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Sono diventato Michael J. Fox di Voglia di vincere, una tragica metamorfosi da licantropo sexy beast, da horror di Stephen King


26 Feb

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Sì, tutti i miei scongiuri in merito sono andati a farsi fottere. Con quale oculatezza e moderata scaltrezza cercai di divincolarmi per anni dalla morsa sessualmente predatrice di questa società ingorda che mi ha sempre fatto ribrezzo.

E, nella mia adolescenza cupa e solitaria, ai confini dell’immaginazione più raffinata, anche onestamente d’una sintomatica semi-demenza da annacquato, abbacchiato e allampanato, no, non mi ero giammai allupato.

Resistendo con garbo, con stile bergmaniano, alle imperterrite avance di donne e ragazze stronze e bastarde. Disincagliandomene con allure tipica da young pope/Jude Law. Uno che non saprai mai se è un figlio di puttana patentato, davvero un santo elevato, un profeta ascetico o uno che, zitto zitto, Ludivine Sagnier s’è piacevolmente, segretamente ingroppato con tanto di Cappella Sistina affrescata.

Oh, non mi fate pensare a questa finta monaca, Ludivine. Una che anni or sono, di Gocce d’acqua su pietre roventi, sì, col suo seno maestoso, roba che Eva Green è una poco dotata, col suo culo apoteotico, roba che Monica Bellucci è un’anoressica oramai andata, rese già ardente il prematuro mio “scioglimento” incazzato.

Sì, credo che partì da allora questa mia trasformazione travolgente. E da nerd, imbestialito da sfighe allucinanti, da auto-recluso esiliatosi nella fantasia immaginifica più lirica, divenni un amante animalesco delle più grandi, planetarie fighe immense.

Sì, ero uguale ad Arnie Cunningham/Keith Gordon di Christine ma, in un impercettibile battito di ciglia prodigioso, divenni il più fortunato di tutti.

Certo che Keith, in questo film, è un coglione coi fiocchi. Si fa la bella macchina e la più bella del reame ma alla fine impazzisce come un povero cristo impalato.

Keith Gordon di belle donne, comunque, se n’è sempre (in)teso. Tant’è vero che ha diretto Jennifer Connelly in Waking the Dead. Quando Jennifer era all’apice del suo seno portentoso. Un seno delicatissimo, dai capezzoli perfino ispidi e rizzi, un seno meraviglioso come Sean Connery ne Il nome della rosa.

Che classe, Sean.

Sì, da monaco/Christian Slater, dopo la prima volta mia selvaggia e al contempo imbarazzata, acquisii piena coscienza di quel tipo… di potenzialità presto assodata. E ne godetti aizzato. Lei, e già vi ho narrato di quella notte tanto lercia e fradicia quanto estatica, notò immediatamente, e soprattutto sentì, fiorire in me l’uomo deflorato che, dopo aver con forza taurina fornicato, stava sviluppandosi in maniera mostruosamente irreprimibile e appunto selvatica.

Lei era infatti gelosissima. Abitava lontano, per l’esattezza a Trieste, e mi telefonava venti volte al giorno per appurare se realmente ero impegnato coi miei studi o, in sua assenza, mi stavo “impregnando” con qualcun’altra.

Era un assillo, roba da esasperare qualsiasi ragazzo e farlo regredire all’asilo.

Comunque, non aveva torto. Lo sa e mi ha perdonato. In sua assenza, intrecciavo relazioni non solamente intellettuali con fighe madornali, oserei dire monumentali.

Consapevole di essere provvisto di qualcosa, in mezzo alle gambe, di potentemente distruttivo in senso positivo. Qualcosa di enorme e mai visto. Uno spettacolo della natura al cui confronto il signor Rocco, e voi sapete a chi allupo, no, alludo, impallidisce e non poco.

Fu un involontario traviamento. Ci sta la rima di (p)orco? No, era smerigliata purezza! Altro che imbranato! Ero perennemente imbrattato.

Al che chiesi alla mia seconda ragazza perché mi voleva sempre a casa sua durante la ser(r)a:

– Guarda. Ti sarò sincero. Non abbiamo molto in comune. Io amo Robert De Niro e tu, invece, vai matta per Riccardo Scamarcio. Siamo un po’ tanto agli antipodi. E non è che parliamo molto io e te.

Quindi, dopo tre mesi di scopate, puoi, senza peli sulla lingua, dirmi perché vai matta per me?

 

La ragione, anzi, la regione, capirete, era ed è presto spiegata. Quando lei era a novanta, dirimpetto a me tutto (e)retto, si sentiva sconfinatamente appagata. Anche se poi mi diceva che la sua vita rimaneva quella di una sfigata. Mah.

Ora, voi penserete che, oltre a prendere per il culo lei, stia pigliando per i fondelli anche voi.

Invece è tutto, ma proprio tutto, tragicamente vero. Tangibile. Abbastanza evidente con tanto di (det)ergente.

Cazzo.

Insomma, qualcosa di totalmente inaspettato, sessualmente oramai poco immacolato.

E dire che mi ero cautelato così tanto. Così come vi ho raccontato. Avevo fatto di tutto per non farmele tutte.

Ma, una volta partito ed eiaculato, è stato davvero qualcosa di esagerato, di smodato, di sproporzionato. Di spericolato.

Se a questo aggiungiamo che potete darmi, oltre a quelle, qualsiasi testo, che sia di Biologia o Ingegneria, e io sono a pagina cinquanta quando voi siete ancora alla prima…, mi domando ora come ora…

Ma che cazzo campo a fare?

Sì, è una tragedia. Sapere che vai in giro e una, appena ti vede, deve chiamare lo spurgo. Perché provoca allagamenti che manco l’esondazione dell’Arno a Firenze.

Ora, se di fronte hai Jennifer Aniston, ben venga… lo straripamento.

Se dinanzi ti capita, però, Sally Hawkins, no, non avrà il mio “mostro della laguna”.

Quindi, se doveste voi vedermi andar per istrada con aria sconsolata e mesta e vi dovessi sembrare un cane bastonato, cazzo, è perché sto mentendo spudoratamente.

Se vi dicessi la verità, mi vorreste castrare immoralmente. E quindi per me non è conveniente spingermi troppo… platealmente. Infatti, il signor Guillermo del Toro mi ha appena scritturato per interpretare il suo prossimo film. Sapete qual è il suo prossimo film, vero? Eh già.

Adesso, scusate, mi devo occupare della traduzione in inglese del mio libro su Carpenter.

Per la ventura distribuzione globale. Sì, come un’ombra dello scorpione kinghiana, a mo’ di Sutter Cane, devo inseminare…

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di Stefano Falotico

A Top Gun preferisco Top Rat e un film accanto al mare


27 Sep

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Riuscirà nei cinema la vaccata di Tony Scott, “fiera” esibizione di muscoli e mascelle, di bulli e pupe, di aerei svolazzanti e di poca poesia nelle palpebre ma molto testosterone nelle “palle”. Spotpubblicitario di due ore tediose e “teutoniche” per “esaltare” il faccino di Tom Cruise per una storia risibile di tragedie, lacrime amare, retorica ed edonismi reaganiani al “massimo”. Film pessimo, forse neanche un film, una castroneria di uomini poco castrati che rivaleggiano nei cieli degli amori da cartolina, col pollice su in motocicletta d’un Cruise ingenuo quanto mai e ruffiano-scemo ai limiti dell’idiozia più becera.

Nella mia vita ne ho viste “tante”, di ogni forma, colore e dimensioni. Ho fatto ravvedere panzoni xenofobi e nazisti nel farli riflettere sulle loro responsabilità e sull’uso screanzato delle loro “ragioni”, obiettando con classe riguardo alle loro mentalità grette, meschine e minuscole. Ho redarguito, espellendole dalla mia vita, donne che si credevano intellettuali e non gradiscono invece il lieto caffè mattutino in un bar isolato delle periferie newyorkesi, ove ancor campeggiavano di panorami densi le Torri Gemelle.

I film son fatti di atmosfere, di malinconie, di resilienze, di traumi, di storie vere romanzate alle volte, di romanticismo non da videoclip.

E City by the Sea lo ritengo un gran colpo.

 

di Stefano Falotico

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