Archive for January, 2018

Halle Berry mozzafiato


18 Jan

Halle Berry attends the 49th NAACP Image Awards at Pasadena Civic Auditorium on January 15, 2018 in Pasadena, California.

De Laurentiis e i tifosi del Napoli… Verdi di rabbia, De Niro di canuto pelo ispido, e gli echi dei miei occhi che editano un nuovo libro, mentre Joaquin Phoenix ha perso le rotelle…


16 Jan

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Joaquin Phoenix stars as John Callahan in DON'T WORRY, HE WON'T GET FAR ON FOOT.

Joaquin Phoenix stars as John Callahan in DON’T WORRY, HE WON’T GET FAR ON FOOT.

Ebbene, Simone Verdi rimane in rossoblù. Dopo un tira e molla estenuante, quando i giochi sembravano oramai fatti, quando ieri doveva essere dato l’annuncio ufficiale del suo trasferimento in casa partenopea, il talento delle Due Torri ha mandato a monte i piani della dirigenza azzurra. Perché, dopo mille tentennamenti, dopo un’eterna indecisione, sì, da tifoso del Bologna posso dire in tutta fierezza che ha fatto la scelta giusta. Sì, a Napoli avrebbe guadagnato una cifra da capogiro e sarebbe approdato a una squadra che ambisce giustamente, visto il suo fior fiore di giocatori, allo Scudetto. Ma Verdi si è affezionato alla nostra piazza, spero non quella omonima ove ci sono i peggiori drogati, e vuole abbracciare il progetto “tecnico”, non si sente ancora pronto per il grande salto, vuole crescere, affinarsi maggiormente, maturare nel capoluogo emiliano, ove ha trovato anche la sua attuale fidanzata.

De Laurentiis incaserà il suo NO imperioso senza far come sempre le sue sceneggiate, appunto napoletane, da permalosone? Uomo arricchito(si) grazie al culo dello zio Dino e del padre, che si spaccia per intellettuale con la sciarpina ma facilmente scalfibile nell’amor proprio e dal discutibile aplomb. Sì, eccolo lì, me l’immagino, incredulo, a bestemmiare contro San Gennaro, a esplodere vulcanicamente come un Vesuvio riattivatosi dopo la calma apparente. E ben gli sta, perché il nostro campione deve star qua! Ah ah.

Non se la prendessero i vesuviani, appunto, non si adirassero, se ne riparla a Giugno, se Dio vuole, ma spero che non voglia, perché Verdi ha il contratto fino al 2020.

Intanto, De Niro passeggia a New York sul set di The Irishman, trafelato e, invecchiato per girare le scene in cui il suo personaggio, Sheeran, da non confondere col cantante-musicista Ed, apparirà appunto molto in là con gli anni.

Ecco invece che il mio correttore di bozze ha pronti i suoi “dubbi” perché, si sa, ogni grande libro che si rispetti deve prima passare al vaglio, si spera non al raglio, cari asini, di un occhio “estraneo” che possa “dimidiare” le sviste, i refusi, le imprecisioni. Editare è un lavoro certosino, improbo, estremamente faticoso, quasi quanto scrivere un libro immane. Due mani diventano il doppio e ci si fa in quattro.

Al che, si può scrivere un’eco ma anche un eco. Eco è femminile, ma la Treccani sostiene che è divenuto d’uso comune anche utilizzare questa parola al maschile. Se fosse ancora in vita, il dubbio sarebbe da domandare a Umberto. Uomo ineccepibile nella lingua scritta ma poco “pratico” di lingua “orale”, perché pare conducesse una vita più pia e monastica dei suoi frati de Il nome della rosa.

Intanto vediamo il trailer del nuovo Van Sant, e un po’ ci scende il latte alle ginocchia… sembra una stronzata. Forse sarà un capolavoro. Comunque sia, Rooney Mara sa come “indurirlo”…

Io, da uomo riflessivo, molto riflettei, in me introfletterò ancora, spero presto di esserle flesso, ma rimarrò un fesso.

E ricordate: se una donna, appena ti vede, ti dà il benvenuto, significa che ha capito che soffri di eiaculazione precoce.

 

 

di Stefano Falotico

 

 

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The Post di Steven Spielberg secondo Paolo Mereghetti (il coraggio di Meryl Streep editrice che anima una grande inchiesta)


16 Jan

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È la macchina da presa di Spielberg che giuda l’occhio (e il cuore) dello spettatore

Una storia che ne racconta due: quella di una stampa che vuole essere libera di fare il proprio mestiere senza preoccuparsi degli interessi del Potere e quella di una donna che cerca la propria voce in un mondo tutto di maschi. A raccontarle è Steven Spielberg con The Post, il film che ricostruisce i giorni del 1971, in cui Katharine Graham (Meryl Streep) si trovò a scegliere quale futuro voleva per l’industria di famiglia. Cioè la casa editrice che pubblicava il Washington Post e che si era trovata a dirigere dopo il suicidio del marito.

Il nodo del contendere è il diritto a pubblicare i cosiddetti Pentagon Papers, cioè le migliaia di pagine che l’ex Segretario della Difesa Robert McNamara (Bruce Greenwood) aveva fatto redigere — e secretare — per ricostruire la politica americano in Vietnam, che dai tempi di Truman e Eisenhower e poi di Kennedy e Johnson aveva nascosto la verità sull’intervento nel Sud Est asiatico. E che Nixon, alla vigilia della sua possibile rielezione nel 1972, continuava a usare per nascondere la tragedia in cui mandava a morire migliaia di giovani. Il film, però, non racconta come la stampa entrò in possesso di quei materiali. O meglio, per farlo se la sbriga in poche scene iniziali, quando mostra Daniel Ellsberg (Matthew Rhys), che dopo essersi reso conto delle falsità divulgate dalla politica decide di fotocopiare le 7mila pagine del rapporto: le fa avere, in parte, al New York Times innescando la gelosia professionale del direttore del Washington Post, Ben Bradlee (Tom Hanks), deciso a trovare l’integralità dei documenti per pubblicarli.

È a questo punto che la sceneggiatura (dell’esordiente Liz Hannah, poi rivista da Josh Singer, premio Oscar per Spotlight) si «biforca», affiancando al coriaceo direttore del giornale di Washington la sua inesperta proprietaria. Anzi, se l’inchiesta giornalistica è più appassionante anche scenograficamente (come si lavorava nel 1971: le macchine da scrivere, i telefoni a gettone, le linotype, i pedinamenti, i trucchi del mestiere), il vero nodo del film è il percorso dell’editrice che deve decidere che cosa fare e che cosa pubblicare. Non solo perché Nixon fa di tutto per fermare i giornalisti, ma perché fino ad allora i rapporti tra stampa e potere erano stati molto opachi, specie per una donna come Katharine Graham abituata a frequentare presidenti e senatori.

Spielberg si trova così a dirigere una serie di incontri riservati nella casa della Graham o negli uffici del Post, scene a due o a tre dove il rischio della staticità e della fissità è altissimo. Le evita con una macchina da presa mobilissima che mette spesso al centro proprio lei, prima titubante e afasica e poi sempre più determinata e decisa. Certo, la Streep è grandissima nel restituire i tentennamenti e i dubbi del suo personaggio e riesce persino a farci sentire i suoi pensieri e i suoi dubbi senza proferire parola. Ma è la macchina da presa di Spielberg che giuda l’occhio (e il cuore) dello spettatore, all’inizio schiacciando la Graham dall’alto e poi facendola risorgere vincitrice con riprese dal basso. Attribuendole quell’importanza che i suoi consiglieri maschi non sono disposti a riconoscerle, ma che invece faranno le altre donne (la moglie di Bradlee, le militanti pacifiste all’uscita dell’udienza in tribunale). In questo modo anche Tom Hanks si ritaglia un ruolo che non è solo quello del super-giornalista ma piuttosto di un testimone maieuta, che accompagna e favorisce la presa di conoscenza e la crescita politica della sua «controparte». Preparando il giornale a quello che sarà il successivo scoop del Washington Post, l’affare Watergate.

La rinascita di Sharon Stone e l’ascendente zodiacale di chi crede nell’oroscopo, anche se tutto partì dalle sue sostumate sc… te


14 Jan

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Eh sì, l’abbiamo vista tirata a lucido ai Golden Globe. Ancora ha voglia di farli “tirare”. Sto parlando della signora Stone, perché oramai è signora indiscutibilmente, visto che taglierà presto il traguardo delle sessanta primavere. Molta acqua è passata sotto i ponti e nelle sue “gambe”, perché la Stone non ha mai fatto segreto di essere donna tanto di sguardo ficcante quanto ficcata da molti uomini, quindi sessualmente molto concupita e lì” molto “diluita”. Ah ah!

Ora, chiariamoci. La Stone è un fenomeno. È un rarissimo caso di attrice con una filmografia assai bruttarella e poco presentabile, in cui può annoverare un solo capolavoro, Casinò di Scorsese, e invece una caterva infinita di filmacci inguardabili. Esordì però con Allen, quindi la sua bellezza fine e arrapante fu notata da Paul Verhoeven, che dapprima la svestì “gentilmente” in Atto di forza, in una scena di sesso castigatissima con Schwarzy, quindi in maniera esuberante la fece esplodere in Basic Instinct, un concentrato di sex plastico al servizio dell’allora star Douglas. La star però divenne lei, e “meritevolmente” perché, al di là della bassa qualità della pellicola, il suo accavallamento senza mutandine ha fatto tr… a, no, storia. E di cui ho memorie masturbatorie niente male…

La Stone negli ultimi pareva scomparsa, e per sbarcare il lunario approdò anche qua da noi, dove si fece dirigere da quel rincoglionito di Pupi Avati. Il punto più osceno della sua carriera, altro che le “sconcezze” di Verhoeven. Adesso, dopo essersi annacquata in film straight to video, che nessuno ha visto, è pronta per il rilancio in grande stile. La sua agenzia, la CAA, annuncia che sarà diretta presto nuovamente da Scorsese, e IMDb infatti cita questo progetto senza titolo, anche se nessun comunicato ufficiale in merito è mai stato dato, e soprattutto la Stone dichiara che quest’autunno sarà al servizio di Paolo Sorrentino per The New Pope. Cosa farà? La suorina!?

Una donna magra, eppur “attizzante”, che non ha mai avuto due grandi poppe, infatti se l’è rifatte, che indefessamente continua a riciclarsi, non sazia delle sue batoste e di essere stata abbandonata per molto tempo dalla Hollywood che conta. Perché sa che non si può dimenticare una che “li” faceva diventare “tosti”. Lei sfila orgogliosa, esibisce il figlio, e cammina a testa alta su tacchi a spillo che, tempo addietro, “sciolsero” molti maschi che per lei persero la testa e probabilmente anche “qualcos’altro”, a forza di “smanettare” in modo esagitato. I celeberrimi “smanettoni”, vi possono tornare utili se avete problemi al computer perché loro, “digitalmente” esperti, potranno “farvelo” come nuovo. Ah ah. Sanno sempre dove mettere le mani, da un punto di vista prettamente informatico. Da un punto di vista “infornante” non lo so… potete appurare. Appurate e sarà un bianco purè! Ah ah!

Sì, la Stone è un’attrice di mediocrità imbarazzante, ma fa sempre notizia. È “hot”, come si suol dire. Dovreste imparare, donne, da codesta. Lei è sempre sul “pezzo”. I vostri mariti amano le (noti)zie “bollenti”. Invece hanno delle donne lente… e, ballando il lento, non va liscio. Ah ah!

Chissà se è d’accordo, la Stone, con le dichiarazioni di Catherine Deneuve che, come sapete, ha detto che gli uomini devono essere un po’ “porci” e, in fondo, per far carriera molte donne la devono dare. Non ne facessero scandalo.

Lo sa Paul Verhoeven, che la Stone spupazzò, e chissà se Woody Allen, in quelle Stardust Memories, abbia abusato della sua “mi… enne”.

Su tal dubbio poco amletico ma di certezza lapalissiana, ho detto la mia, la Stone ha dato la sua… parola.

Detto questo, oggi pomeriggio sono stato al bar. Al tavolo era seduta una donna che “zuccherò” il mio voyeurismo, e che con la sua amica parlava di ascendenti zodiacali. E dire che io volevo essere solo “aromatico” nello “scendente” delle mie labbra macinate “in polvere” nel suo caffettino “al dente”. Si sa, sono una bevanda eccitante, anche se rimango molte volte deficiente e spesso ottengo un bel niente. Con enorme charme, pagai e posso dire che in vita mia non ne ho mai pagata una. Ho combinato molte cazzate, e infatti i miei nemici mi urlano che la pagherò! Ma, scusate, se non voglio pagarla, perché volete che la mia vita vada a puttane? Ah ah!

Fa parte del Falotico sapiente essere uomo oggi salente e domani “saliente”, nel sen(s)o di “montante”. I miei detrattori dicono che io sia anche un po’ montato. Posso affermare che nessuno mi ha mai inculato anche se spesso son stato “trombato”.

Sono distinto e anche d’istinto. Avercene…

 

di Stefano Falotico

Dopo il trailer di Genius: Picasso, sempre più nelle vostre anime il rivoluzionario Il Genius, cioè il Falotico


13 Jan

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Ah ah.

Ecco, la National Geographic Society adesso si è data anche alle biografie sui grandi artisti, sulle menti eminenti del panorama storico, al fine di educare la gente ignorante in materia di GENIO, su quanto costoro spiccarono in mezzo al marciume, elevandosi e portando avanti con passione i loro ideali, che fossero di beltà o anche di semi-santità, ideali rinascimentali da uomini monumentali.

Ecco che il Banderas, dopo essersi sputtanato in tanti filmetti e dopo essersi sposato la signora Melanie Griffith, emblema vivente del significato intrinseco, oserei dire, di plastica facciale, adesso cerca di rigenerare una carriera andata “a puttana”, vestendo i panni di uno dei maggiori esponenti e inventori del cubismo, Picasso, da cui il programma di elaborazioni grafiche Picasa.

Di mio, non sto ancor nella cassa… da morto e da bel moro, quale sono, volteggio nella realtà con far allegro e domani malinconico, planando nei cervelli dei piccolo-borghesi al fine d’indirizzarli alla via smarrita, l’unica strada percorribile se ci si vuole salvare dalla mediocrità di una vita socialmente inserita. Perché la società indottrina a un lavoro impiegatizio ed “educa” malsanamente ai precetti più materialistici, imbottigliando le anime nelle tangenziali del buonismo, della retorica fasulla per il motto Spagna o Francia basta che se magna… cari fusilli!

Il Genius, che sono io, medesimo e forse trino, spaccato in mille personalità a loro volta, ah, che giravolte e giramenti di testa e testicoli, molteplici d’umori poliedrici, inventivi, vividamente creativi e spesso anche da cretino, vive di libri che forgiano i cuori dei vigliacchi e dei bugiardi, dei mentitori delle verità, dei fascisti degli ordini a lor detta incontrovertibili, entro traiettorie illuminanti, che baciano umidamente un caffè bollente nel chiarore d’albe che, di mattino madido di solitudine ardente, fan sì che ai ciechi, che voglion farmi lo sgambetto,  appaia come l’incarnazione dell’inettitudine (non) vivente, invece ai saggi paia solo come un uomo in gamba di due gambe, con un paio di scarpe e anche un par de’ palle, essendo dotato di normalità genitali al pari della mia genialità dispari rispetto a una massa da tempo ammosciatasi in zone erogene fatte solo di leccate di culo e volgari banalità disarmanti. Accoppiatevi, fate sesso e datevi al carnascialesco viver da stronzi, ma lasciatemi stare, e non accoppatemi. A voi non voglio essere accorpato.

Recatevi sulle maggiori catene librarie online e addiverrete allo scibile del Falotico, qui presente-assente, di estro mastodontico e ingegnosità sopraffina dotato, donato a ogni persona che voglia abbeverarsi alla fonte della sua saggezza. Dico anche a te, Renato…

Spesso fui vilipeso e maltrattato, odiato e rinnegato, quasi “stuprato” ma rimango della vita magnifica sempre più stupito, miei stupidi, son io praticamente un Dio, grazie alla fantasia che nessun mai mi porterà via, e rendo l’uomo mediocre inculato nella sua donna inchiappettata…

Perché, traditori, voleste rendermi cornuto eppur son io che vi ho fottuto!

E perché dovrei cantare La Mer quando posso bermi il vostro amar’?

Desperado

di Stefano Falotico

 

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A casa tutti bene? Non sempre, grazie, ma stiamo messi meglio di Muccino e di molta gente su Facebook


11 Jan

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Così Morandini si espresse sul “caposaldo” della filmografia mucciniana, sul film che divenne un “cult” quell’anno e chiunque vide, che raccolse consensi sperticati e mandò in brodo di giuggiole i piccolo-borghesi più deficienti, amanti della retorica, della sociologia spicciola applicata al Cinema, adoratori delle “fiction” espanse sul grande schermo.

 

Agrodolce commedia corale sul rifiuto di crescere, la voglia di fuggire (dalla routine e dalle responsabilità), la paura di invecchiare, con 8 personaggi principali: 5 maschietti trentenni in crisi con loro stessi, fidanzate, mogli, genitori; una 18enne in fiore (Stella); una 27enne romantica e grintosa (Mezzogiorno) e la di lei madre (Sandrelli) che, stanca di un marito psicanalista (Diberti), si illude di ricominciare con il remake di un vecchio amore (Castellitto). Bravi attori (Sandrelli e Mezzogiorno sopra tutti), impianto narrativo agile e ben oliato e un Muccino al suo 3° film che “sa girare” con disinvolto mestiere verniciando la superficialità di fondo, la finta cattiveria, il cinismo furbesco di chi sa compiacere il pubblico. Se fosse attendibile a livello sociologico, questo ritratto di una generazione di borghesi trentenni immaturi, narcisi, irresponsabili, fragili e isterici, ci sarebbe da piangere.

 

Gli assegnò, e tutt’ora gli assegna, pur nella “revisione” della figlia Luisa, dopo la sua scomparsa, due striminzite stellette.

Ecco, adesso sbarca nelle sale, dopo le sue discutibili incursioni americane, quest’ennesima muccinata e già la gente si “accalora”, sbracciandosi per essere in prima fila e “gustarselo”. Un film che sarebbe odioso già dal trailer, campionario di abusata colonna sonora con tanto di Riccardo Cocciante “a squarciagola”, e dunque con incorporato il primissimo ammiccamento furbetto al pubblico a cui questo sciocco prodotto è rivolto, le persone di mezza età, italiote e amanti delle hit del cantante naturalizzato francese, nato a Saigon, che perdeva la sua voce da nano per Margherita… e poi si struggeva per quel “divorzio”… se stiamo insieme ci sarà un perché, e vorrei riscoprirlo stasera.

 

Sì, questo film sembra costruito sull’impianto emozionale destinato a quel target di donne un po’ frustrare, con prole a carico ancora non diventata adulta, nonostante abbia quarant’anni, a quella generazione bolsa, media e sinceramente insopportabile della più pasciuta e insoddisfatta borghesia. Con figlio “giustamente” laureato, una bella casa e tanti stolti patemi d’animo di brutte cere allo specchio, pillole anti-depressive, scheletri nell’armadio fatti di corna, amicizie sospette, eterne piccinerie e rivalità misere, di Sandrelli melodiose quanto fallite sciantose.

Sciantose? Sì, la sciantosa è la donna dei caffè e dei varietà, pimpante, un po’ sovrappeso ma sempre “brillante”, eppur macchiata nell’animo da una vita che, appunto, si dà alle canzonette per esorcizzare un atavico, insanabile mal di vivere. E appare felice nonostante la lacrima sul visino…

Ecco, stendiamo un velo pietoso su questa roba e passiamo a cose più falotiche, più pregne di vita sentita, forse non ascoltata, non sempre recepita eppur senziente di un’emozionalità ben più profonda di queste telecomandate farse televisive.

Nella vita bisogna farsi valere. Può darsi, io so che il vicino di casa si fa Valeria, mentre sua moglie si scalda… la valeriana.

Questione di punti di vista, di rottura e anche di sutura. C’è chi delle sue conquiste, amorose e professionali, si vanta, chi parla al vento, chi si prepara il brodo e chi frequenta una scuola professionale di Cinema, credendosi Orson Welles, quando invero è fuori corso, ha trenta primavere e non ha mai visto Quarto Potere. Nella vita ci sono gli inetti, gli insetti soprattutto d’estate con l’afa e il caldo torrido, i viscidi, le lucertole, e anche Davoli Ninetto. Sì, non è ancora morto in questa società d’ignoranti delle parole di Pasolini. A proposito di novellini e novelle… Ieri è morto il caratterista toscano Novello Novelli, io invece spero sempre che “muoia” Novella 2000, sono stanco dei pettegolezzi e delle zoccoline che stanno coi papponi. E i film di Muccino, ripeto, sono pappetta!

Cosa voglio dalla vita? So che a pranzo ho mangiato un bel piatto di lasagne con miscelata besciamella soffice, e il mio stomaco ne ha giovato fino a sera.

Le “ambizioni” le lascio ai fan di Muccino. Con tutto il loro carico di delusioni.

Sono un fallito o uno che ha capito tutto della vita? Sono semplicemente realista e odio queste imitazioni alla buona del neorealismo trasposto alle odierne banalità.

Buona visione. Ah, sua moglie vuole il visone? La pelliccia o la faccia rifatta? Ma se già se la fanno gli amanti che la lasciano di sasso e poco di felice sesso.

Meglio la mia frittata… ah ah, condita con le zucchine vuote ché me le mangio… e molto sale nonostante a molti sia “sceso”.

Per non parlare di Facebook. Quando sono triste, mi riprendo a leggere i deliri insensati di questa massa di lamentosi. Ci son le donne che parlano dei cazzi loro, in ogni sen(s)o, e i maniaci delle battutine sui politici, quando invero avrebbero da sviluppare, piuttosto che i lor mal di panza da “fighette”, la loro mente e le loro bifolche mentalità.

Mente… mentono e non vedo possibili cambiamenti.

A casa tutti bene? Da me sì, son sempre più come Carmelo…

 

 

di Stefano Falotico

Sorvegliato Speciale, recensione, per quel che è possibile


10 Jan

Sorvegliato Speciale

Più che una vera e propria recensione, è una riflessione e constatazione onesta e giustamente derisoria

Ieri sera ridavano Sorvegliato Speciale, raro caso di scempiaggine e luoghi comuni più imbecilli.

Sì, mi trovavo a casa di un mio amico e, all’improvviso, su Rete 4, la tv dei “bellissimi”, in prima serata programmavano quest’idiozia con Stallone. Sin dalle prime immagini, reminiscenze di quando, da infante lo apprezzai, scorsero nei miei occhi, e presto la musica di Bill Conti, sì, quello di Rocky, mi trasmise un senso di tristissima nostalgia, inducendomi a pensieri suicidi. Sì, questa pellicola di tale John Flynn, uno di quegli anonimi mestieranti con cui Stallone lavorava non trovando di meglio, visto che i registi seri platealmente non lo cagavano, invoglia alla malinconia, il primo quarto d’ora sarebbe da trasmettere per educare tutte le persone depresse ad apprezzare la vita, perché è talmente patetico che una persona depressa, vedendolo, potrebbe per reazione contraria alla visione essere stimolata a disfarsi di tutte le sue inutili amarezze, dei suoi più pigri sconforti esistenziali e sapere che John Flynn girava film che stavano messi peggio di loro, che son morbosamente afflitti da malumori spesso solipsistici, un film che ti sfiducia così tanto da spronarti all’azione. Effetto “collaterale”. Sì, uomini “non a posto”, guardate questo Sorvegliato Speciale e capirete che le vostre malinconie non sono niente in confronto a quest’abominio di luoghi comuni squallidi e personaggi tagliati con l’accetta, in cui Sutherland si scordò di essere un ottimo attore e si mise al servizio di una sceneggiatura infarcita delle peggiori sconcezze, oserei dire, delle più infime standardizzazioni carcerarie, con tutto il “corollario” di secondini aguzzini, violenti, sadici, con tutta la retorica più trita del film costruito “a misura” dell’eroe sfigato e proletario per antonomasia, l’incarnazione vivente del povero Cristo disgraziato dello Stallone, al solito immarcescibilmente monolitico e d’inconfondibile labbro storto da inespressivo semi-paralitico a livello facciale, che nonostante venga sfacciatamente martoriato, senza fine angariato, infinitamente fottuto, nonostante venga ferito, scorticato nell’anima ma non abbattuto, neanche moralmente, insomma il duro che si piega ma non si spezza, alla fine esce dall’inferno e riabbraccia la sua “bella”.

Sì, e adesso mi soffermerei proprio sull’attrice che gli regge il “moccolo”, l’appena compianta Darlanne Fluegel. Eh sì, visto che la Fluegel è stata nel cast di C’era una volta in America, Stallone ha pensato bene (che fantasia…) di omaggiare il mitico Sergio Leone, dando al suo personaggio proprio il cognome di Leone. Frank Leone, un nome che è tutto un “programma”, il classico italoamericano cresciuto a base di palestra, puzza di motori e olio da officina metal-meccanica, rozzo ma “simpatico”, buono come un pezzo di pane eppure condannato a un’ingiustizia tremenda…

Sì, all’epoca, quando lo vidi per la prima volta, compresi subito che si trattava di una stronzata. Ma sapete… ai bambini piace Stallone, è il classico macho invincibile, quasi fumettistico, per cui si tifa spassionatamente e che racchiude nei suoi tratti fisiognomici la voglia di primeggiare, di lottare e non arrendersi mai. Di soffrire ma uscirne trionfatori. E i bambini vanno matti per “icone” di questo tipo.

Sì, a dire il vero non ero poi neanche tanto bambino. Frequentavo le scuole medie, mi trovavo a lezione di Educazione Artistica, e una mia compagna di classe, tale burrosa Corigliano (una che adesso, dopo mille burini che si è scopata nelle periferie degradate e da drogati, amerà i film d’amore zuccherosi che la consolano dagli stronzi che l’hanno “usata”, e che sognerà il principe azzurro che la conduca a vedere un film della Disney… ho detto tutto) entrò in ritardo in aula, entusiasmata, sì, era lunedì mattina e, interrompendo la lezione, gridò che era rimasta incantata dal “grande” Stallone di questa minchiata. Al che, si sa, a quell’età si è facilmente condizionabili, e vuoi anche per il fatto che, come detto, Stallone era uno dei miei idoli, anch’io mi precipitai a vederlo. Immediatamente non mi convinse affatto ma, cazzo, Stallone era quello di Rambo, e quindi non poteva essere brutto e, mentendo a me stesso, me lo feci piacere.

Me lo feci… piacere, ma era solo fece, in poche parole una mastodontica cagata.

Se vi devo essere sincero, mi aspettavo che Stallone mostrasse i suoi muscoli e, invece, a dispetto (eh sì, i pettorali, ah ah) di una scena in cui esibisce i bicipiti “incorniciati” da una canottiera bianchissima (la locandina docet) in opposizione al clima poco immacolato della vicenda, Stallone nel film rimane quasi sempre vestito, nonostante della sua dignità lo spoglino e resti perennemente nudo nell’anima, disarmato…

Sì, ancora nel 2018 danno in tv questa schifezza, un’immondizia bieca, il classico “veicolo” stalloniano che utilizza a pretesto una trama che poteva essere sfruttata meglio per far “rilucere” come sempre proprio lo scontatissimo, prevedibilissimo Sly, l’emblema dell’uomo patibolare, sfortunato eppur intattamente “puro”.

Al che, stamattina sono andato al bar e in tv passava il “molleggiato”, Celentano con la sua “intramontabile” Prisencolinensinainciusol, e ho compreso che, se due ritardati come Sylvester e Adriano sono diventati miliardari, sì, io non lo diverrò mai perché non sono un cretino.

Sono un uomo antipatico e stronzo per essere malato di troppa arguzia e intelligenza, è una “condanna” senza fine.

 

Su questa frase ermetica, poi neanche tanto, cinicamente falotica, vado a prepararmi un altro caffè.

 

Sì, sono un uomo inevitabilmente sciagurato, fortunatamente non ancora sfigurato e in senso affatto figurato so di essere un genio giammai inculato. Ah, miei spacciati e spacciatori, vorreste spacciarmi per altro, ma io spacco.

Ah ah.

 

 

di Stefano Falotico

In questo 2018, dormite, dormire conviene di più…


09 Jan

Post Meryl Streep

 

Eh sì, le persone inebetite, che si bevono tutto, paradossalmente vivono tranquille, non sono di disturbo per nessuno e ridono, scherzano, abbracciano a cuor aperto la vita, in sconsiderata idiozia della loro bambolaggine. No, bimbaggine non esiste, anche se il vostro word darà errore a entrambi i termini. Il primo invece è corretto, controllate nei dizionari, ed è quel comportamento infantile che oggigiorno vien definito tipico dei “bimbi minchia”. Definizione quanto mai agghiacciante, volgarissima, e coniata forse da qualche siculo annoiato che abusa di termini come “arruso”, che in siciliano significa “bambolina”, cioè frocio. In questo mondo infantile, i cosiddetti adulti sono più immaturi dei bimbetti che sfottono. Che semmai si rivelano molto più in gamba e intelligenti di chi li accusa di essere degli scemi.

Sì, l’Italia è stata sempre il luogo, per antonomasia, dei più biechi luoghi comuni, delle facili etichette, delle storpiature delle anime, un posto in cui si “travi(s)a” la verità per “acconciarla” secondo il proprio solipsismo e gli umori passeggeri. Paese di volatilità, di estrema futilità, esterofilo nel peggio, cafone e che ama riempirsi la panza di cazzate per evadere dalle proprie responsabilità, fra morali ribaltate a piacimento ed edonistici sfoggi di falsa sapienza. Sì, molti non sono sapienti ma saccenti, ed essere saccenti significa vantarsi di qualità, spesso intellettuali, che non combaciano con la realtà.

Sì, un Paese ove tutti si coprono dietro i pezzi di carta che par debbano attestare una certa, presunta superiorità, e straparlano, aprono bocca spesso a sproposito sull’Arte, millantando doti “critiche” alquanto infondate, in quest’impazzimento di tuttologi dell’ultima ora, d’improvvisati conoscitori del Cinema, di esibizionisti di un sapere quasi sempre ampolloso, retorico, generalista e mai davvero senziente della voglia, della necessità di approfondire alcunché. In questa fiera, appunto paesana, del qualunquismo mascherato dietro ruoli “rispettabili”, dietro la “giustezza” di uno status sociale che sembra dia a chi lo possiede il diritto di legiferare sul prossimo con screanzata, dico io, autorevolezza. D’altronde, ha sempre funzionato così, e dunque par “legittimo” non doversene dolere, non arrabbiarsi e non far sentire la propria voce, altrimenti ti ammutoliscono, zittiscono “strategicamente” con l’arma più ipocrita e meschina, quella del ricatto. Del licenziamento della tua anima, tanto delle anime tutti se ne fregano.

Oggi, ho contattato una ragazza che faceva (sì, in quel momento faceva solo quello, se ne fa… in altri momenti e anche movimenti? Dopo lo scopriremo) bella mostra della sua bellezza su Facebook, scrivendole solo, dico solo, che è molto bella. Lei mi ha risposto che non vuole essere disturbata nella sua “privacy” e non ama le persone invadenti. Ecco, se io fossi stato Dustin Hoffman, vecchiotto ma ricco e famoso, questa “invadenza” le sarebbe “suonata” come qualcosa di speciale, da “approfondire”… Ma forse anche no, visto che tutti e tutte sono ammorbati da questa nuova moda degli scandali sessuali e, tumefatti da questo moralismo medioevale, il mio dirle che è molto bella sarebbe stato “tacciato” di essere un’avance indiscreta… da attore “abusante” giovani illibatezze, non so se virginali… che voglion esser abusate solo da chi di potere, sì, abusa eppur è bravo, di delicatezza,  a “bussare” con tempistica moderatezza. E poi Dustin Hoffman è brutto. Questa vuole, sì, i soldi, ma anche la bellezza. Macché! Secondo me non le va bene neanche il Pitt. Col passare dei secondi, credo che questa scopi solo nelle sue fantasie e nella masturbazione mentale di compiacersi di piacere. Ma per favore!

Lasciamola e lasciate perdere questa stronzata, gioco di “lingua” del mio esser paroliere e non di queste donne un sensuale “parrucchiere”. Ah, le donne. La loro massima preoccupazione settimanale è l’appuntamento fisso dalle “acconciatrici”, esigendo da codeste pettinature da Barbie. Ah, anche le sbarbine più barbose son permalose se i loro amanti, vedendo che son mal di “peli” combinate, non si comportano a letto da “fini” barbieri… Sì, vanno su tutte le furie se, dopo il lavaggio e il taglio, son rimaste le doppie punte, scaraventano il giornaletto “scandalistico” su cui hanno appena letto della rottura fra il Principe “gallo” del Galles e la baronessa sul pisello, e si lamentano, inscenando disperazioni da donne del Biafra. Poi, tornano a casa e sgridano il figlio perché l’hanno scoperto che faceva lo “shampoo” a una coniglietta di Playboy in un gioco di mani da “vero” massaggiatore dei suoi proibiti bulbi “capelluti”.

Sì, poi ci sono quelle donne manager che son contente se la figlia è contenta… fin qui, mi pare un atteggiamento affettuoso e normale. Non tanto normale diventa quando la figlia non è contenta di diventare donna in carriera e vorrebbe semplicemente servire ai tavoli, ma deve essere contenta che la madre voglia per lei una vita che in realtà la scontenta. Ah, le ambizioni imposte sono quanto di più criminoso possa esistere.

Poi, ci sono gli psicologi. Stamattina, per radio il solito Morelli, il propugnatore di benessere della mutua, sosteneva che la solitudine non è poi tanto un male e non è indispensabile essere persone socievoli e socialmente realizzate. Sì, intanto lui campa grazie ai disadattati che abboccano alle sue frasi consolatorie da parroco delle ca(u)se perse. E si fa intervistare in diretta nazionale! Sì, insomma, questa mania dei following deve finire, è ora che questo abominio venga ridimensionato, anche se nessuno vi caga, avete da portare fuori il cane a pisciare. State tranquilli che lui vi seguirà se gli date da mangiare. Lo sanno i mariti di quelle donne “casalinghe” mantenute a base di gioielli e di scopatine una tantum per “soddisfarle”… che poi il marito le tradisca con delle cagne sui viali, a loro non ne “viene”…

Ah, hai ottenuto soddisfazione? Molta gente va a vedere un film e non ne esce soddisfatta. Voleva solo ridere per distrarsi dal lavoro e invece aveva scelto una pellicola di Ken Loach.

Eh sì, nella vita essere svegli come me non conviene. Si vien presi per pazzi, per persone da “educare” perché giustamente polemiche, troppo indagatorie, introspettive, profonde e dunque “disturbate e disturbanti”. Con Abel Ferrara però lego parecchio! Ah ah! Eppur mi dicono che soffro di melanconie alla Addiction!

 

Ma sì, andiamo a vedere Carlo Verdone che urla in romanesco!

Ma sì, è “meglio” la Benedetta Follia innocua, da due soldi, rispetto a chi ama sempre non fidarsi delle false, accomodanti, bugiarde versioni dei fatti.

Ah, dimenticavo. Questo mio post è sconnesso e incasinato, e salta di palo in frasca, quindi sarà utile solo per due/tre persone sveglie.

D’altra parte, a chi mai interessa uno che scrive libri? Oggi, la gente, come in tutte le epoche, vuole l’agiatezza economica, delle trombatine, non farsi “trombare” e avere qualche amichetto che lecchi il culo. Ed è “felice”.

Il motto della società “moderna” di oggi è godere, godere, godere e non rompere il c… o con le tue “strane” idee di cambiamento.

 

Mi faranno santo, anche se diranno che non ho avuto una vita sana.

 

 

di Stefano Falotico

I Golden Globe, fest(iv)a(l) delle banalità assortite, ritratto dei confusi tempi moderni, forse solo uno spettacolo per facili quaderni e per premi da mal all’ernia


08 Jan

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THE MAN WHO WASN'T THERE, Frances McDormand, Billy Bob Thornton, 2001, (c) USA Films

THE MAN WHO WASN’T THERE, Frances McDormand, Billy Bob Thornton, 2001, (c) USA Films

Ebbene, mancava all’appuntamento Bob De Niro, che non ha vinto, sconfitto “ai punti” del doppio Ewan McGregor. Ma, col senno di poi, De Niro ha fatto bene a disertare questa manifestazione. Perché, se il motivo da lui addotto è il fatto che è stra-impegnato con le riprese di The Irishman, la verità è che da qualche giorno i bookmakers avevano snobbato il suo nome, e quindi ha preferito defilarsi e lasciare gli onori al bell’inglesino, no, è scozzese, dato all’ultimo per favorito, e infatti come da recentissimi pronostici è stato quest’ultimo ad alzare il Globo. Sia detto, peraltro, che questa categoria crea già confusione di suo. Le possibilità che un attore di un Tv Movie, la cui presenza di minutaggio è oggettivamente ridotta, possa farcela contro chi invece è stato il protagonista di una serie televisiva, che dunque ha avuto più “tempo” per farsi apprezzare e bucare, come si suol dire, lo schermo, sono assai limitate. E infatti come volevasi dimostrare in questa categoria il premio va spesso a chi ha avuto più spazio per esporsi. Ah, l’esibizionismo e le chance nella vita. Questa vita corrosiva, abrasiva, frenetica, ove nel movimentatissimo panta rei bisogna correre per non farsi scoreggiare, no, scoraggiare.

Al che, sovente trionfano i mediocri e, infatti, a fine articolo, farò una stilettata, con tanto di colta citazione, contro tali “vincitori” invero assai discutibili. Pensate che io ho da obiettare anche sulla prova di Gary Oldman. Non l’ho ancora vista, ma mi pare notevolmente sostenuta, tenuta molto in piedi dal trucco, che come sappiamo fa scena e molto performance tipicamente da Oscar! Esigo una prestation en nature. Ah ah, lo so, sono un burlone e mi piace scherzare e travisare il francese a piacimento. Volevo dire che una prova più al naturale mi avrebbe convinto maggiormente. Anche se non voglio sindacare sull’eccellente bravura del signor Oldman. Avrei invece da ridire sulla McDormand. Donna simpaticissima (ma si sa, le donne molto racchie attraggono i nostri “favoritismi” a livello di “stima”, ah ah) ma che pare una versione incazzata della sua zitella di Fargo. Il Fargo dei Coen e non quello del McGregor, che poi sarebbe partito invero col Billy Bob Thornton, l’uomo che non c’era di Frances… ah ah!

Che casino! Sì, tutti a casina a tifare per i Golden Globe, in un anno in cui praticamente i più scontati pronostici sono stati assurdamente rispettati, ogni casa, no cosa, insomma come da programma, nello stile politicamente corretto di un’edizione dimenticabile quanto raggelante in termini d’importanza autoriale. Sì, perché le scelte dei votanti, la stampa estera, non son state del tutto esecrabili, ma hanno mancato appunto d’imprevedibilità e coraggio, premiando chi “andava” premiato e non azzardando di vere sorprese che ci avrebbero svegliato dagli sbadigli che questa trasmissione ci ha “indotto”. Invero, io non ho seguito la diretta, l’ho registrata, saltando “a piè pari” sui momenti salienti.

Sì, ho assistito a persone “living” l’evento, fanzinari della peggior specie, che devono aver equivocato il Cinema, scambiandolo col glamour e confondendo l’Arte con gli striscioni da Stadio. Ma stendiamo su certa gente un velo (im)pietoso.

Direi di concludere con la schietta, chirurgica disamina di Onofri Anton Giulio, come sempre sprezzantemente cinico ma obiettivissimo:

ai Golden Globes è andata in scena stanotte la tragica farsa di un’America ormai votata all’autodistruzione. La macabra messa in scena del nero sul tappeto rosso la dice lunga sul come le ladies vorranno d’ora in poi impostare le loro relazioni con maschi ridotti ad automi scarichi e difettosi, oggetto di ironie tristissime perfino del comico presentatore di turno. Ma più grave è il cinema che ne è uscito vittorioso, finto, artefatto, inerte, e di bassa statura intellettuale, macchinetta per scuotere un pubblico rincoglionito dalle serie tv e ormai del tutto incapace di riconoscere il passo che, per fortuna, proprio in USA qualcuno continua ad avere, guarda caso rimasto senza premi, se non assente dalla competizione. Trump o non Trump, un’America in picchiata libera, che potrebbe trascinare tutto e tutti in un fondo di placentale, addormentata melassa in cui nemmeno ci accorgeremo di essere, come Occidentali, non solo già morti, ma addirittura in avanzato stato di decomposizione. Pronti per essere inghiottiti, e poi gestiti, da civiltà più solide, se non altro per essere rimaste fedeli agli antichi principi di una follia umana fondata sull’ignoranza e sulla paura, che offrivano a chi fosse riuscito ad affrancarsene con lo studio e con l’intelligenza, la possibilità di una libera, autentica, spontanea e incondizionata libertà creatrice.

 

di Stefano Falotico

Visioni befanesche di un Gennaio di Arterton


06 Jan

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Ebbene, è giunta la Befana a casa mia, indossava reggicalze molto arrapanti e io, “scostumato”, me ne “incuneai” con far “cheto”, modulando una danza pruriginosa in cui, strisciante, smossi la sua vecchiaia, perché ella ringiovanì di colpo ed estasiata dalla mia vivacità mi rese un uomo prelibato al cioccolato che digerì in modo “caramellato”. Sì, una giornata lieta, rovinata soltanto dalla disfatta del Bologna, amarissima, che ha abdicato contro il Torino, per(d)endo per tre reti a zero, subite in modo atroce e profondamente, oserei dire, nefasto per il prosieguo del campionato, che adesso si prospetta quanto mai difficoltoso, ostico, oltremodo faticoso. E dire che a pranzo mangiai le ostriche. Sì, una squadra che ha arrancato in maniera disdicevole, invogliandomi alle bestemmie più e più volte, ch’eppur ebbe la possibilità di pareggiare grazie a una concessione arbitrale del tutto arbitraria. Prima l’arbitrò ammonì Verdi Simone per simulazione, quindi andò a vedere il VAR e il rigore varò, togliendo il cartellino giallo al nostro rossoblù. Ma quel disgraziato del cileno Pulgar, in preda a manie di protagonismo fuori luogo, prese il pallone con far prepotente ed arrogante, e il diritto di calciare il penalty screanzatamente si arrogò. Lui, che è mediano discreto e non dotato di tecnica finissima, ebbe l’ardire di misurarsi con gli undici metri, andando incontro a una figuraccia in diretta mondiale, no, forse solo Sky. Perché platealmente scazzò da scarpazzon’, come dicono qui, vergognoso. Da allora, quella che poteva essere una probabile rimonta, si tramutò solo in un’onta. Sì, venimmo “montati” da goal ridondanti, nella nostra porta lacrimevolmente da tiri micidiali fummo travolti, disperati ci contorcemmo e venimmo, costernati, in culo inondati. E noi tifosi or ce n’adontiamo!

Ma non preoccupiamoci. I sogni di gloria sono andati ma quelle, come si suol dire, che stanno dietro dietro l’han preso nel didietro, quindi la distanza dalle inseguitrici è rimasta invariata.

Ma direi di passare a cose meno calcistiche, anche se di “palle” ancor parleremo. Sì, le mie dinanzi a Gemma Arterton si riempion di “meraviglia” e in lei vorrei scioltamente, “fluidamente” sciogliere tutto il “groviglio” contenutovi per un amore da bocca di rosa alla De André.

Sì, davanti a questa non lo puoi tener’ e “sdilinquisce” in modo “liscio”.

Che genio delle assonanze che sono, che verbalization vivente delle stronzate di “pura”, ero(t)ica investigation. Ah ah!

Sono uno Stefano, essere befanesco spesso furbesco. Comunque, adesso esco, un giorno vorrei incontrarla, andrò incontro a una figuraccia, anche se vorrei solo scontrarmi con la sua f… e spero che per Gemma “esca” e dunque “entri”.

No, non rientro… di lei son perso, molto preso, eppur lì sempre lo prendo.

Applauso. E che sia sc(r)osciante!

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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