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Il ritorno di John Rambo, il ritorno del più grande revenant di tutti i tempi


26 May

Chiedo venia se talvolta mi sveno. Soprattutto mi sventro eppur mai mi svendo.

Che anni straordinari questi miei ultimi da cinematografaro letterato adoratore di Eastwood

Ma quale sfigato! Ma quale rincoglionito! Ma quale andato!

Io son bello che ritornato, sempre dannato e come il miglior vino d’annata, perfino azzimato, altolocato, sempre un po’ incurabilmente toccato, non so se guarito o forse stasera dalle gambe di una donna stupenda inguai(n)ato.

Sì, mi piacciono troppo le donne. Mi piacciono talmente tanto che, al primo due di picche, mi spacco più dei vertiginosi spacchi delle gonne più maliziosamente seducenti.

Sapete che ho scritto a una donna su Instagram felicemente fidanzata? Ah, sul felicemente avrei dei dubbi. Sarebbe, credo sarà, molto più contenta e soddisfatta se lasciasse quel baggiano con cui sta, quel baccalà senz’arte né parte e incontrasse Steve Everett di Fino a prova contraria, cioè il sottoscritto.

Ho scritto questo:

«Sei grande per me, cazzo, è brutta la grandine. Sei impegnata, non so se da lui impregnata. Se non stessi già con questo, il quale comunque credo che tanto a posto non s(t)ia, ti corteggerei a morte e tu crolleresti. Sì, so che con me coleresti…

Ti regalerò mille rose, forse anche 1000, 3 periodico, libri smaglianti come la tua pelle incantevole e intarsiata nei tuoi abiti aderenti alla perfezione stilistica delle tue cosce appassionanti come un romanzo eroticamente avventuroso e incalzante. Lascia che io sia per te incazzato.

Spero che il mio viso focoso potrò incorniciare fra le tue labbra ardimentose, incastonando la mia capacità linguistica al frontespizio della tua copertina, dopo la copertina esorbitante davanti ma soprattutto estasiante nel retro abbacinante.

Mi concederai almeno un bel ballo? No, eh? Mi darai invece una sberla. Che botta pazzesca, che sventola da capogiro».

Sì, quanti incontri magnifici che ho fatto negli ultimi anni.

Con Davide Stanzione scrissi qualche anno fa, quando ancora non era diventato inviato giornalista di Cinema e recensore raffinatissimo per Best Movie, il libro Nel neo(n) delle nostre avventure.

Un libro viscerale, sentito. Immaginifico. Scegliemmo di non usare il formato giustificato affinché il nostro impaginato fosse allineato alle linee sconnessamente editoriali dei blog.

Giustificateci.

E con Davide Viganò, che oggi si è sposato, questo qui.

Amici carissimi, chiedo venia a tutti. Sì, lo ripeto. Negli ultimi giorni, profondi trambusti esistenziali hanno scosso il mio melanconico torpore e mi sono dimostrato leggermente aggressivo nei riguardi di voi tutti.

Mi conoscete. Quando le burrasche emozionali inondano la mia anima spesso già di suo amareggiata, basta una frase storta per rammaricarmi ancora di più e buttarmi giù.

Ieri sera, leggendo la notizia secondo la quale Eastwood realizzerà The Ballad of Richard Jewell per la Warner Bros, mi sono ricordato, ah me, povero smemorato e spesso sciagurato, di questo libricino perlaceo.

Un mio omaggio sentito e dorato verso un uomo da me adorato. E venerato.

Nessuno credo che lo abbia comprato ma è una poesia amorosa onesta come la poetica del Clint, il regista da me onestamente più amato.

Ecco, sulla qualità cinematografica dei seguiti di Rambo possiamo discuterne. No, non sono granché.

Ma quante emozioni in First Blood.

Sapete, la vita va avanti. Alcuni miei amici sono tragicamente morti, non so quanto vivranno ancora i miei genitori.

Non so nemmeno quanto vivrò io stesso.

E questo è quanto.

Quanto sono melodrammatico, quanto sono bestiale.

Quanto sono romantico, aromatico, forse oggi malinconico, domani da manicomio, invero solo il leggendario Falotico.

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di Stefano Falotico

Sarà un altro Natale di merda, per fortuna ci sono gli SAG Awards, ma radiate questi giornalai e Thegiornalisti, Steve è proprio un pezzo grosso…


12 Dec

 

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Sì, son state annunciate le nomination ai premi cinematografici più importanti, subito dopo l’Oscar.

Di solito, l’attore che vince lo Screen Actor, quasi sempre vince anche l’Oscar

Dal 2005 va così. L’unica eccezione è stata Denzel Washington di Barriere. Vinse lo Screen Actor ma fu inculato da Casey Affleck di Manchester by the Sea.

Detto ciò, sono perennemente nauseato. L’altro giorno, l’ho sparata grossa. Leggete quanto segue e capirete che sono un uomo vero, anche quando sgarbato.

Ecco, trascurando questi falsi giornalisti, ora siamo ammorbati pure da Tommaso Paradiso.

Con la sua stupida canzone d’amore. E una ruffiana alla radio, ove la trasmettono, la quale sostiene che tale bischerata smuova delle corde.

A me rompe solo i coglioni. Non ne avevamo abbastanza della sciocchezza precedente ove il Paradiso vomitava di o chiusa, tipo barese, il must per ritardati: come la tua gonna, come la tua gomma?

Ma quale New York! Paradiso e il Cremonini con la nuova stella di Broadway, secondo me, andrebbero ficcati da Satana con tanto di Liza Minnelli che canta assieme a Bob De Niro di sassofono nello spronare la trombata!

Al solito, anche agli SAG hanno escluso Clint Eastwood per The Mule.

Mezz’ora fa, comunque, sono stato come di consueto al bar dei cinesi. Appena ho aperto la porta, un uomo distrutto dal lavoro quotidiano, mi ha guardato male perché io, con aria principesca, ho adocchiato la sua signora e la sua signora si è bagnata, rovesciandogli addosso il tè caldo.

Sì, ho lanciato uno sguardo ammiccante alla signora provocante di gambe slanciate, l’uomo geloso, sapendo che la sua donna si eccitò dinanzi al mio impudico averle tirato… un’occhiata ficcante, tutto stizzito s’incazzò.

Ma io ho continuato a bere il mio caffè, dopo aver mescolato lo zucchero col mio dolce occhiolino malandrino su argentato cucchiaino. E schiuma succosa ancor bollente della sua liquefatta v… na focosa.

Lo so, fratelli, siete angariati da una vita sfortunata e invece a me è concesso il dono dell’onnipotenza.

Adesso, vado a cucinare le bistecche. Perché io amo le fiorentine, giammai le cretine e mi stuzzico i denti coi grissini torinesi. Son un uomo alla cotoletta milanese con tanto di torta caprese, e spruzzo la maionese su patate condite salate e col dito scaldate.

Io sono il pepe, tu invece ti chiami Beppe e ora vai a preparare il presepe.

Comunque, la situazione giornalistica attuale io ho ottimamente inquadrato. Ora, se permettete, devo squadrare quel bel culo lì, per poter studiare da vicino, in maniera tangibile, come ottenere una posizione migliore… per elevarlo di grado. E tutto piacevolmente digrada…

Fino a prova contraria, oggi pigli un’inculata e domani ancor te ne fotti con tanto di ballata e soprattutto belata.

Un giorno sarò pelato, oggi sono soltanto denudato.

Ebbene, dopo questa mia altra sincera presa per il deretano alle ipocrisie di massa, vi auguro Buon Natale e in particolar modo spero nella vostra felicità da uomini castratisi per il volere di una racchia incredibile. Contenti voi, contente le palle dell’albero con la vostra “stellina”.

Luccicanti!

 

 

di Stefano Falotico

Una critica molto negativa fa sempre “paciere” col mio Clint


16 May
TRUE CRIME, James Woods, 1999. (c) Warner Bros..

TRUE CRIME, James Woods, 1999. (c) Warner Bros..

Ora, chi ha letto i miei romanzi sa che Clint è un personaggio cardine imprescindibile della mia filosofia di vita, un uomo “spetezzante” e anche spezzettante che vive di sue declamazioni e spesso, rabbioso, contrasta polemicamente un mondo infausto, un mondo in cui bisognerebbe essere come Faust perché, (non) vendendo l’anima al diavolo, si trova la bellezza delle piccole cose. Ecco, oggi Clint, cioè me stesso, ha trovato una recensione negativa di uno dei suoi libri e qui copio-incollo. Una recensione che fa rabbrividire e induce alla “calma” riflessione, induce a placarsi come Paul Vitti di Terapia e pallottole e poi “sparare”.

 

Commento:

Ci sono libri che adoro e che riesco a leggere nonostante la quantità di pagine. Penso dipenda dall’autore, perché se per leggere Io sono leggenda di Matheson ho impiegato due giorni, non si può dire per L’orrore di Dunwich, nonostante adori entrambe le opere alla stessa maniera. Poi ci sono libri brevi per cui impiego addirittura un mese come Fantasmi Principeschi di Stefano Falotico ma il motivo per cui perdo tanto tempo a leggere un’opera così breve non è da ricercare nel desiderio di volersi gustare un capolavoro bensì nel costatare che si tratta semplicemente di un brutto libro. Non godo nello stroncare gli autori emergenti e prima di dare un giudizio così negativo cerco sempre di trovare dei punti positivi. Fantasmi Principeschi, purtroppo, non ne ha.

L’idea è interessante: impersonare come fantasmi personaggi reali e di fantasia e raccontare in prima persona il fardello che essi portano. Peccato che il modo in cui esso venga raccontato sia pessimo, sia per quel che riguarda lo stile di scrittura che per la mancanza d’interesse che donano le storie.

Cominciamo intanto dalla forma, principale motivo per cui cercherò di cancellare il ricordo di quest’esperienza al più presto. In tutto il libro viene fatto un uso smodato delle parentesi per dare un doppio significato ai termini. Per esempio, la frase pur stando chiuso nel suo guscio di cuculo diventa pur stando chiuso nel suo (g)uscio di cu(cu)lo. Potrebbe sembrare una cosa interessante, ma il continuo utilizzo di tale tecnica di scrittura inizia presto a infastidire, principalmente quando si utilizza:

– negli avverbi: (non) vi cago;

– più volte nella stessa parola: tetrissimo e avvilente fe(re)t(r)o;

– troppo spesso nella stessa frase: di pet(t)i di freddo pol(l)o o in f(u)ori;

– separare le sillabe per creare due parole: (di)vino;

– per sottolineare che, togliendo un prefisso, la parola avrebbe un significato diverso: (dis)armante.

Provate a immaginare un intero libro scritto così, dove questa “tecnica” viene usata persino nei titoli dei capitoli!

Riguardo alle trame non sono rimasto per niente colpito. Se riuscite miracolosamente a sopravvivere alle parentesi, vi ritrovate a leggere storie di poche pagine che non hanno nulla di epico e che, per la loro banalità, non lasciano nulla al lettore.

Prendiamo per esempio uno dei nostri fantasmi, Dario Argento, il modo in cui viene presentato sembra quello di un commesso alle prime armi di un videonoleggio. Riporto il passo proprio come viene presentato nel libro, comprensivo del corsivo e del grassetto utilizzato

Perché io sono immortale anche se ancor (non) morto, sono il regista di Profondo Rosso, io sono Dario Argento. Della paura il maestro per eccellenza, la suspense (s)carnificata dei vostri terrori più profondi.

Prima di scrivere questa recensione ho dato un’occhiata a quelle scritte da altri siti e ho trovato voti positivi, gente che vanta questo piccolo tomo (cinquanta pagine scritte con caratteri enormi) come se fosse un’opera d’arte. Ho provato a rileggere alcuni capitoli, ma ancora non riesco a capacitarmi di come possa piacere un libro simile.

Mi dispiace per l’autore, ma ho trovato il suo libro insopportabile. Non ho mai compreso il bisogno di alcuni autori di voler creare stili e tecniche di scrittura nuove. L’originalità, quando non è presente nella trama, va cercata nel modo nella scelta dello stile di scrittura non nella creazione di uno completamente nuovo. Tra le altre cose, non possiamo prendercela nemmeno con la casa editrice visto che Fantasmi Principeschi è stato stampato con un servizio a pagamento.

 

Indubbiamente, il mio uso smodato delle parentesi, lontane comunque dai serpenti parenti e anche dal “cinema” di Neri, può spazientire e disgustare il lettore medio che, non sapendosi raccapezzare nel mare d’incisi, mio “escluso”, inclusi(oni) e uomini (non) al quadr(at)o, troverà difficile, ostica la lettura e dunque irascibile scaraventerà i miei tomi per aria, anzi per l’aia, intesa/o come spazio del cortile e anche come dolore psicofisico. Ecco, non voglio spacciarmi per genio-innovatore, anche se dovrei, essendolo e di lodi tessendomi, ma ribadisco la mia scelta dell’auto-pubblicazione ché permette creatività a non finire e non “burocratizza” lo scrivere nelle regole “manichee” di ciò che sarebbe (pubblica)bile e ciò che andrebbe (o)messo.

In fondo, è una pubblicità in più e mi vanto di queste stroncature, perché rendono onore al mio uomo perturbato, alle volte “sovraccaricato”. Non è stato un “caro” ma di offese “carico”, comunque sia è stato un avaro. E io son sempre più (br)avo.

 

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di Stefano Falotico

Fino a prova contraria di Clint Eastwood? Anche di Falotico


05 Jul

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Nel carcere di San Quentin (California), il giovane nero Frank (Washington) deve essere giustiziato un minuto dopo la mezzanotte per l’omicidio di una commessa bianca. Vecchio cronista di “nera” in chiusura di carriera all’“Oakland Tribune”, sobrio come un ex alcolizzato, fumatore, marito infedele, padre assente, puttaniere, Steve Everett (Eastwood) ha dodici ore di tempo per trovare la prova della sua innocenza. Da una calibratissima sceneggiatura di Larry Gross, Paul Brickman e Stephen Schiff, adattamento del romanzo The crime di Andrew Klavan, Eastwood al suo 21° film di regista-produttore (Malpaso) ha cavato un thriller a orologeria che soltanto critici e spettatori che guardano il dito invece che la luna hanno giudicato meccanico, effettistico, sentimentalmente demagogico. Oltre a divertirsi con il suo antieroico giornalista, politicamente scorretto a 360 gradi, e con i dialoghi scoppiettanti di irriverenza, gli altri apprezzano l’irridente lucidità con cui, senza mai salire sul pulpito, smonta la logica del sistema giudiziario USA, la macchina disumana della pena di morte, il latente razzismo della maggioranza silenziosa, il sistema formalistico della democrazia fittizia, il giornalismo che bada al “lato umano”, il clericalismo ipocrita e untuoso, il perbenismo familiare e persino Babbo Natale. Fedele al suo classicismo di scrittura e al suo ottimo direttore della fotografia Jack N. Green, Eastwood ha fatto un altro film minore perfetto. Gli dà voce il solito, bravo Michele Kalamera.

Tratto dal dizionario dei film Morandini…

 

Pensieri alla rinfusa, ecco, sono molto stanco in questo periodo per me eterna-mente acerbo e fischietto nella natura mia creaturale come un “cieco”, no, un cervo. Quanti coacervi di presunzione e di “dotte” inquisizioni che debbo patire “a ragion (il)logica” d’una mia indole protesa all’illanguidimento lascivo, all’apatia stagna, all’apoteosi d’una danza ormonale quasi spenta, perché oggi ho tentato di masturbarmi, con esiti incerti, su una famosa pornoattrice americana, e quel che “n’è venuto” è stata spermatica, maggiore ansietà d’un uccello che (non) va. Quindi, lessi il giornale, cercando notizie più tristi di me, dunque di contraltare m’affannai a farmi riprendere al salir dell’umore e di un ormone appiattitosi, affievolito, “cereo” e sbiadito. Poco ne “venne” e pensai che molte donne “dabbene” son invero puttane e quindi Eastwood, nel film suddetto, (le) faceva bene a darsi da “fare” con alcune di “malaffare”. Tanto, ne prendi una “buona” ed è solo una racchia intellettuale che t’ammorberà con le sue mestizie pigre e genuflesse a una (r)esistenza ove per lei il lavoro “duro” è tutto e giudica gli uomini in base alla “cravatta”. Anche all’ovatta di vite “sterili”. Ha però il desiderio di farne tanti… di figli. Di mio, credo che passi le giornate nella tristizia, una tristizia tanto “matta” da “degenerare” nell’allegria sconsiderata, nell’euforia van(itos)a, nel girarmi i pollici per non far rotear di noia le pal(l)e… del vent(ilat)o(re), delle notti in cui insonne non piglio il mio “sommo”, giorni abulici (s)fatti di sigarette stiracchiate, sdrucite come una donna che non ha più da “dare” eppur, appunto, vuole solo ruffiani danari, di cappuccini cremosi in bomboloni alla crema e la mia panza che, (de)crescendo, borbotta nella fanfaronaggine che sa il “fallo” suo.

In verità vi dico che, per il mio stile di vita “pensionabile”, molti m’addebitano (in)giuste diagnosi di malattia mentale, ma il ver(b)o è che son lucido come un Clint d’ottima stagionatura e splendido come un bel film d’annata.

Di “ano” in anno, rimango così, nel dubbio che gli altri di me non abbian capito un cazzo. E me ne convinco da “pazzo”. Pubblicando un altro lib(e)ro…

di Stefano Falotico

Clint Eastwood, basta il nome per il titolo di grande, insomma lo siamo


29 Jul

 di Stefano Falotico

Se c’è un attore-regista per cui da anni vado matto, ecco, costui è Clint Eastwood.

Ah, so che questa mia spudorata dichiarazione d’amore, vi fa scompisciare dalle risate. Eh sì, oggi viviamo nell’epoca di Zack Snyder che, con la sua “parentela” di leccate fenomenali di culo a Nolan Christopher, eh già, “Superman”, gira blockbuster che a voi eccitano mentre a me fan venir il mal di mare, anzi, la voglia proprio di tuffarmi dagli scogli più “insidiosi”, (a)sino giù negli abissi insondabili da mia “cattiva” bile, non sfidando la forza di gravità ma nel librar suicida così “libero” come un gabbiano, ingabbiato da una società cinica, “fumettistica” e superficiale, prima del fatal schianto di me “sciolto” nell’affogarmi di (rim)pianti “incontinenti”, sì, incontinenti perché oramai, da un (in)continente all’altro, l’incontenibilissima idiozia sovrana regna in tal mondo bugiardo ove imperan le menzogne oceaniche. “Aperto”, sprofonderò (in)felice, morendo da nessuno ma forse rispu(n)tando, con l’acqua alla gola d’un orgoglio non espiato ma ancor respirante vita pura, come Nettuno, un Dio della letteratura greca che non cagano più, tranne i picc(i)oni della piazza omonima di Bologna, ove “campeggia” la sua Fontana, titanica ma cagata appunto di “striscio” anche dai teppisti che la raschiano nei “lineamenti ellenici” su “falce e martello” da naziskin felsinei di svastica, con tanto dell’adiacente, là sotto, immarcescibile “culturista” Beppe Maniglia, idolo cittadino, tanto “ignorante” che un tempo volle candidarsi come sindaco, presentando “in prima linea”, nel suo “programma elettorale”, lo spaccio impunito della marijuana nella piazzetta “universitaria” più tristemente famosa, Verdi, bazzicata da studenti molto “vogliosi” nel “tirarsele” a vicenda da figli di papà alla faccia dei poveri in canna…

Perse alle “(e)lezioni” solo perché lo “spaccio” non aveva bisogno di essere “alimentato” dai gradi militareschi dei poliziotti, “uomini” di grandi “aspirazioni” e “fiuto” dal “sensibile” olfatto, tanto che chiudono sempre un occhio, tranne quando sono in caserma e picchiano i “tossici”, cioè gli allergici alla vita da “duri”, drogandosi di nepotismo sodomizzante ogni regola della buona e sana “Costituzione”.

Sono uno stronzo? Lo sono sempre fieramente stato e credo di non appartenere all’italiano “Stadio”, infatti sono “instabile” a differenza di voi (s)pos(s)a(n)ti di questo statuto ideologico ove il nazional-popolare pensa a come arricchire Balotelli, “incitandolo” a fottere tutte le veline più sventole, su suo “negro” poi “sventolato” razzisticamente quando ritorna la caudina, bifronte mentalità fascista che lo vuol mal trattare da “senza palle”, mentre la gente muore di fame al “grido” di “Forza Italia” nella “rete” sociale, con tanto di “punizioni” da “foglia morta” dei “fichi” che siete solo quando state dietro le trincee ma poi “bravi”-fighetti quando non avete il coraggio neppur di cacciar una piazzata da arrabbiati “pazzi” nelle ribelli piazze e ve la fate sotto davanti a uno che vi presenta un “titolo di studio” per suggestionarvi in modo tale da potervi ficcar sempre in culo a piacimento… delle Escort che lui s’incula di tanta carta “bianca”… “pulitissima”. Tanto, può fare… è “intoccabile”. Che società “toccante”.

Ciò per dire che Fino a prova contraria è un capolavoro.

E, come Clint Eastwood, invento una battuta, cari battoni, a mo’ di suo “stile” freddissimo…

I giornalisti in gamba devon star zitti perché son alle dipendenze del padronato che li sfrutta, pagando i loro articoli un cazzo, mentre i tizi, che non sanno leggere e scrivere, vanno con le tizie “più nelle gambe”. Così è sempre andato il mondo e sempre purtroppo andrà, cioè a puttane. Al “popolo” interessa la faccia(ta). Punto e finiamola qua.

Sono un fottuto liberale? No, bensì uno fra i pochi che non vi racconta balle ma vi racconta “questa”.
Da giorni, ci sto provando con una che non ci sta, fa la cameriera e gioca di carte a scopo(ne) di lucro coi ludri, affaristi ipocriti che cazzeggiano proprio nel senso allungato del cazzo in ano fra mani sporche.
Lei preferisce stare col padrone del locale, sempre “mantenuto/a” in perfetto “ordine”.
Sì, il padrone è il suo pappone. La paga affinché lei, la serva, serva (due volte servissima) i “clienti” più “seri”. Finito che ha di servirli, di giocarci, terminato che hanno loro di “ripulirsi”, il padrone la fa… pure appunto scopare “a terra”.
Sembra una battuta tratta da Ronin di Frankenheimer?
No, nessun David Mamet. È mia, essendo io un samurai senza padroni.
E soprattutto “matto”.
Ma me vanto nel vento!
Quella donna sa che io non la userei come battona. Ma è stata abituata a lavare solo i piatti e mi spaccherebbe la faccia perché vorrei si emancipasse, provocandola di “botte” per farla davvero godere.

 

Eastwood – Fino a prova contraria sono il bastian, bastardissimo, contrario e “ingrato”


28 Jul

 

Guerra!

Sì, voi ebeti col ciuccin in bocca e il capezzolin del vostro capezzale da “cappellino” e visiera cieca, non contagerete, non mi contrariete più, da me contrarrete, “contriti”, il mio attrito.
Questa è la Legge! E dovete obbedire!

Piuttosto che essere il vostro servo della gleba, preferisco sputarvi addosso di “lebbra”, voi e le vostre donnacce labbrose, “carnali” e materialiste, peggio o come voi, “fancazzisti!”.
Voleranno asce sventranti!

Ne vogliam parlar di quella radio che sarà presa d’assedio e “filmata” in ogni spostamento con cui insudicia la “rete” con porcate musicali “firmate” da “cantautori” di gran “uccello?”.
Sì, tagliate quella “frequenza”. Alzate il volume, tambureggiate, forza, più forte! Che “basso!”. Che riff! Come li “definiamo” nel “nitido”, che “stecche!”.

Il “cronista” è un povero terronazzo nel senso più dispregiativo del termine dei suoi terminali già terminati nell'”Intona che, intanto, la tua ragazza fila(rmonica) e suona, con l’ocarina”.

Sì, quando “studiava” al “Classico”, si manteneva la sua musica sciocca da Bon Jovi come “cameriere” del Mcdonald’s, ove serviva le patatine rosicando la patatona che scosciava per hamburger ben più saporiti. It’s My Life…
Sì, era già cotto, ora dopo tanta “istruzione” è divenuto la mascotte dei ritardati di Bologna, quando di mattina sciorina la sua “parlantina” semisudata di panzetta “allietando” i felsinei “svegli” con cavernicolo “eloquio” da “porchetta” sui dischi.
Sì, mentre mette “su”, fa la “scarpetta” con la saliva dell’impiegatina, molto piegata…

Sì, una radio che potete trovare nella “discoteca” d’una tangenziale ove si scopano le scemine “rifilando” loro le “tangentine”. In quei bagnetti, si bagnano…

Ecco, questo letame, questi mangiaschifezze hanno incontrato stavolta uno che li farà roteare nelle loro stesse “palle”.

Questa è vendetta “a sfera”, sferica, che vi mangia vivi.

Chiaro, merdosi?

Contatto il mio avvocato.
– Sì, quell’eunuco che ha fatto la segnalazione, dovrà subito cercarsi un bidone della spazzatura, per dormire al freddo e al gelo…

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Le belve (2012)
  2. Gangs of New York (2002)
  3. Cosmopolis (2012)
  4. Fino a prova contraria (1999)

 

Sì, come Rambo che torna a casa, nella serenità, dopo aver fatto piazza pulita delle merdissime!

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)