Archive for September, 2013

Buon compleanno Boss con I Licaoni


23 Sep

“Last Vegas”, Tv Spot


23 Sep

Ai giardini di marzo preferisco il matto nel secret garden


22 Sep

Come “rovinare” Battisti quando ti senti “rovinato” e rumini senza neanche una tua rumena. Adesso, in poche “scrofe”, ti meno!

Al “bel” Lucio Battisti ho sempre preferito Gabriel Batistuta e alle luci a San Siro una vacanza in Siria, ove c’è più “vita”, sto scherzando ma non troppo…
Il carretto passava e quell’uomo gridava gelati
al 21 del mese i nostri soldi erano già finiti
io pensavo a mia madre e rivedevo i suoi vestiti
il più bello era nero coi fiori non ancora appassiti
All’uscita di scuola i ragazzi vendevano i libri
io restavo a guardarli cercando il coraggio per imitarli
poi sconfitto tornavo a giocar con la mente i suoi tarli
e alla sera al telefono tu mi chiedevi perché non parli
Che anno è che giorno è
questo è il tempo di vivere con te
le mie mani come vedi non tremano più
e ho nell’anima
in fondo all’anima cieli immensi
e immenso amore
e poi ancora ancora amore amor per te
fiumi azzurri e colline e praterie
dove corrono dolcissime le mie malinconie
l’universo trova spazio dentro me
ma il coraggio di vivere quello ancora non c’è
I giardini di marzo si vestono di nuovi colori
e le giovani donne in quei mesi vivono nuovi amori
camminavi al mio fianco e ad un tratto dicesti “tu muori
se mi aiuti son certa che io ne verrò fuori”
ma non una parola chiarì i miei pensieri
continuai a camminare lasciandoti attrice di ieri
Che anno è che giorno è
questo è il tempo di vivere con te
le mie mani come vedi non tremano più
e ho nell’anima
in fondo all’anima cieli immensi
e immenso amore
e poi ancora ancora amore amor per te
fiumi azzurri e colline e praterie
dove corrono dolcissime le mie malinconie
l’universo trova spazio dentro me
ma il coraggio di vivere quello ancora non c’è

Quasi quasi son meglio Le Idi di George Clooney. Se dobbiamo buttarla in tragedia…

Ai giardini di Marzo prediligo il primo Maggio tutto l’anno, in cui si cazzeggia a tutto spiano. Stando una spanna sopra agli altri e, come Alberto Sordi de I vitelloni, urlare “Lavoratori?!” con tanto di pernacchio alla De Filippo.
Io appartengo a tutte le hit d’una parade alla Fonzie di Happy Days. Che son queste malinconie d’oggi come ieri mai cambiate? Ammodernate il Tempo, state al ritmo.
Appassisco solo quando una passerotta non me lo alza in versione “Ehi”. Sono uno stormo dei tanti miei “usignoli”. Voce melodiosa di una che la dà al mio “DO” sul LA versione remix in pentagramma anche di note stonate come i gabbiani dell’autoerotismo solitario e neanche una puttana da tangenziali. Uscita n. 7 che porta all’osteria numero “uno”. Un due tre, oh quante figlie Madama e qui ficca il “RE”.
Ciò non (av)viene mai perché, “di mio”, tendo a scalare tutte le “posizioni” anche quando non “spingo” di volume.
Le mie donne sanno come alzar il rumor di fondo, mixer di gridolini e lenzuola tumefatte, nel tumulto dei vicini che chiamano la Rossa perché venga “incrociata” di “sinistro”. Vero colpo che sfodero piazzante a incroci di peli, ficcando in rete su “garza” del sanguinarlo.
Sì, l’Italia è sempre stata amante delle canzoni da “funerale”.
Bisogna rinnovare con delle vitali faloticate.
Miscelare questi Jovanotti alla Modà e dar del minchione a Mengoni.
Comunque, meglio di Adamo e Amedeo Minghi. Uno da Prima Comunione. Puttana Eva! Per non parlare di Alessandro Manzoni e “I promessi sposi”.
Sì, Don Rodrigo fu un gran coglion’. Solo a ordinare “Questo matrimonio non s’ ha da fare” ma Lucia poteva farsela in modo bravo e “Innominato”. Chi l’avrebbe saputo?
Don Abbondio era uno stolto il cui riso abbondava e Renzo un sempliciotto da Malafemmina, finto intellettuale di quel Totò “provinciale… adbondactis, adbondanctum”. Mica tanto “dritto”. Renzo abboccava e in poche bocche entrava. Mi par un miracolo che si sia sposato, dopo tanto “disossarselo”. Quanto “lo” spossò per quella “sposa”.
E della minchia di Faletti, il signor “cattivo” tenente, specie delle sue “vendite”, pessimo come comico, a Sanremo per quindici minuti di miei ortaggi e scrittore da baracchine, bancarelle, mai in bancarotta e da fregati burattini di legno, caro Giorgio Pinocchio pennivendolo, vogliamo sparlarne come Joe Pesci di Casinò?
Sì, sono uno stronzo. Mannaggia all’impestata! Lo sono sempre stato. E quindi starò nella Storia, nella tua Sharon Stone, come il basilico dappertutto del basic instinct, mentre voi andrete sempre a coltivar le cicorie assieme a Benedetta Parodi. Lo sanno tutti. Pur di farsi pubblicare il libro “culinario”, ha dato il culone da tardona, finta “Madonna”, a Gori della Mondadori, marito della sorella che ha una voce da “patata” in “gola”. Comunque, leggermente più bona.
Meglio Sora Lella. E pure quel “fall(it)o” di mano da Maradona!
E alle “belle” do la mia “besciamella…”.
Cantando questo mio ritornello…

Il cartoccio alle “mandorle” passava e, agrodolce, leccava “gelati al limone”…
al 21 del mese, tal gigolò riscuote lo stipendio di come sempre lo “appende”,
pensavo alle vostri madri e le rivedevo senza vestiti,
la più bella era “nera” coi “fori” ancor da “ripassate”,
all’uscita dal culo, i cazzi si vendevan ad altre labbra,
il mio restava a guardarli cercando i raggi per “mirarle”,
poi afflosciato mi ritiravo a scop(pi)ar con la demente e le sue tare al darlo,
e alla “sega” con lei di “microfono” tu mi chiedevi perché non la urli?

Che ano è,
che gioia non è,
sì, non è più tempo di trombette
né di “tifar” con te, dammi del tu o anche del tè,
meglio se le tette,
come vedi le mie mani tremano ancora,
perché sono eccitate…
“Aiutami se non riesco a tirartelo fuori”…
In fondo alla rubata “anima”,
ho culi immensi
e “amore intenso”,
anche se non lo tendo dietro le tendine,
sono qui al vizioso circo come un elefante nel tendone…
ho “grinta” da vendere, acuisci i miei “tendini” da leonina…
hai visto che sono un “volpino?”…

Sono un latin lover,
ma non guadagno una “figa” manco di crepacuor’,
figurarsi quelle di Leonardo DiCaprio… lui mangia tutte le “faraone” coi dollaroni e una vacanza italiana vicino al più grosso “fenomeno” da faro, farò e faraglion’. Altro che il Falotico!
Tantomeno un cazzo.
E quindi “Vaffanculo!”.
Per star dietro alla poesia, questa è stata la ricompensa mia. Mi hanno ridotto come il compensato!
E neanche ho i soldi per la minima spesa.

Verso la fine del “testo”, della lyric, ho perso un po’ di smalto. Le rime non baciano. Figurarsi se scopano.
Lo ammetto. Ma comunque che puoi dirmi del resto?
D’altronde, per il mio genio non ricevo una lira…
Figurarsi l’arpa eolica, prenderò un elicottero e cagherò in testa a te sulle Eolie assieme a delle fritte fenicottere.
Sì, devo tirar gli artigli e le “unghie”.
Come no.
Prevedo, più che altro, un altro farmacologico coma.
Sono polemico e rancoroso? Senza Cuore?
No, i miei sono originari di Pomarico, provincia di Matera.
Ove gli uomini sono veri. Duri e da cime di rapa, essendo limitrofa la Puglia.
Mie orecchiette da pugnette, non getto la spugna.
E tu, fascista del Nord “lavoratore”, pigliati il nasino bugiardo con tanto di pummarola in coppa.

Altrimenti, altri pugni in testa!

Ecco il “lavoro sporco”.

Ti è piaciuto!?

Come si dice a “Bulagna?”.
Hai combinato un paciugo.

E io ti ripulisco merda!
mo’ che succederà?
Che ho fatto goal alla facciaccia tua!

Dico io basta alla mia malinconia, se mi va!
Se no, ti spacco la faccia.

Adesso, piglia la tua puttana e falle ascoltare tutta la discografia. Altrimenti, la graffio con la puntina.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Miss Detective (2000)
  2. Zatoichi (2003)
  3. The Score (2001)
  4. Shutter Island (2009)

“Crazy Evening”


22 Sep

Chi è Peter Rubik? Un Sellers alla Pupkin Rupert “moderno”: Crazy Evening, cortometraggio versione falotica destinato a espandersi…

Componimento:

Folle è la sera che, prima dell’alba, bacia la Luna come un lupo s’asseta al plenilunio.
Spiragli di pace respiran beati, io son Peter Rubik, coscienza alata.
Sto qui, seduto sul divano, accavallo i miei pensieri. Nitrendo vado fiero, rammemoro mai rammaricato indistinte nostalgie al bel Tempo scivolato via.  Ma io sorvolo. Districo la noia e l’ammanto di leggiadrie come la sobria rugiada d’aurora dorata nel prim mattino colorato.
D’arcobaleni volanti è la mia anima mai straziata, scorrazza in corse nervose, aggrotto la fronte, fumo nervoso il Cielo che di fiamme arde in me, vero fra tanti morti d’arido vento gelante. Sciocco o sempre a sc(r)occar per un lido felice che si prodigherà nello schiamazzar le nebbie del Cuore. Io sono Rubik, Peter Rubik, rubin diamante, uomo non amato ma dai sospiri conturbanti. Amo l’oceano delle infelicità davvero gioiose. Quando la Luna, acuta in suo grido a me ferino, slancia le agonie di tal Mondo supino.
Oh oh!
A cui porgerò i miei dissacranti inchini.
M’inviteranno a una festa, ma che c’entro io, gatto delle innocue foreste… lindo lindo lindo questi qui arresteranno la vivacità del viv’ardor in me da Cor mai attenuato nelle lor tonalità ché tenor d’un solo e unico Sole. Io son!
Damerini viziati mi tempesteranno d’imbarazzanti domande, donne finto altolocate, truccate e tutte imbellettate a esplorarmi al fin d’affinarmi in quelle labbra così sottili e taglienti. Oh oh, acuminate. Mi state minando! Oh oh!
Ma rimarrò me stesso, col fantasma di Braccio di ferro, un sogno da barista ai piedi Los Angeles, Clint Steele lui è il gestore che distilla perle di saggezza dopo l’imbrunir del tramonto per noi girovaghi del mappamondo.
Come me, Peter Rubik il malinconico alla Frank Sinatra.
Questa festa è stolta, solita pigra mondanità. Oh, quante monotonie… inutili inezie.

Preferisco il mio eremo allegro fra le montagne della vita leggera.
Fumo, spengo una sigaretta e l’intingo nel posacenere del mai mio incenerito vivere…

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Hollywood Party (1968)
  2. Re per una notte (1983)
  3. Mulholland Drive (2001)

Da una sceneggiatura scritta assieme a un mio amico, che chissà mai se troverà spazio integralmente in forma cinematografica, le mie peripezie da Peter Rubik, personaggio alla Peter Sellers, appunto omonimo di nome, nel suo soliloquio da party hollywoodiano, girovagante in pensieri naufraganti, brillante lunatico su irrisione tranquilla e anche tormentata di un Mondo cafone, mondano, volgare e imbrillantinato. Impiastricciato e da pastrocchi. Forse cieco, anzi lo diamo per assodato. Peter ruba il suo stesso sorriso accecante, incastonandolo a viso tagliente, buffo e da pagliaccio triste, come una simbiosi al Ruper Pupkin scorsesiano-deniriano, come Buster Keaton, inespressivo eppur mille anime del suo Cuore. Ecco a voi la folle serata di Peter Rubik, cantor che ha riso, amato e pianto, sognatore da Clint Steele nella mia faloticante Hollywood come da romanzo, bianca di letterarie genialità, stranger in the night a modo voice del grande malinconico per eccellenza e antonomasie tutte, Frank Sinatra. Oggi Bob, domani Peter, e forse anche Jerry Lewis. Benvenuti nello stupefacente Mondo di Peter, un (dis)illuso. Così è giusto, è (in)sano e dissacratorio pigliar la vita per il lazo pazzissimo. Senza neppur arretrar un istante, perché la vita è istantanea e Peter la fotografa in ogni immortalato suo battito cardiaco, polmonare e a palpebre (dis)chiuse. Il resto è una (circo)stanza, inutile chiacchiericcio di ricchi fuori e poveri dentro. Insomma, il Mondo è poveretto, i provetti alla Peter conoscono intere essenze. Tessendo la Notte. Innamorati del perdigiorno. Quindi del sollazzo malinconico, oggi stranezza e ieri altre evanescenze.

Cari scemi, Peter sa. Perché, in un Mondo di apparenza, Peter incarna il man on the moon. Jim Carrey di voce e anche tenore rauco in sigarette armoniose.

“Il sale della terra” di Ligabue non è Mal, ah ah


22 Sep

“Il cacciatore di donne”, Trailer ufficiale italiano


21 Sep

Boicottate facciadibronzo.net


21 Sep

Qui la legge finisce e comincio io, idioti! Muratevi in casa e blindate, rinforzate i cancelli, sfondo con un tir(o) micidiale!

Credo, in tutta fede, che dai sedici anni in poi giustamente disprezzo la società, e anche chi scrive che bisogna, al bisogno, usare i congiuntivi al posto giusto e pertinente quando soffre di congiuntivite, cioè il lor morbo da bavosi nei confronti del “gentil” sesso, tanto di galanterie “corteggiato” quanto d’ipocrisia, a mimica bugiarda, tradito con irriverenza caustica nelle salivari voglie.
Sì, son da murar vivi con dell’acido muriatico dopo aver scardinato ogni parete della lor imbecillità reazionaria. Che pretacci!
Oggi, prenderemo a modello un sito gestito da un gruppetto “corazzato” con tanto di avatar segnaletico “per metterci in guardia”. Si dichiarano giustizieri dell’entertainment.
E io sarò quindi, di contraltarini, Charles Bronson di Death Wish.
A me, onestamente, sebben vivaddio non li frequenti da tempi fortunatamente voltisi in mio favore e contro tal “favolisti” della violenza a man bassa, dei luoghi comuni su frasi fatte apprese a menadito nel malapena esser traballanti fra i penosi e il pene “virile” ostentato di boria “assassina”, paion indementiti più di quando, tonti, gironzolavan per Bologna “a spiccioli” mendicanti di fighelle da leccare e farsele in umido.
Sì, in effetti, sotto le Due Torri l’effetto “serra” si sente. Socmel, tradotto per la “Crusca” di questi topi di fogna in “Ciucciamelo”, espressione volgare affibbiata alle maggiorate, che va per la (Piazza…) maggiore anche presso i pseudo intellettualini pienotti di sé, e di “Sciii al posto di sì” da cui strascicata in Via Indipendenza con le vasche (per fortuna non amano Rossi Vasco), è come ca va sans dire senza l’orpello alla francesina. Insomma, sebben si celino dietro pezzi di “zona universitaria”, rimangon animali famelici da savane per la bonazza anche di Via Benazza, ubicata vicino al Mulino Bruciato, famosa trattoria ove tal troioni “lo(r)dan” le troiettine amichette con tanto di tortellini alla “panna”. Alla puttanesca di penne.
Che mi denunciassero e gli censureremo, d’hacker, il blog d’acari. Ecco la mia “carezzina”.
Questi stronzi han chiamato il sito facciadibronzo.net, nomen omen, questi son degli ominidi. Almeno, rispecchiano il non vedersi.
L’ultima loro “recensione” è da “buttafuori”. Stroncan sempre tutto per il “piacerino” al languore, davvero affettivo, di spezzar qualunque cos(ci)a che non “combaci” a tanto “egregio” solipsismo, grigissimo loculo simil Certosa di “Viva la gnocca e gli gnocchi della mammona, professoretta frigida per crescenze alla mortadellina su mammelle decadenti del salamino, il marito, impotente grasson come Balanzone e di flatulenze a garze tronfio da sgonfiar a mo’, e a mollo-mollargliele, del pallon gonfiato, oppure da bruciare come il vecchione di San Silvestro, rattristandolo con le canzoni di Vecchioni e gazze ladre d’Arancia meccanica”.
S’accaniscono contro Rush ma celebrano comunque l’ex Ron Howard, elevando in gloria Fuoco assassino. Sì, “tiratori”, ardete tal omicidi di backdraft e roteate lor intorno a orbite orculari come Apollo 13.  Più che “miopi”, son ciechi di cervello. Cecchini contro i diversi “uccelli”. Ogni persona, che a lor non va, l’accusano di essere John Nash, sono delle beautiful mind. Ripetiamolo, soffrenti di elevata demenza pura, patiranno nel punirli con destrezza della mia testa durissima.
E questo è solo l’anticipo. Presto, i loro colli (come i portici arrugginiti vicino alla basilica di San Luca) “decolleranno” a Seattle “spedisco i dentini da castoro e i cazzini da scoiattoli”, meta preferita d’uno dei due gemelli dei loro piselli da I soliti ignoti “eterozigoti” con tanto di gotine “arrossite” vicino al fiume “Hudson-Azz che male”, ove saran affogati di foche monache come quella puttanazza della lor genitrice amante di Manhattan.

“Escape Plan”, Tv Spot


21 Sep

Berlusconi come attore in un film con De Niro e Pacino


21 Sep

La notizia pare vera.

Da Il Corriere:

Il destino scritto in un nome. A volte capita. Quando poi anche il cognome evoca imprese fuori dall’ordinario, allora l’impressione è che non debbano esserci dubbi sulla protezione della buona sorte. Si chiama Oscar Generale. Sembra inventato. Invece è ciò che risulta all’anagrafe del paesino di Rivarolo Canavese, dove lui è nato quarantun anni fa, che è la porta spalancata sulle valli di Lanzo. Gente sobria e schiva al punto da rifiutare la logica del turismo caciarone. Lui, Oscar, è l’opposto. Chiedere informazioni a Los Angeles. Sorridono. Un esempio di eccellenza Made in Italy che, in dieci anni, è riuscito a mettere in piedi un’autentica corazzata imprenditoriale intorno alla quale ruotano i nomi più celebri del jet set artistico internazionale. E anche in Italia la famiglia Argento, padre Dario e figlia Asia, stravede per l’amico: «Un grande che purtroppo gli americani ci hanno rubato».

Ora, però, Oscar ha deciso di conferire un senso nostrano alla sua professione di manager e produttore cinematografico chiedendo e ottenendo che quattro cavalli di razza formato Actor’s Studio si trasferiscano in Italia, anche in Versilia prima e a Firenze dopo, per interpretare loro stessi in un film già definito per titolo e regista: One more time, diretto da Paul Sorvino. Stellare il cast con Dustin Hoffman, Jack Nicholson, Al Pacino e Robert De Niro insieme. Un’idea tutta di Generale con i primi ciak previsti per l’inizio del 2014 all’interno della Capannina del Forte dove il produttore è stato festeggiato alcuni giorni fa e insieme con la sua compagna Denny Mendez, «pistoiese», ex miss Italia ’96.

Per realizzare il progetto, naturalmente, oltre all’idea ci vuole anche un fisico bestiale. Lei che, fisicamente non è un gigante… «Lo sono dentro. Più adrenalina che sangue nelle mie vene. È ciò che occorre per sopravvivere in un mondo di squali come quello del Cinema. Da un mese dormo quattro ore a notte. Sempre in viaggio lungo l’Italia per definire location e firmare contratti. L’altro giorno ho chiuso anche con Gerard Depardieu che si aggiungerà al cast dei miei amici americani e ora, insieme con Sorvino, sto tentando il grande colpo. Chiedere a Silvio Berlusconi di partecipare al film, come attore. Nessuna intenzione di parodia. Un poco come fece Andreotti nel Tassinaro di Sordi. Stiamo cercando il contatto. Per il mercato americano sarebbe il top. Lui dovrebbe vestire i panni di se stesso per una storia che, con grande rispetto alla memoria di Germi e Monicelli, sarà un poco come Amici miei in chiave californiana. Del resto Hoffman, Al Pacino, Nicholson e De Niro hanno accettato soprattutto per questo motivo. Vogliono divertirsi tantissimo, lavorando insieme».

Ma lei come ha fatto a sfondare il muro della diffidenza hollywoodiana per poi entrare nelle grazie delle star americane? «Usando la semplicità del ragazzo italiano che lascia il suo Paese, dopo qualche esperienza nel mondo del marketing e dello spettacolo, e che va a cercare fortuna oltre oceano. In America credono ancora in queste cose che per noi sono solo favole e ti aiutano. Certo, devi dimostrare di valere. Ma, soprattutto, contano l’onestà intellettuale e il saper mantenere la parola data. Mi hanno messo alla prova e ho superato l’esame».

La Cattolica di Milano l’ha ingaggiata per tenere un corso di lezioni agli studenti di scrittura, linguaggio e storia del Cinema. Lei non è laureato. «Manco diplomato, se è per questo. Come si dice, la mia scuola è stata la strada. Una buona strada, naturalmente, senza trasgressioni. Tanti lavori, spesso umili, e soprattutto la volontà di ferro che ti porta ad emergere grazie alle tue idee senza fare del male agli altri. Una filosofia di vita molto apprezzata dall’americano medio».

Adesso il ritorno in Italia. In Toscana dove, oltreché a Tropea e a Venezia, si svilupperanno le vicende della tribù hollywoodiana la quale compirà un viaggio di cameratesco e puro divertimento. «Ma non sarà la Toscana solita, quella stereotipata e da cartolina illustrata con la vista sui tetti di Firenze e le spiagge per ricchi. Sarà il trionfo dei borghi e della brava gente di campagna. Una terra che al Cinema, se osservata e scavata con occhio diciamo così neorealista, può offrire una serie di opportunità incredibili e soprattutto non scontate. La cultura non è soltanto data dal fascino estetico o ambientale e dai capolavori eterni. Negli Usa sono poveri di questa cultura popolare. Conoscono l’Italia delle cartoline illustrate. Ma non sanno, per esempio, che la Versilia avrebbe tutte le carte in regola per fare a gara con la Florida, se soltanto gli amministratori locali non fossero schiavi di una burocrazia che non ha più alcun senso. Ma è tutta la Toscana ad essere ricca zeppa di angoli a misura di uomo. E nel mio film saranno anche loro i protagonisti che gli americani dovranno imparare a conoscere».

E chissà che, magari anche in corso d’opera, il casting su suo suggerimento non pensi anche ad una particina per Denny Mendez. Non per il fatto di essere la sua compagna, ma in quanto toscana doc oltreché miss di un «titolo» rifiutato dalla televisione di Stato perché non più attuale. «Lo escludo. Denny mi sarà accanto e basta. In quanto al concorso di Miss Italia, lo hanno distrutto gli stessi creatori. Sei serate e sempre le solite facce, tra presentatori e affini. È ovvio che gli sponsor siano fuggiti. Occorreva cambiare format e costruire uno spettacolo in sintonia con i tempi che prevedono ragazze non più culo-tette-duecento-denti in gara soprattutto per raccomandazione. Negli Usa è tutto diverso. Tant’è, la gente dovrebbe sapere oramai che i vari talenti italiani di successo, come quello della De Filippi, altro non sono che il frutto dei saccheggi fatti dai nostri produttori nel mercato americano. Forse è anche per questo che continuerò a vivere a Los Angeles».

 

“The Family”, De Niro visiting the doctor


20 Sep

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)