C’è una lince in Lynch

23 Nov

 

È l’indole che vagabonda che si disseta in balli onirici & in frammenti purpurei, fraudolenti alla mia stessa mente.
Evoco nostalgie lontane, me ne dolgo o solo le dondolo, con la magia dell’esoterismo a cui m’arrampico nei giorni lauti in cui melodici flauti s’arcuano in anfratti arcani.

 

Un altro regista, folgore dei nostri sogni, Lui anzi è il Sogno, intriso in marmoree luccicanze come un bimbo-shining nei labirinti del suo imperscrutabile, “orrorifico” o nelle erogenie del magma, Overlook Hotel di fantasie cogitabonde, d’alcolici lindori fra sprazzi solari e acquatiche “amniosi” d’adamantina Luce.
Magnete della sua “cavalleria” unicorna, impetuoso fluido neuronale nei cristalli ermetici delle sue criptiche sinapsi, o sinuose highway di candidi e poi oscuri fremiti.

Leonina scorribanda di neuroni corridori, onnivori in tutte le convergenze emozionali, a “enfiarle” in spasmi respiratori dell’anima.

Un regista di nome David… David Lynch, baluardo in cui ogni amante dell’Arte viaggerà “affilato” e bardato dai suoi schiocchi tonanti in cupi cieli notturni o librerà via dalle anguste celle che lo intorpidirono di malinconia, sussurandola nel vento con lievi, decadenti musiche rock, nel Cuore che si sgretolerà nelle sue impervie segrete, o baluginerà dopo fosche letargie in una lisergica, eterea “dissolvenza a incupirlo ancora o a baciar le iridi fiammeggianti di cheti crepuscoli, fra ruggine, sudore, amori gridati e “latrati” in cui osannarci.
Patria di poeti, santi e navigatori, come mi rattristi, oggi navighi imperterrita in terragni tenzoni “inumiditi”, ma si credon inamidati, nient’affatto dinamitardi, del pettegolezzo e delle chiacchiere d'”acconciature” provinciali di pedissequa, vetusta tradizione piccolo borghese.
Moralisti inaciditi o solo deturpati nella loro stessa accidia, in una nuova caccia alle streghe, o “santoni” che illudon le masse con demagogie “miracolistiche”.

E la vita, nei ricordi, di schiume e furori, la mia, s’inerpicherà anche lasciva, abbindolata da un “porno”, o perversamente ludica nell’incendio delle proprie “ceneri” che mai s’impolverano.

Peter Boyle, sogghignava mellifluo di fronte a Travis, e filosofeggiava di consigli “spiccioli”. Secondo lui, la vita è il lavoro che svolgiamo, l'”uniformità” alla deformazione professionale, forse al nostro “confessionale”.
E Travis, “ammutolito”, assentiva di cipiglio, senza esserne persuaso più di tanto.
Un altro bicchiere “freddo” nella tavola calda, e le bollicine effervescenti d’una Notte ammaliata nelle sue malie, poco frizzzante, poco “aitante”.

Se l’Inferno è la prigione eterna d’imperdonabili peccatori nei loro osceni pianti, il Purgatorio “sdilinquirà” moribondo sin ad ascender vicino al portone di San Pietro, che ti lascerà accomodare nei divanetti “al camoscio” di beatitudini mosce.
Dove si passa il Tempo a girarsi i pollici e ad “afferrar” le mosche, pensando che Mosca è la città comunista che meritava solo la “crocefissione” del cristianesimo crociato.
Una gran Donna “incrocerà” le gambe, e tu sarai lobotomizzato nell’infinito “Nirvana”, ché penserai solo a giocar a scacchi con un altro “coccolino”.

In mezzo a tale tripudio di banali asserzioni e biechi luoghi comuni, io m’accomuno a David, e, assieme al mio amico Giuseppe Avico, “imbastimmo” un titolo “forgiato” in Lui.

Ecco, dunque questo tributo a David, firmato dal mio compagno di visioni e non solo evasioni, David “delirium” Lynch: la mente del suo velluto blu.

 

 

Stefano Falotico, lynchianamente come il nostro amato, un Genius.

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