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Da JOKER al COVID-19, da THE IRISHMAN al Cinema di oggi, attualmente quasi scomparso, la mia e vostra vita in un annus horribilis e al contempo mirabilis, vi racconto…


23 Feb

joker

So che forse non v’interessa, so che lo reputerete uno sfoggio vanitoso o forse, ancora peggio, un modo che ho io di allentare la noia esistenziale di queste nostre giornate pregne d’apatia immane, rallentate da qualcosa di grave e sconcertante che, in men che non si dica, parve passeggero e momentaneo, entrambi sinonimi di un “attimo” che, con l’arrivo dell’estate e il suo apparentemente tranquillo inoltrarsi, sembrava svanito, dimenticato. Per sempre sepolto nel passato. Sì, solamente un triste episodio estemporaneo oramai estinto, del tutto scomparso. Come si direbbe in gergo medico et similia, debellato.

I virologi accennarono infatti, molto vagamente, soltanto a una seconda, innocua ondata. Invece, i loro calcoli in merito al Coronavirus, sì, di questo stavo parlando, ve n’eravate accorti o no, miei sbadati e superficiali, ecco… dicevo, perdonatemi se mi son incantato e momentaneamente perso per strada.

Rinvengo, risorgeremo? Non più c’oscureremo oppure, dopo gli incalcolabili danni economici e psicologici di tale interminabile periodo protrattosi in modo estenuante, sì, fino allo sfinimento non preventivato né “diagnosticato” da una massa di scienziati incauti e frettolosi, dai disturbi psichici derivati dal Covid ci cureremo?

Ci salveremo, saremo santi, no, sanati? Tutto tornerà alla normalità? Ma quale sanità, per carità!

Personalmente, il termine normalità non appartiene da tempo immemorabile alla mia vita già trapassata in tempi non sospetti ove la gente, per via del mio vivere fuori dalla norma, sì, dal comune, volle impedirmi di spostarmi tra le regioni, no, fra le ragioni della mia mente ubicata chissà dove. Anche in questo vi è la misura restrittiva? Sì, fui messo alle strette in modo folle. Per fortuna, non fui messo fra le tette. Io non ho le tette, quindi non riesco a entrarvi in sintonia. Che cazzo volete da me?

Sì, da tempo, a mo’ di Guy Pearce di Memento, smemorato che sono io del mio dietro, consapevole solo di aver un discreto lato b, cioè didietro, debbo ammettere che in passato non ebbi molto culo e presi varie botte. Fisiche ma anche in senso lato, sebbene non sia mai stato un omosessuale passivo, sì, in passato mi fottei da solo. Dimenticando perfino che Carrie Anne-Moss fosse figa. Sì, una mezza bagascia passabile per poi ficcarla nel rusco.

Adesso, col senno di poi, no, col senno al posto giusto e anche qualcos’altro tornatomi alla memoria, no, tornato dritto, en pleine forme, devo essere onesto con me stesso. Credo di aver assunto la pillola sbagliata di Matrix.

Cioè quella per cui, se l’ingerisci, diventi Bradley Cooper di Limitless, dunque Carrie Anne-Moss ti sembra Anna Mazzamauro/signorina Silvani della saga di Fantozzi.

Sì, quando divieni superdotato non solo nel cervello, non te la tiri più su Carrie ma te la tiri su tutte, no, puoi permetterti di fare lo snob come John Wick. Vero ascetico a cazzo duro. In tutta franchezza, un povero cristo.

Forse farai la fine di Laurence Fishburne fra qualche anno. Sì, Laurence lo vedo sullo svaccato forte. Mi sa che si ridurrà “indurito” come il pornoattore Prince Yahshua.

Ci rendiamo coito, no, conto in che mondo siamo precipitati? Un tempo, la gente ascoltava quel genio di Prince, all’anagrafe Rogers Nelson, di Purple Rain.

Adesso invece vanno di moda uomini “cazzuti” e donne cazzone amanti di farsi i “cavoli” altrui.

D’altronde, da una vita le milf sostengono che i bambini nascono, nascano da un cavolo.

S’, sono alquanto misogino. Non vedo nessuna differenza fra Cherie DeVille e la Meloni. La prima è una pornostar, la seconda voleva esserlo ma, essendo più racchia, l’ha buttata sul far la figa di questo par de palle. Che palle, ‘sta donna.

Sì, la gente passa il tempo su Instagram a cazzeggiare in modo totalmente debosciato.

La depravazione impazza, in piazza urla per l’appunto la Meloni assieme a quel traviato di Salvini mentre Bonaccini offende Tiziana Panella perché non gliela dà e a lui girano non poco, virando dunque sulla virologia e non sull’essere stato da lei “evirato”.

Su Facebook anche la timida cantante Giorgia sputtana ogni sua depressione cronica, dandosi alla pazza gioia da frustrata mai vista, spogliandosi in diretta al suono del popolo eccitato a morte che, non capendovi una minchia in mezzo a questo porcile di fake news, di devastati uomini fuori come dei cocomeri, di donne cinquantenni in menopausa cazzeggiante, venditrici da mercato ortofrutticolo delle loro pere rancide, non sapendo che fare dal coprifuoco sino all’alba di un’altra giornata moscissima, riguarda su Netflix i peggiori film della loro vita.

Pensando: be’, in fondo non erano così brutti. Almeno c’era il Cinema, una volta.

In radio, dobbiamo sorbirci l’ennesima lagna di Federico Zampaglione, a San Silvestro abbiamo mangiano lo zampone ma la vita non è più dolce come un afrodisiaco zabaione.

Io non mi intendo di Musica. L’unica musica che ascolto è quella della mia anima. Io non ho soul, ho solo jazz.

Per esempio, oggi tutti reputano David Bowie un genio.

Quando uno muore, diventa un genio. In vita, sì, fui, no, fu molto amato. Insomma, so che Mick Jagger lo amò e David Bowie giocò a essere ambiguo sessualmente come Tilda Swinton.

Sì, credo che Tilda Swinton sia identico, no, identica a David.

Di mio, più passa il tempo e più sembro David Lynch.

A parte gli scherzi, no, non sono cambiato. Non riesco ad appassionarmi a David Bowie, ai Radiohead e a tutti questi sofisticati dei miei coglioni che siete voi.

Le tragedie esistono e io amerò eternamente Bruce Springsteen.

Non mi piace il Cinema francese e quello di Paul Thomas Anderson. Non lo capisco, non lo voglio capire.

Mi piace guidare ai 200km/h da solo a tarda notte, sfidare ogni curva come Ryan Gosling di Drive, se qualche mio amico viene tradito, divento Frank Sheeran di The Iishman, mi piace rispuntare dal passato come William Munny /Eastwood de Gli spietati, il revenant.

Sì, non mi piace il mondo, non mi è mai piaciuto, non mi piace la socialità, non mi piacciono i compromessi e nei miei libri ho raccontato la mia (non) vita.

Compreso, Bologna insanguinata.

In cui ho detto tutto. Mi denunciassero tutti.

Ma perché?

Perché non mi piacete, non mi siete mai piaciuti ma solo a quarant’anni da suonato, no, suonati, ho il coraggio di farla finita… con voi, col Cinema, con la Musica, con me stesso, col sesso, questa stronzata per cui v’inculate a vicenda.

Mi sono rotto il cazzo.

Fottetevi. Se non vi sta bene, sbattetevi in manicomio. Tanto il mondo è un ospedale psichiatrico allargato. Meglio essere di nicchia.

 

di Stefano Falotico

“Gran Torino” – Recensione


31 Oct

I ricordi delle rughe giovani, eterne nell’immacolata innocenza dei sogni da salvaguardar guardinghi

Ora, sfila davanti a me, sempre una costante insonne, il volto levigatamente “cavernoso”, appassito, ischeletrito di Walt Kowalski, un monumento di bionda asciuttezza argentata nel Clint Eastwood della sua feroce malinconia “senile” solo di parvenza “sparviera”. Di sparatorie “fraintese”, di rese dei conti d’una metropoli sgangherata nei volti “bendati”, o troppo “scoperti”, di piccoli gangster in erba…

Walt, con la sua storia alle spalle, sepolta nel cassetto delle illusioni “perite”, deperito, affranto, perduto dopo un’altra delusione. La morte della moglie, nel decoro della sua medaglia al valore “tatuata” nelle fessure, tessuto roccioso nelle “fenditure” dei suoi occhi ancora vivi e scattanti di secolare grinta non ancora raggrinzita. Una quercia che non scalfisci, che non abbatti. Ma è avvilito. Torna a casa, con la bandiera che sventola ingrigita, sedata da piogge che han spento il sorriso, scandita dalla monotonia imperterrita d’un morto dentro che sogghigna, sbuffa, laconico è più eloquente di mille parole.
Si “scheggia”, disarmato e soprattutto disamorato, ancorato al Vietnam e ai cuori infranti di quel fango polveroso, incancrenitogli demoniacamente, anzi “all’ammoniaca”, in un’anima che non spolvera più.
Così, pulisce il cortile, sbevazza e sputacchia, annoiato e infastidito dai vicini e dalle coetanee tardone.
Ma il vecchio leone (non) s’è addormentato, e invece ringhia “sottobosco”, nella foresta dell’enigma irricucibile, della ferita che fa male, ticchetta nel boato spaventoso della Notte.
Luna torpida di violenze, proprio dietro l’angolo. Una “canaglia” inacidita, incagnita, già “incagliato” nei suoi dolori personali, che suona la carica a “colpo di fucile”.
Smalta il vento delle ingiustizie con la mordace furia di chi addenterà, cacciatore, i bambini troppo “dispettosi”, “educati” a “sbrigarsela” sporca.
E così, dalla fortuita disavventura, nasce l’amicizia e l’affinità insospettata con uno “scemo”.
All’apparenza tale. Poco reattivo, poco appunto “in guardia”. Il Mondo è un posto perlopiù schifoso che non guarda in faccia proprio nessuno, anzi, ti punta il dito e ti “mitraglia” se sgarri, se non premi il “grilletto” quand’era il momento fuggente. Ti arrugginerai se non ti lavi dalla merda, se non te ne “levi dalle palle”. Se non ti dai una mossa prima che ti ruberan la “merenda” e anche le ragazze che sogni ma non tocchi, che guardi ma hai paura di baciare. Che sfiori di sorrisetto timido e poi scappi per non scopartele. Che c’è di male in una sana scopatina? Te lo dice Walt. Un pezzo grosso, un mandrillo “stanco” per chi la testa l’ha appoggiata sul comodino del “legnoso”. Del palloso. Han tante palle gli “uomini” che le han appallottolate nel saccheggio ruffiano e nella domestica “bontà”. Parenti che son capaci di “regalarti” un ospizio per “rabbonirti” e macellarti del tutto. Per macerare quello spicciolo di vanità che ancora hai, quella melodia jazz che tu hai sempre respirato nel frenetico gran casino che non vuole “auscultare”. Se la cantan…
Guarda un po’ Walt il “bestione” che tutti allontaneranno e disprezzano, trattan da “signore” ma poi odiano e lo relegano alla sua solitudine di (rim)pianti da non urlare per non disturbar la quiete cheta-“acquetta”. Per non dar “problemi” ai pantofolai veri. Ti spaccan il vetro di ricatti e intimidazioni, prendono in ostaggio il tuo Cuore per quattro risate in compagnia.
Per divertirsela “allegramente”. Tenendo in pugno quella famiglia di “cinesini”.
E tu, proprio tu Walt, che ti affezioni a Thao, il “tardo”.
Ah non è tardi per far piazza pulita e metter a posto chi l’ha fatta grossa.
Adesso, siamo arrivati allo stupro.
Il prete ti consiglia di perdonare, tu confessi i peccati di tutta la società, sei un Pennywise formato King of the Night.
E il Diavolo ha bussato alla tua porta, distruggendo la calma e i tuoi equilibri sonnolenti, già pronti a tirar fuori le unghie e l’artigliera “pesante”. No, non reagire, lascia stare, ecco la vocina della coscienza.
Ma tu non la vuoi sentire, vai avanti di “testona” tua.
Smonti “baracca e burattini”, t’incammini a casa dei lestofanti, e li sfidi. Estrai una pistola che non c’è, e t’ammazzano a sangue freddo.
A chi vuoi raccontarla? Alla polizia scesa sul luogo del delitto?
All’assistenza sociale? Alla tua pensione?
Ai figli “buoni?”.
No, tu sei andato lì apposta, con un chiaro intento. Stendere le loro vite da maiali.
Ma l’hai studiato bene, con l’istinto dello spietato…, duro a morire davvero.
Volevi incastrarli col tuo assassinio.
Perché il Mondo arrestasse chi ha ucciso, chi s’è spinto troppo oltre.

Darai e “intonerai” in dono a Thao la speranza di una via migliore.
Rabbrividiamo. Di gelo.
Di meraviglia.

(Stefano Falotico)

 

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