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Nostalgie calcistiche, forse solo nostalgie, forse solo questione di balistiche e di ballisti, beviamoci un Suntory o l’Uliveto per le olive


18 Jan

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Io ho sempre amato questa traduzione poco purista di Cesare Pavese… uno dei miei libri preferiti in assoluto, ho bisogno di leggerlo almeno tre volte l’anno. Per ricordarmi della natura limpida della mia balena bianca.

Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa – non importa quanti esattamente – avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. È un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie funebri e di andare dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in strada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto. Questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola. Con un bel gesto filosofico Catone si getta sulla spada: io cheto cheto mi metto in mare. Non c’è nulla di sorprendente in questo. Se soltanto lo sapessero, quasi tutti gli uomini nutrono, una volta o l’altra, ciascuno nella sua misura, su per giù gli stessi sentimenti che nutro io verso l’oceano.

Sì, la vita è una questione di incipit. Come si suol dire, chi ben comincia è a metà dell’opera?

Mah, mica tanto. Io cominciai benissimo. Un campione in erba, come potete appurare da queste foto.

Un enfant prodige, talmente enfant che fui scambiato poi per Elephant Man. E ho detto tutto.

Ecco, lo vedete bene quell’uomo lungagnone alla sinistra? Anleri, sì, di cognome fa o forse faceva Anleri. Non so se campa ancora.

Era ben conscio del mio talento immane, roba che Lionel Messi è solo uno sfacciato fortunato. Ma mi metteva sempre in panchina.

Perché voleva spronarmi a dare di più. Faceva un po’ come Burgess Meredith di Rocky, cioè lo stronzo.

Soltanto al prestigioso torneo di Ca’ Bassa, entroterra di San Lazzaro, qui in provincia di Bologna, mi schierò titolare.

Dopo pochi minuti di gara, avvenne qualcosa che forse avete visto in Holly e Benji.

Era un campo da sette, no, non da calcetto. Quello si chiama, appunto, Calcio a 5.

Un campo a sette è leggermente più piccolo di quello regolamentare di Serie A. cioè a undici.

Credo che giocassi come 7, fra l’altro, ala fluidificante, molto ficcante.

Infatti, mi ero allungato la palla, era già nei piedi del difensore alle calcagna, avvantaggiato nella corsa. Al che, di punto in bianco, sapendo che quest’ultimo sarebbe arrivato prima di me sul pallone, rubandomi la sfera, mi girarono le balls e tirai fuori i coglioni.

Fu un colpo di sensazionale balloon, come dicono in dialetto bolognese, da lasciar stupefatta tutta la curva.

Balloon, in inglese, significa mongolfiera ma i giornalisti calcistici, ironicamente, lo usano per definire appunto il gioco del pallone. Da cui la famosa trasmissione locale, Il pallone gonfiato. Quello che sei tu quando prendi per i fondelli il prossimo e invece dovresti aver le palle per ficcartele in cul’.

Senti che rima! Baloon e in cul’. Ah ah.

Balloon è anche la nuvoletta dei fumetti. E io, indubbiamente, son un personaggio fumettistico. Roba che Iron Man mi fa un baffo anche se, più che supereroe, sono soltanto rimasto un Travis Bickle, un anti-eroe. Cioè, un eroe suo malgrado da casino della madonna!

Potrei essere anche Giorgione del mitico Bomber con Bud Spencer. E lo stesso Spencer de Lo chiamavano Bulldozer.

Sì, quando m’incazzo come un napoletano verace, divento pure Piedone l’africano.

Ed essendo molto pigro, be’ sì, Bud di Io sto con gli ippopotami, in confronto a me, Tarzan ante litteram, amante dei richiami delle foresta da Jack London, è un lord inglese.

Ma torniamo sull’argomento.

Ecco, consapevole che mai avrei preso possesso della palla, sfuggitami dai piedi, mi lanciai in una scivolata allucinante. Da Ibrahimovic “pulcino”.

Il difensore rimase scioccato, anche il portiere. Con la punta del piede, sì, una puntata micidiale, la palla, così violentemente colpita dal sottoscritto, compì una traiettoria imprendibile e s’infilò nell’angolino.

Un colpo imparabile.  La follia, in tutta follia, andò in visibilio.

Vincemmo, ovviamente, il torneo.

Di altri miei colpi, soprattutto di testa, nel senso di follie pazzesche e imprevedibili, la mia vita è sempre stata piena. Credo lo sarà ancora. Soprattutto perché m’ingelosisco facilmente e, se una tipa, di cui sono follemente innamorato, mi dà un calciò nelle palline e invece ciuccia l’uccellino di un coglione, mi sta sul cazzo. E l’escandescenza va a nozze. Comunque, mica dovevo sposarmela. Quando i calciatori, intervistati a fine partita, dopo averla persa, dicono: – Ah, dovevamo avere più attributi…

Raccontano un sacco di balle. La vita, e non ci sono cazzi che tengano, non è solo questione di “durezza”. Ma di colpi di culo.

Guardate Full Metal Jacket e capirete che, essere educati al maschilismo fascista, rende gli uomini solo delle bestie. I puri si ammazzano e le merde se ne fottono.

Ah, le donne non sono il mio campo da gioco. Diciamocelo. Per insaccarle alle donne, bisogna essere presidente della Juventus. Coi soldi, puoi farti tutte le leopardate donne del mondo. Anche se Agnelli è uno zebrato. Con pochi soldi, al massimo puoi fare Leopardi. E giocare, anziché alla cavallina, alla tua pecorina di “autogoal”.

Insomma, potevo diventare come Cristiano Ronaldo. Il fatto è che non sono manco più un cristiano.

Da tempo, non credo in Cristo, sono agnostico. Forse del tutto ateo.

Ma sappiate questo. So che spesso lo pigliate in quel posto e non riuscite a digerire il mal di pancia.

A differenza di Bill Murray di Lost in Translation, perché bere un Suntory quando potete scolarvi una bottiglia di acqua Uliveto? Stimola la diuresi e, stando alle proprietà nutrizionali del calcio, ve lo rende anche più duro.

Insomma, diciamocela. Dei ballisti han detto un mucchio di frottole sul mio conto. Anche sui miei coiti.

Vi è piaciuta questa rovesciata?

A proposito. Quando inizia il nuovo programma di Michele Santoro?

 


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Lost in Translation #billmurray #suntory #whisky #relax #relaxing_time

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di Stefano Falotico

Il cambiamento impressionante di Liam Neeson


21 Dec

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Sì, l’ho scritto varie volte, qui e in altre sedi.

Liam Neeson mi ha lasciato stupefatto. Adesso si è dato al Cinema “commerciale” e mai avrei potuto immaginare che il signor Schindler potesse diventare un eroe d’azione così credibile e carismatico.

Anche se la sua parte noir era già stata messa in luce, e scusate il gioco di parole, in Darkman.

Permettetemi d’inserire questa mia breve disamina su Run All Night, un film certamente non da storia della Settima Arte ma un thrillerone decisamente corposo e ottimamente girato.

 

 

di Stefano Falotico

Frank Castle/The Punisher, il Falotico qui c’è tutto


26 Sep

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The Punisher

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Sì, l’uomo revenant, che rispunta dalle tenebre, sgattaiola nella notte e fuorvia le traiettorie percettive altrui, col solo potere del suo carisma inaudito. Scombussola ogni certezza soltanto alzando la fronte e incupendosi in viso, e dunque rabbuiando le mentalità bacate dei bigotti. Accigliato, si apre poi a squarci sereni di sconvolgente attrattiva. È irresistibile, non fa proprio un cazzo per esserlo, ma è divinizzato dalla sua natura onnisciente. Ah ah. Egli volteggia al plenilunio, si allupa per donne bellissime, se ne arde con parsimonia, donandosi con durezza che lascia sbigottiti e, sebbene in molti tentino di farlo andare fuori di testa, calunniandolo a man bassa, conserva una calma olimpica da guinness dei primati poiché, in questa società di scimmie e gretti conformisti, egli è uomo colto oltre ogni limite, che fa della sapienza la sua roccaforte, di mente sopraffina e muscoli di rara efficacia sexy. Un uomo che spinge…

Così, sebbene i maligni provino a intrappolarlo con depistaggi atti ad accecare la sua grandezza, a intorbidire il suo genio, egli ripesca la limited edition di Darkness of the Edge of Town, in quanto come Castle è fanatico irriducibile di Springsteen.

Sì, in realtà Jon Bernthal e Stefano Falotico sono la stessa persona.

Ecco svelato l’arcano.

Sì, con tanto di sigaretta grezza, barbetta infame e capello sfibrato.

Invero, devo andare dal barbiere perché lo shampoo che uso fa veramente cagare.

Insomma, dove lo trovate un uomo così autoironico, ma che sa il Falò suo?

 

di Stefano Falotico42557745_10212146497720543_1042574818290958336_n

 

Le ore liete di un amante gattesco alla Tarantino


20 Apr
Pictured: Uma Thurman and David Carrdaine in Quentin Tarantino's KILL BILL VOLUME 2. Use is authorized for print publications only. Interhet use requires additional approval Distributed by Buena Vista Internatioal.

Pictured: Uma Thurman and David Carrdaine in Quentin Tarantino’s KILL BILL VOLUME 2.
Use is authorized for print publications only. Interhet use requires additional approval Distributed by Buena Vista Internatioal.

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Sì, da piccolo mangiavo sempre i biscotti Ore Liete.

Mia madre è sempre stata una che amava il francese, infatti pronunciava liete come leitmotiv, che invero è tedesco e la cui pronuncia corretta è ’’laitmoti:f.

Diffidate da chi pronuncia sempre in maniera sbagliata.

Biscotti “light”, da vero uomo right. Eppur dopo vennero le nights… plurale inglese di notti.

Sì, mi ricordo che stavo assistendo alla pubblicità prima del film We Were Soldiers e, dopo anni di buio ormonale, ricordai quando ero un vero combattente del mio ometto, senza elmetto ma mi arrapavo sempre per Madeleine Stowe. Per lei mai lo “omettevo”. Sì, scorsero immagini rallegranti di modelle discinte e il mio “membretto” qualcosa “sparò” fra le mutande di polluzione serale, sì, era la proiezione delle 21 e 30 eppur già venni “mitragliante” di notte in bianco…

Sulla signora Madeleine, adesso attempata e rifatta, va fatto un discorso a parte. Anche se andava, nei suoi glory days, solo strafatta.

Donna da abuso di potere del suo culo imperiale, e infatti nel film con Kurt Russell quelle natiche in primo piano sono state unlawful entry al mio puberale. Sì, entrarono in scena, più che altro uscì dalla cerniera, in maniera “illegittima”.

La Stowe adesso è appassita ma a quei tempi si mostrava in tutta la sua avvenenza, accalorandomi in modo blink. Sì, “lampeggiavo”, sbattevo gli occhi nelle tenebre nel volermela sbattere. Ed era “Neve tropicale” di un corpo mio esoticamente selvaggio.

Il top della sua topa la Stowe l’ha raggiunto in Revenge, pessimo film del compiano Tony Scott in cui forse il fondoschiena che mostra non è neppure il suo, ma di una controfigura.

Ecco, vidi quel film con Gibson a Rastignano, cittadina dell’entroterra bolognese e una volta andai lì a guardare un film con una terragna. Andammo a vedere Kill Bill vol. 1, io mi emozionavo per quella Thurman così sexy e androgina, mentre lei sbuffava, aspettando che rincasassimo, sognando già di esser la mia sposa.

Non successe niente. Aprì la porta di casa, abitava coi genitori, ma loro dormivano.

 

– Fai piano, ma ci siamo… Non ci sentiranno. Dai, cosa aspetti?

– Aspetto il caffè bollente. Ho sete.

 

Nonostante questo mio vile e spregevolmente “virile” affronto senza “affondo”, lei non desistette e qualche mese dopo andammo a vedere la seconda parte del film di Tarantino.

Anche quella volta io tranquillamente la snobbai, e lei a quel punto esplose, urlando: – Mio duro del cazzo, adesso ti faccio il culo!

Sì, mi aveva scambiato per David Carradine. Devo dirvi la verità, non fui un gran cavaliere, ma nella vita c’è di peggio. C’è chi, guardando I cavalieri dalle lunghe ombre, fa confusione con i tre Carradine, Keith, Robert e David, appunto.

 

 

di Stefano Falotico

Meglio Stallone Cobra di Erich Fromm


01 Jun

 di Stefano Falotico

Erich Fromm, da me, riceverà solo botte in quel posteriore!

Sezione manicomio cimiteriale del mio nichilismo frenante solo dinanzi a una zoccola pensante

Sì, son misogino, dichiaratamente sfacciato, credo anche misantropo su cazzone d’ordinanza e, modestamente, mi permetto il luss(urios)o di sfog(gi)are una carrozzeria d’erezione pronta all’uso per ficcartelo nel culo. No, non vado per il sottile, non ho stile, vesto “impeccabilmente” i miei peccati e guai a scassarmelo. Prenditi i trattati sulla tenerezza di Erich Fromm e pulisciteli con carta Tenderly, io mi spazzo(lo) col dentifricio ché, piuttosto di effeminarmi con ‘sta roba per checche, checché ne di(re)te, m’annuso il dito e preferisco un po’ di sana merda a queste leccate per vecchiette da ospizio. Sì, da questo punto di vista, son “frocio”. Ma meglio un ano sbattendotelo che anni passati a prenderlo. Anni fa, infatti, ‘sti falliti m’impiegarono come obiettore di coscienza per far il ginecologo apprendista d’una vacca zietta tutta cagona che, fra l’altro, pisciava fuori dal vaso, urlandomi a viso aperto, e sue cosce divaricate, che non le sapevo asciugare la vagina con dell’emolliente ad ammorbidir le sue incontinenze. E mi diede anche dell’impotente perché, secondo lei, l’infermiere sapeva invece come (s)fotterla, ripulendola a dovere dopo avergliela te(r)sa di brodaglia in men(sa) che non si dica. Al che, sfogliai appunto questo semi-gaio di nome Fromm, che nella vita faceva un cazzo e sapeva sol filosofeggiare da pensatore della minchia, anzi diciamocelo, cazzeggiava e vinse anche premi molto ambiti in a(m)bito letterario che a me par solo, dietro la scrivania, par(l)ato e talare. Solo parlare, bla, bla, bla e il mio sputo alla sua vita da confettino a vederla a pois. Ti sputo! Gran puttanazzone! Puah!

Sarà, a me son sempre piaciuti i duri, non questi morbidoni per frustrate depresse che, stese a letto, ma non infornate dentro come si deve, leggono ‘ste consolazioni patetiche da chiesastiche solo perché nessuno le scopa come Dio comanda. Ogni giorno, guardan l’oroscopo speranzose di ricevere la classica botta. Ma state tranquille, io non vi scoperò, E adesso, bagascia, a terra scop(pi)a.

Dammi del povero Cristo sfigato e vedrai il Diavolo a infinocchiarti!

Sono questo, mi dispiace se (non) ti piacerò, non sono tenero e m’innamoro solo quando mi sparo le seghe. Da sequoia che, da secoli, fa una vita arida, b(r)ulla, secolarmente circolare a girarci attorno e spezzarti in due, alzandomi poi il bavero, care papere.

Mi (s)piego? Non mi spezzo? Sì, ma tu ti spezzi e me ne frego del tuo disprezzo.

Ecco la “tenerezza” di questo fascio… di “rose” finte. Leggiamo la merdaccia, fatevi del male!

 

Per sua natura la tenerezza è qualcosa di fondamentalmente diverso dalla sessualità, dalla fame o dalla sete. Da un punto di vista psicologico, pulsioni come la sessualità, la fame e la sete sono caratterizzate da una dinamica autopropulsiva: crescono d’intensità fino a quando non raggiungono un punto culminante in cui vengono soddisfatte e, per il momento, non si desidera nient’altro. La tenerezza appartiene ad un altro tipo di pulsione. Non è autopropulsiva, non ha scopo, non ha un punto culminante e non termina bruscamente. Trova il suo soddisfacimento nell’atto in sé, nella gioia d essere cordiali e affettuosi, di prestare attenzione, rispettare un’altra persona e renderla felice. Considero la tenerezza una delle esperienze più gioiose e positive. La maggior parte degli uomini sono anche capaci di tenerezza e non la associano all’altruismo o al sacrificio di sé. Solo per chi è incapace di tenerezza questa costituisce un sacrificio. Ho l’impressione che nella nostra cultura ci sia poco spazio per la tenerezza. Ma quante volte in un film troviamo manifestazioni di vera tenerezza tra i sessi o tra adulti e bambini o tra umani? Infatti non si intende affermare che siamo incapaci di tenerezza, ma solo che la nostra cultura scoraggia la tenerezza, e ciò dipende in parte anche dal fatto che è orientata a uno scopo: tutto ha un suo scopo, tutto ha una sua precisa meta che deve essere raggiunta. Il nostro primo impulso è sempre quello di raggiungere qualcosa. Siamo poco interessati al processo vitale in sé che si esaurisce nel vivere, nel mangiare o nel bere o nel dormire o pensare o provare un sentimento o vedere qualcosa. Se la vita non persegue alcun fine, allora ci sentiamo insicuri, ci chiediamo a che cosa serva. Anche la tenerezza non ha alcun fine. Non ha il fine fisiologico di dare sollievo o una soddisfazione repentina come avviene nella sessualità. La tenerezza non ha altro fine se non di godere di un sentimento di calore, piacere, sollecitudine nei confronti di un’altra persona. È questo il motivo per cui temiamo la tenerezza. Gli esseri umani – specialmente gli uomini – provano disagio quando manifestano apertamente tenerezza. E, inoltre, il tentativo di negare le differenze tra i sessi e di omologare uomini e donne ha impedito alle donne di mostrare tutta la tenerezza di cui sono capaci e che costituisce un tratto specificamente femminile.

 

Sapete che gli dico? Ma vai a dar via il culo!

Appunto!

Genius-Pop

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