Archive for November, 2013

George Clooney attacca tutti, io glielo stacco, attaccando il bugiardo al muro con tanto di chiosa, senza buonismi da chiese ma di chiodo! Inchinati, cheto pietà chiedi!


13 Nov

Da Il Corriere della sega di George:

L’armonia nel massimo campionato degli attori a Hollywood è finita: a rompere la quiete del buon vicinato nell’industria cinematografica è stato George Clooney. Se finora l’attore si è sempre trattenuto dal criticare i colleghi divi, stavolta è stato un fiume in piena. Tanto da stupire gli osservatori più disincantati. Il colpo più duro lo ha sferrato a Russell Crowe.

«UN VENDUTO» – Sogghigna con Brad Pitt, passeggia mano nella mano con Julia Roberts o sottobraccio con Sandra Bullock: George Clooney – è cosa nota nella terra dei sogni cinematografici planetari – è «l’amico di tutti». Mai una parola fuori luogo, mai una critica esplicita, né davanti, né dietro la cinepresa. Cambia compagna una volta al mese, ma le sue amicizie restano ben salde, da anni. Tuttavia, il 52enne è pure capace di altro. Ha detto basta alle buone maniere e con un’intervista a “Esquire” ha buttato giù dalla torre alcuni colleghi superdivi del grande schermo. Ha raccontato dell’alterco col Gladiatore Russell Crowe. Ad iniziare sarebbe stato l’attore neozelandese naturalizzato australiano, sostiene Clooney. La lite tra i due era iniziata qualche anno fa da un commento poco lusinghiero di Crowe che, facendo riferimento ai diversi ingaggi pubblicitari del collega, lo aveva definito «sellout» («un venduto»). Da allora i due si sono dichiarati guerra.

GUERRA E PACE – «La verità è che Crowe mi ha spedito un libro di poesia in segno di pace, ma è stato lui ad attaccarmi per primo. Non so perché si sia accanito contro di me. Ha acceso la miccia affermando: “George Clooney, Harrison Ford e Robert De Niro sono dei venduti”», ha spiegato la star di Gravity alla rivista americana. Clooney si è inoltre preso gioco delle velleità musicali del collega che canta nella band 30 Odd Foot of Grunts. «E poi ho detto in una dichiarazione – ironizza Clooney – “Probabilmente ha ragione e sono contento che ci abbia detto questo, poiché Bob, Harrison ed io avevamo proprio l’intenzione di formare una band”». George Clooney, però, pare inarrestabile e affonda il coltello: «Ma chi pensa di essere quel ragazzo? È un aspirante Frank Sinatra. Mi ha davvero scocciato!». Ciò nonostante, sarebbe in atto un tentativo di riconciliazione: Russell Crowe avrebbe spedito al collega un Cd in segno di pace. «Ha detto che hanno travisato il suo discorso», ha spiegato Clooney.

QUEGLI AMICI DI DICAPRIO – Clooney ha poi confessato di non aver un buon rapporto nemmeno con Leonardo DiCaprio, benché i due non si conoscano molto bene. Clooney ha raccontato un aneddoto poco piacevole accaduto durante una partitella a pallacanestro: non ha per niente apprezzato il tifo da stadio e le urla screditanti degli amici di Leo seduti in tribuna. «La discrepanza che c’era tra la qualità del suo gioco e i commenti fieri dei suoi amici al riguardo mi hanno ricordato quanto è importante avere qualcuno nella vita che ti dice la verità», ha sentenziato Clooney. «E non sono sicuro che Leonardo abbia qualcuno così vicino a sé», ha aggiunto. Quella partita era stata vinta dalla squadra di Clooney per 11 a 0. Solo complimenti, invece, per l’amico Brad Pitt: è senza dubbio l’attore di maggior successo al mondo, anche se cerca sempre di essere la «versione più modesta di Brad Pitt. Ho una grande ammirazione per lui», dice Clooney. Frasi che sembrano riportare di nuovo un po’ di armonia nel mondo di Hollywood.
Finalmente, Clooney si è rivelato lo stronzo che ho sempre sospettato

Da anni, sostengo che sia un puttaniere. Per sua stessa ammissione, hai i testicoli rifatti col lifting di questo cazzo. A praticarglielo, fu un chirurgo plastico che apportò, inclusa la fattura del taglio detto riporto (sì, Clooney ha il parrucchino col ciuffo coprente nel brizzolato di alopecia soffusa alla tinta color nero pece ingrigito che fa più figo maturo simil feci), varie parti del culo. Da cui la sua faccia simpatica quanto un deretano.

La finisse questo bauscia da Lago di Como a far la vita comoda. Ha veramente rotto. Un ex da Elisabetta Canalis. Non scordiamocelo mai e poi mai. Elisabetta io affogherei nel Canal Grande in apertura del Festival di Venezia.
Così, sommersa, imparerà a non schizzare di troppe umidità da sventolata con risotto in gondola. Ecco la passerella!

La finisse questo culetto di far il bello e il cattivo Tempo. Prevedo precipitazioni alla sua testa, e non sarò variabile di nervi, compresa la neve di un effetto va(la)nga se non accetterà la mia ver(g)a. Sono lo Yeti, stai attento.
Sei cascato nella mia rete e non in quelle delle tue donnine che usi come paravento della tua omosessualità incipiente eppur celata. Te lo gelo io.

Ecco il salto di quaglia, mio George di qualità. Poi, te lo prendo nel popò e ti porgo un identico sorriso paternalistico. Sì, sei rassicurante come un buon papà, pappone.
Ma io non credo al Papa e dunque ti castro, ti rendo un bimbo da liofilizzato, te lo infil(z)o e magnati questa pappina.

Che zuppa eh?

Testa di zucca!

 

Rodeo ballante di uno stregone che farfalleggia


10 Nov

Gli sproloqui arroganti e sacrosanti di me, il Principe arrogante al di sopra della legge morale, supremo maestro nella vi(t)a impervia in cui geme(re)te, inchinati al dovere e al supplizio

Vado da una al bar e le chiedo se ha scopato. Mi dice che sono pazzo a pormi così e io le rispondo che non avevo dubbi fosse una troia. Le troie sono queste. Le becco subito.

Sì, non cambio e non mi rammarico delle mie scelte, in quant’odoro di puro cloro, lontano dai cori e di mia voce potente, giammai nella vostra fatiscenza. Dormite, baloccatevi di film che neanche comprenderete, il domani vi sarà opalescente, oh miei dementi. Sempre castigati dal Dio dei timor(at)i, reggetevi giochi e dunque gioghi da piccolo borghesi, annuite “avvenenti” al (di)letto della baldoria a me ignobile. Avvelenante! Destinato all’onore della gloria plasmata in mio e solo, unico e irripetibile graffiare le (s)cortesi bugie di tanta noia che vedo e tentai di curar invano. Sollazzatevi in spiaggia e sdraiati, sul divano, a me sarete solo che più antipatici. Mi slaccerò i pantaloni, imbracandovi di corpo celestiale nel fluttuare liscio fra cosce levigate, le lustrerò in arderle di bagnate euforie d’anni in ano. Di “foro” in forni, fornicante e visto nello scomparire alle lei lagrimanti su mio sudore cangiante. Splendido, lecco le labbra, son specchio di sperma di tua brama, oggi una dama e domani un altro dominante. Dammi del lebbroso e lei s’arrossirà lussuriosa. Rossa e arrosto. D’addominali, espando quel che in mezzo “allarga” d’allungandosi a più non posso, spingendo di premere godente senza spremermi le meningi. Io le mangio spruzzando. Io godo mentre voi dovete lavorare, bervi tutte le cazzate che vi rifilano, addomesticati alla massa, e voi donne sorbirvelo, quando vi rubo ai mariti che altre “botte” dovran assorbire. Fra “assorbenti” e infilante sin su i tubi digerenti, ingerite amarezze e il mio va sempre ch’è una bellezza. Di brezze anche da rozzo, ecco il cazzo stronzo.

Ora, faccia di culo, hai trovato chi te lo fa.
Te lo sei andato a cercar’, abbassati e pigliale in testa.

Dormire o sonnecchiare nel dormiveglia e armi contundenti dell’anima rapita dall’insonnia, dal sonn(ifer)o all’incognita orrenda del Mondo.
Travis si lustra profondo, scova lo scheletrico suo Bickle a luci rosse, penzola d’oscillar vacuo e d’impermeabilità apparente, si sfama di sete rubata in baci setosi su fronte sempre aggrottata nei dubbi che l’esistenza non sia, il suo Cuore gracchia e vocifera, colora lanterne opache del trascendere e nell’Inferno è discesa apocalittica per ascendere a eroe ambiguo, come il Messia. Ché sia Satana o child of God. In tal “diocesi” giudeocristiana della finta società, tortura il suo asma, stira l’anima eppure l’ammira, affinando le sue celate irose, il suo neo(n) rubescente in tal marcescenza e stolta di tutti nell’ammassante marcetta ammazzante, ingrana la marcia delle “granate”, gratta il nemico, suo spauracchio “sessuofobo” o puritano dell’essenza in lui mai tradita. Scarnisce per essere più carnivoro nella metafisica che salta su, impazzisce, svirgola di pneumatico ed arde violento, con implacabili furie ad avventarsi, arroventato pavone finalmente a ventaglio. Smitragliante quel che nascose di vorace. Animale e vampiro, bambino e mostro, mai redenzione ma out of control per combaciare calibrato, perfetto alle imperfezioni della quadratura “accerchiante”.

Sparando, si salva. Gran Torino di Clint Eastwood è forse iniziato qui… nell’apoteosi del più grande Scorsese, Clint è il De Niro “vecchio” di Taxi Driver.

 

McConaughey


09 Nov

Anni fa, sostenni che Matthew McCoanughey è uno dei più grandi attori della Storia, il suo comeback è titanico, brandiano, è Matthew il Dio moderno

No, so che rideste quando l’affermai. Che mi umiliaste d’offese ma, al solito, la mia profezia s’è rivelata tanto lapidaria quanto enormemente reale come ciò che abbiamo oramai, ineludibilmente, sotto gli occhi. McConaughey sta impazzando, e non è pazzia, sfodera colpi sanguigni ripetuti, non s’arresta un secondo, insegue la preda del suo animale in mimica all’apparenza inespressiva che però gioca a soggiogare il suo corpo attoriale, lo modella plastico e palestrato, dimagrito e allucinato, “scopato”, fottuto, sudato e addolorato, remissivo e romantico, “clericale” e sadomaso in mistica d’occhi spettrali per lo spettatore sempre più innamorato.

I sentieri selvaggi già l’osannano e leggiamo tale recensione in anteprima.

Voglio morire sui miei stivali.
Nella frase di sfida lanciata dal Ron Woodroof di Matthew McConaughey ai medici che gli danno solo 30 giorni di vita e che vorrebbero tenerlo in ospedale sta l’essenza di un film che pur raccontando, come milioni di altre volte, l’odissea della malattia nei rivoli della Giustizia, non si perde per vie procedurali, ma costruisce un ritratto nitido e possente del sogno americano, quello che va avanti, nonostante tutto, e da cui è impossibile non restare affascinati.

Un sogno americano che ha le fattezze maschie, redneck, malgrado il deperimento fisico, di un colossale Matthew McConaughey, di nuovo col cappello da cowboy dopo il twist of fate friedkiniano di Killer Joe. Il suo Ron Woodroof è un loser abituato come l’indimenticabile wrestler di Mickey Rourke a incassare i colpi, a vivere intensamente sul suo corpo ogni errore, portandone i segni, i lividi, i buchi. E a pagare, perché non esiste un secondo atto nelle vite americane. O forse sì. Forse è possibile risorgere, reinventarsi, rifondare il sogno. Daccapo.

Jean Marc Vallée firma il suo film più denso, più compatto,  ritornando a esplorare la diversità, l’alienazione dei reietti attingendo a dinamiche di gender e alla sua idea di famiglia, rifiutata e ricreata, come in C.r.a.z.y., ma all’interno della più vasta tradizione hollywoodiana, quella dei John Doe, degli eroi positivi, della solidità del classico. E infatti il suo Dallas Buyers Club avanza compatto, da manuale, affondando nel calvario del virus, nella desolazione umana e affettiva che lo circonda, per poi trovare una possibile via di salvezza nell’amicizia, nella solidarietà, ma soprattutto nell’intraprendenza economica.

È un last tycoon Ron: un imprenditore che trasforma il suo male in merce, in prodotto da vendere. La sua vera cura non è l’aloe ma il business, ed è in questo che Vallée indovina la via vincente aggiungendo strati su strati, lavorando sulle direzioni divergenti e complementari del maschile e del femminile.

Facendo di un eccezionale McConaughey e di un altrettanto meraviglioso Jared Leto i poli di attrazione di un racconto che, da una parte, guarda in direzione del capitale e, dall’altra, si concede aperture intensamente emozionali grazie alle fragilità di Rayon, alle sue tenere debolezze.

Entrambi esasperano i loro caratteri, mettendo in scena il cowboy con gli speroni e la reginetta del ballo, tutta trucco, abiti rosa e ciglia finte. Perché il centro di ogni sogno americano è la performance: quella acrobatica del lottatore di Aronofsky, così come la grande messa in scena hollywoodiana orchestrata dall’agente Ben Affleck in Argo, film al quale, pur con tutte le differenze del caso, il film di Vallée sembra rifarsi, in modo del tutto istintivo.

Come cinematografica è la continua e camaleontica performance di Ron, pronto a vestirsi da prete o da uomo d’affari per importare i medicinali, guardando sempre al cinema, in quanto elemento fondativo dell’economia (e della stessa identità…) americana.

Ed è allora uno strano oggetto questo Dallas Buyers Club, a prima vista così canonico, “film d’attori”, come si diceva una volta. Giustamente, perché dietro la mole di oscuro lavoro del regista canadese, che consegna il tutto con una fotografia livida e un lavoro sul suono appena didascalici, è veramente attraverso gli interpreti, nell’istrionismo performativo che il sogno si perpetua.

 

Ronin


08 Nov

Come guido io la macchina, neanche De Niro di Ronin, guardare il video per (non) credermi, evviva i baci alla francese coi tramonti di Nizza e Jean Reno d’accento sulla “o” di Renault!

Grande Lou!
This magic moment
So different and so new
Was like any other
Until I met you
And then it happened
It took me by suprise
I knew that you felt it too
I could see it by the look in your eyes

Sweeter than wine
Softer than a summer’s night
Everything I want, I have
Whenever I hold you tight

Prefazione ironica, tratta da un Crash quasi alla Cronenberg nello Shyamalan di Unbreakable: due incidenti da “scemo” e non ebbi neanche i riflessi per gridare “Accidenti!”

Me la cavai con un dente rotto e una rettoscopia che esplorò le mie “cavità” per controllare se c’erano emorragie interne: e chi pensò all’assicurazione? Quella dissangua!

La mia guida fa merda, vero? Strano, i miei pensavano di chiamarmi Guido. Battuta come il cucco, pronunciata da Sly “Balboa” nel secondo Rocky.
No, a parte gli scherzi, sono un decano del volante, “solo” due incidenti da “poco”. Se non scoppiava l’airbag, sarei al cimitero. Avevo la Polo. Alla seconda, tamponai una pazza in tangenziale perché mi ero distratto a guardare una topa vicino al guardrail. Non era una zoccola dei viali ma una ratta di rara razza. L’ambulanza mi portò all’Autogrill, ove ordinai tre tazze di Lavazza. Vomitai nel cesso, non per essermi salvato a stento, ma perché il caffè era avvelenato. Scoprii dopo che c’era un complotto, ordito dalla barista che ne voleva an(n)i fa ma all’epoca virai a non cagarla. Le tentò tutte per ammazzarmi, prima la topa pelosa e poi il fegato distrutto.

Colin Farrell, il ferro da (s)tiro


08 Nov

Winter’s Tale con Colin Farrell, trailer stupendo, manca però la filosofia di Frankenstein Junior, cioè Peter “Mago” Boyle, il wizard of lies a Travis…

 

Bombardamento di trailer, la stagione “invernale” è arrivata: da Winter’s Tale con un Farrell “stupendo” al reboot di Robocop, buona Coop di addobbi per tutti…

Copriti col cappotto, lascia stare i gobbi, vai al CUP e sempre evviva Francis Ford Coppola, uno che magna e non gira più un cazzo di nulla!

Sono Colin Farrell di Winter’s Tale, buon mantello da lupo non mente, io impersono il miracolo vivente, salvo Martin Scorsese e anche Henry Hill diGoodfellas

Guardo il trailer di Winter’s Tale, sto male, soffro di colite per Colin. Quest’uomo buffo, beffardo, “capriccioso” di sopracciglia ispide, dai capelli corvini in bianca, lattiginosa pelle d’un visino stronzone come pochi, che sfida Russell Crowe cicatrizzandolo, ma è (in)deciso fra la rossa e Jennifer Connelly e preferisce scoparsi il Passato di nostalgia, questo Farrell fanatico, alla Falotico, che gigioneggia di carisma, che è vanità “incorporata”, che in alcuni momenti ibridi fra l’ira e il nervosismo…emula Al Pacino, che “scoreggia” d’una recitazione tutta sua, non sai se è bravo o fa lo scemo apposta per guadagnare nei minuti del finale in cui va da Dio su espressione commovente, sorseggiante iridi magnetiche e statua maestosa dei pettorali “forestali”, ché conosce il potere “nascosto” del “colpo” maestro su cavallo di jeansstrappa(n)ti.
Colin è il figlio di puttana per antonomasia. Ieri, fu il suo onomastico, sì, “San” Culone del suo ferro. Non è mai arrugginito, ruggisce, Colin sbraca, di sperma macchia eppur la sua filmografia accresce d’anno in “ani”, fra una nerona modella spompinante di nome Nicole Narain, Jolie Angelina nell’intermezzo prima del Pitt Brad, altre bottarelle di qua e di là, compresa Britney Spears, tanto per “spassarselo” nel pop da zoccolaina però di discreto “appiopparglielo” nel di lei “microfonino”. Stallone di zoccolo da razza cagna. Già, Britney ce l’ha piccola, è invece Farrell profumato al phon e amplificatore fra concerti per mandriani come in Crazy Heart, lo spettatore sconcertato d’alcune sue smorfie sul deficiente andato appunto a puttane nel rodeo, stronzate varie, film d’autore, apparizioni che lasciano il “segno”, un portamento degno d’un principe quando non gl’inquadrano il naso bugiardo, quindi di (fondo)schiena a più (ri)prese per il culo, poltroncine adoranti il Colin, grande amante e Don Giovanni cascamorto di fascino alla mortadella e un’indubbia presenza scenica da (im)battibile. Lui domina i giochi, sta sopra e voi lo dovete prendere.
Che c’entra Scorsese? C’entra. Gli sto dedicando un saggio. Io e Colin “assaggiamo” fra una che massaggia e tu che c’urli “Mannaggia, v’ammazzo!”. Invece, non ammazzerai proprio un cazzo. Noi li moltiplichiamo. Non c’è due senza tre, quanti sono? Impara prima a stare a posto… poi estrai quello che ti sodomizza.

Siamo bravi ragazzi!

Da quando mi trasformai in Rococop, la mia “sfiga” fu un “rifacimento”, insomma: volevo solo una vita normale ma gli asini mi resero un Isaac Asimov, un “insaccato” più che altro…? No, grazie, mi basta il “salame”

Nella mia vita, ne ho viste di tutti i colori, alcune di primo pelo, altre bagasce e basta.
Più passa il Tempo e più accuso acciacchi e non esco di casa se non a fasi alterne, dicasi anche stadi umorali del cattivo temporale. Eh già, quando “piove”, bisogna proteggersi dalle intemperie, dette anche le ragazze che succhiano il frutto “stagionato” dell’amore.
Ragazze umide, sempre in calore.
Donne di enorme carrozzeria ma non meritano il mio Principe. Devo ancora trovare una Cenerentola a cui regalare un calcio in culo. Per ora, m’accontento dei culi. A volte va, altre non “entra” e mi ci vuole il sessuologo. Egli studia con “cura” la proboscide ed aspira quel che, fra le cosce, fa male anche alla mia anca.  Un veterinario di vertebre. Eh sì, sono invecchiato. Un Tempo ero uno che lo faceva… camminare dritto in tutti i buchi, un lupo da fruttine di bosco, adesso inciampo in tante buche, da cui il detto non tutte le ciambelle riescono col bello. Sì, alcune sono troppo zuccherose, provocano il diabete, la gastrite, il basso ventre vomitante e mi devo recar in bagno a (non) cagarle di “sciacquone”. Nei cessi, la sveltina è una merda come te. Sei arrivato a quaranta d’anagrafe e neanche un ano da giraffa. Nessun bidet ma molto tè, piglialo nell’autoerotismo con aplomb inglese. Dai, mio plof, ti offro qualche caraffa e Raffaella Carrà. Vedrai poi come più del tutto non t’andrà.
Se vuoi l’idraulica pompa, al “pompelmo” tua moglie fa il meccanico nella tua Arancia kubrickiana da chi non ha capito un cazzo, e neanche quella, in tal Mondo di prese per il cubo di Rubik. Apri il rubinetto e pulisciti le mani onanistiche da sporchi fazzoletti.
Sono questo.
Vado accettato così.
Insomma, sono “grande e grosso”. Un robot di “botte”.
Non è Estate, non è Tempo di grandinate, ma di granita a un’altra “pepita”.
Che c’entra Peter Boyle? Il tassista non è un docente di niente, ma docet. Si doccia? Sì, è pulito seppur si sporca nelle strade, è docile nonostante un aspetto da omone. Non è omofobo, è tranquillo.
Travis è dubbioso, disperato, angosciato e si affida alle “mani” robuste di Peter. Consiglio “utilissimo” il suo, da utilitaria. Prendere la vita per il lavoro che si è. C’è chi fa l’avvocato, chi muore, chi nasce, chi non cresce, c’è Peter Pan, c’è Iris (sul digitale terrestre di Berlusconi), c’è Sport ché bisogna farlo altrimenti s’ingrassa, c’è Facebook per lo sfogo quotidiano dei lamentosi con brufoli a 50 anni, c’è la culona del canale “Colin, curami dalla cellulite, ingollandomelo di magro e crudo”, c’è chi si butta dal ponte e chi si ripara quello gengivale, buttando soldi per una dentiera che non serve ormai che non si limona più, c’è chi puzza d’alito e a chi gli puzza sotto il naso, chi guarda un porno con la moglie che applaude contenta, beati loro e felici tutti, c’è chi scommette sulle partite di Calcio ma riceve solo calci nelle palle con libretto di “giustificazioni” e il direttore che lo libera a un’allibratrice libellula, chi se la beve e chi se la gode, chi tromba e chi è Rambo, due più due quanto fa se quattro assi non sempre vincono?

Sì, Colin. Fidati. La vita è così. Come te. Una faccia da culo.
Ci sta, non sempre. Anche tu le devi prendere.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Taxi Driver (1976)
  2. Paradiso perduto (1997)
  3. Storia d’inverno (2014)

Davide Viganò, cioè colui che conosce la parola anima


07 Nov

Capita che si parli tanto di amicizia, capita di sbagliarsi, di affidarsi a sensazioni sbagliate. Capita. Fa male quando non riesci a condividere i tuoi sentimenti migliori con persone che probabilmente pensano di meritare altro. E quando ti svegli dalle tue illusioni, ti dai la colpa per i fallimenti e altro. Io però credo che, per una relazione che vada male, di qualsiasi tipo, altre sono lì ad aspettarti. Non serve farsi venire il sangue amaro e, se potessi, le lacrime sparse per le persone sbagliate le riprenderei per donarle alla vita e alla gioia di chi le merita. Succede, sai? Sono lì accanto a te. Magari non hai dato da subito l’attenzione che meritavano, magari non ci fai caso ma, quando incrociano la tua strada, comprendi che è meglio tenerseli per sempre. Chiamala come vuoi, amicizia,va benissimo per me. Ed è questo continuo condividere, scambiarsi, imparare, confidarsi senza paura, è avere il coraggio di litigare e stare male perché non vuoi aver fatto del male a lei o a lui. Questa è la cosa migliore che abbiamo, per noi e per gli altri. La cosa che non vorrei mai più sprecare e che dono a te amica mia, che ogni giorno sia compleanno e gioia. E la dedico a voi amiche e amici miei di Facebook ché possiate avere il dono prezioso di amicizie forti e vere. Dai che oggi son romanticone come il tenerone del drive in.

Il senso critico delle persone (termine che preferisco a gente, in quanto mi sa tanto di mandria amorfa) è sacrificato a un disimpegno totale in nome della leggerezza, intesa come massima superficialità arrogante e cafona. Si, miei cari e mie care, adesso parte la predica del solito profexxorone, radical chic della casta. E ve la beccate. Perché me ne frego assolutamente di voi, di quello che siete, della vostra mediocrità, che non è il voler qualcosa di leggero al Cinema, ma ché questa mentalità la esportate fuori. Ridanciani, menefreghisti, con il pensiero vago e debole e l’arroganza del pirla contro qualsiasi forma di approfondimento. Lascio a chi si illude il compito di studiarvi, di comprendervi, perché nel sistema ipocrita liberal-capitalista l’imbecille che per inerzia fa maggioranza non viene chiamato con il suo nome e cognome, ma va capito e compreso. Grazie a lui e a qualche comicastro mediocre che gioca al ribasso delle situazioni e delle battute, oh facciamo i soldi. Benissimo, molto bene per le sale, i lavoratori, molto bene. Però potete evitare il discorso: così finanziamo il Cinema di qualità, si presuppone che questo significhi avere spazi per film di non facile consumo. Cosa apprezzabilissima, ma quanto spazio effettivo hanno codeste pellicole? Una sala per questi film, rassegne, visioni di classici, ecco una sola sala sarebbe sacrificabile a queste cose? Visto che dobbiamo ringraziare Lammmmerda che vende tantissimo e il popolo coprofago che è simbolo totale del Paese. Alla fine come vengono finalizzati, usati, quali progetti altri e oltre? Non viene il sospetto di essere complici della morte del Cinema italiano in termine di idee, anche cattive eh?, di stile, di tentativi pur inseribili in contesto di genere? Per una somma mediocrità, un’apatia cerebrale che viene vista come cosa salubre. Il senso critico, la coscienza di essere uno spettatore e non un pirla che twitta, ridacchia, parlotta, gioca con il cell o il tablet o peggio ancora si nutre di questa immondizia di storie, personaggi, tecnica, cioè IL CINEMA, ecco quando abbiamo cominciato a perderlo? Perché ci siamo arresi? Perché si prova vergogna nel dire: sì, a me piace il Cinema e sono uno Spettatore Indisciplinato. Tu mi dici che questa è la regola, che va bene così? BBBBBUCIOOOO DE CULOOOO! come ti risponderebbe uno degli eroi di Boris. Perché non è nemmeno la voglia di distrarsi, di divertirsi, cosa sacrosanta e infatti il Cinema di intrattenimento popolare ha una importanza totale e assoluta, e una doppia responsabilità: tratti con strati le fasce che si meritano dopo una dura giornata di lavoro uno svago che li premi delle loro fatiche . Per questo si dovrebbe sempre aver in mente di offrire grandi cose. Non è più così. Una volta c’era la grande commedia italiana, siamo sempre qui dannata nostalgia e retorica da occhialuto gne gne, e c’era una industria tutto sommato florida e produttiva. Da Visconti a Girolami, da Mattoli a Scola e tantissimi altri. Film riusciti o no, opere memorabili e cazzate inguardabili, ma tutti con un punto in comune: si faceva CINEMA. Questa cultura si è persa. Il pubblico piatto e distratto della tv è anche quello delle sale, i film hanno tempi e strutture televisive, la leggerezza è diventata superficialità reazionaria. Non si è capito che il pilastro del nostro Cinema è La Commedia, piaccia o no, è quella cosa lì. E il neorealismo, per noi che amiamo certe cose, ma per le persone è la Commedia così mentre revisionisti, cultori del trash e del brutto che è arte e rivoluzione – lasciatemeli processare questi e i popolan chic fatemeli fucilare – erano presi a ingigantire l’importanza dei generi di importazione, uno dei nostri prodotti migliori veniva sputtanato, indebolito. Ed è un discorso anche di cassetta, economico. Si perché quelli, che se la prendono con i radical chic, nemici del popolo e che parlano di gente e masse popolari di Cinema popolare, che idea hanno veramente di essa? Che sono dei coglioni. E allora sforniamo il comicastro del momento, ci mettiamo battutine penose, una regia piatta e apri tutto. Nemmeno si affidano a guitti geniali, artisti della risata e del buon umore. E ora le Tenebre!

“Winter’s Tale”, Trailer


07 Nov

Robert De Niro e 5 milions per Ray Arcel, che uccello!


07 Nov

Panamá, 6 nov (PL) El actor estadounidense Robert de Niro cobrará cinco millones de dólares por su participación en el filme panameño Manos de Piedra Durán (Hands of Stone, título en inglés) donde encarnará al legendario entrenador Ray Arcel.

La película, que ya se está rodando, es sobre la vida del mejor boxeador de Panamá de todos los tiempos, Roberto Durán, conocido en el argot boxístico como Manos de Piedra por su fuerte pegada, y cuyo nombre lleva un barrio popular capitalino.

Durán, a sus 70 años y un físico envidiable, sigue siendo un gran personaje en este país.

De Niro llegará a Panamá a finales de noviembre, y ya pidió un camerino especial de lujo, aunque lo usará solamente en el rodaje pues se hospedará en un hotel de la capital junto a su hija Drena, quien también actuará.

El protagonista de la cinta será el venezolano Edgar Ramírez, quien hará el papel de Durán que le estaba asignado al mexicano Gael García Bernal, pero que no pudo cumplir por problema de agenda.

Jonathan Jakubowicz, director, se siente complacido con Ramírez, de 36 años, cuya carrera va en ascenso desde que protagonizó hace dos años a Carlos en la película francesa El Chacal, y Zero Dark Thirty, de Kathryn Bigelow, sobre la acción militar que liquidó a Osama bin Laden.

La estadía de De Niro en Panamá será de unas tres semanas en las que obtendrá cinco millones de dólares de los 14 que costará el filme, el cual se rueda en sitios como El Chorrillo, gimnasio Roberto Durán, Parque Urracá, Casco Antiguo, Avenida B, y Guararé, entre otros.

Al elenco se sumará el salsero y actor panameño Rubén Blades, quien conoce a De Niro y es amigo de Durán.

Batman è tornato, rising!


07 Nov

Prefazione “allarmante”, su “psicopatico Bruce Wayne cazzeggiante, di buon cazzo per Kim BasingerMichelle PfeifferNicole Kidman, via dicendo, “oscurerei” Hathaway che mi sta sul “culo”

 

 

Notizia da prima pagina, basta col “New York Times” da Spider-Man, quel nerd da me riceverà solo un Kick-Ass. Ah ah.

Dopo assenza (in)giustificata dal suo abitacolo alla Batmobile, il qui presente Batman, causa anche “incidente” involontario che mi “paralizzò” gli arti inferiori, dicasi peraltro (quasi Pearl Harbor, cazzo) farmaci antidepressivi sedanti, ha ripreso a sguinzagliare la macchina, scorrazzando per la Bologna notturna. Sono guai per i cattivi. Li asfalterò.

Se i cattivi vi fanno pena, io “lo” impenno e taglio loro il pene. La mia sex machine non va mai in panne, di panna lustra la carrozzeria “inferiore” nel “reclinabile”

Tu, invece, inchinati e levati di pal(l)e. Dammi il Chinotto, preferisco la “gassosa” del mio gasarmi. Tu, zoccola, finiscila di “succhiarlo” al Limoncello

Ne vedrete delle belle? No, non credo. Vedrete cazz(on)i amari, “volatile” per diabetici al vostro, per dirla alla Banfi Lino. Nessuna scusa, nessuno può “tenermelo” fermo.
Il “mio” depista, oh miei teppisti, dribbla “tortuoso”, tortura a logorarti, spacca, si fionda, inculante è “amatore” a doppio taglio. Ti estraggo l’arma dalle mutande e ti spiaccico di merda che sei.
Signori, e soprattutto “signore”, Batman è tornato a “volteggiarlo”. Striscia come una biscia, lascia l’orma di “mantello”, svergina nel bersele a collo, poi a tracolla ti scotta il didietro. “Tamponando” le tue mal(e)fatte. Batman è colui che, dal buio, spunta per sputarti, ribaltando la tua testa “calda” e avvoltolando, senza bavaglino, i tuoi testicoli. Quindi, sgomma veloce, di “Sorbetto” è sveltina per una sgualdrina da consolar con della spremutona secca, quindi si reca in chiesa, ove si scoperà la milf superiore, molto più bona e da “allungo”. Sull’altare “benedice”, di “ostia” ard(isc)e e di cosce lo scudiscia. Fa godere, ma anche un po’ male perché il “letto” è di marmo, lei ha dei cuscinetti sodi però manca il cuscino morbido. Cristo! Porco Dio! Comunque è della Madonna!
Il prete scopre la ma(ga)gna, ci scomunica e prova a (s)confessarmi. Mi prostro di “crostata” anche alla mela dell’altra suora, al che chiama il Papa e son costretto a dipingergli la “Cappella” come Michelangelo.
Questo è Batman. Uno stronzo. Se ti piaccio bene, se no ti rubo tua moglie.
Donna cat, donna che sa il vero, non ipocrita, donna da piccante cazz’.
Te lo appicca e lì deve pigliarselo.

Esce il “director’s cut” d’una delle più grosse stronzate mai viste sul “piccolo” schermo, lo spot del nuovo profumo dei dolcini con le gabbane

In una città, su du’ palle da Mina e cieli nelle stanze, colonna sonora da buttarti giù senza bisogno di “spinte”, appare Matthew-“Paul Newman” con gel, smile, viso semi-inespressivo e ammiccamento incorporato nella targa. Scarlett esce da un albergo, ove la sera prima aveva “ospitato” un nero di Harlem, sorride infatti a 32 “carati” e borsetta “classy”. Era stanca degli intellettuali mosci alla Woody Allen.
Nasconde i profilattici? Mah, vira tutto “sfumato”.
Sale in macchina e Matthew la butta… in “poesia”, con frasi d’amore da bacetti Perugina e occhio sgranato in taglio di capelli b/n, forse tinto, fintissimo. Nessun altro per le strade, stanno tutti scopando a Roma ladrona con lo sfondo infame del Ponte di Brooklyn. Matthew, il latin lover de’ no’ atri, “gentilmente” (non) apre la portiera e aspetta già che Scarlett gli apra la patta. Fanno… le scale e si ritrovano in cima al grattacielo. Lui continua nel giochino birichino, la Johansson ci sta e gli da corda, forse vorrebbe impiccarlo o sussurrargli “Basta, appiccami, finiscila con questo panegirico”. Si girano di spalle e compaiono le confezioni nuove di “zucca”.
Lo spettatore si aspettava un porno e invece dovrà comprare questo profumo da cinquemila Euro per fottersi una proprio “identica” a Scarlett, la bagascia biondina del quartiere dedicato ai pescivendoli del pesciolino in salamoia, dal titolo “Prova la poveretta con dell’aroma di pompetta, detto spruzzo o spray del maschio che non deve chiedere mai, tranne la cassaintegrazione”.
Ce la vogliamo dire?

In casi di estrema “urgenza”, quando abbiamo perso anche Scorsese Martin, ci vuol un Batman coi “fiocchi” che prende Scarlett e la lancia giù. Avenger!
Con tutta Gotham City ad applaudire il suo “eroe” e Gordon a urlare, ridente di gote: “Finalmente, uno che finalmente ha avuto il coraggio di ammazzare quella sciacquetta della Scarlett”.
Batman viene eletto sindaco del cazzo con tanto di statua in piazza di “bellavista” e nessuna foglia di “figo”.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Interstellar (2014)
  2. Mud (2012)
  3. Thor: The Dark World (2013)
  4. Batman (1989)

Poesia Woman dedicata a Jim Morrison


06 Nov


Erano strange days per noi di un’altra epoca, oggi martirizzata dalle macerie della “modernità”. E morirò prima smorendo con Jim Morrison

Oggi, ho toccato il fondo, ma posso affondare di più, nel raschiare il barile su mio fondo di gola ferocissima, intonata alle melodie. Qui, io vivo, vergante generosa mia simbiosi col Mondo, il brivido mi percuote e l’anima s’assottiglia, attizza ove chi son Cuore che (non) brucia.

Per Stanotte è finita. Ancora io no. Stalloni, salite in sella, di sale salivate…

I labirinti saranno tanti, la fatica mi spremerà e in qualche coscia premerò, spingendo a tutto volume. La gente si suicida per mancanza di pecunia, altri s’uccidono solo per la figa, altri non si salvano per un “pelo”. Comunque sia, schiacciando il pedale della batteria, nel cazzeggio del chiasso, istericamente canto, sì, modulo una vocina che lievita ed eviterà sempre gli sbandamenti della rettitudine, in asservimento a me l’unico Dio sceso in Terra da quando qualcuno creò il Mondo. Ironico, volteggio, quindi “fannulloneggio” ma imprimo carismatico odore di pantaloni, con un po’ d’accenno in zona “losca”. Lei mi tocca per provocar ché s’issi da “martire”, però entra di striscio, con logorii serpeggianti dell’onda anomala su (rin)culo e abluzioni a fregarsela.

Sì, sono “fottuto” ma sfianco e nessuno mi sfianca. Tu sì, sei L.A. Woman.

Genius-Pop

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