando di risate quando parte la donna cannone, mangiando nel frattempo, stravaccato sul divano, un cannolo.

– Ecco a voi, ladies and gentleman, signore e signori, un fenomeno della natura. Un ragazzo apparentemente anche di discreto aspetto fisico che però, ah ah, quando apre bocca pare afflitto da dislessia, epilessia, catatonia espressiva perché non si capisce un cazzo di quello che dice. Tartaglia, mugugna, si esprime come Benicio Del Toro de La promessa.

Questa sua deformità lessicale lo rende simile agli occhi della gente, oh sì, perché noi amiamo le apparenze, vero, a Joseph Merrick, elephant man, colui che soffrì della distrofica malattia muscolare denominata sindrome di Proteo. E non basterà il dottor Frankenstein per rigenerare questo Fleck, per garantirgli nell’anima una protesi, in quanto lui non è Prometeo, in verità è solo uno che si crede un poeta ermetico ma è sinceramente, obiettivamente, senza falsi inganni, senza consolatori buonismi ipocriti, senza velare nulla, un coglione plurimo. No, non dobbiamo usare con lui una piuma, se vuole però gli rimbocchiamo le lenzuola del piumino perché è paragonabile a Tom Hanks di Forrest Gump.

E io, parimenti al demone del trash contro ogni ottava meraviglia del mondo improponibile, appunto impresentabile ma strepitosamente impressionante, ah ah, ovvero Demon Killian di The Running Man, gli sarò implacabile.

Oh oh. Ah ah.

Applause!

Ma non perdiamoci in chiacchiere. Diamo subito il benvenuto al demente per antonomasia, a questo mezzo uomo auto-flagellatosi ridicolmente nella rupe, anzi nel dirupo del suo esistenziale buio ai confini del mondo? No, nel suo pozzo senza fondo da confinato, ghettizzato, emarginato ma soprattutto immoralmente linciato da noi, figli dei giganti. I quali demoralizzeranno imperituramente ogni suo ardore vitalistico. Spegnendo ogni sua ribellione che, da essere piccolo e nano qual è, s’azzarderà, vanamente e pateticamente, a scagliare contro il nostro indomito potere forzuto da fascisti rocciosi, ferrei e duri stronzi.

Ah ah.

Sì, se questo Fleck spererà di avere una seconda chance nella vita, speronandoci, gliel’arderemo… ancor prima che possa solamente sperare di rivedere una pur minima, debolissima fiammella.

Sì, se dai sepolcri della sua malinconia tristissima s’illuderà di captare un fievole eppur speranzoso bagliore della luce del giorno, anneriremo questo suo rinascente, dolcissimo, chimerico fulgore, soffocandogli anche ogni alba e tutti i crepuscoli e, più che Ugo Foscolo, lo renderemo del tutto fosco. Buttandolo ancora nel fosso.

Sì, Fleck è un fesso e noi sempre lo affosseremo. Forza. Ora lo distruggerò. Mi raccomando, coi vostri clap clap, datemi manforte. Ah ah.

Questo qui non è Prometeo di niente, non ha neanche mai visto il film Prometeus. Stasera, crede che sarà Re per una notte ma, al solo tintinnare delle sue iridi accesesi estemporaneamente dal flash dei fotografi, ah ah, io lo tratterò da straniero della società. Vivrà la sua eterna, tetrissima vita nella scura agonia dei suoi tormenti da Travis Bickle di Taxi Driver dei poveretti!

Ok, partiamo con la distruzione.

Buonasera, signor Fleck. Si accomodi. È di suo gradimento la poltroncina o forse desiderava essere al posto di quella ove è seduto a dieci metri da lei, qui sul palcoscenico, quel gran culo della modella che può vedere vicino a noi?

Scusi, riesce a vederla? Ah ah.

Partiamo con le domande. Si sente pronto? Ah, a proposito, lei qualche volta ha coscienza di essere tonto? Ah ah.

Aspetti solo un secondo. Riesce a pazientare? D’altronde, lei è dalla nascita addormentato, in un centro di salute mentale ben sedato. Dunque, sì, lei è un paziente che ha molta pazienza.

Mi lasci riflettere. Oh, ecco la domanda. Risponda, mi raccomando, solo dopo una profonda, lenta riflessione ponderata.

Lei è solo come un cane, nessuno e nessuna la ama, nemmeno sua madre, mio mammone, poiché sua madre ora è fortemente malata. Dato che nessuno la ama, lei qualche volta riesce ad apprezzare il film Paura d’amare o perlomeno sé stesso? Insomma, detta come va detta, pratica l’autoerotismo? Si fa qualche sega?

– Sì, qualche volta me la tiro.

– Avete sentito? Se la tira pure di brutto. Sei veramente il mio idolo. Ecco, tutti noi ti amiamo. Non odiarmi per questo ma, vedi, ti beatifichiamo e glorifichiamo qui tutti da morire. Vero, pubblico? Un bell’applauso caloroso per incitare un po’ il nostro Fleck.

E tutti assieme appassionatamente, al mio via, urlategli: bravissimo, sei un grandissimo!

Ha sentito, Fleck, che roba? Sono tutti qua in platea e anche in galleria per lei. Non è quello che voleva? Scusi, non mi mandi a fanculo, le ricordo che mi mandò piuttosto anche una lettera di auto-invito come fece Valerio Mastandrea, quando ancora non era famoso, per partecipare al Maurizio Costanzo Show…

Che vuole di più dalla vita? Ah, capisco. Il suono degli applausi non sono musica per le sue orecchie.

Perfetto. Maestro, dedichi al nostro Fleck il celeberrimo ritornello di Jovanotti:

sono un ragazzo fortunato perché m’hanno regalato un sogno. Sono fortunato perché non c’è niente che ho bisogno e quando viene sera e tornerò da te… è andata com’è andata, la fortuna è d’incontrarci ancora. Sei bella come il sole. A me mi fai impazzire…

all’inferno delle verità,

io mento col sorriso…

Sentito, mio bel giovanotto?

Mi tolga una curiosità. Riesce a vedere almeno, seduta al suo fianco, Eleonora Giorgi? La saluti, forza. Che fa? Le pare il modo di starsene impalato vicino a una signora?

Lei usa come Carlo Verdone il Borotalco? Non è che mi farà la fine invece, coi suoi auto-inganni, di Paolo Villaggio de Il volpone?

No, sa, è per chiedere. Lei è davvero Troppo forteUn sacco bello.

– Signor Franklin/De Niro. Potrei cortesemente farle io una domanda, adesso?

– Ma certo. Non vedevo l’ora. Voleva chiedermi se potessi essere il suo unico amico come il ragioniere Filini? Ah ah. Mi dichi! Ah ah.

– No, se gentilmente mi permette, vorrei farle una domanda alla Tom Cruise di Collateral.

– Ah be’. Mi pare ovvio che lei s’identifichi con Tom Cruise. Visto che, da tempo immemorabile, sogna la sua Mission: Impossible. Ah ah, comunque chieda pure.

– Da giovane, la soprannominavano Bobby Milk per via della sua carnagione molto chiara, per via del suo pallore latteo. Giusto?

– Sì, è vero. Quindi?

– Lei ha dichiarato, nelle sue interviste, che è sempre stata una persona molto timida nella vita di tutti i giorni. Tant’è che, appunto, da giovane, l’affibbiatole nomignolo Milk forse si riferiva anche al fatto che qualche bullo, lì, nel Bronx o a Little Italy, deve avergliele suonate molte volte, cantandole pure… fatti mandare dalla mamma a prendere il latte di Gianni Morandi.

– Non capisco, signor Fleck. Che razza di domanda è mai questa?

– Infatti, questa era solo l’introduzione. La domanda è:

come mai lei nella sua vita sentimentale-sessuale ha sempre avuto una predilezione per le donne nere, per anni considerate diverse in base alla segregazione razziale che imperò negli Stati Uniti dai tempi di Amistad e non si è invece mai accorto che il suo famoso neo nero sulla guancia la rende unico?

Ecco, se ora io glielo strappassi, lei rimarrebbe sempre Robert De Niro, uno dei più grandi attori della storia.

Ma avrebbe perso la sua unicità. E sarebbe uguale a tutte le facce di merda omologate e fatte con lo stampino.

L’è piaciuta la domanda?

 

di Stefano Falotico

Monica Bellucci, sì, mon(a)co belloccio, no


24 Jan

00171801 01002701 00920504 pasto_04 KSM Film Time out of Mind

Felicemente drop out, sì, forse solo outsider, uno spaventapasseri in mezzo a spaventa-passerine, un passero solitario, oggi un dromedario e domani un lampadario, è tutto un sudario, altre che sussidiari.

Emarginato volontario; chi rifiuta schemi e convenzioni della società, ponendosene ai margini.

Sì, io vivo al confino, nell’interzona.

Anziché inserirmi socialmente, sempre più solitamente lo inserisco solidamente, sì, le donne, sode che rassodano tutto e dunque assai solidali, vanno in brodo giuggiole col mio gingillo, da loro ribattezzato Ciccillo, fra napoletane che mescolano la besciamella del mio ragù caldo e bresciane che tifano per la puttanesca. Fra atalantine e juventine, son fendenti micidiali di parabole balistiche entusiasmanti.

A parte gli scherzi, sì, non sono mai gli altri a escludermi. Sono io che escludo loro. È sempre stato così. Gli altri gradiscono la mia compagnia ma io gradisco invece le loro compagne, ah ah, al che si creano imbarazzanti disagi. Al mio amico sto simpatico, a sua moglie sul culo, in ogni senso. E non è mai conveniente per un’amicizia duratura avere di mezzo la donna svenevole del tuo amico a cui piace molto che io sia duro. Non solo caratterialmente.

No, no, no. Un po’ va bene ma poi mi rendono fiacco, più che altro ti ficcano… nella causa di divorzio e devi fotterti anche il mantenimento dei figli del cornuto.

A parte le cazzate, per cui sono oramai famoso anche presso le formiche dei marciapiedi di Via Bernazza, vicolo cieco ove è piazzata la tua vita da tempo, mi sta piacendo molto questo The Punisher 2.

Superiore perfino alla prima stagione, pura violenza nella sua migliore, estetizzante figata ficcante.

Sì, a volte pare manichea e prevedibile, i personaggi son tagliati con l’accetta e ci sono troppi morti ammazzati e sbudellati. Ma poi si riprende come nello splendido finale dell’episodio 4, Tessuto cicatriziale.

Che pathos, che emozioni. E ora che succederà? Billy Russo ammazzerà la poveretta che continua a sperare in una sua redenzione salvifica o non espierà nessuna colpa e se l’ingropperà, scassinandole la cassaforte?

E da quale chirurgo plastica andrà dopo aver perso la faccia? Dalla visagista delle dive, come dicevano Elio e le storie tese?

Sì, spinge.

Amber Rose Revah, nella parte di Madani, dopo circa venti episodi non ho ancora capito se è gnocca o no. È come Lady Gaga. E l’ex pornostar Rhiannon Bray. Tutte queste tre hanno culi magnifici, soprattutto la Bray. Big white ass. Ma non sai se sono degli uomini o è se proprio la loro ambiguità androgina a renderle arrapanti.

A volte, mentre guardo la Revah, mi diventa di marmo, poi la osservo meglio e mi pare strabica. O forse lo strabico sono io. Sì, ecco. Se non sbaglio, c’era anche quell’altra pornoattrice, Amber Rose. Altro culo superbo. Non deve avere un gran cervello questa Amber ma sicuramente viene bene… per l’uccello.

Tale Madani mi ricorda una certa mia amica delle elementari. M’incuteva paura quella bambina. Soggezione! Di cognome faceva Sapienza. Sì, non sto scherzando. Era una secchiona molto ambiziosa, adesso forse sarà un’avvocatessa o, come Madani, comanderà ai vertici della polizia. Insomma, non è una delle pulizie, è lei che li ripulisce tutti.

Sì, i crismi della futura donna in gamba c’erano già all’epoca. Cazzuta, un mostro, una che prende il tuo “manganello” e se lo suona con tanto di distintivo che fa sesso perverso al top. Alla Blue Steel. Soprattutto abbrustolit’!

Alle scuole elementari, venivo… paragonato al Lukas Haas di Scarlatti.

Fui anche associato fisiognomicamente a Henry Thomas di E.T. Be’, guardate che non era un’offesa. Avendo io avuto dodici anni, era un paragone di tutto rispetto. Son passato dalle orecchie a sventola alle sventole. Anche se talvolta solo bandiera bianca sventolo. Anzi, quasi sempre.

Fu dopo che avvenne il peggio. Sì, mi dissero che ero un alieno buono. Ho detto tutto.

Non era una situazione piacevolissima.

A vent’anni, non guardavo quelle della mia età ma mi eccitava da morire Shannon Tweed che ne aveva il doppio. Sì, la moglie di Gene Simmons. Un pezzo di passerona per cui mi diventava ritto all’istante e i miei ormoni tremavano come il massimo grado della scala Richter. Mia nonna invece era molto religiosa, pudica, è un miracolo che sia nato io da sua figlia. No, quando guardava un uomo non provava alcun movimento tettonico da Scala Mercalli ma comunque sapeva come leccare al mercato per avere le banane gratis.

Comunque, possiedo un dono che altri alla mia età non hanno. Si dice di solito che, una volta diventati grandi, non ci si ricorda più niente di quando si era bambini. Perché si diventa tutti dei porcellini. Le donne poi si fissano solo con le piastrelle di porcellana.

Invece io mi ricordo tutto. Mi ricordo de La storia infinita e di quelli che lo guardavano, ed è per questo che alcuni, leggendo i miei libri, mi paragonano a Stephen King. Anche lui ha questo dono.

È un uomo Stand By Me fatto e strafatto ma scrive di ricordi infantili come se avesse otto anni. Un vero cuore in Atlantide.

Sì, il Falotico non è un King, egli è The Prince. Non il cantante deceduto ma il Will Smith Bel Air.

E dunque è un suo diritto vivere “fuori dal mondo” e dentro quello/e che sapete benissimo. Quando viene troppo… responsabilizzato, cade in acuta depressione. Invece, libero, ragiona e scrive da Dio. E sapete la verità?

Senza cazzi per la testa, il cazzo va che è una meraviglia e sta benissimo in una “zona franca”. Senza schemi, senza stereotipi, senza obblighi formali, nudo e crudo, oggi a guardarsi The Punisher, domani a metterlo ancora in culo.

Fidatevi, io non mento mai. Al massimo, me la tiro.

E passeggio senza passeggini. No, non avrò mai figli. Non so educare me stesso, figurarsi se voglio educare i miei figli alla società di oggi.

E ho detto tutto.

Finalmente, The Punisher. Altro che Salemme e troiate italiane. Una bella serie che spacca.

Vent’anni fa, dei folli volevano sbattermi a Castiglione delle Stiviere assieme ai matti.

Di mio, sono solo un Castiglione. Probabilmente, anche coglione. E mi piace ancora molto quella nata a Città di Castello, sì, Monica Bellucci. Ottimo mignottone.

Non una grande attrice, siamo obiettivi, ma una che può servire eccome il tiramisù.

Sì, con Monica vorrei essere davvero alla frutta. Perché, si sa, dopo la frutta viene il liquore. Ed è buono sorseggiarlo di gran sapore. Anche se poi devi lavare tutto col sapone.

Tutto in bocca. Tutto al bagnoschiuma… con tanto di borotalco!


 

di Stefano Falotico

Quella poveraccia di Eleonora Giorgi la dovrebbe finire di starnazzare, però potrebbe venire… bene per il brodo


02 Dec

eleonora giorgi (1)-2

Ecco un termine che io ho sempre amato: starnazzare.

Verbo bellissimo che si addice, parimenti alle galline che si azzuffano di Battiato, a donnette come Eleonora Giorgi.

Sì, è stridula costei, sembra una megera di qualche favola di Hansel e Gretel. Infatti, già quando era molto giovane interpretò il film Mia moglie è una strega. Fiore all’occhiello, come no, della cinematografia “par excellence” del nostro Cinema più mediocre.

Sì, questa romana di origine controllata, adesso lascia interviste in radio e in talkshow ove, incartapecorita, partecipa appunto a trasmissioni come Un giorno da pecora. Titolo che esemplifica la storia della sua vita, anzi, del suo girovita in una certa condizione…

Eh sì, è oramai una donna poco Borotalco, ma è rimasta con un Cuore di cane.

Eh sì, la sua vita sessuale dev’essere stata un Inferno da vero, artistico, come no, Nudo di donna.

E adesso, invecchiata che è come una bacucca, rimembra i membri dei suoi Compagni di scuola. Anzi, di culo.

Addirittura tira…, ah, adesso poco, in ballo quell’altro super puttanone di Warren Beatty, rivelando in maniera scabrosa, si fa per dire, che lui e Il volpone Warren avrebbero avuto una relazione nascosta tanti an(n)i or sono.

Ciò è anche possibile, visto che Warren non andava per il sottile. Una zoccola di qua e una di là, non badava molto alla qualità. Basta che infilava, Warren, anche se non tutte le ciambelle venivano… col buco.

Uomo zuccheroso, il Warren, uomo al pandoro che a Eleonora lo dava da duro di razza, smaltato d’oro e, prendendola appunto per il didietro, può darsi che le abbia detto che l’adorava. Ah sì, uomo brillante, Warren, come le smerigliava, meraviglioso, lui col suo birillo neanche Mastro Lindo. Sciacquava tale lavandaia e la lustrava, rendendola luccicante nel regalarle, fra un pompino e l’altro, il ben servito dopo il contentino di un paio di diamanti e gioiellini. Sì, Eleonora s’incazzò e, distruggendo tutta la sua collezione di piatti di porcellana, gli urlò con voce poco piatta: – Sei solo un porcello, pensavo con te di vivere una vita argentata e invece sei soltanto una buona forchetta. Ora ti accoltello! Ti sbudello, Warren, tu non sei nessuno, vai a fare il bidet e anche il bidello!

Eppur Eleonora, poco linda, amò quell’amore segreto molto intimo ma soprattutto assai variopinto… d’altronde, l’amore non è bello se non è litigarello.

Tempo fa, Eleonora ha attaccato Benicio Del Toro. Definendolo un mostro con occhiaie da malato di calcoli renali. Eh sì, forse non è del tutto sbagliato, Benicio non beve acqua Uliveto e neppure la Ferrarelle ma, al giorno d’oggi, mia Giorgi, uno come Benicio te lo sogni soltanto quando, con la testa oramai tra le stelle, nella sala d’attesa del tuo psichiatra, scarti le morbide caramelle. Senti come si scioglie in bocca tutta questa dolcezza…

Sì, Eleonora continua a rilasciare confessioni spinte ma assomiglia sempre di più al suo merdoso luogo preferito della menopausa cavalcante, ovvero il cesso.

Eh sì, Eleonora è stata per molto tempo la compagna storica di Massimo Ciavarro.

Ma ora, andata completamente, ama Laura Pausini e Il coraggio di andare. E, su uno scoglio, mentre mangia la pasta alla carbonara, ascolta il rumore del vento e il sapore di mare.

Che attrice straordinaria!

Poi, la gente si chiede: ma come mai Meryl Streep non è mai stata bella come Eleonora Giorgi a trent’anni ma è considerata la migliore sul mercato?

Fatevi una domanda, mi raccomando non una Giorgi, e datevi una risposta.

Se non riuscirete a spiegarvi l’arcano, ficcatevi non la Giorgi ma una supposta.

Dunque, supposto che siate riusciti a risolvere l’enigma, facile più di Eleonora, capirete anche che significa essere donne supponenti: sì, quelle che credono che con un bel faccino vinceranno l’Oscar e invece son finite da Ficarra e Picone.

 

E io sono sempre più grande! Ah ah!

E, tornato che sono in forma bestiale, sì, sputtano ancora! Sostanzialmente, me ne fotto!

 

di Stefano Falotico

 

 

Vi siete mai sentiti dei cani? O un Ca(rlo Verdo)ne?


28 Apr

Foto-0010

Molte volte, nella mia vita da estremo “peccatore”, tal dubbio mi ha perseguitato e solo ora che, “canuto” giovincello gagliardo, mi appropinquo alla linea d’ombra adult(er)a, posso affermare, con (di)sprezzo, che da un pezzo mi son emancipato da tale condizione bastarda, urlando a me stes(s)o un lancinante, furibondo “Basta!”. Sì, furon sofferenze (da) cane, in un’adolescenza tritata, tribolata, macerata dalla mia incognita ché della mia (r)esistenza fu angosciata da perenni dilemmi nel camminar lemme lemme, con lo strozzato diaframma nella (ri)posata, spossante flemma. Catarsi, e l’adulto crebbe, “svezzatamente” viziato e ancor vizioso, ché l’ozio è sol il padre degli zii volgari da batt(ut)one nelle bettole, e rinnego gli amori tristi con le acerbe zie come Berta che filava di Rin(ghi)o (Gaet)ano, donnacce di brutta razz(i)a che fuman l’erba e ti radon al s(u)olo dopo averti consumato come delle usuraie del temp(e)rato maschio sulla “rampicante” di “laccio emostatico” del tuo “svilupparlo” da (s)fumato, ancor (non) figliol prodigo della Madonna, quasi drogato, sbronzo, “orso” spelacchiato, uomo non sapiens fino in fondo(schiena).

Ancor mi (sov)viene… se di “cor” spompato ricordo la prima (s)volta in cui me “lo” menai di mano a manetta. Fu sulla figlia di John Boorman in Excalibur, non “scalai” in “retromarcia” e andò (d)ritto a “sbattermi” nella sventola, come Pendragon del mio “draghino” sviscerato di “spada nella roccia” e di f(u)ori come in Un sacco bello. Da cui il detto e il “dato” del “butta fuori tutto quello che hai” e “crescerà” nel Borotalco. Periodo, “sappiatelo” e stappatelo”, di “purezza”, da “mani pulite” senza prender la “tangente” del volerle davvero carnalmente “tangere”, ah ah, che goduria, quei tanga dei tuoi 18 an(n)i son irripetibile (o)nanismo d’una età né carne, “appunt(it)o, né “pesce”. Poi, sarebbe “venuto” il cervello e poco l’uccello, cast(rat)o nel lavorar “duro”. Castigato e quasi sempre in casa, “uscendo” po(r)co nel desinarti un sabato sera maccheronico, nel senso di “facciamoci du’ spaghi” e forse impicchiamoci con “tensione” di cor(da). Non “verrà” più “didietro”, bisogna però guardar “avanti” e proprio nel “balconcino” da cui gettarsi giù, saltandosi “addosso” nella “cagona” che ti lascerà con un due di “picchio”. All’impiccato, sì, ho sempre preferito il “down” in picchiata. Datele delle botte, suvvia, è una bottana e non merita un sano marito, bensì il “martellino”.

Quanta malinconia, quanta noia, quante in bianco notti, mi consolo “suonandomelo” di assolo un po’ asino e poco di “ca(va)llo”. Vi do questo con(s)iglio, amici, “stringetemela”. È “bagnata”, lo so, facil(ment)e… eccitabile.

Non abbiate rabbia, non abbaiate, al buio siate ba(u)bau.

Un altro gir(in)o in macchina e prenderlo nel “posteriore”, preferibilmente “reclinabile” altrimenti non entra “a folle” ma a freno d’una “cintura” da metterla in cinta. Se è gaio, siate Gallo cedrone.

Di “mio”, sono un pastore tedesco, monaco ortodosso rimasto senz’ossa e senza “quel” muscolo, ma posso spos(s)sarmele, me “lo” (per)mette la mia “religione” da “manifesto” luteriano molto sul lombrosiano e quasi labradoriano.

“Dorato”. Di “carrozzeria ingabbiato…”. Meglio, forse, i gabbiani.

Carlo Verdone

 

di Stefano Falotico

cane

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)