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La semantica dell’immane disagio moderno esemplificata dalle archetipiche vite delle rockstar, scolpita nella faccia di marmo di Clint Eastwood e in quella da schiaffi di John Belushi


04 Jul

eastwood swank

 

freddura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ora, questo è uno dei miei scritti più seri e argomentati degli ultimi tempi.

Però ha il finale da Scemo & più scemo.

Una volta Freud scrisse questa frase molto discutibile:

“Il momento in cui un uomo si interroga sul significato e sul valore della vita, egli è malato, dato che oggettivamente non esiste nessuna delle due cose; col porre questa domanda, uno sta semplicemente ammettendo di avere una riserva di libido insoddisfatta provocata da qualcos’altro, una specie di fermentazione che ha condotto alla tristezza e alla depressione”.

Mah, frase alquanto opinabile. Che da un analista introspettivo non mi sarei mai aspettato.

D’altronde, Freud era già morto da un pezzo quando uscì Blade Runner.

Comunque, per certi versi vera…

Ehi tu, donna, sei verissima, cala la sera e rosso di sera bel tempo fra noi si spera, ah ah.

So che vi faccio divertire con le mie smodate imitazioni falotiche dei personaggi di Mel Brooks e di John Belushi. A e me piace perché ritengo sia Mel che John dei geni assoluti.

Quindi, il mio processo d’identificazione è piacevole, empatico, oserei dire simbiotico. Godibile e goduto. Bevetelo.

D’altronde, nonostante i pochissimi film da lui interpretati, come si può confutare la frase lapidaria, irremovibilmente schietta secondo cui John Belushi sia stato un genio indiscutibile?

Basterebbe la scena di The Blues Brothers in cui, perso in un sotterraneo assieme a Dan Aykroyd, tenta di sfuggire alla caccia della polizia ma viene fermato a sorpresa dalla sua vendicativa ex, interpretata da Carrie Fisher.

Lei è convintissima di volerlo ammazzare poiché lui l’ha abbandonata a un misero, lugubre, amaro destino da donna inconsolabile. Mollandola misteriosamente proprio il giorno delle concordate nozze.

Al che lui, a passo felpato, le si avvicina dolcemente, le s’inginocchia, implorandole perdono e le recita, fingendosi colpevolmente disperato, altresì innocentemente mortificato, un pezzo storico:

non ti ho tradito. Dico sul serio. Ero rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tight. C’era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C’è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio!

Lei è già crollata, come si suol dire, si è sciolta. Ancora però ha qualche dubbio e il suo sguardo è leggermente arcigno.

Al che John le pone uno sguardo infantile con tanto di velocissima alzata sopraccigliare.

E la stende.

Insomma, in meno di trenta secondi, John è riuscito incredibilmente a esprimere una gamma emotiva così sfaccettata da premio Oscar soltanto con la sua imbattibile faccia da schiaffi impagabile.

Super Genius mai visto!

Quindi, io volontariamente mi do al demenziale perché, come c’insegnano i grandi comici, dietro anche la più spensierata e spontanea, vivandata, sbandierata ilarità esagerata, v’è un velo di profonda, incurabile malinconia infinita.

I pagliacci infatti hanno il trucco col rimmel che sgocciola come se fosse una lacrima stampigliata nella variopinta, caleidoscopica vastità imperscrutabile delle loro insondabili emozioni vulcaniche, tatuate nell’immobilità di un’espressione impassibile da Buster Keaton.

Questa è una società, insomma, che non sai come prenderla. Se la prendi in giro così come fa Belushi con la compianta Fisher, pigli per il culo forse solamente la tua vigliaccheria, non sai di conseguenza se accettarla coi suoi giochi crudeli, se buttarla in vacca, se alienartene, soffrendo però come un cane la tua mancanza di rapporti sociali, oppure se cedere arrendevolmente alle lusinghe del folle carnaio generale e diventare il prodotto robotico di un mondo basato sull’animalità più meschina, tribale e triviale.

Un mondo retto dal concetto di Eros più mortifero. Sì, in questo senso, invero in tutto il mio 6th sense, sono freudiano.

Credo che un uomo e una donna si spengano se sono carenti di Eros.

Attenzione, l’Eros non è semplicisticamente e semplicemente (eh già qui v’è una sfumatura non da poco) il sesso nella sua accezione più letteralmente burina, oserei dire, prostituzionale e mercantilistica, edonistica del significato della sua parola.

Cioè il sesso inteso come accoppiamento carnale di due corpi. Come copulazione, fornicazione o solo come attrattiva sessuale, come sex appeal, come carica erotica e sensualità a pelle, diciamo.

Bensì per Eros intendo il suo variegato, multiforme significante in senso (a)lato. L’Eros è la fame di vita, non la fame da morti di figa, attenzione. Eh eh.

La volontà vitalistica, il piacere di alzarsi la mattina e godere anche dei raggi solari dell’estate dopo una primavera tetra e piovigginosa. Il piacere di prendere la macchina, accendere l’autoradio e ascoltare le note melodiose di una canzone meravigliosa. Che, prodigiosa, sana ogni tua interiore ferita e ferma tutte le fitte, placa le piaghe, cicatrizza i dolori esistenziali dopo tante stigmate.

L’Eros non è soltanto il godimento (im)puramente, squallidamente lussurioso. Godereccio e pecoreccio, istintivamente animalesco e porcellesco.

È quel desiderio propulsivo che ci spinge a emozionarsi della vita con naturalezza fighissima. Nonostante le sue enormi, strane e tortuose complicatezze, le sue vie traverse e oserei dire perfino traviate, per cavalcare a voglia e la soddisfazione di esserci.

Anche nel bagliore di un istante fuggevole e irripetibile.

Non sono stato (dal)lo psichiatra di Kurt Cobain, ad esempio, e non abitavo neppure nella sua testa per sapere perché si uccise e come la sua testa deflagrò.

Ma da quel poco che la mia vita da “demente” può capire, comprendo intimamente le ragioni incoscientemente (il)logiche che devono averlo portato irreversibilmente a un gesto estremo così fatale e autodistruttivo.

Aveva fatto i soldi, era in quel momento celebrato come una delle più grandi rockstar sulla scena, era amato, onorato e glorificato. E non cornificato!

Sua moglie Courtney Love lo venerava come un dio e quelli della sua band pensavano davvero che lui fosse l’incarnazione umana del Nirvana…

Perciò, apparentemente cosa c’era che non andava? A prima vista, niente.

Non sono omosessuale ma ammetto addirittura, appunto, che Kurt fosse molto sexy.

Credo, in cuor mio, che niente gli dava però più piacere. Forse rimandò perfino il suicidio perché non volle abbandonare suo figlio.

Insomma, per una legge non scritta ma umanamente condivisibile, per sua stessa ammissione da lui detta espressamente in molte interviste, non provava più empatia.

Non tanto verso il prossimo quanto per la sua vita prossima. Per il suo futuro venturo.

Vide il buio totale, invincibile e, nell’oscurità, si tuffò senza sprezzo del pericolo. A capofitto. Anche a testa fritta, spappolata.

Maggiore fu in quell’attimo la gloria, maggiore fu il dolore intercostale della sua anima da lui stesso danneggiata in maniera implacabilmente esiziale e dannata.

Mick Jagger invece ancora simboleggia tutto il contrario di quel che fu Cobain.

Jagger gode proprio a vivere di sé. A dimenarsi come una scimmia alla veneranda, suonatissima età di 75 primavere. A brevissimo, settantasei. Compirà infatti 76 anni il 26 Luglio.

Elvis Presley divenne, ahinoi, invece un burattino nelle mani di squali approfittatori della sua romantica purezza. Che l’imbottirono di droghe e farmaci affinché potesse essere sempre al top. Tanto al top che purtroppo scoppiò.

Elvis è stato il più grande.

Elvis è come Clint Eastwood di Million Dollar Baby.

L’eutanasia è proibita ma è l’unico che, in piena notte, ha il coraggio mostruoso e inaudito di staccare il respiratore a Margaret/Hilary Swank, poi le inietta una dose letale per ucciderla.

Perché Clint è un romantico.

E sa che così non si poteva andare avanti.

 

Morale: il mondo è pieno di bugiardi. Prima sbagliano immondamente, scherzando sulla fiducia e i sentimenti del prossimo, storpiandolo non solo psicologicamente.

Poi, pare che siano rinsaviti dai loro sacrilegi e gli chiedono umilmente perdono. Ma è una finta, una sceneggiata, l’ennesima burla gravissima.

Certa gente non cambia. Riconosce i propri errori solo per la paura inconscia (ci ricolleghiamo a Freud) di ritorsioni e per svignarsela.

Prendiamo l’italiano medio. Ha l’indole mafiosa. Il mafioso è notissimo che, non solo a Noto in Sicilia, cerca sempre di galleggiare nel mondo, di non sprofondare economicamente e al livello di quella che lui chiama dignità e reputazione sociale. Al che, come si suol dire, si barcamena e impara il nuoto. E finché la barca va la lascia andare. Quindi, sta per annegare e se n’inventa, con la sua tristissima arte di arrangiarsi, qualcuna per riuscire, come ogni anno, ad avere i soldi per recarsi a Rimini.

Si salva sempre per il rotto della cuffia. Prima la combina sporca, poi recita l’Atto di dolore ogni domenica mattina nella sua farisea pantomima vergognosa.

Finge insomma di pentirsi ma in verità io vi dico che chi nasce stronzo rimane una merda a vita.

Le merde galleggiano.

I grandi uomini, purtroppo, conoscono il mondo in quanto lupi di mare.

Altro che lupi solitari.

C’è dunque chi, come Kurt Cobain, la chiude prima di distruggersi non solo il fegato, chi continua a rudere e ballare come Mick Jagger, comunque sia un grande, chi s’immalinconisce, chi esagera come Jim Morrison e il cielo è sempre più blu…

Rino Gateano docet. Anche i rinoceronti, miei pachidermi.

Io non ho nulla da insegnare al prossimo mio, non sono Gesù e non sono il Papa.

Il Genius-Pop non docet ma eccovi servita la mia ennesima doccia fredda.

Adesso, vi assolvo e che la Madonna vi accompagni.

Tanto so che stasera andrete a passeggiare con Maddalena, celeberrima assistente sociale delle vostre idiozie.

Leccando il gelato al limone.

 

Concluderei con questa…

una donna magnifica, praticamente miss Universo, mi ferma per strada:

– Ciao. Fermati un attimo, dammi solo dieci secondi. Avvicinati. Voglio vederti meglio. Sai, stavi attraversando la strada e non mi hai dato il tempo di fissarti attentamente negli occhi.

Scusa, però. Dove stai guardando? Ti sto parlando.

– Niente, lascia stare. Stavo osservando quel gatto all’angolo.

– Il gatto? Che c’entra il gatto?

Va be’. Comunque, sì, ora ti vedo chiarissimamente. Devo ammettere che… insomma, stasera sei libero? Verresti a cena con me? Offro tutto io.

– Sì, va bene, ti dico domani, ok?

E ho continuato a camminare.

Lei, anziché scoppiare a ridere fragorosamente, è rimasta immobile, scioccata. Per mezz’ora è restata impalata con lo sguardo vuoto, chiedendosi fra sé e sé:

ma questo è cretino, frocio o pazzo?

 

Sì, sono fatto così.

Io non appartengo a nessuna categoria. Ci sono gli sfigati che trepidano per attimi sessualmente roventi, i machi deficienti, i maniaci sessuali e basta, i guardoni, le ninfomani e le frigide, gli idioti e i geni, i cantanti che riempiono gli stadi e i begli uomini che riempiono qualcos’altro. Io ogni giorno spero di morire ma trovo sempre una ragione per continuare a vivere.

Anche solo per inventare questa barzelletta da me creata in codesto dì.

Una di queste agghiaccianti baby squillo, apparentate con Jodie Foster di Taxi Driver, mi contatta su Instagram:

– Ehi, guaglione. Questa sono io. Se ti piaccio, mandami anche tu foto hot. Piccantine, diciamo.

 

Gliele mando subito. Lei le riceve, poi euforica mi scrive:

– Che coglione che sei! Ora ti sputtano e ti ricatto. Le mostrerò a tutti. Se non vuoi rimediare una figura da puttaniere, devi mandarmi ora 100 Euro su PayPal all’indirizzo coccobella@libero.it. Anzi, mandale al mio pappone. È lui che gestisce gli affari. Io prendo poi una percentuale. La sua mail PayPal è piglialaconfilosofia@libero.it.

Forza.

– Scusa, ma tu che hai in mano per chiedermi cento euro? Hai in mano un cazzo. Mi sbaglio?

– Sì, appunto.

– Il cellulare però da cui ti ho mandato queste foto non è il mio.

– E di chi è?

– Della polizia. Dunque, abbiamo scoperto che sei una prostituta minorenne sfruttata da un criminale.

Tu non finirai in carcere. Sei appunto minorenne. Il tuo capo, sì, invece.

– Con questo che vorresti dire?

– Sai, com’è. Oggi va di moda dire che dagli psichiatri vadano solo quelli che non hanno altri cazzi per la testa.

Se lavorassero e trombassero, la smetterebbero di avere paturnie. Questo è il luogo comune di questo popolo italico di analfabeti.

Insomma, è diventata una società di troie.

– E quindi?

– Quindi, ragazza, cambia lavoro subito. Non sono un moralista ma ti troverai a 45 anni drogata marcia.

Ti guarderai indietro e vedrai solo il vuoto.

. Che bacchettone che sei. Evviva il sesso! Godere, suvvia!

– Il sesso non è brutto. È l’anima che va a farsi fottere.

– Ma smettila, idiota!

– Va bene… Ci sto. Ti scrivo fra trent’anni. Sei sicura che però sarai ancora viva?

– Certo, fallito di merda! Ma sparati, va!

– Posso farti una domanda.

– Ok, ma che sia l’ultima. D’accordo?!

– Che fai stasera?

– Ah, che vuoi che faccia= La solita vita.

– Cioè lo prendi in culo. Andrà sempre così? Opto per il sì. Tu che dici? Buonanotte.

– Ehi, io ti denuncio! Che volevi dire?

– Quello che ho detto.

 

 

di Stefano Falotico

 

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