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Nonostante abbia adorato MANK e IL PROCESSO AI CHICAGO 7, agli Oscar io tiferò per NOMADLAND, io sono il ghost di Bob De Niro di ELLIS!


15 Apr

bob wells nomadland

Devo paragonarti a una giornata d’estate?

Tu sei più leggiadra e mite. Impetuosi venti sferzano le soavi gemme di maggio e la durata dell’estate è fin troppo breve. Talvolta troppo ardente splende l’occhio del cielo e sovente il suo aureo sembiante è velato. E ogni bellezza col tempo perde il suo splendore, spoglia dal caso o dal corso mutevole della natura ma la tua eterna estate non potrà svanire né perdere possesso delle tue bellezze. Né… né… né la morte potrà vantarsi di averti nell’ombra sua poiché tu crescerai nel tempo e in versi eterni.

Finché uomini respireranno e occhi vedranno, vivranno questi miei versi e a te daranno vita.

(Chloé Zhao, Nomadland – poesia recitata dalla grande Frances McDormand)

Ora, scusate, vi sarà la mia introduzione al solito goliardica a salire vertiginosamente non nel cielo poiché a differenza del figlio di Bob Wells nel film della Zhao, non mi sono suicidato cinque anni fa ma voglio ancora toccare sponde felici di soavità e pace.

Osservare al crepuscolo la riproduzione esatta di un dinosauro, ascoltare il suono caldo di un pianoforte e respirare nel vento nella mia città metaforica accanto al mare della mia forza.
Ebbene, è uscito finalmente in streaming italiano il capolavoro assoluto di Chloé Zhao, ovvero l’irraggiungibile e incommensurabile Nomadland.

La dimostrazione evidente di come si possa realizzare un film straziante, commovente e magnifico di circa due ore con una trama praticamente inesistente e ridotta all’osso, come si suol dire. Senz’avvalersi d’intrecci arzigogolati e di trame contorte che di toccante non hanno un bel niente.

Be’, Nomadland rappresenta l’esatto contrario del sottoscritto, esemplifica straordinariamente l’anima filmica diametralmente opposta alla mia, totalmente. In quanto, a livello puramente letterario, sono barocco e sovraccarico la mia prosa, spero bella e poetica, di troppa ridondanza. Molti mi accusano perfino di essere tracotante. Evviva la protervia, ah ah. Al massimo, qua e là, i miei stilemi linguistici sono inappuntabilmente, puntualmente impeccabili ed eleganti. Stilisticamente sono perfetto, realmente a livello pratico sono deprimente, ah ah.

Sì, sono sempre stato una presenza ectoplasmatica, malinconica, oserei dire da nosocomio, da egregio encomio e un distinto uomo davvero d’istinto, quasi da manicomio, in mezzo a questa realtà per me perennemente perturbante, volgarmente carnale, strafottente in maniera smodata.

Una realtà ove tutti vogliono mostrarsi belli ma rimarranno invisibili e pure brutti, più che altro alla maggior parte della gente molto invisi. Ah, visi pallidi! Invidiosi!

Quando voglio e quando ho voglia di sensualità caliente, son un uomo (forse), oltre che galante, adoratore addirittura della modella paraguaiana Claudia Galanti. Ora, Galanti non mi sembra un cognome del Paraguay ma, se dovessi rintracciare il suo fidanzato su Instagram, e dirgli che a Claudia feci delle avance in privato, credo che passerei molti guai. Anche perché mentirei spudoratamente. Giammai infatti feci ciò, quindi peccherei di falsa testimonianza gravissima dinanzi alla mia Corte d’Appello.

Sì, sono il nuovo Michelangelo Buonarroti che affrescò la Cappella… Sistina? Sì, buonanotte…

Sono un uomo alla Roberto Benigni, mi piace provocare. Che cosa? Adesso pure il Leone d’oro alla carriera?

In passato, “corteggiai” la fidanzata di un attore, non so se argenteo, di nome Luca. Che mi crediate o meno, Luca mi contattò personalmente, dicendo di non provarci più con la sua lei. Dicendomi aggressivamente che lui è un attore famoso e poteva dunque farsi la sua donna formosa e farmi il culo in maniera potente… che uomo odioso! Anche permaloso!

Gli risposi che lui è un attore ridicolo se paragonato a Gary Oldman e che la sua lei non è come le ex di un gay, no, di Gary, cioè Uma Thurman e Isabella Rossellini, fra le altre…

Al che, m’apostrofò con far crescentemente veemente: – Lei non sa chi sono io!

Minacciandomi pesantemente…

Gli risposi, per l’appunto, con molta eleganza sanamente insolente: – Guardi, le ripeto. Lei non è Gary Oldman e non mi sta simpatico come Sacha Baron Cohen. Lei non ha senso come uomo e non ha nemmeno senso dell’umorismo. Mi fa senso, pensa di essere più sexy del mitico ex bomber della Virtus Basket, cioè Predrag Danilović. Per noi, virtuosi o semplicemente ex virtussini e non tifosi della Fortitudo, il leggendario Sasha.

Guardi, lasciamo perdere. Mi creda, lei non è un campione di niente, neanche di bellezza come il cantante quasi omonimo a Cohen, vale a dire Sasha dell’epocale If You Believe.

Scusi, ora la devo lasciare. Comunque, per la cronaca non sportiva, io invece sono Bruno e Borat. E la sua donna è molto bona. Diciamo che, rispetto alla moglie di Joel Coen, cioè Frances McDormand, è una spanna sopra in merito a beltà e la distacca con uno spacco, no, stacco paragonabile ai balzi impressionanti di Michael Jordan dei Chicago 7, no, dei Chicago Bulls dei tempi d’oro.

Se però vogliamo essere più obiettivi di un grandangolo della Nike, no, della Nikon, la sua lei sfigura parecchio dinanzi alla grande Frances. Diciamo che, a livello prettamente realistico e attoriale-cinematografico, è meglio che rimanga una donnetta nazional-popolare che, assieme a lei, di domenica guarderà le partite di Calcio e i film con lei come interprete.

Luca: – La smetta! Che ne sa, peraltro, lei di Calcio?

– Guardi, Luca. A Bologna, è nato Carboni Luca e dalla basilica di San Luca si può vedere lo stadio Renato Dall’Ara. Ho militato nella scuola Calcio Bologna Football Club 1909 quando fui pulcino.

Poi, quando “regredii” negli Juniores-Allievi alla polisportiva Lame Ancora, segnai un goal alla Danilovic, no, alla Renato Dall’Ara, da quest’ultimo messo a segno durante la finale di Coppa dei Campioni contro il Barcellona di molti anni fa del Milan di Berlusconi!

Cioè questo:

Guardi, la sera prima, un ex centravanti quasi più forte di Marco Van Basten, vale a dire Hendrik Johannes Cruijff, più comunemente noto soltanto come Johan Cruyff, in conferenza stampa, sostenne che il suo Barcellona con Romario avrebbe distrutto il Milan dei miracoli e degli olandesi volanti.

Disse la stessa cosa pronunciata da Lino Banfi ne L’allenatore nel pallone. Il quale affermò che avrebbe sconfitto e stracciato Zico. Ma la sua Longobarda perse 4 o 5 (non ricordo bene, scusate) a zero con quaterna dell’uomo che pianse quando il suo Brasile fu massacrato da Paolo Rossi con una tripletta devastante.

Senta, Luca non faccia con me il crucco. Sennò, diverrò Alex Del Piero e lei piangerà come la bimbetta sugli spalti durante la semifinale dei Mondiali 2006.

Che cosa? Riaprono gli stadi e i cinema invece no? Generazione di fenomeni… cantò Gaetano Curreri.

Di mio, indosso jeans della Carrera, non voglio fare carriera e odio le corriere.

Luca, non mi provochi altrimenti potrei tornare a essere il più grande calciatore di tutti i tempi e dribblarla come Alfredo Di Stéfano.

Luca, mi tolga una curiosità. Lei preferisce Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro, Marco Di Vaio, il nudo di Madeline Zima di Twin Peaks: Il ritorno, Ronaldo Luís Nazário de Lima, Pelè che è lo pseudonimo di Edson Arantes do Nascimento, Sylvester Stallone di Fuga per la vittoria o quello che, con buona pace all’anima sua di Diego Armando Maradona, è il più forte di tutti i tempi, cioè Lionel Andrés Messi?

Inoltre, prima di lasciarla, caro Luca da tre premi Oscar dei piccoli, vorrei chiederle questo: chi è il regista di Torna a casa, Lassie!?

Non lo sa, vero? Intanto, legga Hermann Hesse.

Sa, io lessi molto. Lei invece è lesso.

Sono l’incarnazione dell’Enigma di Kaspar Hauser di Werner Herzog. Film che conosco ma in verità vi dico che non ho mai visto interamente poiché basta che mi guardi allo specchio per giudicarlo e recensirlo, ah ah.

Vi fornisco un’anteprima esclusiva del mio prossimo libro. Forse sarà revisionato e corretto:

  1. Sono un nomade, un fantasma del mio tempo giammai dimenticato, oscurato e rinato

 

Navigando in tale vita tempestosa, mi fermo all’improvviso a riflettere pacatamente sull’oceanica vastità del mio immane, trascorso tempo su questa terra maledetta, ricolma di uomini e donne vanagloriosi. Mi siedo e accomodo mestamente su una panchina arrugginita d’un parco immerso nel verde d’un lussureggiante autunno ancora innevato da fiocchi nivei che lucidano di sobria bianchezza armoniosa le guglie delle chiese e delle cattedrali di tale città di fantasmi e morti viventi, di uomini e donne pestilenziali e perniciosi. In una parola, prematuramente nell’animo defunti e dunque osceni e odiosi. Li deploro con rabbia furiosa.

Innervato e appannato fui io, nella mente annebbiato, scomparso dal mondo e di neve, no, di nuovo riplasmatomi a mio insindacabile, entusiasmante e vitalissimo volere stupefacente.

In me non è avvenuto nessun cambiamento interiore. Né son stato miracolato da qualche misteriosa, oscura forza illuminante o prodigiosa.  Non ravviso niente di speciale, eclatante o clamoroso in tale mia rinascenza che ha del fenomenale a dir poco. Poiché, dopo sterminati, imperterriti e lacrimevoli strepitii del mio cuore iroso e non più vigoroso, affievolitosi in effetti nel vigliacco piagnisteo cardiaco di silenti battiti da viandante forse peccaminoso di tale nostra esistenza morbosa, ancora con energia e forza ardimentosa risento magicamente scoccare, echeggiante potentemente dal profondo mio inconscio opprimente e ai miei occhi stessi in passato apparsomi repellente, una raggiante, splendida luce dardeggiante che acceca di bagliori estasianti il mio umore, come dettovi, per tempo immemorabile poco bienaventurado, sì, non beato ma sprofondato nelle agoniche mie notti onestamente più beote,  scarsamente gloriose e di vita golose.

Avete per caso mai visto il cortometraggio di JR, intitolato Ellis ed interpretato da un lugubre ma sempre grande, laconico Bob De Niro fenomenale?

Scritto dal premio Oscar Eric Roth, è la breve ma commovente cronistoria, sostenuta dalla voce narrante cavernosa di un De Niro ectoplasmatico, d’un alive, di uno spettro senz’identità precisa e alcuna, ricomparso miracolosamente, un migrante sopravvissuto alla barbarie del tempo che scalfì e trafisse mortalmente i destini di tanti avi e innocenti giunti in America attraverso grandi navi.

De Niro, protagonista di Awakenings, che in questo short movie si risveglia dalla tetraggine lapidaria del suo passato emozionalmente cimiteriale. E cammina, con passo felpato e rattristato, struggentemente appassionante e toccante, lungo i corridoi scuri d’un casolare fatiscente e abbandonato dopo aver ormeggiato in un passato mortificante, dopo non aver amoreggiato, forse, per viltà o pavore, con la sua innata, pulita e pura sua intimità essenziale e umana più cristallina, non adulterata dalla sua originaria natura incontaminata.

De Niro che fu protagonista del meraviglioso e crepuscolare City by the Sea per la regia di Michael Caton-Jones. La storia di un coriaceo detective dal cuore d’oro, Vincent LaMarca, il cui padre assassino fu giustiziato e condannato alla sedia elettrica in carcere. Dunque, a sua volta assassinato senza pietà alcuna.

Vincent, il cui figlio, durante una nottata piovigginosa, involontariamente uccise un uomo per legittima difesa ben comprensibile.

La storia di un uomo, Vincent, costretto a confrontarsi giocoforza coi fantasmi del suo passato da lui sublimato e apparentemente rimosso. Un uomo amante della bellezza eburnea d’una donna semplice e dall’aspetto virginale e bella come la madonna, incarnata dalla strepitosa, dolcissima Frances McDormand.

Attrice protagonista del superbo e inarrivabile, malinconico Nomadland di Chloé Zhao. Capolavoro inaudito, illuminato dalla grazia d’una venustà recitativa senza pari della stessa McDormand allo zenit della sua immensa bravura encomiabile e portentosa.

La storia di una vedova donna sessantenne e inconsolabile, affranta e affaticata, che perde il suo lavoro su Amazon e decide di mettersi in viaggio, incontrando, durante il suo stralunato e allucinato, avventuroso peregrinaggio solitario, tante persone dalle vite rovinate o soltanto, paradossalmente, restaurate all’antico, primigenio lindore della loro primordiale, incorrotta limpidezza esistenziale.

Cosicché, a vivo e sentito contatto col dolore e con la sofferenza più sentita, finanche con la purezza delle scheggiate, ferite vite altrui e della sua stessa anima coartata da un incolmabile lutto coniugale non cicatrizzabile, infermabile continua a viaggiare sulla sua strada in modo instancabile, abbagliata nel suo animo da una tenerissima luce salvifica, letiziosa sebbene ancora insanabilmente, atrocemente dolorosa.

Offuscata e allo stesso tempo rischiarata dall’aver scoperto, sebbene malvolentieri, la durezza della vita più incantevole nella sua nuda stranezza ed essenza più nitida e imponderabilmente luminosa.

Lei vivrà, sino al giorno della sua morte, sorretta dalla delicatezza del suo essersi trasfusa nel concetto esemplare di assoluta, sfavillante trasparenza di donna inguaribilmente immalinconitasi a causa della tragica morte di suo marito, eppur al contempo speranzosamente combatterà volitiva, forse in silenzio, l’inarrendevole voler inseguire una flebile ma lucente fiammella chimerica o solo utopica.

Ove io vagherò, invece? Nel mio interiore infinito, infinitamente?

Tanto tempo assopitosi, amici e fratelli della notte, è riemerso nel ricordo e dai neri ricordi di me che fu obliato dal nero più insondabilmente asfittico della dimenticanza che occluse ogni metaforica mia freschezza respiratoria.

Adesso, in me, questo ritrovato tempo insperato sta risorgendo in fiera rimembranza acuta ancora squillante.

Tornerò vivamente alla ribalta?

O sono soltanto ritornato baldo e splendido come la più lieta e dolce alba?

Quindi…

Se qualcuno vorrà fare del male ai miei figli più cari, parafrasando e personalizzando Elias Koteas de La sottile linea rossa, ricordate che io vi attaccherò come John Rambo.

Mi metteranno dentro ma vi cancellerò dalla faccia della Terra.

Perché, alla pari Robert De Niro, così come fu definito detto durante uno spot di tanti anni fa passato su Radio Monte Carlo TV che gli aveva dedicato una monografia, io sono il più grande, il più grande di tutti.

Non provocatemi, sennò piangerete tanto. Interminabilmente.

Questa è la mia vita.

È un bene sacro.

Anche perché non possiamo perdere non il figlio di Bob Wells di Nomadland, bensì un genio mostruoso come Orson Welles.

Quando cambio prospettiva, per voi diventa impresa possibile tenermi fermo e battermi. Lo so, sono un megalomane. Meglio che essere un idiota come il novanta per cento delle persone.

Tornando a Bob De Niro, in Casinò il suo personaggio alla fine disse… E questo è quanto.

Provate a indurmi nuovamente al suicidio e, come disse John Goodman de Il grande Lebowski, finirete in una valle di lacrime, in una valle di lacrime, in una valle di lacrime.

Questo è il tuo compito, Larry? Questo è tuo, Larry? Questo è il tuo compito, Larry?

di Stefano Falotico

SHOWTIME: il lupo non perde manco il pelo, anzi, è pure più vizioso, capriccioso, è un Piero Pelù


10 Nov

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Sì, io sto veramente ridendo come un matto. Oddio, fermatemi. Sì, datemi un calmante.

Ieri notte impazzii per la millesima volta in vita mia.

Sì, io abbraccio la teoria di alcune frasi magistrali coniate da Charles Bukowski.

Ovvero le seguenti. Peraltro, io già in tempi non sospetti dissi le stesse cose di Charles senz’aver ancora mai letto un cazzo di suo.

“Il matrimonio, Dio, i figli, i parenti e il lavoro. Non ti rendi conto che qualsiasi idiota può vivere così e che la maggior parte lo fa?”.

“Alcune persone non impazziscono mai. Che vite davvero orribili devono condurre”.

“A volte ho la sensazione di essere solo al mondo. Altre volte ne sono sicuro”.

 

Sì, stamane, dopo una feroce nottata insonne, scrissi sul mio taccuino ciò:

ieri notte ebbi degli scompensi acuti, non solo psicologici. Una crisi acustica. Il mio cuore batté infatti d’amore perduto, una donna mi mandò delle foto di lei molto sexy e mi disse di scoparla ma lei abita lontano ed è stata una bestiale sofferenza indicibile. A che sarebbe servita una pippa? Ah, che bile, cazzo.

Per fortuna, mi contenni. Altrimenti, dopo non essermela sbattuta poiché non possiedo il teletrasporto, se avessi spaccato tutto di brutto, i vicini di casa, i quali forse in quel momento stavano trombando paciosamente, disturbati dal trambusto dei miei ululati da lupo robusto, avrebbero chiamato la polizia municipale o forse, a causa dei miei bollori simili a un incendio doloso, anzi solo doloroso per il mio cor(po) già esploso da foresta amazzonica, sì, non mi rado nemmeno lì, m’avrebbero ricoverato in un centro psichiatrico.

Ove ti sedano in culo talmente tanto che non solo non riesci più a farti le pippe ma non riesci nemmeno ad avere i riflessi pronti per fermare e denunciare un dottore con la pipa, cioè uno psichiatra della minchia, che sta sodomizzando un’apprendista infermiera troppo pudica, virginale e linda.

Sì, la psichiatria fa così. Se sei un uomo che fa la donna angelica e pia, cioè se non diventi uno stronzo come tutti, te lo sbatte in quel posto così come fece Jung con Sabina Speilrein.

Sì, se hai superato la maggiore età e sei fanatico di Scanners e di Videodrome ma sei vergine, ti dicono di fare l’uomo maturo e di trovare una figa come Keira Knightley di A Dangerous Method.

Sì, altrimenti ti dicono che sei socialmente pericoloso poiché potresti anche essere un genio ma il tuo operato, diciamo, non si addice alla società da Essi vivono. Ove per avere amici e amore devi, per l’appunto, consumare, obbedire e soprattutto farti il culo. Ah ah!

Sì, ieri notte, in preda a una ribellione devastante uguale, se non maggiore, a quella di Arthur Fleck/Joker, no, non mi feci una pippa ma venne fuori… il mannaro lupo.

Innanzitutto, erano mesi che subivo prese per il popò da certa gente ma, a forza di farmaci repressivi, mi resero un agnellino innocuo e dunque non potei, a tempo debito, nemmeno mandare a fanculo tanti figli di puttana che non valgono uno sputo.

Cosicché, azzannai uno in chat. Sì, tre mesi fa mi permisi di affermare che C’era una volta a… Hollywood del Tarantino è una cagata pazzesca. A questo punto, lui mi aggredì e mangiò vivo, definendomi uno scemino.

In chat gli urlai che lui non è Brad Pitt e, a differenza di Tarantino, non è un cinefilo malinconico, bensì uno sfigato cronico.

Un tale Luvstig, invece, un anno fa mi definì penoso. Andai dalla sua ragazza e lei comprese che Luvstig è, rispetto a me, assai meno peloso.

Sì, sono molto permaloso, ho i capelli quasi rossi, sono odioso ma soprattutto focoso. Mi va subito il sangue al cervello. Per quanto riguarda il sangue invece da un’altra parte, ovvero nei vasi dilatatori dei corpi cavernosi, se davanti a me c’è una racchia animalesca, non diventa duro affatto. Sì, la vedo durissima.

Non ci sono cazzi, come si suol dire, che tengano.

Quando lasciai gli studi, tutti pensarono che fossi un debole e un malato di mente. Al che, a mo’ di sfottò, mi cantarono Francesco di Francesco Tricarico.

Di mio, ho sempre preferito Non è Francesca di Lucio Battisti.

No, non sono il santo d’Assisi ma nemmeno un uomo che, a forza di stare con una frustrata da Vasco Rossi, ascolta Santa Chiara. Ah no, scusate, volevo dire Albachiara.

Io sono esperto di tutte le albe poiché vivo nel crepuscolo. E sapete che vi dico?

La Parietti non ha oramai più le gambe di una volta. Sì, vent’anni fa, un tipo alla Wolfman la vedeva, anche solo binocolo, ah ah, e voleva succhiarle il collo come (in) Dracula di Bram Stoker. Sperando che poi lei gli succhiasse qualcos’altro.

A proposito di Brad Pitt, posso dirvi solo questo. Sono il Leo DiCaprio italiano. Sì, Leo è biondo, io castano-moro tendente, come detto, al rosso. Ma al semaforo passo solo col verde.

E sto sempre più subendo una metamorfosi da Benjamin Button.

Sì, gli altri alla mia età sono già pecora. Brutti, soprattutto nell’anima. Anche se, tornando al cinismo di Bukowski, non è che me ne freghi molto dell’anima. L’importante, nella vita, al di là delle canzoni mielose di Ed Sheeran, è avere culo. Il resto è una grande porcata.

Sì, guardate, nella mia vita ne vidi tante, mica tanto. Vidi uomini di cinquant’anni che, visto che nessuno se l’inculò e tuttora incula, per darsi un tono cominciarono a parlare di Cinema senza saper filmare nemmeno l’8mm della comunione dei figli, cioè non ebbero e non hanno nemmeno il coraggio di ammettere che quei figli non sono loro ma dell’amante della moglie.

Sono froci? No, manco questo. Non sono e basta.

Molte donne criticarono aspramente la biografia di Fabrizio Corona in cui il bel tamarro Fabrizio dedicò un intero capitolo alle donne che inchiappettò. Donne che, a differenza di quelle inchiappettate da Fabrizio, essendo oramai fottute, invidiano gli uomini e li (s)fottono.

Di me, tutti ne dissero tante. Soprattutto che mento e che sono un falso. Al massimo, posso prendere il poster di Showtime con De Niro e Murphy, ficcando la mia faccia al posto di quella di Bob. Di vero deepfake con tanto di look da Fabrizio Corona. A differenza di lui, devo ammetterlo, non sono abbronzato e non ho i soldi per pagare un ghost writer per un capitolo di FIGHE che scriverebbe meglio, fra l’altro, un ragazzo di dodici anni. Sì, quando uscì Showtime, avevo già superato ogni mia crisi. Stavo da dio. Qualche anno prima, Sasha uscì con If You Believe e io stavo uscendo con una lupa.

M’avete fatto solo perdere tempo perché volevate appurare se sono matto o sono un genio. Sono entrambi, quindi ora vedete d’andare tutti a fan-LUPO!

 

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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