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Le super bombe del Falò: Clint Eastwood è superiore a Scorsese e forse Sam Rockwell è più grande di De Niro


21 Jan

richard jewell

mr wolf

rockwell stanno tutti benebelushi blues brothers

 

Sì, da giorni son assillato da forti dubbi.

Sto prendendo sempre più coscienza che Richard Jewell sia un filmone e rividi The Irishman quasi integralmente.

Con mio immane rammarico, afflitto e costernato dalla verità più crocifiggente ogni mia adorazione verso Scorsese, come Willem Dafoe de L’ultima tentazione di Cristo, debbo però piangere dinanzi al vero più atroce, dunque al cinematografico verbo.

Richard Jewell è, di fronte al film di Scorsese, mille volte più straziante di Gesù che peccò, anche solo con la fantasia, con Maddalena.

Comunque, complimenti a Willem Dafoe. Se io avessi avuto qualche dubbio riguardo la mia castità, dirimpetto a Barbara Hershey mi sarei santificato totalmente.

Ce la vogliamo dire? Basti vedere Lantana per capire che una così è da manicomio. No, non perché fosse bella, esattamente perché, oltre a non essere bella, non è neppure affascinante.

Trombatevi e sposatevi una così e prevedo per voi serate a Teatro. La vostra lei vi porterà a vedere tutti gli spettacoli tratti da Molière. Sai che palle. Se foste dapprima malati immaginari, ora siete castrati.

Aveva ragione Totò di San Giovanni decollato. Abbasso la “mugliera”. Ah ah.

Richard Jewell è un grande film mentre The Irishman, non sapete quanto mi spiaccia dirlo e ammetterlo col senno di poi, non è un granché.

Dopo averlo visto al Festival di Roma, lo definii capolavoro. Invero, siamo lontani anni luce dal capolavoro. E, per quanto io stesso contestai Francesco Alò per averlo stroncato in maniera troppo dura, mi trovo ora nell’onesta ma necessaria situazione etica e anche ermeneutica, estetica e dunque esegetica, perciò esigente, più severa della moral guidance di Eastwood, di dare ad Alò ragione.

Richard Jewell è il film realizzato da un quasi novantenne enormemente più lucido di Scorsese. Il quale, a mio avviso, firmò l’ultimo suo vero capolavoro, ahinoi, nel lontanissimo 1995. Con Casinò.

Da allora in poi, a prescindere da Al di là della vita e al di là delle magniloquenti scenografie, della fotografia suadente di Robert Richardson e delle luci avvolgenti di Rodrigo Prieto, presentò impresentabile robetta, diciamocela, sinceramente senescente.

Un obitorio putrescente dello Scorsese che fu, oramai ischeletritosi nell’elegia glorificante il suo passato ben più grintoso e glorioso.

Perlomeno, lo Scorsese di adesso non è roba paragonabile al potente, visionario, cinetico, furente Scorsese che fu allora. Quando veramente fu arrabbiato e, come insegnò Pasolini, dalla rabbia canalizzata nell’arte, eh sì, si partoriscono le opere più sentite e commoventi, sincere e sprigionanti tutta la vita nella sua essenza più veritiera, dunque più rock come un album dei Clash. Opere devastanti e diaboliche illuminate dalla prodigiosa furia di un Mick Jagger della macchina da presa.

I film con DiCaprio, inoltre, sono i più brutti della sua filmografia, un riciclaggio di sceneggiature viste assai meglio, da Scorsese messe in scena con una pedanteria, una sciatteria immaginativa, una stanchezza visiva da far paura più dell’omicidio mostruoso commesso da Michelle Williams in Shutter Island.

The Departed? Uno sfoggio di gigioni capeggiati, anzi, capitanati dal solito cazzone Alec Baldwin, con un Jack Nicholson tronfio e oleoso, anche lui già bollito più d’una Vera Farmiga che vorrebbe fare la figa e invece le è più eccitante un frigorifero.

Con un Matt Damon imbambolato più d’un Leo DiCaprio semi-palestrato e anche mezzo sciancato, un Leo che interpreta la parte di un poliziotto nel cervello sciroccato ma risulta soltanto uno scarso imitatore del De Niro che fu. Quest’ultimo oggi imbolsito e annacquato.

Gangs of New York è un film ove non vedi l’ora che un Day-Lewis eccessivamente sopra le righe dica almeno una stronzata che possa destarti dal sonno.

Quando lo guardai per la prima volta, mi augurai che il Butcher gridasse a Cameron Diaz che è una zoccola.

Tale è, difatti, non solo nel film succitato. Meglio che si sia ritirata questa cubana che sembra Nonna Papera.

The Aviator è, oh mio dio, uno spot di Chanel con Cate Blanchett che assomiglia a Katharine Hepburn quanto io assomiglio a Rocco Siffredi.

Con un Leo storpio, pure nella recitazione incerta, che vorrebbe essere l’incarnazione, appunto, d’un povero cristo ricchissimo come Howard Hughes e carismatico come Orson Welles ma, al massimo, vagamente è simile a Raz Degan de L’isola dei famosi. E Jude Law che fa Errol Flynn, cazzo, sembra Paola Barale dei tempi d’oro. Cioè quando era una bagascia e basta. Adesso, vuole fare pure l’opinionista su Twitter.

Sì, un film di gente che fa la piaciona per agguantare Oscar plastificati, film di battute telefonate scandite da uomini e donne raccomandati più di Danny Huston.

Io vidi Danny Huston dal vivo alla prima di Birth.

Confermo qui le impressioni che mi trasmise. Altro che Riccardo Cuore di Leone di Robin Hood, è solamente un puttaniere.

Io lo sottoporrei subito alla commissione d’inchiesta indetta da Jack Huston nei confronti di Hoffa/Pacino in The Irishman.

– Signor Danny, è vero che la sua ex, Virginia Madsen, quand’eravate sposati, era più malafemmina di Jennifer Tilly di Getaway?

– Sì, suo fratello Michael se la fece sotto i miei occhi.

– E lei non disse niente?

– Sono cazzi che non mi riguardano. Solo quel demente di Tarantino può ancora resuscitare Michael, ficcandolo nei cammei dei suoi film. A quei tempi, comunque, mia moglie Virginia mi diede un sano motivo per chiederle il divorzio.

Ha visto, giudice, come s’è ridotta? Girò pure Sideways, film per borghesi annoiati col Prosecco in mano.

Ah, Cristo santissimo, sono lontani i tempi in cui, in The Hot Spot, riuscì a mettere dei dubbi pure a Don Johnson. Sì, Don fu infatti indeciso se farsi lei o Jennifer Connelly. Forse, comunque, nel film se le fece entrambe.

Sarebbe come dire… anzi, chiedere al pornoattore mezzo stupratore Ricky Johnson se non si farebbe Kendra Lust in Booty Movie 6.

Tralasciamo The Wolf of Wall Street. Sembra Porky’s con Margot Robbie dagli occhi verdi al posto di Kim Cattrall e con un Leo davvero distante dal magnetismo di Kurt Russell di Grosso guaio a Chinatown.

Sì, Leo in questo film sembra più rincoglionito di David Lo Pan.

E ne vogliamo parlare di Andrew Garfield di Silence? Come fa ad avere i capelli sempre messi in piega alla Jean Louis David, stando giorno e notte sotto la pioggia e immerso nel fango? Roba che i libri di Niccolò Ammaniti sono un romanzo Harmony.

Mah, non è che Adam Driver gli fece da sciampista fra un delirio contro Scarlett Johansson di Storia di un matrimonio e le sue crociate in BlacKkKlansman?

Film nel quale, fra l’altro, John David Washington è meno cotonato di suo padre in Malcolm X.

Ecco, Spike Lee. Un altro che, al di là dei proclami e delle invettive antirazziste, non seppe mai rinnovarsi.

Caro Spike, un tempo spaccavi, adesso è arrivata per te La 25ª ora.

Come per Scorsese.

Un Cinema vecchio di vecchi. Ove il doppiaggio d’un Gullotta macchiettistico e d’un Giannini che pare un orco, eh no, non aiuta.

Con un De Niro che sembra mia nonna Rita ed è meno espressivo del suo detective Turk di Sfida senza regole. Sì, è scandaloso dirlo ma bisogna ribadirlo. Clint Eastwood è il più grande regista del mondo.

I suoi film posseggono un’umanità, una romantica forza che il Cinema oramai arido e auto-citazionistico d Scorsese, eh già, si sogna. È arrivata l’ora, appunto, di ammodernarsi. Evviva allora il Cinema folle di Todd Phillips, evviva il Cinema di Clint, un uomo che a novant’anni, in mezzo al porcume che impazza, in mezzo a un mandingo con la nuova pornostar patinata della vostra minchia fighetta, sa ancora farci capire che la vita per cui tanti si stanno, sbagliando tutto, pateticamente prodigando, comprando visualizzazioni, sputtanandosi bellamente per due mi piace in più, non è questo porcile di massa.

Arriva Clint e pare urlare a ogni Olivia Wilde e a ogni bellimbusto come Jon Hamm:

– Ora, avete rotto il cazzo! Voi e i vostri finti gossip su Brad Pitt che bacia Jennifer Aniston.

Ma non avete niente di meglio che fare i morbosi sugli altri morosi?

Basta!

 

Un paio d giorni fa, vi dissi che mi sverginai nel 2003. Ebbe ragione purtroppo quella cazzo di ragazza. Mi disse:

– Solitamente, avviene il contrario. Ti sei intristito incurabilmente dopo il sesso. Che cazzo sta succedendo?

 

E purtroppo aveva ragione un mio ex amico a paragonarmi a Starman.

Credo che sia davvero finita, mi pare che la farsa sia durata abbastanza. Se è una tragedia, finiamola coi buonismi. Diciamo la verità. No, è stato appurato che non sono pazzo. Ma obiettivamente non sono neanche adatto al mondo.

Ciò che stimola i vostri impulsi vitali e piace a voi, a me mette tristezza.

Ed è per questo che Joker è un capolavoro.

È pieno di scene d’antologia.

I bulli lo attaccano e lui li ammazza. Poi va in bagno e sembra Natalie Portman de Il cigno nero, divenendo più cattivo di Vincent Cassel di Dobermann.

Basta, davvero. Non ne possiamo più di questi ciociari, di questi caciaroni e ciccini da Cinema di Muccino con le loro biondine e le loro treccioline, con le canzonette stupidine di Eddie Vedder, con questi piagnistei ripropostici di quello schizofrenico di Kurt Cobain, con la vostra retorica cattolica, coi vostri moralismi, con la vostra bigiotteria e coi vostri bigottismi. Coi vostri bigodini e i vostri pompini!

Ha ragione Terry Gilliam. Gli ultimi trenta minuti di The Irishman fanno pena.

Con questo De Niro, appena uscito da Stanno tutti di bene di Kirk Jones, che si discolpa davanti alla figlia manco se si trovasse a C’è posta per te della De Filippi.

Con un prete fake a cui preferirò sempre il parroco di Gran Torino.

Una scena micidiale, bellissima, struggente.

Il prete cerca di fermare Walt Kowalski:

– Che hai intenzione di fare, Walt?

 

Walt/Clint sta zitto.

Insomma, Scorsese può presentare negli ultimi trent’anni assai poco di notevole. Clint invece può sfoderare Gli spietatiUn mondo perfettoMystic RiverMillion Dollar Baby e chi più ne ha più ne metta. Ha ragione anche una mia amica. C’è più umanità in un film di Eastwood che nelle sillogi poetiche di Orazio. Così come c’è più vita vera non nelle Mean Streets, bensì nella vita reale. Ove la gente si ammazza e uccide al prossimo Tapiro d’oro, ove siamo veramente stufi di Striscia la notizia, delle Iene, di Checco Zalone, di Ficarra e Picone, di Christian De Sica e de La mia banda suona il pop. Di quella cretina di Paola Cortellesi col suo rossetto da paracula e di quel romanaccio di Valerio Mastandrea.

Basta con gli affossati, evviva Ivano Fossati e vaffanculo, come dice Travis Bickle di Taxi Driver, alle idiozie della tv e al suo ecumenismo da quattro soldi.

Evviva il Principe Aguilera di Too Old to Die Young. Tu sei cattivo? Non sai quanto lo sono io. Come dice Bob De Niro in Cape Fear, ché non scherzava affatto, ti faceva male così? Ti faceva male così?

E Illeana Douglas, distrutta, piange e sussurra: – Ce la siamo andata a cercare.

 

L’Italia è un Paese di malati di mente ove quasi tutti, tranne me, vanno con le prostitute e poi, se uno scrive che Tiziana Panella è una grande passera, quale è, ti arrivano commenti così. E all’ottavo giorno Dio creò il Diavolo! E ha mantenuto la promessa. Ma ne manca uno… Piaciuto il giochino, cocchino? Insomma, ha ragione pure Vittorino Andreoli. Io, in Italia, non vedo né bel Cinema né bella gente, vedo solo persone vanitose che si credono fighe e invece sono sole come dei cani. Soprattutto nel cervello e nelle loro anime. E ora stanno aspettando un’altra mazzata devastante!

La più feroce, la più distruttiva, la più mostruosa!

Soprattutto la più giusta.

A un certo punto uno guardò Satana e disse a suo padre:

– Mi spiace, è finita.

– Ma figurati! Incontrerà una bella ragazza e le cose si metteranno a posto.

– Non credo. Una volta che capirà la sua forza, non accetterà una vita con un lavoretto e le battutine, il divanetto e i bacetti.

E anche la nostra vita, mi sa, che è finita.

 

Secondo Bob De Niro, il suo film più bello degli ultimi quindici anni è Stanno tutti bene.

Ah, per forza.

Come detto, in The Irishman recita peggio di un ebete con cento gocce di Valium.

E ho detto tutto.

Basta anche con De Niro. Evviva Sam Rockwell ed evviva soprattutto il più grande genio del Cinema di tutti i tempi, cioè John Belushi.

Uno che capì subito che la vita è una stronzata e sono tutti ipocriti.

Tanto vale prenderli tutti per il culo con una faccia di merda.

– Cosa vuoi tu? Il mio uccello? Sì, vai prima a preparare le polpette. Vedi di rosolarle bene, sennò ti piglierai solo due ceffoni, storpia.

Ah, domani, vai a dare lezioni di vita a delle palindrome che si fanno chiamare Cenerentola.

Ma per piacere!

 

di Stefano Falotico

JOKER Origins: al festival di Venezia vedrò davvero e dal vivo Joaquin Phoenix e De Niro – La mia vita ha rivisto la luce dopo il tunnel di un viaggio al termine della notte


15 Aug

Joker poster

Tutti quelli di cui avete sentito parlare, ogni essere umano mai esistito… ha vissuto la sua vita su un granello di polvere sospeso in un raggio di Sole. E vostro figlio ha cavalcato quel raggio… e voi due gli avete dato una vita che gli ha permesso di vivere quel sogno.

(Sean Penn, The First)

Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti, purtroppo o per fortuna, è terribilmente vero

Ora, la situazione si fa merdosa.

Vi spiego bene, con molta calma. Datemi tempo. È quello che vi chiesi anni fa quando invece, standomi col fiato sul collo, mi faceste impazzire.

Dispongo già dell’accredito stampa per la 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ove, come sappiamo, uno dei titoli di punta, sarà Joker di Todd Phillips.

Invero, ancora non ce l’ho. Ho pagato 60 Euro a Banca Sella, attenendomi alle oculate prescrizioni comunicatemi dalla direttrice dell’ufficio stampa, appunto, della Biennale.

Sì, chiariamoci. A meno che voi non siate uno del New York Times, vale a dire il critico pagato a peso d’oro più del cachet miliardario ricevuto da Phoenix e De Niro per essere rispettivamente il protagonista e il suo antagonista nella succitata pellicola su Joker, non potete permettervi di avere l’accredito gratis.

Sempre 60 Euro dovete e sino alla fine dei vostri giorni dovrete sborsare. Comunque, è un bel risparmio.

Anzi, pure di più. Il prezzo della benzina aumenta a ogni ora, ci vorrebbe Adriano Celentano di Svalutation per non farci credere che esista l’inflazione. Come dice Totò a Peppino ne La malafemmina… ah ah.

60 Euro comunque non sono, a ben pen(s)arci, una gran cifra, infatti senza… sarebbero circa 500 Euro, bonus permettendo.

Col mio accredito potrò, innanzitutto, sedere a fianco di critici di spicco ma soprattutto loro avranno l’opportunità di avere accanto a essi un uomo che forse non è un uomo. Sì, sono un essere anomalo, la peculiarità esistenziale fa parte della mia natura tanto fascinosamente abissale, in virtù del mio carisma a pelle bestiale, quanto rompiballe in modo insostenibile.

Mi hanno detto di salvare la ricevuta fiscale allegatami in mail, di stamparne il PDF e di presentarmi al Palazzo del Casinò con in mano tutta la documentazione.

Ora, sorge però più che un casino, ecco, un Casinò. Si potrebbe ovviare a questa sfumatura non da poco se io fossi l’incarnazione del capolavoro di Martin Scorsese del 1995, appunto, con De Niro, Sharon Stone e Joe Pesci.

Non è da una o accentata o no che la sostanza cambia. Casino in originale, Casinò in italiano, rimane pur sempre un tragedia di persone che, incasinatesi a vicenda, fanno scoppiare le loro vite che perdono tutto più di un incosciente alla John Malkovich di Rounders. Il quale, sopravvalutando le sue mosse, ritenendosi imbattibile, provetto gambler, ah che poveretto, scommette tutto al tavolo da gioco, convintissimo di avere in mano la carta vincente, ma scopre che il suo avversario ha la stessa mente di Will Hunting – genio ribelle.

Piovono soldi… sì, bisogna vedere da che parte, caro Teddy KGB.

Da circa vent’anni, forse di più, invero esattamente dall’anno successivo a quello in cui crollarono le Torri Gemelle (sì, le Twin Towers precipitarono l’11 Settembre, a festival già finito del 2001), l’intera zona attorno alla Mostra del Cinema, durante il periodo festivaliero, viene perimetrata neanche se fossimo in 1997: Fuga da New York.

Dunque, per poter accedere al Casinò, essendo quest’ultimo ubicato nella zona nevralgica e protetta da eventuali attacchi terroristici, prima bisogna consegnare la carta d’identità agli uffici della detectionreception.

Perciò, come farò a dimostrare, una volta che sarò dinanzi alla bigliettaia della baracchina della biglietteria del Casinò, che sono Stefano Falotico se, come dettovi, avrò appena lasciato in deposito le mie generalità al di fuori del “ghetto?”.

Sì, la Mostra è piena di gente che si dichiara appassionata di Cinema. Ma di che?

Alcuni hanno delle facce da criminali mai visti. Sì, vanno al festival solo per imbucarsi a qualche festino. Fra giri di prostitute e droga a tutt’andare. Sì, ne ho visto cose che voi non umani non potreste immaginare.

Critici che criticano solo i film dei sogni che s’erano fatti prima di diventare critici o pseudo tali.

Sì, il critico odierno, soventemente affiliato a giornali il cui caporedattore è ammanicato col produttore del film da recensire, sono dei falsi, dei corrotti e dunque, ça va sans dire, dei falsari della Settima Arte.

Scrivono che il film è bello soltanto perché altrimenti la loro vita non sarebbe più tanto bella. Eh certo, sennò li licenziano.

Ah, ne ho viste, vidi e spero di vederne tante… critici cinematografici che obiettarono sulle cosce della passerona Gwyneth Paltrow in passerella, sputtanandosi poi nei bagni dei parties con “reginette” decisamente meno belle di questa principessina sul pisello.

Sì, a Venezia v’è un giro di mignottelle e troioni pazzeschi. Indossano la maschera degli uomini irreprensibili e moralmente retti. Camminano tutti ritti. Tant’è vero che la prima mondiale di Eyes Wide Shut si tenne, appunto, a Venezia. E quest’anno riproporranno il capolavoro postumo di Kubrick…

Ho detto tutto.

Fatto sta che riuscirò a ficcarmi… per ottenere il pass.

Sì, per me, a dire il vero, questo problema non sussiste. Oramai mi conoscono tutti. Sono un personaggio sulla bocca di chiunque. Come si suol dire, un attore che non abbisogna di presentazioni.

Già, immagino la scena:

– Buongiorno. Guardi, dovrei ritirare la tessera, munita perfino di mia foto profilo, già precedentemente inviatavi nell’apposito formulario, da me pagata un mese fa. Son stato però costretto a lasciare i documenti fuori dalla Mostra.

– Ah, ma lei è il Joker Marino, alias Stefano Falotico.

– Sì, è vero. Come fa a conoscermi?

– Suvvia, bambagione. Lei è riconoscibilissimo anche a un miglio di distanza. La sua faccia da culo la conosce mezzo mondo.

Pigli questa tessera e buon Festival. Ah no, scusi solo un secondo. Lei, stasera, dopo aver visto il film, sarebbe disponibile per giocare un po’ con me? Lei è proprio un pagliaccio, sa? Poi, starmene chiusa qua dentro tutto il giorno con tutto questo caldo, vede, a notte tarda mi rende una monella.

Insomma, fra clown tristi la vita è più felice. Sì, io e lei, anzi tu, ti do del tu e poi te la darò tutta, siamo carcerati psicologicamente. Siamo un po’ come Steve McQueen e Dustin Hoffman di Papillon. Qui a Venezia c’è il mare, stasera che ne dici?

Andremo al ristorante, ordineremo delle vongole, faremo un giro in gondola, poi in albergo tu mi sfilerai la gonna e, tuffandoci nei sensi più profondi, prenderemo il largo a prua e a poppa.

Il mattino dopo, mi servirai la colazione con tanto di cornetto alla crema.

– Sì, ok cornuta. Ciao. Fottiti. Al massimo, posso invitarti a prendere assieme un caffè senza zucchero. Ci stai? Offro io, non ti preoccupare.

 

Invero, questa qua non era male. Però il mio albergo prenotato a Venezia è impresentabile. Non posso portare una bella donna in un tugurio fatiscente e diroccato. Perderei tutto il mio fascino alla Tom Cruise.

Sì, torniamo alla questione iniziale. Detta come va detta, non trovo un buco mango a pagarla, no, pagarlo.

Tutti gli alberghi del Lido, anche quelli più scalcagnati, sono già tutti occupatissimi.

Detto ciò, la tessera mi darà l’esclusivo diritto di poter vedere tutti, dico tutti, i film in Concorso e Fuori Concorso, quelli delle sezioni collaterali, i classici delle retrospettive e anche quelli senza una cinematografica prospettiva.

Sì, fra tanti film belli selezionati, ci saranno come al solito anche delle stronzate micidiali senza capo né coda, senza poetica e senza neppure una bella figa che valga, come si dice in gergo goliardico, il prezzo del biglietto. Insomma, i cosiddetti film improponibili. Oggettivamente da voltastomaco, messi lì per riempire gli spazi vacanti.

Sì, è praticamente impossibile assistere a un Festival qualitativamente omogeneo e perfetto. Ogni anno, su dieci film di grande livello, ce ne sono trenta che, se fossi stato il regista, non avrei mai mostrato, appunto, nemmeno a mia moglie.

Ora, Todd Phillips è sposato?

Ecco, credo che sua moglie abbia già visto, assieme a quelli della Warner Bros, il Joker.

Dunque, probabilmente la pratica di divorzio fra Phillips e la consorte è già in atto. Ah ah. Come no?

Se invece così non fosse…

Sala Grande, prima internazionale di Joker.

In verità vi dico che al pubblico sarà presentato il 31 ma la stampa lo vedrà il 30.

Finisce comunque la proiezione.

La follia, no, la folla è in visibilio, Phoenix è paonazzo dalla commozione, il neo di De Niro, da nero che è, diventa rosso per via del flash dei fotografi. Il pubblico sovreccitato si scalmana, una ragazza, fanatica di Phoenix gli urla: la tua interpretazione in Quando l’amore brucia l’anima è niente in confronto al mio calore per te, sto bruciando!

La gente applaude, insomma un’ovazione. Con tanto, appunto, di esaltati che, in barba a ogni pudore, hanno in diretta delle incontinenti eiaculazioni e donne ninfomani iper-appassionate di Joaquin in stato fermentante di febbricitante ovulazione.

Insomma, un delirio collettivo!

La moglie di Phillips però è sconvolta e, fra sé e sé, pensa… cazzo, è il film di mio marito.

Io pensavo che fosse un brav’uomo e invece ha realizzato la pellicola su un matto ma forse la pazza son stata io a sposarlo. Oppure siamo tutti impazziti.

In verità vi dico che dubito riguardo il fatto che De Niro possa presentarsi al Lido.

Innanzitutto, il suo ruolo è minore. Poi, per quanto io ne sia fan sfegatato, De Niro è uno stronzo.

Io e tutti gli altri stemmo ad aspettarlo dietro le transenne per Shark Tale.

Lui passò e non cagò nessuno.

In tanti anni di Festival è l’unico attore che non si è fermato a firmare gli autografi.

È il mio attore preferito. Sono uguale a lui.

Ho varie ammiratrici che mi scrivono su Facebook, sinceramente vogliono scoparmi.

Al che, mi decido a incontrarle dal vivo. Loro, alla mia vista, rimangono estasiate.

Io dinanzi a loro, manco per il cazzo.

E sparisco di nuovo nella notte come Travis Bickle di Taxi Driver.

Detto ciò, caro Travis, Cybill Shepherd ci rimase di merda.

La lasciasti in mezzo alla strada come una puttana qualsiasi.

E dire che, poco prima, combinasti un macello per rendere questo mondo più pulito.

Ma poi a che sarebbe servito? Jodie Foster, una volta salva(ta) dal pappone, comunque rimase fottuta. Perciò, per non farsi pappare dagli uomini lupo, non riuscendo a superare il suo trauma, studiò psicologia con il master in criminologia.

Da cui la sua Clarice Starling de Il silenzio degli innocenti.

Be’, che vi debbo dire? O meglio che volete che vi dica?

D’adolescente, mi opacizzai nella notte più fosca. Smarrendomi come lo straniero Travis nei dedali della mia solitudine nera.

Mi consolai dallo stress nell’orgasmizzarmi. Sì, calato ogni sole, mi resi solare, registrando tutte le più grandi fighe che passavano, a luci rosse, via cavo.

E ora vi racconto questa…

Nel 2003, nonostante già fossi più colto di ventimila laureati a Oxford, m’iscrissi a una scuola di recupero.

Lì conobbi un certo Enrico col quale ci recammo a Chieti. Per diplomarci privatamente.

Nei giorni antecedenti il nostro viaggio, Enrico, nonostante io a quei tempi avessi già incontrato Roberta di Trieste, notando che ero molto triste, a inoltrata sera suonò a sorpresa a casa mia.

Svegliando i miei genitori.

– Ehi, che ci fai a quest’ora?

– Stefano, facciamoci un giro. Sono in palla.

– Ma è tardissimo.

– Appunto. La notte è lunga e io voglio renderla calda.

 

Indossai il giubbotto, afferrai le chiavi di casa, aspettai l’ascensore e, uscito che ebbi dal mio stabile, trovai Enrico nel mio cortile. Piuttosto instabile. Con una faccia arrapatissima:

– Stefano, stanotte ho voglia di darci!

– Ma tu non sei fidanzato con Micol?  (sì, la sua ragazza si chiamava Micol e non Nicole).

– Sì, ma ho voglia di qualcosa di più. Accompagnami. Anzi, sono talmente in tiro che voglio farti un regalo. Dai, seguirmi, entriamo in macchina.

 

Al che, spedito a tutta velocità, si fermò al Bancomat più vicino e io gli chiesi:

– Dove cazzo vai?

– Vado a ritirare i soldi che m’occorreranno per la donna che sceglierò, girando per istrada. Anzi, ritirerò anche qualche soldo in più poiché desidero che pure tu possa godertela. In poche parole, te la pago io.

 

A quel punto, salutai Enrico e chiamai un taxi.

Non sono mai andato a zoccole in vita mia e giammai vi andrò.

Andare con una donna di malaffare significa dichiararsi più che falotici, no, fallici, eh sì, falliti.

È un’umiliazione mortificante che non potrei sostenere. Cioè, fatemi capire bene. Voi pagate una purché vi renda contenti? E vi rende contenti dietro i contanti?

Io, al massimo, ho cinquemila film pornografici in casa mia. Ma sono un romantico.

Fatto sta che, pochi giorni dopo, salii nuovamente in macchina di Enrico. Che caricò me e due donne, una ragazza più piccola di noi e una signora di una certa età, per recarci nel luogo ove avremmo effettuato l’esame di maturità.

Anzi, ora che ricordo bene, in macchina con noi c’era anche Armando. Uno che in quel periodo cantava sempre ad alta voce il ritornello Anvedi come balla Nando di Teo Mammuccari, tormentone del 2004.

Enrico, come avrete capito bene, aveva quel vizietto lì. La sera prima degli orali, ecco, s’ubriacò e ancora con una puttana, segretamente, andò.

Gli telefonò la sua ragazza per sincerarsi se stesse bene e se fosse pronto per l’interrogazione del giorno dopo.

Al che, Enrico il telefono mi passò:

– Stefano, sono Micol. Enrico è impazzito? Che fa? Si sbronza la sera prima dell’esame?

– Sì, in effetti è un po’ brillo. Ma ora lo mettiamo a dormire.

– Stefano, tu sei molto sincero. Dimmi la verità. Enrico s’è solo ubriacato?

– Sì, certo. Perché?

– Ora, io credo che mi tradisca. Sai com’è… lontano da me potrebbe… ora, mi garantisci che ha solo bevuto?

– Vuoi la verità, Micol? La sai già.

 

Partì un urlo immane.

Be’, Enrico e Micol si lasciarono.

Ma non fu per colpa mia. Lei invero era già cosciente che Enrico amava molto incoscientemente le altrui cosce.

 

Ho trovato finalmente la sistemazione. Circa 500 Euro per sole 4 notti.

Ora, per molto tempo la gente pensò che io fossi Tom Hardy di Warrior.

Invece, ha scoperto che sono Joel Edgerton.

Sì, un tipo apparentemente fantozziano che non ha nessuna possibilità di vincere.

E invece, a differenza degli idioti, io faccio funzionare la testa.

Sono colui che ha ribaltato ogni prospettiva.

Dunque, mi spiace per il demente che continua a offendermi su YouTube perché non ci sta.

Che posso dirgli? Andasse a Lourdes.

Sì, davvero. Certe offese puerili sono accettabili se hai 16 anni. Alla mia età, fanno i ridere i polli come lui.

Capito? Questo s’è sparato un trip sulla mia persona mai visto. Se non appunto nella sua mente.

Adesso, vi spiego bene come vi vede lui. Sì, lui capisce tutto, non lo sapevate?

Mi grida che sono pazzo, solo, senza amici e una vita sociale. Che sono un disagiato, un mostro, un repellente abominio, come dice lui… un aborto.

Be’, in effetti un mostro ha bisogno della sua altra metà identica a lui di sola diversa desinenza femminile.

Mi pare dunque ovvio che il mostro vada alla Mostra. O no? Ah ah.

Credo che costui abbia sempre delirato su di me.

Trattasi di ragazzino gravemente disturbato.

Va a dire in giro… ma come fate a dar retta a quel Joker Marino? Ma non lo vedete che si filma sempre da solo? Non ha un cane. È un cretino.

Tale idiota di ciò n’è veramente sicuro?

Bene, se l’è andata a cercare… rendiamolo felice. Diamogli il contentino come si fa con gli scemini.

Dal 2003, costui non sa niente della mia via intima e privata, diciamo personalissima.

Nell’anno appena succitato, uscì il capitolo 1 di Kill Bill. Che costui mi creda o no, non chiedetemi, vi prego, come riuscii ad uscirne, ecco, uscii con una tizia che abitava in un paesino di Bologna.

Che si fa con una ragazza? La si porta a vedere un film.

Durante tutta la proiezione, questa ragazza rimase impressionata.

Non tanto dal film. Questa qui di Cinema non sapeva un cazzo. Rimase scioccata, più che altro, da me che non la cagai. Un altro, al mio posto, anziché concentrarsi su Uma Thurman, avrebbe pensato a qualcosa, diciamo, di più tangibile e corporeo.

Ora, questa qui non era bionda come Uma. Anzi, era mora. Ma non era male. No, no, no. Un bel bocconcino.

Lei, finito che avemmo di vedere il film, mi fissò negli occhi e, accortasi del mio turbamento, mi domandò un po’ allarmata:

– C’è qualcosa che non va, Stefano?

– Un po’ tutto non va. Ma sto bene. Non ti preoccupare.

 

In verità, la scena finale del film m’aveva pietrificato.

Lei m’invitò a casa sua. I suoi erano a letto. Ah, fra l’altro, non era la prima volta che io e questa qui c’eravamo incontrati. Il nostro primo appuntamento era avvenuto… in una zona losca del paese in cui abitava.

Lei mi portò in un pube, no, in pub.

Dopo dieci minuti, seduti al tavolo, uno di fronte all’altro/a, lei mi sospirò:

– Non hai caldo? Fa caldo, cazzo, fa molto caldo.

– Sì, in effetti questo è un pub di provincia. Ma non hanno i soldi per un ventilatore?

 

Lei scoppiò a ridere. Anzi, sogghignò…

In verità, s’era accorta che io non avevo per niente capito a cosa volesse alludere per alluparmi.

Ma uscì con me, come detto, ugualmente la seconda volta. Anzi, credo che le piacesse la mia ingenuità.

Che culo, infatti. Trovarsi di fronte a un ragazzo completamente vergine da ammaestrare a proprio volere.

Ma io avevo la testa da un’altra parte. Volevo vendicarmi, sì, volevo vendicarmi perché, a differenza di quello che questa qui poteva aver creduto, dopo aver visto Kill Bill avevo compreso tutto…

Cosa voglio dire con questo?

Facciamo un passo indietro. Torniamo al Joker.

Secondo voi chi è Arthur Fleck?

Io me l’immagino così. Dev’essere uno oscuratosi nella notte. Anche delle Stelle. Cioè degli Oscar.

Sì, durante l’adolescenza deve aver sofferto di disturbo ossessivo-compulsivo e, prima della serata di premiazione degli Academy Award, cazzo, questo qui si faceva pure il bagno come se dovesse essere lui il premiato con la statuetta.

Amici, quello che vi posso dire è di non assumere mai questi psicofarmaci:

1) Depakin: uno stabilizzatore dell’umore. I suoi effetti collaterali sono devastanti.

2) Risperdal: un neurolettico, adesso sostituito dal più “moderno” Invega. Gli effetti collaterali, se assunto in forti dosi, sono l’alterazione del metabolismo, una forte stipsi, un ingrossamento del fegato e un enorme calo della libido.

3) Fluoxeren: antidepressivo e antipsicotico terribile. Può provocare addirittura shock anafilattico, vomito, nausea e profonda sonnolenza.

Ragazzi, non assumeteli mai, per nessuna ragione al mondo. In ciò, ha ragione Eros Ramazzotti di Parla con me:

non si uccide un dolore, anestetizzando il cuore…

Ora, in caso di violenta sofferenza psicologica, i farmaci e i tranquillanti bloccano il dolore. Sì, ma fermano anche il piacere.

La persona può allora ammalarsi di catatonia, eccessiva rigidezza muscolare, fissità esagerata dello sguardo, oppure sconfinata apatia.

Mettiamo anche che si ammali in un’età troppo giovane in cui non possa autodeterminarsi e, intorno a sé, gli ruotino solo adulti superficiali e ragazzi indifferenti che preferirono appioppargli un’etichetta. Non volendo mai appurare…

Ma che appuraste? Più puro di Fleck non ce n’è!

Era ovvio che Arthur Fleck, una volta marchiato e stigmatizzato, sarebbe andato incontro, poi ripresosi, all’incomprensione degli ottusi.

Che, anziché stringergli la mano nel momento del bisogno, lo incriminarono persino per il semplice fatto di avergli rotto il cazzo.

Ecco, con questa ragazza non andò proprio benissimo. Con Roberta, sì. Anche troppo.

– Stefano, toglimi una curiosità. Tu e Roberta come vi siete conosciuti?

– Attraverso una chat.

– No, fammi capire bene. Questa qua è scesa da Trieste a Bologna per conoscere te? E tu chi sei Superman?

IO SONO IO.

 

Morale della favola: il mio calunniatore è rimasto molto, molto indietro. Quando mi scrive cose come… esci dal guscio…

Ah, il famosissimo guscio dello struzzo o del suo fare lo stronzo?

Comunque, l’assolvo. Lo compatisco. Trattasi di persona, oltre che a dismisura inconsapevole, gravemente sospettosa e diffidente.

Dovrebbe aggiornarsi. Invero, vergognarsi. Sì, a volte mi sembra un ignorante come Totò della famosa scena della lettera de… La malafemmina.

Dice a me che devo studiare e prendermi la LAURA…

Costui, il quale parla tanto di vita sociale, non è che sia un venditore del suo culo?

No, per chiedere, eh. Sembra, a sentirlo parlare, un maniaco sessuale. Non è che domani lo vedrò fra i protagonisti negativi della seconda stagione di Mindhunter?

Sì, questo qui non è mai sicuro che io dica la verità. Mi scrive sempre:

– Dov’è che sono queste donne? Fammi vedere.

 

Cioè, vuole che gli realizzi un porno. Più maniaco di questo guitto d’avanspettacolo, manco Charles Manson.

 

Finale: sì, ma Joker chi è?

Certamente, non io. Come ha detto il canale YouTube L’IMPERO DEL CINEMA, che qui ancora ringrazio infinitamente, Joker è un archetipo che noi tutti amiamo.

Simbolizza tutta la bontà più pura nella sua forma più splendidamente angelica ma allo stesso tempo è l’incarnazione di Satana.

Sì, ma perché lo amiamo?

Ora, il film di Todd Phillips, stando alle premesse e alla trama fornitaci, guardando il suo teaser, è impostato su un canovaccio scritto da Scott Silver, a prima vista, perfino piuttosto canonico da Bignami della psicopatologia.

Arthur Fleck, a quanto pare, è affetto da complesso di Edipo. Vorrebbe la sua vita ma, a livello inconscio, un po’ come fa Jason Miller de L’esorcista, non riesce mai davvero a staccarsi dal cosiddetto, a livello metaforico, cordone ombelicale. Per di più che sua madre è adesso malata e necessita con la vecchiaia di assistenza.

Forse, in un certo qual modo, è simile proprio a Travis Bickle. È uno “schizofrenico” esistenzialista.

Molti della mia generazione vissero parecchi stati di coscienza definiti vuoti a perdere. La generazione a cui io appartengo veniva infatti definita, oltre che generation x, quella del vuoto…

Ma poi siamo sicuri che questi ragazzi sognassero davvero di essere Re per una notte?

O questo invece fu il sogno dei loro genitori? I quali, non riuscendo a concretizzare le loro ambizioni, scaricarono le loro frustrazioni, idealizzando distortamente la vita futura dei figli? Pianificandone le scelte?

Sì, perché se Joker avesse voluto diventare un personaggio dello spettacolo, se ne sarebbe fregato della batosta ricevuta da De Niro. E avrebbe insistito come se nulla fosse stato.

Per quanto possa apparire, appunto, folle e insensato, grottesco e assurdo agli occhi della gente “normale”, Joker non vuole mettere su famiglia, non vuole nascondersi dietro la maschera della dignità sociale volgarmente intesa. Cioè non crede che il valore di una persona dipenda dal valore stesso che gli altri possano più o meno attribuirgli in misura del suo reddito e dei suoi trionfi.

Una tipica, retrograda, sbrigativa frase che viene rivolta ai “malati di mente” è la seguente: me non mi freghi, coglione. A cui vuoi darla a bere? Vedi di rimboccarti le maniche come tutti e ora ti becchi un sacrosanto calcio in culo.

Oppure: non fare il furbo.

Che poi è sostanzialmente la stessa cosa.

Quando invece stetti assieme a un’altra ragazza, mi ricordo di questo mio rapporto assai strano.

In quel periodo ero davvero un saltimbanco un po’ patetico. Come Sean Penn di This Must Be the Place. Un film a mio avviso concettualmente sbagliato nell’ultima mezz’ora.

Innanzitutto, caro Paolo Sorrentino, la vendetta non serve. Non si vendica un padre con la legge del Taglione. Il nazista ha già condannato la sua anima al demonio. Cioè è già morto.

Poi, Sean Penn/Cheyenne, ottenuta la catarsi vendicativa, torna da sua madre. Sua madre è pazza. Sean si presenta a lei con un taglio di capelli da perfetto uomo normalizzato.

Ah, che brutta caduta di stile, Paolo.

Cioè, fammi capire bene. Cheyenne ha rinunciato alla sua unicità, al suo magico candore per essere uno stronzo come tutti?

No, non ci siamo.

Peraltro, Sean Penn è uno degli uomini più affascinanti, misteriosi ed enigmatici di sempre, secondo me.

Cioè, fatemi capire bene. Questo qui ha un fisico da palestrato, è stato con Madonna, con Charlize Theron e chi più fighe ha più ne metta, ed è però amico di Terrence Malick, ha vinto l’Oscar per Milk e Mystic River, ha girato un film con Woody Allen?

Uhm, c’è qualcosa che non va.

Sì, Sean Penn non è l’omaccione che lui stesso, forse, vorrebbe far credere di essere.

The First è stata una serie televisiva piuttosto mediocre. Ma appartengono proprio a Sean Penn/Tom Hagerty le parole forse più belle di quest’anno di Cinema e tv.

Quando, dinanzi ai genitori distrutti per la tragedia occorsa al figlio, il quale doveva essere uno dei primi uomini a mettere piede su Marte, Sean Penn, con infinita saggezza, li consola, dicendo loro quella che è la verità.

Ecco amici e, come dico io, (a)nemici, s’è fatto tardi. Spero di aver detto delle cose sui cui io stesso possa riflettere.

Mi aspettano 5 giorni di Festival in compagnia.

Non mi credete?

Perdonatemi solo per l’audio molto basso. Ma ho registrato da WhatsApp. Potete scusarmi?

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di Stefano Falotico

76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. THE NEW POPE


12 Aug

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Sono oramai sicuro di essere un sensitivo con poteri paranormali.

Sì, sono troppe le cosiddette casualità, le profezie da me dette in tempi non sospetti che, cazzo, sì, si sono avverate.

Sono il Nostradamus reale e in carne e ossa. Su ciò avrei però dei seri dubbi. Visto che non credo che camperò ancora molto.

Sono molto stanco e il mio nichilismo aumenta ora dopo ora. Mi sta annientando. Nutro un profondo, irredimibile disprezzo per chiunque. Senz’eccezione alcuna.

Oramai, per allentare il mio disgusto, scarico film pornografici da adultdvdempire.com. Ma non serve a molto.  A un cazzo. Non c’è più nessuna scintilla vitale, solo mia costernazione dinanzi alla malattia, alla malaria e all’animalità di un mondo ove il sesso è più mortifero che in una pellicola di Tinto Brass. Sì, Brass s’è sempre dichiarato il maestro dell’erotismo. Eh, ‘na roba. I suoi film sono più che altro robaccia di culi grossi spesso inquadrati in cessi più brutti degli assatanati che li desiderano. Le storie sono soventemente ambientate in zone cimiteriali. Oppure in una funera, cerulea Venezia come ne La chiave. Cazzo, il Nosferatu di Herzog, in confronto a queste atmosfere spettrali con tale Stefania Sandrelli che ancheggia tutta sguaiata, cazzo, sembra Il signore degli anelli.

Per far felice la gente, vado in giro e spargo benedizioni. Ai più cattivi porgo invece il segno della sacra unzione.

Sì, una volta predissi la morte di Ayrton Senna. Avvenuta, se ricorderete bene, a Bologna. Invero, Senna era già praticamente morto a Imola ove stava gareggiando il giorno dei lavoratori, ovvero il primo Maggio per il campionato di Formula Uno.

Fu una tragedia che quelli della mia generazione ricordano molto bene.

Credete che menta? Non mento. Mi credete malato di mente? Guardatevi allo specchio e poi ne riparliamo se avete un briciolo di coscienza.

Mi ricordo perfettamente quei giorni della mia prim’adolescenza giù funebre. Già corroborata da un alone di misteriosa melanconia ignota. Sì, di solito avviene il contrario. Dopo la pubertà e il fiorire degli ormoni floridi, un ragazzo non vede l’ora di divertirsi e gigioneggiare con le ragazze.

Di mio, già all’epoca ero un maschilista convinto. Sì, avete presente Edmund Kemper di Mindhunter? Sono io. Considero il gentil sesso assai pericoloso per gli equilibri mentali di un uomo.

La penso come Charles Bukowski.

Per quanto riguarda invece gli uomini stessi, sono misantropo. Dunque, a mio avviso, se l’umanità dovesse finire domani, credo che sarà il giorno più bello per l’universo intero e non solo per questo mondo oramai insalvabile.

Pensate che vedo pure uno che si dichiara intenditrice di Cinema e non sa invece un cazzo della vita. Come pretende di poter affermare che Mystic River sia un capolavoro se non ha figli? Cosa ne può sapere costui dei dolori di un padre che scopre la morte della figlia, assassinata e brutalizzata in mezzo al bosco da un uomo che è fuggito nelle tenebre e che forse altri non è che Sean Penn di Dead Man Walking?

Quando muore un figlio o una figlia, la vita è finita anche per i suoi genitori.

Oppure, quando un uomo violenta una donna, come fa Matthe Poncelet/Sean Penn del succitato film di Tim Robbins, oh, guarda caso co-protagonista assieme a lui di Mystic River nella parte dell’uomo rimasto traumatizzato in seguito allo stupro subito da bambino da degli orchi, è terminata lo stesso.

Se vi dico che è così è così. L’unica cosa che può tenervi minimamente vivi è la fede in Cristo il salvatore.

Ma tanto sapete anche voi che il Vangelo è solo una magra consolazione.

Comunque, dicevo. Mi trovavo al bowling assieme a degli amici. E ho cambiato idea, non mi par giusto rivelarvi pubblicamente i loro nomi.

Avevo appena lasciato il liceo scientifico statale Sabin e mi ero iscritto a quello privato chiamato Manzoni.

Ma non c’ero già più.

Tutti i ragazzi erano euforici per la gara di Senna che si sarebbe svolta, appunto, il giorno dopo.

E io:

– Ah sì? Siete tutti contenti? Bene, domani Senna morirà.

 

Mi risero in faccia.

Il lunedì mattina mi telefonarono a casa, urlandomi: sei un mostro!

La stessa cosa si è ripetuta tre anni fa.

Stavo soffrendo come un animale perché dei pazzi, non comprendendo la mia diversità, m’avevano obbligato a reazioni violente. E dunque fui sedato e semi-paralizzato negli arti.

In tv passò The Young Pope.

Avete presente la scena in cui Jude Law chiede al suo autista, di ritorno dalla sua missione in Africa, di fermarsi in una stazione di servizio?

Scende e con lo sfondo dei camion, si mette a pregare Dio affinché ammazzi quella donna che sta lentamente uccidendo tante persone, privandole dell’acqua.

Dopo averla vista, mi recai in bagno e guardando lassù, chiesi alla giustizia divina di provocare una tragedia impietosa verso chi era stato il responsabile di tanto mostruoso male a me inferto.

Due anni dopo questa persona è morta di cancro.

Parola del Signore.

 

E ricordate, figlioli: lasciate stare i buonismi. Il male e l’ignoranza vanno solo vendicate con altrettanta malvagità.

Il resto è retorica per i messaggi dell’Angelus.

So che mi state odiando a morte ma io sono Dio. E Dio è o non è Prince of Darkness?

Comunque, per quanto riguarda la morte di Senna, sì, è vero.

Per quanto concerne la morte di quell’altro, no. Quella sera, in verità vi dico che, finito che ebbi di vedere la puntata di The Young Pope, andai a ripescare le poppe di Ludivine Sagnier di Gocce d’acqua su pietre roventi.

Sì, sono un uomo ambiguo.jude law

 

di Stefano Falotico

 

jude law pope sagnier

La leggenda del Genius Pop sull’oceano, anche spesso sul divano


19 Jul

sandokan kabir bedi

Sì, un mio amico mi ha prospettato un viaggio da compiere, forse assieme, la prossima estate.

Questa oramai è già inoltrata e, come Sharon Stone di oggi, è sinceramente andata. Sì, siamo quasi a fine luglio, perciò totalmente immersi nella piena maturità d’una bellezza, di una solarità radiosa e calorosa che sta però tramontando nell’imminente agosto afoso. Dunque troppo caldo, poco libidinoso.

Sì, la nostra vita, così come Sharon Stone di Basic Instinct dopo che scaldò i nostri ormoni più del sole a mezzodì di quaranta gradi all’ombra, ombrosamente, nonostante l’ombretto e i trucchi facciali, dicasi anche ritocchini per apparire ancora figa come un tempo a lei solare e a noi uomini ardentemente ormonale, appunto, sta declinando nei primi battiti sopraccigliari di rughe e occhiaie cupamente rugose. Già annerita in una decadenza incombente. Spengendosi in una menopausa già cavalcante molto meno eccitante dei suoi brucianti accavallamenti epocali davvero stupefacenti, oserei dire raggianti e illuminanti i nostri lupi solitari alla Michael Douglas, figlio di puttana imbattibile e perennemente sul pezzo…

Siamo comunque lupi che perdono forse il pelo ma non il vizio e ameranno sempre, cocentemente, spalmare le creme alle donne con gambe estivamente fragranti, lisce, vellutate e piccanti.

Ecco, ma non perdiamoci in viaggi eroticamente-esoticamente sognanti, parliamo di cos(c)e serie. Sì, ah ah, di viaggi veri che scalderanno i nostri cuori, irradiandoli di speranza per cui, approdando a una meta paradisiaca, potremmo incontrare l’altra nostra idilliaca metà, dolce come una fragrante mela, soffice e leggera come un bacio a primavera.

Questo mio amico vuole visitare i maggiori parchi nazionali degli Stati Uniti.

Di mio, devo esservi franco, non è che durante la mia (non) vita abbia viaggiato tanto a livello mondiale.

Eh sì, non è che abbia avuto nemmeno molti friends ma, da piccolo, ero un ragazzo da Grandi speranze dickensiane, un infante da libro Cuore. Ah, che uomo l’Edmondo De Amicis.

Lui scrisse un gran racconto, Dagli Appennini alle Ande, io invece, nell’adolescenza mia più sovreccitata e bollente, sognando di essere già grande, peregrinai di prepuzio e glande, ammirando appunto le collinari forme montagnose e dure di Sharon, immaginando di montarmela.

Sì, valicai mari e monti con la fantasia più alata pur di avere con lei una notte da monta. Da impuro lato b estasiante. Giacqui però soventemente soltanto nella mia caverna al freddo e al gelo devastanti.

Sì, indossai anche il montone per darmi un’aria fresca come la brezza sulle Dolomiti da Bambi.

Ah, splendidi, mentali viaggi, circumnavigai l’intera sfera del fondoschiena di Sharon, donna dalla venustà extraterrestre, fantasticando con lei amplessi spaziali e al contempo granitici come la Monument Valley.

Ora, bando alle ciance.

Conosco bene la Lucania, regione natale dei miei genitori. Entroterra meridionale dallo scarso sex appeal turistico. Zona arida e brulla piena anche di pischelli di periferia, un po’ bulli ma comunque meno grulli di molti toscani onestamente né belli né brutti, soltanto insignificanti come Basic Instinct di Paul Verhoeven.

Un discreto thriller uguale in forma inversamente proporzionale, dal punto di vista esegetico, al celeberrimo ritornello della formosa Sabrina Salerno e della smorfiosa Jo Squillo, oltre alle gambe c’è di più.

Sì, forse il culo della controfigura di Jeanne Tripplehorn, donna stupenda che scioglie ogni uomo più del sole a Ferragosto che si squaglia sulle canotti(er)e polo, no, più delle calotte polari di Waterworld.

Per il resto, il film è la storia dell’autrice di Cinquanta sfumature di grigio, ambientata negli USA.

Comunque, i trulli di Alberobello, rispetto ai grulli, fanno la loro porca figura assai bella.

Napoli? Sì, ci andai. Per i miei tre giorni pernottanti in una pensione gestita da un pizzaiolo, avvistai molte magnifiche donne vesuviane ma, appena posai i miei occhi su di esse, i loro fidanzati manigoldi vollero borseggiarmi.

Io non ebbi affatto intenzione di pagarle, forse soltanto di palparle e papparmele, non erano mica delle prostitute con attorno dei papponi, desiderai solo regalare loro i miei gioielli di famiglia.

Anche i loro uomini vollero, a quanto pare, donare loro quelli…

Non erano dei magnaccia ma, coi soldi rubati al mio portafogli, dopo avrebbero magnato con le loro rispettive fidanzate un babà e un pasticcino millefoglie.

Vedi Napoli e poi muori? No, poi sei solamente più povero.

Napoli comunque è una città meravigliosa, Ho tanti amici e conoscenti di Napoli. Ma nessuno di essi abita vicino all’albergo ove io non riuscii a chiudere occhio.

Eh, nelle zone malfamate e losche di Napoli, bisogna stare in campana, non solo in Campania.

Visitai anche la mia reale città natia, ovvero Assisi. Sì, San Francesco sono io.

Comunque, c’è di peggio. Conosco gente che si credette santa. Sì, dei morti di figa messi a novanta. Diciamocela.

Dovettero andare a San Francisco per trovare una spennacchiata passerina che volesse parlare col loro uccello.

Per due giorni, stazionai anche a Nizza. Località ove furono girate molte scene di Ronin.

Non me la godetti molto. Per 48 ore soffrii, più che il mar di mare della Costa Azzurra, un terribile mal di pancia. Tant’è che Robert De Niro del suddetto capolavoro di John Frankenheimer mi fece e fa tuttora un baffo. Avete presente quando Michael Lonsdale gli estrae la pallottola dalle viscere senz’anestesia, similmente a John Rambo?

Ecco, io patii molto di più. Ma non per pochi minuti. Appunto, senza suture e punti, per due giorni e notti senza respiro.

Voi comunque dovreste curarvi dai fegati amari. Fate pena. Sembrate sempre sotto i ferri corti come se vi stessero praticando l’estrazione dell’appendicite.

Siete rivoltosi, dunque rivoltanti, ributtanti, sì, vomitevoli e disgustosi. V’infoiate in odi da voltastomaco solo perché una donna di pessimo gusto vi ha dato dello stronzo indigesto. È la verità, d’altronde, siete delle merde. La Mer!

Io sono invece un favolista come lo fu Emilio Salgari. Autore della saga di Sandokan. Nato a Verona e morto a Torino.

Non visitò mai realmente quei luoghi esotici che descrisse così minuziosamente nelle sue opere. Allora, le possibilità sono due. O era come Philip K. Dick, ovvero precognitivo, e dunque aveva già visto L’isola dei famosi, oppure davvero possedeva una mente altamente immaginativa.

Un po’ come Omero. Dove l’aveva vista infatti Troia il caro Omero se non forse a letto con quella baldracca di sua moglie? M’immagino, peraltro, tanti litigi fra lui e lei, un’Odissea. Ma Omero era sposato? Chissà…

Sua moglie si chiamava Beatrice o Penelope?

Mah, che vi posso dire?

Il mondo si divide in varie categorie: fra chi parte sulla via di Amsterdam per andare, appunto, a troie, quando bastava che si recasse sui viali, in piena notte, della sua città e una scandinava l’avrebbe rimediata, risparmiando sul volo, ah ah, fra chi ama Morte a Venezia, uomo malinconico, da nave Mare Jonio, fra chi è da manicomio e vede col binocolo sia il mar ionico che l’oceano poco pacifico dei suoi disturbi psichici ove, da tempo immemorabile, affoga insalvabile, fra chi ha una vita da sabbie mobili, fra chi scrive come Salgari Le tigri di Mompracem e quelle della Malesia e fra chi, come Mina, è una cantante maledetta che non si muove da Cremona.

Tranne quando si reca allo studio di registrazione ove, assieme ad Adriano Celentano, fa la campagnola.

Tornando invece a Sandokan.

Molta gente, qui in Italia, si crede Kabir Bedi e invece ascolta, nelle periferie romane più degradate e poco idilliache, Roma-Bangkok di Giusy Ferreri e Baby K.

Insomma, appartiene alla Baby Gang del nuovo, omonimo film di Stefano Calvagna.

Di me posso dire solo questo.

Visto che fui disoccupato, mi scambiarono per molto tempo per Valerio Mastrandrea di Cresceranno i carciofi a Mimongo e Tutti giù per terra.

Poi, pure per Pinocchio, addirittura per Lucignolo.

Infine, per Renato Vallanzasca.

Un deficiente pensò di catturarmi, volle fermarmi.

Al che, mi chiese la patente di guida e i documenti, che demente.

Io, (in)soddisfatto, gli dissi come Kim Rossi Stuart del film di Michele Placido:

– Hai fatto Tredici.

 

Lui rispose:

– No, bel Falò. Mi sa che ho perso solo la serata. Pensavo che tu fossi un riccone che voleva fare il gagà come il bel René. Invece, non hai una lira.

Mi sa che sia te che io l’abbiamo preso in culo.

 

Replicai così:

– No, omosessuali non lo siamo.

– Certo, Stefano. La mia era un’iperbole metaforica.

– Lo so. Quindi, che vuoi fare? Farmi la multa perché sono passato col rosso semaforico?

– No, caricami in macchina. Andiamo a sbronzarci.

 

Sì, nella mia vita, per colpa della mia moralità alta, essendo stato io uno che non ha mai voluto sputtanarsi con gli idioti miei coetanei, mi son preso disdicevoli patenti. Non quella B, da me ottenuta regolarmente alla meccanizzazione-motorizzazione. Bensì le macchinazioni di chi, dopo che s’è fatto scorrazzare per tutta Bologna, mi ha dato e continua a darmi del pazzo, del maniaco ossessivo, del complottista, del malato di fobia sociale, dello schizofrenico, del depresso e del demente analfabeta con manie suicide, addirittura mi becco pure appellativi da Fantozzi qualunquista e da scemo fancazzista.

Ah, magari fossi stato e fossi davvero Mel Gibson d’Ipotesi di complotto.

Almeno sarei andato “a cavallo” con Julia Roberts.

Che poi… a me manco piace questa zoccola.

Pretty Woman docet.

Insomma, stronzi, mi sa che avete fatto come Sean Penn di Mystic River. Avete sparato a zero sulla persona sbagliata.

Comunque, non facciamone una tragedia.

In verità lo è.

Ma io sono o non sono JOKER?

 

 

di Stefano Falotico

 

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La bellezza può essere un body horror croneberghiano di un uomo, così com’è successo al grande Mickey Rourke, un man on fire, totalmente bruciato


11 Apr

rourke

Sì, tre anni fa iniziai un libro su Mickey Rourke.

In stile Chuck Palahniuk. Poi lo interruppi perché, dopo essermi soffermato sulle sue migliori interpretazioni, non sapevo più che scrivere. Poiché Rourke, devastato da chirurgie plastiche, da donnette slave che gli son gravitate attorno, di ucraine e polacche, ha perso completamente il cervello e anche…

Ecco, io sono un fan mai visto di Mickey Rourke.

Mickey Rourke è un uomo cronenberghiano, un body horror vivente, un camaleonte della sua ex bellezza incommensurabile travolto da questo mondo odiosamente incentrato sul sesso.

A cui lui, abdicandone ingenuamente, offrendo il suo visino angelicamente diabolico, Angel Heart docet, Francesco della Cavani pure, si è donato in totale, magnanima offerta della sua potenza sensuale a pelle, diciamo.

Nel 2005, circa, un mio amico di Este, dopo avermi conosciuto, mi disse che assomigliavo sia appunto sia a Mickey Rourke che a Sam Rockwell.

E io:

– Io? Mickey Rourke? Cos’avrei di Mickey? Di mio, sono piuttosto sfigato.

– Questo è quello che credi tu. Perché vivi da semi-eremita, sei un mezzo monaco di clausura. Mi spiace confutare la percezione che hai di te stesso. Tu non appari affatto così. Ti sarò sincero. Fai veramente schifo. Sì, metti soggezione, è difficile fissarti per più di cinque secondi di fila. Hai pure gli occhi neri come Matt Dillon. Ma tu di questo non ne sei cosciente? Sei come cieco… non ti accorgi degli sguardi di quel tipo… vero?

Per questo, sei anche come Sam Rockwell. O meglio come alcuni suoi personaggi stralunati ed eccentrici.

– Ah sì? Quindi, ah ah, mi hai dato del pazzoide belloccio.

– Abbastanza, sì. Totalmente inconsapevole di sé stesso. Per questo gli altri di te che non capiscono niente. E neppure tu.

 

Sì, il povero Mickey è stato distrutto, divorato vivo dalla sua grandezza magnetica.

Mickey, figli cari, è un grandissimo attore. Pensate che bestemmi? Non credo proprio.

In Rusty il selvaggio, L’anno del dragone, Angel Heart appunto, anche Homeboy è impressionante la naturalezza carismatica con cui ha girato le scene. Puro istinto da Actor’s Studio a cazzo suo. Un genio.

Soltanto in pochi secondi di Rusty il selvaggio, nella scena in cui lui e Matt Dillon passeggiano, conversando fra loro, per le strade festose, illuminate dalle fluorescenze delle insegne e degli addobbi, oserei dire briosi e accesamente luccicanti come i loro rispettivi sex appeal malinconicamente gioiosi, il signor Mickey Rourke ha “steccato”, ha avuto un piccolo, impercettibile attimo di esitazione spaventosa.

Ma, essendo un piano sequenza molto lungo, Francis Ford Coppola ha lasciato correre. Pensando, fra sé e sé: Mickey, no! Va be’, non possiamo rifarla.

Sì, avete notato? Mickey non sa che fare con le braccia, poi le riporta attorno al petto, come uno ieratico saggio semi-ascetico e un po’ scemo, forse soltanto come un Marlon Brando ancor più bello.

Sì, io ho sempre schivato il sesso. Sempre, puntualmente.

Se fosse stato per me, sarei stato l’uomo con più ragazze della storia.

E dire che ero stato molto attento a non cascarci. Mi ero cautelato, mi ero volontariamente ammalato di metafisica e trascendenza per non frizionarmi negli erotismi, soprattutto di massa, di questa società laida e carnale.

Ma, ahimè, fu tutta colpa dell’ignoranza.

La gente non poteva più accettare un ragazzo di sana e robusta costituzione, vaccinato eppur scalognato che non voleva giocare di limonate e scaloppine.

E m’invogliò oscenamente a quello che avrete inteso.

Da allora, è stato veramente un incubo.

Telefonate in piena notte da parte di donne di ogni età, pedinamenti sotto casa da Glenn Close di Attrazione fatale, foto proibite inviatemi privatamente, denudazioni meschine e sfrontate, impavide e letali, una sciroccata che mi circuì e tentò d’adescarmi. Perché, se avessi accettato di andare a letto con lei, mi avrebbe raccomandato alla casa editrice Guanda.

Da me ebbe solo una portiera della macchina sbattuta in faccia.

Sì, nonostante tutto questo casino, di mio sto con la gamba accavallata sul divano e mi sparo un altro filmino.

Questo potrà farvi incazzare, ma io sono un diverso. Lo sono sempre stato.

E quello che voi avete fatto è stata una vergogna da poveretti maniaci.

Da dementi.

Come il mentecatto bavoso che, dietro il ridicolo nick di Brando, anni fa mi scrisse:

sei un coglione con una madre grassa e brutta e un padre idiota. E non sai che, mentre ti prendo il culo, sono con una bella guagliona a spassarmela. Fottiti!

 

Invero, scrisse ben di peggio.

Questa è stata comunque la frase di un ritardato che se l’andata a cercare.

E quello che gli è successo gli è stato solo giusto.

Un criminale ignobile, un mostro a cui ha buttato malissimo.

Perché a volte si può credere che dall’altra parte ci sia Tim Robbins di Mystic River e invece hai a che fare con uno dei più grandi amici di Rourke, Sean Penn.

Uno che si sdraia su una panca degli addominali alle 6 di mattina e, dopo cinque milioni di flessioni, si alza da essa a mezzogiorno.

E ti distrugge, piece by piece come Denzel Washington di Man on Fire.

 

di Stefano Falotico

Blasfemia del giorno, vera: Clint Eastwood è il più grande regista di tutti i tempi, toglietemi dalle palle Kubrick, Fellini, perfino Cronenberg e Scorsese, Nolan uccidetelo


18 Nov

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UNFORGIVEN, Clint Eastwood, 1992

UNFORGIVEN, Clint Eastwood, 1992

No, non credo che The Mule sarà un capolavoro, ne dubito fortemente. Credo che apparterrà, sin da subito, all’Eastwood “minore”. Minore, personalmente, per Eastwood corrisponde comunque a grande film.

Ecco, la prenderò molto larga.

Innanzitutto. Credo che abbiate frainteso il Cinema e, più in generale, la vita stessa.

Quello che fanno molti di voi, semmai dopo tante tribolazioni, percorsi esistenziali frastagliati, confusioni momentanee, cervellotiche riflessioni probabilmente anche assai ponderate o addirittura esageratamente soppesate, dopo che avete con accuratezza scandagliato, analizzato, vivisezionato i vostri demoni interiori, dopo che avete trivellato la vostra anima, ponendovi delle incognite che avete con tutta probabilità risolto con teorici teoremi perfettamente allineati alla vostra coscienza, non lo nego e non ardisco a esser così tanto presuntuoso dal voler vagliare le ragioni che hanno sotteso i vostri complessi ragionamenti, la complicatezza svelata delle vostre intimità divelte nell’averle voi giudicate con metodo, attraverso meditazioni trascendentali e ginnastiche neuronali, ecco, fate questo…

No, non mi permetterei mai… Invece, mi permetto.

Ciò che fate è esattamente. essenzialmente quanto da me qui esplicatovi.

Dopo che vi siete inoltrati, inabissati nelle emozioni riemerse del vostro vissuto, dei vostri mille subconsci, abbracciate un’ideologia il più possibile affine alla vostra visione del mondo, vi effondete in essa e la baciate, la coccolate, senza battere ciglio, vi radicalizzate in convinzioni soggettive maturate dal vostro relativismo.

Questo si chiama anche narcisismo, egocentrismo, più che altro solipsismo.

Allora abbiamo colui che idolatra John Carpenter. E, anziché essere oggettivo riguardo al singolo valore intrinseco delle sue opere, lo magnifica più del dovuto ed eleva in gloria qualsiasi suo film. Perdendo di vista, appunto, l’oggettività. A differenza di come ho fatto io nel mio libro monografico dedicatogli senz’agiografie di sorta, senza elevarlo a santino, a guida spirituale, bensì cercando di essere coerente, distaccato, in una parola obiettivo, tanto che mi sono azzardato, con molto coraggio, ad affermare fermamente che Villaggio dei dannati e Christine sono senz’ombra di dubbio film molto eleganti, parimenti d’altronde a tutte le pellicole di Carpenter, maestro comunque indiscusso della finezza stilistica anche laddove è gore e sanguinolento, truculento e rude, opere ammantate di un classicismo persino commovente, ma sono film inferiori rispetto agli altri.

Sì, un Christine non può essere messo sullo stesso piano de Il signore del maleIl signore del male è il suo capolavoro assoluto. Molto di più de La cosa, un gradino sotto.

No, suvvia, non fate così. Non strumentalizzate il Cinema e i registi, adattandoli alla vostra “poetica” del vivervi quotidianamente.

L’avevo già scritto. Quando dite, e ciò lo asserisce anche Wikipedia, prendendo un abbaglio colossale, che Carpenter è un regista “proletario”, bestemmiate. A parte Essi vivono, film oserei dire propagandistico, apertamente schierato, e il Jack Burton di Grosso guaio a Chinatown, dove avete visto che i protagonisti dei suoi film appartengono alla classe proletaria? In quale vostro tripdistorsivo, allucinato e appunto solipsistico?

Se siete degli “hater” e pensate che il mondo sia profondamente ingiusto, che il sistema capitalistico sia Satana, forse non avete tutti i torti. Anzi. Ma per piacere, non affidatevi a guru cineastici, che plasmate a vostra immagine e somiglianza, per avallare e sostenervi in questo bacato vostro pensiero filosofico e anche politico. Smettetela, quanto prima.

Sì, molti di voi, e lo facevo pure io sino a qualche anno or sono, fa questo.

Scegliamo i “maestri” sempre più simili a noi, per le cosiddette affinità elettive, un regista o uno scrittore, per fare delle loro opere omnie un monumento alla nostra personale forma mentis.

Ma che cazzo state facendo?

Ecco, ragionando come voi, senza dubitare un istante, come mio scrittore preferito sceglierei Dostoevskij. Credo di essergli praticamente identico. Ombroso, cupo, disperatamente pessimista tanto da essere un enorme realista. Tormentato, eternamente combattuto, un po’ santo e un po’ ambiguamente ermetico. E anche insanabile.

Le persone perfette non esistono. Cosicché non esistono i “messia” registici.

Ad esempio, se il vostro regista preferito è Fellini… forse non è che vi siete riconosciuti nei suoi vitelloni, nella sua poesia di strada, nella sua barocca e visionaria misoginia conclamata, e guardate le donne come a delle creature di un quadro di Botero?

Forse è così? Sì che è così.

Adesso bestemmio ancora con più forza. Stanley Kubrick a me non piace. Ma per niente proprio!

L’unico suo vero capolavoro è Arancia meccanica. E sapete meglio di me perché.

Anche gli altri lo sono. Ma sono capolavori di un ciccione che ha sempre odiato il mondo, un malato, sciroccato, folle misantropo pieno di paure, complessato, perfino sessuofobo, moralista incallito. Un povero stronzo. Pure ipocrita!

Ho già detto la mia su Kubrick in altri scritti. Se ne siete interessati, cercateli sparsi in rete.

Shining? Ha ragione, checché ne diciate, Cronenberg. Kubrick non sapeva che cazzo stava facendo.

È un film algido, magistrale, sì, esteticamente altissimo. Ma non è un horror, non fa paura, non perturba, Nicholson è troppo sopra le righe e gigioneggia a briglia sciolta. Insomma, barman, dammene un altro. Ah ah.

In tv passa Shining… uff, che palle.

A proposito di Cronenberg. Un genio. Un genio però autoreferenziale. Che ha poco da spartire con la realtà.

E arriviamo a Scorsese. Ora, chiariamoci molto bene. Scorsese è un figlio di Little Italy. Lui è Mean Streets.

Scorsese ha firmato solo due capolavori assoluti, che sono Taxi Driver e Casinò.

Quei bravi ragazzi? E basta, dai. Molto bello, simpatico, un Amici miei fra gangster scemi, un film dal ritmo strepitoso, pieno di situazioni grottesche, assurdo, goliardico. E poi?

Scorsese è come Fra Cristoforo de I promessi sposi. Uno che, se non avesse fatto il regista, forse diventava davvero un criminale. Ma si sente ossessivamente nei suoi film il suo bisogno quasi tenero e pietistico di volersi emancipare da quel ragazzo timidissimo, diverso dai suoi coetanei, cresciuto in una famiglia di mangia-spaghetti, educato al cattolicesimo più imbarazzante, castrante, ridicolo, che ancora lo strugge, lo asfissia e lo induce, di tanto in tanto, a farsi assalire da cristologici dubbi religiosi afflittivi e martorianti.

Scisso fra il desiderio di essere Mick Jagger e sapersi, sinceramente, un adoratore di Orson Welles con l’anima quasi bigotta di sua nonna.

Scorsese caro, ti benedico, adesso vai a farti far una pompa da tua moglie. Su.

Uh, che bestemmia! Cazzo. Ma verissima.

 

Christopher Nolan? Oddio mio. L’ultima mezz’ora d’Interstellar credo sia peggiore di una barzelletta di Francesco Totti. Ah ah.

 

Ebbene, i grandi capolavori intoccabili di Eastwood sono tre. Come? Solo tre? Sì, solo tre. Ovvero Gli spietatiUn mondo perfetto e Gran Torino.

Million Dollar Baby e Mystic River? Anche. Ma capolavori per dizionari da stellette.

Million Dollar Baby è in fin dei conti prevedibile e strappalacrime. Mystic River ovviamente troppo ovvio.

Forse, sì, c’è un altro capolavoro di Eastwood.

È Debito di sangue. Il film più sottovalutato di sempre.

Sì, mi spiace per Scorsese. È stato il mio regista preferito per una vita.

Clint Eastwood è più grande, molto più grande di Scorsese.

Scorsese non ha mai girato due scene così. Che grandangolo, che sguardo panoramico… sulla vita.

 

 

di Stefano Falotico


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Festa del 4 Luglio, che molte persone non sanno neppure cosa sia


04 Jul
JASON KELLY, TIM ROBBINS & KEVIN BACON in Mystic River Filmstill - Editorial Use Only Ref: FB www.capitalpictures.com sales@capitalpictures.com Supplied by Capital Pictures

JASON KELLY, TIM ROBBINS & KEVIN BACON
in Mystic River
Filmstill – Editorial Use Only
Ref: FB
www.capitalpictures.com
sales@capitalpictures.com
Supplied by Capital Pictures

Non era la parata del 4 Luglio quella che si vede in Cape Fear e Mystic River? E non è una canzone molto famosa di Springsteen, Independence Day, da non confondere con quella micidiale stronzata sesquipedale del film di Roland Emmerich, uno che è riuscito a partorire ben di peggio, Stargate, monumento al patriottismo militaresco?

Vivo in Italia, Paese d’imbroglioni ove abbiamo ancora il canone RAI, televisione di regime che diffonde notizie banalissime con una serietà da lasciar basiti.

E in radio, stamattina, la solita matrona-oca che recita a pappardella i testi retorici che le scrivono, ha voluto “stigmatizzare” questa giornata della libertà.

Libertà per gli americani, dominati dalla casta trumpiana, poco casta ma molto castigante, fascista e dunque ripugnante.

Poi, l’oca dell’etere di R 101, radio filo-destrorsa che propina solo canzoni orecchiabilmente incitanti al divertimento più vacuo e sfrenato, con voce da pasciuta borghesona, ha “amplificato” un’altra sciocchezza apoteotica, lontana anni luce dalla visione del Falotico.

Vi ricordate quando, semmai adolescenti, vi struggevate negli stabilimenti balneari, limonando col vostro amore estivo? Certo, ora da adulti, assillati da preoccupazioni, dal lavoro, dalla famiglia, da altri oneri fiscali-finanziari, guardiamo a quel periodo con un po’ di “sana” nostalgia, ma ricordiamoci che è ancora estate, e dunque sfoghiamo i nostri pudori repressi dopo un inverno stressante e anchilosante, e continuiamo a credere all’amore. Perché l’amore è tutto, è ciò che ci rende uomini, ci fa svegliare col sorriso sulle labbra e, con questi ardenti raggi solari, che c’è di meglio di una colazione a letto, ancora impiastricciati dai sudori della notte appena trascorsa, umidiccia, e noi afosi siamo splendidi, gioiosi, focosi e col vento in poppa?

 

No, la prima parte è ciò che ha veramente detto quasi testualmente, il resto l’ho aggiunto io. Tanto il succo, il “succhiotto” diciamo, era quello. Cioè il messaggio inviato si può sintetizzare nella magnificazione lurida di questa visione falsa e putrida, un’insulsaggine romanticheggiante che puzza d’ipocrisia stagnante.

Sì, siamo stati educati per anni a inseguire i nostri sogni, a combattere per le nostre libertà, per poi capire che, giunti a una certa età, bisogna rassegnarsi e prenderla come “viene”. Arrivando a cinquant’anni totalmente disfatti nel morale, resi immorali dopo tante delusioni castranti, e dunque dobbiamo spaparanzarci sul divano ad aspettare che Cristiano Ronaldo firmi per la Juventus, e che Salvini firmi la “liberatoria” per far morire tanti bambini.

Così poi ci colleghiamo su Instagram, ove la scema più scema è seguita da milioni di followers, perché il suo cervello l’ha lasciato in vacanza dalla nascita, ma sprona di culo abnorme ogni “libero” uccello.

Ora, quel demente di Tom Cruise, esemplificazione vivente dell’edonismo più schiacciante, sta girando il seguito di una delle più grandi boiate cinematografiche di tutti i tempi, Top Gun: Maverick.

La storia di un troione, inespressivo come il culo di quella di Instagram, che inneggerà al maschilismo più tronfio, pomposo e pompato. Assieme a una combriccola di machi “incazzati”. Una storia di droni, di ormoni e omoni. Tosti, adrenalinici, uomini appunto al “top”. Ma Tom Cruise più passano gli anni e più assume la faccia da topo.

Cosa voglio dire con questo?

 

 

di Stefano Falotico

Dumbo di Tim Burton e i Mondiali non m’interessano, nemmeno 2001, m’interessa la mia mente e anche quella lì


13 Jun

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È uscito il teaser trailer di Dumbo. Ora, con tutta la stima per Tim Burton, io credo che abbia girato un solo capolavoro, Big Fish, che ha inquadrato meravigliosamente il senso della vita. Posso lodare la sua poetica sui diversi, sui freak, sugli spostati, sui nati male, sui suoi “scherzi della natura”. Ma quando il compiacimento diventa estetizzante allora il manierismo è dietro l’angolo, seduta stante.

Non m’interessa questo elefantino in computer graphic e apprezzerò sempre mille volte di più il fascino naïf del cartone originale.

Poi, potrà essere anche un grande film, non lo voglio mettere in discussione, ma personalmente credo che sarà una stronzata micidiale. Come questa frase di Jacques Rivette: Kubrick è una macchina, un mutante, un marziano. Non ha sentimenti di alcun tipo. Ma è bello quando una macchina filma altre macchine, come in 2001.

Sì, una delle frasi più imbecilli che uno possa pronunciare nella sua vita.

Personalmente, non ho mai avuto l’occasione di cenare con Stanley, ma mi son fatto un’idea di lui. Secondo me, era diventato un misantropo per necessità. Talmente sensibile, senziente, quindi talmente umanista, che soffriva la realtà ch’è giocoforza spesso puttanesca e squallida. Quindi Kubrick era ciò di più lontanamente distante da una macchina.

Domani, inizieranno i Mondiali di Calcio. Il Calcio è una sorta di rito collettivo avito, cioè tramandato dagli avi. E, quando ci sono i Mondiali, ecco che vengono annullate tutte le differenze culturali, neri e bianchi, ispanici e tedeschi si riuniscono tutti assieme, tifando appassionatamente e brindando. Non avvengono quasi mai scontri e tafferugli negli stadi perché, anche se si perde, è stata comunque una festa. L’importante era partecipare. Può darsi anche che, caro argentino, per consolarti dalla sconfitta, una brasiliana t’inviti nella sua stanza. E allora il gioco di “palle” diventerà una “ola”. Anche una sola se farai autogol di eiaculazione precoce.

Noi non vi partecipiamo, eliminati dalla modesta Svezia perché in centottanta minuti non siamo stati capaci di fare neppure una misera, risicata rete. Ma comunque, cari moralisti dei miei stivali, so che tanto v’infoiate su Harvey Weinstein, per bella posa con vostra moglie, che poi tradite di turismo sessuale con delle svedesone. Questa è la verità.

E allora ben ci sta! Così evitiamo figuracce. Se non siamo riusciti a fare goal alla Svezia, tanto di guadagnato essere spediti fuori ancor prima di essere imbrattati di ortaggi e goleade umiliantissime.

D’altra parte l’Italia merita un Salvini in Parlamento, un fascistone che vuole mandare a casa i clandestini, perché gli tira il culo, facendo morire di fame donne e bambini. E se sta lì l’avete votato voi. Dunque, non vi lamentate se, un giorno, sarete senza lavoro, darete di matto, e uno così vi sbatterà in manicomio.

Che cazzo gliene frega? Lui ha la Isoardi, una che ha capito che mostrar le cosce in RAI le avrebbe dato il “lasciapassare” per essere la passerotta del senatore du’ caz. Salvini non poteva farsela sfuggire. Sì, fra un comizio e l’altro della Lega, vide Elisa in tv, e libero da sguardi indiscreti si sparò una sega. Quindi, pensò: oh, questa è “buona”, io sono il leader del Carroccio, adesso le telefono, la invito a mangiare degli spaghetti al cartoccio e poi tutta me la “incarto”. Sì, sì, sì.

Come Trump, che si pavoneggia con la più bieca bassezza ideologica che un essere umano possa dire: se sono il Presidente, significa che sono il più intelligente di tutti. E chi non ce la fa è un perdente e non si lamenti.

Di mio, ne ho buscate talmente tante che sono un illuminato. Ovvio. Come no?

Non sono illuminato in questa foto? Mi pare lapalissiano, incontrovertibile.

Ho detto tutto… Molti credevano sarei andato giù, invece io non vado mai giù, al massimo ascolto I’m Goin’ Down.

– Sai, Stefano, a me non piace Springsteen. Lo trovo un po’ tamarro.

– Sì, ovvio. Sei frocio. Quindi vedi di andare a prendertelo nel culo.

 

Ora, vi racconto questa. Molti anni fa, incontrai una che era convinto fossi un incrocio fra Sean Penn e Tim Robbins di Mystic River.

Al che, mi appoggiò la mano sulla gamba, dopo una bella conversazione “esegetica” di Cinema.

– Ah, tutto questo panegirico per arrivare lì?

– Perché no?

– Via, levati dal cazzo.

 

Questo sono io. Se non ti sta bene, noleggiati un porno.

Comunque, perché emulare De Niro quando sono indubbiamente molto più bravo, bello, intelligente e sexy di lui?

 

di Stefano Falotico

Discorso di Pasqua di un uomo che non crede a quel “povero Cristo” di Sean Penn


01 Apr
SEAN PENN stars in Warner Bros. Pictures' and Village Roadshow Pictures' drama Mystic River, a Malpaso Production also starring Tim Robbins, Kevin Bacon and Laurence Fishburne. PHOTOGRAPHS TO BE USED SOLELY FOR ADVERTISING, PROMOTION, PUBLICITY OR REVIEWS OF THIS SPECIFIC MOTION PICTURE AND TO REMAIN THE PROPERTY OF THE STUDIO. NOT FOR SALE OR REDISTRIBUTION

SEAN PENN stars in Warner Bros. Pictures’ and Village Roadshow Pictures’ drama Mystic River, a Malpaso Production also starring Tim Robbins, Kevin Bacon and Laurence Fishburne.
PHOTOGRAPHS TO BE USED SOLELY FOR ADVERTISING, PROMOTION, PUBLICITY OR REVIEWS OF THIS SPECIFIC MOTION PICTURE AND TO REMAIN THE PROPERTY OF THE STUDIO. NOT FOR SALE OR REDISTRIBUTION

Sì, è arrivata oramai Pasqua e Cristo ascese al cielo, si era fatto uomo per soffrire e indignarsi, per adirarsi e combattere un mondo ingiusto, ma morì per mano di Ponzio Pilato che lo diede in pasto al popolino, quello che guardava L’isola dei famosi già in una Palestina infame, che non poteva comprendere il suo messaggio di pace e preferì rimanere fascista.

Cristo predicava l’elevazione delle anime, ma gli uomini vollero solo andare in palestra per diventare dei giocatori di Football.

Il terzo giorno è resuscitato, come dice il Vangelo, non so se quello di Matteo di Pasolini, di Marco, omonimo di due miei ex amici, uno con cui feci le elementari e le medie e poi l’abbandonai in una fase liceale in cui mi permisi di aver la licenza “superiore” di abbandonare con gratuita liceità le socialità adolescenziali da me reputate inferiori, e un certo Morigi, ragazzo morigerato con cui svolsi il servizio civile da obiettore di coscienza.

Sì, nella mia vita molte volte, con qualche giravolta, ho obiettato la mia coscienza, l’ho anche obnubilata, l’ho obliata, sì, la dimenticai e molte amicizie fatue mendicai, ma non son mai stato un mentecatto. Se abbisognavo di amici, che forse amici veri non furono, non rinnego quei miei moti dell’animo così generosamente ingenui. Eppur fui tradito e vilipeso, anchilosato e sedato proprio quando stavo per rinascere e, armonicamente, la mia mente già si era sganciata dal plebeo porcile di massa. Sì, la mia è oggi la vita di un poeta minimalista che fa discorsi massimalisti, anche animalisti, sì, in quanto non vegano, ma amante della carne cruda, e scrive massime dedicate al minimo storico di questa società di oggi, oramai inebetita da Instagram in cui tutte le persone in questo giorno pasquale son felici e scartano le uova, quando invece son solo marci, strapazzati e son imputriditi da cioccolatai delle loro emozioni zuccherose quando predicano il buonismo pedagogo e politicamente corretto e, se vengon toccate anche solo da Equitalia ecco che non più equi sono dopo essersi fatti un sonnellino ma, scalmanati, staccano la spina… lor dorsale della finta compostezza e bestemmiano! No, non siate blasfemi, siate giusti e pagate ciò che avete rubato. Sì, dovete pagare le multe, siete passati col rosso, e qui non si transige. Perché dovremmo transigere quando anche noi, per distrazione, trasgrediamo il codice stradale e veniamo multati ma paghiamo?

Io l’ho sempre pagata… ma nessuna Maria Maddalena ho mai pagato, e son anche pagano, perfino un partigiano, mangio le pennette col Parmigiano e, ripeto, non son vegetariano.

L’uomo, come tutti gli altri esseri viventi di questo mondo, è un animale. Un animale che s’imborghesisce perché così può campare e farsi rispettare con la balla della “dignità”, a meno che non sia Rocco Siffredi che per sua stessa ammissione dichiarò che si è sempre sentito una creatura di Tim Burton. Sì, non sto scherzando, ah ah, ha sempre detto che è un “diversamente abile”, mentre la maggioranza usa il cervello per usare qualche volta nelle donne l’uccello, lui ha optato per una soluzione facilissima. Ha sempre usato con enorme parsimonia solo ed esclusivamente l’uccello per dare “emozioni” agli uomini intellettuali che, frustrati da una vita troppo pensierosa, abbisognano talvolta di masturbarsi coi suoi film, sognando di essere al posto di Rocco, cioè lui e solo lui… Insomma, questo Giuda Iscariota del Siffredi è uno che si è “immolato” al “sacrificio carnale” per voi. È un Dio! Cristo! E si dà, si dà tutt’ora in maniera lodevole per la salvezza dei vostri autoerotismi “ascendenti” nella valle di lacrime di una vita sfigatissima ma a cui volete comunque bene. Ah ah, solo pene… per le donne di Rocco, “poverette”.

Sì, anni fa incontrai un “apostolo” di cognome Romano, che mi disse:

– Stefano, Rocco è un grande. Sì, è un uomo che per arrivare a una scelta di vita così radicale deve aver perso tutto.

– Siamo sicuri?

– Sì, è un coraggioso. Quando ha capito che non aveva nessuna qualità, si è dato alle più grandi fighe in quantità…

– Non poteva suicidarsi?

– No, si è “eretto” a uomo nudo, spogliato completamente… ed è “venuto” mille volte per noi.

– Capisco.

 

Ora, l’altro giorno Sean Penn era allo show di Stephen Colbert. Potete vedere qui la clip.

Pare che dopo aver scopato Amber Heard, e se non sapete che se la scopa siete dei farisei, perché so che non conoscete le buone novelle ma comprate sempre Novella 2000, ecco, dopo essersela serenamente inchiappettata, il suo viso, come potete constatare guardando il video, ne ha risentito ed è diventato Daniel Craig al suo peggio.

Sì, Sean Penn è uno che ha sostenuto i matrimoni gay, ha vinto l’Oscar per Milk, e un altro per Mystic River, è stato appunto un ebreo per Sorrentino, ma pare che non disdegni i soldi e le troione, nonostante continui a vestirsi come un habitué del Bar Jolly, locale limitrofo a casa mia ove i disoccupati che indossano ancora il bomber vanno a bere qualcosa che li tiri su.

 

Ho detto tutto.

 

Voi davvero credete che un miliardario come Sean Penn scriva libri contro Trump perché ci crede davvero? No, perché così si sente un comunista cazzuto, un liberale stimato e ha chance in più per piacere all’intellighenzia che può scrivergli belle critiche cinematografiche.

 

E ricordate: solo io vi dico la verità. Gli altri vi raccontano solo idiozie e, se proverete a ribellarvi all’idiozia di massa e vorrete cambiare il mondo, vi faran passare per dei poveri Cristi.

Fidatevi… l’ho provato sulla mia pelle e ancor ne porto le stigmate.

Ah ah.

Sì, c’è un mio cavallo di battaglia che rimane un pezzo imbattibile della mia personalità.

È questo:

– Ciao, sono una donna fascista, edonista, che ama i gioielli e ha mille amanti oltre ai diamanti, ma sta con un vecchio che mi mantiene così, quando sarà morto, erediterò da lui. Eredità, non sono erudita ma ne ho fatta di strada, tutti mi rispettano.

– Brava figliola, brava. Adesso, vai a lavarti. E poi pulisci.

– Mi hai preso per una sguattera?

– No, ma gli altri ti hanno preso per una zoccola. E puzzi.

– E tu… come mi hai preso?

– Io non ti presi né davanti né dietro. Ma ho voglia di prenderti per il culo.

– Lo dico a mio marito. Lui ti denuncerà per queste tue offese.

– Non vede l’ora.

– Di denunciarti? Ah sì sì, puoi starne certo.

– No, non vede l’ora che, dopo vent’anni che l’hai sposato, finalmente, oltre a dargliela per avere la pelliccia, gli parli di qualcosa. Si sarà stancato solo di quello/a, no? È un uomo oramai anziano, due chiacchiere non gli fanno male.

– Che vuoi dire?

– Quello che ho detto. Ora, via dal cazzo, mignotta!

– Certo che lei presenta una visione della vita repellente e tristissima.

– No, vede, la mia è una visione pura, purissima. Più pura di così si finisce in croce.

 

Ora, mie pecore nere, andate…, il mondo è formato da lupi? Be’, mangiateveli.

Hopkins Innocenti

 

di Stefano Falotico

Clint ha ragione su Donald Trump?


05 Aug

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Sì, ha ragione.

Fuori, sta piovendo. Una pioggia “caduca” che germoglia allo sbiadire d’una società per la quale nessuno, tranne Clint e pochi altri, fan polemica.

È una società che invece va “polemizzata”. E Clint, sebbene abbia sollevato “scandalo” con le sue dichiarazioni, non ha tutti i tor(t)i.

È una generazione che si è tristemente infighettata, usa a mangiare riso al mare invece di melanzane e pizze e che non saprebbe né vorrebbe più girare film rudi e maschi, notturni e “tormentati” come I guerrieri della notte. Una generazione che, se dovesse filmare un nuovo Mystic River, lo appesantirebbe con forti annotazioni cattolico-moralistiche da distruggere ogni fotogramma sincero lagrimante rabbia.

E che non sa più ribellarsi a un sistema che impone mode, tendenze e costumi da “froci”.

Una pussy generation che è capace, oggi, oh mio Dio, di acclamare robaccia come Suicide Squad di quel degenerato di David Ayer, uno che non conosce l’abbecedario non solo del Cinema ma nemmeno della vita, “fumettizzando” storie che meriterebbero più “sangue” puro.

Oggi, veniamo invasi da “educatori”, da moralizzatori, da castigatori delle nostre irose e vivaddio “ludiche” emozioni, castrati da meccanismi “oliati”, da odiare, di compostezza e “sana” giustezza.

Che ipocrisia immonda.

E la guerra, quando sussistono condizioni estreme alla quale non ci si può opporre ma combatterla per affermare i diritti umani contro i terroristici attacchi, io dico, come Clint e Trump, che va fatta, purtroppo sì.

Non “femminilizziamoci” in Hilary Clinton, viviamo per la nostra umanità allegra, alle volte, come deve essere, cupa e fosca, non fottiamoci, stronzi. Andate a fanculo con le vostre regole da “commercialisti” dell’esistenza.

Grande Clint, io l’appoggio.

 

di Stefano Falotico

SEAN PENN stars in Warner Bros. Pictures' and Village Roadshow Pictures' drama Mystic River, a Malpaso Production also starring Tim Robbins, Kevin Bacon and Laurence Fishburne. PHOTOGRAPHS TO BE USED SOLELY FOR ADVERTISING, PROMOTION, PUBLICITY OR REVIEWS OF THIS SPECIFIC MOTION PICTURE AND TO REMAIN THE PROPERTY OF THE STUDIO. NOT FOR SALE OR REDISTRIBUTION

SEAN PENN stars in Warner Bros. Pictures’ and Village Roadshow Pictures’ drama Mystic River, a Malpaso Production also starring Tim Robbins, Kevin Bacon and Laurence Fishburne.
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Genius-Pop

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