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La leggenda del Genius Pop sull’oceano, anche spesso sul divano


19 Jul

sandokan kabir bedi

Sì, un mio amico mi ha prospettato un viaggio da compiere, forse assieme, la prossima estate.

Questa oramai è già inoltrata e, come Sharon Stone di oggi, è sinceramente andata. Sì, siamo quasi a fine luglio, perciò totalmente immersi nella piena maturità d’una bellezza, di una solarità radiosa e calorosa che sta però tramontando nell’imminente agosto afoso. Dunque troppo caldo, poco libidinoso.

Sì, la nostra vita, così come Sharon Stone di Basic Instinct dopo che scaldò i nostri ormoni più del sole a mezzodì di quaranta gradi all’ombra, ombrosamente, nonostante l’ombretto e i trucchi facciali, dicasi anche ritocchini per apparire ancora figa come un tempo a lei solare e a noi uomini ardentemente ormonale, appunto, sta declinando nei primi battiti sopraccigliari di rughe e occhiaie cupamente rugose. Già annerita in una decadenza incombente. Spengendosi in una menopausa già cavalcante molto meno eccitante dei suoi brucianti accavallamenti epocali davvero stupefacenti, oserei dire raggianti e illuminanti i nostri lupi solitari alla Michael Douglas, figlio di puttana imbattibile e perennemente sul pezzo…

Siamo comunque lupi che perdono forse il pelo ma non il vizio e ameranno sempre, cocentemente, spalmare le creme alle donne con gambe estivamente fragranti, lisce, vellutate e piccanti.

Ecco, ma non perdiamoci in viaggi eroticamente-esoticamente sognanti, parliamo di cos(c)e serie. Sì, ah ah, di viaggi veri che scalderanno i nostri cuori, irradiandoli di speranza per cui, approdando a una meta paradisiaca, potremmo incontrare l’altra nostra idilliaca metà, dolce come una fragrante mela, soffice e leggera come un bacio a primavera.

Questo mio amico vuole visitare i maggiori parchi nazionali degli Stati Uniti.

Di mio, devo esservi franco, non è che durante la mia (non) vita abbia viaggiato tanto a livello mondiale.

Eh sì, non è che abbia avuto nemmeno molti friends ma, da piccolo, ero un ragazzo da Grandi speranze dickensiane, un infante da libro Cuore. Ah, che uomo l’Edmondo De Amicis.

Lui scrisse un gran racconto, Dagli Appennini alle Ande, io invece, nell’adolescenza mia più sovreccitata e bollente, sognando di essere già grande, peregrinai di prepuzio e glande, ammirando appunto le collinari forme montagnose e dure di Sharon, immaginando di montarmela.

Sì, valicai mari e monti con la fantasia più alata pur di avere con lei una notte da monta. Da impuro lato b estasiante. Giacqui però soventemente soltanto nella mia caverna al freddo e al gelo devastanti.

Sì, indossai anche il montone per darmi un’aria fresca come la brezza sulle Dolomiti da Bambi.

Ah, splendidi, mentali viaggi, circumnavigai l’intera sfera del fondoschiena di Sharon, donna dalla venustà extraterrestre, fantasticando con lei amplessi spaziali e al contempo granitici come la Monument Valley.

Ora, bando alle ciance.

Conosco bene la Lucania, regione natale dei miei genitori. Entroterra meridionale dallo scarso sex appeal turistico. Zona arida e brulla piena anche di pischelli di periferia, un po’ bulli ma comunque meno grulli di molti toscani onestamente né belli né brutti, soltanto insignificanti come Basic Instinct di Paul Verhoeven.

Un discreto thriller uguale in forma inversamente proporzionale, dal punto di vista esegetico, al celeberrimo ritornello della formosa Sabrina Salerno e della smorfiosa Jo Squillo, oltre alle gambe c’è di più.

Sì, forse il culo della controfigura di Jeanne Tripplehorn, donna stupenda che scioglie ogni uomo più del sole a Ferragosto che si squaglia sulle canotti(er)e polo, no, più delle calotte polari di Waterworld.

Per il resto, il film è la storia dell’autrice di Cinquanta sfumature di grigio, ambientata negli USA.

Comunque, i trulli di Alberobello, rispetto ai grulli, fanno la loro porca figura assai bella.

Napoli? Sì, ci andai. Per i miei tre giorni pernottanti in una pensione gestita da un pizzaiolo, avvistai molte magnifiche donne vesuviane ma, appena posai i miei occhi su di esse, i loro fidanzati manigoldi vollero borseggiarmi.

Io non ebbi affatto intenzione di pagarle, forse soltanto di palparle e papparmele, non erano mica delle prostitute con attorno dei papponi, desiderai solo regalare loro i miei gioielli di famiglia.

Anche i loro uomini vollero, a quanto pare, donare loro quelli…

Non erano dei magnaccia ma, coi soldi rubati al mio portafogli, dopo avrebbero magnato con le loro rispettive fidanzate un babà e un pasticcino millefoglie.

Vedi Napoli e poi muori? No, poi sei solamente più povero.

Napoli comunque è una città meravigliosa, Ho tanti amici e conoscenti di Napoli. Ma nessuno di essi abita vicino all’albergo ove io non riuscii a chiudere occhio.

Eh, nelle zone malfamate e losche di Napoli, bisogna stare in campana, non solo in Campania.

Visitai anche la mia reale città natia, ovvero Assisi. Sì, San Francesco sono io.

Comunque, c’è di peggio. Conosco gente che si credette santa. Sì, dei morti di figa messi a novanta. Diciamocela.

Dovettero andare a San Francisco per trovare una spennacchiata passerina che volesse parlare col loro uccello.

Per due giorni, stazionai anche a Nizza. Località ove furono girate molte scene di Ronin.

Non me la godetti molto. Per 48 ore soffrii, più che il mar di mare della Costa Azzurra, un terribile mal di pancia. Tant’è che Robert De Niro del suddetto capolavoro di John Frankenheimer mi fece e fa tuttora un baffo. Avete presente quando Michael Lonsdale gli estrae la pallottola dalle viscere senz’anestesia, similmente a John Rambo?

Ecco, io patii molto di più. Ma non per pochi minuti. Appunto, senza suture e punti, per due giorni e notti senza respiro.

Voi comunque dovreste curarvi dai fegati amari. Fate pena. Sembrate sempre sotto i ferri corti come se vi stessero praticando l’estrazione dell’appendicite.

Siete rivoltosi, dunque rivoltanti, ributtanti, sì, vomitevoli e disgustosi. V’infoiate in odi da voltastomaco solo perché una donna di pessimo gusto vi ha dato dello stronzo indigesto. È la verità, d’altronde, siete delle merde. La Mer!

Io sono invece un favolista come lo fu Emilio Salgari. Autore della saga di Sandokan. Nato a Verona e morto a Torino.

Non visitò mai realmente quei luoghi esotici che descrisse così minuziosamente nelle sue opere. Allora, le possibilità sono due. O era come Philip K. Dick, ovvero precognitivo, e dunque aveva già visto L’isola dei famosi, oppure davvero possedeva una mente altamente immaginativa.

Un po’ come Omero. Dove l’aveva vista infatti Troia il caro Omero se non forse a letto con quella baldracca di sua moglie? M’immagino, peraltro, tanti litigi fra lui e lei, un’Odissea. Ma Omero era sposato? Chissà…

Sua moglie si chiamava Beatrice o Penelope?

Mah, che vi posso dire?

Il mondo si divide in varie categorie: fra chi parte sulla via di Amsterdam per andare, appunto, a troie, quando bastava che si recasse sui viali, in piena notte, della sua città e una scandinava l’avrebbe rimediata, risparmiando sul volo, ah ah, fra chi ama Morte a Venezia, uomo malinconico, da nave Mare Jonio, fra chi è da manicomio e vede col binocolo sia il mar ionico che l’oceano poco pacifico dei suoi disturbi psichici ove, da tempo immemorabile, affoga insalvabile, fra chi ha una vita da sabbie mobili, fra chi scrive come Salgari Le tigri di Mompracem e quelle della Malesia e fra chi, come Mina, è una cantante maledetta che non si muove da Cremona.

Tranne quando si reca allo studio di registrazione ove, assieme ad Adriano Celentano, fa la campagnola.

Tornando invece a Sandokan.

Molta gente, qui in Italia, si crede Kabir Bedi e invece ascolta, nelle periferie romane più degradate e poco idilliache, Roma-Bangkok di Giusy Ferreri e Baby K.

Insomma, appartiene alla Baby Gang del nuovo, omonimo film di Stefano Calvagna.

Di me posso dire solo questo.

Visto che fui disoccupato, mi scambiarono per molto tempo per Valerio Mastrandrea di Cresceranno i carciofi a Mimongo e Tutti giù per terra.

Poi, pure per Pinocchio, addirittura per Lucignolo.

Infine, per Renato Vallanzasca.

Un deficiente pensò di catturarmi, volle fermarmi.

Al che, mi chiese la patente di guida e i documenti, che demente.

Io, (in)soddisfatto, gli dissi come Kim Rossi Stuart del film di Michele Placido:

– Hai fatto Tredici.

 

Lui rispose:

– No, bel Falò. Mi sa che ho perso solo la serata. Pensavo che tu fossi un riccone che voleva fare il gagà come il bel René. Invece, non hai una lira.

Mi sa che sia te che io l’abbiamo preso in culo.

 

Replicai così:

– No, omosessuali non lo siamo.

– Certo, Stefano. La mia era un’iperbole metaforica.

– Lo so. Quindi, che vuoi fare? Farmi la multa perché sono passato col rosso semaforico?

– No, caricami in macchina. Andiamo a sbronzarci.

 

Sì, nella mia vita, per colpa della mia moralità alta, essendo stato io uno che non ha mai voluto sputtanarsi con gli idioti miei coetanei, mi son preso disdicevoli patenti. Non quella B, da me ottenuta regolarmente alla meccanizzazione-motorizzazione. Bensì le macchinazioni di chi, dopo che s’è fatto scorrazzare per tutta Bologna, mi ha dato e continua a darmi del pazzo, del maniaco ossessivo, del complottista, del malato di fobia sociale, dello schizofrenico, del depresso e del demente analfabeta con manie suicide, addirittura mi becco pure appellativi da Fantozzi qualunquista e da scemo fancazzista.

Ah, magari fossi stato e fossi davvero Mel Gibson d’Ipotesi di complotto.

Almeno sarei andato “a cavallo” con Julia Roberts.

Che poi… a me manco piace questa zoccola.

Pretty Woman docet.

Insomma, stronzi, mi sa che avete fatto come Sean Penn di Mystic River. Avete sparato a zero sulla persona sbagliata.

Comunque, non facciamone una tragedia.

In verità lo è.

Ma io sono o non sono JOKER?

 

 

di Stefano Falotico

 

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Buon compleanno Pino Daniele!


20 Mar

In verità, li ha fatti ieri, o chissà quando?

Daniele Pino compie gli anni. Un Uomo alla frutta che medita sul suo salice piangente, con del vinello e una bagascia a far i conti col napoletano amaro con tanto di vulcanica voce effeminata alla Loren nel Mastroianni, il Mastrolindo

Mi ricordo tempi vaghi che coniugai nell’Imperfetto al Passato remoto, d’anteriore su sedili posteriori


Al(a)to e menefreghista conclamato, eccedo di tutta boria con borchie contro le donnette coi borselli.
Non mi rammarico né mi pento(le), ché altezzosa mia raffinatezza a ludibrio luccicantissimo del mio essere “abulicissimo”, fra risate bucoliche di compagni viandanti in mezzo a questo vostro sputtanarvi in malora e baldorie di dicerie che incenerirò, senza posacenere ma acceso, in quanto sigaretta Chesterfield, azzurra come la Luna, rossa incandescente quando più “dura”, aspirando la vita con “soffi” al Cuore in zona “infarto cronico” mai ictus ma maledetto.

Sì, sbandiero i vostri panni sporchi e li stendo al “Sole” poiché, bruciantissimo come un fiammifero nella fiamminga Amsterdam, son io a provocarvi danno e anale ai vostri annuali baccani da “fatti”, miei fumati.

Io son Bacco, io vi becco e vi sbatterete, da soli, in prigione se ancora vorrete imbrigliarmi nella rete delle vostre teorie tattiche, con poco tatto e neanche Borotalco di Verdone su Eleonora Giorgi, da strategie “pressing” format(o) coglione alla Adriano Bacconi, poco Francesco Bacone dei “balconi” di Paola Ferrari, “Domenica sportiva” solare alla massima del filosofo “giurista” appena citato:

Il dominio dell’uomo consiste solo nella conoscenza: l’uomo tanto può quanto sa; nessuna forza può spezzare la catena delle cause naturali; la natura infatti non si vince se non ubbidendole.

Io, cari Bacconi e Bacone, ubbidisco al “liscio”, ribaltandomi d’autoerotismo con giochi “balistici”.

Sì, mi ubriaco di finte, eludendo le fighe, e “insacco” nella porta del mio porgervi il “fazzoletto”.

“Intonso” come voi che, di tonfi, sognate le tuffatrici ma non ne siete “truffatori”.

Celebrate DiCaprio l’attore che, d’emulazione, imita appunto Nicholson Jack nelle sopracciglia accigliate, inarcandovi ad applaudirlo mentre la vostra esistenza guarda, osserva ma è sempre più “cuculo” d’una Shutter Island che prevedo vicinissima. Il crollo è prossimo e percepisco sciagure del vostro realizzare tutti gli sbagli del trauma all’origine delle schizofrenie adoranti i “cazzi” degli altri. Andrew Laeddis sa…ardete solipsisti, adattando le anime in “cuor” arreso alla maschera da voi costruita per resistere alla voglia di tornare indietro e scoparvi quella del “Padiglione” meno da sedare ma di sedere ad andar “a culo”.

Vi preoccupate della “Politica” ma non badate al sodo. Emma Bonino consiglia ai bambini di star “buonini”, intanto rosica per Lucarelli Selvaggia che, poco “fredda”, sta “pianificando” un “programma” selvatico con Siffredi Rocco, “quello” che ha capito tutto.

Ieri sera, la nostra scosciatrice, senza vergogna e che “mette tutti” alle gogne mentre “pen pianino” tutta Sky in “lei” piacevolmente “affonda” (eh sì, Selvaggia ha “sfondato”, vende bene la propria “merce”), di seno in “tette” viste fu intervistata da una testa un po’ scoppiata di microfono ai suoi testicoli “arrapati”.

C’è qualche “uccell”’ che l’accusa di “Porcona” ma lei si difende, a difesa della femminiltà, “sostenendo” le sue “regioni”, calde nella bollita.

Asserisce, fra gli “altri”, che sogna Rocco a “inserirglielo”. E paragona il Siffredi a Willy Pasini, sessuologo della mutua per tutte le “mute” in cerca dell’“urlo”… “all’arrabbiata”.
Sì, secondo Selvaggia, Rocco mette in pratica le fantasie sulle natiche mentre Willy è solo coyote alla Peter di Luna di fiele. In quel capolavoro di PolanskiEmmanuelle Seigner fu al marito una Beep Beep a fottersi un nero più “pimpante” dell’impotenza ammaritata ma non sufficientemente “maturo” per “amarla”.

Mah, finirei con questo aforisma al “foro” di Selvaggia. Una che s’è creata un blog con tanto di sezione “Forum”. La frase da ricordare è questa:

Selvaggia ama il rock di Rocco, in quanto adora il Pavesino ad allattarlo di “biscotto”, detto in modo figurato anche “tiro” mancino a “inculata” tremenda con tanto di “Calcio”.



Uomini della ciurma, ricordate: la schiuma del mare è uno shampoo alla Tutti pazzi per Mary.

Il sex appeal si misura da come mangi un pasticcino e poi ti denudi, di canottiera, alla Bruce Willis.

Irresistibile. Come no:

il pasticcino!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Mery per sempre (1989)
  2. L’oro di Napoli (1954)
  3. Il sentiero del pino solitario (1936)
  4. Pinocchio (2002)
  5. Vulcano (1950)
  6. Balla coi lupi (1990)
  7. Daniel e la gara dei supercani (2004)

Genius-Pop

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