Bud Spencer, un addio poetico

28 Jun

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Lo sostengo a voce “inascoltata” ma nel mio cuore “auscultata”, son sempre stato uno strenuo difensore del Cinema popolare, e dunque la perdita, nonostante la “veneranda” età, di Bud mi commuove.

Poiché rievoco nel mio “vegliardo”, sveglio core i tempi (non) andati d’una spassionata infanzia quando si rideva per un cazzo(tto) e ci si lasciava trasportare da angeli che mangiano fagioli e da Terence Hill con le sue provocazioni. Chi trova un amico trova un tesoro e io sono amico, come Spencer, di queste avventure veraci, di “spaghettate” a base di pugni, di questo Cinema “basso” e “facilone”, di questo Cinema sentimentale-infantilistico e scacciapen(sier)i, oh sì, sissignori/e. Altrimenti c’arrabbiamo!

Nella mia visione “buddistica” e animistica della vita, io sto con gli ippopotami ma non mi dichiaro un animalista, nonostante abbia “amato” questo bestione, in fondo era un Bomber e Lo chiamavano Bulldozer. Sono figlio dei suoi film degli anni ottanta e mi sento alien(at)o da questa pigra generazione che si trastulla nella noia. Sono, come lui, uno sceriffo molto terrestre e chissà perché capitano tutte a me.

Bud possedeva la robustezza “malinconica” di chi nella vita poteva fare il massimo pugilatore e alla triste serietà d’un mondo, che oggi esalta Christopher Nolan coi suoi cervellotici giocattoloni, io preferirò nostalgicamente sempre la sua maestosa serenità. Basta che lassù non lo fa(re)te incazzare, se no son botte. Non so se di Natale o Lo chiamavano Trinità.

di Stefano Falotico

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