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5 è il numero perfetto? Chi nasce tonto non può morire (in)quadr(at)o, forse farà l’impiegato o cassaintegrato, emarginato e frustrato, chi nasce ROCKY BALBOA non può morire sfigato…


07 Mar

rocky stallone

In questa tetraggine indotta dal Covid-19, mentre la gente sta crollando, arriva uno strano tipo che è rispuntato dal nulla. Dio bono. Ma che roba è? Fa pure il figo con quella faccia da pesce lesso. Le espressioni sono da migliorare, è espressivo come il peggior Sylvester Stallone. Ma cos’ha? Una paresi?

Sì, è uno scemo, lo scemo del villaggio. Un povero disgraziato maledetto con un “gancio sinistro” che fa però paura. Credo che nessun uomo abbia preso così tanti pugni in vita sua, metaforici e non. Cavolo, pare “cerebroleso” come Rocky dopo l’incontro con Ivan Drago. È lento, abulico, è finito, è malato…

È un disgraziato malandato, un “pazzo” accertato e acclarato, perfino diagnosticato. Caspita, capito?

È una facile preda, non sa muoversi, è ridicolo e imbarazzante, che tristezza, fa pena. Ah, inutile dargli più addosso. Sarebbe come sparare alla croce rossa. Che mezzo uomo, mio dio. Va compatito, oramai è partito. Ma è un gran pagliaccio, dai. Ma ha almeno non un briciolo di dignità per sé stesso? Che vergogna!

Invero, costui comincia a saltellare come Cassius Clay, sta cominciando ad accelerare in maniera vertiginosa, George Foreman non capisce più niente, vacilla mentre Muhammad Ali gli balla attorno come Michael Jackson, che diavolo sta succedendo?

Il detto dice che a frequentare gli zoppi s’impara a zoppicare. A forza di farsi prendere in giro dagli idioti, invece, ci si convince di essere sbagliati.

Trovando la persona o le persone giuste, tutto ciò in cui avevate falsamente creduto va a farsi fottere in un istante. È come quando uno pensa di essere un gigante ma viene all’improvviso destabilizzato da un colpo di genio devastante. Il gigante è ferito, non è possibile. Urlava a tutti di essere dei nani e di avere il cervello piccolo, gridava entusiasticamente di aver capito tutto. Cavolo, ne era sicuro senza neppur battere ciglio. Si credeva un comunista, invece è un capitalista al limite dell’edonismo più esecrabile. Non è che assomiglia al “critico” youtuber Federico Frusciante? Solo lui sa tutto, non solo di Cinema. Non crede a Netflix e allo streaming. Poi, nelle descrizioni, sotto i suoi video, inserisce i link per acquistare i dvd da Amazon.

Ah, capisco, odia pure Prime Video… Bene… è molto coerente… di una credibilità disarmante…

Il gigante riceve una lezione di vita impressionante, memorabile. Scusate, offritegli una tisana, lo vedo sull’agitato. Sta bene? Che fa? Delira come un bambino di dodici anni? Ma allora è un infante!

Chiamate l’ambulanza, la sua situazione psicofisica è preoccupante, dategli almeno un calmante.

Cavolo, faceva tanto l’arrogante brillante e ha rimediato invece la figura del demente. No, non parlo di Frusciante, Frusciante semplicemente non crede a Netflix solo perché, altrimenti, senza la videoteca, finirebbe in mutande? O no? Non raccontiamoci stronzate, ah ah. Abbiate Fede…, ah ah.

Mi riferisco a un altro, un imbattibile gigante? Invero, fu sempre un gran cafone assai ignorante. Davvero, credetemi, un deficiente sesquipedale. Ammazza. Ancora diffama la gente… questo squallido mostriciattolo che abbisognerebbe solamente di psichiatriche cure pesanti?

Eh sì, a volte arriva uno che ogni certezza dei cretini annienta in un sol frangente, grazie alla sua forza illuminante. Un uomo considerato patetico e malinconico, da manicomio, invero raggiante più del Sole che sorge a Levante. Insomma, questo Falò è veramente uno che guarda il mondo da una prospettiva distorta e sbagliata, non sa leggere, non sa scrivere, non sa argomentare, direi che è proprio ineludibilmente così. Insindacabilmente!

Che dite? Siete d’accordo? Non si può vedere… ma sentitelo, quante incertezze che possiede, s’intravedono e scorgono visibilmente delle oscene timidezze insanabili. Per caso, è Adriano Celentano? Suvvia, fa ridere i polli. Sì, è al mille per mille, indiscutibilmente, un tonto. Be’, se lo dite voi…, si capisce…

A dircela tutta, la gente calunnia il prossimo in quanto incapace. Racconta fandonie.
Non sa affrontare la realtà, non capisce nulla di Cinema, di donne e della vita.
Finalmente, il Falò ha fatto capire a tutti come si sta al mondo.
Sì, per anni fui screditato. Mi accusarono di fobia sociale e varie malattie mentali, pensate.
Sì, andavo a Venezia per vedere solo gli attori. Frequentando nel frattempo, come il grande Depp con Brando, gente che aveva il doppio della mia età.
Sapete, i libri che scrivo, ah ah, non li ho scritti io. Certo! E gli accrediti da critico ufficiale di due riviste di Cinema, ah ah, me li danno perché sono un tonto a cui fare i regalini.
Certo, imbecilli!
https://www.ibs.it/libri/autori/stefano-falotico

 

di Stefano Falotico

Il Cinema esiste ancora? E cos’era il Cinema prima dell’avvento di Netflix, dello streaming, di Amazon Prime e di Internet?


14 Oct

netflix irishman netflix irishman 2

Ieri pomeriggio, verso sera, su Facebook l’ho buttata lì.

Affiggendo, diciamo, la recensione del Guardian inerente The Irishman di Scorsese.

Definito da quest’importantissima testata come il film più bello di Martin degli ultimi trent’anni.

Subito, il mitico Federico Frusciante s’è lanciato e scagliato ancora una volta contro Netflix. Al che, nel giro di pochissimo tempo, s’è scatenata una faida tra cinefili incalliti. Fra guerrieri dei sogni perduti e fautori avanguardistici di Netflix, fra paladini del Cinema in sala e sostenitori a spada tratta dello streaming.

Scorsese, ospite del London Film Festival, ove il suo The Irishman è stato accolto, per l’appunto, da critiche entusiasmanti, ha vivamente e orgogliosamente dichiarato che, senza Netflix, questa pellicola già storica ed epica non avrebbe mai visto la luce. Poiché la Paramount Pictures, con la quale aveva già firmato il contratto per farselo produrre, all’ultimo momento, essendo salito vertiginosamente il budget a causa del notevole dispendio e dispiego dei massicci effetti speciali della CGI, non se l’è sentita di rischiare con un film che ha, ringiovanimento deaged a prescindere, un cast a base di anziani. Che, ovviamente, riscuote scarso appeal commerciale presso le platee più giovani. I teenager sono, si sa, i maggiori fruitori di Cinema e oramai il pallino del gioco ce l’hanno loro.

Sì, per quanto The Irishman annoveri in prima linea tre mostri sacri premi Oscar imbattibili ancora emulati e presi a modello dagli stessi ambiziosi giovani (d’altronde, chi non sogna a tutt’oggi di diventare il nuovo De Niro o la reincarnazione di Al Pacino?), la Paramount bloccò, a pre-produzione già in fase avanzata, il progetto.

Dunque, volenti o nolenti, Netflix ha vinto. Poiché è una piattaforma concettualmente variegata che guadagna soldi a non finire. E può permettersi perciò di offrire ai registi e agli attori delle loro pellicole dei cachet faraonici.

Ciò indubbiamente può infastidire, indispettire e disgustare i cinefili romanticamente agganciati a un’oramai visione del Cinema come luogo di aggregazione e di solidale passione da condividere tutti assieme appassionatamente.

Ma, come ho scritto nei commenti del mio post, siamo stati noi cinefili a disertare, pian piano, le sale. Poiché stufi del casino e della volgarità delle masse che, nel fine settimana, s’accalcano trivialmente nelle sale medesime.

Rovinando, col loro baccano, la magia dei sogni puri. Da gustare armoniosamente in silenzio religioso.

Forse, il significato di C’era una volta a… Hollywood è questo: della suadente, commovente magia, d’un tempo, eh già purtroppo, oggi è rimasto ben poco.

La poesia e l’Arte sono state scalzate e soppiantate dalle idiozie delle stories su Instagram, oggi tutti si dichiarano intenditori infallibili della Settima Arte ma non sanno neppure relazionarsi col vicino di casa.

Allora, abbiamo l’avvocatessa in carriera che, avendo studiato, peraltro malissimo, solo Giurisprudenza, non è prudente nei giudizi recensori dei film. Ed è dunque ovvio che consideri Joker un film pericoloso alla pari del pazzo che lei difende perché, per deontologia professionale, il pazzo le dà i soldi per salvarlo in tribunale. Lei ci sta!

Così, coi soldi elargitele dal maniaco, lei può difatti rifarsi la dentatura e, malgrado abbia dato alla giustizia un’orripilante fregatura, può leccarsi la bocca a Formentera con un “figo” che scambia Al Pacino per Fabrizio Corona.

È stata colpa di noi tutti se abbiamo perso, forse, le nostre anime.

Ho conosciuto, infatti, sedicenti professoresse d’Italiano e Storia che non sono mai andate a vedere un film di Ken Loach poiché considerano i film di Loach deprimenti. Film che alla povera handicappata, capito, facevano e fanno tristezza.

Ma che insegnante è costei? Dell’ilarità più meschina, frivola e manichea. Una donna che insegna ai ragazzi come diventare leader nazi-fascisti?

Ho visto psichiatri che hanno sporcamente giocato sulla dabbenaggine delle persone malate e ingenue, facendo credere loro di essere diverse. Stigmatizzandole soltanto perché, a loro avviso, anzi a loro ammonimento, non sono adatte ai canoni oscenamente competitivi di questa società di merda.

E le hanno impasticcate, hanno praticato loro lobotomie e castrazioni. Ricattandole al motto di… provi a ribellarsi e, anziché sbatterla in ospedale, chiamo la polizia e l’arresto.

Ha ragione Francesco Alò nel definire Joker un film bellissimo, ha ragione Mr. Marra a definirlo alla stessa maniera. È davvero meravigliosa quella scena quando Arthur Fleck ride e piange allo stesso tempo in mezzo alla folla che l’osanna con la bocca macchiata di sangue e l’espressione grandguignolesca.

E avevo ragione io quando, al Festival di Venezia, dissi subito che era da Leone d’oro.

Sapete qual è la verità?

Richard Jewell sarà, assieme a Joker e a The Irishman, il film più bello dell’anno.

 

di Stefano Faloticonetflix irishman 2

I più visti di Netflix? Ma voi vi siete visti? Non demonizzate lo streaming senza conoscere il Cinema e le sue tempistiche, soprattutto le mie


19 Apr

irishman falotico

Sì, voi non avete di meglio da fare che accanirvi contro i politicanti corrotti, che spettegolare sull’amico di turno, screditandolo, complottando giorno e notte per fregare la ragazza al prossimo in quest’esasperante gara competitiva basata su rivalse misere, su giochi psicologici assai meschini, su tribali faide molto barbariche?

Sì, qua da noi hanno impazzato per anni programmi pseudo-culturali ricalcati sui migliori e anche peggiori talk show statunitensi. Le invasioni barbariche docet. Ove la conduttrice è stata colei che, dapprima, per far carriera e scalare i vertici del giornalismo televisivo, ha iniziato per Mediaset a pubblicizzare alla buona gli Oscar Mondadori. Poi, ottenuta una certa credibilità intellettuale da radicalchic dei primi anni novanta, si è platealmente svenduta. Io invece, mie serpi, son come Serpico! Prima tenendo banco al Grande Fratello, dunque ripudiando il suo mainstream, divenendo paladina delle becere scienze delle comunicazioni squallidamente mediatiche, pubblicando libri come Non vi lascerò orfani. Libro di cianfrusaglie pedagogiche, di psicologie d’accatto che scopiazza da Nanni Moretti, dallo psicoterapeuta Raffaele Morelli, da Francesco Alberoni, da Paolo Crepet, perfino da Vittorino Andreoli, miscelando il tutto in una sociologia-geriatrica, oserei dire pediatrica, dunque modellando la sua operetta ad autolatrica esaltazione d’un pasoliniano manierismo di natura egotista, probabilmente solo egoista, in un certo senso dunque spudoratamente qualunquista e relativistica.

La signora da me citata in causa ha sofferto di un brutto male e ciò mi dispiace. Ma il suo libro era da latrina. E non voglio far la rima baciata con… perché odo uno squillo del mio cellulare. Sì, scusate un attimo.

È arrivata una notifica.  Sì accesa una lucciola, no, non mi ha contattato una di quelle che imperano su Instagram, spacciandosi per modelle/a, volevo dire una lucina.

La lucina di un mio amico che mi chiede di parlare male di Netflix. Poiché lui non ne è capace e pensa che io possieda un acume superiore per imbastire un ragionamento lucido.

Potrebbe essere. Ma mi chiede di far campagna diffamatoria nei confronti della più famosa e importante piattaforma di streaming del mondo.

Io gli rispondo che parlerò, sì, di Netflix ma in maniera neutrale, fredda e distaccata, oggettiva.

Perché io sono più obiettivo di una macchina fotografica della Nikon.

Mi definisco apolitico ma in fondo son solo uno che non si chiude in ideali fanatici, in quanto uomo falotico un po’ selvatico che non prende mai gli antibiotici contro chi, a priori, assume atteggiamenti idolatrici, scagliandosi contro il contemporaneo cosiddetto malcostume cinematografico.

Sì, fa molto cinefilo cazzuto affermare in totale baldanza che Netflix sia attualmente la rovina della Settima Arte.

Di questo ne siete sicuri? Io vi vedo solo più tristi e scuri. Già mi espressi tempo addietro sull’argomento e ora voglio solo liquidare la questione in maniera brillante, bollente e aromatica perché fra pochi munti devo bermi un caffè della Nespresso.

Ora, chiariamoci. Sono un drogato di cappuccini e cioccolate calde. Sì, come sono buone le calde, no, le cialde della Ciobar.

Mentre so che molti di voi si riforniscono di “tazze” fatte in casa acquistate da un nostrano Pablo Escobar.

Sì, dite agli altri di sgobbar e ve la tirate da intellettuali che si danno un gran da fare. So bene invece che i vostri son soltanto intrallazzi ruffiani ove prostituite, da viziosi, la vostra dignità morale per mettere a fuoco solo e sempre di più le vostre capricciose, maniacali voglie di scopar’.

Sì, davvero, un troiaio mai visto.

La dovreste finire poi di pontificare e sacramentare, dicendo che viviamo in tempi bui. Imbrodandovi in disfattistiche pose iconoclastiche davvero falsissime.

Siete pieni di soldi, di baiocchi e vivete nel Paese dei Balocchi. Suvvia, giù le maschere. Fate come Robin Hood.

Prima vi nascondete nella retorica sinistroide per apparire come pensatori moderni ed ecumenici, buoni e solidali ma vi attenete a ogni più triviale, frivola moda.

Siete più fake di una dolciastra pubblicità del Buondì Motta. Siete come questa brioche. Golosi e fotogenici, ricoperti di glassa, invero stopposi e stupidamente smargiassi.

Insomma, denigrate i ricchi per ottenere voti dai poveri. Poi però prendete i giro i poveracci, in quanto siete solamente degli avari ipocriti.

Sì, attaccate Netflix.

Vero, Netflix produce tutto, non ha un impianto regolatore. Ma vogliamo parlarne degli “appalti abusivi” della Warner Bros?

Capace di passare da Clint Eastwood alla Suicide Squad/Joker con Jared Leto? Questo è uno smottamento tettonico da massimo grado della scala Richter per un casino qualitativo assai poco idealistico bensì “terremotistico”.

Terremotistico (non) esiste in italiano? Sì, hai ragione ma son anche stanco dei tuoi sgrammaticati discorsi qualunquistici. E ti correggo subito.

Sì, abbiamo comunisti che ce l’hanno col capitalismo e poi mettono su i Patreon per un imprenditoriale, fintissima virtù culturale.

Invero, per diventare più ricchi in maniera parimenti micidiale a Iervolino che vuol far ora concorrenza a Netflix con TaTaTu. Roba da bambini.

Ma smettetela. Vi vedo bene col tutù.

Chiariamoci. True Detective è una grande serie ma è altresì inferiore a The Night Of. E, se dite di no, è perché Matthew McConaughey, sessualmente parlando, spinge di più rispetto a John Turturro.

Ma non baratterei, miei batteri, mai uno Steven Zaillian e un Richard Price con questo Pizzolatto. Ah ah. Non c’è price, prezzo. Che pezzo!

Insomma, dovreste dirla tutta.

Sì, fate i moralisti, i moralizzatori, oserei dire i demoralizzatori, dunque i demonizzanti demolitori.

E dite che Sharon Stone in Basic Instinct non sappia recitare.

Potrebbe essere vero. Ma come qualche giorno fa io dissi: conoscete uomini a cui non piaccia Sharon Stone di Basic Instinct? Esistono secondo voi?

Certamente, non lo metto in dubbio.

Ci sono. Infatti sono in un centro psichiatrico.

Ah ah.

Dunque, aveva ragione Paolo Sorrentino. Sì, Berlusconi è un corrotto, lo è sempre stato. E andava con quelle…

Come diceva Andreoli, no, Andreotti: il potere logora chi non ce l’ha.

E voi non avete i soldi per produrre The Irishman, le serie di David Fincher e compagnia bella.

No, mi sa che avete solo le chiacchiere populistiche.

Così è.

In fondo, siamo proprio sicuri che io sia un’Alda Merini in abiti maschili? Cioè la madre di Matt Dillon e Mickey Rourke in Rusty il selvaggio?

Ci mettereste la mano sul fuoco?

Io non avrei mai scherzato col diavolo…

Conosce le verità del mondo e non è mai assolutistico.

Netflix è il male?

Non ne farei una questione tragicomica da Divina Commedia.

 

 

di Stefano Falotico

Netflix, i pro e i contro


18 Sep

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La questione Netflix, e già mi espressi in merito mesi fa, torna prepotente dopo che Roma di Cuarón ha vinto il Leone d’oro all’ultimo Festival di Venezia e Sulla mia pelle, sullo scabroso caso Stefano Cucchi, nonostante l’esigua distribuzione in sala, sta spopolando su tale piattaforma di streaming. La numero uno, con buona pace di Amazon Prime Video, che dovrà faticare non poco per reggerle la concorrenza, Hulu abbastanza scarsina, e via dicendo.

I detrattori di Netflix sono tantissimi, così come i ferventi sostenitori, ai quali si è aggiunto il nostro esimio David Cronenberg con le sue recenti dichiarazioni. E a cui dobbiamo certamente ammettere nientepopodimeno che Martin Scorsese col suo The Irishman. Film che scatena in me un hype da manicomio e che, purtroppo, a quanto pare non uscirà prima del prossimo anno. Azz.

E fra pochissimi giorni sarà disponibile alla visione mondiale l’interessantissima, almeno sulla carta, prima che possiamo vederla, serie Maniac con Emma Stone e Jonah Hill. Ora, permettetemi a tal proposito una severa digressione. Non ho dubbi, dopo True Detective, sulle capacità registiche di Fukunaga, ma girare una serie sulla “pazzia” può essere un bell’impiccio. Perché è sempre difficilissimo, e di questo Fukunaga credo ne sia ampiamente conscio, poter intrattenere con gusto e allo stesso tempo filmare qualcosa che non sia pacchiano, superficiale o stupidamente innovativo sulla pazzia, appunto. La pazzia è qualcosa di delicatissimo, che non può essere a mio avviso spettacolarizzato, non è roba per il grande pubblico, a meno che non si girino schifezze, appunto, psicologicamente poco introspettive, bensì filmetti per teenagers col manuale sulle psicopatologie delle Giovani Marmotte. La pazzia è qualcosa di tanto, sì, affascinante, quanto pericoloso, cinematograficamente parlando. E io, pur considerando Il silenzio degli innocenti un grandissimo film, gli preferirò sempre Manhunter. Perfino Mindhunter. Sì, in questo caso parliamo di serial killer, ma in fondo lo psicopatico assassino seriale altri non è che la degenerazione malata di una persona disturbata. E non dico altro per non peccare io stesso di banalizzante, lapidaria grossolanità. Mi basta però dire che, come sostenuto giustamente da Wendy Carr/Anna Torv, l’agente “stressorio” sta alla base del peggiorativo esplodere della “tensione”.

È così. Una persona calma, pacata, sensibile e retta moralmente da sani principi, può impazzire in seguito a spiacevolissimi eventi rovinosi, e franare, inferma, in atteggiamenti criminosi.

Ma non avventuriamoci in disamine sulle alterare anime. Ché non basterebbe l’intera biblioteca di Alessandria per raccogliere tanto scibile “psicanalitico”. E nemmeno quella di Alessandra, donna che non ha mai letto un libro in vita sua, però scopa da mattina a sera con tutti e non gliene sbatte una minchia. Sì, Alessandra non ha una biblioteca nella sua camera, però nella sua camera gli uomini la “sfogliano”, leccandosi il pollice tra una girata e l’altra, per meglio “inumidire” la “lettura” del suo corpo.

Torniamo a Netflix. Ribadisco quanto già dissi. È molto romantica, nostalgica, nobilissima l’idea della sala, semmai di paese, con le lucine e il proiettore arrugginito che riprogramma il capolavoro epocale di turno. Con la pellicola che salta e il macchinista che, sudando come una bestia per non essere licenziato, in tempi da record, attacca tutto con lo scotch e fa ripartire la magia. Ma dobbiamo attenerci alla realtà. Sai, donna, hai dovuto aspettare mezz’ora a cazzeggiare col cellulare prima che iniziasse nuovamente il film. E, sinceramente, sei preoccupata che, in quest’intervallo, tuo marito, ch’è rimasto a casa, sia riuscito a scopare la vicina di casa. Sì, ah ah, hai voluto tu che ti tradisse perché da tempo non sai soddisfarlo, non ci sai fare, e gli hai fatto il regalo di compleanno. Da anni ambiva alla vicina. Ma sì, ti sei detta, che se la scopasse pure. È un pover’uomo, lavora come un negro. Concediamogli questo “extra”. Ma non hai voluto, appunto, assistere al tradimento e così sei andata a vedere un film di fantascienza al cinemino, lontano 50 km.

Al tuo ritorno, tutto deve essere a posto… deve essere stato un tradimento “perfetto”. Ove tu sai che lui ha fatto quel che c’era da fare, e lui sa che tu sai, non hai visto nulla, e domani è un altro giorno. La vicina però, non contenta di essere stata anche lei accontentata, potrebbe bussarti alla porta per chiederti lo zucchero che ha finito. E questa sua poca mancanza di tatto, donna, ti farà incazzare assai. E scoppierà la tragedia.

No, questa scusa non regge a favore di Netflix. No, per niente, ah ah.

Però, ecco, ieri mi è arrivato il Blu-ray de La cosa. Ci sono film che debbo avere. Sì, li bramo e li faccio eternamente miei. Almeno finché non morirò, ché poi li regalerò a qualcuno, e quel qualcuno toccherà il disco sensibilissimo, immacolato, senza neppure un graffio, con le mani unte di prosciutto.

Però non è che, ogni volta che c’è un film capolavoro, possiamo noleggiarcelo o comprarcelo. Tu sei figlio di Montezemolo?

Io no. E pagare il noleggio innanzitutto costa. Poi, il film lo puoi tenere al massimo 48 ore, quindi non puoi rimandarne la visione, anche se ti viene la febbre a quaranta. Sennò hai pagato per l’anima del cazzo. E peraltro devi sorbirti tutto il traffico della città per portarlo indietro.

Sì, questo giova a favore di Netflix.

Ora, capisco che, se siete gestori di una videoteca, vi stanno girando le palle. Ah, se tutti si abbonano a Netflix, non è vero che nessuno noleggerà più. Perché Netflix ha un catalogo molto limitato. Ovviamente, però, i noleggi caleranno e il piatto piangerà.

C’è anche da dire che le major guardano al guadagno, agl’introiti, sono delle troie. E oramai finanziano quasi solo esclusivamente film sui supereroi, ché incassano da Dio.

C’è qualche casa di produzione, al giorno d’oggi, che finanzierebbe, ad esempio, Apocalypse Now?

Non è un film commercialmente affidabilissimo. Potrebbe spaccare il culo ai botteghini come esser visto da quattro gatti.

Netflix invece se ne frega. Su un film che va malissimo e che non guarda nessuno, altri 9 non solo vengono visti ma rivisti. Basta scorrere col mouse, e ti rivedi mille volte la tua scena preferita.

Che poi The Irishman sarà un capolavoro o una delusione immane, senza Netflix non avremmo mai potuto saperlo. Semplicemente perché la Paramount, che inizialmente doveva produrlo, alla fine si è tirata indietro. Facendo questo squallido ma onestamente realistico ragionamento…

Sì, Scorsese è molto amato, De Niro e Pacino sono due leggende, ma un film sui gangster, sul tempo, in cui i protagonisti hanno più di settant’anni, invero quasi ottanta, verrà cagato?

Al che intervenne Netflix e disse: ok, quanto viene? Quasi duecento milioni di dollari? Tieni, Martin, ecco i soldi.

Non voglio più sentire stronzate su Netflix, intesi?

E non solo su Netflix. Anche sui materassi Permaflex. Secondo me sono più comodi quelli della Eminflex.

 

 

di Stefano Falotico

Picture in pictures, vedere per credere: Fuga da New York, Carpenter, Frusciante, The Hateful Eight e il mio Falotico


21 May

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