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Le super bombe del Falò: Clint Eastwood è superiore a Scorsese e forse Sam Rockwell è più grande di De Niro


21 Jan

richard jewell

mr wolf

rockwell stanno tutti benebelushi blues brothers

 

Sì, da giorni son assillato da forti dubbi.

Sto prendendo sempre più coscienza che Richard Jewell sia un filmone e rividi The Irishman quasi integralmente.

Con mio immane rammarico, afflitto e costernato dalla verità più crocifiggente ogni mia adorazione verso Scorsese, come Willem Dafoe de L’ultima tentazione di Cristo, debbo però piangere dinanzi al vero più atroce, dunque al cinematografico verbo.

Richard Jewell è, di fronte al film di Scorsese, mille volte più straziante di Gesù che peccò, anche solo con la fantasia, con Maddalena.

Comunque, complimenti a Willem Dafoe. Se io avessi avuto qualche dubbio riguardo la mia castità, dirimpetto a Barbara Hershey mi sarei santificato totalmente.

Ce la vogliamo dire? Basti vedere Lantana per capire che una così è da manicomio. No, non perché fosse bella, esattamente perché, oltre a non essere bella, non è neppure affascinante.

Trombatevi e sposatevi una così e prevedo per voi serate a Teatro. La vostra lei vi porterà a vedere tutti gli spettacoli tratti da Molière. Sai che palle. Se foste dapprima malati immaginari, ora siete castrati.

Aveva ragione Totò di San Giovanni decollato. Abbasso la “mugliera”. Ah ah.

Richard Jewell è un grande film mentre The Irishman, non sapete quanto mi spiaccia dirlo e ammetterlo col senno di poi, non è un granché.

Dopo averlo visto al Festival di Roma, lo definii capolavoro. Invero, siamo lontani anni luce dal capolavoro. E, per quanto io stesso contestai Francesco Alò per averlo stroncato in maniera troppo dura, mi trovo ora nell’onesta ma necessaria situazione etica e anche ermeneutica, estetica e dunque esegetica, perciò esigente, più severa della moral guidance di Eastwood, di dare ad Alò ragione.

Richard Jewell è il film realizzato da un quasi novantenne enormemente più lucido di Scorsese. Il quale, a mio avviso, firmò l’ultimo suo vero capolavoro, ahinoi, nel lontanissimo 1995. Con Casinò.

Da allora in poi, a prescindere da Al di là della vita e al di là delle magniloquenti scenografie, della fotografia suadente di Robert Richardson e delle luci avvolgenti di Rodrigo Prieto, presentò impresentabile robetta, diciamocela, sinceramente senescente.

Un obitorio putrescente dello Scorsese che fu, oramai ischeletritosi nell’elegia glorificante il suo passato ben più grintoso e glorioso.

Perlomeno, lo Scorsese di adesso non è roba paragonabile al potente, visionario, cinetico, furente Scorsese che fu allora. Quando veramente fu arrabbiato e, come insegnò Pasolini, dalla rabbia canalizzata nell’arte, eh sì, si partoriscono le opere più sentite e commoventi, sincere e sprigionanti tutta la vita nella sua essenza più veritiera, dunque più rock come un album dei Clash. Opere devastanti e diaboliche illuminate dalla prodigiosa furia di un Mick Jagger della macchina da presa.

I film con DiCaprio, inoltre, sono i più brutti della sua filmografia, un riciclaggio di sceneggiature viste assai meglio, da Scorsese messe in scena con una pedanteria, una sciatteria immaginativa, una stanchezza visiva da far paura più dell’omicidio mostruoso commesso da Michelle Williams in Shutter Island.

The Departed? Uno sfoggio di gigioni capeggiati, anzi, capitanati dal solito cazzone Alec Baldwin, con un Jack Nicholson tronfio e oleoso, anche lui già bollito più d’una Vera Farmiga che vorrebbe fare la figa e invece le è più eccitante un frigorifero.

Con un Matt Damon imbambolato più d’un Leo DiCaprio semi-palestrato e anche mezzo sciancato, un Leo che interpreta la parte di un poliziotto nel cervello sciroccato ma risulta soltanto uno scarso imitatore del De Niro che fu. Quest’ultimo oggi imbolsito e annacquato.

Gangs of New York è un film ove non vedi l’ora che un Day-Lewis eccessivamente sopra le righe dica almeno una stronzata che possa destarti dal sonno.

Quando lo guardai per la prima volta, mi augurai che il Butcher gridasse a Cameron Diaz che è una zoccola.

Tale è, difatti, non solo nel film succitato. Meglio che si sia ritirata questa cubana che sembra Nonna Papera.

The Aviator è, oh mio dio, uno spot di Chanel con Cate Blanchett che assomiglia a Katharine Hepburn quanto io assomiglio a Rocco Siffredi.

Con un Leo storpio, pure nella recitazione incerta, che vorrebbe essere l’incarnazione, appunto, d’un povero cristo ricchissimo come Howard Hughes e carismatico come Orson Welles ma, al massimo, vagamente è simile a Raz Degan de L’isola dei famosi. E Jude Law che fa Errol Flynn, cazzo, sembra Paola Barale dei tempi d’oro. Cioè quando era una bagascia e basta. Adesso, vuole fare pure l’opinionista su Twitter.

Sì, un film di gente che fa la piaciona per agguantare Oscar plastificati, film di battute telefonate scandite da uomini e donne raccomandati più di Danny Huston.

Io vidi Danny Huston dal vivo alla prima di Birth.

Confermo qui le impressioni che mi trasmise. Altro che Riccardo Cuore di Leone di Robin Hood, è solamente un puttaniere.

Io lo sottoporrei subito alla commissione d’inchiesta indetta da Jack Huston nei confronti di Hoffa/Pacino in The Irishman.

– Signor Danny, è vero che la sua ex, Virginia Madsen, quand’eravate sposati, era più malafemmina di Jennifer Tilly di Getaway?

– Sì, suo fratello Michael se la fece sotto i miei occhi.

– E lei non disse niente?

– Sono cazzi che non mi riguardano. Solo quel demente di Tarantino può ancora resuscitare Michael, ficcandolo nei cammei dei suoi film. A quei tempi, comunque, mia moglie Virginia mi diede un sano motivo per chiederle il divorzio.

Ha visto, giudice, come s’è ridotta? Girò pure Sideways, film per borghesi annoiati col Prosecco in mano.

Ah, Cristo santissimo, sono lontani i tempi in cui, in The Hot Spot, riuscì a mettere dei dubbi pure a Don Johnson. Sì, Don fu infatti indeciso se farsi lei o Jennifer Connelly. Forse, comunque, nel film se le fece entrambe.

Sarebbe come dire… anzi, chiedere al pornoattore mezzo stupratore Ricky Johnson se non si farebbe Kendra Lust in Booty Movie 6.

Tralasciamo The Wolf of Wall Street. Sembra Porky’s con Margot Robbie dagli occhi verdi al posto di Kim Cattrall e con un Leo davvero distante dal magnetismo di Kurt Russell di Grosso guaio a Chinatown.

Sì, Leo in questo film sembra più rincoglionito di David Lo Pan.

E ne vogliamo parlare di Andrew Garfield di Silence? Come fa ad avere i capelli sempre messi in piega alla Jean Louis David, stando giorno e notte sotto la pioggia e immerso nel fango? Roba che i libri di Niccolò Ammaniti sono un romanzo Harmony.

Mah, non è che Adam Driver gli fece da sciampista fra un delirio contro Scarlett Johansson di Storia di un matrimonio e le sue crociate in BlacKkKlansman?

Film nel quale, fra l’altro, John David Washington è meno cotonato di suo padre in Malcolm X.

Ecco, Spike Lee. Un altro che, al di là dei proclami e delle invettive antirazziste, non seppe mai rinnovarsi.

Caro Spike, un tempo spaccavi, adesso è arrivata per te La 25ª ora.

Come per Scorsese.

Un Cinema vecchio di vecchi. Ove il doppiaggio d’un Gullotta macchiettistico e d’un Giannini che pare un orco, eh no, non aiuta.

Con un De Niro che sembra mia nonna Rita ed è meno espressivo del suo detective Turk di Sfida senza regole. Sì, è scandaloso dirlo ma bisogna ribadirlo. Clint Eastwood è il più grande regista del mondo.

I suoi film posseggono un’umanità, una romantica forza che il Cinema oramai arido e auto-citazionistico d Scorsese, eh già, si sogna. È arrivata l’ora, appunto, di ammodernarsi. Evviva allora il Cinema folle di Todd Phillips, evviva il Cinema di Clint, un uomo che a novant’anni, in mezzo al porcume che impazza, in mezzo a un mandingo con la nuova pornostar patinata della vostra minchia fighetta, sa ancora farci capire che la vita per cui tanti si stanno, sbagliando tutto, pateticamente prodigando, comprando visualizzazioni, sputtanandosi bellamente per due mi piace in più, non è questo porcile di massa.

Arriva Clint e pare urlare a ogni Olivia Wilde e a ogni bellimbusto come Jon Hamm:

– Ora, avete rotto il cazzo! Voi e i vostri finti gossip su Brad Pitt che bacia Jennifer Aniston.

Ma non avete niente di meglio che fare i morbosi sugli altri morosi?

Basta!

 

Un paio d giorni fa, vi dissi che mi sverginai nel 2003. Ebbe ragione purtroppo quella cazzo di ragazza. Mi disse:

– Solitamente, avviene il contrario. Ti sei intristito incurabilmente dopo il sesso. Che cazzo sta succedendo?

 

E purtroppo aveva ragione un mio ex amico a paragonarmi a Starman.

Credo che sia davvero finita, mi pare che la farsa sia durata abbastanza. Se è una tragedia, finiamola coi buonismi. Diciamo la verità. No, è stato appurato che non sono pazzo. Ma obiettivamente non sono neanche adatto al mondo.

Ciò che stimola i vostri impulsi vitali e piace a voi, a me mette tristezza.

Ed è per questo che Joker è un capolavoro.

È pieno di scene d’antologia.

I bulli lo attaccano e lui li ammazza. Poi va in bagno e sembra Natalie Portman de Il cigno nero, divenendo più cattivo di Vincent Cassel di Dobermann.

Basta, davvero. Non ne possiamo più di questi ciociari, di questi caciaroni e ciccini da Cinema di Muccino con le loro biondine e le loro treccioline, con le canzonette stupidine di Eddie Vedder, con questi piagnistei ripropostici di quello schizofrenico di Kurt Cobain, con la vostra retorica cattolica, coi vostri moralismi, con la vostra bigiotteria e coi vostri bigottismi. Coi vostri bigodini e i vostri pompini!

Ha ragione Terry Gilliam. Gli ultimi trenta minuti di The Irishman fanno pena.

Con questo De Niro, appena uscito da Stanno tutti di bene di Kirk Jones, che si discolpa davanti alla figlia manco se si trovasse a C’è posta per te della De Filippi.

Con un prete fake a cui preferirò sempre il parroco di Gran Torino.

Una scena micidiale, bellissima, struggente.

Il prete cerca di fermare Walt Kowalski:

– Che hai intenzione di fare, Walt?

 

Walt/Clint sta zitto.

Insomma, Scorsese può presentare negli ultimi trent’anni assai poco di notevole. Clint invece può sfoderare Gli spietatiUn mondo perfettoMystic RiverMillion Dollar Baby e chi più ne ha più ne metta. Ha ragione anche una mia amica. C’è più umanità in un film di Eastwood che nelle sillogi poetiche di Orazio. Così come c’è più vita vera non nelle Mean Streets, bensì nella vita reale. Ove la gente si ammazza e uccide al prossimo Tapiro d’oro, ove siamo veramente stufi di Striscia la notizia, delle Iene, di Checco Zalone, di Ficarra e Picone, di Christian De Sica e de La mia banda suona il pop. Di quella cretina di Paola Cortellesi col suo rossetto da paracula e di quel romanaccio di Valerio Mastandrea.

Basta con gli affossati, evviva Ivano Fossati e vaffanculo, come dice Travis Bickle di Taxi Driver, alle idiozie della tv e al suo ecumenismo da quattro soldi.

Evviva il Principe Aguilera di Too Old to Die Young. Tu sei cattivo? Non sai quanto lo sono io. Come dice Bob De Niro in Cape Fear, ché non scherzava affatto, ti faceva male così? Ti faceva male così?

E Illeana Douglas, distrutta, piange e sussurra: – Ce la siamo andata a cercare.

 

L’Italia è un Paese di malati di mente ove quasi tutti, tranne me, vanno con le prostitute e poi, se uno scrive che Tiziana Panella è una grande passera, quale è, ti arrivano commenti così. E all’ottavo giorno Dio creò il Diavolo! E ha mantenuto la promessa. Ma ne manca uno… Piaciuto il giochino, cocchino? Insomma, ha ragione pure Vittorino Andreoli. Io, in Italia, non vedo né bel Cinema né bella gente, vedo solo persone vanitose che si credono fighe e invece sono sole come dei cani. Soprattutto nel cervello e nelle loro anime. E ora stanno aspettando un’altra mazzata devastante!

La più feroce, la più distruttiva, la più mostruosa!

Soprattutto la più giusta.

A un certo punto uno guardò Satana e disse a suo padre:

– Mi spiace, è finita.

– Ma figurati! Incontrerà una bella ragazza e le cose si metteranno a posto.

– Non credo. Una volta che capirà la sua forza, non accetterà una vita con un lavoretto e le battutine, il divanetto e i bacetti.

E anche la nostra vita, mi sa, che è finita.

 

Secondo Bob De Niro, il suo film più bello degli ultimi quindici anni è Stanno tutti bene.

Ah, per forza.

Come detto, in The Irishman recita peggio di un ebete con cento gocce di Valium.

E ho detto tutto.

Basta anche con De Niro. Evviva Sam Rockwell ed evviva soprattutto il più grande genio del Cinema di tutti i tempi, cioè John Belushi.

Uno che capì subito che la vita è una stronzata e sono tutti ipocriti.

Tanto vale prenderli tutti per il culo con una faccia di merda.

– Cosa vuoi tu? Il mio uccello? Sì, vai prima a preparare le polpette. Vedi di rosolarle bene, sennò ti piglierai solo due ceffoni, storpia.

Ah, domani, vai a dare lezioni di vita a delle palindrome che si fanno chiamare Cenerentola.

Ma per piacere!

 

di Stefano Falotico

A casa tutti bene? Non sempre, grazie, ma stiamo messi meglio di Muccino e di molta gente su Facebook


11 Jan

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Così Morandini si espresse sul “caposaldo” della filmografia mucciniana, sul film che divenne un “cult” quell’anno e chiunque vide, che raccolse consensi sperticati e mandò in brodo di giuggiole i piccolo-borghesi più deficienti, amanti della retorica, della sociologia spicciola applicata al Cinema, adoratori delle “fiction” espanse sul grande schermo.

 

Agrodolce commedia corale sul rifiuto di crescere, la voglia di fuggire (dalla routine e dalle responsabilità), la paura di invecchiare, con 8 personaggi principali: 5 maschietti trentenni in crisi con loro stessi, fidanzate, mogli, genitori; una 18enne in fiore (Stella); una 27enne romantica e grintosa (Mezzogiorno) e la di lei madre (Sandrelli) che, stanca di un marito psicanalista (Diberti), si illude di ricominciare con il remake di un vecchio amore (Castellitto). Bravi attori (Sandrelli e Mezzogiorno sopra tutti), impianto narrativo agile e ben oliato e un Muccino al suo 3° film che “sa girare” con disinvolto mestiere verniciando la superficialità di fondo, la finta cattiveria, il cinismo furbesco di chi sa compiacere il pubblico. Se fosse attendibile a livello sociologico, questo ritratto di una generazione di borghesi trentenni immaturi, narcisi, irresponsabili, fragili e isterici, ci sarebbe da piangere.

 

Gli assegnò, e tutt’ora gli assegna, pur nella “revisione” della figlia Luisa, dopo la sua scomparsa, due striminzite stellette.

Ecco, adesso sbarca nelle sale, dopo le sue discutibili incursioni americane, quest’ennesima muccinata e già la gente si “accalora”, sbracciandosi per essere in prima fila e “gustarselo”. Un film che sarebbe odioso già dal trailer, campionario di abusata colonna sonora con tanto di Riccardo Cocciante “a squarciagola”, e dunque con incorporato il primissimo ammiccamento furbetto al pubblico a cui questo sciocco prodotto è rivolto, le persone di mezza età, italiote e amanti delle hit del cantante naturalizzato francese, nato a Saigon, che perdeva la sua voce da nano per Margherita… e poi si struggeva per quel “divorzio”… se stiamo insieme ci sarà un perché, e vorrei riscoprirlo stasera.

 

Sì, questo film sembra costruito sull’impianto emozionale destinato a quel target di donne un po’ frustrare, con prole a carico ancora non diventata adulta, nonostante abbia quarant’anni, a quella generazione bolsa, media e sinceramente insopportabile della più pasciuta e insoddisfatta borghesia. Con figlio “giustamente” laureato, una bella casa e tanti stolti patemi d’animo di brutte cere allo specchio, pillole anti-depressive, scheletri nell’armadio fatti di corna, amicizie sospette, eterne piccinerie e rivalità misere, di Sandrelli melodiose quanto fallite sciantose.

Sciantose? Sì, la sciantosa è la donna dei caffè e dei varietà, pimpante, un po’ sovrappeso ma sempre “brillante”, eppur macchiata nell’animo da una vita che, appunto, si dà alle canzonette per esorcizzare un atavico, insanabile mal di vivere. E appare felice nonostante la lacrima sul visino…

Ecco, stendiamo un velo pietoso su questa roba e passiamo a cose più falotiche, più pregne di vita sentita, forse non ascoltata, non sempre recepita eppur senziente di un’emozionalità ben più profonda di queste telecomandate farse televisive.

Nella vita bisogna farsi valere. Può darsi, io so che il vicino di casa si fa Valeria, mentre sua moglie si scalda… la valeriana.

Questione di punti di vista, di rottura e anche di sutura. C’è chi delle sue conquiste, amorose e professionali, si vanta, chi parla al vento, chi si prepara il brodo e chi frequenta una scuola professionale di Cinema, credendosi Orson Welles, quando invero è fuori corso, ha trenta primavere e non ha mai visto Quarto Potere. Nella vita ci sono gli inetti, gli insetti soprattutto d’estate con l’afa e il caldo torrido, i viscidi, le lucertole, e anche Davoli Ninetto. Sì, non è ancora morto in questa società d’ignoranti delle parole di Pasolini. A proposito di novellini e novelle… Ieri è morto il caratterista toscano Novello Novelli, io invece spero sempre che “muoia” Novella 2000, sono stanco dei pettegolezzi e delle zoccoline che stanno coi papponi. E i film di Muccino, ripeto, sono pappetta!

Cosa voglio dalla vita? So che a pranzo ho mangiato un bel piatto di lasagne con miscelata besciamella soffice, e il mio stomaco ne ha giovato fino a sera.

Le “ambizioni” le lascio ai fan di Muccino. Con tutto il loro carico di delusioni.

Sono un fallito o uno che ha capito tutto della vita? Sono semplicemente realista e odio queste imitazioni alla buona del neorealismo trasposto alle odierne banalità.

Buona visione. Ah, sua moglie vuole il visone? La pelliccia o la faccia rifatta? Ma se già se la fanno gli amanti che la lasciano di sasso e poco di felice sesso.

Meglio la mia frittata… ah ah, condita con le zucchine vuote ché me le mangio… e molto sale nonostante a molti sia “sceso”.

Per non parlare di Facebook. Quando sono triste, mi riprendo a leggere i deliri insensati di questa massa di lamentosi. Ci son le donne che parlano dei cazzi loro, in ogni sen(s)o, e i maniaci delle battutine sui politici, quando invero avrebbero da sviluppare, piuttosto che i lor mal di panza da “fighette”, la loro mente e le loro bifolche mentalità.

Mente… mentono e non vedo possibili cambiamenti.

A casa tutti bene? Da me sì, son sempre più come Carmelo…

 

 

di Stefano Falotico

Il bilancio, la bilancia, stanno tutti bene e una pizza capricciosa per combattere lo stress occidentale


17 Apr

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Viviamo in una società “termo-nucleare” in cui ogni idiota vuol dir la sua con far smargiasso essendo grasso, sì, molta gente s’ingozza di demenza e dà dell’idiota al prossimo, in un conflitto guerrafondaio che partorisce esseri umani sempre più simili alle cavallette. E, in questa cavalleria rusticana, io mangio il rustichino, anche possibilmente la rosticceria, cinese preferibilmente, sorvolando lidi lindi di asciuttezza metafisica e disinteressandomi ampiamente delle fiche. Mica pizzi e fichi, son uomo da pizza. In piazza vogliono spupazzarmi, esibendo una mia foto gigantesca per le cosce “abbrustolenti” delle donne nel mio sguardo attizzante l’ardente, possibilmente vado a Oriente, cantando nel reggermi le (s)palle con indubbia classe del mio “armamentario”. Molta gente è preoccupata della mia salute, anche psichica, e confonde le carte, dannandosi da matti per spacciarmi come folle. Ma, in questo trambusto di cattiverie e pettegolezzi, rimembro, nel mio ricordante membro, la faccia da “culo” di De Niro nel Kirk Jones, e sto male. Tutti vogliono i soldi. E i soli? Un’altra galassia ne ha di più, (non) consolatevi. Mangiate all’agriturismo l’insalata e ne godrete di (b)rutto secco come una donna senz’accidia nei primi giorni inoltrati di primavera ascendente, voltante in questo triste e me(ge)ro Occidente del cazzo. Sì, è sempre quello che “vince”. Sappiatelo, donne, quando verranno tempi di “magra”.

 

di Stefano Falotico

Director/Executive Producer Michael Bay on the set of TRANSFORMERS: THE LAST KNIGHT, from Paramount Pictures.

Director/Executive Producer Michael Bay on the set of TRANSFORMERS: THE LAST KNIGHT, from Paramount Pictures.

Non fatevi ingannare dai film sentimentalmente cinici, siate cinici davvero e al posto del miele usate il male


13 Jul

Spring-steen in Chicago: il Boss, dopo un tour spos(s)ante, lascia Patti Scialfa e si trasferisce, da New York, a “Ci-cago di notte”, portandosi dietro, nel (tras)loc(ul)o, anche il water e le candeline dei suoi fan.

Seduto sul cesso, dopo aver lasciato la bionda cessissima, ispiratrice del suo “Tunnel of Love”, medita d’incontrare una “potta” scialba, malata incurabile delle sue canzoni. A Philadephia, s’imbatterà miracolosamente in lei, e se la sbatterà senza paura di contrarre alcun virus venereo. Saranno “focosi”, con lei sempre “I’m on Fire” per Nove settimane e il “mezzo” suo.

Finita la bott(an)a e via, Bruce piangerà l’inevitabile tragedia del suo s(ucc)esso, diluendo le lacrime nella fotografia primaverile d’un ispirato Robert Richardson che, giocando con l’ombra del mito che fu, trasforma policromaticamente il film in un esplosivo “Born to Run”. Dopo la fine, sarà “The Rising?”.

Paura d’amare

 

Paura d’odiare: un amabile cameriere, condannato ai servizi (a)sociali perché turlupinava le cas(s)e della salute mentale, parodiando i pazienti senza pazienza totoiani, viene castrato e non scatta la “chimica” con la donnaccia infermiera del reparto presso cui ora è in “culo”, no, scusate in cur(i)a. Timoroso della sua impotenza, perde a poco a porco, la sua voglia parca e va al parco a dar da mangiare docilmente gli “uccelli” altrui. Prendendolo in quel posto fra “viados” alberati e siringhe per “tirarlo” su.

Stanno tutti bene

Stanno tutti male: Dopo Tornatore rimbambito e Kirk Jones imbacuccato in De Niro “rattrappito”, un film onesto, crudo, senza miele che fa (d)an(n)i come un centravanti di sfondamento nel letto delle sue “tifose”. “Bomber” delle curve da ola, uno che dà in figa con foga senza fisico da foca, viene invidiato dai cornuti avversari battuti dai suoi colpi di testa e di “qualcos’altro” fra un corner e il pazzo sanissimo “piazzarlo” sotto l’incrocio dei peli delle calze a rete.

di Stefano Falotico, un uomo che non se lo piglia mai. E chi se lo piglierà?

De Niro sta bene? E i sessuali “stanno tutti bene?”


09 Jun

 In questo Mondo ossessionato dal sex, ci vuole la “bomba” del mio aplomb!

Eh sì, io non vado coi piedi di piombo, bensì lo appioppo! Alle beauties!

L’intolleranza abissale di tal Mondo indigesto mi rende ancor più diverso e, nell’ebefrenia di questo full retard lor mentale, esagito il mio corpo a Lune voraci di sciropparmele al galoppo

Vengo subissato di messaggi poco equivoci che vorrebbero scalfire il mio scaltro trottar da equ(in)o.
Sì, poi muto e sgattaiolo, cagnaccio mordo e ammorbidisco il liscio pelo d’una gatta, sfilandole il reggicalze a “retto” del “subentrarle” non tanto casto, bensì doggy nell’ “incastrarlo”. Un castrato che le fa a polpette.

Di Sesso ne son cornamusa ai musini, adocchio altre ballonzolanti per succhiar un’albicocca e inasprire il marito di gelosia su miei colpetti incalzanti e “propedeutici” nello stordirla di potenti mosse alla mortadella, di mio “frastuono” spalmarle l’intonato amplesso su salsa tonnata e di mio “ballato” in basculante senza bon ton, sbottonato-“cotonato”-inondante e “sbrodolato”, per sempre più veemente gravitarle d’orgasmi incontenibili e cotanti schizzi con scatenato mai ingravidarla previo profilassi dello “strizzarlo” nell’estrazione “mineraria” quasi da “laccio emostatico” per il “prelievo” sanguigno. Che quindi, un po’ “delinquente”, mentre la bacio delicatamente “colla” lingua, e di saliva, dopo che “rizzato” ad affissione in Lei salì, eh sì il “Redentore”, pacioso con lentezza lo “smonto” su paonazzo viso esangue e sfamato da stronzo. E di nuovo è montante… in altre piccanti.

Av-venuto… il “fallaccio”, seppellisco le prove della mia “piovra” provetta nel cancellare ogni macchia di quell’oramai pioggia dorata e di zampilli euforica in goduto ingoiarla a tergere, eretto-ammosciandolo (de)cadente però a(l)itante, per poi “precipitar” in altre gole e ardentemente prima sfiorarle, di forza fornicarle, in foga sfondar ogni “forum”. Sì, la mia cappella è da Corte d’Appello, perché inguaia tantissimi mariti che m’accusano d’atti troppo impuri nel mio darci, av-venente nelle di lor sporgenze. Ma non mi “afflosceranno”.

Vorrebbero “gettarlo” nella fossa dei leoni ma gladiatore sbrana punitore, e di “pungiglione”, ogni imperator’ azzanno nell’ammirazione di sua moglie che ambisce alla mia lama da corridor’.

Il toro ammazza il matador, e la corrida è mio circo ad “accerchiarle”.

Perfino la Sharon Stone dei bei tempi, dinanzi a tal Manzotin genuino, torna ad accavallare con tenera “bontà”, mostrando l’ambaradan per  la ricca insalata del mio “insaccato” duro e di ghiaccio, punteruolo, nell’istinto al “basilico” sull’ imboccata di vegetale… gelatina, magra e avvolgente.

In questo carnaio di tonti, io “ritardo” il coitus per amplificare la botta finale.

Gli ebeti, di fronte a me, belano e il mio “abete” abita germogliante tra le frasche, di palle colorate intermittente, di stella fosforescente lassù… e poi su e giù nella stalla del bue.

Cari asinelli, io sono lo stallone purosangue alla Steve McQueen del vostro rodervi, poiché le imbriglio sussultandole, e-saltato, che “brillante” rodeo.

Donna, amami e il Patrick Swayze di Ghost capirai ch’è uno sdolcinato eunuco a paragone del mio…

Con me ascenderai in Ciel, trattasi di grand’ uccell’ “fantasmino”  ché “eclissato” dentro la melody a mela di mio pomo d’Adamo sgolato del dopo-cena.

Però, ricordati che adoro l’igiene intima e, prima di “tingerla-modellarlo in “tornio” d’argilla, ah che anguilla…, devi farti… la ceretta, mai ancella, affinché sia lubrificato nella tua luculliana lucciola.

La voglio già lucida prima di spolverarla… col mio “uncino”.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Stanno tutti bene (2009)
    Anche il pipino del pap(p)ne.
  2. American Hustle (2013)
    Azz.
  3. Escape Plan – Fuga dall’inferno (2013)
    Una trappola per topi in cerca del Paradiso della figa.

La vera storia di Robert De Niro, letta, recensita e video-montata da Stefano Falotico


20 Feb

Uomo vero mai montato ma vero come le luci di Los Angeles, anche quando bazzica Las Vegas

Da qui, fratelli della congrega, noi, ortodossi e spaccaossa, leggeremo nel mio plurale maiestatis a sua Maestà, il Maestro estatico, Robert De Niro, profeta delle innovazioni alla recitazione, allievo e discepolo di Marlon Brando, Monty Clif e James Dean, Greta Garbo del sacro virente all’anima eleganza della sobrietà fascinosa, sì, narreremo di come il mito ebbe origine e da cui, mai ebbri, a differenza degli ebeti con le “erbette”, ce n’abbeveriamo ancora finché (sua) morte, dunque nostra, non ci s-e-pari.

Robert De Niro, nato il 17 Agosto del 1943, data storica, epocale. Questa è epica!

Ecco Monsieur Falotico che scandisce le parole della biografia redatta da Elfreda Powell, secondo traduzione di Vanni De Simone, per la “Gremese Editore”.

Uditene lo scroscio.

Applauso!

Dono denirante premonitore, amatorio e dorato di “caligini” nei cristalli del Tempo(rale) acquatico, bianco come il germoglio d’un sorriso, laconico di palpebre vulcaniche d’amore

Arrendersi dirimpetto a impettiti ordini è la volontà che si nega a se stessa e, “Sol” innevata, non solleva il baluginare intenso del Cuore. Anche a dissacrante denudarlo, prostrarlo e offrirlo in sacrifizio a una Donna, finalmente, liberi da forche caudine, da quei perentori, impertinentissimi “riti sacerdotali” del growing up generato da una generazione che si professa “adulta” e, invero, io la vedo funestata nell’abominevole realtà del suo vivacchiare, di bacini ruffiani corrugarsi e d’amarezze nel consolatorio “pascersi” d’un benessero dai retrogusti, sempre loro ad assediarvi, è il candelabro di cere mascherate e d’una cena orgiastica già stanca, oh, tanto arranca, “cari” arrampicatori, genuflessi a moine che han lo squallore della vostra “visiera” da squali e di quaglie rosolare a non rispettare l’innocenza che arrossisce, a bruciar, già sepolti vivi, se mai lo foste nella foresta all’adulazione ululante dell’animal vostro più veritiero e avventuresco or sol di “pittoresco” aggrottar la fronte e non lustrarla a fonti assetanti, già putrefatte nella fandonia di tutte queste luride vostre noie. Annotate il prossimo e lo squadrate, il goniometro che lo accerchi nel sorvegliarne le mosse e lederle appena intaccheranno le certezze di questo “cenacolo”, appunto, accigliato e di protervia non più cervo dei nervi per cui nasceste. Farneticate di qua e di là, e v’illlanguidite, scevri di verità pura, per tramonti “pasticciati” da colori(ti) grigissime di grinze e pinzimonio ai demoni uccisi, mai vi dico da annerire nella beatitudine minestra e non più desta di mesto ergerla nelle pindariche albe, che han perso lo smalto di quando il Dio, oggi da voi ripudiato dopo averlo ingegnosamente, da “distruttori” edili, inventato, sventolò armonioso e or, “platinati” d’oratoria e orali consumazioni “animose” affastellati nel “corteggio” di mimose e smorfiose, saccheggiaste, rubandone il cremisi rubino della sua Luce.

Tante, tante ragazzine, che ho sempre orripilantemente “depilato” nelle mie scelte già protese a mature donne più esperte di come il mio Uomo necessitò, precoce, di dissetarsene e inoltrarmene mai placato, in queste placche avare anche del tartaro a illustrazione della fame sempre vostra da ludri marci, del loro stuzzicar da pettegole indaffarate a far e disfarseli in letti subito “fa(r)ine” del sacco insaccato. Quanto sono ed erano lamentose, piccole (de)menti a “onorare” l’arbusto del bestione più appetibile, a singhiozzare ubriachelle e pollastrelle nel rastrellare color a cui sghignazzavano da “vigne” di cigni già nelle sopracciglia bu(i)e del cogliere l’acerbo e non il Peccato di cui adesso mi sazio e palpo, tasto e insisto. Queste donne…, io le adoro, questa femmina che, sfilando le calze, prima t’assottiglia fra mari di sbronze bottiglie strabiche d’ottica a centrarla dopo l’abbuffata lucculiana, poi apron le gambe e incalzi “culinario”, pranzando nel planare in mezzo idilliaco, ché il Paradiso tutto non è se non colei che ti mostra il ghiotto suo “lingotto”, golosa me n’è gola, e urliamo negli scandali, in uno scantinato in cui “la” scandaglio, in un attico in cui la “svastico” celtico e barbaro, liberandola dai nazismi del sesso comandato a bacchett(on)a, in un pianerottolo in cui, pian piano, sale il mio ascensore a goderne fra pause dei “piani superiori” con accenti-accensioni d’intermittenze a spingere per accomodarla nell’appartamento e, sul pavimento, esserle pipistrello di schizzi fra le piastrelle, di piastrine sanguigne allo sperma salato esaltante, esultante alla mia sultana, alla sua sottana nelle tane ove, tenace, grida isterica e la mia batteria non è mai scarica.
All’attacco, “al muro”, ovunque, mentre i delinquenti odian la mia “linguaccia”, invece Lei n’è forbita di mio biforcuto lì e nel culo. Che fionda, che figa!
Sincero, volgare, Uomo e bicchiere argentato mentre ancora sonnecchia di trecce, e forse Morfeo l’accarezza docilmente nel dominante mio amianto senza scheletri nell’armadio di voi che adescate per “pesche” loschissime.

Ella m’augura la buonanotte, ed è apprensiva in assenza di me, gelosa che sia occupato dai miei “affari” ignoti. Questa è malia, è goliardia, è malizia, è Lei dai capelli ambra, ad ammirare le mie ombre, io che non lascerò nessun orma ma ci dormimmo sopra.

La perplessità è di colui che fa della vita un pattuirne senza carpirla o rifletter-si. Sì, è così.

Mi spoglio, Lei mi guarda e, speculare, mi lecca anche quando non c’è nessuno nell’immagine che vorrebbe al fantasma mio forse altrove.

E ne soffre, lo so, questo suo desiderio è struggente.

Mi aspetterai e, in quell’attimo, udirai il tuo corpo al risveglio della prima volta che m’incontrasti.

Ed è per questo che amo Neil. Neil in te, Eva, un edera ed Eady.

Che cos’è un genio, cos’è l’immensità, chi sono i miserabili?
La grande coscienza mia in questo Mondo di pregiudizi e di ribaltati valori, ove amici tradiscon la fedeltà delle alleanze, dei segreti, e origlian nel complotto a “rammemorarti” quant’eri innamorato e ora, per loro, per loro, inaridito.

E come io divenni Joyce, perché anticamera della scoperta…, a essere più veloce nell’odiata contemplazione distorta dalle lentezze.
Questione di lenti e di dimensione prospettica, innalzarsi al di là delle regole criminose quando si bardan di leguleia giustezza. Sì, i legumi di fagioli e petomanie manesche.

Di come l’insano dà pazzia al savio e deforma a sua immagine e somiglianza.
E di come insulta con boria da strapazzo e pagliaccio, nella sua prosopopea “altolocata”.

La vita dei geni s’eleva da chi, non nobile, non è umile e umilia, deride e calpesta i diritti e le libertà, con “insindacabile” arbitrio decreta fine e “ricapitolar” del non aver capito e non ottuso voler capire.
E va in giro, ballando e “gioendo” a schernire mentre scherza su preti, barboni, neri, omosessuali, diversi e chi storpia per stropicciarsi di risa. Altrimenti, ti subissa di risse ché isserà sempre la bandiera del metter a bando e credere d’abbindolare per un “Bingo” da bimbo.

Il genio, diabolico e calmo, altamente se ne… fregia.

Ché la sua anima non è mai fredda. Questo si chiama vivere, si chiama sofferenza oggi e domani armistio, ieri combattimento, l’istante venturo una vertigine, un collasso e altro chiasso, altre chiavi e poi abbattersi, lottare e nuotare, affogare e riemergere.

Questa è la vita.

Il resto è la letale tradizione d’un pasto mai nudo che ha paura di guardare oltre le apparenze.
Che, spaparanzato, usa la zanzariera per non essere irritato “a pelle”, ché teme il suo stesso vampiro offuscato per timor che rabbrividisca senza più la viscida maschera.

E andrà nel trallalà da chi non oserà mai nella rosa ma, cinico, è già cieco.

Questa si chiama lezione di vita.

Fa male, è un dolore atroce.

Ciò che i miserabili si meritavano.

Quel che io merito a dispetto dei loro dispetti.

Buon proseguimento di serata e di vostre “serenate”.

Applauso!

Secondo molti, gli ultimi capolavori interpretati da De Niro sono Heat e Casinò.

Questa è una diceria che ha assunto luoghi da Comunioni.

Sotto, elencherò 7 film che dovreste rivalutare, come il sottoscritto.

Mai dire mai, se puoi dire che De Niro è me.

Sì, lo imito alla perfezione. Anche perché siamo la stessa persona.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Cop Land (1997)
  2. Jackie Brown (1997)
  3. Ronin (1998)
  4. The Score (2001)
  5. Colpevole d’omicidio (2002)
  6. Stanno tutti bene (2009)
  7. Limitless (2011)

I nostri attori “moon”, inamovibili – Si desse una “mossa” Ninì!


09 Oct

 

Stanno tutti “bene

Ah, che strano viaggio, amici. Da un eremitaggio salingeriano a “rispaccarmi” dentro la realtà. E quante “botte”. “Roba(ccia)” da allestire un diario intitolato “Il cammino dell’Uomo senza più timore fu timorato ancora”. Afferrai il timone della mia nave, ma le mareggiate “scrosciaron” non solo di donne scosciate. Usai lo scotch, e anche il whisky omonimo da “Omino Bianco, lo smacchiatore perfetto e bucato“, per rammendare tutte le microfratture, ma il dolore “intercostale” si propagò alla già molto turbolenta nevralgia. E così, “impotente”, anziché rivangare, anche se le valanghe mi “sommersero”, m’innervai incazzato dopo tutta quella neve, appunto. Da quella montagna solitaria da Yeti, eccomi qua di nuovo nella “rete”.
E devo proprio “rammentare” il mio sciatore più alla Lionel Messi (Alberto Tomba no, Martina Colombari sa quanto “male” affondò nella sua “morbidezza”, infatti preferì Costacurta del “vivaio” diabolico da “biscione” come Rocco Siffredi, testuali parole della “dolce” Martina) per “scartare” tutti questi paletti di Slalom gigante e “dribblare” a mo’ di Sylvester Stallone di Cop Land per far piazza pulita delle corruzioni (anche delle mie “erosioni” e rotture di palle) e arrivare al traguardo.
Più che “destinazione”, un destino dall’epilogo incerto. Dunque, “riepiloghiamo”, le spiegazioni della mia persona mi “piegarono” in altra incomprensione e il pressing fu “asfissiante“.

M’isolai come Bud Spencer il bulldozer, e sviluppai un’aria da “underdog“.
Roba che al Mickey Rourke più smidollato farebbe venire la pelle d’oca.
Infatti, se Mickey aveva le zampe di gallina da troppi pugni “stigmatizzati” dalla “sberlona” in faccia di Carré Otis, io urlai “Toglietemi tutto ma non il mio brain!“.

Sì, più che Orchidea selvaggia, incontrai vari orchi alla De Niro di Angel Heart.

Sì, ci sarebbe da girare il quarto “anello” mancante della “quaterna” dei quadernetti psichiatrici. Dopo Prendimi l’anima di Faenza (la tua anima è mia!, gridò quel capellone di Louis Cyphre, uno dalle unghie lunghe quanto la “vista” da “ovosodo“, che avrei visto bene solo in compagnia di Marilyn Manson a cantare “Polanski ce lo sbatte sempre in culo! E pure la nona porta!“, brindando assieme ai vecchiacci di Rosemary’s Baby… sono infidi quelli lì, mettono il “dito” fra moglie e marito) e il dittico “SpiderA Dangerous Method” di Cronenberg (anche se non trascurerei tutto il “resto”, soprattutto La mosca), girerò il “biopic” intitolato carpenterianamente La follia della loro semenza, di cui sarò “brevilineo” per quanto concerne la trama.

Svolgimento-avvoltolamento fra gli avvoltoi e poi i loro involtini…

Un genio viene scambiato per idiota, mentre gli idioti veri stanno a ridere e trombare, pisciando in testa al prossimo, in “segno” di goliardie “spiritose”. Al che, dopo il violento, spaventoso trauma, il genio “deriso” si risveglia e comincia a “cagare” loro in testa. Sbeffeggiandoli d’altrettanto (s)fottere.
Continueranno a non capirci un cazzo ma, per i danni morali e psicologici del loro assurdo ribaltare le verità, saranno (s)montati in prigione, ove ogni mattina si sveglieranno al “suono” docilissimo del “gallo”, rintronati da un Lee Ermey che urlerà loro “Topolini, evviva Walt Disney!”

Quel “luogo” così “ambito”, infatti, si chiama “Porco giochi“, c’è anche un “logo” (vedi che torna?) alquanto divertente dalla tale, “sofisticata” scritta: “Il tunnel degli orrori“.
Ritrae la situazione di tale “grotta”, ove questi gretti perseverano d’idiozia inconsapevole, nonostante la “terapia riabilitativa” molto “soffice”, in un paradosso “meraviglioso”, “favolistico”, diciamo appunto “grottesco”.

Ho detto tutto.

I miei figli si riuniscono vicino al capezzale del mio “ospedale” e mi chiedono:
– Come stai?
– Ah, “benissimo”. Mi scioccarono con un infarto, per il resto Kate Beckinsale vedo che è ancora una gran figa.
Anche i capezzoli di Drew Barrymore non sono da prendere “a ridere”.

Applauso!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Stanno tutti bene (2009)
    Meglio di così…
  2. Moon (2009)
    Un honeymoon, sì, di “miele“.
  3. Cosmopolis (2012)
    Sì, questa città è una giungla…
  4. Total Recall – Atto di forza (2012)
    Colin Farrell, un grande.
    Un'”espressione” da merda.

    Come deve essere.

    Ciiisss!

    Cin cin!

    Ciccillo! 

Genius-Pop

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