Archive for January, 2016

Al Pacino sta morendo, la foto è eloquente


28 Jan

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Spendete bene il biglietto con Joy, ve lo consiglia Natalia Aspesi


28 Jan

Stamattina son andato a far la spesa e poi ho letto, repubblicano, la recensione Joy-osa della Aspesi.
Un film leggero e bello, che non (sop)pesa.
Joy La Repubblica

Joy, recensione da FareFilm


28 Jan

Hanno ragione loro!Joy FareFilm

Cinematographe, a differenza di molti criticuzzi-(im)piegati, plaude Joy, e io, con gioia, la copio-incollo e forse con la Lawrence copulo


27 Jan

Cinematographe che dice? Dice il vero.

Joy, ultima fatica registica di David O. Russell, è una favola moderna alla quale si sovrappone con decoro e maestria la lastra decadente e antropologicamente rappresentativa della soap opera. La pellicola in bianco e nero trasmessa attraverso lo schermo di un vecchio televisore bacia ripetutamente i colori sgargianti del film, creando un parallelismo inizialmente confuso e inquietante, che mette al centro la natura e la volontà delle donne, anche se fosse più opportuno dire della donna, l’unica diva attorno alla quale ruota la pellicola: Jennifer Lawrence, perfettamente calatasi nei panni di una donna matura, indubbiamente sfigata ma fortemente intenzionata a ribaltare la sua vita.

Come in American Hustle e Il lato positivo, anche in Joy Russell fa dei rapporti famigliari il perno centrale attorno al quale si srotola l’azione. Un mucchio di parenti stravaganti che convive ad alternanza sotto lo stesso tetto, scambiandosi cattiverie, frustrazioni e gioie; una famiglia allargata, in cui la confusione regna sovrana per riversarsi esclusivamente sulle spalle della protagonista.

Joy: la Cenerentola contemporanea alla quale non serve un principe, ma un mocio che si strizza da solo!

La vita di Joy viene raccontata dall’amorevole voce della nonna Mimi (Diane Ladd), la quale ci spiega con parole semplici ma efficaci l’excursus della nipote che, proprio come una Cenerentola contemporanea, ha una sorellastra (Peggy, interpretata da Elisabeth Röhm) che non fa altro che metterle i bastoni tra le ruote, una madre che passa il tempo appollaiata sul letto a vedere la tv e un padre amorevole quanto egoista, Rudy, interpretato da un fantastico Robert De Niro, che in questa pellicola veste appieno i panni dello sciupa femmine.
Nei ricordi sbiaditi quanto martellanti dell’infanzia Peggy sogna un uomo, mentre Joy sogna di inventare, di affermarsi nel mondo esclusivamente con la bellezza del suo ingegno. Ce la farà?

Si innescano frettolosamente i rami arcuati della drammaticità e dell’infelicità, quella che attraversa la vita di chiunque, ma che in questa pellicola permea con complicazione l’intera trama: ogni scelta diventa difficile e asfissiante, ogni tentativo di emergere sembra inutile, soprattutto se i tuoi cari si appendono all’orlo della gonna come pesi di piombo per evitarti di spiccare il volo.
Ma Joy è un osso duro, chiede senza esitazione, si fa strada in un mondo fatto di uomini – sintetizzati tutti nel volto di Bradley Cooper alias Neil Walker – per lanciare sul mercato la sua invenzione: il Miracle Mop, ossia il mocio.
E non sarà per niente facile convincere Trudy (Isabella Rossellini), la nuova compagna del padre, a investire sul suo progetto, a convincere chi le sta accanto che può farcela. Ma gli unici che la sostengono sono l’ex marito e la sua migliore amica. Suvvia, siamo davvero sicuri che una donna riesca nell’impresa? Tolti i fronzoli della commedia a tratti drammatica Joy Mangano, la casalinga newyorkese laureata in economia aziendale col pallino per le invenzioni (alla quale è ispirato il film), ce l’ha fatta davvero e dopo il mocio ha inventato tante altre cose, come “le stampelle ricoperte di velluto per armadi più ordinati”; ha lanciato un nuovo modo di imporsi sul mercato, un modo più autentico, più diretto e ha cambiato il suo destino.

La personalità della protagonista si staglia sullo schermo luminoso del cinema grazie a quello stesso contesto che vorrebbe tenerla con i piedi per terra. Niente campo e controcampo allora, ma inquadrature in cui tutti i personaggi si ritrovano affollati insieme, costretti a comunicare e a scontrarsi; ognuno con la propria bolla fragile di egoismo, pronta a frantumarsi e a ferire chi sta intorno, liberando l’odore accattivante ma per certi versi malsano di una sceneggiatura che sta in piedi più per i suoi attori che per la volontà di raccontare una storia.

Esattamente come in una soap opera – che appare al momento giusto a scandire la sceneggiatura, trasferendosi dalla tv al nostro schermo cinematografico –  David O. Russell crea delle caricature della realtà, ogni personaggio vive in un mondo a sè; è rafforzato dai dettagli del suo carattere, dall’autorevolezza della voce, dei gesti e dalla confusione che tutt’intorno riesce a creare; è stimolato da una macchina da presa capace di compiere movimenti impeccabili e inquadrature artistiche teatrali, provviste di colori pastello che tanto ci fanno ricordare certe opere di Jack Vettriano, certo assopite da quell’eros che in quei casi ci sconvolge, sostituito però dalla luminosità caotica di Guttuso.
Private comunque della scia immortale concessa all’arte, le immagini di Joy vivono solo nell’attimo in cui le vediamo, poi spariscono travolte dagli eventi e di esse rimane l’alone di Jennifer Lawrence, Robert De Niro, Bradley Cooper, Edgar Ramirez, Isabella Rossellini, Diane Ladd e Virginia Madsen.

Ancora una volta Russell ci sorprende con una pellicola che sa tenere incollati alla sedia, sa far commuovere, soffrire e attivare l’invincibilità affascinante del “volere è potere”. Una pellicola che in parte delude per la ridondanza delle argomentazioni e che si poggia esclusivamente sulla prestanza recitativa della Lawrence, ma che non può non piacere, non farci rendere conto di quanto sia reale e assurdamente teatrale quello che vediamo al cinema: la famiglia dipinta come un’ancora, un filo al quale siamo indissolubilmente legati, che non abbiamo scelto ma ci appartiene, nella buona e nella cattiva sorte.

La colonna sonora provvede a ricamare il resto di questa storia tutta al femminile, che i fan della Lawrence non potranno non apprezzare, mentre quelli di Russell forse rimarranno delusi.

Joy, videorecensione di Francesco Alò alla Bad Taste


27 Jan

Joy videorecensione Bad Taste

La grande bellezza sorrentiniana di Alò, recensore che le fa a modus suo senza che nessuno possa interferire con quel che stradice, dunque non può ferirlo, sono la sintesi eloquente di uno stile non argomentante tanto il film quanto freneticamente ridondante di suoi ricordi, di ciò che il film, come Tarantino o Gianni Canova, gli ha scatenato nelle viscere cinefile che annegano in un bagno di parole, e allora le spara, sparla, civettuolo smorfieggia, non si contiene, va fuori tema, allora non ci posson essere favole se a dirigerle è O. Russell e non Tim Burton, allora il quadretto grottesco familiare è brutto perché non è sufficientemente arty come nel Cinema di Wes Anderson. Eppur amo Francesco Alò che di Joy se ne frega, raggiunge i quasi 9 minuti di video, rivelandoci un cazzo della trama, non spoilerizza ma di suo scibile arguto sibila e di gioia triste sprizza, cronometro alla mano, il mio commento è incomprensibile quanto lui. Andate a vederlo, De Niro merita di essere stato un cattivo marito, e i parenti son serpenti.

Joy, la recensione di Ciak, tre meritate stelle(tte)


27 Jan

Lawrence, De Niro e Cooper?


Joy recensione Ciak

A Broadway, ritorna tonitruante il Bronx Tale del Palminteri/De Niro du(ett)o


26 Jan

De Niro A Bronx Tale Theater

Qualcuno (International Business Times) sostiene che Dirty Grandpa (non) è male


25 Jan

Leggetevela e succhiatelo/a.

Joy Recensione – InGenereCinema


25 Jan

Eccola qua, fresca fresca.

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Film come Joy sono la conferma che, come recita il proverbio, “squadra che vince non si cambia“… E, infatti, in questa pellicola ritroviamo insieme il terzetto d’attori formato da Robert De Niro, Jennifer Lawrence, Bradley Cooper diretti dall’ottimo David O. Russell, dopo i successi de Il lato positivoAmerican Hustle.

Joy è una storia tutta al femminile, dove gli uomini fanno decisamente una magra figura rispetto al gentil sesso che, per quanto sia stato nel tempo schiacciato e vessato, ha comunque trovato il modo di far valere le proprie ragioni con il tempo.

Joy Mangano [Jennifer Lawrence] è cresciuta all’interno di una famiglia dove l’animo maschile l’ha fatta sempre da padrone riuscendo a mettere in ombra le sue grandi qualità. La donna, infatti, fin da piccola possiede il dono di saper trovare soluzioni geniali a piccoli problemi domestici, ma viene sempre sottovalutata da ogni membro della sua famiglia che non si risparmia di mettere in ombra la sua vitalità, oscurandola con il proprio egocentrismo e i propri problemi mediocri.


Joy
, fondamentalmente, è una persona buona che cerca di mettere sé stessa in secondo piano per non urtare l’animo altrui, anche se in cuor suo sa molto spesso di avere ragione. Per cui Joy accetta che nella sua stessa casa coabitino, insieme ai suoi figli, sua madre, suo padre separato dalla moglie e in perenne lite con quest’ultima, la propria nonna e il suo ex-marito che non riesce a sfondare come cantante. Neanche un santo riuscirebbe a convivere con tutta quella pressione addosso… Un giorno, infatti, la donna decide di riprendersi in mano la sua vita, realizzando, finalmente, una delle sue invenzioni: il “Miracle Mop”, un mocio in grado di strizzarsi senza aver bisogno dell’apposito secchio.
Non solo la donna da vita a questa geniale invenzione, su larga scala, indebitandosi fino al collo ma, grazie al pubblicitario Neil Walker [Bradley Cooper] – lungimirante e senza scrupoli – riesce a dar vita ad un nuovo modo di fare telepromozione. Un modo più colloquiale, più vicino alle reali esigenze non solo delle casalinghe ma di tutte quelle donne che sono al contempo madri e lavoratrici.

Joy è la dimostrazione di come si può costruire una storia fondamentalmente semplice, ma che possiede tutte le doverose sotto-trame utili a renderla di spessore. E sono proprio la semplicità e l’ironia tipiche della commedia a smorzare i toni altrimenti molto pesanti delle tematiche affrontate. Fino ad adesso O. Russell pare non aver sbagliato un colpo e con questo film si è dimostrato all’altezza delle sue pellicole precedenti e capace di maneggiare la materia spinosa della commedia con eleganza ed abilità.

Paolo Corridore

3.5-Teschi

L.A. Weekly applaude Dirty Grandpa


23 Jan

I Laughed at Dirty Grandpa

Leggetevela.

Genius-Pop

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