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Rocky Balboa o Rocky & Bullwinkle: dimmi quali attori e cantanti ti piacciono e ti dirò chi (non) sei


01 Jul

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Avete mai visto il film Danny Collins con Al Pacino? Da noi ribattezzato La canzone della vita?

No, non è male ma non è neanche brutto. Così come la vita di quasi noi tutti. A volte, la nostra vita è un capolavoro. Quando viviamo momenti di estasi che, però, scalfiti nella loro omeostasi, sono altresì perturbati da attimi (possono durare pure anni, per la miseria…) dolorosi e certamente non appaganti.

Al che, in alcuni o per molti frangenti possiamo innervosirci, troppo semmai preoccuparci, diventando antipatici e scontrosi. Soprattutto contro noi stessi. Disprezzandoci totalmente, dal mondo oscurandoci, ingiustamente colpevolizzandoci. Autopunendoci.

Diveniamo misantropi oppure solamente apatici, abulici o, di contraltare, pensierosi od eccessivamente contemplativi. In una parola odiosi, facilmente irritabili, nevrotici, cascando per di più nella psicosi.

Al che, crolla la nostra apparente felicità, va a farsi friggere la nostra oasi. Le nostre illusioni vanno pure a farsi fottere e guardiamo il mondo da un oblò, parafrasando la celeberrima canzone di Gianni Togni, Luna, “coverizzata” di recente da Jovanotti. Cosicché, smarriamo la nostra indole spensierata della giovinezza un tempo invece vivamente vivandante, forse solo da allegri viandanti, una gioventù pindarica, colorata e innamorata da gagliardi giovincelli tanto carini che sognavano, anzi, ché sognavamo di suonare non soltanto alla propria conquistata lei il “clarinetto” di Renzo Arbore, non solo il clavicembalo, stimolando le corde vocali di giusto tocco, d’indubbio romantico “taste”, strimpellando il suo splendido fondoschiena a mandolino secondo me molto più arrapante di quello di Penélope Cruz de Il mandolino del capitano Corelli.

Eh sì, miei fringuelli e mie principessine sul pisello, conobbi anni fa un matto che abitava (penso che vi abiti tuttora) a Bologna, in via Arcangelo Corelli.

Si chiama(va) Angelo ma non ha mai chiavato neppure una donna di nome Angela.

Sì, era pazzo, ascoltava Gli angeli di Vasco Rossi e onestamente penso che molte volte sia andato a troie giusto per l’anima del cazzo.

Sì, oltre a essere fottuto socialmente, fotteva di tanto in tanto quelle pure da tutti, non solo metaforicamente, inchiappettate.

Veramente, una vita eccitante. Non c’è che dire. I pochi soldi che gli passava l’assistenza sociale li donava a quelle sui viali.

Cristo! Davvero un filantropo! Lo faranno santo! Ah ah.

Ebbene, riemergono i ricordi della mia vita dapprima auto seppellitasi. Non solo il verbo è riflessivo ma la mia esistenza, da riflessiva che fu, anche da fesso, ricammina adesso spedita.

Ebbene, ragazzi, ho sopra coniato una rima baciata da tramandare ai posteri. A te piace quel poster? Invece, quel posteriore, no?

Voi, maturandi diventati maturati dopo aver dato, malgrado la quarantena spossante, egualmente gli esami di maturità, non dovete amare le pappardelle a memoria (meglio le pappardelle alla panna, fidatevi) rifilatevi dai vostri oramai ex insegnanti andati, i quali fanno tanto i sofisticati ma, alla fin fine, adorano i filmacci Immaturi Notte prima degli esami, identificandosi semmai pure con Giorgio Faletti e rileggendo non Io uccido, bensì uccidendosi di risate, ah ah, sai che ridere, nel riguardare le vecchie puntate del pecoreccio Drive In con Ezio Greggio (ah, super rima da Striscia la notizia) e il mitico, panzone Vito Catozzo. Si riguardassero!

Ma la smettessero. Li inviterò in pasticceria, alle prime luci dell’alba, offrendo alle professoresse nubili, non so se nobili, un maritozzo, mentre ai professori celibi, non so se celebri, un cornuto, no, il film Cornetti alla crema.

Ma quali uomini di cultura!

Questi qua, dei quaquaraquà, vanno “sfanculati”. Gente che, oramai con la panza piena, va integralmente a culo.

Si fottano!

Fanno gli acculturati e vollero farsi Milly Carlucci di Pappa e ciccia ma Scommettiamo che… hanno pessimi gusti non solo in materia letteraria? Sono, sì, effettivamente letterati ma dovrebbero invece essere ignoranti. Poiché, come ben “insegnò” Totò, alias l’auto-definitosi principe De Curtis, autore della ridicolissima lettera epocale scritta assieme a Peppino De Filippo e consegnata alla malafemmina, non solo confondono Il ritratto di Dorian Gray dell’Oscar Wilde con l’interprete omonima dell’amante di Teddy Reno (Rita Pavone?, no) del film sopra menzionatovi, bensì pretendono che la gente, per l’appunto, si acculturi.

Sono dei fessi. Se sono istruiti, devono invece far sì che la gente non s’istruisca. Totò di Miseria e nobiltà “docet” allo zotico campagnolo analfabeta in un’altra memorabile scena di epistole rifilata al villico da “egregio” signore, classica intestazione d’una lettera che si rispetti. Ah ah.

A proposito di mandolini e di luoghi comuni, di stereotipie sugli italiani da John Madden della minchia, è vero comunque che, in Italia, si vive/a di nepotismo mafioso da Francis Ford Coppola e Nicolas Cage.

Per esempio, il succitato, spesso sovreccitato Angelo, per ricevere il rispetto della gente che lo piglia(va) per il culo più di come lui prenda/prendesse per il popò le prostitute, ricevendolo parimenti nel posto a livello economico, andava in giro a recitare la parte di De Niro ne Il padrino – Parte II. Vale a dire Vito Andolini. Voleva farsi valere, che uomo caloroso, valoroso!

Cazzo, veramente un tipo tosto, che stoico, che Corleone! Ah ah.

Detto ciò, ancora in Italia permettono a Fabrizio Moro di cantare a squarciagola e d’impazzare in radio a briglia sciolta.

Lui, vincitore assieme a Ermal Meta d’un recente Festival di Sanremo, è un fake mai visto. Poiché, nella sua nuova canzone, Il senso di ogni cosa, già nelle primissime strofe si comporta da ipocrita, forse solo da scrofa.

Sbraitando la testuale, seguente falsissima frase aberrante assai vergognosa. Oserei dire scandalosa, più orripilante del caso Aldo Moro. Veramente scabroso/a!

posso fare a meno dei milioni.

Certo, come no?

Per questo nuovo singolo del cazzo, la sua etichetta quanto gli ha dato?

Invece, per il nuovo tour, quanto gli daranno?

Fabrizio è un bel ragazzo e sono altresì convinto che tante gliela daranno. Insomma, Fabrizio, grazie a questo singolo, riceverà molte donne single.

Al che, lui non rinuncerà soltanto ai danari per riempire il suo salvadanaio. Bensì, ben presto, rinunzierà al credo del suo ritornello… il mio unico amore.

Per fare invece il figo con tantissimi amori, si fa per dire, con una moltitudine di belle (forse delle groupie?) senza cuore ma sicuramente, dopo avergliela data, più ricche a livello esteriore.

Al che, fra questi falsi uomini belli, preferirò sempre il re degli ignoranti, colui che è tuttora sposato con Claudia Mori e, in Segni particolari: bellissimo (Distinguishing features: beautiful), scopa Federica Moro.

Di mio, sto vivendo un periodo da Innamorato Pazzo. Dopo essermi, per molti anni, chiuso nel mutismo, faccio ora all’amore con una donna più bella di Ornella Muti.

La sua venustà mi lascia, infatti, senza parole.

Invece, in televisione ancora propinano la soap opera Beautiful. Non solo l’ex gnoccona Katherine Kelly Lang non è più quella di una volta, bensì Ron Moss è stato, da tempo immemorabile, rimpiazzato da uno ancora più brutto. Sì, credetemi. È meglio Javier Bardem di Biutiful. Ha una vita orribile ma spinge…

Ah ah. Sì, diciamocela, per il ruolo di Ridge ci vorrebbe il sottoscritto.

Sì, però nella parte di Sean Connery di Scoprendo Forrester. Ah ah.

Senz’ombra di dubbio, molti personaggi dei film di Gus Van Sant mi fanno un baffo.

Sì, alla pari di Angelo, voi andate con le battone.

Dovreste ripulirvi dai vostri peccati, miei “toccati”.

Per voi, ci vorrebbe Giovanni Battista.

Non fate i romantici, ricantando le vecchie canzoni di Mogol e Battisti.

Siete solo degli ipocriti e degli uomini tristi. A te piace invece quel batterista?

Sì, va bene. Scopatelo e suonagli l’ocarina.

Sono veramente un battutista e, se mi va, non solo faccio il bell’uomo come Connery/James Bond ma interpreto pure la parte di Sean ne Gli intoccabili.

Sì, per anni fui solo come un cane, fui un tipo veramente alone. Però, al contempo, fui almeno carismatico come Jimmy Malone.

Gli adulti, i quali per l’appunto vollero istruirmi, non mi scambiarono per un metronotte, bensì solamente per un poetico, no, patetico amante del film Warriors.

Fui quasi scambiato per un criminale come Al Capone. E mi gridarono: ti piace solo De Niro? Le ragazze, invece, no? Sei uno zuccone!

Mi presero quasi a testate, urlandomi: – Devi crescere! Sei ancora un bambino da bolognese Teatro Testoni!

Al che, me ne fregai dei loro attestati e attestai di essere un giornalista, scrivendo su una cinematografica testata senza neppure essere laureato.

Roba da matti!

Ecco, perdonate questo lungo preambolo e perdonatemi se non riesco a perdonarvi per non avermi perdonato, ah ah.

Molti di voi si fanno i film sulle persone, non solo su di me.

Cazzo. Pensavo che si trattasse soltanto di pettegolezzi riguardanti la mia persona. Allora, guardate, ho da proporvi un lavoro. Potreste farvi i soldi, scrivendo della nuova fiamma, su Novella 2000, non solo del sottoscritto, bensì anche di Fabrizio Moro.

Lei è mora? Ah no? È bionda?

Parafrasando il grande Bob De Niro del già citato The Untouchables, quando si rivolge a Kevin Costner:

– Con me non ce la fai, buffon’!

È la stessa cosa che dice Ilaria D’Amico a suo marito. Il quale, anziché ritirarsi, da poco ha firmato un contratto che lo legherà alla Juventus sino al 2021.

Sì, Ilaria ammonisce Gianluigi. Non lo espelle, però. Neanche più lo spella. Gli dice soltanto di possedere un invidiabile coraggio per voler dimostrare di avere ancora le palle di scendere in campo, non parandone più nessuna. Ah ah. Ma sì, Gigi lo fa per garantire alla sua prole, sì, ai suoi figli, un futuro da campioni. Più che altro, da paraculi.

– Amore, dovresti tirartela di meno. Hai fatto il tuo tempo. Anziché cazzeggiare, perché non ti fai me? Ti devo fare lo spelling?

L’ultimo figlio che abbiamo avuto assieme risale a parecchio tempo fa – sacramenta Ilaria.

Buffon, al che, le risponde:

– Tu ancora ti fai, no, scusa, per me tifi?

– Solo quando i tuoi compagni di squadra, troppo machi e volgari, vogliono farmi il culo.

– Quello te lo faccio io.

– Gigi, cazzo! Ma come ho fatto a sposare un tonto come te?

E dire che le donne dicono che sei affascinante.

– Lo sono perché ho più soldi di Fabrizio Moro.

– In effetti, entrambi non avete i coglioni per essere sinceri. Ma i soldi servono. Basta chiederlo a Olivia Wilde di Richard Jewell. Confermerà che ho sposato un tipo alla Jon Hamm. Anzi, sai che faccio? Le chiedo lo scoop. Gliela do, no, glielo do in esclusiva.

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Sì, molte persone sono come Buffon e come Fabrizio.

Sono retorici, fanno i grandi, i duri.

Ma, secondo me, non sono tosti come Rocky Balboa né possiedono la cultura di un uomo che conosce anche questo film semisconosciuto con De Niro.

Dovrebbero rivedere anche Buongiorno, notte. Mentre, alcuni miei parenti, i quali abitano in un paesino del sud, cioè della Basilicata, in cui v’è peraltro un quartiere estremamente periferico e fatiscente che si chiama Aldo Moro, non sanno neanche cosa siano le brigate rosse.

Almeno, dopo una vita da disoccupati, troveranno un posto fisso subito, divenendo brigadieri. In quei posti, statene sicuri, ci sono delle mafie che non potreste immaginarvi.

Sì, va detto. Fui anche scambiato per un “duce”. Cioè per Filippo Timi di Vincere. Fui giudicato paradossalmente anche troppo timido e, appena mi ribellai, sputtanando tutti, molti fascisti vollero sbattermi in manicomio come Giovanna Mezzogiorno. Mi spiace deludervi.

Non sono Clint Eastwood di Gran Torino ma possiedo una faccia di merda come quella di Sam Rockwell del film sopra scrittovi, firmato dal maestro, con la Wilde.

Per questo, la mia lei è follemente innamorata di me. Sì, se avessi prestato fede alle fandonie messe in giro sul mio conto da tanti stronzi e poveretti, oggi sarei ancora subissato di psicofarmaci e sarei più grasso di Paul Walter Hauser.

Sì, aveva ragione John Lennon. I Beatles non mi sono mai piaciuti ma John disse il vero. Sì, disse che la gente la dovrebbe finire di guardare e adorare la vita degli altri. Secondo me, molta gente non capisce i film anche se ha tre lauree al DAMS, non capisce la Musica anche se guadagna più soldi di Fabrizio Moro, ah ah, secondo me, sì, detta come va detta, si fa solo le seghe.

E, su quest’ultima freddura, vi lascio con un’altra inculata che vi ha messo totalmente a pecora.

Infine, aggiungo questo. Fottetevi. Tanto non sono cazzi miei. Ah ah.

Voglio continuare, andare avanti!

Eh già, per molto tempo la gente pensò che io pensassi di essere Robert De Niro.

Sono davvero costernato ma debbo nuovamente smentirla. Pensai di essere solo De Niro di Taxi Driver. Ah ah.

Sinceramente, ce la possiamo dire in tutta franchezza?

Non sono un coglioncello ma, alla pari di Zac Efron di Nonno scatenato, ho un bell’uccello.

E sapete che vi dico?

Ammazzatemi pure ma, a mio avviso, Dirty Grandpa non è affatto un film triste e triviale.

Non è niente male, cazzo, non è niente male, cazzo, non è niente male.

Apparentemente sembra un film, per l’appunto, di merda e del cazzo, invece, a ben vedere non è per niente banale. Vi è tutto un discorso, sì, certamente campato per aria contro il conformismo e, sostanzialmente, rimane un film debolissimo e innocuo, prestissimamente dimenticabile.

Ma le spara grosse.

Ci vogliono le palle per dire la verità.

Altrimenti rimanete, anzi, rimarrete fermi a Il laureato, al Cinema oramai superato e alle puttanate di Pieraccioni e dei Laureati cazzoni…

Detto ciò, ora vado a leccare un gelato.

Più tardi, qualcos’altro.

Ripeto, come già dissi, mia nonna paterna è sempre stata appassionata di fotoromanzi.

Non ho mai capito come io abbia fatto a nascere.

Sì, mia nonna ebbe due figli. Mio zio e mio padre.

Ma credo che mia nonna abbia solo leccato il gelato ai gusti di crema e nocciola.

La verità è che, nessuno di noi, della vita degli altri sa nulla. Ma qui ora il Falò fa tutto un altro gioco. S’è stufato di parlare solo di film. Vuole farli e vuole con la sua lei rifarlo. Ancora e ancora, ancora e ancora. Cazzo, quando si dice… hai proprio una bella voglia, ma chi te la fa fare?

Ah, nessuno. La mia lei è una donna magnifica e non è una facile. Se non vi sta bene, fatevi ma non “stantuffatemi”.

Oh, rimanga fra voi, no, fra noi… Sono molto, molto più giovane di Al Pacino.

Sì, debbo ammetterlo.

Avevo sbagliato tutto nella vita.

Per forza, ho aperto la lettera che mi inviò John Lennon, cazzo, un po’ tardi.

Comunque, c’è di peggio.

Conobbi donne laureate in Lettere che non lessero mai una sola lettera scritta loro dal sangue del proprio sangue.

In compenso, adorarono La stanza del figlioMah, che tipe.

Che fossero e siano delle gran tope, ecco, stendiamo un velo pietoso. Queste qui non si salveranno neppure mettendoci molte toppe. Sono già, di loro, zoccole. Ah ah.

Non sono un terrone, non amo le tettone, sono nato a Bologna, ho origini terragne, ah ah, non mi fanno schifo i ragni e ho solo paura del terremoto. Che è provocato dallo smottamento tettonico.

Non sono neanche daltonico.

Comunque, a Fabrizio Moro, di mio, continuerò a preferire Fabrizio De André.

 

di Stefano Falotico

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Ma quale San Valentino e Twilight: meglio il Joker a Batman/Pattinson così com’è meglio Elliott Gould de L’ultimo addio rispetto a Ellie Goulding


14 Feb

danny collins

 

84821706_10215701199585868_4930496334093352960_o1973, THE LONG GOODBYE

Partiamo con l’ironia, con la goliardia, quindi con la psicanalisi di questo sentimento assurdo chiamato amore sin ad arrivare a come si possa credere che Essi vivono non sia un capolavoro poiché ci si è (dis)informati nelle scolastiche sovrastrutture culturali distorsive e ottundenti la mente per giungere all’attuale demenza collettiva d’un mondo oramai più perso di uno con la (ri)cotta.

Una risata ci seppellirà: di mio, più che Joker e Batman/Robert Pattinson, sono Harrison Ford, anche de Il richiamo della foresta

Ecco, appena sento il richiamo delle feste, assumo un’espressiva torva e accigliata da Matthew McConaughey nel primo episodio della prima stagione di True Detective.

La mondanità, la frivolezza, il chiasso isterico, la carnascialesca baldoria e pure le maschere carnevalesche dei vostri carri di superiori, no, supereroi vs villain, il vostro ipocrita escoriarvi le anime in orge da Eyes Wide Shut nelle quali, scopandovi in maniera cannibalesca, vi lanciate addosso pure i coriandoli, mi rendono un uomo felicemente nudo dinanzi a tale natura selvaggia. Al che, prende il sopravvento la mia parte falotica, cioè umanissima da uomo poco androide e con un piccolo Android.

In mezzo a tanto vostro ormonale clima torrido da zone erogene sempre equatoriali, invero raggelante e anche i vostri cuori aridi oramai celatisi nell’illusorio, momentaneo riscaldarvi, tale dolciastra euforia mi rende sempre più freddo e allora celebro in auge il grande Rutger Hauer di Blade Runner. Superuomo che, dirimpetto, ai vostri onanistici baci e abbracci da nani, di fronte alla vostra misera e miserrima piccolezza da cacciatori di taglie, elevatosi davanti a queste vostre squallide erezioni, dimenticò pure i tempi in cui, dopo un piatto di tagliatelle, mi sdraiai in primissima pubertà sul divano per gustarmi le forme 90-60-90 di Simona Tagli alla tv e non solo immaginando di scoparmela più e più volte venni e stetti per svenire davanti a quelle grosse tette, bensì io stes(s)o a un cazzo addivenni.

Sì, furono tempi oramai smarritisi tra le mie memorie, fra reminiscenze e mie eiaculazioni su belle more e su tantissime biondone bone che sognai sconfinatamente un po’ da guardone e giammai da marpione.

Forse da coglione? Ah, che masturbazioni mentali e non, che idillio senza pace dei sen(s)i. Di felicità grondai sterminatamente. A fiumi! Oserei dire gonfiatamente e prosciugandomene ardentemente sino a colare… a picco nell’infernale mondo odierno putrefatto. Ah, che calore. Sì, dalle palle alla padella e poi alla brace. Ma quale abbraccio! Queste donne mi delusero, gli amici m’illusero e tradirono poiché si prostituirono e, dopo aver illegalmente conseguito la maturità, si (s)consacrarono all’immatura scemenza di tale società senz’alcuna qualità.

Al che mi sbronzai, scolandomi un litro di biondo malto. Fantasticai perfino sulla giornalista Claudia Peroni che, in quanto a pere, poté drogare sessualmente qualsiasi uomo che le capitasse a tiro, per l’appunto tirandoglielo e annacquandolo nell’osé della sua pelle rosata come un buon vino rosé.

Ah, meglio stare soli come l’uomo di Solaris piuttosto che innamorarsi di una donna che, abbronzandosi, prende il Sole cocente dell’essersi troppo in fretta bruciata. Quella è più sola di me e prendemmo entrambi una sòla. Fatemi mangiare una sogliola.

Sì, son destinato a essere Han Solo come un cane? Forse sì ma non voglio nessun cagnaccio al mio fianco, basta con Chewbacca. Basta col curarmi dalla depressione coi fiori di Bach, ascoltando Vivaldi, Basta pure con Bacco!

Preferirò sempre Balle spaziali a Guerre stellari.

Cosicché, da archeologo alla Indiana Jones del mio temp(i)o maledetto, no, delle mie tempie da ultima via crucis, no, ultima crociata, me la tiro… da Sean Connery de Il nome della rosa. Conducendo una vita monacale che però sa il fallo, no, fatto suo. Sono uomo di scibile e, nella notte, sibilo più del pipistrello di Ron Perlman. Uno non tanto bello ma Hellboy…

Anni fa, come Sean stetti per perdere i capelli. Li riacquistai e ora piaccio alle parrucchiere.

Una mia amica su Facebook scrisse che ogni donna, suo malgrado, almeno una volta in vita sua ebbe lo stesso ciuffo di Cameron Diaz in Tutti pazzi per Mary, eh.

Un’altra disse che il suo ex ragazzo, per il giorno di San Valentino, le regalò una visita gratuita dallo psichiatra. Lei, per fare l’ironica, forse l’auto-erotica, più che altro per sdrammatizzare la sua condizione da frust(r)ata cronica, affermò pure che almeno, dopo che il suo fottuto compagno la sfanculò, verrà analizzata da un tipo stronzo come Michael Fassbender/Jung di A Dangerous Method.

Poiché la sua vita andò a troia, no, a troie e lei va tutt’ora fiera della sua femminile follia, ha anche tutti i dischi di Loredana Bertè e un lavoro estremamente dignitoso. Oltre all’ernia al disco per aver bevuto e ballato troppo…

Sì, è la direttrice di una comunità ove vengono internati i ragazzi coi cosiddetti problemi mentali.

Sì, questi poveri ragazzi, oltre a dover sopportare una società animalesca che li sbatté duramente, adesso devono pure sottomettersi alla rettrice dei cazzi altrui.

Molti uomini andarono matti proprio per Cameron Diaz. Appiccicarono le sue foto, a mo’ di Philip Seymour Hoffman di Happiness, sulle pareti dei loro appartamenti. Poiché, come si suol dire, Cameron Diaz, essendo dotata di ottima carrozzeria, fa ancora la bella figa e può farti… fare bella figura se un ospite entra a casa tua e vede tutta questa tappezzeria. Come no…

Guardate, sono veramente nauseato. Siamo arrivati al 2020. Non vi siete evoluti manco per l’anima della minchia. Ancora vi prendete per il culo da schizzati, appunto, scambiandovi battutine di dubbio gusto e, secondo me, anche battone di seconda mano. Sì, forza, ci vuole Indiana Jones 5.

Siete da museo delle cere. Come Harrison Ford. Ah ah.

Di mio, adorai il fondoschiena di Greta Scacchi di Presunto innocente ma molti pensarono che non conoscessi Le verità nascoste.

Di mio, so anche che Angelina Jolie preferì Billy Bob Thornton a John Thornton e ai lupi da Jack London.

Dobbiamo dircela, L’uomo che non c’era emana un certo fascino noir da colui che non deve chiedere mai.

Egli, dopo una giornata di duro lavoro, scopa. Forse solo il pavimento ma conosce a memoria tutti i libri di James Ellroy, soprattutto Dalia nera.

Per quanto mi riguarda, Hilary Swank e Scarlett Johansson possono anche vincere tutti gli Oscar del mondo. Sarò sino alla morte, eh sì, Clint Eastwood di Million Dollar Baby.

Poiché non vi giro mai attorno. Alla gente dico sempre la verità. Senza buonismi da San Valentino, senza smancerie o carinerie ruffiane e false. Che film, ragazzi. Clint di notte entra in ospedale e fa quello che nessuno ha il coraggio di fare. Come per dire, forza, è inutile andare avanti così. È una tragedia, chiudiamola qui. O forse no…

Andiamo avanti, tanto è una società messa a pecora.

L’amore è una cosa meravigliosa? Certo. Se hai tredici anni. Più uno va avanti con l’età, per l’appunto, più lei ti chiederà di più.

Eh no, non si accontenta mica che tu sia il primo della classe per vantarsi con le amichette di stare assieme a uno bravo. È smaliziata, oramai.

Oltre al bel faccino, non le piace più un cazzone qualsiasi.

Esige quello con cui poter costruire un futuro. Soprattutto quello che le costruisca la carriera affinché possa stare a mollo, sciacquandosela tutto il giorno. Pigliando in giro chi la sua vita scialacquò poiché, senza quel talento, non si ottengono i gioielli…

Ah ah.

Sì, il mondo è cambiato, in peggio.

Tantissimi anni fa, conobbi una ragazza di Trieste. Malgrado fu lei a sverginarmi, fu anche molto pura nonostante sapesse pure come rendermelo duro.

Piangeva a dirotto quando guardava Robert Downey Jr. in Only You – Amore a prima vista e in Ally McBeal.

Col tempo, oltre ad avermelo indurito molte volte, lei stessa s’indurì. Regredendo però al contempo all’infanzia. Ora, sebbene non la senta più, un uccellino mi disse che lei impazzisce per Iron Man.

Sì, non siamo più in contatto io e lei ma credo che gestisca una boutique che mette in (s)vendita le creme vaginali assieme a Gwyneth Paltrow.

Di mio, ne passai tante…

Per colpa di errori, anzi, orrori giudiziari, feci per un po’ la fine di Downey Jr. in Guida per riconoscere i tuoi santi. E dire, cazzo, che a diciott’anni fui veramente un idiota bellissimo come Channing Tatum.

Anche, sinceramente, come Amélie/Audrey Tautou.

Mi venne anche voglia di farmi… un tattoo.

È veramente inconsolabile il mondo di oggi. È talmente falso che la più retorica canzone dei Beatles sembra, al confronto, America oggi di Robert Altman. Ora, non scherziamo, molte canzoni di John Lennon sono bellissime.

Ma Imagine non rispecchia la realtà e io adoro quel bastardo di Al Pacino. Soprattutto di Danny Collins… 

Comunque sia, non credete che io sia solo.

Diciamo che non lo do a vedere… anche a vendere. Non sono affatto ricco ma sono uno che se ne fotte delle vostre stronzate. I valori sono altri. Se volete sapere come si recita un pazzo, no, come si scrive e declama un pezzo, eccovi serviti. Sì, come si suol dire, posso permettermi di fare lo scemo del villaggio alla Charlot, non lo sapevate?

Non avevo dubbi che non lo sapeste. Voi, invero, sapete ben poco non solo di me ma soprattutto di voi. Mi sa che è così.

Intanto, buon divertimento e amore a tutti.

Auguri e figli maschi.

In verità, sono molto triste, molta gente mi fa pena.

Prima, fui davanti a un locale. Dopo vi entrai. Al che entrò una coppietta di mezz’età. Lui, tutto impomatato, lei bella ma fattasi più bella per festeggiare con lui San Valentino.

Chiesero perfino al cameriere di scattare loro un selfie. Perché solo stasera festeggiarono se si dichiarano innamorati? Semmai, durante tutto l’anno, si scannano, si mettono le corna, litigano come ossessi, si lanciano addosso i piatti, pure i sassi. Ah, è vero. L’amore non è bello se non è litigarello.

Così come è importante la festa delle donne, giusto?

Trovo che sia invece estremamente umiliante per una donna venire… festeggiata.

Significa che ancora accetta di essere trattata come una dea soltanto un giorno all’anno.

Sono cinico? No, dico la verità. Gli uomini non sono superiori alle donne e le donne, a loro volta, non sono superiori agli uomini.

Siamo tutti dei figli di puttana. In questo, ebbe ragione Federico Frusciante domenica scorsa.

Quando disse che La vita è bella di Benigni è una porcata. Lo cito testualmente: la vita è una merda. Ci costruiamo però delle illusioni per farcela piacere un po’.

Purtroppo, è così. Così come viene reputato carino dire a una donna muta che fa simpatia, oppure dire che Captain America sia più figo di Joker. Non credo proprio. E mio fratello lo sa…

Intanto, un altro scemo legge la cronaca nera per essere meno infelice. Ah, guarda qua, leggi che tragedia. Be’, allora c’è di peggio nella vita. Tutto sommato, a me va grassa e di lusso. Certamente… La dovreste anche finire di celebrare l’anniversario della caduta delle Torri Gemelle. Voi non foste dentro le Twin Towers e, onestamente, non ve ne poté né può sbattere di meno. Se poi, per fare i fighi e i buoni, volete continuare a spacciarvi come tali, me non mi prendete per il culo.

Non si dice… me non mi prendete? Vi cito Gigi Proietti:

– Signora, lei a me mi piace.

– Non si dice a me mi piace.

– Lo so ma a me mi piace.

 

Parte inventata da me:

– A me però lei non mi piace. No, non piace.

– E chi le piace, scusi?

– Mi piacque Valentino di Uomini e donne.

– Ah sì? Allora lei non mi piace. Va bene così? Ah ah.

 

A propositi di lupi, miei lupetti, ora vi mostro un superbo esemplare di lupus in fabula. Razza da Rosso Malpelo, da Lupo solitario alla Sean Penn, Wolfman o forse una pregiata, inestimabile volpe? A propositi di lupi, miei lupetti, ora vi mostro un superbo esemplare di lupus in fabula.

Parafrasando Corrado Guzzanti: la seconda che hai detto.

Forse la quarta?

 

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di Stefano Falotico

Flavio Bucci ha speso tutto in vodka e cocaina: così sfoga la sua rabbia, e dire che pensavo l’avesse sbranato il cane “arrabbiato” di Suspiria, cari cagnacci


19 Oct

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Sì, è stato Daniel nel capolavoro di Argento. Il cieco che viene preso a mali parole dalla pazza Alida Valli perché immondamente accusato di aver molestato un bambino, il pupillo viziatissimo simil Macaulay Culkin della scuola stregonesca.

Adesso, Flavio vive in una casa famiglia. Oberato dalle sue scelte “sbagliate”, dalla sua vita traviata, puttanesca e immiserita fino a dissanguarlo. Un uomo rovinato dalle circostanze o soltanto uno che, dopo aver scialacquato ogni ben di Dio, godendosela come un cavallo imbizzarrito, non vuole più che gli si rivolgano sguardi compassionevoli ma vivere la sua cristologica passione senza sprezzo della vergogna?

Sì, perché in quest’Italia moralista, ove vige quell’oscenità del Vaticano, ove ogni giorno si scoprono gli altarini della Chiesa, lui non ha da discolparsi di nulla e non deve, certo, chiedere scusa a un fantomatico Cristo del cazzo.

«La vita è una ed è tua, puoi farci quello che vuoi. Non mi sento colpevole verso nessuno, non ho rimpianti oppure se preferisce posso anche dirle che ne ho, tanto non potrei cambiare niente. La verità è che tutti ti pretendono a loro immagine e somiglianza, però io sono come sono. Non mi voglio assolvere da solo e non voglio nemmeno andare in Paradiso, che poi sai che noia lassù», sghignazza tonante e tossisce Flavio Bucci, 71 anni, grigio e scarruffato, tuta blu, ciabatte e un bastone con la testa di cane che gli sostiene il passo malfermo del femore e dell’anima, fratturati e mai guariti, mentre accende e spegne e riaccende sigarette nel posacenere di plastica colmo di cicche, accanto all’espresso del bar nella bottiglietta del succo di frutta. «Mi fanno male? Bah, c’è una sola cosa che ti uccide, però non lo sai mai prima, quale sarà».

 

Sì, per arrivare a questo un uomo deve aver avuto, parafrasando Aldo Busi, i coglioni per prenderlo nel culo…

Un uomo che non ti saresti mai aspettato che sarebbe “degenerato”. Invece lui se n’è fottuto.

Ma così andrà per tutti. Sì, d’adolescente sei un sognatore coccolato mentre adulti boriosi ti sputano addosso il loro marciume, tesi come sono soltanto a tirar a campare, preoccupati di arrivare a fine mese, raccattando dignità pusillanimi da fetentoni. E ti dicono di volerti bene! No, non fanno il tuo bene. Credono che la tua felicità consista nel far sì che tu possa crearti, fin da subito, una maschera da bravo ragazzo modello e inappuntabile, cosicché nessuno ti criticherà e, dopo esserti semmai laureato, dopo tanta prodiga buona volontà ferrea, accederai al mondo dei totali piaceri. Scopando come una scimmia, sfruttando e coglionando i deboli, gli ingenui e i creduloni, i buoni… a nulla, quelli che non ce l’hanno fatta, e tirandotela da gagà col macchinone sempre “farcito” di qualche troiona. Tanto, poveri i fessi che hanno abboccato alla parola del “salvatore”. Non c’è nessun Dio, non c’è niente dopo la morte. C’è solo questa vita troia. E quindi goditela e non farti fottere.

Sì, finita l’età dell’innocenza, il mondo ai tuoi occhi si svelerà nel suo stupendo orrore. Allora, hai due possibilità. O accetti il gioco o ti soggiogano. O ti dai come un comune maiale o ti scanneranno come un porco.

Il grande Rino Gaetano cantava…

un mondo diverso, ma fatto di sesso, chi vivrà… vedrà.

Rino, con la simpatia che lo contraddistingueva, lo diceva in maniera giocosa, esuberante, guascona. Stanley Kubrick ce l’ha sbattuto in faccia in Eyes Wide Shut in maniera nudamente stronzissima. Come se poi non lo sapessimo. Io, ad esempio, ho sempre saputo che quelli che andavano a messa erano i primi consumatori di puttanazze. Messaline!

Al che ecco che chi è povero urla che il suo lavoro non gli basta e che i calciatori dovrebbero vergognarsi di guadagnare certe cifre. E a questo povero i benpensanti paraculi gli gridano addosso che è un fallito e la dovrebbe smettere d’inneggiare al bieco populismo.

Chi ha studiato tutta una vita, l’ha preso in culo più di un analfabeta. Perché almeno l’analfabeta non capisce un cazzo e ride come un ebete da mattina a sera. L’uomo troppo colto, sin troppo consapevole, adesso è finito in cura psichiatrica ove lo imbottiscono di farmaci lobotomizzanti perché, avendo capito troppo, perse la pazienza e divenne un paziente, gli rifilarono un TSO e quindi deve stare attento anche a pronunciare un vaffanculo sennò gli diranno che è troppo aggressivo e va, di contenzioni farmacologiche, represso nuovamente, con castrazioni e via dicendo, anche se vuol vedere il culo di Jennifer Lopez in qualche film per casalinghe dementi che amano le storie da Barbara D’Urso come nel tremendo Via dall’incubo.

Adesso, il genio maledetto è angariato come Fantozzi. Il suo fisico, da bello, asciutto e palestrato, in seguito a queste merde di farmaci repressivi, è a pera e lui è a pecora. Mentre lo psichiatra, un cafone mai visto che non ha mai guardato Essi vivono, fa le pecorine con le sue brave agnelline.

Ecco allora che impazza la confusione ideologica. Se sei troppo sexy come Alain Delon, ti dicono che dovresti tirartela molto meno ed essere più discreto e anonimo, non un esibizionista della tua sfrontata, arrogante forza sessuale. Insomma, che dovresti “fantozzizzarti” per essere “normale”. Ma se sei, appunto, Fantozzi, ti dicono che non sarai mai Alain Delon. Giù di derisioni!

Mah, di mio, fra Brad Pitt e Alain Delon, preferisco Flavio Bucci. Un uomo vero, con tutti i suoi sbagli, le sue stronzate, le sue cazzate.

Un uomo finito nella merda. Un grande!

Questa invece è la mia faccia. Se non ti sta bene, c’è sempre una zoccola su Instagram.

Ed ecco una canzone meravigliosa. Una puttanata magnifica di doppio senso. Baby doll nel senso di bambina bambolina o nel senso proprio di mutandina ridottissima per giochini di adulti trombanti quando non tromboni?

Se non ti piace, è appena uscita la nuova canzone di Ramazzotti.

Cosa faccio, in effetti, nella vita oltre a scrivere mille libri?

Lo stronzo. Ah ah.

Non sono così? Infatti, sono peggio. Ah ah.

Se vuoi darmi del matto, fai pure. Meglio esser matti che musoni.

Insomma, per farla breve. Sono cambiato? Macché. E, comunque, fatevela lunga. Anche sotto. Ah ah.

E ricordate, mie battone: io sono un battutista e, se mi va, anche un batterista.

E non voglio altre pulizie da Giovanni Battista e nemmeno le canzoni false di Battisti.

Chiaro, merdosi coprofagi? Ah ah. Evviva i profughi! Ah ah!

E pasta e fagioli! Per te, donnaccia, un pestone e un magro pisello.

 

 

di Stefano Falotico


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Andate a fanculo

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First review of Danny Collins


12 Mar

From Variety

Danny CollinsWith his tufts of gravity-defying, shoe-polish hair and burnt-orange tan, Al Pacino has been sporting the look of a glammer-than-thou aging rock star for so long now that it’s only fitting he’s finally gotten around to playing one — which he does, exceedingly well, in “Danny Collins.” For his directorial debut, screenwriter Dan Fogelman has crafted a familiar late-in-life redemption narrative, made surprisingly palatable by Pacino’s winning comic bravado, a superb supporting cast, and currents of real feeling that cut through the expected bromides about the emptiness of fortune and fame. Though it’s unlikely to score quite the same home run with the Social Security crowd as the Fogelman-scripted “Last Vegas” did ($134 million worldwide), this March 20 opener should leave the staff of new distributor Bleecker Street humming a happy tune.

This is the second time in a year that Pacino has played a celebrated star in the throes of an identity crisis. Only, where “The Humbling’s” Simon Axler was a Broadway legend starting to lose his lines (and his grip on reality), Danny Collins is a music-world icon who long ago lost his artistic integrity — a subject which, given the general trajectory of Pacino’s movie career over the last decade (from grade-Z action fare like “Righteous Kill” and “88 Minutes” to the Adam Sandler debacle “Jack and Jill”), makes this new role seem even closer to home. The Collins we first meet in Fogelman’s film — in a brief, “Almost Famous”-ish prologue set in 1971 — is an earnest young singer-songwriter in the Bob Dylan/Jim Croce mold (played by Eric Schneider, a reasonable doppelganger for the “”Panic in Needle Park”-era Pacino). By the time we jump ahead to the present day, he’s become a kitsch pop icon with a signature sing-along anthem (“Hey, Baby Doll”), a third volume of greatest hits on the charts, and a young bimbo fiancee (Katarina Cas) on his arm. In the span of 40-odd years, Bob Dylan has become Neil Diamond.

It’s around this time that Danny’s longtime (and long-suffering) manager (the redoubtable Christopher Plummer) gifts him with a most unexpected piece of fan mail: a letter from Danny’s idol, John Lennon, penned in 1971 but lost for decades in the hands of a nefarious journalist (aren’t they all?) and a private collector. The message is a predictable “stay true to yourself” encouragement, along with an invitation for Danny to phone the ex-Beatle for a private chat. And it is this letter, “Danny Collins” asks us (not entirely convincingly) to believe, that sinks our hero into an existential funk, wondering how his life — and career — might have fared differently if he’d received Lennon’s letter in a more timely fashion.

In fact, there was a real Danny Collins, or rather a real Steve Tilston, a British folk singer who, in 2005, received just such a letter, written by Lennon in response to an interview the 20-year-old Tilston had given to a now-defunct music magazine in which he worried that commercial success might corrupt his artistry. But as an onscreen text at the start of Fogelman’s film states, “Danny Collins” is only “kind of based on a true story a little bit,” which means it’s safe to assume that the real Tilston (who’s credited as a consultant here) did not subsequently set off on a cross-country odyssey to meet the adult son (Bobby Cannavale) he fathered with a groupie back in the day, or hole himself up in a suburban New Jersey Hilton while trying to get back in touch with his songwriting muse.

But “Danny Collins” is a movie after all, and one that on its own warm, fuzzy terms offers a few modest surprises. With his basic setup in place, Fogelman could have easily let things coast along on heart-tugging autopilot, with all the expected sermonizing about how what really matters in life are the things money can’t buy. But Fogelman is smarter than that and so are his characters, especially Cannavale’s Tom and his no-nonsense wife, Samantha (Jennifer Garner), who initially resist Danny’s dramatic intrusion (complete with football-field-sized tour bus) into their placid suburban lives, but soon realize that there are certain advantages to having a rock star in the family — like jumping to the front of the line for an elite Manhattan school specializing in the needs of children like their ADHD-afflicted daughter, Hope (Giselle Eisenberg).

Cannavale, who can sometimes overdo his Italian-American working-stiff affect, is terrific as a man who’s spent so much energy trying to become the man his own father never was that it’s left him, at 40, as weary and worn-down as someone twice his age. But even Pacino is dialed way back from the scenery-pulverizing histrionics that have typified his post-“Scent of a Woman” career. Not unlike Collins himself, the actor has veered dangerously close to self-parody on more than one occasion with his outsized gestures and bellowing line readings, but he seemed renewed as a performer in his recent collaborations with Barry Levinson (“You Don’t Know Jack” and “The Humbling”) and in David Gordon Green’s “Manglehorn,” and he does again here, especially in the scenes with Cannavale, which go beyond the expected “you were never there for me” mawkishness. Sometimes, the two characters don’t say much to each other at all, but we know exactly what each of them is feeling. Watching Pacino in this role, you can see that he knows what it means to feel soulless and depleted as both an artist and a man, and he isn’t afraid to share that with an audience.

Of course, you don’t got to a movie like “Danny Collins” expecting to see one of those bleak, dark-underbelly-of-the-music-biz movies like “Payday” or “Crazy Heart” or “Inside Llewyn Davis,” and that’s certainly not what Fogelman sets out to deliver. But beneath the sitcom cutesiness and boldfaced sentimentality, the film manages to keep just enough reality coursing through to stay grounded. Even then, Fogelman doesn’t trust his characters (or his audience) quite enough to bypass such creaky contrivances as a potentially fatal illness for one character and, for Danny himself, a drug-and-alcohol addiction that the movie flicks on and off like a light switch whenever it’s convenient. And while Fogelman has written some nice, tart repartee for Pacino and Annette Bening (as a fastidious hotel manager in whom Danny sees a potentially “age-appropriate” love interest), the actress is around just enough to make you wish there were more of her.

Fogelman also fouls off what’s supposed to be the movie’s big climax, when Danny takes the stage for an intimate cabaret performance at which he’s supposed to unveil his first original compositions in years. The way the scene plays out, though, feels like a lazy narrative cheat, especially given a pop landscape in which older artists of all stripes lust after the very sort of back-to-basics career reboot that renders Danny inexplicably paralyzed with fear. A movie with no less a father of musical reinvention than Don Was (producer of lauded “comeback” albums for everyone from Bonnie Raitt to, yes, Neil Diamond) as its in-house music guru ought to have known better.

Still, Was has co-written (with Ryan Adams) a lovely original ballad, “Don’t Look Down,” that serves as Danny’s proverbial redemption song — and, unlike most such movie songs, sounds like it could have actually been written by the character.  Elsewhere, Fogelman cycles through nine of Lennon’s post-Beatles recordings (including “Imagine,” which was at one point meant to be this film’s title), most of them used judiciously and without turning the soundtrack into an overly nostalgic baby-boomer hit parade.

Reviewed at Dolby 24, New York, Feb. 27, 2015. MPAA Rating: R. Running time: 106 MIN.

Production

A Bleecker Street release and presentation of a ShivHans Pictures/Handwritten Films production in association with Big indie Pictures. Produced by Jessie Nelson, Nimitt Mankad. Executive producers, Denise Di Novi, Shivani Rawat, Declan Baldwin, Monica Levinson.

Crew

Directed, written by Dan Fogelman. Camera (color, widescreen), Steve Yedlin; editor, Julie Monroe; music, Theodore Shapiro, Ryan Adams; music supervisors, Julianne Jordan, Julia Michaels, Matt Sullivan; music producer, Don Was; production designer, Dan Bishop; art director, Christopher L. Brown; set decorator, Claudette Didul; costume designer, Sophie de Rakoff; sound (Dolby Digital), Scott Harber; sound designer, Scott Sanders; supervising sound editor, Perry Robertson; re-recording mixers,  John Ross, Kaspar Hugentobler; senior visual effects supervisor, David Gaddie; visual effects supervisor, Nick Crist; visual effects, Afterparty VFX; assistant director, Betsy Magruder; casting, Mindy Marin.

With

Al Pacino, Annette Bening, Bobby Cannavale, Jennifer Garner, Christopher Plummer, Katarina Cas, Giselle Eisenberg, Melissa Benoist, Josh Peck, Thomas Smith, Eric Schneider.

Genius-Pop

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