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I più bei film romantici di sempre: ovviamente, sono per l’appunto solo dei film, mentre il più grande “film” del mondo è il nostro amore infinito che ha distrutto tutti i pregiudizi


13 Jun

femme fatale de palma

https://drive.google.com/file/d/15h0dMfu2wJ4-RB3lKEEdbjqhFT-yv-IK/view?usp=sharing

Ora, iniziamo con la prefazione semi-goliardica su freddura da Falò d’ordinanza. Puntuale, impeccabile, diciamo (im)prevedibile, sostanzialmente “inconcepibile” e impagabile, oserei dire ineccepibile, dunque di sinonimo, diciamo pure inappuntabile.

Molta gente pensa che, dopo tanti miei durissimi travagli esistenziali, dopo essermi arenato anzitempo e dunque dai miei coetanei soventemente inchiappettato notte e dì, a ogni ora e secondo delle mie uscite da Joker nel loro mondo da nerd, io covi atroci, recondite voglie vendicative assai patetiche e capricciose.

Sì, molti cretini, i quali ragionano col culo, sono fortissimamente convinti che, dalle sedate e poi rinate profondità del mio animo in passato sprofondato, riemergano or allarmisticamente dei segnali di preoccupante desiderio di revenge.

Ma smettiamola. Non siamo in Kill Bill.

Io non sono Russell Crowe/Massimo Decimo Meridio de Il gladiatore e neppure quello che scoperchiò tutte le verità nascoste dagli ipocriti à la Russell di Insider.

La mia attuale lei è decisamente più figa di Jennifer Connelly di A Beautiful Mind.

Ah ah.

Per molto tempo, va detto, mi coglionai da solo, diventando Nicolas Cage de Il genio della truffa. Il mio “miglior” amico si rivelò uno stronzo impari e alla fine, a mo’ di Sam Rockwell di Confessioni di una mente pericolosa, assolutamente convinto che io fossi Paul Walter Hauser di Richard Jewell, prima che quest’ultimo giustamente venisse scagionato totalmente da ogni falsissima accusa scabrosa, cazzo, rimediò una figura da white trash alla Rockwell di Tre manifesti a Ebbing, Missouri.

Devo esservi sincero, il mio ex amico mi considerò un malato di mente. Ah, molto intelligente costui. Se davvero io fossi stato matto, perché mai lui uscì con me per tantissimi anni?

Sì, direi che la parte di Jeff Daniels di Scemo & più scemo gli calza a pennello. Anche quella di Jeff Daniels di Debito di sangue.

Ah ah. E siamo giù alla seconda freddura devastante.

Di mio, sono Jim Carrey di Bugiardo bugiardo, di Yes Man, di The Truman Show e di A Christmas Carol.

Piaciuta la terza freddura?

Ah no? Ah, ma allora insistete, cristo!

Perché mi gridate che dovrei togliermi la maschera? Ok, la tolgo subito. Leviamoci The Mask dalle palle e pure Cameron Diaz. Da anni non gira una minchia ma, secondo me, se ne gira più di quando era al top della topa.

Siamo onesti, non cazzeggiamo, alla Cameron dei bei tempi avrei certamente offerto la mia faccia da culo, no, da lupo.

Ma io sono, invero, Nic Cage di Con Air e anche di Cuore selvaggio.

Quarta freddura. Quinta? Non lo so.

Nic Cage è da sempre fissato con Elvis Presley. Sposò pure sua figlia, Lisa Marie. Mentre Tim Burton scopò sempre Lisa Marie.

Allora, non facciamo del casino! Di quale cazzo di Marie stiamo parlando? Di quella di Mars Attacks!?

Oppure della semi-diseredata figlia, per l’appunto, del re del rock?

Allora, per evitare confusione, scegliamo Sarah Jessica Parker di Mi gioco la moglie… a Las Vegas?

Demi Moore di Proposta indecente o Elisabeth Shue di Via da Las Vegas?

Guardate, a scanso di equivoci, optiamo per Laura Dern. Quale? Quella di Wild at Heart?

No, quella di Twin Peaks: Il ritorno.

Invece, al Kyle MacLachlan/agente Cooper, scegliamo Matthew McConaughey di Killer Joe o d’Interstellar?

Ah, certo è che gli sceneggiatori di Hollywood hanno proprio poca fantasia. Sempre con questo cazzo di cognome Cooper.

Di mio, preferisco il protagonista di Mezzogiorno di fuoco.

Comunque, con Elizabeth Berkley di Showgirls io passerei ancora delle mezzanotti di acqua… e basta.

Ma quale Cooper e uomo cupo! Io, al massimo, sono Cary Grant di Un amore splendido ma non sono affatto un puttaniere come l’interprete principale di Love Affair.

Non sono neanche Eric Draven/Brandon Lee de Il corvo.

Non sono mica morto, eh? Anzi, il mio uccello va alla grandissima. Un “volatile” che volteggia nella notte da vero pipistrello come in un piano sequenza spettacolare di Alex Proyas. Sì, quello di Dark City. Ah ah.

Pare che Jennifer Connelly abbia scopato pure Rufus Sewell. L’unico che non ha scopato è Robert De Niro. Grazie al cazzo. Avrebbero denunciato Bob per aver violentato la minorenne Deborah di C’era una volta in America. Elizabeth McGovern, dopo lo stupro da Bob/Noodles orribilmente perpetratole e praticatole in macchina, avrebbe potuto sbatterlo in carcere come in Cape Fear. Ma s’innamorò, si fa per dire, di uno più corrotto di Nick Nolte…

James Woods! Quello che ci dava e ci dà di Cocaina…

Ora, lasciate stare i drogati. Non volete mica finire come James Woods di Casinò? Lasciate pure perdere Sharon Stone di Basic Instinct. Lasciate soprattutto perdere… Joe Pesci, anche di The Irishman. Lasciate forse pure perdere Carey Mulligan di Drive. Potreste innamorarvene alla follia, poi tornerà suo marito e voi diventerete il suo miglior amico. Ammazzeranno il vostro miglior amico e potreste vendicarvi come ne Il mucchio selvaggio. Dai, suvvia. Queste cose accadono solamente nei film. Nella vita reale, se ti vendichi in maniera violenta, ti sbattono in galera? No, in manicomio giudiziario. Ah, roba da matti! Amate invece una storia d’amore abissale. Che è già stata minuziosamente, straordinariamente narrata in un libro coming soon.

Vi piace la copertina? E invece la locandiera? No, volevo dire la locandina. È bellissima, è magnifica. Anche io lo sono. Se siete arrabbiati e volete fottermi, su Iris stasera ridanno il film Femme Fatale di De Palma. Ma per chi mi avevate preso? Per Black Dahlia? Basta con le puttanate. Sono molto più bello di Josh Hartnett. Anche assai meno ricco, però.

Sono però più giovane di Antonio Banderas.

Io e la mia lei, oltre che fantastici, siamo entrambi poco autoerotici ma molto autoironici.

Sappiamo prenderci per il culo sino allo sfinimento.

La adoro! La venero! La sbatto anche in cover. E lei mi sbatte tutto in faccia. Sì, questo è amarsi. Trovarsi, ingelosirsi, arrabbiarsi, vivere con intensità ogni emozione.

Se non vi piace, se non ce la fate, passerete tutta la vita a farvi i film. Solo quelli.

E sapete perché? Non valete un cazzo.
di Stefano Falotico

speculareipnosicop

GRACELAND: un mio cortometraggio, tanti anticipati auguri a Bob De Niro ed evviva il JOKER Jim Carrey, eh sì!


13 Aug

GRACELAND

Per molti anni fui scambiato per Sylvester Stallone di Cop Land, invece sono stallone e basta?

Di mio, sono romantico.

Be’, questo non è un cortometraggio nel senso più cinematografico del termine. E apparentemente non ha senso. Pare più che altro una mia vanitosa, esibizionistica gigionata. La solita incomprensibile faloticata.

Infatti, è nato per caso. Son stato di nuovo ad Anzola dell’Emilia.

Al che ho cominciato a filmare e a filmarmi. Quindi, cambiando stazione radio, è passata una canzone che sino a oggi m’era sconosciuta, ovvero Miracle of the Rosary.

È una canzone paradisiaca. Sì, ci sono e ci furono molte rockstar grandissime ma Elvis non si batte. Lui è il re eterno di tutti i sognatori, la purezza incarnata in una voce divina.

Ecco, puoi essere un carceriere, un carcerato reo di aver commesso dei crimini mostruosi, puoi essere un gerarca nazista pluriomicida o puoi essere invece il papa, un missionario in Africa, oppure una persona qualsiasi coi tuoi pregi e i tuoi difetti.

Nessun uomo, che sia credente o no, che sia pure il più pazzo del mondo, non può… non può assolutamente non commuoversi dinanzi a questa canzone. E inchinarsi a dio.

In questo pomeriggio, è avvenuto qualcosa simile al racconto di Natale del film Smoke.

Ho sostato e parcheggiato la mia macchina vicino alla chiesa principale di Anzola.

Al che mi s’è avvicinato un ragazzo di colore. M’ero un attimo distratto. Appunto, per estrarre la sigaretta e per accendermela.

Vedo questo ragazzone nero a trenta centimetri da me. E lo guardo, un po’ spaurito, dal finestrino.

Oh, a prima vista m’era sembrato uno di quei neri con una calibro venti, anche quaranta, per le specialiste…

Ma sì, un mandingo per film, diciamo, non da Denzel Washington. Anche se poi… Denzel è stato il protagonista di He Got Game. In questo film, suo figlio si chiama Jesus.

Questo Jesus però, a differenza del vero Gesù, il quale secondo Denzel Washington è negro, perlomeno mulatto come lui, lo dice in Malcolm X, distruggendo in un nanosecondo ogni falsa iconografia cattolica, ecco… tale Jesus comincia a corrompersi. Inizia ad avere successo come star del basket di una squadra allenata fra l’altro da John Turturro, un suo omonimo nel film Il Grande Lebowski. Sì, il celeberrimo figlio di puttana Jesus Quintana. Uno che deve conoscere bene cosa succede, diciamo, negli spogliatoi delle docce del carcere di San Quintino. Sì, i giochi poco puliti da saponette vanno forte lì. Se poi becchi uno più dotato di Denzel, cazzo…

Torniamo a suo figlio Jesus. Sì, è uno che sa infilare le palle in buca. Tant’è che un bel giorno mette piede in una stanza nella quale non sarebbe mai dovuto entrare. Diciamo che fa, come si suol dire, il passo più lungo… della gamba. E davanti a lui, semi-ignude, gli si presentano Chasey Lain e Jill Kelly.

Dunque, nel giro di un triangolo con due espertissime e navigate pornoattrici che sanno il fallo, no, fatto loro, da possibile Michael Jordan e Scottie Pippen, rischia di diventare Rob Piper e il protagonista assoluto dei film per adulti di Jules Jordan.

Vedi come può cambiare la vita in un istante? Basta una botta, una spinta. Meglio se due spinte…

Parlo per esperienza personale. Io sono ancora Roddy Piper di Essi vivono, lui però è purtroppo morto mentre io ora guardo, lucidissimo, chiaramente tutti questi stronzi destrorsi che se la spassano in maniera vivissima.

Be’, devo esservi sincero. Io sono stato iniziato al sesso, diciamo, un po’ più mature proprio da Jill Kelly.

Adoro il suo tatuaggio situato in una zona che già di suo è incisiva, adoro le sue forme che, in modo circonciso, ah ah, no, conciso si potrebbero definire estasianti.

Sì, è sempre stata comunque rifatta. Ah, per forza. Più rifatta di lei.

Non facciamo più frittate!

Comprai in dvd il suo film cul’, no, cult100% Jill.

Sì, qualche giorno fa v’ho detto che sono un ammiratore sconfinato di Shannon Tweed. Be’, adesso molto meno, Shannon ha la sua età.

Così come Jill. Ma all’epoca non ce n’era per nessuna. Tutti loro erano.

Ma non smarriamoci in cazzi miei che non v’interessano.

Torniamo ad Anzola e a questo nero. Mica un Jesus, solo un povero cristo.

Lui mi ha fatto un gesto. Non riusciva a parlare. Poi, ha avvicinato la sua sigaretta… per farmi capire che voleva che gliel’accendessi.

Gli ho dato un Euro, dopo avergli acceso la sigaretta. Lui me l’ha ridato indietro, come per dirmi… no, non voglio soldi.

Io ho insistito.

Lui è rimasto piacevolmente scioccato. Sì, dietro di me c’erano altre due macchine. Una piccola come la mia senza nessuno al sedile del guidatore. Un’altra invece molto grossa, una BMW. L’uomo dentro questa BMW aveva da poco trattato male il nero, urlandogli contro parole raccapriccianti.

Per cui, questo ragazzo nero dev’essersi sorpreso che un comunissimo sfigato come me, non certamente ricco come quello nella BMW, gli abbia voluto fortemente regalare un Euro. È stato felicissimo come se gli avessi donato una Ferrari.

Sì, a me onestamente non interessa una vita da Manuel Ferrara. Nemmeno a lui.

Si fottano questi porci.

Tutti credettero che io fossi De Niro di Lettere d’amore, invece scoprirono che ho pure i dvd degli esercizi pilates della Jane Fonda che fu

Fra qualche giorno, compirà 76 anni Robert De Niro.

Lui ha rappresentato molto nella mia vita. Adesso leggermente meno.

Ma vi garantisco che è stato così.

Voi metteste lingua alla mia esistenza. Sputandomi addosso sentenze dalla cattiveria inaudita ma me ne fotto. Sono un linguista e letterato che va avanti di resilienza e non me ne sbatte più delle vostre maldicenze.

JOKER poteva essere interpretato da Jim Carrey? La filosofia di JIM

Ecco, secondo me sì.

In verità, Jim è stato già protagonista di un personaggio assai simile al Joker. Ovvero Edward Nigma / Enigmista in Batman Forever.

Ma se il grande Joaquin Phoenix avesse rifiutato il suddetto ruolo assegnatogli nella pellicola di Todd Phillips, avrei visto molto bene Jim Carrey al posto suo.

Jim è stato, adesso molto meno, il re della demenzialità. Ereditando la tradizione insegnatagli e da lui presa a modello dagli indimenticabili maestri di questo tipo di comicità, ovvero Jerry Lewis, Mel Brooks e John Belushi, che invero è una vera e propria filosofia di vita, sì, la demenzialità non è propriamente demenza.

Anzi, è il contrario. Essersi straordinariamente elevati per sopperire a quella ch’è la vita col suo inevitabile carico di delusioni e amarezze. La vita col suo carico di spine.

Be’, tutti noi sognammo a tredici anni che avremmo avuto un futuro roseo, splendente, pieno di gratificazioni e perenni godimenti floridi. Poi, arrivarono i libretti di giustificazione, eh eh, le scuse delle indisposizioni.

In verità vi dico che io sognai di deflorare la mia compagna di banco, bellissima, ma lei era ancora ferma ad ascoltare Fiorello al Karaoke. Così, dissi addio per molto tempo alla mia oca.

Ho detto tutto. Ah, con quella lì, avrei buttato ogni Rosario dell’infantile catechismo e l’avrei messa a Katia Noventa.

Di mio, posso dirvi comunque che già sognai, invece, di alienarmi. Ah ah. Sì, m’iscrissi al Liceo Scientifico perché il mio sogno era quello di fare l’astronauta. Che mi crediate o no.

La mia casa infatti è colma di libri d’astrofisica, di opuscoli, manuali e tomi da Star Trek. E sono stato sempre ossessionato dal significato della parola vita.

Una volta, su un numero di Focus, da me conservato gelosamente ma, nel marasma di tutti questi miei libri accatastati, ficcato chissà dove, forse in mezzo all’entropia di quella ch’è tutt’ora la mia vita molto caotica, lessi le varie definizioni che la scienza oggettivistica dà, per meglio dire dava, appunto, alla parola vita.

Sì, uso l’imperfetto perché adesso la vita, mia ma anche quella degli altri miei coetanei, non è più tanto perfetta. Ce n’è sempre una. Giorno dopo giorno, è una gara dura.

È davvero un rebus. Mio padre era abbonato a La settimana enigmistica ma, sinceramente, non è mai riuscito a risolvere il cruciverba delle sue esistenziali scelte confusionarie. Riesce a riempire a tutt’oggi, malgrado la cavalcante demenza senile, molte caselle, sì, ma odia Giucas Casella.

Infatti, secondo lui i maghi sono dei ciarlatani. Mio padre è un uomo da romanzi di Charles Dickens. E ha sempre pensato che il mago David Copperfield fosse solo uno che riusciva a fare il prestigiatore con Claudia Schiffer.

Sì, Claudia credette che David fosse Edward Norton di The Illusionist ma invero fu solo una donna molto illusa.

A David interessò soltanto di far sparire l’arnese dei suo “magheggi” nella sua figa delle meraviglie che, detta come va detta, senza trucchi e senz’inganni, era magicamente fantasmagorica. Ah, una fata Turchina che lo rendeva, più che turchese, assai cremoso e cremisi per amplessi anche a garrese.

Ma ritorniamo alla vita vera, non perdiamoci in (s)fighe mai viste. Ah ah.

Secondo Focus, la vita è tutto ciò che nasce, aumenta in complessità, decade e muore.

Vale a dire il membro di David Copperfield quando Claudia davanti a lui si spogliava. Una volta terminato l’orgasmo, David infatti si sentiva morto. Ah ah.

Vita è ogni sistema capace di riprodursi, moltiplicarsi e tramandare i propri codici genetici alle generazioni a venire. Ah, per forza, che vuoi che venga se non è venuto?

Ah ah.

Secondo la teoria di Charles Darwin, il figlio partorito da una notte d’amore fra David e Claudia sarebbe un uomo superiore. È anche un supereroe? Mah, chissà.

Sì, David mica era brutto. Claudia, che ve lo dico a fare?

È per questa ragione che sono misantropo. Quasi sempre, infatti, la madre è brutta, il padre non degno di chiamarsi tale. Non è che questo mondo abbia un gran futuro, diciamocela. No, manco per il cazzo, ah ah.

Vita è anche un fenomeno basato sulla combinazione d’acidi nucleici, soprattutto il DNA, il desossiribonucleico, altre molecole e l’uccello, no, la cellulite, no, le cellule.

Sì, ma questa legge biochimica è applicabile alle forme di vita del nostro ecosistema. Già, altrove come già dissi…

Ecco, nel mondo ci sono moltissimi organismi pluricellulari. Adesso, peraltro, una persona è dotata di più di un Android cadauno, sì, tutti hanno almeno un cellulare.

Ce l’aveva pure il nero di Anzola di cui v’ho sopra parlato.

Che ne sai? In un altro posto, la gente ne potrebbe avere solo una a testa. Sì, quindi gli alieni sono tutti monocellulari.

Questo nostro mondo fa schifo. C’è una disparità fra chi ha tutto e chi non ha proprio un cazzo. Sì, ci sono anche gli eunuchi, no?

Roberto Benigni, davanti a Raffaella Carrà, una volta disse che gli uomini primitivi avevano tre uccelli da cui il famoso detto… che cazzo vuoi?

Meglio fare l’astronauta e involarsi alla volta d’un pianeta ove non ci sia una sola Claudia Schiffer. Sì, Claudia ora è invecchiata, forse in uno sperduto pianeta della galassia lontana, però vi saranno molte Claudie super fighe e giovanissime con cinque buchi neri. Che ne puoi sapere?

Ci sei stato? Macché. Tu al massimo stai ficcato in quel buco-tugurio a bucarti. Fidati.

Vita, nell’accezione del termine più teologico, è amare dio e basta.

Ah, bell’inculata. Scusi, dio, io volevo amare solamente Claudia. Per la madonna!

Questa è demenzialità da Balle spaziali!

Cioè averla buttata in vacca, prendendola terribilmente, impietosamente a ridere, altrimenti sarebbe un continuo, ineludibile piagnisteo. Probabilmente veritiero e, appunto, assai sincero, nient’affatto menzognero.

D’altronde, la frase di lancio di Joker con Phoenix sintetizza perfettamente e in brevissima, inquietante, lapidaria schiettezza il concetto da me appena espresso:

Pensavo che la mia vita fosse una tragedia, ma ora mi rendo conto che è una commedia.

Ecco, molta gente mi dice che io mi auto-inganni. Ah, ma sono proprio dei bambini. Devo tirare… a campare.

Se fossi Yes Man, sì, sarei una persona estremamente trasparente. Mi denuderei. Ma, se dicessi sempre quello che penso, ma soprattutto peno, sarei sul lastrico.

Per esempio, a volte la figlia di quello che abita al settimo piano, adesso sposata e con dei figli, torna a trovare suo padre. Il quale abita nel mio palazzo.

Spesso prendiamo l’ascensore assieme. Ora, malgrado la maternità, questa qui è più bona di vent’anni fa.

Secondo voi, potrei dirle quello che penso e non auto-ingannarmi? Sì, davanti a questa Krista Allen, dovrei spingere il pulsante ALT? Quello rosso?

Potrebbe pure starci… sì, poi però dovrei vedermela col marito. Krista stette (eh che tette) con George Clooney, uno a cui i soldi uscivano già dalle orecchie e ora escono pure dal culo. Il marito di questa qui non è ricco come George però, diciamo, che è molto potente. Potrebbe incularmi di brutto.

Sì, volete che mi licenzino e castrino? Semmai, tutte le volte che prendo l’ascensore con questa, sale, no salgo al quarto. Sì, scendo prima di lei. Lei va al settimo cielo, no, piano.

Dunque, quei venti/trenta secondi sono per me insostenibili. E mi debbo castrare.

È la classica situazione in cui non sai che cazzo dire e fare. Figurarsi se provi ad allentare l’Alta tensione, tergiversando sul tempo che fa fuori e lei ti risponde così.

– Ah, piove oggi. Che tempaccio!

– Sì, hai ragione, Stefano. Sono tutta bagnata.

 

Ah ah.

Sì, più volte nella vita, davanti a me s’è presentata una come Cameron Diaz di The Mask.

Situazione davvero imbarazzante.

Sapete che vi dico?

È meglio rimanere un Man on the Moon, anche un mammon’. Sì, erano meglio i tempi in cui spopolavano i proboscidati, cioè i mammut. Adesso la gente è troppo viziata. Vuole pure la pizza alla farina Kamut.

Sì, poi sono tutti egoisti. Appena qualcuno ottiene più successo dell’altro, sospettano che non sia merito di quella del suo sacco.

In realtà, un po’ di verità c’è.

Per esempio, conosco uno che è diventato premio Nobel della Letteratura. E dire che aveva solo un’infarinatura. Sì, però scopò la selezionatrice del Nobel. E dunque, se è arrivato lì, cazzo, è stato in virtù della sua scrotale sacca.

Prendete Re Artù. Lo reputavano tutti un demente e nessuno gli dava un soldo. Le ragazze, peraltro, non gliela davano mai neppure se avesse comprato l’armatura di Batman per fare il pipistrello figo.

Al che, miracolosamente estrasse la spada Excalibur dalla roccia. Guarda un po’, Ginevra, a quel punto, si trombò. La donna più bella del reame. Anche se quella Ginevra lì, diciamocelo, era solamente una zoccolin’.

Lancillotto lo sa. Sì, puoi essere anche uno degli uomini più sexy del pianeta così come lo fu Sean Connery de Il primo cavaliere. Sono cazzi amari però se Lancillotto ha la faccia di Richard Gere.

Sì, se ci provassi con quella, vi dirò, potrebbe andare pure bene. E vivrei Una settimana da dio.

Sì, io m’innamoro perdutamente, sempre. Lei però mi lascerebbe presto perché non ho i soldi a sufficienza per poterle garantire un futuro soddisfacente…

Distrutto dalla gelosia nel saperla assieme a uno stronzo, diventerei Scemo & più scemo.

Oppure, dopo troppe delusioni, odierei del tutto l’umanità e farei, come fanno purtroppo molti di voi, l’animalista alla Ace Ventura.

Sì, veramente. Non vi si sopporta più. Solamente perché quella non ve l’ha data, vi comprate gli animali domestici e fate i vegetariani sotto ogni punto di vista.

Siete diventati talmente cinici, dunque animaleschi nel vostro odio sociale, che io se fossi al vostro posto avrei già chiamato il WWF.

Di mio, che cazzo posso dirvi?

Sono Jim Carrey di The Majestic e anche di A Christmas Carol.

È un film magnifico… The Majestic.

La storia di un uomo che subisce una disgrazia e perde la memoria.

Dunque, una volta rinsavito, pensa a godersela…

Sì, ma neppure tanto.

Il suo sogno più sentito è il Cinema.

Sì, nella mia vita, sino a questo momento… ho avuto due ragazze vere, forse tre e mezzo, chissà, molte trasognate ma mai veramente toccate, altre molto idealizzate che si son rivelate delle puttane.

– Stefano, come mai è finita con le tue ex? Hanno, alla lunga, scoperto che sei pazzo?

– No, non credo. È finita poiché non esistevano le condizioni affinché durasse…

– Ah, solo per questo motivo? Che stupide. Ora, c’è il Viagra.

 

Al solito, il mio amico non ha capito una minchia.

Lui lo chiama mio AUTO-INGANNO.

Sì, di sua sorella.

krista allen liar liar


di Stefano Falotico

The Mask alla Jim Carrey, poveri cazzoni, sfoderate il ghigno che spinge


03 Jun

 

di Stefano Falotico

Come siamo diversi, tutti a lor modo eterogenei, variegati, ano(r)mali, strambi, colorati, animali, alcuni grigi e non sfumati, altri neri ma il cupo fa colpo, siamo delle maschere colanti mascara…

Sì, siamo tutti (s)fatti a mo(n)do nostro, alcuni ti amano per quel che sei, altre ti voglion cambiare perché non hai i soldi per “soddisfar” i loro “appetiti”, alcuni invece ti elevano in gloria. Molti desideran che dalle palle mi levi e, di buona lena, lavori ogni dì appena il gallo fa chicchirichì. Eppur di notte sto sveglio in tante donne senza vesti e non è tanto ron ron ma brum brum, alla faccia vostra che m’invidiate di bromuro.

Tempo fa, scrissi un libro sulla solitudine. Una donna lo lesse e mi diede dell’uomo triste, una mi disse che scrivevo da Dio, un’altra, dopo la lettura sconvolgente, cambiò nei connotati, divenendo un’extra-terreste. Secondo me, venne e basta e, non essendo mai prima “venuta”, si sentì così tanto al settimo cielo da assumere delle orecchie da Star Trek. Vedi alle volte? Da strega frigida, bastò un po’ di “strudel” per (di)struggerla. È rimasta depressa e oggi se la tira di borsetta alla Mary Poppins. Non si dolga. Con un poco di zucchero, la pillola va giù e il mio in lei non va lì. Mangio più gustosi tiramisù. Sì, alcune san coglierti in “fragrante”, altre ti rendon più sol(id)o e pensan solo a un pene senza c… i per la testa da lor chiappe chiattissime al mare nel mostrar i seni cadenti. Questa è tristezza, volere i soldi per spassarsela di ghiaccioli da imbarcate, non il mio libro sulla solitudine. C’è del fascino in questo mio, incentrato sull’eremita che vive da Re Mida. C’è dell’intoccabile desiderato, assiderato, senza molto sedere ma comunque tutti gli domanderanno: “Ma come fai a vivere così? Beato te, che culo”. Sì, sai che roba. Di mio, faccio la spesa, di umorali afasie soppeso il mio malessere, molto stress che “cucino” con del purè. Via però queste fritte patate da me. Meglio il tè. Fa’ tu. E dammi del lei. E come sta Leo? Leo chi? DiCaprio? No, Leo, tuo nonno. L’avevo lasciato che stava con una zia, non è che finito in ospizio?

– Che fai? Nelle vite altrui spii?

– Scusa, non posso far pio pio? Ah sì, Pino. Era l’amante di Leo, no? Come la mettiamo… la zia?

Sì, meglio farsi i propri. E dir che avevo chiesto permesso di toc toc. Forse senza tatto. Ma alcune donne son dei brutti tocchi anche se veston alti tacchi. Oh, chiedi come stanno gli altri e fanno poi star male te. Sospettosi a dir poco, a dirla tutta ho il “bernoccolo” dopo averle prese… al borotalco.

Me le han date… batoste? No, alcune donne guardano al valor della testa, non alle palle degli uomini. Coi testicoli si va poco avanti, fidatevi, “duri”. Farete testacoda a pigliarlo nel didietro. Di mio, ho l’assicurazione in caso di sinistri. Non voto però la Destra.

Sempre a riflettere. Sì, fa parte della mia indole. Non la considero da ribelle ma da bello che… c’è a chi piaccio e a chi proprio non vado giù. Ma d’altronde piacere a tutti è la virtù dei fessi. Ho sempre infatti reputato enormemente strafottenti, per non dire scemi, coloro che spudoratamente si professan geni. Mah, nella mia vita ne ho viste tante… più dei lo(r)dati geriatri, ma la ginecologia si sposa con un po’ di mia stempiatura senz’impianto tricologico. Perché uomo, che perde qualche pelo, altri ne guadagnerà. Indagando nelle “parti intime” con giocosa chirurgia dell’erotismo più addent(r)ante. Son uomo che penetra, a tinte fosche, quelle rosse e di bionde anche s’ubriaca a più non posso, altrimenti mi fanno nero. Sì, son amante ma non così dotato come quelli di colore. E non datemi del vizioso, finitela coi vostri pettegolezzi da circoli. Ah, mi fan olezzo. Ma, si sa, alcuni hanno per me dei ribrezzi, altre con me bacian la brezza. Ci sbronziamo di panorami in cui le stendo e le donne, avvinghiate a mio monumentale comandamento, obbediscono urlando… in queste vostre valli di lacrime, la l(i)ana è pecora che tien desto il “bastone” della pastorizia. Tra fontane ribalde, d’orgasmi abbaiamo, alla faccia dei preti che ammiran gelosi i balconcini dal parapetto dei loro abbaini. Mi gridan che son svergognato e non devo abbassarmeli ma io lo alzo e si sente duramente. Cosa? Il peto!

La maschera(ta) della Morte Rossa di Edgar Allan Poe


18 Jul

Prefazione: esegesi dell’Arte, esigenza! So che spesso, in Passato non poche volte accadde (quindi caddi…), fraintendeste il mio umorismo nero. Mi pare il caso, anzi il racconto che calza a “trucco”. 

Dietro un resoconto di vita, qualcuno deve fare i conti!
Anche col proprio raccontarsela
Sin da infante, son sempre stato un grande ammiratore del supremo, imbattibile Edgar, vero genio d’acutezza mentale forse scaturita dalla sua vita tribolata.
Per esperienze personali, posso infatti attestare e comprovar alla mano che non v’è Arte senza sofferenze interiori.
Innanzitutto, definiamo “Arte”, concetto assai suscettibile di molteplici significa(n)ti ma, proprio in tali variazioni di metrica e giudizio, dal de gustibusdiscutibile, nasce il primo inghippo.

C’è chi considera “Arte” qualsiasi forma espressiva della personalità (non) mostrata. E quindi inglobano in tale “ginepraio” (sì, lo è ché il concetto tanto amplificato… si morde la coda da solo d’orticaria…) oramai tutto.
E, generalizzando, accorpando anche le più furbe, ricattatorie e a prima vista avvenenti “carezzine” al piacere, spesso omologato, s’include (dunque s’espande a iosa e “rose di spine” ritorsive) anche il brutto.
E il brutto, sempre secondo il discutandum est, a taluni appar(v)e-irà bellissimo. Addirittura, dinanzi a quattro schizzi di “sperma” su una tela, eiaculati per escogitar lo stratagemma “ludico” del far soldi, leggasi volgarmente e, per pari “teorema” (in)direttamente proporzionale, gettar fumo (piccante) agli occhi, spennando le coscienze di quattro creduloni pronti, dirimpetto a questi “stopposi petti pornografici” così “pendenti” dalle loro labbra, a farsi (in)coscientemente spellare semmai da chi li ha persuasi che arte sia, “ivi” spacc(i)ata a lettere cubitali in prima pagina del pennivendolo, a sua volta finto e suggestionante, dall’“alto” molto labile dell’esser già stato reputato “grande” e “credibile”… (eh sì, ha quattro lauree… se n’intenderà, se lo dice lui, bisogna credergli, può “certificarlo” appunto di “consolidata”, solidissima… reputazione eh, non si sputtanerebbe nel celebrar puttanate).
Finiamo, travolti dalla miriade d’informazioni (multi)mediatiche del bombardamento appiattente degli spiriti critici, con l’annebbiarci.
Prima, venivamo accecati da Michelangelo e la Letteratura di Dostoevskij c’ipnotizzava col suo carico, anche giustamente doloroso, d’addiction e tormenti, noi stessi ai limiti del misticismo e del rapimento estasiato.

Oggi, in questo Mondo alla cianfrusaglia, imbevuto di troppe “latrine”, anche il piscio a mo’ di graffito non è urina ma “adorabile”. Un Mondo appisolato di pis(ch)elli.
Insomma, non allunghiamo il brodo, la brodaglia puzza, non ho “quella” sotto il naso, ma vorrei annusare una bellissima Donna, senza che se la tiri da diva di Hollywood… oltre a nessun film in curriculum, ha solo un grande culo.
(S)oggettivamente è figa(ta). Per il resto, fa cagare.

Identico discorso “allusivo”, possiamo spostarlo in un versante più “elevato”. Le virgolette, che uso spesso, son qui ancor più necessarie per accentuar il sen(s)o d’ambiguità in cui raccapezzarsi è oramai impresa impossibile. Fra tale valle di capricci, arricciatevi e le acconciature eleganti vi sembreran sconce. Ah, scontato. Questo è già visto. Ma cosa è visto se reinventato?

Se vai al cinema e stronchi il film che va per la maggiore (semmai sei “obiettivo), ti dan del cretino perché oggi “spinge” il “cinema” con la maggiorata, a prescindere che compaia “allodola” solo nel trailer già “da lodare e Dio ti benedica…, oh, si chiamerà Benedetta, quindi ben detto” idolatrante giacché, per “vederla” priva di “giacchetta”, sudi freddo ma poi resti di ghiaccio quando “scopri” che all’oca han tagliato la parte “migliore”. Non è l’occhio, ma dove vorresti “pararli”. La “ravvedrai” completamente lussuriosa solo negli extra del Dvd deluxe formato “Max”, un po’ calendario e un po’ Patrizia D’Addario. Sì, dai al pubblico il “pube”, e crescerà “al cubo”- molto cubista da dadaismo…

Insomma, se hai talento, impegnati tanto lei la dà e di soldi pretende pure l’aborto dopo che il produttore corrotto l’ha “impregnata”, censurando la recitazione “orale” di “Sono cazzi suoi”. Sempre impegnato, non disturbatelo!

Ah sì, ironizziamo. Ché mi trovo in libreria davanti a una pila-“davanzale” di “bestseller” con in copertina peli pubici “pudicissimi”, “inneggianti” all’“altezza” scatologica delle più luride schifezze smerciate come “purissima” lindezza. Indecentemente, invece, la libreria più “fornita” di Bologna non ha più copie dei racconti… di Poe. Vado dal commesso e gli chiedo, anzi esigo, di parlare col direttore, al fine di poter esporgli uno scandalo “annunciato”.

Vendono solo i corpi “spogli”, nudi alla “Helmut Newton”… uguali, tendenti alla fotocopia delle cosiddette bellezze. Al bagno o ai bagnini?

Che cos’è quest’inversione balorda delle e(ste)tiche? E delle na(u)tiche?
Si rema a rotta contraria, nessuno vuol contrastare il prossimo. E si dichiarano però democratici con vezzi artistoidi da spacciatori.

Il commesso dichiara, a viva voce-urlatore, che va così e così bisogna (s)vendere. Minaccia di chiamare le forze dell’ordine e blocca anche la mia “ordinazione” del Poe.

Dopo tre secondi netti, entrano in libreria dei fascisti teppisti fasciati di “nervi”. Insomma, dei nerboruti manigoldi col manganello senza distintivo qualificante ma “quantitativo” per l’istinto lor brado del da pollo marchiarmi in quanto voglio ancora comprare Poe nel 2013, dunque sono solo che un puerile e non posso perfino spillar di tasca mia.
Però, mi riempiono le palle di “palate”. Eh già, ne fan a “patate”, a polpette sul chi crede all’Arte fra questa “sensibile” contemporaneità!

Mah.

Di mio, nonostante vari lividi all’attivo, visibili e non “passibili di denuncia”, poiché acquirente sorpassato, non voglio acclararmi nei cori ma insisto, “masochista”, a raschiarmi di vera Arte depurativa come il Vim Clorex.

Ho recitato “La mascherata della Morte Rossa”, alcuni testi poco puristi riportano solo “Maschera”, ma qual è davvero il titolo originale? Quello “valido?”
Altri “vetusti”, “vegliardamente” han adattato ne “La pantomima della Morte Rossa”. Insomma, è tutta una “festa”.
Ma c’è da perder la testa fra queste maschere carnevalesche, fra i mascara delle donne fra maschi animaleschi, fratricidi, omicidi e appunto il porno attore che fa… “artista” ma a me sembra solo “apri-aragoste” di “carisma” spermicida. Ad Agosto, tutti al mare, ma ti girano per gli altri mesi lavorativi, un girarrosto di girasole. Sì, appassiti autunnalmente e dipendenti per il festivo, concesso loro dal padrone coi festini eterni.
Alcuni si rivolgono al Padreterno. Altri alle tenerezze, altri alla monnezza.

Insomma, ecco il testo integrale, da leggere e imparare a memoria.

Dopo di che, recitatelo con la mia voce, e capirete che sono Arte col suo perché:

La mascherata della Morte Rossa
Da lungo tempo la Morte Rossa devastava il paese. Nessuna pestilenza era mai stata così fatale, così spaventosa. Il sangue era la sua manifestazione e il suo sigillo: il rosso e l’orrore del sangue. Provocava dolori acuti, improvvise vertigini, poi un abbondante sanguinare dai pori, e infine la dissoluzione. Le macchie scarlatte sul corpo e soprattutto sul volto delle vittime erano il marchio della pestilenza che le escludeva da ogni aiuto e simpatia dei loro simili. L’intero processo della malattia: l’attacco, l’avanzamento e la conclusione duravano non più di mezz’ora.
Ma il principe Prospero era felice, coraggioso e sagace. E, quando le sue terre furono per metà spopolate, egli convocò un migliaio di amici sani e spensierati, scelti fra i cavalieri e le dame della sua corte, e si ritirò con loro in totale isolamento in una delle sue roccaforti. Era una costruzione immensa, magnifica, una creazione che corrispondeva al gusto eccentrico e alla grandiosità del principe. Un muro forte ed altissimo la circondava. Nel muro le porte erano di ferro. Una volta entrati, i cortigiani presero incudini e martelli massicci e saldarono le serrature. Impedivano così ogni possibilità di entrata ? di uscita, per improvvisi impulsi di disperazione ? di frenesia, che potevano nascere, in chi era dentro le mura. La fortezza era ampiamente fornita di viveri. Con tutte queste precauzioni i cortigiani potevano permettersi di sfidare il contagio. Il mondo esterno provvedesse a se stesso. Era tutto sommato follia addolorarsi o pensarci troppo su. Il principe aveva pensato a tutti i divertimenti possibili. C’erano buffoni, improvvisatori, c’erano ballerini, musicanti, c’era la Bellezza e c’era il vino. Tutto chiuso là dentro. Fuori c’era la Morte Rossa.
Fu verso la fine del quinto o sesto mese di questo isolamento, mentre la pestilenza tutt’intorno infuriava al massimo, che il principe Prospero pensò di divertire i suoi mille amici con un ballo mascherato di un insolito splendore.
Fu una messa in scena voluttuosa, questa mascherata. Innanzitutto però, vorrei descrivere le stanze in cui si svolse. Sette stanze formavano un unico maestoso appartamento. In molti palazzi, simili fughe di stanze aprono a una veduta lunga e diritta; con le porte a due battenti che si aprono verso le pareti permettendo di vedere tutto in un solo colpo d’occhio. In questo caso invece la situazione era differente, come d’altronde ci si poteva aspettare dall’amore del principe per il bizzarro. Le camere erano disposte così irregolarmente da poter essere viste soltanto una alla volta. C’era, ogni venti ? trenta metri, un’improvvisa svolta che apriva di conseguenza prospettive sempre diverse. A destra e a sinistra, nel mezzo delle pareti, un’alta e strettissima finestra gotica dava su un corridoio chiuso, che seguiva le tortuosità dell’appartamento. Queste finestre, di vetro lavorato, variavano di colore secondo la tinta dominante delle decorazioni di ogni singola stanza. Quella situata all’estremità orientale aveva nella decorazione una forte dominante blu, e blu erano le finestre. Negli ornamenti e nelle tappezzerie della seconda stanza predominava il purpureo e purpuree erano le vetrate. Tutta verde la terza, altrettanto le finestre. La quarta era arredata in arancione e così anche illuminata dello stesso colore, la quinta di bianco e la sesta di violetto. La settima stanza invece era tutta avvolta in arazzi di velluto nero, che pendevano dal soffitto e dalle pareti, ricadendo su tappeti della stessa stoffa e colore. Era soltanto in questa stanza che il colore delle finestre non corrispondeva a quello delle decorazioni. Le vetrate erano di un colore scarlatto, di un cupo color sangue. Ebbene, nessuna delle sette stanze con le loro decorazioni, pur ricca di ornamenti d’oro, era illuminata da lampade o da candelabri. Non v’era luce di alcun genere proveniente da candele ? lampadari in questo succedersi di sale. Ma nei corridoi che accompagnavano le stanze erano appoggiati pesanti tripodi che sostenevano bracieri accesi, che, proiettando la loro luce raggiante attraverso il vetro colorato, illuminavano così in modo abbagliante le sale. Questo produceva un’infinità di immagini fantastiche. Ma nella stanza nera, quella a occidente, l’effetto della luce e del fuoco che si diffondeva sui drappi neri attraverso le rosse vetrate era talmente spettrale e produceva un tale effetto irreale sulle fisionomie di chi entrava, che nessuno aveva il coraggio di mettervi piede.
In questa sala si trovava pure, appoggiato contro la parete, un gigantesco orologio d’ebano. Il suo pendolo emetteva un suono cupo e monotono e quando la lancetta dei minuti compiva il giro del quadrante e batteva l’ora, veniva fuori dai suoi polmoni di bronzo un suono chiaro, forte e profondo, straordinariamente musicale ma di una tale forza, che a ogni ora i musicisti dell’orchestra erano costretti a fermare l’esecuzione dei loro pezzi, per ascoltare quel suono; e così anche le coppie interrompevano le danze e su tutta l’allegra compagnia cadeva un velo di tristezza; e mentre l’orologio scandiva ancora i suoi rintocchi si notava che i più spensierati impallidivano e i più vecchi e sereni si passavano una mano sulla fronte in un gesto di confusa visione o di meditazione. Ma non appena questi rintocchi tacevano, tutti erano subito presi da un sottile riso; i musicanti si guardavano fra di loro e sorridevano quasi imbarazzati del proprio nervosismo, e si promettevano che il prossimo scoccare della pendola non li avrebbe più messi tanto a disagio; ma poi, dopo sessanta minuti (che sono esattamente tremilaseicento secondi del Tempo che fugge), quando tornavano a risuonare i rintocchi dell’orologio, cresceva in loro lo stesso stato di smarrimento, di tremore e meditazione.
Nonostante tutto questo, la festa era allegra e incantevole. I gusti del principe erano davvero squisiti. Aveva, in particolare, occhio per i colori e per gli effetti. Disprezzava le facili decorazioni in voga. I suoi progetti erano avventurosi e bizzarri, e la loro ideazione era illuminata da incandescenze quasi barbare. Qualcuno avrebbe potuto giudicarlo pazzo. I suoi seguaci però intuivano che non lo era affatto. Bastava stargli vicino e ascoltarlo per assicurarsi del contrario.
Era stato in gran parte lui stesso a sovrintendere alle decorazioni delle sette stanze, in occasione di questa grande festa; ed era stato senz’altro il suo gusto personale a caratterizzare le maschere dell’intera compagnia. Credete, erano davvero grottesche! Di splendore e lucentezza, di intensità e fantasticheria, ce ne era tanto quanto poi se ne sarebbe visto nell’Ernani. Vi erano maschere arabesche, maschere totalmente in contrasto con i corpi che le portavano, fantasie assurde che soltanto un pazzo poteva aver inventato. Vi si trovavano in gran copia bellezza, lascivia e bizzarria, e insieme terrore, e nulla che potesse suscitare disgusto. E difatti, nelle sette stanze si muoveva una moltitudine di sogni. E questi sogni si intrecciavano, assumendo colore dalle stanze e dando la sensazione che la musica ossessionante dell’orchestra fosse soltanto l’eco dei loro passi. E poi, ancora l’orologio d’ebano, nella sala di velluto, che batte tutte le ore pietrificando per un attimo, i sogni. E cade il silenzio e l’immobilità e si sente soltanto l’orologio. Ma l’eco dei rintocchi si estingue lentamente: ancora una volta non sono durati che un istante, e un riso represso fluttua e l’insegue, mentre svaniscono. Torna la musica e i sogni riprendono vita; si incrociano e si uniscono ancora più ardentemente, illuminati dai raggi del fuoco dei tripodi, attraverso il vetro colorato. Ma verso la camera più occidentale nessuna maschera osa avventurarsi, ora che la notte avanza e dalle vetrate sanguigne viene una luce più rossiccia, e la cupezza dei drappeggi scuri spaventa più che mai. Chi posasse il piede sul tappeto nero sentirebbe il rintocco ovattato dell’orologio vicino ancora più solenne e, nello stesso tempo più vigoroso, di quanto possano sentirlo le orecchie di coloro che indugiano nei più remoti divertimenti delle altre sale.
Ma queste sale erano densamente affollate; in esse pulsava febbrile il cuore della vita. La baldoria andò avanti ancora più frenetica, finché risuonarono i primi rintocchi della mezzanotte. La musica cessò, come ho detto, i ballerini si interruppero e vi fu, come prima, una pausa generale, inquieta. Questa volta però i rintocchi erano dodici e accadde che il tempo a disposizione per lasciarsi andare a contemplazioni e pensieri fosse più lungo; e per questo forse, prima che l’ultima eco si dileguasse, più di uno della compagnia ebbe occasione di notare una figura mascherata che fino ad allora era sfuggita all’attenzione. E, quando la notizia della presenza di questo personaggio si diffuse fra i presenti, si levò un bisbiglio, un mormorio dapprima di disapprovazione e di sorpresa e alla fine di spavento, orrore e disgusto.
In una mascherata come quella appena descritta si può immaginare che non poteva essere un’apparizione normale a suscitare tutto questo trambusto. Alla fantasia e al capriccio delle maschere erano state fatte illimitate concessioni, ma la persona in questione aveva superato Erode e oltrepassato anche i limiti della stravaganza del principe. Anche nei cuori dei più sfrenati ci sono corde che non possono essere toccate senza dare forti emozioni. Persino per i più cinici, per i quali la vita e la morte sono oggetto di beffa, esistono cose su cui non si può scherzare. Era ovvio ormai che tutta la compagnia sentiva profondamente che nel costume e nel comportamento dell’individuo non vi erano né umorismo né dignità. La figura era alta e ossuta, ed era coperta dalla testa ai piedi dei vestimenti per i defunti. La maschera che portava sul viso era talmente simile all’aspetto di un cadavere irrigidito che anche l’occhio più accorto avrebbe avuto difficoltà a scoprire l’inganno. Eppure tutto questo avrebbe potuto essere sopportato, se non approvato, dai pazzi festaioli tutt’intorno. Ma l’individuo aveva avuto il coraggio di mascherarsi a guisa di Morte Rossa. Le sue vesti erano fradicie di sangue e anche la sua faccia dall’ampia fronte era cosparsa dell’orrore scarlatto.
Quando gli occhi del principe Prospero caddero per la prima volta su questa immagine lugubre (che solennemente, quasi a simulare il ruolo scelto, camminava maestosamente fra gli ospiti) sul suo viso sconvolto si disegnarono terrore e disgusto; subito dopo avvampò di rabbia.
 «Chi osa?», domandò con voce rauca ai cortigiani più vicini, «chi osa insultarci con questa bestemmia? Prendetelo e smascheratelo, e che si sappia chi impiccheremo all’alba sui bastioni del nostro castello.»
Mentre pronunciava queste parole, il principe Prospero si trovava nella sala orientale, cioè nella sala blu e la sua voce risuonò alta e chiara per le sette sale, poiché il principe era fiero ed energico, e a un cenno della sua mano l’orchestra s’era taciuta.
Era nella stanza blu, che si trovava il principe, circondato da un gruppo di cortigiani impalliditi. Al suo parlare dapprima i cortigiani fecero l’atto di scagliarsi contro l’intruso, che in quel momento si trovava nei pressi e che ora si stava avvicinando maestosamente al principe, con passo lento e deciso. Ma per l’indicibile terrore che la folle messa in scena della maschera aveva suscitato nell’intera compagnia, nessuno osò afferrarlo, e così passò indisturbato vicino al principe. E mentre la folla si allontanava di scatto, come colta da un comune impulso, dal centro delle stanze e si appiattiva alle pareti, presa da una paura incontrollabile, costui continuò ad avanzare con quel suo passo solenne e misurato che lo aveva distinto fin dall’inizio, senza incontrare ostacoli da una sala all’altra. Attraversò la sala blu, la sala purpurea e da quella passò alla sala verde, dalla sala verde a quella arancione, e poi alla bianca, e da questa si spinse anche nella sala violetta, prima che fosse fatto un solo tentativo di arrestarlo. Fu in quel momento però, che il principe Prospero, furioso anche della propria momentanea vigliaccheria, si precipitò attraverso le sei stanze, senza che nessuno dei suoi lo seguisse, per il folle terrore che li paralizzava. Impugnava una daga e d’impeto si era avvicinato alla figura che si ritirava, ed era già a pochi passi quando questa, giunta all’estremità della stanza di velluto, si girò di scatto verso il suo inseguitore. Si sentì un grido straziante. La spada cadde scintillando sul tappeto nero, sul quale subito dopo si accasciò morto il principe Prospero. Con il coraggio della disperazione un gruppo di gaudenti si precipitò nella sala e afferrò il mascherato, la cui alta figura stava maestosamente immobile nell’ombra della pendola d’ebano; e fu allora che con un gemito d’orrore si accorsero che le vesti funerarie e la maschera di cadavere che avevano afferrato con tanta violenza, non contenevano alcuna forma tangibile.
E allora si seppe che la Morte Rossa era là, e tutti la riconobbero. Era arrivata come un ladro nella notte. Uno dopo l’altro caddero i festanti nelle sale ormai invase di sangue; morivano così, nella disperazione. E quando l’ultimo morì, anche l’orologio d’ebano tacque, e le fiamme dei tripodi si spensero. E il Buio, il Disfacimento e la Morte Rossa dominarono indisturbati su tutto.


Voi cosa avete capito da quest’emblematico racconto? Che siamo pirandelliani, ognuno dietro una maschera per l’opportunismo di circostanza?
Carlo d’Inghilterra è il Principe che “prosperò” traditore di Lady Diana per “fotterla” nel “tunnel” della buzzicona? Potrebbe essere un’interpretazione molto sui generis, una vaccata meglio della vaccona di Kate Middleton.
Sì, secondo me le principesse, anche se magre e slanciate, han un che di lardoso. E vanno (s)munte.

Ora, alza la mano uno studente senza denti:

– Professore, ce lo spieghi Lei?

– Ma io non ce l’ho piegato! Non devo spiegare proprio un cazzo. Devi impararla/a da solo. Ricorda: non troppo analizzare, se no diventi un analista da penali, e ti faccio l’anale.

– Come, prego?

– Niente, era una cazzata. Vuoi la spiegazione del racconto?

– Certo.

Il Principe Prospero pensa di poter pappare tutte le prosperose e invece niente cena della sua maschera di cera da morto.
I panegirici servono al panettiere per le “rosette”. La verità va dritta e abbrustolita. Come lo “sfilatino” rizzo, non arrotolato… in inutili (rag)giri(ni). Deve essere caldo e basta. Farina del suo sacco, senza scopiazzature e altri “cazzi” che tengano, leggi Viagra e Bignami.
Da me, il professore, otterrai solo il tuo gnomo se oserai “magnarmi” da falsità professorali. Non sono magnanimo, sono quel che sono. A volte non ci sei, perché dormi. I sonniferi rilassano, per un po’ non ci sarai, poi canterai con Claudio Baglioni la tarantella assieme a Vasco Rossi, al ritmo di sono vivo, sono qui, sono ancora qui, eh già. Secondo me, è già finita. Ti ve(n)do in zona Verdone quando canta la canzone “Binario”…

Rammenta, demente. Nella vita, non esistono equazioni binarie e spiegazioni logiche. Devi calcolare anche il digitale dopo l’analogico. Infatti, adesso dove li butterò i vecchi VHS che non “entrano” nel “lettore?”.
Io leggo ma gli altri no. Sembrano delle stampanti. Parlan per frasi fatte. Io non mi faccio, gli altri strafatti ti dicono di farti gli affari tuoi. Il loro affare però è ammosciato. Troppa droga e i ventenni han già le rughe. Se a quaranta diverran a novanta, a ottanta rinsaviranno o salirà ancora? Chissà. Lasciano il Tempo che trovano. Ma lo troveranno in mezzo alle troie. Il mestiere più antico. Sì.
Un Tempo, guidavano le Vespette. Amavan la donzelletta che “vien” dalla campagna, adesso mirano a carriere “facili” eppur “arrivate” in cima al “monte”.
C’è Monti, Vespa Bruno, Brunetta va con le brunette, la verruca di De Niro è sempre più vecchia.

Insomma: “La maschera della Morte Rossa” è la metafora della condizione (dis)umana, che tocca anche ai “potenti”. Si credon “untouchable”, ribaltando le regole da Al Capone, ma se li tocchi… nell’intimo… (vedi Berlusconi con le mignotte), s’incazzano e rigiran di porcate. Tutto un Travaglio, da che posizione la guardi, sei ingravidato da quando sei uscito uterino, forse anche Martin Lutero era invero papale. Sì, Martin non ha mai pappato, sol di sapone bolle.

Gli uomini coi soldi, prima o poi, si rivelan stronzi. Le stronzette, da me solo che cazzotti. Comunque, ce n’erano molte nell’orgia di Eyes Wide Shut.

Tom Cruise scelse la fulva in modo poco furbo, di lievito “infornante” sull’inculata che levita.

Si toglie la mask, diventa Jim Carrey di Bugiardo Bugiardo e tanto va il porco al largo che fa la fine del Prospero.

Una fine da vero dottore del Principato… di Monaco?

No, di me che glielo monco.

La Morte Rossa sono io.

Così scrisse, così è.

Amen, salutami la bionda morta dell’obitorio.

Anzi no, aspetta. Ma la bionda era la stessa della festa? E chi l’ha resa rossa? Come? Era sempre bionda? Son io che confondo?
Siamo in un doppio sogno?

Mah, secondo me l’ha ammazzata il parrucchiere.

E Nicole Kidman rimase una cagna anche con Kubrick. Il resto è una “montatura”. Rimarrà negli an(n)ali.

Fidati. La vita è Arte per Natura, il bisogno dell’artista è consolarla.

Certo, se non hai i soldi per neanche un piatto d’insalata e la testa di Stanley Kubrick, poi ci scappa la frittata.

E nessuna scopata. Ci sarà qualche scappatoia? Voglio solo la scappatoia. Al massimo, posso pretendere una scaloppina. Non voglio galoppare di fritte patatine.

Oh, non friggerti. Pensa al tuo uovo, mi sa che l’Uomo non sei tu. Mi sembri uno da Vov. Dammi retta, quale genio della lampada.
Non sei nessuno, io sono qualunque. Il problema non mi passa. Svolto mentre ti aspetta la sedia elettrica da Alessandro Volta(ggio).

Insomma, mi tengo Poe-ta, anche squattrinato, tu tieniti le tette guadagnate di molta marchetta.

Ciao, ci rivediamo, eh?!

Non è una spiegazione? Invece, lo è. E se non t’ho convinto, se vuoi avvincermi al tuo vanto, da me lo riceverai poco davanti.

In realtà, l’esegesi di questo grande racconto è questa, sintetizziamola però per questioni logi(sti)che: il “Principe” Prospero pensa di scacciare via i suoi demoni interiori e crede di trovar conforto in una “fortezza”, attorniato solo da persone che può “soggiogare”.
Ma la coscienza silenziosa serpeggia, striscia, entra senza che nessuno possa vederla, il Principe l’ha sempre saputo/a. Sperava che si fossero per sempre calmate le acque, ma le acque delle anime “rinnegate”, soprattutto la propria, tornano prima o poi a galla.
Tormentano di pari persecuzione. Per se stessi nello specchio delle bugie. Di tutti, purtroppo.

M(or)ale: se fai il gallo, anche i ricchi piangono.

Non fa rima. Non segue un filo logico?

Sì, ho sempre preferito gli incubi di Lynch a Shining.

Possiamo dirci la bestemmia? Va detta. E ci sta pure il Dio dopo il?

Il pranzo di Prospero. Perché non puoi (pro)sperare a lungo.

Applauso!
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Apocalypse Now (1979)
  2. La maschera della morte rossa (1964)
  3. All’inseguimento della pietra verde (1984)

Genius-Pop

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