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La morte di Sean Connery e Gigi Proietti ci costerna ed atterrisce ma non dobbiamo svilirci, ci sono io a rallegrarvi, basta con gli sgarbi quotidiani…


03 Nov

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Sì, quasi all’unisono, sono scomparsi due attori molto importanti.

Sebbene qui, in tale sede a sua volta rilevante per la cinematografia tutta, considerevole per ogni cinefilo o improvvisatosi critico nostrano, voglia subito, nettamente compiere un opportuno distinguo e affermare, con estrema fermezza e imperturbabile fierezza, oserei dire con lucidissima chiarezza, che dissento da chi definì Gigi Proietti un grande attore.

Pezzo alla David Foster Wallace italiano…

Riconosco a Vittorio Sgarbi la sua inoppugnabile, imbattibile capacità esegetica di valutare l’Arte, soprattutto ipotetica, pittorica e scultorea, dettagliatamente e con profonda garbatezza. Peraltro, termine che poco gli si addice quando, assalito da pusillanimità figlia della sua innata, inestirpabile arroganza un po’ mendace, elargisce parsimoniosamente, eufemisticamente e contraddittoriamente, con scarsa generosità umana nei riguardi del prossimo, spesso da lui considerato, superficialmente e anti-democraticamente, una capra totalmente, cioè un impresentabile ignorante che di molte più conoscenze, desiderio di affamarsi di scibile ma carente culturalmente, abbisognerebbe al fine di affinarsi e non sfigurare con lui, magnificatosi nel divinizzare sé stesso, non solo Michelangelo, perfino la sua famosa ex storica, la Casalegno, da non confondere con Gianroberto Casaleggio e con Rocco Casalino, neanche con Casalecchio, frazioncina di Bologna ove spesso “alloggio” per bere un buon caffè con tanto di gambe accavallate da uomo intellettuale o forse da Joaquin Phoenix di Irrational Man, ah ah.

Dunque, riconosciuto il valore critico, in termini prettamente inerenti l’esegesi artistica, allo Sgarbi nazionale, debbo però dirgli, in buona fede, che di Cinema non capisce niente.

E sarebbe meglio che si astenga a strumentalizzare la morte di Gigi Proietti per scopi esclusivamente suoi dediti a fare opposizione contro il governo Conte e i 5 Stelle.

Inoltre, tanti anni fa, Sgarbi mise lingua, sì, la sua, erudita, colta, raffinata, forbita, soprattutto furbetta, su Eyes Wide Shut.

Uscendosene con delle esternazioni poco attinenti a Kubrick. Che ne può sapere uno come lui, infatti, di Barry Lindon?

Lui, abituato al tè London, lui che non visse mai un’adolescenza da Alex di Arancia meccanica, cioè Malcolm McDowell?

Lui che non ha figli e, malgrado ci “doni” video scolpiti a suo Jack Torrance dei poveri con lo sfondo di un quadro che vale ventimila Euro o cinquemila dollari, non patì mai nessuna crisi d’ispirazione e blocco dello scrittore da Jack Nicholson, per l’appunto, di Shining.

In quanto giammai necessitò di starsene isolato davvero, soffrendo il gelo della paura orrifica di non poter pagare una bolletta poiché, anche se non avesse scritto molti libri su Giotto, ha così tanti soldi, molti dei quali dalla nascita fra l’altro ereditati, da potersi permettere ogni sera una buona cioccolata calda, un latte macchiato e una gustosa pagnotta?

Ora, io non voglio sapere se con Berlusconi, Vittorio e la d’Urso si diedero anche a “messe nere” viste da Tom Cruise, cioè se Vittorio, fra una sberla data alla defunta Marina Ripa di Meana, il suo glorificare la “povera” Moana e le sue sofistiche moine, si sia adoperato ad aiutare una mondina, liberandola dalla schiavitù a mo’ d’Innominato con Lucia Mondella. Ah, la panza è pienotta, Vittorio.

Cosa ne puoi sapere, tu, della vita sfruttata di una mig… ta?

Quello che so è che elevi in gloria Proietti ma non credo che che tu abbia mai amato davvero RockyMean Streets e Casinò. Film per i quali Proietti donò la sua rocciosa voce rispettivamente a Stallone e a De Niro.

Ora, Vittorio, concordo con te però su una cosa. Non reputo Gigi un grande attore. Quindi, paradossalmente, così come affermi tu, lo è.

Poiché uomo comune profusosi nel Cinema e nel Teatro con immane naturalezza. Rimanendo uguale a sé stesso, un uomo della strada. Che attinse dalla sua “comunità”, in ogni senso, per farne della satira.

Gigi fu un satiro. Vittorio, le sembro satirico?

Gigi non cazzeggiò da Marzullo, né di stramberie mattatrici da distinti tromboni come Vittorio Gassman, nemmeno s’autodefinì antipaticamente un genio, a differenza di come fece Carmelo Bene.

Gigi Proietti fu come Sean Connery, come Sylvester Stallone ma non come De Niro.

Avete mai visto un film in cui Sean, per esempio, ingrassi per la parte? E impari l’accento statunitense, prendendo le distanze dalla sua cadenza scozzese?

Uno vede Caccia a Ottobre Rosso e non vede un capitano sovietico di nome Marko Ramius.

Bensì James Bond ancora coi capelli, dicasi altresì toupet.

Questa è e fu la grandezza di Sean.

Così come, allo stesso modo, io non mi vedo e non vidi (forse non me ne avvidi, fui poco avveduto) come si suol dire gergalmente, Gigi Proietti nella parte di De Niro in Taxi Driver.

Cioè Travis Bickle. Gli sarebbe venuto spontaneo, durante il celeberrimo Dici a me?, strizzarci l’occhiolino e assieme al mago/Peter Boyle, raccontarci una “mandrakata”.

Gigi fu ed è Gigi. Così come Gene Hackman è sempre stato Hackman. Anche in film pessimi come Boxe.

Ecco, se vogliamo battercela su un piano cinematografico, anche letterario, caro Vittorio… non voglio fare il gigione esaltato come Muhammad Ali ma credo proprio che andresti, contro di me, al tappeto come George Foreman.

Aggiungiamo anche che, dalla mia, sono molto più bello, molto più veloce, molto più giovane e che, a differenza di magnificare il mondo e Raffaello, estetizzando tutto in modo un po’ stucchevole, poco addentro la realtà sociale, alla pari di Adriano Celentano di Joan Lui, eh sì, arrivo io… con questo.

https://www.ibs.it/leggenda-dei-lucenti-temerari-libro-stefano-falotico/e/9788855165785?inventoryId=256656577

Insomma, sono un tableau vivant, lei invece, Vittorio, è solo un bon vivant e, onestamente, fra tante cos(c)e giuste, non ha le mie car(t)ucce.

Mi spiace sostenere di essere più grande di Shakespeare.

Anche perché è vero. Ma, a differenza di Shakespeare, non sono un baronetto e devo fare un mutuo per comprarmi una nuova Fiat Punto. La vedo dura, signor Falotico, resistere a questo mondo in modo resiliente senza affidarsi alla previdenza… Sì, lo dico da me. Sapete perché? Perché così non è. Non sono mica un coglione come l’italiano medio.

Sono quello che sono, cioè non sono, poi ho sonno, domani no. Adesso, me la tiro…

Per farlo, devo indossare la mascherina? La uso solo per non contagiare gli altri. Si spaventerebbero se la togliessi. Perché sono sfregiato? No, perché nessuno è capace, in questa società dell’apparenza, di togliersela.

 

di Stefano Falotico

Il Cinema e la Musica italiana ci deludono sempre, platealmente, anche la Settima Arte americana sta andando assai male, per fortuna esiste Scorsese


01 Jun

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Italoamericano doc con la sua compianta madre che gigioneggiava sempre di cammei strepitosi, preparando le polpette come il piombo che fanno bum bum in Quei bravi ragazzi e arrabbiandosi dinanzi alle bestemmie di suo marito in Casinò. Donna che sapeva far di conto non solo alla cassa bensì nella sua famiglia. Non quella dei Corleone, però, istruendo Martin alla giustezza. Poiché Martin, come Harvey Keitel di Mean Streets, era combattuto se associarsi alla piccola manovalanza del crimine di Little Italy oppure se farsi fariseo prete. Seguendo la tradizione ipocrita di molti figli d’emigrati che, non trovando una buona sistemazione, finirono col pontificare da quale pulpito…

Donna che educò zio Marty a sacri, inscindibili valori veri e veraci. Martin comprese, come in The Departed, che non possedeva, nel bene e nel male, il fisico e la cattiveria per superare i test attitudinali d’una polizia fascista, ma non aveva neppure i requisiti genealogici e caratteriali per diventare un gangster cinico e cattivissimo. Traviato e debosciato, soltanto in riga irreggimentato.

Un uomo, il Martino, sempre dubbioso. Anche se bere un Martini o un’Oransoda. Un uomo sodo che forse voleva assurgere a moderno Gesù precipitato nell’inferno di Hell’s Kitchen come il suo paramedico di Al di là della vita. Ma comunque amava troppo le donne per santificarsi e si concesse il lusso dell’Ultima tentazione di Cristo con Rossellini Isabella. Una che all’epoca era bellissima. Più figa di Barbara Hershey.

E divenne appunto un cineasta di risma, non un teppistello da squallide risse né un predicatore dei poveri…

È per questo che adoro, venero, idolatro più di una comare palermitana nei confronti del sacro rosario, il suo Cinema violento, cazzuto, religiosamente arrabbiato e viscerale, corporeo e al contempo intriso di pura metafisica incendiaria come Toro scatenato, il suo romanticismo sfrenato come quello di Sam Ace Rothstein per la sua Ginger/Sharon Stone. Un uomo talmente innamorato, il Sam, da regalare la chiave non solo del suo cuore, bensì quella patrimoniale, alla protagonista di Basic Instinct. Una a cui io darei solo quello… e basta. Capace che poi, come in Casinò, lega nostra figlia a letto mentre lei se la spassa col tuo amico d’infanzia, un povero cazzone, e con un pappone di bieca ordinanza, un James Woods di nome Lester Diamond. Un uomo poco adamantino, un puttaniere incallito, un viscido truffaldino.

Che capolavoro Casinò. Un film peraltro doppiato da Dio, con un Manlio De Angelis al suo massimo storico, un Gigi Proietti migliore di tutti gli Stefano De Sando e i Ferruccio Amendola possibili, e quella figa pazzesca…

Ah, Sharon, già il nome m’accende e volo/a alto. Profuma di stronza di classe, di provocatrice d’alto bordo. Mica come queste popolane attricette che stanno in Italia. Paese che, come giustamente asserì Pier Paolo Pasolini, finge di essere progressista e culturalmente avanzato, invece rimane puntualmente, ciclicamente, ciecamente fermo ai suoi bassi rituali, al suo raccapricciante, scandaloso classismo sociale, alle sue varicose vene e alle sue vane, effimere lotte operaie dinanzi a gente come Berlusconi e suo figlio. No, non Pier Paolo, Pier Silvio. Uno che sa come accontentare il popolino, riempiendo le tasche di quell’ipocrita di J-Ax. Il quale a sua volta, con gli anelloni al dito e i miliardi che gli escono pure dalle orecchie, continua ad ammorbarci coi suoi tormentoni, adesso con Tormento.

Canzone furbissima ascoltata da una generazione disperata di ragazzi, ahinoi sprovveduti e troppo ingenui, che non sanno come scaricare le loro benedette ire se non scaricando la musica di uno che, dietro la facciata dell’underground da centri sociali, invero solamente /vili prende per il culo. Assolutamente.

Così come fa il Cinema italiano. Nanni Moretti lo definiva e definisce tuttora Cinema ricattatorio e ruffiano.

Cioè quel Cinema che pare ammantarsi di un’aura impegnata e pedagogicamente inappuntabile, in realtà compiace soltanto i malumori della gente frustrata, consolandola con quello che la gente vuole sentirsi dire. Suonandosela e cantandosela, appunto.

Uguale alle canzoni di Vasco Rossi. Uno che ancora riempie gli stadi perché l’uomo medio, rappresentante della maggioranza, s’identifica in questo asino che raglia e che parla, declama la libertà con più soldi di Bono Vox degli U2. E fu lanciato perfino dagli Stadio…

Sono stanco perfino di Marco Bellocchio e Gianni Amelio. Un tempo erano forti, Così ridevano, schierati davvero contro un sistema corrotto. M’hanno anche loro rotto.

Col loro Cinema a metà strada tra una fiction con Giorgio Tirabassi di Pietro Valsecchi e un programma elettorale, un Cinema falsamente politico che va perennemente, noiosamente a parare sui capi dei capi, su Cosa Nostra, sulla malavita organizzata, su Tangentopoli e gli intrallazzi perfino dell’ex papa Ratzinger, dei paparazzi e gli strafalcioni lessicali di Antonio Razzi.

Anche The Irishman sarà un film di mafia, come si suol dire.

Ma qui viaggeremo su alti livelli, a grandi velocità come in Ford v Ferrari del grande James Mangold.

Ecco, siamo stanchi di questo vecchiume italico, di questi bellocci e di questi sterili, deprimenti balletti.

Di questi vecchietti a vent’anni e di questi tromboni in verità solo emeriti coglioni.

È arrivato Rambo.

Anche se il trailer del quinto è una bella porcata…

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woods stone casinodi Stefano Faloticode niro stone casino

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