Archive for September, 2018

La prima puntata di Maniac non mi ha affatto entusiasmato, attimi di paranoia, schizofrenie sociali e Joker “king of comedy” Phoenix finalmente truccato, quindi senza maschera pirandelliana


21 Sep

Phoenix Joker

Ora, finalmente è partito Maniac. Non so perché, sarà stato un problema di cache, fino a ieri sera non riusciva a riprodurmelo.

Da quel che ho visto, dando una sbirciata ai minutaggi dei singoli episodi, ogni episodio non dura più di 40 min.

Il primo ne dura addirittura soltanto 37, titoli di coda esclusi.

Ecco, non mi ha convinto sulle effettive doti registiche di Fukunaga. Uno che, con la sceneggiatura e la prova maestosa di McConaughey, per la prima stagione di True Detective ha fatto cose egregie, ma il merito non era suo. Lui è stato un semplice metteur en scène.

La prima puntata di Maniac, per quanto duri davvero poco, è una palla tremenda. Ma non è Taxi Driver, ove pare che non succeda nulla e invece appassiona istantaneamente, qui realmente non accade niente di che, e non si viene intrattenuti neppure dalla moscezza attoriale della Stone e di Jonah Hill. Sì, una recitazione volutamente in sottotono, con la sordina, come si suol dire, trattenuta, giocata sugli sguardi e le occhiate. Ma poco empatica. E il tutto m’ha puzzato di furbetta operazione per far sì che Netflix, con quest’esclusive, possa accaparrarsi altri abbonati a buon mercato. A proposito, spiace che Romero sia morto. Come zombi, la Stone funziona senza trucco. Però, speriamo che Dario Argento torni alla regia e la ficchi… in un ruolo da emarginata traumatizzata irrecuperabile che ha come assistente sociale la figlia di Dario, Asia.

Probabilmente, anzi lo spero, Maniac, nel succedersi e avvicendarsi delle prossime puntate, riuscirà a coinvolgermi. Vediamo, sì, se ne sarò intrigato. Può darsi che alla fine ne possa rimanere estasiato. Ne dubito…

Ma, al momento, debbo basarmi sulle istintive impressione sortitemi da questa mezz’ora alquanto soporifera, da latte alle ginocchia. Sì, dopo 5 min di questa serie, v’irriterete come degli psicopatici, sferrando pugni contro lo schermo del pc e probabilmente potranno ricoverarvi, per direttisima, con un trattamento sanitario obbligatorio.

Al che arriverete davanti a un medico cornuto che vi farà questa diagnosi.

– Bene, anzi malissimo. Il quadro clinico è dissociazione e alterazione del pensiero perché lei vuole insultare Maniac ma la realtà dice che è una buona serie.

– Fa veramente schifo! È una merda!

– No, Rotten Tomatoes dice che è ottima. Quindi, lei è malato di mente.

– Non posso esprimere la mia opinione?

– No, potrebbe essere pericoloso per la società… dei critici. Adesso gl’infermieri la interneranno. Suvvia, camicia di forza. Questo vuol fare l’iconoclasta! E invece farà la fine di Jonathan Pryce in Brazil!

Oggigiorno, le storie sugli schizofrenici vanno forte. Esistono varie forme, come sapete, di schizofrenia. Quella catatonica, di cui è affetto Nicolas Cage nelle sue interpretazioni da pesce lesso, quella delirante, di cui sono affette le persone che si creano paranoie sul sottoscritto, dandomi dello psicotico quando invece dovrebbero occuparsi di pulirsi meglio al mattino e di dare un bacio con la lingua come si deve alla loro morosa ché, sennò, rimane lì con la manina a toccarsi la dolce vagina come Naomi Watts di Mulholland Drive. No, la loro ragazza non è Naomi Watts, una splendida biondina, è piuttosto Sally Hawkins de La forma dell’acqua. Sì, molti idioti si sono chiesti il significato di The Shape of Water. Non era difficilissimo da capire. Sally, nella vasca da bagno, smanetta di brutto e si fa l’idromassaggio naturale. E l’acqua in ebollizione genera una doccia miscelata fra caldo e freddo!

C’è anche la dementia praecox appunto paranoica, tipica del 90% degli italiani, ché si credono tutti santi, messia e salvatori ma poi, fra una predestinazione e l’altra, si candidano come concorrenti del programma per minorati mentali Tu sì che vales, sperando di risultare eccezionali alla casalinga, maniaca della pulizia igienica, di Padova, sì, aiutaci tu, Sant’Antonio.

C’è chi si crede Gesù. E dovrebbe capire la sua identità, quella di un povero cristo, vedendo il film, ancora inedito qui in Italia, ovviamente per censure del Vaticano, ché altrimenti perderebbe qualche fedele invasato, Three Christs con uno splendido Richard Gere.

Sì, in Italia sono tutti appunto salvatori della Patria. Lavorano indefessamente giorno e notte perché loro si guadagnano da vivere. Sì, una vita fatta di partite di Champions, scosciate delle cretine nei varietà e luoghi comuni vecchi come il cucco. Ché la vita va presa con filosofia. Ma non quella di Aristotele. Che comunque era un mezzo pazzo da manicomio. Diciamocela!

La filosofia del pigliamola così, come viene, aho, quella là ha un gran culo.

E io vi dico che non verrà proprio un cazzo… ah ah.

Certo che, miei cari pagliaccioni, Joaquin Phoenin in questo Joker ha davvero una faccia come il culo. Uguale alla mia. Ah ah.

E fatemi un piacere: curatevi!

 

Cazzo, certo che ve lo siete proprio scelto bene lo “scemo del villaggio”. Roba che Rambo se la fa nelle mutande!

 

 

di Stefano Falotico


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Camera test (w/ sound). Joker.

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Ascesi rambistiche e idolatrie di Shannon Tweed


21 Sep

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La trama di Rambo 5 è sempre quella dei film precedenti.

John si è ritirato a vita privata nello chalet del padre, e indossa anche lo scialle. Sognando di morire a Venezia, suicidandosi in una calle.

Ha anche un padre, John? Non era orfano di madre?

Sì, io invece immagino questa trama.

Stallone, a torso nudo coi boxer, sta stravaccato sul divano, riguardando in dvd tutti i film softcore con quell’ex passerona di Shannon Tweed. E la sua ascesi va a farsi fottere.

Ora, se vi volete tirare il pisellino in totale comfort, liberi da sguardi indiscreti, quando la vostra ragazza è andata in Grecia a visitare i templi, non c’è bisogno di guardare tutti i film con Shannon. Nella maggior parte di essi non si vede ’na mazza. Ah sì, Valeria Mazza, altra biondona da bagnasciuga…

Ecco, vi chiederete voi? Perché cercare le scene “incriminate” con la Tweed, quando si può vedere un porno in streaming?

Perché la pornografia, in verità, è poco eccitante. L’erotismo, anche se poco raffinato e di bassa lega come nei film con Shannon, non quello della Juliette Binoche prima mano, no, maniera, è più stimolante.

Perciò, dopo un’accurata selezione, questi sono i titoli immancabili della filmografia tweediana.

Partiamo con moderatezza per salire su…

Innanzitutto, Trappola d’acciaio, semi-remake orribile di Trappola di cristallo. Ma che vale il prezzo del biglietto per una scenetta piccantina fra la Tweed e Michael Paré, un belloccio che m’immagino sia stato un bell’uccello ficcante come i suoi occhi azzurri penetranti…

Arriviamo subito al cul per antonomasia, no, allo scult imbattibile, ove Shannon fa la vera battona, vale a dire Vendetta fatale. In questo film, suo marito, pur di ottenere la promozione, lascia che il suo capo, un vecchiaccio bavoso, scopi sua moglie in cucina. Ma il vecchiaccio non mantiene i patti e promuove un altro al posto suo. Super-inculata bestiale. Il pover’uomo, cornuto e mazziato, come dicono in meridione, si ammazza.

La moglie, interpretata dalla Tweed, decide di vendicarsi. Ma, anziché farla pagare al Bill/Carradine di turno, se la prende con l’uomo che ha fottuto il posto di lavoro al suo defunto marito. Che cazzo c’entra questo qui? Non è mica colpa sua.

Però non va a ucciderlo. Seduce il figlio teenager, che ha un culo pazzesco a trombarsi una gnocca di questo livello, e poi si fa sodomizzare dal padre.

Per far impazzire la moglie dell’uomo che l’ha appena inculata. Insomma, una Terence Stamp di Teorema versione sexy.

Secondo voi, chi ha scritto una boiata del genere?

Ma il top della sua enorme topa la Tweed lo raggiunge in Body Chemistry 4: Full Exposure. Un Basic Instinct ancora più spinto e ridicolo. La Tweed interpreta la parte di un’assassina irredenta e bastarda che si lascia sbattere dal suo avvocato difensore. Un uomo tracagnotto e bruttino. Altro culone mai visto.

Qui la Tweed esagera. Nudi a godo, no, a gogo.

Sì, Stallone/Rambo, dopo aver “ripassato” i film con la Tweed, decide quindi di lasciar stare gli allenamenti e i suoi patetici video-selfie su Instagram, chiama la moglie, Jennifer Flavin, che sta in cucina a pulire il pavimento, e le urla: – Sono vecchio per Rambo, mia cara, ma per te no…!

E spinge, sì, pompa Sly.

Un vero duro col martellone!

 

 

di Stefano Falotico

Maniac, su Netflix, non parte, Joaquin Phoenix è dimagrit’ come me, e saltello tutto bello nelle vostre patologie mentali, in quanto sono 009


21 Sep

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Joker dimagrit’

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009, colui che si fa il viaggio virtuale sino a Giove, va su Marte come Schwarzy in Atto di forza, e si scopa la tua Venere senza contrarre malattie veneree in quanto usa il profilattico, e su questo non ci piove.

Mah, non è che abbia una gran voglia di vedere questo Maniac. Del Fukunaga. Uno che adesso dirigerà James Bond 25 con Daniel Craig.

Ora, lo ribadisco, mi spiace che la pensiate in maniera diversa da me. Daniel Crag è il peggior 007 della storia. Mio nonno Pietro, ch’era un coltivatore diretto, aveva una faccia più elegante di Daniel. Uno a cui stringo la mano perché sta con Rachel Weisz, donna dalle cosce strepitose e dagli occhi ammalianti, ma che carismaticamente vale meno, appunto, di un trascurato agricoltore.

Sì, mio padre è ancora più cattivo di me quando gli chiedo cosa ne pensi di Craig.

– Ah ah. Chi, Craig? Quello del cantiere edile di Castel Maggiore (località limitrofa all’estrema periferia di Bologna, situata a nord rispetto al centro storico di questo capoluogo emiliano-felsineo) ha molta più classe.

 

Sì, concordo con mio padre. Craig ha una faccia da scaricatore di porto. Niente a che vedere col sex appeal maturo dello Sean Connery che fu, molto meno figo di Pierce Brosnan, che comunque faceva anche lui abbastanza cagare nei panni dell’agente segreto più famoso del mondo, più magro di Roger Moore ma assai meno simpatico. George Lazenby e Timothy Dalton neppure li prendo in considerazione. Ma, a loro modo, migliori del Craig. Una faccia da burino ch’è molto, paragonato a lui, più attraente Ricky Memphis.

Sì, Craig è veramente una merda.

Quasi quanto Justin Theroux. Uno che dovrebbe fare un monumento a Lynch per avergli dato, a tutt’oggi, il ruolo della vita in Mulholland Drive. È grazie a questo ruolo ch’è riuscito ad accarezzare le coscione di Jennifer Aniston. Diciamocela! Ah ah!

Sì, c’è anche lui in Maniac.

Ma questa serie non mi parte su Netflix. Mi collego al mio account, vado su questo titolo, clicco e mi dice: disponibile dal 21 Settembre.

Scusate, non è oggi il 21 Settembre? Dev’essere una sorta di strategia occulta e subliminale per farti impazzire come Jonah Hill. Mah, riproverò domani.

C’è pure Emma Stone. Tutti sostengono che sia una buona passerotta, questa qui. Insomma. Ha un seno inesistente e spesso interpreta la parte di donne patetiche e lagnose, sì, la Margherita Buy d’America. E Maledetto il giorno che t’ho incontrato del Verdone docet. Sì, piace molto a Nanni Moretti che, dopo quell’altra isterica perfettina di Laura Morante, ha trovato in Margherita la musa delle sue frustrazioni. Pessimo il Moretti, un uomo tristissimo.

Molto meglio Andrea Roncato/Margheritoni. Uno che, in Mezzo destro mezzo sinistro, sapeva che da Isabel Russinova voleva solo una trombatona in una calda alcova. Uomo verace, Andrea, ruspante.

E non sfogliava le margherite… Di mio, son dimagrit’ e mi piacciono i quadri del belga René Magritte.

Questa è la stronzata falotica del giorno! Non c’è nessun Joaquin Phoenix che tenga. Il vero Joker sono io. Imbattibile!

Maniac

Maniac

 

di Stefano Falotico

Cary Joji Fukunaga sarà il regista del nuovo James Bond


20 Sep

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Finalmente, dopo una lunga ricerca, è stato trovato il regista del prossimo James Bond, il numero venticinque della serie. Si tratta di Cari Joji Fukunaga, autore della bellissima, prima stagione di True Detective e dell’imminente Maniac di Netflix con Jonah Hill ed Emma Stone.

L’annuncio è stato dato direttamente dalla MGM.

Già stabilita la data d’inizio riprese, a Marzo del prossimo anno. E il film uscirà nelle sale mondiali il 14 Febbraio del 2020.

L’accordo è stato raggiunto dopo un lungo corteggiamento e dopo il forfait di Danny Boyle, che inizialmente era stato designato come director.

James Bond, ovvero 007, l’agente segreto più famoso del mondo, sarà nuovamente interpretato da Daniel Craig.

Fukunaga, ricordiamolo, ha anche diretto l’acclamato Beasts of No Nation.

La MGM, prima del sì di Fukunaga, aveva vagliato anche altri registi, fra cui Yann Demange, David Mackenzie (Hell or High Water) e Edgar Wright (Baby Driver).

 

Fonte: Deadline.

 

di Stefano Falotico

Che batosta devastante, per tutti noi, persone normali, questa legge sul Copyright


20 Sep

Essi vivono Philadelphia Hanks
Sì, lo scorso, recentissimo 12 Settembre, il Parlamento Europeo ha approvato questa bacata, campatissima per aria legge sul Copyright.

E, stamattina, ho ricevuto una spiacevole sorpresa. Il caporedattore di uno dei siti di Cinema a cui stavo, con enorme energia e prodiga diligenza, collaborando, allestendo news sui film in lavorazione, è giunto alla conclusione che il sito chiuderà fra pochi giorni.

 

Buongiorno ragazzi,

intanto vorrei ringraziarvi per il lavoro svolto con JN, per l’impegno e l’entusiasmo con cui vi siete dedicati a questo progetto.

Purtroppo, nonostante tutta la nostra buona volontà non siamo riusciti a dare a JN quel tocco che ci permettesse di posizionarci in maniera competitiva sul mercato, sicuramente troppo saturo!

La recente legge sul copyright non aiuta di certo i progetti come JN, e credo che purtroppo in un futuro molto breve molti siti saranno costretti a chiudere.

Non è stato per niente facile giungere a questa decisione e mi dispiace molto comunicarvi che la nostra bella avventura con JN giunge al termine.

Tutti i pagamenti verranno effettuati a fine mese, momento in cui il sito verrà chiuso.

È stato un piacere per noi avere la vostra collaborazione e percorrere assieme a voi questo breve tragitto.
Auguro ad ognuno di voi un futuro colmo di bei progetti e che i vostri sogni possano diventare realtà
.

 

Questa dicasi, platealmente, mazzata. Innanzitutto, non guadagnavo tantissimo con le mie quotidiane collaborazioni, ma erano quei piccoli soldi in più che mi permettevano di sbarcare il lunario. Quel paio di centinaia di Euro che fanno la differenza fra vivere e morire.

Poi, m’inorgogliva prestare le mie conoscenze al servizio degli appassionati di Cinema. Che ne fruivano e potevano essere ogni giorno informati.

E infine mi faceva curriculum. Adesso che il sito chiuderà, l’intero archivio di notizie e post, in un nanosecondo scomparirà, come se non fosse mai esistito.

Sì, ho salvato tutto in un pregevole doc Word, ma non potrò mai attestare questo mio lavoro in termine visivo-pratici.

 

Articolo 13: il super filtro preventivo del cazzo

Se venisse approvata la nuova direttiva le piattaforme online sarebbero legalmente obbligate ad applicare un controllo preventivo su tutto il materiale pubblicato dagli utenti, in modo da bloccare tutti i contenuti coperti da diritto d’autore. Si tratta di un sistema molto simile al Content ID di YouTube, un algoritmo che consulta un enorme database contenente tutte le tracce audio e video protette da Copyright e blocca in modo preventivo il loro utilizzo senza autorizzazione.

YouTube e Google, ma anche Facebook e altre compagnie simili, possono permettersi i costi di una tale infrastruttura ma le piccole imprese ne uscirebbero estremante svantaggiate e, a seguito di un’inadempienza, potrebbero essere divorate dalle cause legali e dalle sanzioni che ogni stato dovrebbe applicare per ciascuna violazione della direttiva.

Tale sistema di filtri preventivi non è del tutto irrealizzabile ma va ad azzoppare qualsiasi piattaforma online che non abbia le risorse per implementarli, andando quindi a trasformare Internet in un mercato monopolizzato dai grandi player del mercato che hanno le potenzialità per ottemperare alle direttiva. Inoltre tale controllo andrebbe a violare i principi di libera circolazione delle informazioni o della satira, applicando una forma di censura anche ai semplici fotomontaggi a sfondo umoristico e meme.

 

Wikipedia e i grandi, aziendali siti d’informazioni non saranno scalfiti da questa legge ma i piccoli “imprenditori”, le persone normali, che si erano magnificamente illuse di diffondere cultura con passione sincera, hanno preso una tremenda botta alla testa.

D’ora in poi, bisognerà stare attentissimi a inserire immagini, anche di film, che non siano coperte da Copyright e a fare le giuste citazioni, senza estrapolare più del dovuto.

Al solito, noi ne paghiamo le conseguenze, per colpa di quegl’imbecilli, creatori di fake news, che hanno indotto il Parlamento Europeo a questa radicale decisione tremenda.

 

Comunque, io sono sempre attentissimo nei miei libri, come il mio ultimo su Carpenter a non incappare nel fottuto Copyright. Infatti, la copertina, dietro miei precisi suggerimenti, mi è stata realizzata da una grafica. Se avessi utilizzato i fotogrammi dei film esposti, mi sarebbe giunta un’immensa sanzione penale e avrei dovuto ripubblicare il libro, rifacendo la copertina.

 

Insomma, non siamo figli di Berlusconi.

Ah sì, tu sei un giovane regista. E nel tuo film vuoi inserire una canzone di Eric Clapton? Sì, allora il tuo film lo vedranno solo i tuoi parenti e i tuoi amici più stretti perché, se non hai pagato un fottio di dollaroni a Clapton, la canzone te la ficchi in culo.

E, se vuoi proprio inserire una canzone nel tuo film, devi affidarti al cantante-barbone di strada ché, se gli dai tre Euro, forse ti concederà l’utilizzo del suo “hit” meraviglioso. Col mandolino e la sua voce roca identica, ah ah, a quella di Tom Waits!

In realtà, il Copyright è sempre esistito. E l’esempio delle mie copertine e di Clapton è stata un’iperbole.

Ma con quest’altra legge sarà ancora peggio.

Morale dell’inculata: se non sei nessuno, la scalata sarà durissima. Irta e pericolosa.

Se invece sei figlio di Agnelli, non avrai bisogno di andare da uno psicologo.

Eh sì. Sei figlio di Agnelli? Sai quante “agnelline” che ti fanno ridere da mattina a sera.

 

Christopher Nolan è un genio? No, non lo è. E, anche se lo fosse, ha anche i soldi per esserlo.

 

Potremmo tutti godercela, questa vita. Ma la piccineria di molta gente, le regole assurde non ce lo permettono. Ma noi combattiamo.

 

 

di Stefano Falotico

John Carpenter il baffuto, secondo me, è impazzito, mentre io, sempre più giovane e bello, mi lecco i baffetti, ah che buffet, basta coi vostri bluff


19 Sep

 

Nelle scorse ore, monsieur Carpenter ha presentato il trailer internazionale di Halloween, sequel non apocrifo di David Gordon Green. Assieme alla ribalda, sempre sgallettata Jamie Lee Curtis.

So che non sapete il significato vero della parola sgallettata. La sgallettata è una donna malferma sulle gambe, sciancata. No, Jamie Lee Curtis non lo è affatto. E in True Lies, nella scena dello striptease davanti a Schwarzy, ha dimostrato tutt’altro. Io le affibbio il termine sgallettata, intendendo ch’è una donna paradossalmente talmente vivace, esuberante, vigorosa che ho sempre la preoccupazione che tanta sua energia cosmica potrebbe portarla, da un momento all’altro, a uno svenimento.

Sì, Jamie Lee Curtis, il prossimo 22 Novembre, compirà la bellezza di sessanta primavere. Sapete, pensavo fosse più vecchia. Allora, quanti anni aveva quando ha girato l’Halloween originale appunto firmato John?

Vent’anni! Soltanto vent’anni. Anzi, meno. Perché Halloween è uscito nel ’78 ma, ovviamente, le riprese erano iniziate molto prima. Diciannovenne, quindi.

John Carpenter… porti indubbiamente maluccio i tuoi anni, con tutto il bene che posso volerti, sebbene in questo video appari molto arzillo e sproni alla carica, ti avrei dato più di settant’anni. Eh no, John, sarà colpa della troppo rigida, ferrea dieta che non ti fa mai ingrassare però ti ha ridotto pelle e ossa.

E tu, lo sappiamo, di scheletri, non solo nell’armadio, sei l’incarnazione vivente. Ah ah.

Ecco, nel 1978, John stava assieme ad Adrienne Barbeau, se non sbaglio. Ah, bona la Bardot, no, che dico. Scusami, Brigitte. Sì, la Barbeau ha divorziato da John nel 1984. Quindi, sì, all’epoca erano sposati. Dalla loro unione nacque un figlio, John Cody.

Ma, nonostante mie ricerche per il web, non capisco l’origine di questo cognome “anomalo”. Cody?

Cerco…

No, l’unico John Cody “attendibile” risulta lo statunitense arcivescovo omonimo, con l’aggiunta di Patrick nel mezzo (ma non è Patrick Dempsey, uno che scopa sempre e quindi ha poco a che vedere con la Chiesa).

Perché Cody? John Carpenter voleva dare a suo figlio il suo stesso nome, John. Allora avremmo avuto John Carpenter Jr. Cody per cosa sta? Ecco svelato l’arcano. Il nome intero di questo qui è John Cody Carpenter.

Ora, idioti, John Cody non è John Candy, quello di Balle spaziali e Un biglietto in due.

Candy era un puro, un bonaccione, un candid man. Allora non capisco l’origine etimologica del film Candyman. Ah ah, che stronzata.

Candy, la caramella. Donna, pigliati questo leccalecca, alla fine della leccata, ne viene… come per magia un liquido cremoso, denso e granuloso, salato e zuccheroso allo stesso tempo, al deflagrare dell’orgasmo liscio, vellutatamente perciò esploso, di piacere sprigionato in maniera focosa. Ah ah.

Sì, fra John e Jamie Lee Curtis c’è stato solo del tenero. John aveva ed ha dieci anni in più di Jamie. Troppo poco per essere suo padre. Ma forse tanto per bombarsela. Eravamo al limite. Lei, maggiorenne appena e lui quasi trentenne. Ma alcune foto di loro due sul set non mi hanno mai convinto sulla natura semplicemente amicale del loro “rapporto professionale”. Sembravano proprio due innamorati che ci davano in maniera bestiale.

John, John, John!

Sì, John era un volpone. Quando Adrienne Barbeau dormiva di brutto, lui prendeva la macchinina e si recava a casa di Jamie. Se ne intrufolava e romanticamente sussurrava alla Lee Curtis: – Jamie, gemi, sì, gemi con me, Jamie.

Sì, fra i due secondo me non c’era solo una disinteressata affinità elettiva, l’affinità era molto “erettiva”.

Comunque, John è sempre stato un gran signore.

Ma non capisco perché uno così, un visionario pessimista, forse perfino un ascetico, a prescindere dalla Curtis e dalla Barbeau, abbia concesso a quella zoccola di Elisabetta Canalis d’intervistarlo.

La Canalis. Una che ha capito come arrivare in “alto”. Dopo essere stata col puttaniere per antonomasia, Christian Vieri, detto Bobo, riuscì a fregare anche George Clooney. Intascati i soldi che da entrambi ricevette come regalo per averla data loro generosamente tutt’ignuda, adesso se la tira da donna di cultura.

Sì, come no…

E io sono sempre più bello.

È plateale. Non potete negare l’evidenza.

Che uomo!

Ah ah.

E ricordate: lasciatemi lavorare in santa pace. Che, fra un libro e l’altro, ci può scappare anche qualche bella palpatina…

Sì, è così.

Ricordate: il detto donna baffuta sempre piaciuta è una cagata immensa. Come tutte le altre escrementizie, merdose bullshit che molti hanno detto sul mio conto. Perché io sto benissimo, soprattutto con la barbetta.

E soprattutto: l’importante nella vita non è fare la fine di Michael Myers, ché questo è partito col cervello dalla nascita, e neppure ridursi a farsi dei sogni e incubi sul prossimo, come questo malato di mente qui. Lo conoscete, no?

Mulholland Drive Uomo sogno

Sì, avete proprio una faccia da pirla, così.

 


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Halloween

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di Stefano Falotico

Netflix, i pro e i contro


18 Sep

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La questione Netflix, e già mi espressi in merito mesi fa, torna prepotente dopo che Roma di Cuarón ha vinto il Leone d’oro all’ultimo Festival di Venezia e Sulla mia pelle, sullo scabroso caso Stefano Cucchi, nonostante l’esigua distribuzione in sala, sta spopolando su tale piattaforma di streaming. La numero uno, con buona pace di Amazon Prime Video, che dovrà faticare non poco per reggerle la concorrenza, Hulu abbastanza scarsina, e via dicendo.

I detrattori di Netflix sono tantissimi, così come i ferventi sostenitori, ai quali si è aggiunto il nostro esimio David Cronenberg con le sue recenti dichiarazioni. E a cui dobbiamo certamente ammettere nientepopodimeno che Martin Scorsese col suo The Irishman. Film che scatena in me un hype da manicomio e che, purtroppo, a quanto pare non uscirà prima del prossimo anno. Azz.

E fra pochissimi giorni sarà disponibile alla visione mondiale l’interessantissima, almeno sulla carta, prima che possiamo vederla, serie Maniac con Emma Stone e Jonah Hill. Ora, permettetemi a tal proposito una severa digressione. Non ho dubbi, dopo True Detective, sulle capacità registiche di Fukunaga, ma girare una serie sulla “pazzia” può essere un bell’impiccio. Perché è sempre difficilissimo, e di questo Fukunaga credo ne sia ampiamente conscio, poter intrattenere con gusto e allo stesso tempo filmare qualcosa che non sia pacchiano, superficiale o stupidamente innovativo sulla pazzia, appunto. La pazzia è qualcosa di delicatissimo, che non può essere a mio avviso spettacolarizzato, non è roba per il grande pubblico, a meno che non si girino schifezze, appunto, psicologicamente poco introspettive, bensì filmetti per teenagers col manuale sulle psicopatologie delle Giovani Marmotte. La pazzia è qualcosa di tanto, sì, affascinante, quanto pericoloso, cinematograficamente parlando. E io, pur considerando Il silenzio degli innocenti un grandissimo film, gli preferirò sempre Manhunter. Perfino Mindhunter. Sì, in questo caso parliamo di serial killer, ma in fondo lo psicopatico assassino seriale altri non è che la degenerazione malata di una persona disturbata. E non dico altro per non peccare io stesso di banalizzante, lapidaria grossolanità. Mi basta però dire che, come sostenuto giustamente da Wendy Carr/Anna Torv, l’agente “stressorio” sta alla base del peggiorativo esplodere della “tensione”.

È così. Una persona calma, pacata, sensibile e retta moralmente da sani principi, può impazzire in seguito a spiacevolissimi eventi rovinosi, e franare, inferma, in atteggiamenti criminosi.

Ma non avventuriamoci in disamine sulle alterare anime. Ché non basterebbe l’intera biblioteca di Alessandria per raccogliere tanto scibile “psicanalitico”. E nemmeno quella di Alessandra, donna che non ha mai letto un libro in vita sua, però scopa da mattina a sera con tutti e non gliene sbatte una minchia. Sì, Alessandra non ha una biblioteca nella sua camera, però nella sua camera gli uomini la “sfogliano”, leccandosi il pollice tra una girata e l’altra, per meglio “inumidire” la “lettura” del suo corpo.

Torniamo a Netflix. Ribadisco quanto già dissi. È molto romantica, nostalgica, nobilissima l’idea della sala, semmai di paese, con le lucine e il proiettore arrugginito che riprogramma il capolavoro epocale di turno. Con la pellicola che salta e il macchinista che, sudando come una bestia per non essere licenziato, in tempi da record, attacca tutto con lo scotch e fa ripartire la magia. Ma dobbiamo attenerci alla realtà. Sai, donna, hai dovuto aspettare mezz’ora a cazzeggiare col cellulare prima che iniziasse nuovamente il film. E, sinceramente, sei preoccupata che, in quest’intervallo, tuo marito, ch’è rimasto a casa, sia riuscito a scopare la vicina di casa. Sì, ah ah, hai voluto tu che ti tradisse perché da tempo non sai soddisfarlo, non ci sai fare, e gli hai fatto il regalo di compleanno. Da anni ambiva alla vicina. Ma sì, ti sei detta, che se la scopasse pure. È un pover’uomo, lavora come un negro. Concediamogli questo “extra”. Ma non hai voluto, appunto, assistere al tradimento e così sei andata a vedere un film di fantascienza al cinemino, lontano 50 km.

Al tuo ritorno, tutto deve essere a posto… deve essere stato un tradimento “perfetto”. Ove tu sai che lui ha fatto quel che c’era da fare, e lui sa che tu sai, non hai visto nulla, e domani è un altro giorno. La vicina però, non contenta di essere stata anche lei accontentata, potrebbe bussarti alla porta per chiederti lo zucchero che ha finito. E questa sua poca mancanza di tatto, donna, ti farà incazzare assai. E scoppierà la tragedia.

No, questa scusa non regge a favore di Netflix. No, per niente, ah ah.

Però, ecco, ieri mi è arrivato il Blu-ray de La cosa. Ci sono film che debbo avere. Sì, li bramo e li faccio eternamente miei. Almeno finché non morirò, ché poi li regalerò a qualcuno, e quel qualcuno toccherà il disco sensibilissimo, immacolato, senza neppure un graffio, con le mani unte di prosciutto.

Però non è che, ogni volta che c’è un film capolavoro, possiamo noleggiarcelo o comprarcelo. Tu sei figlio di Montezemolo?

Io no. E pagare il noleggio innanzitutto costa. Poi, il film lo puoi tenere al massimo 48 ore, quindi non puoi rimandarne la visione, anche se ti viene la febbre a quaranta. Sennò hai pagato per l’anima del cazzo. E peraltro devi sorbirti tutto il traffico della città per portarlo indietro.

Sì, questo giova a favore di Netflix.

Ora, capisco che, se siete gestori di una videoteca, vi stanno girando le palle. Ah, se tutti si abbonano a Netflix, non è vero che nessuno noleggerà più. Perché Netflix ha un catalogo molto limitato. Ovviamente, però, i noleggi caleranno e il piatto piangerà.

C’è anche da dire che le major guardano al guadagno, agl’introiti, sono delle troie. E oramai finanziano quasi solo esclusivamente film sui supereroi, ché incassano da Dio.

C’è qualche casa di produzione, al giorno d’oggi, che finanzierebbe, ad esempio, Apocalypse Now?

Non è un film commercialmente affidabilissimo. Potrebbe spaccare il culo ai botteghini come esser visto da quattro gatti.

Netflix invece se ne frega. Su un film che va malissimo e che non guarda nessuno, altri 9 non solo vengono visti ma rivisti. Basta scorrere col mouse, e ti rivedi mille volte la tua scena preferita.

Che poi The Irishman sarà un capolavoro o una delusione immane, senza Netflix non avremmo mai potuto saperlo. Semplicemente perché la Paramount, che inizialmente doveva produrlo, alla fine si è tirata indietro. Facendo questo squallido ma onestamente realistico ragionamento…

Sì, Scorsese è molto amato, De Niro e Pacino sono due leggende, ma un film sui gangster, sul tempo, in cui i protagonisti hanno più di settant’anni, invero quasi ottanta, verrà cagato?

Al che intervenne Netflix e disse: ok, quanto viene? Quasi duecento milioni di dollari? Tieni, Martin, ecco i soldi.

Non voglio più sentire stronzate su Netflix, intesi?

E non solo su Netflix. Anche sui materassi Permaflex. Secondo me sono più comodi quelli della Eminflex.

 

 

di Stefano Falotico

Che fantastica storia è la sfiga, che fantastico colpo di culo ch’è la volontà


18 Sep

Stallone over the top

Sì, non sono un camionista ma più i giorni passano più mi sto trasformando in Lincoln Hawk/Stallone. Che tiene tutto dentro, incassa a non finire, colpo su colpo, viene devastato dall’arroganza dei nonnetti, dalla boria degli adulti con troppe certezze bacate nel cervellino, poi all’improvviso si gira la visiera del berrettino, come Rambo il berretto verde, sterza potentemente e piega il braccio dei brutali cafoni con una forza sovrumana.

Over the Top, un film infantile, patetico, quasi penoso. Eppure, alla soglia di quarantenni suonati, giammai suonato, ancora mi emoziona e quel finale strappalacrime m’induce a incoraggiarmi.

Sì, io son stato il campione, dunque anche il vivente campionato, no, campionario della sfiga più atroce e terribile. Cattivissima, un tremendo scherzo del destino perché la mia mente, nell’indifferenza e ottusità generale, non poco vacillò, e a riccio mi chiusi, tanto che la gente pensò che fossi figlio di Berlusconi, insomma un gran ricco. Ah, se vive così, avrà un conto in banca enorme. Sì, certamente…

Già, taciturno ai limiti dell’autismo, vagai come un lupo mannaro nella brughiera d’un tempo magicamente sospeso, e non andavo neppure a far la spesa. E qui apriamo un sotto-capitolo a parte.

Ahimè, sabato, come ogni anno, ci sarà la festa del Ca’ Bianca, la via in cui abito. Che purtroppo, altra disgrazia capitatami in sorte, dunque in malasorte, annovera fra le sue costruzioni anche un grosso centro commerciale omonimo. Dunque, il mio rione, verso la fine di Settembre, puntualmente organizza una sorta di sagra, coi negozianti del quartiere che tengono aperte le botteghe sino a tarda sera, e un vecchietto in piazza che canta tutte le “hit” degli anni sessanta/settanta. Con le sue “cover” dei Nomadi, Dik Dik, Equipe 84, salvo qualche incursione nella musica d’oltreoceano nella riproposizione in salsa italica delle più brutte canzoni dei Beatles. Va be’, no, erano di Liverpool, Inghilterra, appena sopra lo stretto della Manica.

Roba da indurre al suicidio.

Sabato, dunque, non potrò nemmeno guardare un film su Netflix perché il chiasso sarà infernale e volteggerà nell’etere pessima musica a tutt’andare.

Sì, sbarrano tutte le vie con le transenne. E, anche volessi uscire di casa in macchina per andare a prendere un caffè fuori mano, devo presentare alle “guardie” la patente. No, non perché siano della stradale ma perché possa attestare che io abito nel mio palazzo. E in quale altro palazzo dovrei abitare, scusate? E dovrò inventare una scusa per allontanarmi dal baccano, da questa festicciola patetica “elevata in gloria” soltanto dai pensionati.

– Lei dove pensa di andare?

– Sa, è sabato sera. Non è che possa stare sempre nel guscio.

– Non vede che c’è la festa?

– Festa di che?

– La festa del Ca’ Bianca. Dovrebbe oramai saperlo. Si tiene annualmente.

– Sì, infatti rompe i coglioni manco fosse un negro inculante che ti fotte analmente.

– Be’, moderi il linguaggio. Non vede che è una festa dedicata ai bambini?

– Ai bambini? Qui ci sono soltanto ottuagenari.

– Comunque sia, dove pensa di andare?

– Ha il lasciapassere? No, mi perdoni, ho visto quella che è appena passata, wow. Un lapsus freudi-ano. Volevo dire, lasciapassare.

– No, ma abito in questo palazzo che vede se alzerà lo sguardo. Lasciapassere è stato stupendo, complimenti. Alla Lino Banfi.

– Questo? Questo marrone con sette piani?

– Sì.

– E chi me lo dice che lei abita in questo palazzo? Ha un documento?

– Ecco, tenga.

– Un attimo solo che controllo. Sì, c’è scritto che è residente in Via della Ca’ Bianca. Dunque, se ora vuole divertirsi davvero, può andare. Ma, attenzione…

– Sì, sì, lo so. Di qua è tutto chiuso. Devo circumnavigare dall’altra parte. Ok. Buona serata.

 

Sì, sabato sarà un bello sconquassamento di palle.

Detto questo, ieri è ripartito il programma Tagadà. Eh no, non ci siamo per niente. La signora Tiziana Panella ha indossato i pantaloni, e invece io erigo, no, esigo che indossi la gonna. Perché la sua voce fa schifo ma le sue cosce mi fanno interessare alla Politica. Sì, mentre osservo quelle sue gambe toniche, lisce, inguainate in calze deliziose, sorrette da tacchi vertiginosi, divento un “duro” e mi faccio un’ottima cultura.

A proposito, anche Milly Carlucci è invecchiata. Carlucci, donna che nella mia mente ha fatto sempre rima con l’espressione smancerosa pucci-pucci, ma era un’altra che, al di là della sua insopportabilità melensa e leccaculo, riusciva a eccitare il mio Stefanuccio. Secondo me, poi, con quel rossetto lì, sai come giocava pomposa con la tua “cannuccia?”. Eh sì, era proprio caruccia. Da succhiare come gli spaghetti al cartoccio. In maniera caldamente fumante…

Buono, stai a cuccia!

A parte le porcatelle, ho sempre preferito le tagliatelle.

Ragazzi, amici e non, si va. Fra una recensione di qualità, un altro libro di pregiata immensità, una di là e un’altra inchiappettata sempre a prenderlo lì. Ma anche a darlo qui.

Sì, in questo Stallone… la faccia “allucinata” del Falotico c’è tutta.

Che vi devo dire? Mi tiene in vita un’insopprimibile forza di volontà. Anche se vorrei avere la bravura di Gian Maria Volonté.

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di Stefano Falotico

Attori rinati: John C. Reilly, un gigante, in tutti i sensi, che non sarà mai una star


18 Sep

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Eh sì, John C. Reilly è un grande. Al pubblico di massa, nonostante tutti i suoi credits all’attivo in tanti film perfino molto importanti, non è che il suo nome dica molto. Sì, allo spettatore medio il nome di John C. Reilly è perfino misconosciuto. Questo tipo di spettatore è il classico uomo poco cinefilo che aveva già visto John C. Reilly da qualche altra parte… ah sì, questa faccia da simpaticone non gli è nuova. Non si ricorda mai e poi mai come si chiama ma sa che è bravo, in gamba. Sì, una faccia assai caratteristica quella di John ma non da copertina, sicuramente non un sex symbol per cui, una volta che lo vedi in un film, prendi subito nota del suo nome perché è un uomo mirabilmente bello, fotogenicamente magnetico, sensualmente attraente, fisicamente appetibile. No, niente di tutto questo, assolutamente.

Ecco, dico anche che se dovessi morire domani, oppure se il pianeta Terra fosse travolto da un’ecatombe apocalittica e dovessi recapitare in eredità dieci nomi d’attore da salvare nella memoria della settima arte a un eventuale, sopravvissuto mio successore appassionato di Cinema, no, sono sincero, John C. Reilly non rientrerebbe fra i dieci actors da tramandare, conservare e ricordare per l’eternità cinematografica, non comparirebbe affatto nella lista degl’indimenticabili da salvaguardare, da rivedere e riamare infinitamente semmai su Marte o in un’altra galassia, dopo il sopraggiunto, funereo terribile cataclisma.

Nel senso che non è, senz’ombra di dubbio, Marlon Brando o Bob De Niro, non è Mitchum e non è neanche Sean Connery.

Detto questo, John C. Reilly sa il fatto suo e meriterebbe finalmente maggior successo.

Questo simpatico orsacchiotto rubicondo, simile a Yoghi dell’Hanna-Barbera, è nato a Chicago il 24 Maggio del 1965.

Ed è il quintogenito di sei figli, concepito da una madre di origini italiane e un padre dalle discendenze irlandesi, nati però entrambi negli States.

John ama recitare fin d’adolescente e comincia, come quasi tutti d’altronde, col Teatro.

Al che da subito inizia a inanellare tutta una serie di particine minuscole in film, più o meno riusciti, di grandi registi: Vittime di guerra di Brian De Palma con Sean Penn, che ritroverà nell’immediato successivo, bruttino remake Non siamo angeli con De Niro per la regia di Neil Jordan e in Stato di grazia, quindi Ombre e nebbia di Woody Allen, Hoffa – Santo o mafioso? di e con Danny De Vito e Jack Nicholson, L’ultima eclissi di Taylor Hackford con un’allucinata e allucinante Kathy Bates. E vari altri, fra cui The River Wild – Il fiume della paura di Curtis Hanson con un’energica, intrepida e avventurosa Meryl Streep.

Ma è nel 1996 che John incontra il suo mentore per eccellenza, lo straordinario Paul Thomas Anderson. Che gli dà tre ruoli decisamente più corposi (e non mi riferisco alla stazza) e consistenti in Sydney ma soprattutto in Boogie Nights e Magnolia. Anche se poi, invero, i due non lavoreranno più assieme. Mah…

Al che, non nonchalance da far paura, sempre però per ruoli secondari, il suo faccione e il suo fisico corpulento saltellano di qua e di là in una serie innumerevole di film, spesso di registi interessantissimi o di pregiatissima scuola come Martin Scorsese per Gangs of New York e The Aviator, Walter Salles per Dark Water, Sam Raimi per Gioco d’amore (un po’ anteriore rispetto a questi, va detto per la precisione), Robert Altman per Radio America, Roman Polanski per Carnage, qui già in un ruolo da co-protagonista.

E nel frattempo si becca la nomination all’Oscar per Chicago di Rob Marshall.

Eppure il novanta per cento della gente continua a dimenticare il suo nome e non sapere chi sia.

Questo invece potrebbe essere, una volta per tutte, il suo anno.

È stato iper-acclamato in The Sisters Brothers di Jacques Audiard, premiato con Leone d’Argento alla miglior regia all’ultimissimo Festival di Venezia, e prossimamente lo vedremo in due ruoli storici. Come mitico Watson in Holmes and Watson con Will Ferrell e come il leggendario Oliver Hardy in Stanlio e Ollio, biopic sul duo comico più grande di sempre.

 

Dai, John!

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di Stefano Falotico

Mi attizza il Joker di Joaquin Phoenix e Mickey Rourke poteva recitare in un film di Dario Argento


17 Sep

Phoenix Joker

 

Qual è l’esatta pronuncia della parola pudico? E qui casca l’asino. Lo so, asinacci, a Bologna dicono lo suocero, al posto del suocero. E a Bologna, spesso e volentieri, sbagliano anche l’accentazione della parola rubrica.

Sono degli uomini sgrammaticati, insipienti e sciatti, gretti, ignoranti e stolti, dei veri clown. Io, tutt’al più, sono un commediante, infatti scrissi un libro omonimo che potrete rinvenire sulle maggiori catene librarie online. Anche se, va ammesso e non rimandato al prossimo anno, dopo la lettura di tal succitato libro, non sarete più rinvenuti, sebbene continuerete a venire, forse pure meglio, nella vagina liscia e morbida della vostra donna. Donna carina, vera peperina, vera volpina, ottima prugnina.

Sì, come il Joker sono uomo armonioso, libero e giocoso, pagliaccesco, oggi malinconico e domani in te, donna, focoso, in quanto giammai uomo deperito e mai perito, come quelli degl’istituti industriali, nella sua passione ardentemente ardimentosa. Che si mantiene ritta, nonostante mi urliate che debba raddrizzarmi.

Uomo freak per eccellenza, fisiognomica incarnazione di ogni tormento esistenziale racchiuso in un’espressione sorridente eppur addolorata, con la pelle del viso emaciata e non raggrinzita, di fronte corrugata ma non rugosa, che si pone all’obiettivo fotografico in maniera obiettiva. E, dinanzi a questa società edonistica, frivola e materialistica, continua a conservare una lucidità bestiale, poiché il Falotico, nonostante i furbi e fuorvianti depistamenti, le devianze a cui potrebbe soccombere, non corrompendosi nell’animo, rimane perfettamente fotogenico. Sano come un pesce, squalo delle tenebre e pinguino come DeVito.

Uomo invidiato e ambito in maniera sesquipedale, sì, uomo di grandezza morale incommensurabile, spropositata. Che rifiuta le gentili offerte delle donne più belle semplicemente perché è un coglione e preferisce riguardare Mulholland Drive.

Egli non è affetto da nessun delirio demenziale, miei uomini affettati che, in maniera affrettata, addivenite a diagnosi troppo radicali e superficiali. Egli volteggia in modo grazioso sulle più belle grazie e, dopo gli amplessi sudati e sinceri, non le ringrazia ma scivola ancora al plenilunio laddove la sua ombra scompare nel tintinnio di un’altra orgasmica emozione. Emozione fa rima con erezione. A tutte ne do lezioni e olio il da farsi con precise lozioni.

Sì, Mickey Royrke, invero, ha già girato un film con Argento. Come lasciai intendere nella mia recensione di Angel Heart. Nella mia chiosa e postilla finale.

Alan Parker, nonostante qualche suo film madornale, è sempre stato un regista impersonale ma Angel Heart non ha nulla da invidiare al miglior Dario. Soprattutto nella scena in cui il Rourke, d’incubo terrificante, sogna e dunque immagina di trovarsi in una sorta di scantinato tetrissimo, con un losco figuro col cappellaccio.

In realtà nella suddetta scena, Mickey voleva chiedere a quel signore vestito di nero, sì, l’uomo nero delle favole per bambini timorosi di Dio, se assieme, in quella cantina scura, potevano bersi due litrozzi di vino. Da canzone dei folli alla Bukowski, infatti Barfly docet.

Eh sì, checché se ne dica, nonostante le maldicenze e gl’iettatori, questo Falotico è proprio un bel personaggio. Altroché.

E, alla domanda se preferisco River o Joaquin, risponderò sempre: prediligo Lauren Phoenix.

Adesso si è ritirata, ma quanto me l’ha tirato… Se dite che Lauren è o fu una troia, sì, lo è, lo fu eccome, ma non venite a dirmi che il suo culo non è/era da Oscar. Smaltato e da smaltare, così i chili di troppo smaltirete.

Ricordate: nella vita, bisogna sapientemente dosare il cervello con quel qualcosa che alle donne pare tanto bello.

Se una donna vi dirà che non è così, è una suora.

Che poi anche le suore…

 

di Stefano Falotico

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