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La malattia mentale esiste davvero non soltanto nel Cinema e in True Detective? Oppure è una fandonia creata appositamente dalla psichiatria a mo’ di spauracchio per chi odia i geni che non credono all’eugenetica della mi… a?


28 Jun

van gogh schnabel dafoe

Inizio spiritoso per poi arrivare al finale malato… di metafisica.

Ora, che c’entra True Detective? C’entra eccome.

Nella prima stagione, così come le altre due, scritte da Nic Pizzolatto, Rust Cohle/Matthew McConaughey è malato di mente. La sua non è però una malattia mentale socialmente pericolosa, anzi, tutt’altro. È lui che, grazie al suo fiuto da tartufo, in virtù del suo pessimismo cosmico da Giacomo leopardi ante litteram e, forse, rispetto a lui meno letterato ma probabilmente più lettore dei libri di criminologia non scritti da egregi, noiosissimi dottori, bensì da provetti, privati investigatori alla pari di lui espertissimi di assassini seriali, perfino rispetto a lui più intuitivi e migliori, in maniera prodigiosa riesce a catturare lo psicopatico pedofilo e a smascherare non soltanto il maniaco sessuale, bensì anche le false congreghe di ciarlatani affetti da manie religiose.

Rust non è un fanatico, non è neanche un esaltato. È proprio un gran figlio di puttana nella sua accezione più figa di Michelle Monaghan e di Alexandra Daddario.

Invece, il suo “partner” esclusivamente lavorativo, Marty/Woody Harrelson, non soffre di nessuna patologia mentale, non è uno psichico, tantomeno uno da internare in un centro psichiatrico.

Però, a vederci chiaro, è in effetti malato del seno della Daddario. Mentre Rust sodomizza sua moglie e poi scatta la rissa fra i due amici/nemici che si danno più colpi di quelli rifilati a Rachel McAdams da Ray Velcoro/Colin Farrell nella seconda stagione.

Anche Ray è malato.

Difatti, è tanto certosino e impeccabile nel suo lavoro quanto borderline e facile alle botte da dare non solo a Rachel, bensì a ogni ragazzino bullo, indubbiamente disturbato, che fa lo sbruffone con suo figlio “ritardato”.

Vince Vaughn, invece, è manesco, è un puttaniere conclamato ed è un fesso mai visto.

Sì, sua moglie è una fessa incredibile, nel senso meridionale del termine (fessa infatti, al sud, significa gran pezzo di patonza che, a sua volta, si dice in Toscana, maremma maiala!), eh già, Kelly Reilly.

Oramai specializzata in ruoli da mangiatrice di uomini, “rinomata” nella parte della bagascia di bell’aspetto che può cavalcare sia Kevin Costner, ovvero MrBalla coi lupi, di Yellowstone che un nerone come Denzel Washington di Flight.

Nonostante ciò, Vaughn la tradisce con delle meretrici di bassa sega, no, lega.

In ciò, va detto, assomiglia a Stephen Dorff. Uno che, alla pari di Bret Michaels, riuscì a fottere Pamela Anderson.

Mentre, in Somewhere, Stephen inchiappettò Laura Chiatti. Secondo me, non solo nella finzione.

Con buona pace del cornuto di Marco Bocci.

In True Detective 3, Stephen interpreta la parte, per l’appunto, del tipo piacione un po’ coglione e, nel finale, molto panzone ubriacone.

Stephen, in questa serie, non è malato di mente. Di bionde, nel senso stavolta di birre, sì.

Ha pure la parrucca biondissima!

Mentre Mahershala Ali diviene progressivamente demente e non ricorda più quasi niente.

Vi garantisco, comunque, che Carmen Ejogo è una passerona che non si dimentica facilmente.

Ora, perdonatemi. Non ho più voglia di scherzare e sdrammatizzare.

Avverto un blackout dietro di me, qualcosa di enormemente bergmaniano.

Negli ultimi anni, quasi tutte le persone a me care, purtroppo, sono morte.

E anch’io non mi sento bene.

Più che malinconico, sono nostalgico.

Ma forse qualcosa è rimasto, qualcosa echeggerà eternamente.

La mia anima vivrà per sempre.

Non è un testamento funebre ma una presa di coscienza lapidaria.

Ecco, detto questo, elenchiamo dei film ove i protagonisti sono, in un modo o nell’altro, dei pazzi.

Blown Away – Spazzato via:

Ecco che si riforma la coppia formata da Corey Feldman (identico nell’aspetto a un mio ex amico delle elementari e delle medie, Marco Trasatto) e dal compianto (da chi?) Corey Haim.

La loro patologia consiste in questo: perdono la testa per la stessa donna, cioè Nicole Eggert. In tale thriller erotico girato col culo. Un film, diciamocelo, del cazzo.

Non guardatelo, scaricatevi solo le clip in cui Nicole si mostra più e più volte generosamente ignuda.

Comunque, a Nicole Eggert e a Pamela Anderson, ho sempre preferito Marliece Andrada. Anche lei bagnina bagnatissima di Baywatch e sicuramente una che, come Alexandra Paul, soprattutto di Christine, può trasformare un nerd come Keith Gordon in Flash Gordon.

Proof:

qui, Anthony Hopkins, dopo essere stato il celeberrimo cannibale de Il silenzio degli innocenti, interpreta la parte di un genio matematico impazzito. Il quale non riesce neppure a capire che sua figlia, incarnata da Gwyneth Paltrow, la diede a Brad Pitt.

Dire, cazzo, che Anthony e Brad girarono assieme Vento di passioni. Anche Vi presento Joe Black.

Pare che Pitt e Claire Forlani non abbiano mai avuto alcun tipo di relazione sessuale e/o sentimentale.

Sì, questo lo andranno a dire a quella zoccola di Angelina Jolie.

Andiamo avanti…

Qualcosa è cambiato:

qui, Jack Nicholson interpreta la parte di un misantropo che scrive romanzi d’amore. Ma che significa?

Allora, odia l’umanità o non gliela fa? Lo sa Helen Hunt.

Per riuscire a farcela…, Jack prende le pastiglie, cioè gli psicofarmaci.

Molti di voi, invece, non abbisognano di pasticche come il Viagra.

Non gliela fate manco con questo/e. Ah ah.

Joker:

non so se ne siete stati informati. Questo film è la storia della mia vita.

La mia esistenza è stata plagiata da Todd Phillips e da Scott Silver.

Ho chiesto il risarcimento danni all’Infortunistica Tossani. Ma come? Ho pure vinto l’Oscar come miglior attore protagonista? No, l’ha vinto Phoenix.

Insomma, ‘na tragedia. Ah ah.

Rambo:

qui, Stallone, dopo essere impazzito a causa degli orrori del Vietnam, dà di matto.

Sicuramente meno, comunque, rispetto allo sceriffo e ai suoi scagnozzi fottuti. Non solo nel cervello.

Risvegli:

una malattia chiamata encefalite letargica. Un miracolo inaspettato. Peccato che duri pochissimo. Quasi quanto la corta durata di Stand by Me di Reiner. Una magia e un magnifico ricordo che finiranno solamente nel brevissimo, impercettibile tempo di un’estate bellissima.

A Beautiful Mind:

discreto film, assai retorico. Nemmeno una donna bella come Jennifer Connelly riesce a salvare un genio dalla follia.

Neppure il suo amore riesce a curarlo dai suoi demoni…

E che se ne fa John Nash del Nobel?

Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità:

forse l’arte, la fantasia, l’immaginazione salveranno il mondo da ogni aberrazione e da ogni ipocrisia.

Forse, la forza della grandezza artistica permetterà a Vincent di essere un grande uomo come il Pasolini descritto da Abel Ferrara. Ancora una volta, strepitosamente aderente al viso cristologico del leggendario Willem Dafoe.

di Stefano Falotico

Il signor Nic Pizzolatto si decide a scrivere la quarta stagione di TRUE DETECTIVE o sta mangiando solo la pizzaiola con la pummarola ‘ncoppa?


04 Jan

rust cohle true detective

Sì, io mi sono sempre chiesto quanto segue: gli sceneggiatori di Hollywood, dopo essersi dedicati ad allestire, per filo e per segno, per virgola e doppie punte, no, doppi punti, i loro script, che fanno nel tempo libero?

Per esempio, si sa benissimo che Sean Penn nel tempo libero scopi tutte le donne libere. Non tutte perché è umanamente impossibile ma quasi tutte sì.

Ora, obietterete voi. Sean Penn è un attore, non uno sceneggiatore. No, è regista e le sceneggiature di The Gunman, di Lupo solitario, Tre giorni per la verità e Into the Wild le ha scritte lui.

Infatti, The Gunman lo diresse Pierre Morel e ne venne fuori una schifezza improponibile ove c’è pure Jasmine Trinca, la donna più antipatica di tutti i tempi. Infatti, fu scoperta da Nanni Moretti, il quale la dovrebbe finire di criticare il signor Al Pacino e scoparsi finalmente Laura Morante.

Sì, secondo me, Nanni non scopò mai Bianca. Al massimo, ne La stanza del figlio, ficcò la scena in cui le baciò il seno poiché Laura ama Henry- Pioggia di sangue.

A mio avviso, Nanni è un uomo socialmente pericoloso. A forza di fare il moderato di Sinistra, il troppo Caos Calmo lo indusse a sodomizzare Isabella Ferrari. Isabella fu il sogno erotico di molti italiani, fu l’amante di Gianni Boncompagni e, ne La grande bellezza, si fece ingroppare da Jep Gambardella.

Insomma, Nanni, tu che ami i pasticceri trozkisti, te la sei fatta… con una borghese da Sapore di mare e Sotto il sole di Riccione? Ci mancava solo Tommaso Paradiso che, mentre lei fu terrorizzata dalla tua aggressiva sodomia, cantasse a Isabella… no, non avere paura…

Comunque, Nic Pizzolatto, nel tempo libero credo che guardi a ripetizione Habemus Papam. Sì, Nic studiò tutto il pessimismo cosmico, è un trascendente metafisico, adora la spiritualità creatasi in seguito a conflitti psicologici di natura ermetica. Questa è ermeneutica, poveri cazzoni come Woody Harrelson. Non sto dicendo, stavolta, stronzate. La prima stagione di True Detective è intrisa di dolore, è la via crucis di Rust Cohle. Infatti, nel finale, quando è sul letto d’ospedale, pare Gesù Cristo. Rust è come il Papa, in un certo senso. È un uomo che dice espressamente che non è un tipo da feste.

Poi, non so se abbiate notato. Quando tradisce l’amicizia del suo partner, sodomizzando la sua compagna, urla come se fosse Willem Dafoe di The Last Temptation of Christ. Fu colto dalla tentazione verso la Maddalena/Michelle Monaghan e non riuscì a reprimersi. Animalescamente quasi violentandola e poi, imbestialito, maledicendola come se fosse stata il diavolo. Perché, sostanzialmente, è religioso. Non della fede cristiana, bensì di un personale codice morale che lo obbliga, inconsciamente, a sentirsi in colpa.

Ci sono considerazioni più ampie all’opera. Principalmente, l’idea di quello che ci è dovuto in quanto società per le nostre reciproche illusioni… Questo è quello che pensi. L’avete mai fatto? Li guardi negli occhi, anche in una foto. Non ha importanza se siano vivi o morti. Puoi comunque leggerli. E sai cosa capisci? Che loro l’hanno accolta. Uhm, non subito ma proprio lì, all’ultimo istante. È un sollievo inequivocabile. Certo, erano spaventati e poi hanno visto, hanno visto per la prima volta quanto fosse facile lasciare, lasciarsi andare. Hanno visto in quell’ultimo nanosecondo, hanno visto quello che erano, che noi, ognuno di noi e tutto questo grande dramma non è mai stato altro che un cumulo di presunzione e ottusa volontà. E allora puoi lasciarti andare. Alla fine non devi aggrapparti così forte per capire che tutta la tua vita, tutto il tuo amore, il tuo odio, la tua memoria, il tuo dolore erano la stessa cosa. Erano semplicemente un sogno, un sogno che si è svolto in una stanza sprangata. E grazie al quale hai pensato di essere una persona.

E, come in molti sogni, c’è un mostro che ti attende alla fine…

Tale discorso di Rust/Matthew McConaughey, ribattezzato Filosofia dell’esistenza, è molto bello ma gli americani lo definirebbero predictable, cioè moralistico ed effettistico. Ma la regia di Fukunaga lo rende appassionante così come la sentita recitazione di Matthew. È un discorso, in un certo senso, di natura pasoliniana. Sintetizza anche ciò che dice William Petersen nel finale di Manhunter… Alcuni, nel silenzio degli innocenti, non ce la faranno, purtroppo. In tanti accetteranno di resistere, sì, vivranno nella cosiddetta resilienza, mentendo a sé stessi per sopravvivere. Ma saranno da tempo morti dentro. Altri moriranno del tutto. E torniamo a Moretti e al suo omaggio a Pasolini di Caro diario. Il mostro per loro non sarà Errol Childress, bensì la società lupesca, da Pasolini definita porcile… Alcuni impazziranno come Arthur Fleck/Joker, altri soccomberanno e si adatteranno di malavoglia. Soffrendo enormemente ma nascondendo la tristezza dietro balletti e canzonette. Lo stesso Errol Childress è/era uno di loro. Il quale però, anziché morire nell’anima, optò per il satanismo, trasformando le sue paure nell’ululato del cannibale… Persino Rust è un vinto. Ma non si dà per vinto. Combatte e cerca la luce, malgrado sappia che forse non esiste. Questa sua forza lo contraddistingue. È la stessa forza che mantiene in vita Wayne Hays/Mahershala Ali. Non riuscirà a risolvere l’enigma in quanto addirittura ammalatosi di demenza. Probabilmente, i bambini giammai scomparvero e fu tutta una sua fantasia generatasi dall’essersi perso lui stesso in Vietnam.

Propongo una sfida a Nic Pizzolatto.

Come sentii un mese fa per radio da una criminologa, non esistono, se non pochissimi, film o serie televisive sulle serial killer donne. Secondo questa donna, le assassine seriali non è vero che non esistano. Sarebbero anzi, a suo dire, persino in maggioranza rispetto agli uomini. Ma la cultura maschilista non è interessata alle donne “mostre”. Poiché l’uomo moralmente sano è affascinato comunque dalla sua parte diabolica mentre non gl’importa nulla del suo lato femminile più perverso. Ed è per questo che si diverte a bullizzare gli altri maschi. Poiché, in realtà, chi fa del male lo fa per esorcizzare il suo incubo peggiore. Cioè, non è un uomo, è una donna che ha paura di esserlo.

Ecco, per questo nuovo anno, vorrei chiedere a Nic, se potessi e se lo conoscessi, di scrivere il copione di un ipotetico True Detective 4 con protagonista la reincarnazione di Chris Walken de La zona morta. Però, stavolta non scoprirà lo stupratore uomo, bensì la strega cattiva. Ma, visto che Nic non sa neppure chi io sia, lo scriverò io.

Incipit:

la città era avvolta nel buio e un’insegnante dell’asilo nido, apparentemente integerrima, stava rientrando a casa. In città corse subito voce che fosse una donna perennemente sola, senza un compagno. E che, durante le notti lugubri e tempestose, praticasse magia nera, sacrificando i bambini della sua migliore amica. Era solo una maldicenza. Tale donna non era capace neppure di cucinare un uovo al tegamino, figurarsi se poteva soltanto immaginare una mostruosità del genere. Nei momenti di noia, al massimo guardava Chi l’ha visto? Ah, lei sicuramente credo che non l’abbia mai visto. Che cosa non avrebbe visto? Come che cosa? L’uccello. Cosa se no? Al che, frustrata come non mai, alla mattina faceva la sadica sulle povere creature, inveendo loro contro perché ben conscia che loro, un giorno, l’avrebbero infilato in qualche coscia mentre lei lo prese in culo come un bel vestitino rosa.

Secondo me, come inizio fa schifo al cazzo ma potrebbe svilupparsi. Certamente, non in questa donna, in questa qui non si svilupperebbe neanche se fosse bella come Jodie Foster. La quale è lesbica. E ho detto tutto.

Che cosa avrei detto? Non lo so, chi ha orecchie per intendere, intenda, chi è ricchione canti con Alan Sorrenti la sua intramontabile hit, Figli delle stelle. Basta che a me non scassi ù caz’ e viviamo tutti felici e contenti. Forse lei è un cornuto, lo sa?

 

di Stefano Falotico

Un anno di Cinema è oramai andato, è iniziato Cannes, non m’interessa tanto, non sono più il tipo da Croisette, aspettiamo la prossima stagione


15 May

eastwood mule

Ora, domani esce John Wick 3. E chi se lo perde? Sono diventato un fanatico di questa serie.

Dalle critiche che ho letto, questo terzo capitolo pare pure superiore e più violento dei primi due messi assieme. Nonostante il consenso altamente positivo della Critica, però ho letto anche qualche recensione negativa. Alcuni hanno affermato che, sì, Chad Stahelski pare aver indovinato la formula vincente ma lo stile non si è rinnovato molto. E sa di ripetitivo. Due ore e mezza di botte da orbi, arti marziali, pistolettate e il solito Keanu Reeves scatenato rischiano, alla fin fine, di annoiare. E per il quarto si presuppone che ci possano essere delle varianti appetibili. Altrimenti, sarebbe meglio chiuderla qui.

Detto ciò, il film di Jarmusch, uno dei miei registi preferiti, The Dead Don’t Die, pare che sia andato molto male. Dopo un filotto di film delicatissimi e bellissimi, Jim ha toppato.

E questo film di zombi alla Romero, che voleva essere nelle intenzioni, travestite da horror demenziale, una critica sociale all’America di Trump, sembra che rimanga assai in superficie e che Jim, stavolta, abbia peccato di troppa compiaciuta autoreferenzialità.

Io non l’ho visto, non posso esprimermi dunque giudiziosamente. Mi attengo, per ora, a quello che mi dite voi che l’avete visionato a Cannes.

Detto ciò, è periodo di fiacca. Il Cinema andrà presto in vacanza.

Quindi, tralasciando qualche ultimo colpo dell’ultima ora, quali sono stati a conti fatti i film migliori di quest’annata 2018/19?

Al primo posto della mia personalissima classifica, ovviamente The Mule di Clint Eastwood.

Un film che, come ho scritto nella mia recensione, parte maluccio, sembra un b movie becero e persino volgare. Poi, nell’ultima mezz’ora, Eastwood compie un prodigio da maestro numero uno.

Ribalta totalmente ogni prospettiva.data per assodata. E The Mule diventa un film emozionantissimo, commovente come pochi.

Ce la vogliamo dire? Un capolavoro. Forse non all’altezza delle massime opere di Clint, quali sono Gli spietati Gran Torino, ma ricordate: un film apparentemente minore di Eastwood, come possono essere stati Debito di sangue e Fino a prova contraria, vale mille film dei cazzoni che vanno ora di moda oggigiorno. Film girati col culo e interpretati da attori di merda.

Al secondo posto, Green Book. Oscar sostanzialmente meritato. Molto retorico ma di una retorica che sa il fatto suo. La storia di due sfigati, di due esclusi. Di un buttafuori cafonissimo, un italoamericano non educato alle buone maniere, e di un nero, un genio della musica però emarginato non solo dai bianchi, bensì persino dagli stessi neri che dovrebbero accettarlo e invece lo sfruttano solamente per il suo talento, fregandosene della sua anima.

Alla fine, il personaggio di Mahershala torna a casa e saluta con altezzosità il suo amico. Si accorge che è ricco, servito e riverito dal maggiordomo ma è anche solo come un cane.

E forse è meglio quel suo amico ignorantone rispetto a tanti illustri, altolocati stronzi che, sì, lo riempiono di soldi ma non gli danno niente a livello umano.

Anche qui siamo dalle parti del capolavoro, a mio avviso.

Dunque, Benvenuti a Marwen, il film più sottovalutato probabilmente di tutti i tempi. Film magnifico con un grande Steve Carell. Un film tristissimo ma, come i due precedenti succitati, umanissimo.

E quale sarà il film migliore del prossimo anno?

Voi avete dei dubbi? Martin Scorsese torna a lavorare con Bob De Niro e, per la prima volta in vita sua, vi è Al Pacino in una sua pellicola.
Ho tanta paura che non sarà il capolavoro assoluto che noi tutti ci aspettiamo.

Ma invece lo sarà.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

JOKER with Joaquin Phoenix: C’est la vie, Life is a KILLING JOKE, uno scherzo del destino e del delfino


26 Apr

58419319_10213517754401103_2948840583117930496_nIl Joker in carne, pelle(r)ossa…

Molti attori invecchiano male, io sono un caso Falotico da Benjamin Button, più invecchio più ringiovanisco

Uno dei massimi aforismi del grande John Belushi è stato questo:

I miei personaggi dicono che essere incasinati va bene. La gente non deve necessariamente essere perfetta. Non deve essere intelligentissima. Non deve seguire le regole. Può divertirsi. La maggior parte dei film di oggi fa sentire la gente inadeguata. Io no.

Sì, la gente con me si è sentita sempre a suo agio. Talmente a suo agio da mettermi a disagio. Paradossale, no?

Sì, la gente, entrando in contatto con me, pensa immediatamente: possibile che questo sia così libero e non venga sfiorato minimamente dalla visione moralistica, pedante, meritocratica, oserei dire fascista, sessista, razzista e segregazionistica a cui noi invece, non essendo nietzschiani, abbiamo paurosamente abdicato? Sbriciolandoci nel marciume più becero?

Abiurando allo squallore quotidiano, prostituendoci alle meschine trivialità per simpatizzare col prossimo in un carnaio fintamente goliardico, invece cupissimo ove, tra sfottò, derisioni da Amici miei, scherzetti crudeli, ci contentiamo di prendere tutto alla leggera poiché oramai siamo avviliti, scoraggiati e delusi da tutto. Inneggiando al folclore più edonisticamente mendace?

Ma questo cosa vuol fare nella vita? È un uomo utopistico, anacronistico, giammai solipsistico, a differenza di noi che siamo egoisti, egotisti e abbiamo pure le gote che emanano una mestizia espressiva paragonabile a quella delle sfingi?

Sì, viviamo in maniera faraonica, ci addolciamo con le nostre faraone, cioè quelle donne rugose e noiose che adorano i manicaretti più oleosi e quel piatto culinario apprezzato per la prelibata, rosolata sua carne cucinata per giornate festose. Ove tutti falsamente ridono, seduti a tavola, gozzovigliando avidi e porcelleschi e, nei loro cuori, umidi, oramai asciugati da ogni pura emozione, quindi putridi, son stati cannibalizzati nei loro sentimenti più veri. Compiacendosi, disgustosamente, del fetido, freddo cibo esistenziale, oserei dire da animali?

Eh sì, ci vorrebbe un Tito Andronico per dar sangue a quest’umanità spolpata, dissanguata, questa realtà antropofagica come ne Il silenzio degli innocenti.

Una società ove tutti voglio essere bellissimi, in formissima e, invece, in tal tripudio oscenamente volgare, da best looking men son diventati il peggio dei dementi?

Immagino il povero Val Kilmer, adesso putrefatto dal Cancro, e molto me ne dispiaccio, colui che è stato Cristo, no, Chris in Real Genius e anche Chris in Heat, un uomo insomma Top Gun che, a mo’ del suo personaggio nell’appena citato, eccitante capolavoro di Michael Mann, sconsolato perché tirava brutta aria con Ashley Judd, una molto più figa della Sconsolata, cioè a lui per questa tira ancor di brutto ma lei l’ha stirato forse per uno meno bello, domanda a colui che ha incarnato God’s lonely man di Taxi Driver, ovvero Bob De Niro, se è solo.

E Bob, con aplomb da gentleman, con signorilità invidiabile e soffice sussurrio melodico da ieratico imbattibile, gli risponde che è un solitario ma non è una persona sola.

Ho letto proprio oggi un articolo sulla solitudine sul sito aprilamente.info in cui si afferma che è meglio stare soli piuttosto che in compagnia di gente che ti fa sentire sola.

Ah, questi qua hanno fatto la scoperta dell’acqua calda.

Ecco, all’articolista di questo post, sì, credo sia una donna, direi ciò:

– Ecco, vede. Lei è una psicologa, giusto? Per arrivare a questa conclusione, a cui io ero arrivato già a 14 anni, per laurearsi dunque in psicologia, deve aver sofferto molto di aridità e di mai sanate psicopatologie, no?

Più che aprire la mente, direi che è giunta l’ora, signora cara, di aprire qualcos’altro.

E scoprirà acqua rovente.

 

Ah ah.

Sì, dovreste fare rewind come l’omonima canzone “scandalosa” di Vasco Rossi per azzerare e riscaldare tutti i vostri finti pudori polarizzatisi nelle depressioni bipolari. Che raffreddamento, mio dio, propongo una vita all’aria aperta. Prenderete il raffreddore e qualche uccello che vi cagherà in testa, cioè qualche stronzo che non v’inculerà, ma comunque sarà una boccata salubre.

Altrimenti, vi ridurrete come una Mummia alla Brendan Fraser, avrete fisici palestrati e tartarughe magnifiche ma uno sguardo da pirla, vuoto come in George re della giungla…

Ah, La febbre del sabato sera non scorre più nelle vostre vene. Adesso, pur di rimanere a galla, economicamente parlando, centellinate avarissimi ogni vostra magnanimità emozionale, siete venali, avete i parrucchini sopra i portafogli in quanto avete paura di mostrare la vostra ricchezza apparente e orrendamente appariscente, vi camuffate nelle chirurgie facciali per oscurare le vostre anime di plastica.

Un tempo eravate amabili Friends. Poi vi siete montati il cervello. Quindi, dopo aver montato un paio di belle donne, spompati ed esaltati, siete entrati in rehab come Matthew Perry.

Afflitti dal vostro mal di vivere e di pancia incurabile, siete adesso bolsi. E indagate sulle vite altrui come Perry Mason.

Pensate a Marilyn Manson, ad esempio. Un tempo era gagliardo, tosto, incazzato. Adesso pare il cioccolatino Lindt, l’ovetto pasquale bianchissimo che mi son pappato nel giorno della resurrezione di nostro Signore il salvatore, miei peccatori.

Una schifezza. Si è rincoglionito.

Ingannevole è il cuore più di ogni cosa… e invece è palese oramai ogni goccia di Valium che Manson ha preso in faccia.

Uno mi ha scritto che morirò segato. Alludendo al fallo, fatto che, odiando quest’umanità di fighette, creperò nelle mie masturbazioni non solo mentali. Poiché pretendo sempre una vita fighissima invero impossibile.

Gli ho risposto che è meglio morire segato piuttosto che trombato e anche trombone.

Ci è rimasto, appunto, come un coglione:

– Che vorresti dire?

– Quello che ho detto.

 

Sì, vi siete ridotti come nel più patetico film di Carlo Verdone, Compagni di scuola.

Mentre io sono l’unico uomo che riesce a essere questi tre personaggi agli antipodi in un batter d’occhio.

Questo può anche non piacervi ma, se dite, voi donne, che non è piacente, fatemi il piacere.

 

 

 

di Stefano Faloticogreen book viggo

This image released by Universal Pictures shows Mahershala Ali in a scene from "Green Book." (Universal Pictures via AP)

This image released by Universal Pictures shows Mahershala Ali in a scene from “Green Book.” (Universal Pictures via AP)

eastwood the mule

Luke Perry è stato colto, come sapete, da un ictus, io fui colto poi meno, mi colpirono peraltro vari raptus e anche dei velociraptor, ma sono sempre Lucky Luke and rides again


02 Mar

luke-perrylukeperry

Sì, il povero Luke è ridotto assai male. Devastato. E forse, mentre scrivo questo pezzo, sarà già deceduto.

Povero, salutisticamente parlando, invero molto ricco. Ha una villa a Beverly Hills 90210? Mah, forse anche due.

Ora, voi non sapete e non avete mai saputo un cazzo della mia vita.

Io conosco Luke Perry come le mie tasche. Poiché, quando frequentavo le scuole medie, impazzava appunto questa famosa serie televisiva dell’epoca. Che, detta fra noi, io non ho mai cagato, se non per tirarmene qualcuna su Shannen Doherty. Ah no, non era male, Shannon.

Paragonabile alle ragazze di Non è la Rai di quel periodo. Il mio “foro” all’occhiello, ah ah, fra tutte queste sgallettate iper-scosciate, era Cristina Quaranta.

Stavo sul divano, molestandomi prima di svolgere doviziosamente i compiti assegnatici dai professori e, dopo pranzo, delizioso modulavo vellutato onanismi sfiziosi. Sognando la Quaranta messa a novanta con tutta la sua criniera bionda da ochetta per la mia oca un po’ (s)porca e un po’ pura com’è quel coso fra le gambe nel tumulto puberale dell’immaginare a lei anche un plateale anale oltre il corposo l(i)evitare.

Ah ah, l’ho detta!

Ambra Angiolini, no, non mi è mai piaciuta. Telecomandata da Boncompagni, sempre civettuola con un sorriso falso stampatole sulla faccia dalla finta, pubblicitaria rete commerciale di massa per antonomasia.

Adesso comunque è più allegra di prima, giulivamente ama le olive di Allegri e assieme, a letto, miliardari entrambi suonano la “pianola” Bontempi.

Ah, che tempi. Mi ricordo che ero molto amato dalle ragazze del mio coso, no, del mio corso.

Ragazze che, fra un gioco della bottiglia, un’algebra fatta di seni loro inversamente proporzionali ai brufoli crescenti, mi volevano ardente per testare “con mano” le prime lor esperienze bollenti.

E andiamo di rime baciate, un due tre stella. Ah sì, queste stelline bramavano il mio già scalpitante pisellino e io ero belloccio, niente da dire, niente da obiettare ma solo da uccellare fra prime, turgide inquietudini preadolescenziali e un già mio precoce pessimismo cosmico leopardiano.

Ah, che virtuosa candidezza macchiarsi nei sogni lievi e innocenti ma, fra il dire e il fare, era solo un dolce naufragar in questo mar(e). E poco amare eppur molto segare.

Mai marinai a quei tempi la scuola ma avrei voluto mangiar una ciambella alla marinara semmai con Antonella o Gabriella, sgranocchiando fragrante e cogliendo in flagrante qualcuna di queste intraprendenti, smaliziate pischelle, con tanto di zucchero a velo e un buco venuto bene… di miele… Che c’è di male?

Nella vita son stato più volte trombato ma mai dimenticherò quegli happy days in cui queste pulzelle, immaginandomi a loro nudo col mio tosto fringuello, non sapevano se paragonarmi a Jason Priestley o, appunto, a Luke Perry.

Io somigliavo più a Luke. Viso spigoloso, quasi alla Rupert Everett/Dylan Dog ma non ero stronzo come Luke, non erano visibili sul mio volto i tratti del lucky bastard ma una delicatezza allineata graziosamente a lineamenti più efebici, simili a quelli di Jason. Alla fine, non me la davano mai e spaccavo tutto come quello di Venerdì 13. Ah ah.

Ma quale Luke e Jason, io ero già un fan del Pelvis, sì, Elvis Presley. Un Cuore selvaggio da Love Me Tender.

Queste, in verità, dopo essersi sparate pure la seconda puttanata gemellata, ovvero Bayside School con Mario Lopez, qualche an(n)o dopo… si eran già fottute… anche il cervello. Smarrite fra le prime, agghiaccianti perdite di verginità con un “uomo” Massimo, di nome e forse di fallo, ma non di fatto, intellettivamente parlando.

Che scuoiava le loro pelli come Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti, leggasi simpaticamente, semplicemente che le deflorava, senza comunque andare oltre il lecito di fava…

Massimo non prometteva loro vite da favola ma le sverginava anche sul tavolo.

Poi sarebbe venuto per lui e per loro il Tavor.

Massimo il “bono”, il bovaro che fra una chiavata e l’altra, togliendo a queste qua gli Swatch e giocando di “splash”, intonava Ligabue… certe notti c’hai qualche ferita
che qualche tua amica disinfetterà…

Giochi di palle, di pallonari, di cazzari, di racchie e noie bulimiche con le racchette dello Squash.

Insomma, ho fatto bene io a non voler somigliare a Luke.

Meglio Bob De Niro. Vero, Juliette Lewis?

Idiota, non ci hai capito niente, eh?

Come diceva Terence Hill… in Lo chiamavano Trinità.

Te lo rifaccio, se vuoi.

Vi ho distrutto i cervellini, galline?

Il sottoscritto invero è un fuoriclasse come Mahershala Ali e se tu, maiale panzone, lo fai incazzare, diventa Rust Cohle. E te le suona di santa ragione. Mio puttanone.

A quel punto, fattela nelle mutande, stronzone.

Mai mettersi contro un metafisico-trascendente. Mai.

E mai scherzare con le vite degli altri. Perché, sai, dal cielo ti potrebbe cadere una mazzata devastante e ora capisci che significa… crescere.

E non giocare da adulto scemo con imbecilli proibizioni e castighi. Su, non siamo mica più bambini.

Non siamo mica più alle medie ove i coglioni alzano il dito medio e parlano, sognano ma non favellano.

Vero?

Ognuno nella vita vive come cazzo vuole.

E questa è la versione vera della storia. Non ce ne sono altre, imbroglione.

di Stefano Falotico

True Detective 3, episodio capolavoro, If You Have Ghosts, siamo tutti corvi e cornacchie


08 Feb

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THE CROW, Brandon Lee, 1994, (c) Miramax

THE CROW, Brandon Lee, 1994, (c) Miramax

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Nella tundra vi è sempre un corvo gracchiante, racchiante, cioè contro le racchie e i rachitici in quanto cantante melodico delle sue ansie.

Sì, cazzo quest’episodio cinque è bellissimo. Sempre più cupa questa serie, disperata, con l’indiano che dà di matto e compie una carneficina, un pedofilo inseguito da gente forse più matta di lui.

Arrivano sul posto gli investigatori Ali e Dorff. Ecco che assistiamo a una sparatoria pazzesca, appunto, fra teste esplose, esplosivi, uomini trivellati, crani maciullati, carni maciullate, petti bucherellati. Selciati spappolati, budella quasi defenestrate, pavimenti insanguinati, corpi mozzati e poliziotti inculati.

Ali è costretto ad ammazzare il folle. Ma sta male questo qui. È un vecchio che patisce la demenza senile, sua moglie Carmen Ejogo glielo rende di ebano, di frassino, duro come il legno massiccio. E loro, fra una scopata e l’altra, litigano. Mahershala, in canottiera, esibisce i bicipiti e con lei canta la canzone degli 883…

In questo regno dove tutto è permesso 

Lasciati andare e vedrai 

Che anche se non cambia niente è lo stesso 

Tu ti divertirai 

Nella notte 

Un ritmo che ti prende 

Nella notte

Ti sembra di volare 

Sì, un vero “libro della giungla” ove Mahershala, da gorilla King Kong un po’ Mowgli regredisce fra un’indagine e l’altra a scimmia scopante, scoppiettante, inculante. Con la sua banana sventolante, (f)rizzante, nella stanza da letto strusciante, allisciante, ammorbidente nel duro pompante con tanto di fendente molto ficcante. E, dopo la ficcata selvaggia con la scrittrice dei casi umani, diventa più malinconico di prima, forse ascoltando le lagne di Sanremo.

A parte gli scherzi. Veramente stupendo questo True Detective 3. Il finale poi è da commozione… cerebrale, anzi da cerebrolesi protagonisti che si sputano addosso le loro vecchiaie acidissime come Noodles e Max di C’era una volta in America.

Ecco che tornano i fantasmi del passato, Ali soffre di amnesia ma ricorda molto bene la testa di minchia di Dorff/West.

Oh, e devo ricredermi. Stephen Dorff, qui, non è male, cazzo.

E mi sa che questo sarà davvero il futuro che attenderà Dorff.

Dopo la sua giovinezza di fighe e, come dico io, figotte, dopo tante (ri)cotte, avrà la panza burrosa, berrà birra dopo aver fatto bere alle sue amanti la sua s… a e darà da mangiare all’unico amico rimastogli, uno a quattro zampe. Solo come un cane e con un cagnolino, appunto. Ad ammirare il tramonto… d’una vita che non più le arrostisce e le fa arrossire ma dolcemente è rosata come un vinello rosso di sera e l’ubriacatura si spera. Una vita senza più frecce al suo arco che però confida in un ultimo impeto da indagatore dei misteri irrisolti.

Sì, sì, mi attizza.

Quasi meglio della prima stagione. E peraltro mi hanno che nel prossimo episodio verranno citati anche Rust e Marty.

E intanto io faccio il Brandon Lee di turno con tanto di look da Johnny Depp e una voce più roca e possente di Mahershala.

Perché io so…

Piaccio ma me ne fotto!

Sì, molta gente di me non ha capito un cazzo.

Ma nemmeno io.

E in questo casino sono il re!

Donna, lo faremo in tua casina, nella cascina e, perché no, anche in cantina!

Amico, vai a fotterti!

Nemico, vai a morire ammazzato.

 

Ritornando su questa serie, sì, dimenticate la stagione 2 che per simpatia non volete stroncare e continuate ostinatamente a dire che è inferiore alla prima ma bella.

Ma bella di che. L’unica cosa bella è Rachel McAdams che comunque non ce l’ha fatta vedere come dio comanda.

Lasciamo stare le passerine e riflettiamo invece ancora su questo finale stupendo.

Due amici che non si rivedevano più da circa venticinque anni che si vomitano addosso tutti i loro rancori.

Ali è affranto, non ricorda quasi nulla, a stento riconosce il suo amico ed ex collega. E piange, sconsolato.

Ma vuole fare chiarezza su quest’orribile caso che lo sta tormentando da tempo immemorabile e a cui non riesce a venire a capo. Un puzzle indistricabile, i ricordi sono scollati.

E Dorff, dopo lo scatto furioso d’ira, osserva il suo amico e si commuove. Noi con lui.

Uno scambio di battute memorabile:

– Non ricordo più la mia vita. Non ricordo più mia moglie. Non lo so. Se mi dici che ho fatto qualcosa di sbagliato, ci credo. Ti chiedo scusa.

– D’accordo.

– Scusami. C’è questo fascicolo su cui sto lavorando. E lo rileggo ogni mattina. Il fatto è che mi mancano tanti pezzi-

– Ma alcune cose le ricordi? Cioè, sai chi sono, no?

– Sì, ma mancano altre cose.

– Ehi, ascolta. Se ti serve qualcuno con cui ammazzare il tempo, conta su di me.

 

Scena magnifica. The Crow è il miglior film di Alex Proyas assieme a Dark City, film quest’ultimo collegabile alle amnesie di Mahershala.

E mi sto maggiormente convincendo che questa sia una delle canzoni più belle della storia.

di Stefano Falotico

 

Il professore e il pazzo, in arrivo la nuova bischerata targata dalla premiata ditta Gibson & Penn, io amo le storie vere


02 Feb

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Non ne avevamo a sufficienza delle banalità fasulle e retoriche di A Beautiful Mind, di van Gogh e sulle soglie dell’eternità che (s)semplificano la follia con la facile dicotomia genio e sregolatezza? Quante altre volte dovremo sorbirci queste mistificazioni romanzate della realtà? E per quanto tempo, soprattutto, dovrò sentire pronunciare, perfino da psichiatri e persone che presupponevo essere dotte ed erudite, davvero sensibili e dunque umanisticamente profonde (anche se poi la psichiatria è una scienza assai poco umanistica e umana), la sciocchezza secondo la quale il genio va di pari passo con la pazzia? E viceversa? Non se ne può più di una madornale, colossale stupidaggine del genere.

Luoghi comuni veramente insopportabili, verità che di vero non hanno nulla, apoditticamente sacramentate e snocciolate con una faciloneria da lasciarmi esterrefatto. Basito, sconvolto, luttuosamente afflitto. Ah ah.

Sono proprio stufo, asfissiato da queste idiozie, da queste plebiscitarie, amene puttanate sesquipedali a cui solo oramai la vostra inguaribile, immedicabile dabbenaggine può ancora abboccare.

Ieri, ad esempio, sono tornato al cinema. Da tempo appunto immemorabile non me ne recavo. Non perché non mi piaccia assistere a un grande film sul grande schermo e ascoltar dunque ogni vibrazione sonora d’un meraviglioso audio perfettamente calibrato di casse gigantesche, bensì perché sono intollerante alla massa. Ciarliera. Il loro chiacchiericcio, durante la proiezione, mi avvelena le arterie, queste persone sono vomitevoli quando parlano ad alta voce durante, semmai, la scena topica d’una pellicola, e rovinano la magica atmosfera sacra di un film, appunto, visto al cinema, sgranocchiando patatine e non solo quelle piluccate col ketchup, ma leccando e sbaciucchiando le loro topine donzelle ignorantissime che vanno a vedere un film vestite come se battessero sui viali e forse, durante il trailer di Un’avventura con la scema ma “bona” Laura Chiatti, hanno rimembrato il loro piccolo (borghese) grande amore. Passando da Mogol e Battisti a Claudio Baglioni in un nanosecondo. O sol in un nano, il loro ragazzo. Ricordando quando incontrarono Michele, soprannominato Michael nel loro puzzolente ambiente camionistico di porchette e salamini arrosto, di calze a rete e unghie laccate fuxia coi cuoricini fluorescenti sul mignolo sinistro e anellato, e furono sensazioni a pelle, soprattutto a palle, a palla. Sì, Michael, un vero “duro”. Un tosto, un bellimbusto tronista alla De Filippi che ha sempre il ciuffo che non deve chiedere mai e una barbetta “sexy” su rasatura Gillette con tanto di basette e cultura, soprattutto, bassissima. E in autoradio ficca puntualmente Marco Mengoni! Ed è anche un “fine” culturista, cazzo, mica un minchione che suona Chopin. Sì, dopo aver imparato a memoria le trigonometrie per pigliarsi la laurea da ingegnere edile (dal quale non mi farei costruire neppure la casa di Barbie, a proposito di sue bamboline dalla mente assai de-strutturabile, plagiabile e condizionabile, spesso franabile in lamentose crisi isteriche) coi punti di sutura delle sue leccate di culo a docenti più trogloditi di lui (infatti questi qua ascoltano Laura Pausini che canta in coppia con Antonacci perché, sì, sanno eseguire la planimetria di un grattacielo ma non hanno saputo nelle fondamenta allestire la loro vita, oramai crollata senz’alcun basico piano regolatore, e non sanno neppure riallacciarsi le scarpe) va in palestra ove solleva pesi mentre su occhio marpione s’infoia già (s)pompato sulle forme scolpite d’una ragazza che fa pilates su e giù di glutei marmorei mescolata a una “storia in diretta” d’Instagram e sa rafforzare la tempra di un “bravo” ragazzo, già da codesta colpito, modellato e tornito, adoratore delle donne coi coglioni. Donne con forte personalità da marmittoni e, più che da esercito disciplinato, da amplessi indisciplinatamente schifosissimi dentro caseggiati abusivi con vista sul cemento armato e murales più brutti dei loro tatuaggi. Godendosela da matti nel bilanciere dell’ipocrisia guardona da futuro dottorino ex geometra-calcolatore di una bellezza giovanile da lui edonisticamente mal soppesata. E sentita.

Poi, è passato il “provino” de Il primo re. Col bell’uomo Alessandro Borghi. Che non voleva sporcarsi troppo la faccia con Stefano Cucchi ma far capire che, malgrado la finzione veristica d’una tragedia orribile, conserva il fascino macho di uno che ancora cucca, mostrando bicipiti e tartaruga tra boschi non piliferi ma cosparsi di fango da Niccolò Ammaniti.

Sì, ero nella multisala The Space Cinema, vicino zona Rovere qui a Bologna e ho visto il filmato “muscoloso” di tal pacchiano regista imitatore nostrano del Mel Gibson di Apocalypto.

E mi sono chiesto: perché a quel razzista di Salvini non regaliamo il volantino Green Book? Così, anziché essere un moderno duce, capirà cosa significa, anzi significhi, la segregazione e sapere che, in una sua seratina da illuso morto non di fame ma di figa della ex Isoardi, è invece un immigrato sui barconi che fortunatamente s’è salvato ed è riuscito a sbarcare a stento e di stenti nella nostra penisola, però morirà lo stesso perché nessun ristorante “mafioso” della Sicilia ospiterebbe mai a cena uno di colore.

Ma non perché i siciliani siano cattivi e “padrini” con chi è un saraceno bensì perché anche un popolo “arabo” (e Dennis Hopper di Una vita al massimo docet) ha subito oggigiorno il lavaggio del cervello di un porcellino con la panza piena. Che adora senza dubbio Barbarossa di Renzo Martinelli!

Ma non perdiamoci in Salvini e persone non salvate per colpa di gente che ha travisato a sua immagine e somiglianza fascista le parole del Salvatore!

Non basteranno mille salviette per salvarci da questo scempio d’imbarbarimento culturale ai limiti del cannibalismo più oscenamente “progressista”.

No, saranno lacrime amare, anzi, solo lacrime in mare…

Le calotte polari si stanno sghiacciando per colpa del riscaldamento termico dovuto al buco dell’ozono del cervello annacquato di Salvini? Qual è il problema. Questa nostra Waterworld deve tornare coi piedi per terra e non illudersi nemmeno che i 5 Stelle potranno risolvere la siccità dando il reddito di dignità a chi, ahinoi, soffre davvero di cecità, abbisogna di un assistenzialistico sostentamento a differenza invece di chi è così paraculo, stolto e miope che si fa prendere bellamente incosciente per minorato mentale e “diversamente abile”. Quando invero vuole soltanto riscuotere l’assegno di mantenimento e far la bella vitarella coi soldi di chi si fa il culo, anche intellettualmente, e non è disposto a farsi inculare come un “negro” da questi demagoghi screanzati e moralmente ripugnanti.

Con le loro bugie e artificiali terre promesse… tese e sottese a (s)fotterci.

Basta con questi (ter)ragni, non mi farò intrappolare nella loro rete. Lungi da me abdicare a queste fregature, non mi farò mangiare vivo.

Ho una mia integrità da portare avanti a costo che mi sbudellino.

Ma non perdiamoci nel nazional-popolare e soprattutto nel loro populismo d’accatto(ni).

Dicevo…

Green Book è davvero molto bello. Sparatevi… la mia recensione e non confondete i film sentimentalmente pregiati per pellicole retoriche. Fatemi il piacere! Aiuto, mi ci vuole un paciere, anche un posacenere, vogliono bruciarmi e aspirarmi nelle loro vite già arse. Vogliono incattivirmi, spronandomi a cedere alla loro “poetica” cinica, belligerante e stronza. No, giammai.

Non affogherò nonostante, appunto, l’alta marea.

Prima, ho citato Mel Gibson. Sì, un uomo che non ho mai capito se è un bovaro, un titano della Settima Arte, un cazzaro, un alcolista manesco con le sue ex donne, un uomo di sana passione cristologica, un repubblicano o un democratico, un puttaniere assurdo o un genio assoluto.

Ma è tornato in pompa… magna, sta girando film come se fossero noccioline e sta preparando il remake de Il mucchio selvaggio.

Sì, costui è indubbiamente pazzo. Ci vuole la camicia di forza! Non sta fermo un attimo. Ma cos’è? Uno stacanovista, un ebefrenico, un epilettico, uno schizofrenico o semplicemente uno a cui piace vanitosamente essere al centro dell’attenzione?

Nella sua carriera d’attore, parallelamente a quella di controverso regista cazzuto, ha fatto un po’ di tutto. Ma mai avrei potuto pensare che Mad Max e mister Lethal Weapon potesse un giorno interpretare la parte di un professore universitario.

Sì, non so se avete mai letto lo splendido fumetto Il grande Blek. Mel Gibson, in questo film, The Professor and the Madman, è una sorta di Professor Occultis barbone e barbuto.

Che vuole aiutare e salvare la vita di Sean Penn. Uno che, fisiognomicamente, assomiglia al sottoscritto, il quale ne ha passate delle belle, per modo di dire, per essere eufemistici, ma a differenza del personaggio interpretato da Penn non ha ammazzato, sino a prova contraria, nessuno ma solo il suo uccello per molto tempo. E ho detto tutto.

Il Falotico, al di là di qualche alzata di testa da incazzato, è sostanzialmente un database vivente, enciclopedico, di attori e registi.

Conosce vita, morte e miracoli di tutti, tranne della sua vita. Ah ah. È consapevole di essere mortale, a differenza di chi vive nell’inconsapevolezza della sua finitezza e scherza sulle vite altrui con ignobile sfacciataggine, tanto da definirsi immortale, fa miracoli agli altri ed è un miracolato lui stesso con tanto di certificato psichiatrico che attesta non solo la sua recuperata, totale sanità mentale, con tutta probabilità solo turbata precedentemente da degli idioti, bensì anche la follia altrui che ha generato un casino della madonna di proporzioni bibliche.

Insomma, è il Genius.

Patente che si è auto-appioppato della quale vorrebbe disconoscere la sua paternità. Ma, ritornando nel mondo reale, ha capito che davvero è un genius. Un gigante in mezzo a dei pappagalli e a degli automi.

Perché non ha i soldi né di Mel Gibson né di Sean Penn. Ma è molto più bravo di codesti. Vorreste forse smentirlo?

Direi che, ah ah, possiamo per oggi fermarci qua.

Alla prossima, figlioli. Anzi, no…

Sì, Falotico è l’uomo che può rivaleggiare, in fatto di libri pubblicati, con Stephen King ma non può permettersi una villa nel Maine.

E mi sa che, assai presto, dovrà trovarsi un lavoro da Jack Torrance di Shining.

Impazzirà ancora? Ne dubito.

Vi racconto questa.

Il novantanove per cento della gente sulla faccia della Terra è pazza. Solamente che non lo sa. Perché non è mai stata esposta a situazioni davvero gravi o sfortunate tali che sia riuscita a prendere coscienza della sua malattia. Si chiama ipocrisia. E ignoranza.

Che culo. Non mi credete?

Prendete Rocco Siffredi. Lui scopa ragazzine e mamme da mattina a sera e la gente lo rende ancora più ricco, noleggiandosi i suoi filmetti. O guardandoseli in streaming. Poi, appunto, va al cinema mano nella mano con la figlioletta a cui fa vedere cose “sane e giuste” come Harry Potter.

Invece, Giuseppe, uno del mio rione, solo per aver detto troia alla sua collega di lavoro poiché lei gli ha fregato l’ufficio, succhiandolo al direttore, è adesso in clinica psichiatrica e credo che ci rimarrà per molti anni.

Questo non è moralismo né maieutica, non è pedagogia né retorica sinistroide. È la sconcertante verità.

E vi chiedo, per favore, di svegliarvi.

Non sono The Punisher.

Sono e non sono, oggi sì e domani no.

Come tutti.

Dunque, finiamola con le stronzate, cinematografiche, psichiatriche e non.

Non fanno bene a me, non fanno bene a te, non fanno bene in fondo a nessuno.

E come dice il proverbio, appunto verissimo: lo scherzo è bello quando dura poco.

Quando dura troppo è una mostruosità, un omicidio bianco e anche uno scandalo terrificante.

Per quel che ho imparato, in ogni storia di “follia”, vi è sempre di mezzo un vigliacco psicopatico che si diverte appunto da morire a coglionare il prossimo, giocando sulle suggestioni e il potere ricattatorio di un vantaggio psicologico. Ci sono molte lampanti verità che, per quieto vivere, si preferisce zittire.

E ci sono situazioni “incontrollabili” che, anziché chiarire con coraggio, si preferisce seppellire nell’omertà più “candida” e politicamente corretta. Pronunciando al massimo… mi rincresce, buona vita, auguri…

Per non inquietare nessuno, soprattutto il diretto interessato della storia di follia.

Esiste un termine per definire quest’atteggiamento scioccante e orrendo. Filisteo.

Essendo lessicografo, filisteo deriva dalla leggenda di Sansone.

Crolla lui ma fa crollare anche tutti gli stronzi.

Qualcuno ha ancora dei dubbi?

Se sì, alzi la mano e scagli la prima pietra.

 

Come dice Mahershala Ali: non si combatte un’ingiustizia con la stessa violenza, psicologica o fisica. Non si vince con la rabbia mal dosata e neppure con le urla o appunto con le “follie”. Bensì col talento, la dignità. Con questa forza.

È con questo che li distruggi.

E se vi sentirete dire che siete penosi, non siete cresciuti e continuate a credere nei sogni come degli adolescenti viziati, mandateli a farselo dare nel culo.

Sebbene sia un film mercantile, la vita è davvero come Rocky 4. Quando il “nano” Stallone le prende di brutto e poi all’improvviso sferra un colpo devastante a Ivan Drago. E Drago comincia ad aver paura.

In quel momento, Drago capisce che, sì, è fisicamente superiore a Balboa ma è più lento, meno geniale, meno imprevedibile, e di fronte ha uno che sa combattere come una furia e può davvero annientarlo.

E trema.

Davide contro Golia.

 

Lezioni di vita numero uno.

È con questo che li distruggi.

 

di Stefano Falotico

Professione amatore, riceve a tutte le ore eccetto i festivi e i festini, con gli stronzi è invece solo punitore, pura Unchained Melody


21 Jan


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SEA OF LOVE, Al Pacino, 1989

SEA OF LOVE, Al Pacino, 1989


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Sì, la prenderei molto larga. Invero, spesso lo prendo solo in quel posto. Poche me le allargano e di conseguenza non si allagano eppur mi muovo con felino, basculante bacino, ricevo solo compassionevoli bacini ma ciò è alquanto inspiegabile perché mi pare ovvio che io possieda un fascino alla Pacino di Seduzione Pericolosa. Sì, sono un volpino di pelo bianco, forse un ermellino.

Invero, sto qui mentendo per farvi ridere.

Ora, chiariamoci molto bene. Spesso le sparo grosse e l’ira, quando mi assale in momenti di tremenda solitudine che non raccomando a nessun nemico, esce dal selciato, il mio corpo s’irrobustisce animalesco e vorrei prendere a pugni tutti, care pugnette, come il mitico Jon Bernthal di The Punisher. Adoro quest’uomo, un duro da roadhouse, altro che Patrick Swayze. Sì, son dispiaciuto che sia morto, Patrick. Ma, a parte Point Break, apogeo del suo carisma taurino da biondo con una criniera da leone, non è che valesse moltissimo come attore. La città della gioia doveva essere un capolavoro e invece mi son addormentato dopo quindici minuti. Patrick nella parte del medico è credibile quanto Rocco Siffredi nella parte della missionaria. Rocco non è da missionarie, Rocco va a zoccole, diciamocelo. Quelle non hanno missioni e lavori nobili da fare ma solo posizioni di malaffare. Che povero disgraziato. Che mentecatte queste meretrici che si prodigano per Rocco la trebbiatrice.

Io, peraltro, non ho mai capito perché alle donne è sempre piaciuto da morire Ghost. Una delle più grandi puttanate mai viste. Insomma, Demi Moore si faceva plasmare come l’argilla dal bellimbusto Patrick, lui veniva assassinato, al che lei si rivolge (adesso uso il presente in quanto Demi è ancora donna che ce l’ha tuttora benissimo presente e ancor li rende t-ergenti, poi pulisce tutto col detergente) a una medium Sister Act meno credibile di Vanna Marchi, una sorta di Mago Otelma col colore viola, quindi si fa carnalmente suora. Non trovandosi il rimpiazzo ma rimembrando il fantasmino dello Swayze nella strada notturna fiocamente illuminata dalla grazia scesa dal cielo.

Ma smettiamola con queste minchiate new age. Ché non sono né film romantici né paranormali, sono assurdità imbarazzanti. Ora capisco, essendo cresciute con questa roba dolciastra, perché siete delle maledette femministe falsissime. Ché poi, basta che appaia Brad Pitt di Vento di passioni alla tv e dovete chiamare lo spurgo. Un allagamento da Waterworld.

L’omo addà ess’ omn! Ah ah! Finitela! Adesso, se vai da una e le regali un mazzo di rose rosse, ti denuncia perché sostiene che sei stato troppo romantico e invece lei ama gli uomini che conoscono il dolore delle spine. Sì, lei ama gli uomini sanguigni, nudi e crudi, come Gesù Cristo sulla croce. Ed è per questo che siamo pieni di uomini schizofrenici. Pensano di piacere alle donne se emanano un sex appeal da uomini scarnificati che hanno patito, sofferto nello strazio di uno scannamento. Sì, le donne vanno matte per questi matti. Dicono che adorano fare le infermiere. E leccare tutto. Mah. Che macello, che mattatoio!

Salami, mortadelle, piselli, che bello il caramello!

Dico!? Ma che mondo è questo?

Peraltro, Demi Moore stava all’epoca con Bruce Willis ed era una tipa da Striptease. Non è mai stata attendibile manco per il cazzo. Neppure per quello di Ashton Kutcher.

Sì, torniamo al Bernthal. Quest’uomo con la faccia da campagnolo a cui assegnerei subito, oltre a un ottimo assegno, la parte di James Bond, sì, un Bond grezzo, con la sigaretta di traverso, permaloso, mezzo burino ma allo stesso tenero e friabile come un grissino, un muscoloso manigoldo non avvezzo alle buone maniere. Il quale, grazie soltanto al potere del suo naso tumefatto da pugile fallito di Grudge March, manda al tappeto ogni donna con tanto di occhiolino da vero figlio di puttana irresistibile. Che colpo, che montante! Colpisce! Altro che Daniel Craig, un inespressivo fantoccio da mettere sul comodino perché lo guardi, la sera tardi, e col suo viso da rincoglionito t’induce a contar le pecore. Sì, quando vedo Craig, mi s’ammoscia e mi scordo che Marisa Tomei ha ancora un culo micidiale, un’arma letale, un culo intramontabile e, come dico io, mobile e montabile. Rosso di sera, bel tempo si spera. Mora come Marisa e sorge, levante, a mezzogiorno nel darglielo potentemente ponente anche fra le pere sue prominenti.

Sarò pure un caprone ma Marisa è mia pecorina e, in Onora il padre e la madre, apre il film con un’inchiappettata da infarto. Che forma meravigliosa ha quel suo sedere focoso. Come una collina che soave digrada a valle e il toro munge il latte di tal figona mula.

Che poesia! Ah ah.

Sparatevi questo!

 

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Anche questo.


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Avete visto? Cioè, questo è un picchiatore pazzesco ma guardate con quale ammiccante dolcezza provocante protegge la barista dallo zotico e poi lentamente se la cucina suadente, la persuade nonostante la sua indole taciturna a fidarsi del lupo suo incarnato in lei già ardentemente, dunque scopano come in Twentynine Palms di Bruno Dumont. Insomma, questo Jon piacevolmente si toglie il montone, no, solo il giubbotto di pelle, lascia che lei lo monti, si sfila gli anfibi e se la incula lieve con lingua da abbrustolente rettile giammai viscido che la riscalda a fuoco lento da ogni neve di un’esistenza decadente. Scivolante e sbrinante nel pomparla con tosto glande. Mica un poppante.

Sì, un serpente magnifico, altro che il Re Lucertola di Jim Morrison, ché nessuno può smontare. Altroché!

Ci dà! Eccome. Questo è uno che spinge!

In questa seconda stagione, viene perseguitato dal Pilgrim. Un prete frustrato, sì, una specie di mezzo psichiatra più deficiente di Javier Bardem di Non è un paese per vecchi. Un miserabile alla Javert.

E, secondo me, tal Pilgrim piglierà tante mazzate in quella capa di cazzo che si ritrova.

Sì, io esercito un fascino da specialista alla Stallone sulle belle guaglione.

Su Facebook, ad esempio, oramai ho capito, grazie a Salvatore Aranzulla, come inviare allegati speciali. Sì, dei sedativi formato megabyte a quelle troppo accalorate che mi cercano anche quando sto guardando True Detective 3. Alle corteggiatrici, smoderatamente affamate, invio una gif.

Cioè questa.

 

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Sì, scusate, ho anche altro da fare. Stasera, cara, non posso accontentarti. Voglio godermi un Pizzolatto.

Dai, suvvia. Troverai qualcun altro che ti rosolerà la “pizzaiola” nelle mutande e ti darà qualche pizzicotto.

Anzi, quasi quasi, adesso ordino una buona pizzetta.

Insomma, la faccenda è così.

Pensate che vi racconti sempre stronzate? Sì, alcune lo sono. Lo ammetto. Come quella per cui vi dissi che durai quattro ore, venendo tredici volte. Sì, era una balla enorme. Durai cinque ore e venni solo una volta. Che palle immani. Ammazza. Ah ah.

Ma altre no, non sono bugie, affatto. E, in questo casino totale, io sono il principe!

In primavera, tornerò di nuovo a Torino per girare, se tutto va bene, un cortometraggio, da me scritto, sì, la sceneggiatura è mia.

E ho detto tutto.

Insomma, figlioli, il Falotico.

Un uomo che, di primo impatto, potrebbe sembrare Viggo Mortensen di Green Book e non avreste mai sospettato invece che avesse la classe di Mahershala Ali.

Avete sbagliato. Può succedere. Mi spiace. Come si suol dire, siete cascati molto male.

Ahia, ahia, ahia.

Vedete di fare i bravi bambini. Non disturbate più il mio uccellino… sennò vi faccio neri.

E saranno cazzi molto, molto amari.

Cioè, come dice Lino Banfi, volatili per diabetici. Altro che Fracchia, pigliatevi voi le racchie. Sì, voleranno botte e calci a tutt’andare, così vi farò passar la voglia di fare gli educatori dei miei coglioni. Altro che zuccherini, miei zucconi.

Sono un grandissimo amatore, non un armatore, talvolta anche un pollo Amadori. Eppur tutte, impanate, me lo dorano con tanto di limone. Cazzo, ancora incontro però una che ha poca fiducia in me.

– No, non mi hai convinto. Io continuo a non darti una lira. Sei solo un pagliaccio che se la tira.

– E che me ne fotte? Basta che ti suoni, col flauto, la lira nella tua bella signorina. In tutto tiro, sai che chitarrina. Evviva la lirica, le donne con me diventano soprano, vengono sottosopra nonostante il mio basso tenore. Di vita? No, di corde vocali. A forza di fumare, sto perdendo la voce. Basta fare un respiro e i polmoni si dilatano. Basta invece che le donne inspirino, me lo aspirino, ed ecco che non serve più l’aspirina ma il flusso cardiovascolare va ch’è una bellezza nell’ingrossamento dei vasi dilatatori. Ah ah.

 

Ricordate: un cazzone di questo livello come me non lo trovate facilmente. Bisogna essere donne senza cazzi per la testa per amarmi.

 

 

di Stefano Falotico

True Detective 3 contro The Punisher: al momento vinco io, che osso duro


18 Jan

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Poveri idioti che state su Instagram a lesinare followers.

Beccatevi questa e silenzio!

Ragazzi, amici, nemici, donne, nemiche o anemiche, padri, sani o santi, nostri o tuoi, quando arriva il Falò è veramente uno spettacolo.

Lo sapevo che mi avreste fatto la fine di Andrea Diprè. È la vita che, nel suo manifestarvisi acrimonioso, vi avrebbe messo con le (s)palle al muro. Prima, passavate il tempo a cazzeggiare, sfottendo i cosiddetti casi umani a cui offrivate pietismi e compassioni ipocrite. Lucrando sulle loro sofferenze da sciacalli quali siete sempre stati. Ma la situazione, in un batter d’occhio, forse per colpa di qualche vostra battona di troppo, per via del “fallo” che non avete lesinato in battute di dubbio gusto, si è decisamente capovolta.

E come il povero Andrea, dopo una vita vostra consacrata al puttanesimo, ora state lì a rammendarvi le ferite e a rammentare tutti gli abbagli che prendeste. Vi siete drogati!

Forse, è stata colpa del Roadhouse ove, a forza di tracannare birra, scherzando con troppa foga animalesca sulla barista, già mostraste la vostra scarsa classe. Sbudellati dalla vostra voglia ineludibile di fighella per tentare vanamente e pateticamente di elevare, su erezioni ubriache, una vita vostra già sbattuta nel cesso. Sì, ove Jon Bernthal, in una tamarra rissa mai vista, vi ha conciato per le feste.

Prostrati al vostro mal di pancia, borbottate insanguinati nello schizzato, iroso, incontenibile, ebefrenico aver fatto i porcellini.

Che vita veramente ignobile. Una vita ossessionata dal sesso, dal capriccio inestirpabile e malsano di voler diventare musicisti per qualche pub(e) malfamato. È stato veramente un incubo, lo so, vi posso consolare io per evirarvi del tutto, no scusate, per evitarvi di diventare mostruosi come gli assassini della serie True Detective. Sì, dovete sapere che alla base della vostra pericolosa schizofrenia, vi sono anni e ani mari di delusioni abissali. E, oramai svuotati, smorti dopo tanto esservi riempiti la panza, siete persone insensibili, flaccide, acide, fottute. Sicuramente non in ghingheri ma avvezze, incurabilmente, a dar di matto e ad andar fuori dai gangheri.

Sì, Haley Joel Osment era un tipo dotato di troppo “sesto senso”, quasi un’intelligenza artificiale e in molti, sbadatamente, pigliando appunto un colossale granchio, mi paragonarono a lui, tempo addietro e nel didietro, semplicemente perché fraintesero il mio genius per autismo adolescenziale, per atimia “robotica”. Insomma, la mia eleganza ascetica fu gravemente equivocata e si tirarono in ballo, ah che balla, addirittura malattie mentali.

Ma per piacere. Qui, gli unici malati, irrecuperabili, mi sa proprio che siete voi. Avete abdicato alle troiate e vi piace prenderla a culo. Insomma, un casino pazzesco.

Sì, Haley è diventato un ciccione come voi. Soprattutto nel cervello. Lento, farraginoso. Mentre io divento sempre più bello, più intelligente, mostruosamente irresistibile. So unire alla sfacciataggine di una faccia da culo, senz’ombra di dubbio e senza le ombre delle vostre oscurantistiche ubbie, devastante, l’incommensurabile savoirfaire d’un provocatore inaudito e plateale. Che, con tanto di gamba accavallata, si gira i pollici mentre voi vi affannate, da morti di fame e di qualcos’altro, a perseverare nella stoltezza crassa e mangiate patatine freddissime, cioè donne ciniche e forse scadute, nella salsa putrida d’uno smargiasso puttanaio immondo.

Io non sono The Punisher. Ché anche questo è uno stronzo. Sì, prima protegge la barista dal balordo e poi comunque se la fotte in modo lordo. Non è molto educato e, alla prima provocazione, spacca tutto.

Anche lui è un farabutto.

Mi si addice più la ieratica calma olimpica di Mahershala Ali. Uno che, quatto quatto, dà lezioni, e so io di cosa, alla maestrina e nessuno può ammaestrarlo. In quanto innatamente non una bella statuina ma uno che vincerà presto la seconda dorata statuina. Oh, è proprio statuario, questo qui.

Sì, io sono il classico underdog. Roba che Rocky Balboa mi fa un baffo.

Sì, se stuzzicato in malo modo, il Falotico zittisce tutti col solo potere del neurone sinistro. Che gancio. Non ha bisogno del clamore né dell’applauso a scena aperta e neppure di sceme che, per complimentarsi con lui, di gambe aperte desiderano la sua forza ritta ed erta.

Andassero a dar via il culo. E donassero i loro buchi a chi si buca.

Di fronte a uno che scrive così e ha una voce del genere, ci sarei andato veramente cauto a spararle grosse.

Perché il Falotico se la dormì, anche col plaid, passeggia or con aria meditabonda, poi si sciacqua gli occhi ed è uno spettacolo assurdo assistere a come vi salva dai salami che siete e dalle fette di prosciutto della vostra vita carnascialesca.

Eh sì, so’ proprio cazzi amari.

Forse, bisognava essere chiari fin dall’inizio. E spiegare bene che se il Falotico non faceva certe “cose” non era perché non gliela faceva. Semplicemente perché, questo mi pare evidente, era già superiore a ogni cazzata.

Cosa vuole dalla vita? Una recensione così.

La vedete questa miniatura?

Un mio amico, su Facebook, ha scritto: ah ah, ti piacerebbe aver la testolina della Scarlett sulla spalla, eh?

Gli ho mostrato la foto di una che frequentai anni fa.

Dopo essere stato sotto shock per tre ore, tant’è che ho dovuto chiamare l’ambulanza per appurare che non ci fosse rimasto secco, pare che si sia ripreso.

Rinvenuto dalla botta, mi ha detto: – Cioè, questa qui è stata con te e tu continui a vivere così? Allora, tu sei pazzo sul serio.

E io: – Perché avevi dei dubbi? Ma, soprattutto, hai dei dubbi che gli altri siano meno pazzi di me? Compreso te?

In realtà, costei, la quale ebbe il culo enorme di poter annusare la mia spalla sinistra e la mia quaglia arrosto, non era poi un granché. Una fringuella.

Ma, fidatevi, nemmeno Scarlett lo è. La sua faccia è discretamente buona, il resto insomma.

Solo io sono quello che sono. Gli altri, anche le donne più belle, sognano. E, sognando, si fanno un grosso pisolino e, può anche essere, qualche pisellino. Sai che vita. Noia, maledetta noia e vai di consolazione nella notte non tanto bianca eppur andata già a puttane.

Dicono sempre le stesse cose, fanno sempre le stesse cose, si fanno sempre le stesse donne e anche i cazzi degli altri. Appunto.

Solo io posso far un cazzo, rimanendo al top.

 

Ecco, devo dar ragione al mio amico. Dissero al mio amico: – Ah, vedrai che dopo che avrà scopato, Falotico rinsavirà. Eh, ci siamo passati tutti. Si cresce.

E lui: – No, non credo. Non cambierà.

 

Infatti. Non sono cambiato. Anzi, sono più fuori di testa di prima. Non me ne frega proprio nulla. Ma non nel senso criminoso del termine. Nel senso che del piccolo vostro mondo di gelosie, pettegolezzi, stronzate e porcate, non me ne può fottere proprio.

La vita va avanti. Ed è sempre la solita solfa. Le madri stanno svaccate sul letto a guardare idiozie alla tv, i mariti guardano il Calcio, la gente lavora per avere una vita di merda.

Il Genius invece, come volevasi dimostrare, è impeccabilmente un Genius. Pure POP!

Ricominciamo da capo? Ma non ricominciamo proprio niente.

di Stefano Falotico

 

Francesco Alò, al volo, video-recensendo True Detective 3, ha beccato in “flagranza di reato” Ali che, dinanzi all’Ejogo, ha capito di essere un duro nero molto dotato


16 Jan

Alo true detective

 

Già, colpo di scena di Alò. Adesso pure le serie televisive che poi televisive non lo sono mica tanto. Visto che coinvolgono attori di risma hollywoodiani, della Hollywood più cool e hanno un grande impianto cinematografico. E poi, sfruttare l’onda della ritornata True Detective mania, non fa mai male, eh eh, per qualche visualizzazione in più. Mi piace Alò quando coglie al volo le sfumature espressive. Sì, la scena in cui il grande Ali, da non confondere con the greatest pugile di tutti i tempi, guarda con istantaneo desiderio quella passerona di Carmen Ejogo, va detto senza peli sulla lingua, Alò l’ha carpita al volo. Anzi, al volto. Anche io ho notato subito un’immedesimazione nel personaggio da parte di Mahershala, da me ribattezzato il maresciallo, molto, molto sentita. Un’incarnazione veramente carnale. Ho avvertito scattare la chimica vulcanica fra Ali e una Ejogo indubbiamente eccitata, già arrostita e presto rosolata, negli ormoni scombussolata dinanzi a questo pezzo di marcantonio nero come il carbone per ricevere “lezioni” scolastiche fuori dall’aula eppur nella dolce “aiuola” di tenera e romantica alcova, fatte, eccome se Ali se la farà, di ripetizioni sensualmente, diciamo così, eroticamente non tanto poetiche. Eh sì, la maestrina, dirimpetto al colosso Ali, fregandosene del dislivello culturale, anzi, forse affascinata proprio dalla discrepanza formativa tra la sua intellettuale colta e il poliziotto fascinosamente taciturno giammai riformato, è arrossita e Ali anche. Solo che è talmente nero che il suo imbarazzo paonazzo è stato impossibile notarlo. True Detective 3 è partita col botto, in tutti i sensi. Sì, ti dà una bella botta. Ah ah. Ali strepitoso, non fa rimpiangere McConaughey. Dorff? Lasciamo stare. Al solito, ha ottenuto la parte perché ben inserito nel sistema e ammanicato so io dove. Perché Stephen, fra una Pamela Anderson oramai alla frutta eppur dal voluttuoso seno di pesca oramai tanto ammuffito che non lo svendono neanche al mercato delle pere marce, quando lei e Stephen stavano assieme, fu capace di far affogare questo bel biondino nell’apnea della sua “Baywatch” molto bagnata, più che bagnina, mentre la pornostar Lela Star, altra “attrice da Oscar” con cui Stephen si rilassava nel suo “Somewhere”, dava “manforte” a imboccare questa specie d’attore con una faccia, appunto, da culo. Da primati, anzi, da primate.

Ma, sì, non è poi malvagio, Stephen. È uno sciupafemmine, tutto qui. Non sono mica invidioso. Tanto sciupafemmine che, secondo me, il suo viso fra qualche anno sarà talmente sciupato che dovrà tenerlo su con l’Attack. Ma starà su, comunque, qualcos’altro col Viagra. Fidatevi.

Sì, insomma, dopo la mezza ciofeca moscissima della seconda stagione, questa terza spinge, eccome se spinge. Sì, è la terza la taglia migliore. La giusta misura.

È ancora presto per dire se funzionerà fino alla fine o crollerà precoce. So solo che fra Alò, no scusate, Ali e la Ejogo ha funzionato di colpo di fulmine.

 

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