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Come erano i tre uomini più belli del mondo, cioè Leo DiCaprio, Brad Pitt e Johnny Depp, come eravamo noi, chi ero e sono io


23 Nov

pitt depp dicaprio

Ebbene, la prenderemo molto larga.

Partendo dalla mitica e coriacea, virulenta, pugnace e verace Sophia Loren. Che, nel mediocrissimo The Life Ahead, in barba a ogni recitazione da superato metodo Stanislavski, recita da napoletana senza fronzoli, conscia delle sue origini popolaresche, esibendosi con carisma immane che talvolta sconfina in espressioni pecorecce degne di una vergine, no, vertiginosa, non contraffatta ciociara vesuviana ecceziunale veramente a mo’ di Diego Abatantuono in versione diva d’altri tempi.

Super spoiler…

Mi ricordò le mie due nonne. Una non c’è più, ascesa in cielo come Sophia/Madame Rosa nel film di suo figlio nel finale assai commovente. L’altra, di nome Rita, prossima alla novantina, tira da sola la carretta, stando sempre sola nella sua modestissima abitazione, sì, casetta scavata nella roccia. Un tugurio fatiscente situato in un paesino sconosciuto della Lucania. Ove allevò, assieme al suo ex marito Pietro, due figli. Ovvero mio padre e mio zio.

Donna che abita a due passi da Matera. Ove svettano, ancora magnifici, oserei dire quasi inscalfibili, i Sassi di Matera. Immarcescibili. Durissimi. Meta prediletta da chi, come Pier Paolo Pasolini e Mel Gibson, vuole girare un film su Cristo.

Trovando, in essi/a, il luogo più pittoresco e confacente alla natura ancestrale, oserei dire pittorica, della più bella, esaltante storia di tutti i temp(l)i. Quella di colui che si celebra a Natale. Natale, nome molto in voga peraltro nelle regioni meridionali.

La Basilicata è ora in zona rossa. La Puglia non mi ricordo, in Sicilia vi andai una volta. In Campania, due o tre.

Il detto vedi Napoli e poi muori è falso. Io la vidi. Non sono ancora morto.

Mi ricordo che, poco prima che uscisse il film Il talento di Mr. Ripley del compianto Anthony Minghella, pensavo che un giorno avrei superato le mie timidezze patologiche da Matt Damon, che sarei diventato bello e sicuro di me stesso come Jude Law e che avrei fatto all’amore con una come Gwyneth Paltrow. All’epoca era molto bella. Una reginetta. Adesso, sul suo sito per degenerate femministe “cazzute”, vende solo saponette e anche sex toys di discutibile gusto. Una donna, come si suol dire, involgaritasi e sputtanatosi totalmente.

A differenza della Loren che, malgrado il suo vivace, sanguigno accento vernacolare e il suo look stregonesco da donna forse rifatta più volte, non solo in viso, conserva un fascino (ig)nobile da signora d’alto bordo… da femmina del borgo che se ne fotte di quelle mentecatte borghesi ipocrite di malaffare grazie alla sua grinta profumata di eterna, inviolabile sensualità un po’ animale da essere ormonale di estrogeni che emanano una forza attrattiva di natura impressionante, dolcemente carnale.

Donna di altra categoria. Capisc’ a me, guaglion’!

Una donna che, quando fu premiata con l’Oscar alla carriera, riuscì a emozionare Geena Davis e l’ex storica, più che altro nevrotica e brutta come un debito di uno strozzino siculo, vale a dire la fascinosa Anjelica Huston, alias mrs. Morticia de La famiglia Addams nella versione di Barry Sonnenfeld.

La Paltrow stette con Pitt.

Geena David, forse. Susan Sarandon, sicuramente. Infatti, Thelma & Louise docet.

Un tempo, le donne con le palle piacevano agli uomini. Oggi, le lesbiche si definiscono pansessuali e la virilità è andata a farsi fottere, soppiantata da un retrivo sessismo medioevalistico.

Siamo precipitati in un nuovo periodo oscurantistico.

Il governo Conte ci ha segregato in casa. Va bene. Basta che non seghino… qualcos’altro.

Ne La vita davanti a sé, la Loren pare una strega più carismatica di Michelle Pfeiffer ne Le streghe di Eastwick. E il film vale solo per due scene, cioè queste.lifeahead lifeahead 2

Mi ricordo che, verso i sedici anni, fui scambiato per DiCaprio di Marvin’s Room e per quello di Buon compleanno Mr. Grape.

Sì, spesso e in effetti parvi anche Brad Pitt de L’esercito delle 12 scimmie e il Brad di Burn After Reading.

Sono invece sempre stato un poeta come William Blake di Dead Man…

Essendo stato spesso oltre la media dei comuni ebefrenici di massa, la gente pensò che fossi un criminale come Depp di Blow. E più rincoglionito di Al Pacino di Donnie Brasco.

Adesso, Depp è stato rovinato da Amber Heard. Lei volle stare assieme a un bell’uomo e lui abboccò come un pesce che, pur di amare della carne fresca più appetitosa del Parmacotto pubblicizzato dalla Loren, fece la figura del salame. Comunque, è sempre rimasto un uomo brillante, non perdendo un grammo del suo sex appeal piccante e dolcemente ammiccante.

Durante il loro turbolento, manesco, drogato matrimonio più isterico d’una comare novantenne di Bari, Depp divenne bulimico e ingrassò quasi quanto DiCaprio. Il quale difatti, quando non gira un film, si dà alla pazza gioia e lascia crescersi la panza. Ordinando, fra una modella e l’altra acquistata forse al mercato, non ortofrutticolo, bensì al porcile di quegli ambientini più sporchi della Camorra, molti chili di fettuccine.

Oggi, Pitt è un sessantenne maturo. Tantissimi anni fa, ebbe anche una relazione con Juliette Lewis. Lei ora ha quasi cinquant’anni, è ancora carina ma, a livello di cervello, è divenuta più ingenua e scema del suo personaggio di Cape Fear.

Di mio, mi ricordo che mi piacquero i Guns. Knockin’ On Heaven’ Door, famosissima loro cover d’una delle tante mitiche canzoni di Bob Dylan, fu inserita come sigla dei film action di Italia 1. Ché, in prima serata, nel periodo in cui frequentai le scuole medie, potevi volteggiare di acrobazie sognanti più fighe delle piroette di Jean- Claude Van Damme in Bloodsport e Kickboxer.

Ecco, devo ammetterlo. Il mio prossimo libro, Bologna insanguinata, storia stand by me di liceali folli, di gente suicida, di quartieri bui come il Pilastro, di piscine Record, di maestrine adultere, di teatranti pessimi, di grandi attori sottovalutati come Andrea Roncato, di femminone del bolognese e del riminese assai (dis)gustose, di duri ex metallari divenuti malati mentali, di geometre divenute ingegneri, di lupi solitari come Filippo Timi di Quando la notte, di stronze come ne La doppia ora, di falliti che pensano di essere David Lynch, di pennivendoli che credono di scrivere gialli appassionanti come quelli di Carlo Lucarelli e invece sono più marchettari di Selvaggia, “autrice” di Dieci piccoli infami, sarà qualcosa che nessuno, prima della pubblicazione, legge e leggerà mai. Sì, un capolavoro. Lo leggerò solo io.

Robert De Niro è da sempre il mio attore preferito.

Se non vi sta bene, amate Luca Argentero e recitate in parrocchia come Ambra Angiolini.

 

di Stefano Falotico

Venezia 77, diario di bordo: solo due nottate stavolta per me, la famiglia Coppola, l’alluvione mattutina d’un 7 Settembre infausto ma mi sento rinvigorito e rilluminato, anche onestamente accreditato sfigato, è bellissimo!


09 Sep

Mainstream+Red+Carpet+77th+Venice+Film+Festival+3hsHmCUKrhPlChe dire? Quest’anno, Il Festival di Venezia è stato decisamente molto particolare. E forse io, alla soglia dei quarantun anni (li compirò, ahimè, fra pochissimi giorni, ovvero il 13 di questo mese), sento che davvero, questa volta, qualcosa nel mio animo s’è irrimediabilmente perduto. Non respiro infatti più quella delicata magia dei primi tempi quando vi andai da esordiente, ignaro perfino di dove fosse e sia tuttora ubicato lo storico, lussuoso Palazzo del Cinema che ospita la celebre kermesse, nostro fiore all’occhiello e vanto nazionale di pregiata Biennale.

Che io mi ricordi, io, peraltro famosissimo per le mie tragicomiche amnesie da Guy Pearce di Memento, ecco, per quanto io a stento rammenti o possa non ben rimembrare quella prima volta mia al Lido avvenuta oramai in tempi lontanamente siderali, il primo film che vidi alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia fu il bellissimo Cop Land di James Mangold.

Uscito sui nostri grandi schermi in data esatta del 25 Ottobre del ‘97.

Cop Land fu presentato, fuori concorso, credo all’ex sezione Mezzanotte. Aggiungo io… e dintorni. Ancora prima che impazzasse Gigi Marzullo oggi giorno, con la sua rubrica cinematografica, oppure precisamente quando Gigi cominciò a spopolare furiosamente col suo oramai leggendario ex programma televisivo chiamato Sottovoce. Che cosa? Non è ex di niente? Ancora lo programmano nel palinsesto notturno?!

Ora, la vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere meglio?

Celeberrima domanda retorica, oserei dire soltanto ridicola, espressa spesso da Gigi ai suoi ospiti incolpevoli che dovettero sorbirsi, di altre domande impertinenti, un’interrogazione, diciamo, quasi più imbarazzante della domanda porta (no, non Porta a Porta di e con Bruno Vespa, bensì participio passato del verbo Porgere) loro sopra scrittavi.

Che io mi ricordi, mi colpì comunque la sua intervista a Lino Capolicchio ma soprattutto non dimenticherò mai la puntata nella quale una Milly Carlucci, eh sì, ancora al massimo del suo splendore e al più alto rigoglio delle sue magnifiche gambe seduttivamente inguainate in collant assolutamente eccitanti e morbidamente trasparenti, scosciando con levigata morbidezza di quadricipiti longilinei ed allineati alla sua mise di tacchi a spillo vertiginosissimi, fece sì che io arrossissi, no, mi scordassi immediatamente di ogni quesito marzulliano stupidamente cervellotico e invece, alla maniera di Woody Allen, di contraltare facessi l’amore con una persona che stimai, cioè me stesso. Dicasi anche autoerotismo sentito in modo profondissimo, diciamo anche da uomo aspirato nella depressione e nel buio più nero sprofondato in maniera poco ispiratrice di slanci vitali amorosamente condivisi e più calorosi.

In pratica, l’autoerotismo è una pratica demonizzata e malvista da quasi ogni donna, anche dalle più divinizzate e beatificate, alla base forse della rottura di p… e, sì, di legali pratiche (che avevate capito?, scusate, ah, come siete maliziosi) che condusse, assieme probabilmente alla relazione di Woody con la figlia adottiva “avuta” da Mia Farrow, alla separazione coniugale, non tanto di constatazione amicale/amichevole, diciamo, fra Diane e il genio di Manhattan.

Ma non perdiamoci in seghe… mentali e non, arrovellandoci pateticamente di onanistiche dietrologie e retro-pensieri più bigotti della crociata scagliata contro Woody dall’America puritana, detta altresì solo ipocrita.

Veniamo… al dunque, detto anche… sodo. Non ero ancora maggiorenne il giorno del 5 Settembre quando Cop Land fu presentato in Sala Grande alla presenza di Sylvester Stallone e Ray Liotta.

E mia madre dovette fare i salti mortali per convincere la bigliettaia a darmela, sì, la possibilità di entrare in galleria in mezzo alla platea che applaudì, a fine eiaculazione, no, proiezione, così come dopo l’amplesso mostrato e appieno ben svolto da Woody de Il dittatore dello stato libero di Bananas.

Sì, soffrii del complesso di Edipo da episodio, per l’appunto, alleniano di New York Stories, quindi, volete farmene una colpa?

Guardate che vi farò curare da Billy Crystal di Un boss sotto stress se ancora azzarderete ad accusarmi di essere affetto da attacchi di panico quando vedo Bob De Niro buttarsi via in commediole più scialbe di Ti presento i miei, ah ah.

Ecco, in Cop Land vi è/fu anche Bobby. Oltre a un cast di facce scorsesiane da far impallidire ogni uomo scaldato e sovreccitato allo spasmo come se si trovasse dinanzi a Cathy Moriarty di Toro scatenato.

Eh già, c’è/ vi fu anche lei. E la Moriarty è/fu anche in Analyze That.

Sbaglio? Non credo affatto.

Guardate, nella mia vita incontrai papponi e corrotti più viscidi di Sport di Taxi Driver e serpi velenosi più indistruttibili di Robert Patrick di Terminator 2.

Ma me salvai grazie alla mia purezza da Superboy/Michael Rapaport.

Bisogna stare attenti, comunque, non solo agli uomini moralmente stronzi.

Anche le donne apparentemente più innocenti come Ksenia Rappoport de La doppia ora di Giuseppe Capotondi (presentato in Concorso a Venezia, rendiamocene conto!) possono abbattere ogni Filippo Timi all’apparenza duro, dicendogli soltanto che non è più figo come un tempo e ora abbisognerebbe di un riporto…

Molta gente, in Italia ma non solo, parla degli altri e di Cinema senz’alcuna cognizione di causa.

Ecco, stimo Fede Frusciante ma, l’altra sera, mi trovai da un mio amico e, in maniera scanzonata, riguardammo un suo video sui peggiori film “di” San Valentino.

A un certo punto, sostenne che Richard Gere sia il re degli incapaci. Adesso, possiamo sindacare su Autumn in New York, reputandolo giustamente un film sentimentalmente zuccheroso e insopportabile.

Ma ricordiamoci che, per essere Richard Gere e Nicolas Cage, bisogna avere le palle.

Nicolas Cage, Sofia Coppola e Gia Coppola sono raccomandati? Certo ma la raccomandazione devi mantenerla. Anche la pensione d’invalidità, miei furbetti, se fingerete di essere malati di mente e poi, ogni notte, non solo la vostra vita, metaforicamente, andrà a puttane. Non raccontiamoci pugnette, suvvia, mezze calzette e cazzoni vari.

Dunque, non spariamo cazzate. Per esempio, Cristiano Ronaldo sa benissimo che, per essere Ronaldo, deve mantenere una disciplina ferrea. Se fossi in lui, comunque, lascerei subito stare quella Giorgina o come cazzo si chiama lei. Uno che sa giocare di tiri così, cazzo, potrebbe riempire l’incrocio dei “peli” di una molto più figa della sua faccia imbattibile da culo.

E basta anche col criticare Matteo Salvini con la sua nuova “topa” Francesca Verdini. Non tutti possono essere James Bond e di Sean Connery, a dirvela tutta, ce n’è solo uno?

Forse due. Chi è il secondo?

Non lo so, forse un signore colto come Guglielmo da Baskerville che visse da metronotte alla Jimmy Malone, spesso soltanto alone, il quale conosce la perfetta differenza fra un volpone e la Sala Volpi, fra la Coppa omonima e quella di voi nonni. Ah ah, non sono secondo a nessuno. Infatti, sono ultimo. Ah ah.

E quando incontri uno così puoi anche dire Mai dire mai. Sì, è un tipo da Caccia a Ottobre rosso, un uomo immersosi in modo subacqueo nelle sue ansie oceaniche, quindi riemerso in gloria malgrado a Venezia, in data 7 settembre, alle 9 in punto di mattina, il cielo si oscurò, tanta pioggia a lui in testa precipitò eppur, testone, non è un coglione come quasi tutti ma un uomo che conosce il distinguo fra Amos Gitai e i gitani.

Chiariamoci molto bene. Non bisogna soffrire d’invidia né di gelosia.

Di Connery, eh sì, abbiamo appurato che ce ne siano due.

Di De Niro, invece, ne rimane solo uno per quanto sia ancora il mio attore preferito. No, non me ne identifico, di cognome faccio in effetti Falotico.

Nel giro di sei mesi, Robert De Niro dovrà girare After Exile, Wash Me in the Water con John Malkovich, Killers of the Flower Moon di Scorsese con DiCaprio, Gucci di Ridley Scott (uno qualsiasi, vero?), Armageddon Time di James Gray.

77 anni per Bob da poco compiuti e la settantasettesima edizione del Festival.

Per durare così tanto, significa essere forti, grandi.

E questo è quanto.

Adesso, scusate, sto lavorando all’editing di un libro di circa 400 pagine, domenica devo festeggiare il mio compleanno, quindi sto completando un’altra opera letteraria, devo incontrare la mia lei, gestire tutto ed essere pronto, il prossimo anno, a tornare di nuovo al Festival, conservando una dignità e una forza impressionante da Silvio Orlando de Il papà di Giovanna e de La passione.

Due film forse non capolavori ma che valgono il prezzo del biglietto.

Provateci voi a non essere Brad Pitt ma un comune Silvio.

Chi? Orlando o Berlusconi?

Non lo so, so soltanto che al Caimano preferisco darvi una mano…

Ché, come si suol dire, una mano lava l’altra e qui, in tale mondo di “mani pulite”, sono cazzi vostri amari se, presto, non riconoscerete di essere dei fottuti.

Sì, dovete e quindi dobbiamo prenderne coscienza. Possiamo, al massimo, essere i nuovi William Shakespeare. Facciamo ridere i polli. Ah ah. Non avremo mai la possibilità che vengono offerte ad altre… no, volevo dire, ad altri. Che poi… è la stessa cosa. Lui dà a lei il lasciapassare e lei dà a lui la sua passera. La vita è questa. Sì, fa schifo, si sa. E, se non lo sapete, ve lo dici qui senza fronzoli. Non otterrete neanche un modesto accredito stampa al Festival di Venezia per potervi permettere di essere come me.

Sì, salutatemi a sorrata. Eh già, ci sono quelli baciati da Francesca, quelli che cantano non è Francesca, Francesca non ha mai detto di no, ci sono gli amanti di Lucio Battisti e di Giuseppe Battiston, di mio, non sono da Sanremo e da teatro Ariston, sono un Aristogatto, sono Aristoteles de L’allenatore nel pallone con Lino Banfi, sono quel che voglio.

Poiché ebbe ragione Pino Daniele: iè so’ pazzo, iè so’ pazz’, non mi scassate u cazz’.

 

di Stefano Falotico

Matteo+Salvini+Padrenostro+Red+Carpet+77th+nY8pTXVETbvl Matteo+Salvini+Padrenostro+Red+Carpet+77th+KHu1nPPJE79l

 

Che fine ha fatto Filippo Timi? Ha finito un film con Greenaway? E invece il Falò ha fatto la fine del “bel Renè?”. No, non credo proprio, sentite, leggete e guardate per credere


24 Nov

doppia ora filippo timi

quando la notte timi pandolfitimi vallanzascaSì, quando divenne piuttosto famoso, anni fa, io all’unisono ne divenni un suo fan.

Sto parlando di Filippo Timi.

A mio avviso, uno degli attori migliori della sua generazione. Purtroppo, ahinoi, un po’ smarritosi ultimamente e riciclatosi, con esiti non del tutto entusiasmanti, nella serie I delitti del BarLume.

Scrutandolo attentamente, ravvisai immediatamente delle forti somiglianze fra lui e Al Pacino. Un Pacino con picchi devastanti da Gian Maria Volontè della situazione.

Il suo ruolo più famoso, a tutt’oggi, è quello di Benito Mussolini in Vincere di Marco Bellocchio.

Mi ricordo che, in quel periodo, mi trovai nella stessa situazione di Giovanna Mezzogiorno del film appena citatovi e anche praticamente “mezzo” andato come Filippo Timi stesso nel finale di tale pellicola. Nel ruolo di Benito Albino, cioè praticamente Arthur Fleck/Joker.

Come no? Se è vero com’è vero, come diceva Tonino Di Pietro, che Thomas Wayne, personaggio da Tangentopoli, non riconobbe la paternità di Arthur, sbattendo la madre in manicomio, è altresì incurabile, no, inconfutabile, stando al film di Bellocchio e agli atti, diciamo, storico-notarili della storia italiana, che sia nella vita reale che nella finzione, eh sì, Ida Dalser ebbe un figlio da Mussolini ma, essendo lei una disgraziata come Frances Conroy, una volta che Benito salì al potere, vergognandosi costui di affermare che ebbe una relazione più che platonica, invero molto carnale con Ida, tanto da figliare, dopo averla sbattuta a letto, la ficcò in quei posti orribili fortunatamente smantellati dalla legge Basaglia. Insomma, le mise il bavaglio e le appose la museruola, trattandola da cagna.

In realtà, i manicomi esistono ancora. Così come pullulano dappertutto le cliniche psichiatriche e i centri ove detengono, a mo’ di lager nazi-fascista, le persone reputate matte o forse solamente non tanto adatte…

Persone che non canteranno mai il celeberrimo ritornello di Gianni Morandi, fatti mandare dalla mamma a prendere il latte, poiché costoro adorano Essi vivono e non concepiscono l’ipocrisia del mondo e del porcile. Dunque, spesso se ne ribellano e la società vuole, in modo fariseo, privarli perfino della loro bellezza interiore. Scarnificandoli e costringendoli ad accettare un mondo ove le milf pornoattrici guadagnano più soldi dello stesso chirurgo plastico che rifà i loro seni e, semmai, fra un bisturi e l’altro, pure se le fa senza nemmeno palparle, no, pagarle.

Io non sono un moralista e ammetto, con sincera impudicizia, che Marco Bellocchio generalizzò parecchio con L’ora di religione poiché già ai tempi di catechismo, eh sì, io sapevo che Moana Pozzi se la faceva addirittura con Spadolini.

Dunque, qui in Italia andò sempre forte la Democrazia Cristiana, s’inneggiò ai partigiani e ai repubblicani ma in verità vi dico che anche oggi tutti quelli che stanno al governo sono delle gran puttane.

Ecco, se Filippo Timi, ragazzo che nell’adolescenza soffrì di atimia, erroneamente scambiata per timidezza, non avesse curato la sua balbuzie, dandosi con successo all’arte attoriale, insomma elevandosi un po’ dal troiaio generale, si sarebbe dato con tutta probabilità, come si suol dire, a una racchia? No, alla macchia.

Facendo l’eremita-saggio della montagna come in Quando la notte.

Peraltro, scelta di vita nient’affatto disprezzabile.

Lì, infatti incontrò una mula, una vacca come Claudia Pandolfi e ne fu allattato, no, allettato. Insomma, lui e lei finirono a letto e nel suddetto film vediamo Filippo che, dopo essersela sudata duramente, fa con lei dello spinto sesso sudato come Edoardo Gabriellini di Ovosodo.

Sì, adesso Claudia è un po’ imbruttita ma vecchia gallina fa buon brodo…

O forse Filippo si sarebbe dato al disturbo di personalità di natura borderlineLa doppia ora docet.

Pellicola di Giuseppe Capotondi ove Filippo, a prima vista, sembra un tonto ma invece anche qui scopa come un porco.

Invero, solo incula la Rappoport. Eppur non mi ricordo… è lei che, alla fine, fotte lui o è lui che glielo dà in quel posto in senso metaforico?

Ah, devo fare chiarezza su tutta questa (s)porca vicenda. Come vi dissi, ero confuso a quei tempi.

Comunque, Filippo era uguale ad Al Pacino di Seduzione pericolosa. Ah ah.

In Come Dio comanda, invece, Filippo è uno stronzo con un figlio problematico. Mentre suo figlio è soffocato dagli assistenti sociali, Filippo fa l’educatore, diciamo, sociale a quelle che gliela danno in maniera solidale. Forse delle commesse di qualche cooperativa…

Però poi si ravvede dopo aver visto tutte quelle della sua città.

In Vallanzasca – Gli angeli del male, interpreta la parte di Enzo, uno dei migliori amici di Renato/Kim Rossi Stuart.

Stavolta però è Kim a fare sesso senza vergogna né pudore con Valeria Solarino.

Valeria stava con Giovanni Veronesi (ci sta ancora? Mah), il regista della saga-sega Manuale d’amore.

Valeria, prima di girare la scena di sesso con Kim, chiese a Giovanni:

– Kim e io saremo nudi a letto. Per te, fa lo stesso?

– Sì, anche perché io troverò, per quell’ora tua di riprese, una bagascia come Laura Chiatti.

 

Ah, potrei raccontarvene tante, amici.

Ci fu un tempo in cui m’innamorai anche di una che amava Riccardo Scamarcio. Adesso capite perché finii sbattuto…

Mi ricordo che, quando fui ricoverato, mi trovai in stanza con un ragazzo molto simpatico. Lui mi confidò che era depresso da morire. E che, neanche a farlo apposta, nella stessa clinica in cui io e lui risiedemmo, diciamo “alloggiammo”, era entrata, diciamo pure internata, una ragazza sua amica.

In piena notte, mi disse:

– Stefano, vado da lei. Mi sento troppo giù. Spero che lei mi tiri su…

– Non mi avevi detto che tu e lei siete solo amici?

– Sì, ma anche lei è a pecora. Infatti, si trova qua. Sta assumendo molti farmaci. Quindi non capisce un cazzo. Colgo l’occasione al volo per conoscerla meglio.

Le offrirò qualcosa di dolce.

– Cosa? Il tiramisù, la camomilla o il Valium?

– Dai, su, quello che sai tu.

– Mi hai detto che lei ama Marco Mengoni. Va matta per la canzone Guerriero.

Mi raccomando, è una donna. Sii almeno con lei un cavaliere, non fare il minchione.

– Sarà fatto. Soprattutto, sarà fatta.

 

Ebbene, anzi malissimo…

Dopo 5 minuti, lui tornò in camera e io:

– Hai avuto un’eiaculazione precoce?

– No, lei era già impegnata, oserei dire impregnata in bagno con lo psichiatra che le stava facendo l’iniezione assieme all’infermiere.

– Ah, capisco. Non ci pensare. Stavo leggendo un libro di Banana Yoshimoto e gustando una pesca. Se vuoi, per consolarti, dopo guardiamo assieme Arancia meccanica.

– No, l’ho già visto. Riguardiamo semmai Shining.

– Va bene. Ora, posso fumare?

– Lo sai che non si può fumare in stanza.

– Hai ragione.

– Comunque, Stefano, non smettere mai di fumare. Ti è venuta una voce roca come quella di Filippo Timi, sai?

Hai mai pensato che potresti fare il doppiatore?

– Ma sai che ho sempre pensato di essere Arthur Fleck e invece potrei essere Re Artù?

D’altronde dovremmo recuperare, nella società cinica, anaffettiva e barbarica di oggi, il grande Cinema di John Boorman. Io adoro Excalibur poiché sono figlio della luna…

di Stefano Falotico

Da quando in qua… nella Notte, ci sono i Timi(di)?


06 Nov

 

Notti dubbiose d’”amore(vole)” spezzato

Stavo meditando… “a cavalcioni” dalla balaustra della mia anima, nelle mezze strade di crocicchi ove mi “lambicco”, ordinando un panino con la mostarda a un chioschetto vicino a una tavola calda, qui ti servono “sfornati” di mele e “pie” donne nei loro languori.
E meditai a lungo, anche solo “in pausa”, tra un mio Sguardo “vuoto” e un essermi riempito prima che il panino si “digerirà” in un’altra scattante domanda.

Ho sempre pensato alla Notte come a un bruno “dosso” che fa occhiolini alla Luna, anche quando il satellite è annuvolato nei suoi dilemmi. A una sorta o (s)Porta d’un’Interzona che dormicchia, onirica, e balugina d’un triste “caramello” che, spesso, si “sachertortizza”, semmai in mezzo alle gambe, forse le tue, timorose anche delle “polluzioni”. A una riflessione, remota dai moti oscillanti delle quotidianità, di scaltrezza ineludibile, quando davvero, “addormentato” o tormentato, puoi riposarla dopo averla spossata.

La vita è un’incognita ch’è caso di causali, forse una cambiale che ha “ingolfato” il cambio, sarà o è la tua marcia in più a fornirti la benzina per “abbondanze” o “addobbi bondiani”. Chi ti corteggia e chi ti latrerà altri sghignazzanti sorrisetti al tuo “amaretto”. La consapevolezza nitida che il mixer del tuo film è andato fuori sintonia e t’ha reso distonico, forse daltonico. No, non è un reato, forse non sei neanche quel “Re” che pensavi fino all’altro ieri.

C’è una ragazza spaurita da un’adolescenza che cresce e, poi, fra tanti timori torna indietro, forse si posizionerà, mentalmente, in una cullina, o “collina dalla cucinina”, ove allevar il pargoletto, o le stesse sue api dei neuoni che l’accudiscono ancor “bambina”.
Altri vanno a Pisa, da “provetti” specialisti delle cure psichiatriche e, rimbambiti da diagnosi “tagliate a fette”, porzioni del loro laboratorio dei “disturbi”, se già eran cupi, s’incupiscono o s’incupiranno ancor maggiormente, perché giudicati “minorati” o, peggio, persuasi di soffrir di qualche indecifrato, quasi “patibolare” o dalle “parabole dalle antenne poco recettive” male oscuro, o dell’”afflizione del quasi mai incurabile, patirsi “metafisici”.
E, per “rallegrar” i loro corpi già ingobbiti in precoci senilità, li condurranno, al fine di “riabilitative riattivazioni”, alle “radiazioni” di palestre per soli “vecchi”, la famosa fisioterapia delle orride terapie sbagliate, anzi, da questi “medici dell’anima”, sbadigliate per raggranellar qualche soldo per un’”altolocata” e ben ubicata villa in pieno “Centro”.

Ma tornando a questo film “cerchio” e “tornante…”.

Cosa c’è, dunque, di erroneo in questo film della Comencini? Tutto o il suo quasi-”quasi”, il suo medissimo pollice che non si alza in vere emozioni, il suo essere “così-così”, quasi giù, anzi, di molto in basso.

Storia d’amore che monta perché già Claudia Pandolfi, nevrotica compulsiva per un ingestibile figlioletto, vuole rendersi Donna-”filetto”, “urlandosi” nella hit della Gianna nazionale, una Nannini da Formula Uno del cantarla “a tutta forchetta”.
Timi è Manfred, burbero semieremita, dagli occhi inquietanti e dal carattere schivo e taciturno, ma d’una “parlantina” che mugugna e esplode in sentenziosi verdetti sul prossimo.
La Comencini, irritata dai tanti fischi della stampa e dai pochi applausi del pubblico, si giustifica asserendo che la sua è una pellicola di forti “snodi & sentimenti”, che non è per tutti.

M’ero stupito sino all’ultimo che Timi e la Pandofi non si fossero “concessi” una bella, “annodante” e molto “nudista” scena di puro sesso disinibito. Ho guardato l’orologio, il “minutaggio” era alle “ultime battute”, ma ecco che arriva, propiziatoria nel suo “Eccola qua, volevo ben dire…”, la conciliante “botta di vita”, con Timi, post-amplesso, nel frattempo mutato in un John Lennon con la barbetta “angusta”, il quale confessa alla ora “ritrovata” Pandolfi, che lui, forse, è un “Uomo” e lei è la sua “Donna”. Un Adamo ed Eva dopo tanti sospetti e la mela del peccato. Dopo infanzie difficili e traumatiche, dopo i “reumatismi” e violenze “involontarie” sui bambini.
Timi, fratello “piccolo” di altri due non proprio messi bene, un “lestofante” che pensa solo a chi scoparsi con balletti da matrimonio, e il gestore-cameriere dalle “corna” ben in fronte.

Non c’è molto altro da dire. Senonché, la neve non cade sui cedri, e due funivie han fatto poco il Runaway Train dei Soul Asylum.
Si son incrociati, salutati, e il tunnel della vita li ha risvegliati.
Mah…

Giudizio che rimane sul “perplesso”, assai.

(Stefano Falotico)
Donne in maiuscolo, o Donna-Pandolfi, che non “lo” ingolfa.

 

 

Genius-Pop

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