Archive for September, 2015

Intervista a Irene Stasi


30 Sep

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1) Quando è iniziata la tua passione per la scrittura, Irene? Raccontaci se è nata col tuo io, appunto innato, congenito o s’è sviluppata in seguito… a qualche esperienza di vita che t’ha “obbligato” al percorso letterario, com’è avvenuto per molti di noi.

Ho capito mi piacesse scrivere solo da qualche anno anche se, riflettendoci bene, sin da bambina ho da sempre tenuto in mano matite colorate, fogli e penne. Pertanto, ho forse solo atteso che questa passione trovasse spazio.

2) Potresti elencare, brevissimamente, i tuoi romanzi e citare, parlandocene, quello a cui sei più affezionata? Non dirmi tutti, mi piacerebbe proprio che ne scegliessi uno, in particolar modo.

In realtà sono un esordiente, ho pubblicato un primo romanzo e sono in attesa di veder nascere il secondo. Oltre ogni distanza è la mia prima fatica letteraria e credo che ne resterò sempre particolarmente affezionata… É con questa stesura che ho capito cosa volessi fare nella vita e tra l’altro ho vissuto intensamente tutta la storia. Erano i personaggi a guidare la mia penna mentre le loro personalità mi hanno pervasa senza mai risparmiarmi. Il racconto è un continuo oscillare di eventi ed emozioni, quelle per cui, a par mio, vale la pena vivere.

3) Domanda ch’esula un po’ dal consueto. Ammirando le tue foto su Facebook, in cui spicca la tua vitale bellezza euforica, non avendo ancora letto un tuo libro, quello che posso però dedurre è che siano romanzi in cui è “incarnata” la stessa tua bellezza esteriore, riflessa semmai in introversa prosa leggiadra. “Correggimi”, se sbaglio.

Mi reputo una ragazza semplice, i giudizi su quella che possa essere la mia bellezza estetica li lascio a chi si sofferma a guardare solo quello e a non vedere oltre. Le persone vanno scavate nel profondo, un bel visetto o un bel sorriso non sono le armi che si utilizzano per costruire mondi paralleli o far emergere sentimenti, ciononostante mi lusingano i complimenti ma preferisco essere apprezzata per quello che trasmettono le mie storie piuttosto che la mia presenza di giovane donna. La bellezza (che tra l’altro non percepisco così evidente in me), andrà via mentre la grandezza d’animo resterà fin quando non ci si stancherà di crescere.

4) C’è un verso o un segmento dei tuoi libri che tu stessa citi a memoria, che t’è particolarmente caro? Se sì, puoi riferircelo?

Sono affezionata alle intere storie e le citazioni dei miei libri mi piace riscoprirle nei lettori. Percepire di essere arrivata a loro ed essere portatrice di sentimenti comuni mi riempie di gioia. Fondamentalmente condividiamo tutti le stesse angosce, paure e desideri… Sapere di non essere soli in un mondo affollato è confortante.

5) Come percepisci la vita? Come una continua, perlustrativa scoperta o come un enigma del quale hai già disvelato molte verità e/o certezze?

La vita è sia enigma che continua scoperta, forse è proprio questo il bello, doversi mettere in gioco con le proprie paure e fragilità per dare risposte agli innumerevoli interrogativi davanti i quali l’esistenza ci pone.

 

di Stefano Falotico

Le genialità di un mondo che ama la banalità, cari stagisti (in)aspettati


27 Sep

Dove ti vedi fra dieci anni? A prenderlo in culo, come sempre.

Intern

Stamattina, sul mio canale YouTube, ho ricevuto un commento riguardo a un mio video che, ivi, copio-incollo:

Caro Stefano, non sono certo uno con pregiudizi, ma nel dirti che non sei normale ti sto facendo un complimento perché la “pazzia” è genialità ed è l’ingrediente migliore per questo Paese. Volendo analizzare il tuo lavoro, riconosco il tuo talento coltivato nel saper manovrare la lingua italiana con grande facilità e fantasia e in alcuni tuoi video l’ho apprezzato, anche se a questo punto non capisco il tuo intento. Poiché ad esempio in questo video ho sentito solo un ammasso di periodi infiniti rimpolpati allo strenuo di aggettivi altisonanti e subordinate improbabili. Potrei apprezzare di più quello che fai se sapessi come mai lo fai e per quale scopo lo fai.

 

Io ho risposto così: Caro Andrea, apprezzo molto questo commento. No, credo di essere, in cuor mio profondo, molto più normale dei normali, tanto normale da sfociare nella pazzia. Eh eh. Perché spesso il mondo nostro prefabbricato in e di regole vetuste, mi rende “annacquato”, mi nausea e ho bisogno di “sfoghi” letterario-cinematografici per sentirmi vivo. Quando la troppa normalità, come dire, mi annoia e affoga in un mare di banalità. Non so se sono un genio ma probabilmente non voglio neppure esserlo. Sai che responsabilità essere investiti di questa patente? I geni hanno degli obblighi, si chiede loro proprio di essere sempre diversi dalla massa. Ed è questo un peso che non sopporterei. Mi asfissierebbe, mi sentirei travolto da responsabilità troppo grandi per la mia, come di tutti, “limitatezza”. Mi sentirei un alieno. Rispondendo al tuo quesito, questo video è datato Ottobre 2012, fa parte di quel periodo di mie forti sregolatezze e necessità, ripeto, di giocare e divertirmi, anche esagerando, con le parole. Di sperimentare vie lessicali “incomprensibili”, che potrebbero, di primo acchito, apparir folli o irriverenti. I miei video (comunque, ora, come forse avrai notato, ne giro molti di meno, essendo preso da “cose più reali”) non avevano e non hanno scopi “maieutici”, didattici o informativi, sono puro, personale divertissement, vaniloqui di calembour nonsense, volutamente e non. C’è chi li apprezza e chi li odia. Non cerco il successo come un “normale” Youtuber, non so in fondo quello che cerco. Forse le stabilità emotive che, dentro di me, non arrivano e non arriveranno mai. Ma è un modo come un altro per esternare, anche se inascoltato, la mia voce.

 

Ricordate: pensate al presente, al domani non vi è certezza. Sappiatelo, quando vostra moglie vi chiederà il bis e voi non avete saputo darle un cazzo.

 

 

di Stefano Falotico

Robert De Niro Talks Bernie Madoff Role, Flip Phones | TODAY: Lo stagista inaspettato e Bernie Madoff/De Niro: avete perso il senso della commedia, truffatori cinici


25 Sep

De Niro Madoff

Da un po’ di giorni, sto seguendo appassionatamente il saliscendi della media voti su “Rotten Tomatoes” riguardo alla valutazione di The Intern. Il risultato non è ancora “unanime”, ma oscilla fra il 50% e una cifra di percentuale in più e in meno, a seconda della recensione (de)stabilizzante. Ove penderà l’ago della bilancia? Sarà “fresh?”.

Critica americana scissa fra gli elogi e gli apprezzamenti, le critiche, appunto, fra chi osanna questa Nancy Meyers, al suo ritorno dietro la macchina da presa dopo 6 anni di assenza da It’s complicated con Meryl Streep, definendo la sua commedia “vecchio stile con fascino”, affermando che è “charming”, altamente “stimando” le performance di De Niro e di Anne Hathaway, plaudendo lo “scenario” così ben “arredato” e “scenografato”, e fra chi non tollera, in tempi odierni, ove vanno di “monta” gli effetti speciali ipertrofici, tale “effetto nostalgia”, ripudiando la pellicola e liquidandola con “sputi” a base di sfottò e dar del rincoglionito a De Niro.

Invero, io vi dico che De Niro, come possiamo vedere quando si toglie il cappello, scappellatevi, è Bernie Madoff e conosce la truffa dei poveri morti di fame.

Questa società a base di (ri)cotte, Justin Bieber e troiette varie, accompagnate da ricc(hi)oni, è uno scandalo “finanziario” alle nostre cosc(ienz)e.

di Stefano Falotico

La caccia alla “mia” strega, ci pensa Vin Diesel


24 Sep

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In verità, vi dico, che Anne Hathaway non mi fa tenerezza ma durezza, ah ah


24 Sep

THE INTERN

Sana cattiveria, finiamola coi buonismi, esigiamo un uomo che non guarda in faccia nessuno, scal(ci)ando.

Finiamola con questo mondo di baci, cagnoline e bacetti da micine. Io sono tremendo, il terremoto, la persona non adatta a questo mondo piatto, assuefatto alle false armoni(ch)e, ai discorsi retorici, alla melensaggine alla quale son riluttante, vomitante, nel cinismo mi bardo, lord e al contempo balordo, non frequento il branco, voi, vittime, abbrancherò, nuoto sott’acqua di branchie sottili e le prede afferro… per il collo, in aria scaraventandole. Le ficco in culo! Non sopporto queste donnette che mescolano il caffè per minuti agonizzanti del mio pazientare prima d’affondar il cucchiaino nell’ingollarmele senza zuccherare di mio “cappuccino” scremante un sano orgasmo “macchiato”. Non sopporto questi doppiopetto azzimati, sbarbati, accompagnati dalle Barbie segretarie “tuttofare” nel “caramellarseli” con la “ventiquattrore” del loro stropicciante rimmel “lì” asciugante le frustrazioni lacrimose. Basta con le mimose, con le spose, col tranquillo riposo e con la gente (s)posata, basta, smettetela di propugnare questo sentimento fatuo che chiamate amore. Nessuno mi vuole, io, eremitico, non voglio loro, sogno un castello con molti lupi e ponti “levatevi” dal mio st(agn)o. Di mio, non cerco nessuno, scateno le risse, piglio a schiaffi un rincoglionito per “raddrizzarglielo”, di “picconate” son piccante, in pigiama me “lo” trastullo e non pig(l)io un cazzo. Ma così va, meglio del vostro, mostri!

Vado da Anne Hathaway e le faccio capire che non è carina come vorrebbe apparire. Si spogliasse! Lei sa che, come tutte le donne, ambisce a una sola cos(tol)a, a quello fottuto in mezzo alle sue magre cosce.
Volevi la bicicletta, attrice? Allora, pedala.

di Stefano Falotico

The Intern: la mia è una continua resilienza, eppur la vita si “allarga” e lo stomaco ingrassa, nonostante l’esistenza magra ci provi…


22 Sep

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Cos’è la resilienza? Sì, avete letto bene, parola assai desueta, usata in “gergo” psichiatrico per definire uno stato umorale di questo tipo, come riporta la nostra (ab)usata Wikipedia: in psicologia, la resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità.

Sono persone resilienti quelle che, immerse in circostanze avverse, riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti.

Dunque, io sono un “residente” della mia tenacia resiliente, talvolta valgo “niente”, ieri valsi, domani varrò, nel futuro delle leggi a me stes(s)o varerò, il mio dentro continuamente varierò e, in questo tempo (varia)bile, avrò valore.

Dar valore a una persona. Molte persone, in questa società spersonalizzante, vengon appunto svalorizzate, perché superficialmente giudicate solo dall’apparenza, che sappiamo essere, lupi di mare, assai ingannevole, mentitrice dell’io nostro più profondo che, spesso, per “aritmia” del cuore, per ipocondrie, per timidezza o atimia, per un attimo, si apre, per altri attimi non si spande, e in quest’istantaneità cangiante il mare dell’anima fa del domani migliore spesso un giammai. Mannaggia.
Ma comunque mangio.

Cambi, non cambi, camminiamo, corriamo, dimagriamo, ci stressiamo, ambiziosi sogniamo, poi c’arrendiamo di fronte all’evidenza, ancora dunque all’esteriorità del sembiante giudicato non adatto alla circostanza momentanea, ci schieniamo, ma la vita va avanti, il girovita prende dei chili, non servono solo i farmaci antidepressivi, questo mio scritto ha ritmo, si scandisce lieve e poi avanza lemme, accelera di allegro e quindi incespica schietto-stronzetto di sgambetto.

Ecco cosa succede a non aver esperienza con le ragazze, care faccette buffe.

Notare come, “nel mentre” dello scambio di battute, De Niro adocchia furbesco Rene Russo, bramandola da “stagista” provetto. Eppur (in)semina…

Perché, ricordate: senza la scopata, il mondo non esisterebbe. Esiterebbe e basta.

Sappiatelo quando la vostra donna preferirà usare il contraccettivo.

Ora, che c’entra questa mia disamina con The Intern?

Infatti, non c’entra, ma in “fallo” basta che penetri.

Da cui il detto e il dato di fallo, no, di fatto, che da cos(ci)a nasce cosa e, poi, se funziona la casa prima della cassa…

Ah ah!

   di Stefano Falotico

 

 

 

(A)mar(o) d’ideali fuggenti, evviva Gran Torino


21 Sep

Gran TorinoRoberto D’Agostino: – E di cosa dovremmo fotterci?

 

Carmelo Bene: – Di andare a farvi fottere.

 

In fondo, vive bene lui, sì. Giovincello che se n’è sempre fregato del rispetto e dei valori, fregando i professori da cui s’aspettava solo una valutazione sufficiente per raggiungere il diploma che gli “aprisse” le porte di poter, “potente”, “fare” quel cazzo che voleva, con tanto di “(at)testa(to)” da liceale classico, perché in Italia, si sa, è una “credenziale” che ha il suo impatto sulle ragazzine pubescenti da manipolare, raggirare, plagiare per una “san(t)a” scopatina il sabato sera. Sì, vai nel pub(e) da una di queste, ancora ingenua-bimbo-minchia e sprovveduta, le “rifili” il tuo diploma e lei abboccherà, facendoti bocca-bocca in bagno, sentendosi “figa” perché è andata con un “lupo di mare”, mica un suo compagno sfigato e poco “acculturato”. Insomma, per la miseria, l’ha “data” a uno del classico, questo le farà “curriculum”. Si sentirà più “centrata” dopo esserti fatta ingroppare da uno che ha “s(t)ud(i)ato” duro ma proprio duro.

Sì, fa bene lui che parla di grandi ideali e poi, appena se la vede brutta o qualcuna/o, appunto, non abbocca, si rifugia nella cultura italiota da piccolo borghese, moralista e inneggiatore alle “grandezze” (no)bili della sua anima “elevata”. A chiacchiere!

Fa bene lui a prenderla così, a culo, quando gli torna e “tira” comodo, poi a predicare quando, solipsisticamente, qualcuno/a non gli va a “genio”… suo millantato e mai coraggiosamente dimostrato nelle azioni.

Fa bene lui a citare Leopardi a memoria quando vuol fottersi una sciocchina melanconica, per sostenerla/“lo” un po’.

Fa bene lui a criticare i ribelli, a osteggiarli e a voler “tagliar” le loro (s)palle quando incrinano le sue certezze an(n)ali, fa “pene” lui a considerarli pen(s)osi, fa bene lui che ha capito come vivere sciacquandosi l’uccellino nei momenti pimpanti di umore ormonale e poi a spacciarsi per intellettuale “puro” quando è invece l’altro, che invidia, a spassarsela e passarsi le passerine.

Fa bene lui a dare dello schizofrenico a chi scrive libri, a dargli del coglione e poi essere il primo che ama Fantozzi.

Fa bene lui a considerare gli impiegati del catasto dei sempliciotti, fa bene lui a far credere di essere migliore di loro, fa bene lui che, arrivato all’età della “maturità”, sa come metterlo in quel posto “fisso”.

Lui, sì, che è uno stronzo come vuole la società, mica un patetico (s)truzzo.

Fa bene lui a prender in giro i vecchi, fa bene lui a deridere i portatori di handicap, fa bene lui a credersi Marlon Brando, fa bene lui?

No, è solo un troione che, da me, riceverà Clint Eastwood in faccia.

 

di Stefano Falotico

Oggi quella “boiata pazzesca” di Fantozzi compie 40 anni, bruciate questo film di merda e tutta la sua stirpe


20 Sep

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A me Villaggio e questo personaggio non m’hanno mai fatto ridere. Solo l’italiano “puro” può, dopo intense giornate di lavoro a rincoglionirlo, “cibarsi” di “risate” a base di sfottò allo sfigato a cui neppur la Silvani va “ritta”. Dovrei ridere della sua figlia handicappata, che oggi ascolterebbe Laura Pausini, di sua moglie racchissima e delle continue, imperterrite inculate a sangue che piglia a ogni minuto dei dì? Cosa c’è da ridere?

Appartiene a una generazione di “adulti” bofonchianti, che hanno rovinato la società “moderna”, aumentando la “cultura” di bacata “mentalità” (s)fatta di scapoli vs ammogliati, di vincenti contro vinti, di alzatori di trofei contro grassoni che mangian il pest(at)o, Madonna impestata-fradicia, con le trofie di “patate” marce.

Personalmente, non conosco nessuno genio, al quale sono affiliato e ascritto, che preferisca Fantozzi a CronenbergSalce al “salame” dei fracchia epigoni.

Ma io, essendo paradossalmente selettivo, non so “scindere”, infatti, come da vari certificati “medici”, soffro di schizofrenia “semplice” con immoderata passione per me stes(s)o e notevole autostima del mandarti a fottere. Sfotti tua sorella, ché da me riceverà solo pugni in faccia e fisting.

Cinema per segretarie finto-castigate, per citazionisti delle nostalgie “comunistoidi-fasciste” da ambidestri di cervelli confusi, Cinema per (im)piegati della mutua che s’identificano nella routine da “oggi gira la ruota e domani va, appunto, fantozziana, ma tiriamo a Campari”.

Di “mio”, preferirò sempre Freddy Krueger a questi sogni mostruosamente proibiti.

Sono cattivo, la colpa è di chi amava Fantozzi.

Mi pare ora che, nel 2015, si svecchino tali “miti” della borghesia flaccida e sarà meglio che vi diate a una sana scazzottata alla Barfly.

Il resto è una trombetta.

Ma concluderei, a sorpresa, con la lista, oltre a Paolo Villaggio, degli attori che mi stanno sul cazzo: Kevin Spacey, adorato da chi s’identifica nelle battute “taglienti” che gli fanno recitare, perché così pensa di essere “in gamba”, stronzetto e furbo quanto lui e, in questo processo identificativo da malato di mente e di “bile”, crede d’essere uno che ha capito tutto. Spacey, sempre serpentesco e ambiguo, con questa pelata su occhi da “Io ti fotto con l’occhiolino”, sarà meglio che si rinnovasse. Anthony Hopkins, un trombone che si prende troppo sul serio con la sua “saccente” aria da “Sir”, un simpatico vecchietto a cui offriremo del tè caldo, Tom Hanks, idioti i suoi personaggi perché è un idiota lui, con questa faccia da uomo “rassicurante” delle biondine pizza e shopping, uno che con Spielberg fa faville perché son due che si arricchiscono sfruttando l’infantilismo di massa(ie).

 

Finale: molta gente pensava che fossi Fantozzi e invece capì che ero il protagonista di A History of Violence.

Clint Eastwood è Dio, io sono grande quanto lui, lui è grande quanto me


20 Sep

Gran Torino

Come in Gran Torino, me ne sto appollaiato nell’uscio di casa, sputando sentenze, in memoria del Van Cleef/Sentenza. Borbotto, rimugino come Jep Gambardella de La grande bellezza e sto attento che i teppisti bulli, presto non tanto “belli”, non abusino delle verginità delle culture diverse, ché l’Oriente è “(fu)Cina” di contemplativa estasi e non dovete turbarla col vostro Cinema tamarro di spari, botte, bottarelle, puttane e zoccole di “sorca”. Non “traviate”, troioni, i giapponesini con gli occhi a mandorla, non infangate le lor purezze con le vostre visioni “vincenti” d’arrampicatori occidentali del vostro west d’eccidi indiani, non torchiateli, altrimenti divento un torello. Sì, non fatemi imbufalire, ragazzetti mocciosi con le vostre sciocchine “lecca-lecca” che adorano succhiarvi l’uccellino mentre, oltre allo “sfilatino”, la manina infilano affinché possan esser stantuffate nel già lor lercio buchino. Questo schifo, nei drivein, si protrae “duro” ogni an(n)o. E io lo aborro! Sì, sono il fratello di Palahniuk, cari babb(e)i casa e chiesa delle ipocrisie e della patina dolciastra con cui avete inculato il mondo di balle e poca realistica poesia. L’avete insudiciato di regole manichee e qui, io vi dico, che se la vendetta non appartiene alla vostra cultura è solo perché vostra figlia non è mai stata stuprata, lo sapeva l’Indio, a cui glielo facemmo di Per qualche dollaro in più.

Ad esempio, ieri ho incrociato uno di questi esaltati giovincelli sbarbati che fan tanto i “fighi” quand’invero giocan ancora con le Barbie. Ecco, a costui, ho posto una domanda, e lui, come volevasi dimostrare, m’ha risposto “tosto” in tal mo(n)do:

– Se ti ammazzassero la tua fighella, ti vendicheresti?

– Sarei, sì, molto arrabbiato ma, col tempo, perdonerei perché non credo che la vendetta porti a qualcosa. Nessuna legge del Taglione mi porterebbe, comunque, a risarcire il danno. Accetterei, seppur a fatica, l’ingiustizia e al male patito non aggiungerei la mia ira.

– Ah sì? Tu perdoneresti? Ecco, ti offro un caffè.
Al che, entrammo in un bar “malfamato”, uno di quei posti dove potrete trovare una bagascia al p(r)ezzo d’un bacio “macchiato-caldo” al cappuccino e scontrino fiscale della sua baldracca-matrona.

Questo “intellettuale della minchia” bevve il caffè ma io gliene offrii un altro, cioè ordinai per me un “parimenti” caffè e, bollente, glielo versai in faccia.

Lui, dapprima, si scottò, quindi infuriato si scaldò.

– Ti spacco! Io ti spacco, figlio di una grandissima putaaa…

E io, scoreggiandoli con estrema, indubbia ironia elegante: – Vedi che, se provocato alla temperatura giusta, diventi anche tu Cattivo? Rispetta Eli Wallach e non raccontare stronzate. Tu sei uno di quei “palle-mosce” che si vendicherebbe anche se soltanto avessero “tosato” la tua bambolina. Quindi, cretino, ora ti offro un Cremino. Poi, se non l’avrai digerita/o, ti cago nel cesso.
L’intellettuale “tu mi stufi” mi denunciò ma, mi “dispiace” per lui, deve aspettare almeno tre decadi prima che io venga processato per tal “caso”. Prima, ho altre pratiche per le quali, da questa società fascista, sono condannato.

1) Ho rubato un “pollo” semi-frocio a una gallina frigida della piccola borghesia e, anziché (s)fotterlo, gli ho cucinato un roastbeef. Lui m’ha querelato perché non è stato cotto al punto giusto.

2) Una che fa sempre fitness m’ha “denunziato” perché ho scritto sul suo diario Facebook che la dovrebbe smettere di mostrare i suoi muscoli per attirarsi le simpatie del “mascolino” muscolo “tirato”.

3) Mi son beccato dell’impotente da un leccaculo della casta “ricca”, e gli ho reciso il pisello, cucinandomelo con pasta e lenticchie. Lui adesso non rivuole indietro il pisello ma pretende che gli serva, su un piatto d’argento, il mio cetriolo. Al suo avvocato, ho offerto, per patteggiare, sì, questione di “piatti”, un’insalata con l’acciuga di sua moglie.

 

Gli altri casi non starò a citarveli, sono cos(c)e che si risolveranno con delle sane sberle.

 

(Im)morale della storia: non sputate nel piatto in cui mangiate, perché io sputo prima di te. Infatti, “valgo” uno spu(n)t(in)o.

 

di Stefano Falotico

Il masochista di Shutter Island contro chi ama City of Angels con Cage & Ryan


19 Sep

 

ASHECLIFFE

Da an(n)i irredenti, “ridentissimi”, (insalva)bile, detengo lo scettro di “matto” per eccellenza. La gente mi teme, sono il più “pericoloso”, sì, mentre gli altri s’ubriacano di fighe, pizze, pizzicotti e (ri)cotte, io, “violento”, mi sparo “solo” la sega d’essere un investigatore. Delle mie indagini ho narrato nel libro “Cuore angelico, tenere tenebre sanguigne” (se lo compraste, uscirei dal “manicomi-c-o”), mia rielaborazione sui generis di Angel Heart, per una storia che assomiglia a questo corridoio della paura di natura scorsesiana. Sono uno scrittore alla Torrance, Shining… il mattino ha l’oro in bocca e non sfamerò bocche né di figli né di (s)figa, “elevandolo”, no, innalzando la mia vita a totale menefreghismo e fottuta presa per il culo alla Giuliano Ferrara e anche alla Abel di The Addiction. Leggendo quanto segue, capirete il perché del mio atteggiamento nei confronti della società del “cazzo”.

Sì, “vampirizzo” (ca)risma in me sorvolante placida pazzia di cieli infiammati del mio egoismo, sempre meglio che essere un solipsista. Ad esempio, cercate sul (WCnet, le opinioni “cinematografiche” d’uno “laureato” in “Scienze della Comunicazione” che si spaccia per “giornalista”. Ha intitolato il suo ultimo post così: “I veri attori, eccetera”.

Egli, sì, che è “acculturato” e “direttore-ritto” d’avermi alla “schizofrenia” ridotto.

Sì, come il mio alter ego Andrew Laeddis, dopo che infamò la mia sessualità, dopo che mi calunniò, dopo che barbaramente invase la mia privacy dell’anima, io mi ribellai e gli minacciai di bruciargli la cas(s)a.

Fui fermato e mi diedero l’infermità mentale, quattro mesi di ricovero psichiatrico e sei mesi in una struttura di “recupero”, con l’accusa che m’ero inventato tutto e me l’ero presa, “senza motivo”, con un perfetto “estraneo”, “san(t)o”. Insomma, “diagnosi” di deliro paranoide e sdoppiamento di personalità.

Ci fu un processo e il farabutto, sebbene non confessò tutta la verità, cioè che era lui a volermi ardere vivo, perché “semplicemente”, come fanno i nazisti, mal sopportava la mia “bella” fig(ur)a, fui scagionato e reso “libero”, con l’aggravante non da poco di mesi e anni devastati.

Al che, m’incazzai e su uno dei suoi siti “cinematografici” scaricai la mia rabbia.

Adesso, m’ha denunciato per stalking. Ma “lui” è uomo di “dignità!”.

Insomma, oltre al danno la beffa, perché rischio che m’internino di nuovo a “Shutter Island”.

La cosa-Casa horror della storia che avete letto è questa: il film era pura invenzione tratta da un libro di fantasia, la mia storia è “reale”, così tanto che nessun produttore vuole investire su una dura (tras)posizione, perché nessuno gli darebbe credito. Anche il mio avvocato sta mollando la presa.
E che c’entra City of Angels? Insomma, io sono l’autore de “Il cavaliere di Parigi”, altro libro monumentale in vendita nelle migliori librerie ma poco comprato, lui è uno che adora questo Nic Cage che, melenso e scimunito, “ama” la sua Meg Ryan.

Ognuno, in fondo, ha la scem(enz)a che si merita e che lei si “marita”.

(Im)morale della storia: i matti vivono “felici e contenti”, i sani di mente, che scrivono libri, hanno in corso giudiziarie vertenze.

Tutto ciò è “normale”.

 

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)