Archive for July, 2019

31 LUGLIO 2019: giornata memorabile, il mio viaggio a Firenze con Max, il trailer di THE IRISHMAN e la giacca di DRIVE da me indossata, super video epico


31 Jul

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Sì, dopo la serata fresca e avviluppata nell’involtino di un menù al ristorante cinese-giapponese Oishi, ubicato a Toscanella, cittadella del circondario imolese, in compagnia di Giovanni, dopo aver fatto le due di notte a montare il cortometraggio kitaniano, sì, alla Kitano di Takeshis’, pura follia visiva da gustare in maniera energetica più del migliore Bruce Lee che fu, ecco che nella mattinata di codesto dì antologico, eh sì, il Genius-Pop è salito, dalla Stazione Centrale di Bologna, in direzione di Firenze.

La città preferita dagli artisti rinascimentali, adorata da nientepopodimeno che Hannibal Lecter/Anthony Hopkins, il luogo della culla del Dolce Stil Novo che diede i natali a quel grand’uomo di Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico, uno che però morì a Careggi ma che comunque, ah ah, ebbe la fortuna di non ascoltare quel cretino di Correggio, Luciano Ligabue, detto il peggio. Un cantante da balera per donne balene e cannone col cannolo di tuo “babà”, autore della schifezza Radiofreccia, amarcordiana bischerata (classico termine toscano elargito alle cretinate più scimunite) tenuta poca in gloria da Stefano Accorsi, l’attore mediocre per eccellenza.

Uno che fece l’amore però con una delle donne più belle della storia, la sposò pure. Ovvero Laetitia Casta.

C’è un motivo. Laetitia è il francesismo di Letizia, classico nome campagnolo dato dalle famiglie più abbienti alle genite nate vistosamente, immantinente deficienti.

Sì, l’ostetrico prese in mano la neonata. Consegnandola fra le braccia della madre.

Lei, dinanzi a una bimba tanto letiziosa eppur già precocissimamente smorfiosa, esclamò come il celeberrimo natio di Asti morto, appunto, nella metropoli delle fiorentine al sangue:

– Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli dar alla nascitura il nome Tiziana, primo amore del Genius-Pop, in onore a quella che fu la sua pubertà già più romantica di un film di Michael Mann. Ma, dirimpetto a questa creatura sboccata e impresentabile, simile alla fantozziana Mariangela, ci vuole La pietà vaticana del Buonarroti che risiede a San Pietro, chiedo aiuto pure a San Gennaro, mia figlia è già una reliquia, un relitto, oh, dio mi maledica. Povera me che quella notte di nove mesi fa, cazzo, a letto fui inseminata da mio marito. Assieme generammo un orrido delitto. Costei, da me già scomunicata, diseredata e ripudiata, non sarà mai la Venere di Botticelli, più artisticamente nota come La nascita di Venere, nemmeno con un michelangiolesco scalpello. Anzi, dinanzi a tale obbrobrio irreparabile m’arrendo e darò lei il nome di Letizia. Letizia che fa rima con avarizia, con futura donna amante troppo della liquirizia, Letizia che puzza già di puttanesca malizia.

– Signora, lei offende sua figlia solo dopo due minuti dalla nascita.

– Pensi alla Casta. Donna bellissima che rovinò ogni residua, virginale castità, dandola al Maxibon per antonomasia delle donne fraudolente che si accontentano della besciamella di Mr.  Du gust is megl che uan. Quel felsineo dongiovanni dell’Accorsi, uno che a ogni donna di scarso gusto offre il suo gelato al limone da Antica Gelateria del Corso.

Sì, Accorsi, l’inettitudine (s)fatta persona, l’uomo adatto per ogni donna che odia le sofisticatezze di David Cronenberg e dunque la perfezione di una mente superiore alla Scanners. Accorsi, la nemesi d’ogni eroe biblico, vale a dire del David sempre del Michelangelo.

Che cosa? È il David di Donatello? Ma va… quello appunto lo danno ad Accorsi. Ah ah.

Misera Laetitia, adesso, come se non le fosse bastato l’Accorsi, s’è sposata con Garrel. Un altro che vorrebbe avere il carisma di Vincent Cassel, un attore bravissimo e un bellissimo uomo che perciò si meritò Monica Bellucci, ah, Laetitia, pessima star a stare con un attore grezzo che anche ad Alvaro Vitali fa ribrezzo.

 

Così, nelle gioie ritornate con prepotenza delle mie dimenticate ebbrezze, di vita ebbro, volai nell’estiva brezza per raggiungere Firenze.

Poiché non sono un mecenate come Lorenzo de’ Medici né un mentecatto, bensì son uguale a Jean Reno e Bob De Niro di Ronin, dei puri mercenari che se ne fregano del padrone.

Sì, sono un freelancer.

Non sottostò a nessuna regola editoriale in quanto uomo liberissimo e tostissimo.

Molte persone vollero attestare che fossi un cavaliere, anzi, un vivente cadavere senza testa. Mi trattarono da zombi e vegetale ma è testé che si vede chi ha avuto i testicoli e chi invece, dietro tante ipocrisie, è rimasto una capa di minchia.

Che giornata, ragazzi. Fra bar vicini a Firenze Santa Maria Novella senza mangiare il gelato al cioccolato di Pupo, bensì gustando lisci, vellutati caffè come il migliore sguardo torbido di un Al Pacino parzialmente scremato. Cioè il top. Pacino, quando rende la sua recitazione troppo caricata, eh già, rischia di stare sullo stomaco. Tranne in Scarface. Quando invece, come in Sea of Love, gioca di sguardi evocativi, allusivi, ammiccanti e carismatici, è dio. Va (d)ritto come l’olio. Un uomo ficcante.

Sì, ci siamo sbizzarriti, imbizzarriti, oramai robustamente corazzati dai gelosi, noi siamo sani malati soltanto di golosità spizzicate in pizzerie-ristoranti ubicati a Ponte Vecchio con le anime forgiate nella spericolata giovinezza torrida e sempre morbida. Giammai vetusta, dunque indomita.

La gente sgomitò per assistere a questi spettacoli della natura, il sottoscritto e il mio amico, unici nella loro mirabolante destrezza da far paura.

Uomini che se ne fottono delle cattive streghe con le loro assurde, maligne congetture. E di quelle stupide che ti danno solo, sì, la dolce confettura ma anche, diciamocela, la stronza fregatura.

Voi siete invecchiati, (non) mi spiace, perché siete stati dei bugiardi. Avete offeso gli altri per far carriera molto disonestamente. Imputridendo!

Ma noi, eh no, non ci fregate.

Abbiamo le corna da angeli diabolici, miei cornuti.

Sgranocchiamo dei buonissimi cornetti e non siamo mai scaramantici.

Ci sono quelli che mi chiamano pazzo ma tale epiteto orrendo è partorito da superstiziosi, arretrati, assai lenti-malatissimi di mente, ovvero la maggior parte della gente

Ché si crede chissà chi e non avrà mai l’anima di Martin Scorsese, la forza di Bob De Niro, la classe di Pacino, appunto, la simpatia a pelle del mitico Joe Pesci.

Ma soprattutto, eh sì, se in Caro Diario il nostro Nanni Moretti indossò in piena estate la mantellina invernale-autunnale, fregandosene del giudizio proprio della gente, perché mai io non posso indossare il giaccone di Drive con sex appeal bestiale?

Sì, per colpa delle vostre fasciste, farisee regole da bacati che siete nel cervello, stavo incancrenendo nella malinconia e nella mestizia più sconsolata. Nella più agghiacciante inerzia.

Da quando ho deciso di vivere a modo mio, è cambiata la musica.

Son un astrattista come Kandinskij, un cubista surrealista come Picasso, mie teste di caz’, ficco a tutto volume una delle più strepitose canzoni di sempre, Nightcall firmata Kavinsky.

Ora, versate a me e al mio vero amico del superbo whisky.

Ricordate:

solamente chi non rischia non vince e rosica, chi spinge, a costo d’impazzire del tutto, è già un neoclassico come il genio Igor’ Fëdorovič Stravinskij.

E dire che venero anche Dostoevskij.

So che volete dirmelo ma siete troppo vigliacchi per ammetterlo, sì, potrei essere davvero un grandissimo ma voi siete, appunto, troppo falsi e patetici per certificarlo.

Ora, detto ciò.

Federico Frusciante sostiene che Scarface di De Palma sia solo un ottimo film ma non un capolavoro come l’originale.

Mi spiace, dovrebbe rivederlo. In questo do ragione a Paolo Mereghetti che gli ha assegnato 4 stellette piene.

Io gliene do oltre ogni indicibile.

– Pacino è un uomo volgare. Sempre più basso…

– Sì, Moretti mi sta simpatico ma secondo me dovrebbe lasciare stare Aprile e amare il 31 Luglio.

 

Ah ah.

Sono un uomo heat!

Non mi butta giù nemmeno un drago perché io sono un drugo, ah ah.

No, non ho il fisico di Stallone ma sono un “pazzo” autistico, no, strepitoso autista della mia anima come il magnetico Ryan Gosling di Drive.

Non fatemi incazzare. Sennò, come diceva Lino Banfi, saranno volatili per diabetici.

Cioè i vostri cazzi amari.

Calmissimo, ascetico, romanticissimo, notturno, una furia.

Be’, amici, vi avevo detto che sarebbe stata una delle estati più belle della mia vita. Io non mento mai, neanche quando dico le bugie.

Incarno il paradiso, no, il paradosso del mentitore fatto persona ma non scherzo mai quando sono me stesso. Se vi dissi, appunto, che sarebbe stata un’estate rinascimentale, non vi mentii.

Sapete, la mia vita non so quando finirà, se mai finirà. Mi riserverà ancora batoste e inchiappettate a raffica, statene certi. Se pensate che sempre filerà… liscio, state freschi.

La vita è dolore e gioia, poveri illusi. Dunque prevedo molte soddisfazioni, almeno vi spero, ma anche terribili, nuove prese per il culo.

È la vita, non ce ne si può sottrarre.

Comunque, se Jack Nicholson di Qualcosa è cambiato riferì ad Helen Hunt quel complimento un po’ “strano” e lei gli rispose, quando capì cosa voleva dirle, che aveva ricevuto il più bel complimento della sua vita, sebbene le fosse stato, appunto, sussurrato in maniera un po’ ermetica ed equivocabile, be’, posso dirvi che il migliore complimento da me ricevuto, sin ad ora, mi fu fatto da una donna nel 2013 circa.

Non scherzo, sono serissimo. Lei era totalmente presa da me. Non so perché. Si comprò tutti i miei libri e, su Facebook, ogni notte me ne recitava dei passi.

Fra me e lei non accadde niente. Io ne ero indubbiamente molto attratto, non lo nego. Era ed è ancora molto bella. Ma era troppo grande per me.

Lei, dinanzi al mio rifiuto, ci rimase molto male ma capì che avevo ancora molte esperienze importanti da fare prima di mettermi con una come lei.

Prendetemi pure per coglione. So che, forse, all’inizio, sarebbe stato stupendo ma poi?

Avevo ancora bisogno di carburare.

Siamo ora solo amici. Lei si congedò da ogni altro corteggiamento, bisbigliandomi impercettibilmente questo al telefono, pochi istanti prima di mettere giù la cornetta.

– Stefano, era quella la tua ex ragazza?

– Sì, perché?

– Ha avuto un gran culo.

 

Ora, in effetti, quella mia ex aveva un lato b piuttosto sexy ma lei voleva dire che era stata lei, ovviamente, quella molto fortunata.

Le risposi che io sono di statura bassino e campo con du’ lire.

Lei aggiunse:

– Non c’entra niente…

 

Quindi, lasciò sfilare le sue melliflue, carezzevoli parole impercettibili nel silenzio di una serata che mi stordì alquanto.

Io penso spesso di non valere un cazzo.

 

di Stefano Falotico

Che Jena Plissken: ieri son stato al mare. Ho visto in spiaggia molte scimmie. Ho telefonato subito allo zoosafari di Fasano affinché le ospitino


30 Jul

stephanie kurtzuba

Da tempo immemorabile, non mi recavo più, appunto, al mare.

Iodio… no, odio tutta questa folla che s’accalca, che sbraccia per ficcare un ombrellone, disprezzo e detesto tutti questi perizomi e topless di uomini e donne ignude che fanno bella mostra di tutte le loro origini darwiniane.

Sì, conoscete la teoria di Darwin? È sbagliata completamente dalla A alla Z.

Secondo Charles, esemplare di gorilla canuto assai borioso, le uniche specie animali e vegetali che sopravvivono, cazzo, sono quelle coi caratteri ereditari più resilienti e forti. Una teoria nazistica, insomma.

Mah, mi pare già una cagata. Basti assistere all’umanità che ci circonda. Sono tutti dei vegetali animaleschi.

Sì, invero l’uomo, nonostante anni di evoluzione, è rimasto tale e quale al capo branco dei primati di 2001: Odissea nello spazio.

Con le uniche differenze che ora va dal parrucchiere per non sembrare Tim Roth di Planet of the Apes e veste firmato anche se è un semi-analfabeta come Vittorio Gassman de I soliti ignoti.

Vi ricordate quando Totò, nel suddetto film, chiede al personaggio interpretato da Vittorio di apporgli una firma?

Giuseppe Balocchi/Gassman impiega dieci minuti per scrivere la sua firma e alla fine consegna a Dante Alighieri, no, a Dante Cruciani/Totò uno scarabocchio.

Ah, uomo di Lettere. Sei stato in Cina?

 

Sì, oggigiorno sono quasi tutti Laureati ma sono più cazzoni di Leonardo Pieraccioni.

Imparano due pappardelle a memoria, recitandole a menadito a professori più scemi dei loro studenti, cosicché possano intascare il cosiddetto titolo della minchia.

Grazie al quale gli uomini accedono alle maggiori cariche pubiche. Sì, non pubbliche. Pubiche. Col pezzo di carta, puoi avere la strada spianata per ricattare tutte quelle che stanno sotto.

Sì, una volta che sfondi… puoi perfino vantarti di essere un eroe così come fa Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street con quella povera disgraziata a cui firma, appunto, l’assegno.

Lei lo ringrazia platealmente e gli grida ti amo! Con tutti gli altri broker di Neanderthal a elevare Jordan Belfort in Gloria di Umberto Tozzi. Ah ah.

Sì, non è l’attrice Stephanie Kurtzuba, bensì Nicole Minetti con la parrucca bionda. Di mio, che posso dirvi?  Ho scritto il libro La leggenda di King Kong. Cercatelo sulle maggiori catene librarie online. Sì, son sempre stato uno della foresta. Amo Jack London e Tarzan. Una delle mie maggiori fantasie sessuali era quella di fare sesso con Sigourney Weaver di Gorillas in the Mist: The Story of Dian Fossey. Rimasi però intrappolato nelle sabbie mobili da cui il celeberrimo ritornello di Franco Battiato di Bandiera bianca:

siete come sabbie mobili tirate giù…

A Bandiera Bianca e a Bandiera gialla del Pettenati, ho sempre preferito Moby Dick. Una balena che, come tale, non ha bisogno di pettinarsi. Spesso, assomiglio anche a Carlo Verdone/Oscar Pettinari.

 

di Stefano Faloticoweaver gorilla nella nebbiavardone oscar pettinari67827630_10214171692389144_1023803955781566464_n

IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI: Video-recensione dal libro di Jürgen Müller e tutto ciò che aveste sempre immaginato impossibile su di me e invece vi ho mangiato vivi


30 Jul
SILENCE OF THE LAMBS, Jodie Foster, 1991

SILENCE OF THE LAMBS, Jodie Foster, 1991

Nel video dico che Ted Levine è morto. Come no?

Più morto di così, si muore.

Muore pure in Heat. Ah ah.

Ecco, recentemente, ho vinto un concorso letterario.

Contenente un mio racconto, intitolato Un angelico miracolo. Facente parte di una raccolta antologica edita dalla Historica Edizioni.

Ecco, voi conoscete le regole dell’editoria, giusto? Ebbene, il racconto da me contenuto in questo libro non è la versione originale da me inizialmente proposta.

Io ho uno stile barocco, dantesco, arcaico e forse aulico. Uno stile che poco si addice ai canoni commerciali di quest’odierna cultura impostata sul mercantilismo.

Dunque, quelli d’Historica, rimanendo comunque ottimamente impressionati dal mio testo, mi chiesero di approntare al testo stesso molte correzioni al fine di rendere più fruibile a tutti il mio racconto. Mi domandarono cioè una versione, diciamo, più giornalistica e intelligibile da chiunque.

Dopo circa due ore, mandai loro una versione più semplice. Quella da loro pubblicata.

Ma voglio qui farvi leggere la versione, appunto, oserei dire primordiale, pura. Da me partorita nella reminiscenza dei miei cangevoli stati emotivi che sorsero, o meglio, rinacquero allora. Nel tempo e nell’istante (de)fratturante nel quale risorsi. Nella fonte battesimale d’una sorgente luminosa, riarsa in me, m’abbeverai.

Sì, questo è il mio racconto. Ed è per questo che, pur riconoscendo che Gangs of New York non sia un capolavoro, ne sono indissolubilmente, affettivamente, visceralmente legato.

La mia vita è stata contrassegnata dalla stranezza più imponderabile.

Segnali della mia rinascenza s’intravidero dopo il servizio civile. Perché in quel luogo, a contatto nuovamente con la realtà giornaliera, già i ricordi, in me assopitisi e offuscatisi in cupi, malinconici, quasi manicomiali anni di letargo psicologico e pseudo-adulta incomprensione altrui, cominciarono a far scricchiolare la parete stagna delle mie emozioni per immemorabile tempo raffreddatesi e seppellitesi vive.

È quella che in psicanalisi viene chiamata rimozione. Qualcosa deve avermi turbato, qualcosa d’ancestrale, cosicché la mia adolescenza giammai esistette appieno. Vagò ermetica di notte in notte nel crepuscolo delle mie ansie divoranti e lunatiche. Bruciacchiando in estemporanee euforie che sparivano però in fretta.

Da cui la sublimazione. La sublimazione avviene quando, per allontanare appunto qualcosa che inconsciamente c’angoscia, si sposta il campo percettivo-emotivo spesso all’interno dell’introversione solitaria.

I meccanismi difensivi della mente per difendersi da qualcosa che la perturba possono essere di vario tipo. Ci si può ammalare di manie igieniche, di rituali compulsivi al fine di sigillare il tormento esistenziale in tutta una serie di strategie comportamentali atte a proteggere il proprio secret garden.

Ogni stato alterato di coscienza non è qualcosa che si studi a tavolino.

Cioè, non è che uno se ne sta bello seduto e pensa… oh, adesso impazzisco.

Si diviene folli o ci s’avvicina alla follia per tutta una serie incalcolabile di reazioni e fattori.

Il novanta per cento delle persone affette da qualche patologia, una volta contagiate dalla cosiddetta malattia mentale da loro stesse indirettamente eretta e sviluppata, eh già, non ne escono più.

Si dice anche che siamo tutti matti. Soltanto i matti più ingenui vengono però diagnosticati matti. Gli altri, i falsi sani, rimarranno matti sin in punto di morte, forse avranno perfino ottenuto gloria, fortuna e successo ma non avranno mai capito, così come d’altronde neanche coloro di cui si sono circondati lo capiscono e capirono, di essere solamente, totalmente fuori di testa.

Pensiamo a Hitler, uno dei più grandi psicopatici della storia.

Lui nemmeno in punto di morte comprese di essere un mostro. A tutt’oggi, i filonazisti non hanno capito, appunto, così come non lo compresero i suoi fedeli, i quali gli leccarono pure il culo smodatamente, di essere personaggi da internare.

Anzi, al contrario pensa(ro)no che siano le persone normali quelle da bruciare…

Ecco il racconto…

Un angelico miracolo durante la premiere di un film con DiCaprio

Salve,
mi presento.

Sono un uomo di trentotto anni e amo definirmi un menestrello pindarico, un funambolico poeta dell’immaginazione perché in me la fantasia più alata regna sovrana e incontrastata. Sebbene il mondo, con le sue trappole ricattatorie e le sue regole mendaci, abrasivamente spesso ci costringa a barricarci nella pigra, grigia alterigia e nell’osservanza dei superficiali valori sol improntati all’apparenza più edonistica.

No, io ostinatamente, coraggiosamente ancor inseguo, ghermisco e fortissimamente, irresistibilmente bramo quegli spazi materialmente intangibili ma vividi d’armonico splendore del cuore mio più incandescente, predatore dei più sentiti, personali e squillanti amori. Ove il magma candido dei miei sognanti nitori possa spandersi al di là dei tetri orizzonti miserabilmente angoscianti della vita che è sovente tanto abietta nella sua tetraggine più meschina e scevra d’ogni infuocante, marmoreo, vitalissimo ardore.

E ancor non mi rassegno a dar le dimissioni dalla mia sfrenata passione per la venustà leggiadra del mio innato romanticismo puro, invero, ahimè, da tanti cinici osteggiato.

Ora vi racconto un’incredibile storia accadutami anni fa. Non pretendo che crediate sia vera, appare a me stesso tanto fantomaticamente assurda che i miei stessi sensi ancor increduli e perplessi di oggi vorrebbero respingerla, ma poi puntualmente abdico all’inevitabile verità eccezionale che a me, in tutta la sua magniloquente potenza, fulgida e roboante come un bacio d’angelo bianchissimo sceso dal cielo a illuminarmi, mi si para dinanzi tutt’ora con ipnotico, inesorabile, magico furore.

Rimembro la mia adolescenza spesso così tanto funestata da patetici lamenti, da un perenne, esistenziale tormento che, nella sua agonizzante, schiacciante, opprimente tristizia, mi soggiogava in stati d’animo d’insopprimibile malinconia come se fossi un fantasma vagante in un animo che, un po’ masochista, scacciava ogni spontanea gioia e ogni più lieta, naturale letizia.

Sì, ero immensamente depresso, tanto da chiudermi nel più assoluto mutismo. E avevo soppresso ogni slancio fieramente vitalistico, imprigionandomi in un ectoplasmatico cuore mio emozionalmente asmatico.

Ma comunque vivevo, altresì, di poderose passioni, come quella fortunatamente ancor in me furente per il grande Cinema più splendente.

Così, di buona lena, abbandonando momentaneamente le mie melanconiche, addoloranti inerzie, mi diressi a Roma, per assistere alla prima del film Gangs of New York con protagonista Leonardo DiCaprio.

Era l’11 Gennaio del 2003, sì, una quindicina di anni fa. Ah, come scorre celermente il tempo quando, adesso che superate le tristezze di quel mio paralizzante, emotivo spazio-tempo tanto a me affliggente, qui felicemente ricordo con nostalgia commovente quell’attimo miracoloso tanto infinitamente suadente. Dopo tante ipocondrie strazianti, il vigoroso attimo indimenticabile più lucente.

Sì, perché me ne stavo lì tra la folla osannante il suo beniamino e all’improvviso avvertii un lancinante intorbidimento dei miei sensi, cosicché fui prossimo allo svenimento più stordente.

Sì, l’ultima volta che in vita mia davvero ero stato spensierato e felice, avvenne molti anni or sono, molto prima di quella premiere.

Sempre a Roma quando, a pochi mesi dalla mia tribolata adolescenza, mi trovai nella bellissima capitale in gita scolastica. Ah, che periodo stupendamente ridente.

Si giocava, si scherzava, nell’animo si danzava squillanti.

Mai più, da allora, mi ero sentito tanto euforico e baldanzoso, robustamente, sì, orgogliosamente, vividamente adolescente e placidamente festante e pimpante.

Mai da allora più sentii in me scorrere la forza della vita più magnificamente sfavillante.

Non so cosa esattamente a Roma, lì, in quell’istante mi accadde.

Per molto tempo fui sentimentalmente arido e cieco ma finalmente udii rimbombare nella mia anima, com’irradiata dall’alto da un’illuminazione soavemente ardente, un brivido piacevolissimamente terremotante.

E tremai, dapprima impaurito da quel devastante fulmine emotivo piovutomi dentro l’anima turbata e di colpo rinvigoritasi in modo tanto bruciante che il mio spento cuore trafisse a ciel sereno in maniera meravigliosamente a me luminescente e tonante, quindi rividi il mondo con enorme chiarezza stupefacente.

Ero di nuovo vivo e innamorato del mondo.

Sì, così come se durante quella gita scolastica qualcosa di nefasto e misteriosamente inquietante mi successe e inconsciamente m’indusse poi a esiliarmi e a vivere sempre strozzato nella cupa nerezza della depressione più lancinante ma quindi, nuovamente ritrovatomi a Roma, per strano, non pronosticabile e imperscrutabile, fatale e sbalorditivo scherzo del destino, proprio lì, riscoccò in me la memoria del tempo perduto, il fulgore dopo tanto patito e perfino compatito, auto-ingannevole dolore. E risi fra lo sgomento, il terrore e il mio riagguantato, per troppo tempo smarritosi, sconvolgente amore.

Secondo me questo è stato un miracolo. Chiamatelo tenero, dolce, inaspettato e inaudito calore!

Io credo davvero che lo sia stato.

Tutto qui.

Ecco, vedete, credo che a leggere di quest’esperienza senza averla vissuta, si può rimanere indifferenti. E questa breve storia può indubbiamente apparire perfino banale e sciocca. E, ripeto, mai e poi mai pretenderò che possiate prenderla seriamente.

Io so che stentiate a credermi. E, per certi versi, come potrei darvi certamente torto?

Vorrei farvi credere che un semplice viaggio a Roma abbia in un nanosecondo cancellato tanta mia vita affaticata e affranta?

E che davvero dal cielo io sia stato prodigiosamente illuminato da una radente, angelica grazia a infondermi la scintilla vitale per immemorabile tempo in me offuscatasi?

Non so. Io ripenso oggi a quest’episodio con lucidità e puntiglio estremamente raziocinante e non addivengo a nessuna scientifica, chiarificatrice spiegazione logica.

Come mai però, in quell’interminabile, martellante intervallo di tempo, nella mestizia più sconsolante mi ottenebrai e, oserei persino dire, un po’ ingenuamente vagai fra umori così rabbuianti e una coscienza mia mai davvero di vita scalpitante, soffocato da continue, imperterrite, emozionali intermittenze? E poi, in un istante incantato, rinacqui?

Sì perché da allora, dopo quella mia visita a Roma, il mio cuore si rinvigorì di ritrovata e forse dall’alto a me ancor concordata, armonia e interiore, florida bellezza?

Questa è la mia verità e di verità, assurde, grottesche, surreali e allucinanti è fatto il nostro mondo, pervaso com’è innatamente e dannatissimamente da profondissimi e arcani, irrisolti misteri divini insondabili e addirittura perturbanti, davvero inquietanti.

Si racconta anche che Roma non sia stata costruita in un giorno ma poi si trasformò in un prosperoso, immane impero, che poi soccombette dinanzi alla sua tragica caduta e che, dalle ceneri del suo tristissimo disfacimento, in gloria e folgorata da nuova luce risorse come il mio stesso umore rivitalizzato di riafferrata temerarietà del cuore.

Ci avete mai pensato? Si nasce, si muore e si rinasce ancora, inseguendo altre abbaglianti, calorose aurore, con riscaturito, sfrecciante ardore. Fra altri sofferti dolori ancora bloccati dai nostri stupidi o vigliacchi pudori.

E a questo miracolo non credo ci sia né mai potrà esserci una veritiera, innegabile, realistica spiegazione.

Perché questa è la vita nel suo incedere tanto esoterico e strambo e noi siamo stelle viaggianti in quest’altalenante, incerto ma affascinante spegnersi e riesplodere dei nostri rinnegati e ritrovati amori, persi magnificamente in tale insistente, battente, eterno essere, fin alla morte, senzienti e presenti.

Figli del nostro inesplorabile destino.

Ma ora… Un antico proverbio dice che non c’è mai due senza tre. Quindi, vi chiederete se da allora io sia ritornato a Roma.

Sì, son stato altre volte a Roma. Ma non è successo niente.

No, posso dirlo in tutta sfacciata franchezza, non è il tipo di città in cui vivrei, è storicamente importantissima, architettonicamente un capolavoro vivente, ma è troppo frenetica, cinetica, caotica e frastornante per un tipo come me.

Che or riama la vita ma allo stesso tempo ama anche la paciosa rilassatezza sanamente inquieta di un’esistenza che vive nel suo appartato, tranquillo, più discreto cogliermi in ogni silenzioso e poi sonante, interiore rumore.

 

Ora, il mio cambiamento di personalità non è avvenuto a quel tempo, era invero avvenuto prima.

Sì, era prima che non ero io. Perché mi negai per sopperire all’ansia della vita.

Io non sono mai stato escluso da nessuno. Anzi, fin dalla primissima infanzia, hanno fatto tutti a gara per stare in mia compagnia.

La mia consapevolezza creò una spaccatura vertiginosa fra il prima e il dopo.

Ora, vi è tutto chiaro o devo farvi un disegnino?

Detto ciò, Il silenzio degli innocenti è un grande film ma il materiale che affronta in due ore è troppo vasto e complesso affinché io possa definirlo un capolavoro.

Ad esempio, di Hannibal Lecter ci viene accennato solo il suo passato nel gioco speculare dei dialoghi fra lui e Clarice Starling ma tutto rimane molto in superficie.

Così come la figura di Buffalo Bill. È caratterizzata con troppa banalità. Tagliata, è il caso di dirlo, con l’accetta.

Cioè, secondo Demme e lo sceneggiatore Ted Dally, Buffalo ammazza le donne solo perché le desidera ma non può averle perché in cuor suo sogna proprio di essere una donna?

No, è una conclusione troppo sbrigativa e, appunto, commerciale. Così com’è commerciale il libro di Thomas Harris che ne è all’origine.

Pur riconoscendo l’immenso valore de Il silenzio degli innocenti, è stato involontariamente il progenitore di tutta una serie di pellicole dozzinali e orribili sui serial killer.

Concludo così…

Da svariati mesi, un mio hater su YouTube continua ad accennare robustamente al mio passato per andare sempre a sollecitare il mio trauma superato. Nel tentativo di cristallizzarmi nella malinconia meno reattiva.

Poiché è troppo vigliacco per ammettere che, contro di me, ha perso.

Dunque, provoca in maniera anonima per indurmi a reazioni scriteriate tali che lui possa ancora una volta dimostrare l’assunto del suo insanabile, terrificante disegno criminoso.

Adesso, finalmente ci siete arrivati?

Il mostro è lui.

Vedete, quasi sempre la criminologia e la psichiatra sono scienze esatte, checché se ne dica.

Dai film, abbiamo imparato che l’assassino torna sempre sul luogo del delitto per sincerarsi che il suo delitto sia stato perfetto.

È proprio questo suo vizio a smascherarlo. Dunque, traslando questa sua procedura mentale, era ovvio che prima o poi sarebbe tornato dal sottoscritto, sebbene in forma “invisibile”, per provocare ancora. Io e lui vedemmo Il silenzio degli innocenti per la prima volta assieme quando eravamo molto piccoli.

Io sono cresciuto, lui no.

Manhunter è un film superiore al Silenzio degli innocenti. È un film struggente e straziante.

Alla fine di questo film sentiamo la frase: ce l’hanno fatta quasi tutti.

Ora, che significa?

È materia pasoliniana, questa.

Dente di fata è un diverso, cioè la sua atimia gli ha impedito di vivere una vita cosiddetta normale.

Al che incontra il personaggio interpretato da Joan Allen. Anche lei è diversa. È cieca.

Sono due solitudini che s’incontrano, che si amano con dolcezza infinita.

Però, dobbiamo considerare ciò. Ecco, Dente di fata nel frattempo era diventato “matto”, al che scorge un attimo, un bagliore di luce attraverso l’amore disinteressato di una donna per certi versi simile a lui. Se n’infatua.

Ma è soltanto un fuggevole istante, un battito cardiaco subito infartuato dal ritorno potente dei suoi demoni dostoevskijani.

Un’illusione.

Stamattina, ad esempio, ero in macchina e ho ascoltato la speaker tessere le lodi della cantante Elodie, dicendo… ma avete visto quanto è diventata figa?

Ora, a me Elodie non piace né come cantante né come donna. Ma devo ammettere che ha subito una metamorfosi piuttosto sconvolgente. Agli esordi, era timidissima, impacciata, molto chiusa.

Al che, i produttori discografici devono averle detto:

– Elodie, guarda, la tua voce per la musica italiana e per i gusti medi va molto bene. Però, dobbiamo vendere. Tu devi diventare più figa e più sicura di te. La gente nota subito, a prima vista, se una persona è debole.

Devi cioè saperti vendere.

 

Torniamo dunque a Pasolini. Al solito, aveva ragione.

I genitori di oggi, di conseguenza la società attuale, non è vero che si preoccupino della vera educazione dei propri figli. Sono interessati soltanto che appaiano belli e forti. Cioè che siano delle merci.

Da questo plateale inganno nasce tutto il disagio a cui stiamo assistendo.

L’uomo, così come la donna, non sono nati per essere degli animali imborghesiti.

È la nostra anima che ci distingue dalle scimmie, il cui istinto predominante è il senso dell’animalità.

Ciò che la nostra società pare che stia trascurando. Saranno sempre di più, quindi, quelli che non ce la faranno. E si ammaleranno.

Tornando invece a me. L’ignoranza è cattiva consigliera. Dunque, se uno si “ammala”, gli altri pensano che stia facendo il furbo per non andare in guerra e lo definiscono pure coglione. Debbo ammettere che molti anni fa sbagliai. Non dovevo reagire alle provocazioni, facendomi del male. Dovevo fare come Al Pacino di Scent of a Woman quando il cognato scherza oltre il dovuto. Al, all’improvviso, pur essendo cieco, lo afferra per la carotide e lo sbatte contro il muro.

Chi sono oggi? Conan il barbaro mi fa un baffo.

Sì, oramai mi son indurito anche troppo. Potete scaricarmi addosso le peggiori offese, le più cruente reprimende e, anziché indebolirmi, diverrò sempre più forte, più veloce, più devastante.

Allora, il demente impunito persevera: ah ah, ti vedrei bene come Fantozzi e impiegato del catasto. Ah ah.

 

No, mi spiace deluderlo. Io sono un poeta. Gli farò pure schifo ma Fantozzi è suo padre che lo ha educato male.

Sono molto cattivo quando voglio.

Suvvia, andate a preparare il pranzo.

Ah ah.

Sì, ho attualmente un solo punto debole, la Kryptonite. Per forza sono o non criptico?

Ma che volete decriptare?

Ah ah.

Lo so, sono insopportabile. Mi pare ovvio. O no?

Ora, Superman è un personaggio della fantasia. Il Genius-Pop è reale.

Sì, sono anche assai solidale. Ogni sera vado a cenare assieme al Joker.

 

di Stefano Falotico

SCORSESE vs JAMES CAMERON: un irredento umanista geniale e rockettaro contro un megalomane sesquipedale


29 Jul

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scorsese instagram

THE ABYSS, screenwriter and director James Cameron, 1989, TM and Copyright ©20th Century Fox Film Corp. All rights reserved.

THE ABYSS, screenwriter and director James Cameron, 1989, TM and Copyright ©20th Century Fox Film Corp. All rights reserved.

terminatorEcco, questo Scorsese non sta fermo un attimo.

Sono contento che, nel pomeriggio di ieri, io sia stato fra i primi a dare la notizia secondo cui il tanto atteso, sospirato, bramatissimo dal pubblico di cinefili di mezzo mondo, The Irishman, finalmente abbia ora una data precisa di release.

Per meglio dire, dopo l’assurdo forfait dal Concorso del Festival di Venezia, The Irishman aprirà le danze, come si suol dire, del prossimo New York Film Festival, inaugurando la serata di gala del 27 Settembre.

Ora però, scusate.

C’è stato detto da Alberto Barbera, la scorsa settimana, che lui e il suo staff avrebbero voluto fortemente inserire, appunto, The Irishman nella kermesse da lui diretta ma il film non è risultato pronto per fine agosto.

Il Festival di Venezia dura, come sempre, undici giorni. Si terrà infatti dal 28 Agosto al 7 Settembre.

Ora, essendo io un habitué veneziano, sebbene l’ultimo film da me visto al Lido sia stato Birdman, datato 2014, dunque son cinque anni che non me ne reco, avendo avuti gravi problemi personali protrattisi sin allo sfinimento dei quali non mi pare la sede opportuna riferirvene, all’ultimo giorno del festival non sono proiettati più né i film in Concorso né quelli Fuori Concorso. È una giornata nel quale sfilano solo gli omaggi delle retrospezioni dei classici e il giorno nel quale, prima dell’ora di cena, vengono assegnati i premi.

Dunque, sostanzialmente, la Mostra dura dieci giorni. L’undicesimo sta lì come il cazzo di quel mostro che mangia popcorn e aspetta che qualche donna lo premi. Dubito fortemente che sarà valutato come Leone d’oro.

Ah ah.

Detto ciò, continuo a non capire. Scorsese e Netflix lasciarono detto a Barbera che The Irishman necessitasse ancora di molti ritocchi e non poteva essere perciò completato per fine agosto-settembre.

Ma per il 27 Settembre, a quanto pare, invece sarà prontissimo.

Scorsese ha fatto un po’ il furbetto. Anche Martin è un paraculo. Chissà, forse il direttore del New York Film Festival deve essere fra i produttori di Killers of the Flower Moon.

Della serie tu fai pubblicità a me e io ti passo du’ soldi. Dai, dai.

Comunque, The Irishman è bello già che impacchettato, montato dall’inizio alla fine più di Lena Paul. Milf fatta e strafatta ch’è diventata la mia nuova attrice porno preferita.

Sì, parliamo di un capolavoro sotto ogni punto di vista. Lena può venir… fotografata anche dal signor Gennaro Calluzzo, celeberrimo guappo dei Quartieri Spagnoli che confonde una Nikon per Nicol senza e, famosa entraîneuse del suo rione, e c’apparirebbe lo stesso meravigliosa come i panorami suggestivi filmati dal cinematographer Rodrigo Prieto.

Sì, Lena Paul è una donna che si mangia Avatar e Titanic in un sol boccone.

Una che non ha bisogno degli effetti speciali per incassare più di Avengers: Endgame.

Sì, una vera Vedova nera, infatti è praticamente identica a Scarlett Johansson, soprattutto nello sguardo.

Sguardo eroticamente killerTerminator nuda e cruda, senza se e senza ma.

Sì, un tempo per essere una grande attrice dovevi sostenere i corsi di Lee Strasberg e farti il culo.

Adesso, basta che hai la faccia da coniglietta e guadagni a patate, no, a palate.

Ci siamo evoluti molto, no?

Sì, come in Terminator 2, siamo dominati dalle macchine.

Come no? Prendere la foto da me scattata circa un’ora fa. Macchine parcheggiate in doppia fila dinanzi a un baretto di periferia.

Come fece John Connor, cioè il sottoscritto, a bere un caffè? Parcheggiai a duecento metri di distanza.

Vicino a un vicolo ove incontrai una simile a Linda Hamilton:

– Ehi, bel ragazzo, vuoi che ti faccia da mamma, stasera?

– Non ci penso neppure. Lei è pazza più di Sarah Connor. Non turbi le sessualità pure dei giovani, si rivolga a Robert Patrick. Sì, vada dal T-1000.

Quello lì, eh già, anche se lo squagli, torna sempre intatto.

Guardi, signora. Se io e lei stanotte facessimo sesso, lei mi brucerebbe più di Arnold Schwarzenegger.

– No hay problema.

– Hasta la vista, baby.

 

Ecco, il paragone fra Scorsese e Cameron non sussiste.

Scorsese sta facendo i sopralluoghi, appunto, per Killers of the Flower Moon.

Storia noir d’indiani arricchiti, di poliziotti corrotti, di troie a briglia sciolta, della tribù Osage che vuole fare lo scalpo al capo dell’FBI. Cioè J. Edgar /DiCaprio del film omonimo di Clint Eastwood?

No, DiCaprio sarà Tom White.

Chi sarà allora J. Edgar Hoover? Billy Crudup di Nemico pubblico?

No, ma Scorsese batte James Cameron trenta film a uno. Sì, James ha girato un solo capolavoro assoluto, Terminator, appunto.

Eppur DiCaprio fece il botto con Titanic.

Che vi devo dire? Hollywood è un losco giro ove Joe Pesci di Occhio indiscreto fa sempre la sua porca figura.

 

di Stefano Falotico
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THE PUBLIC EYE, Joe Pesci, 1992, (c) Universal

THE PUBLIC EYE, Joe Pesci, 1992, (c) Universal

De Niro è stato confermato per KILLERS OF THE FLOWER MOON di Scorsese: monografia su Martin e omaggio a Van Helsing, ovvero Rutger Hauer


29 Jul

rutger hauer dracula

Ecco, partiamo subito con Rutger. In molti su Facebook sono rimasti sconvolti dal mio video d’addio riserbato dal sottoscritto ad Hauer. Stupefatti che l’avessi buttata in burla.

Chiedendomi poi, espressamente, di dedicargli una retrospettiva seria.

Ora, chiariamoci, io odio le definizioni generaliste del tipo… Rutger, l’olandese volante.

In Italia, si parla per frasi fatte senza logico costrutto.

Sapete cos’è l’olandese volante? È per caso, come Wikipedia c’illustra, questo?

secondo il folclore nordeuropeo, l’Olandese Volante sarebbe sarebbe un vascello fantasma che solca i mari in eterno senza una meta precisa e a cui un destino avverso impedirebbe di tornare a terra. Il vascello verrebbe spesso avvistato da lontano, avvolto nella nebbia o emanante una luce spettrale. I marinai della nave sarebbero fantasmi che tentano a volte di comunicare con le persone sulla terraferma.

Dunque, se proprio vogliamo giocare di metafore, sì, Rutger è stato un olandese volante. Sì, in Ladyhawke è un falco che non riesce a essere sessualmente terragno con Michelle Pfeiffer per colpa del vescovo. Uno che predica bene ma razzola male. Detta come va detta, uno stronzo.

Dice ai suoi fedeli di non seguire il Calcio perché in quell’ambiente, a certi livelli, girano troppi soldi e cocaina ma il sagrestano ogni sera, prima che il vescovo prenda sonno, gli consegna le figurine mancanti della Panini, ritraenti quello ch’è stato davvero un olandese volante, ovvero il più grande centravanti di tutti i tempi, Marco van Basten. Autore peraltro del goal più bello della storia, altro che la serpentina di Maradona, detto Mano de Dios. Quello della finale degli Europei del lontano anno 1988.

Se dubitate riguardo la mia affermazione, siete dei cretini che ascoltano i Thegiornalisti.

Noi crediamo in Robert De Niro

Nella Tigre di Mompracem

Ma per l’amor di dio, appunto, dite a questo Tommaso Paradiso di farsi un bel sonnellino come Dracula e poi, al risveglio, ne riparliamo.

Sì, questo Tommaso lo vedrei bene in Transilvania nel remake di Balla coi lupi assieme ai pipistrelli di tutti coloro che l’ascoltano. Oh, saranno fanatici di Batman, che vi devo dire?

Ma che ne sa questo romano di De Niro ed Emilio Salgari?

Tommaso è solo il re degli Aristogatti. Sì, fa il piacione con le gattine che, ai suoi concerti, gli fanno le fusa, intonando poi nel camerino, alla groupie da lui prescelta, la celeberrima… Sono Romeo, er mejo der Colosseo…

Sfatiamo molti luoghi comuni, dai. Come già scrissi, tornando a Wikipedia, v’è scritta un’altra stronzata, più che enciclopedica assai mitologica, profanamente parlando.

Cioè che il Cinema di John Carpenter consta di personaggi che, nei suoi film, sono proletari.

Ma che assurdità. Solo Essi vivono è un manifesto politico ove il protagonista è un operaio.

Non strumentalizzate dunque il Cinema di John a tiramento delle vostre ideologie.

Non avete gli strumenti! M’arrabbio anche quando sento dire altre banalità sconcertanti del tipo… David Cronenberg è chirurgico. Sì, non sapevo che operasse i suoi bodies horror col bisturi.

Ah, capisco… Jeff Goldblum de La mosca è uno scienziato, Jeremy Irons d’Inseparabili è un ginecologo, Viggo Mortensen e Michael Fassbender di A Dangerous Method sono i padri della psicanalisi, dunque per voi due più due è pari al seguente demente che frequentai anni fa…

Sì, era fissato con Cronenberg. Semplicemente perché suo padre era ed è appunto un ginecologo e lui è stato partorito però male, già, sua madre doveva abortire.

Nacque invece un mostro come Tom Stall di A History of Violence.

Per esempio, costui mi prese per Ralph Fiennes di Spider e si divertì con me a fare l’Andrea Diprè della situazione. Cioè davanti m’allisciava, dicendomi che ero un artista di rango dalla portata universale ed eterna, da dietro mi pisciava, anzi di risate si scompisciava.

Sì, era anche amante di Michael Haneke. I suoi Funny Games furono scoperti quando, di fronte alla sua ennesima burla cattiva, mi trasformai in Tim Roth di Rob Roy. Lo presi in culo lo stesso ma dovette combattere parecchio contro un figlio di puttana come me.

Sì, alla fine, essendo lui un bambino, invero era un tardo adolescente tardissimo, lo lasciai andare per la sua strada. Così come fa Samuel L. Jackson sempre con Tim Roth, però di Pulp Fiction.

Sì, i miei ultimi anni son stati contrassegnati da matti impressionanti. Io non sono impressionabile né suggestionabile, amo però le atmosfere suggestive, appunto, da Dracula.

Ora, perché nessuno di voi ha citato, tornando a Rutger Hauer, il suo Van Helsing di Dracula 3D?

Perché forse il Dracula di Argento sfigura rispetto a quello di Francis Ford Coppola e, allo stesso modo, Rutger Hauer rimedia una figura di merda se paragonato al Van Helsing di Anthony Hopkins?

Eh già.

Anthony Hopkins… ebbene, ora faccio l’Hannibal Lecter di turno.

Vidi il film Il rito, appunto con Hopkins ed Hauer, assieme a un mio amico.

A nessuno dei due piacque. A me perché oggettivamente è un film dozzinale e assai mediocre. Al mio amico invece non garbò perché ritenne l’esorcismo demoniaco praticato nel film poco veritiero.

C’incontravamo spesso io e questo qui. S’era creata una certa complicità amicale, nient’affatto omosessuale. No, chiariamoci su quest’aspetto perché voi spesso confondete le amicizie virili da Cinema di John Woo con l’essere gai o gay che dir si voglia.

A proposito di sesso, incominciai comunque a insospettirmi di questo mio amico quando mi disse due cose lapidarie che mi lasciarono profondamente perplesso.

Innanzitutto, affermò che lui era asessuato e vergine alla veneranda età di quarant’anni.

Ecco, fin qui nessun problema, tutto sommato, rilevante. Prendiamo Steve Carell. È passato da The 40-Year-Old Virgin La battaglia dei sessi in poco più di dieci anni. Ah ah.

Ciò che m’indusse a una perspicace introspezione psicanalitica fu quando mi disse, con estrema nonchalance, che la farmacia da poco eretta vicino a casa sua era stata costruita dal centro di salute mentale presso cui era in cura al fine di controllare le sue mosse.

Ora, che fosse in cura psichiatrica lo sapevo benissimo. Io non ho pregiudizi in merito.

Ma non pensavo che la sua condizione psicopatologica fosse così grave.

Eppure i segni della sua schizofrenia paranoica con manie religiose avrei dovuto intuirli già molto tempo addietro. Quando mi rivelò che la sua insegnante d’italiano delle superiori, per aiutarlo a capire il suo problema, da lui nascostomi furtivamente, gli diede una prescrizione. Ovvero imparare a memoria tutti i monologhi recitati da Al Pacino ne L’avvocato del diavolo. Poi a sua volta recitarli davanti a tutta la classe per combattere la sua timidezza a mo’ di Ethan Hawke de L’attimo fuggente.

Altri sintomi inequivocabili del suo marcato disagio psicologico furono i seguenti…

Mi trovai nuovamente a casa sua e su un’emittente locale del bolognese stavano mandando in onda la replica della predica pasquale tenuta dal compianto cardinale Giacomo Biffi, morto nel 2015.

Biffi stava declamando imperiosamente alcuni pezzi della Bibbia. E questo mio amico, dopo poco, ancor prima che Biffi scandisse i passi biblici, recitò a voce alta l’esatto testo.

A differenza di me, questo mio amico non era e non è amante del Cinema, neppure delle serie televisive.

Anzi, era sfegatato del Calcio, seguiva infatti ossessivamente tutti i campionati esteri, la Premier League in primis.

Era dunque abbonato a Sky. Finita una partita, sinceramente non mi ricordo quale precisamente, fece zapping e gli apparve Jude Law di The Young Pope.

Dopo pochissimi secondi, lo vidi assai incuriosito. Finì di fumare e si sdraiò sul divano, alzando il volume.

Nel suo caso, la psichiatria si è rivelata e si rivela tuttora una scienza esatta. Effettivamente, nonostante l’affetto che possa volergli, devo ammettere un po’ a malincuore che non si è mai più ripreso dai bullismi che subì durante l’adolescenza e il divorzio precoce dei suoi genitori non lo favorì certamente.

Infatti, di lì a poco, come da lui riferitomi, sprofondò in devastanti crisi psicotiche tali da indurre i medici, appunto, a curarlo.

Onestamente, lo invidio. È inconsapevole della sua “malattia” e vivrà tutta la sua vita, delirando a più non posso. Perché è timoroso di guardare in faccia la realtà e fronteggiarla.

Preferiva dunque ascoltare Radio Radicale, soprattutto i programmi sulle condizioni pietose dei carcerati.

Lui infatti, castigato dalla sua psicologica malattia da cui non riesce a fuggire, s’identifica(va) nelle vite dei condannati a morte.

Bell’alibi del cazzo.

Ebbi lo sfrontato, impavido coraggio di dirgli il vero. Lui mi disse che il pazzo ero io.

Evidente, emblematico comportamento appunto di colui che, incosciente, dice agli altri di essere pazzi.

Il mio amico è un pezzo di pane e non è dunque comparabile, che ne so, a Charles Manson. Ma il suo modo di ragionare è identico a quello di Manson.

Se infatti qualcuno aveva l’ardire di dire a Manson che era uno psicopatico pericoloso, Manson gli avrebbe riso in faccia.

Io, purtroppo, pazzo non lo sono. Evidenzio il purtroppo… Avrei preferito scrivere… per fortuna.

Poiché, com’appena detto, non soffrirei molto, essendo uno sprovvisto di consapevolezza.

Io non ho nulla da nascondere. A me fu fatta, come già vi dissi senza paura, una diagnosi totalmente mostruosa. Fu scritto nero su bianco che soffrii di disturbo delirante e necessitassi dunque di riabilitazioni farmacologiche. Fu un calvario inimmaginabile.

Sì, psichiatri con tanto di laurea, forse due, con anni di esperienza da loro ritenuta insindacabile, dopo dieci anni si sono accorti che s’è trattato di uno dei più clamorosi e scandalosi equivoci giudiziari di sempre.

Ammetto altresì senz’alcun timore, come già ammisi, la scriteriata mia rabbia da Toro scatenato ma, scusate, se dei deficienti scambiarono Martin Scorsese per Joe Pesci, cazzo, non è colpa mia.

Ah ah.

Detto ciò, il mio regista preferito di tutti i tempi è Clint Eastwood.

Il mio attore preferito, invece?

Scusate, voi abbisognate di un esorcismo bello tosto se ancora non l’avete capito.

– Ah, ho capito. È Edward Norton.

– Bene, chiamate Richard Gere di Schegge di paura. Il ragazzo è andato col cervello.

 

di Stefano Falotico

eastwood the mule sogni scorsese

EVA DE DOMINICI: lasciate stare Osho, il buddismo, i budini e le burine, gli psichiatri, le pasticche, Nanni Moretti, Morelli e le morette


28 Jul

Eva del peccato

Sì, son particolarmente ispirato in questo periodo. Son risorto come il Sole ogni giorno.

Sì, il Sole sorge ogni giorno. Alba Parietti invece sta declinando al tramonto mentre io respiro aria solare tre volte l’anno. Quando, dopo nottate mie insonni da lupo solitario della brughiera della nebbiosa periferia bolognese, non avendo preso sonno, apro la finestra, cammino fuori come un balcone con in mano un caffè da vero nevrotico dall’aspetto smunto simile a Nosferatu e brindo agli amori perduti e agli albori dardeggianti d’un crepuscolo da Ugo Foscolo sui generis o forse reincarnatosi, in lui generatosi.

Sì, sono io l’autore del carme Dei sepolcri, essendo oramai senza carne eppur vivendo di totale karma.

Da tempo immemorabile, infatti, non faccio una scopata, se non a terra. Visto che, durante la mia notte turbolenta, nella quale mangiai di fame chimica il mio risotto in bianco, indistruttibilmente funereo come il metallico, più duro adamantio, rimango nonostante tutto una persona romantica.

A differenza di voi che, malgrado ogni notte vi siate imboscati e (im)bucati con qualche lucciola, il mattino dopo già vi disperate con le vostre esistenze poco adamantine, affliggendovi nel più inconsolabile, nefasto, nero pianto.

Sì, state sempre a lamentarvi. Non ve ne va mai bene una. Sì, ieri vinceste alla SNAI una cifra pazzesca, al che sperperaste tutta la vincita, appunto, con una mignotta che, col sen(n)o di poi, vi rimase sullo stomaco quando prima vi stette sul cazzo. Cosicché, al risveglio, siete sempre rimasti poveri in canna e non avete ora neanche non solo una dea ma neppure tre deca per rifornirvi dallo spacciatore che ha il doppio lavoro. Sì, il vostro pusher non soltanto vende illegalmente sostanze stupefacenti, ovvero un campionario di droghe che vanno dall’eroina alla cocaina sin alle più misere canne, invero nel tempo libero fa come Harvey Keitel di Taxi Driver, sì, è pure il pappone delle belle bambine…

È un uomo che si chiama Sport e, coi soldi guadagnati dalle vostre tasche, s’è fatto addirittura l’abbonamento completo a Sky per guardarsi Ronaldo alla tv e Il cattivo tenente.

Sì, il losco figlio di zoccola s’è sistemato alla faccia vostra.

Già, vedo i ragazzi migliori della mia generazione oramai assaliti dalle più misteriose, non diagnosticabili patologie mentali.

Al che, ecco il disoccupato che si auto-dichiara affetto da disturbo borderline soltanto perché è stato lasciato da una malata di anoressia. Forse solamente frigida oppure ninfomane. Cosicché, nella bulimia delle sue irose crisi depressive, prende di mira tutti gli invalidi. Da quelli psichici a quelli meno(a)mati fisicamente.

Non fa altro per tutto il giorno, se non inveire su tutti, senz’eccezione alcuna nella sua smania delirante d’onnipotenza, tranne quando va dallo psichiatra che, coi soldi da lui elargitigli, chiama Sport/Keitel per impasticcarsi di sesso freudiano con la minorenne da lui educata come Michael Fassbender nei confronti di Keira Knightley di A Dangerous Method.

Un troiaio generale di caporali che dettano regole e sbattono pure tegole in testa ai senzatetto. Anche a quelle senza tette.

Comunque, persino i barboni si sono infurbiti. Adesso, non elemosinano più ai semafori.

Dalla loro camera iper-tecnologizzata, diffondono in rete le loro richieste assistenzialistiche da veri informati(ci) aziendalisti. Sì, ora domandano con insistenza soldi da gigolò, no, a gogò tramite il crowfunding delle risorse umane. Questo il messaggio tipico:

questo sono io. Ho la connessione ADSL e non ho l’AIDS. Pago tutte le bollette della luce e del gas e mangio piuttosto bene. Però, non ho i soldi per stare alle Seychelles e dunque per farmi un selfie come vanno di moda oggigiorno su Instagram. Ne va della mia dignità.

Perciò, vi chiedo cadauno almeno venti Euro.

 

Sì, le persone sono impazzite. Vivono di autocommiserazioni, cercando solidarietà da chi sta messo più a pecora di loro.

Si rivolgono allora ai filosofi d’oriente ma non ne cavano niente. Si recano quindi dagli occidentali curatori dell’anima, oserei dire incidentali. E cacciano più accidenti!

Psichiatri dei miei coglioni li rabboniscono, sedandoli come cavalli quando, prima di recarsene, almeno erano imbizzarriti stalloni come Rocco Siffredi.

Guardate, è penoso Siffredi. No, non sono un moralista ma, cazzo, uno che non ha problemi d’erezione com’è possibile che sia così impotente nella dizione? Gli occorre il Viagra per curare la sua difficoltà a parlare in italiano retto, no, corretto.

Una fica bestiale, no, fa una fatica incredibile. Suda freddo appena deve recitare la pubblicità delle patatine…

Di mio, sono appena reduce dalla visione del film Sangue nella bocca.

Una porcata rarissima. Non perché questa pellicola contenga scene sessuali ai limiti della pornografia più casareccia, semplicemente perché aveva ragione Orson Welles.

Il sesso filmato nel Cinema di “serie a” non serve a una minchia.

Il piacere nasce dal non detto, dagli sguardi sottilmente ammiccanti, dall’aura magnetica della seduzione invisibile eppure corposamente pugnace.

Non c’era bisogno dunque di spogliare la bellissima Eva De Dominici e sottoporla alle perenni sodomizzazioni del regista. Che, dopo una vaccata del genere, a mio avviso s’è infatti auto-inculato.

Sì, Sangue nella bocca è un American Beauty argentino mischiato a una telenovela, appunto, sudamericana con scene molto spinte e sudate. Talmente reiterate e interminabili che comunque devo stringere la mano appunto al suo regista. È riuscito a curarmi dall’insonnia. Dire, cazzo, che le avevo provate tutte.

Ah ah.

Pensavo che sarebbe finito almeno come Million Dollar Baby. Manco questo.

Il protagonista, detto Il Tigre come Vittorio Gassman, viene lasciato dalla moglie e dunque dai figli, perde il match della sua rinascita e la ragazzina con cui sta lo cornifica con un bisteccone…

Sì, Sangue nella bocca è lo scult di fine stagione.

Vale comunque per Eva.

Sì, la fine di ogni uomo partì per colpa di Eva. Adamo docet.

Di mio, che posso dirvi? Voi v’indiavolate a fottervi a vicenda ma a me piace, come Lucifero, mettere la mia lingua serpentesca fra moglie e marito. Ecco, avrei due domande da porvi. Voi conoscete Rambo? Chi non lo conosce? Mentre in questa foto cosa si vede? Un cotton fioc piantato nell’orecchio?

Bravi. Mi compiaccio nel sapere che ancora dementi del tutto non lo siete diventati.67682919_10214159488604057_6823429897663283200_nEVA DE DOMINICI FIGA evadedominici Eva sbaraglia De Dominici

 

Il problema della CGI di THE IRISHMAN sarebbe da applicare tout-court a un mondo nato vecchio da ringiovanire! Dobbiamo sognare!


27 Jul

de niro the irishman

gangsfalotico

Cap. 1: che storia che sta diventando The Irishman

Eh sì, forse stavolta Martin Scorsese ha commesso il primo, vero passo falso, inaspettato da lui stesso, della sua carriera.

O meglio, non equivocatemi. Non voglio certamente affermare che The Irishman sarà un’opera sbagliata oppure un capolavoro imperfetto come Gangs of New York. Film verso il quale si nutrirono aspettative smodate, film del quale personalmente seguii ogni passo, anche il più microscopico o gossiparo, della lavorazione, pellicola per cui si scatenò un hype esagerato pari forse a quelle che oggi serbiamo, appunto, per The Irishman.

Gangs og New York, un film però sgangherato. Forse perfino sgarrupato, scalognato, addirittura scalcagnato. Con un incipit e un prologo piuttosto sensazionali, con un Daniel Day-Lewis grandguignolesco, monumentale sebbene a tratti caricaturale nella sua recitazione un po’ caricata da chi, dopo il suo auto-esilio da ciabattino fiorentino, si pavoneggiò eccessivamente del suo comeback, interpretando il suo villain con troppa baffuta arroganza e qualche birignao inopportuno e fastidioso.

Un film sorretto dalla fotografia del grande Michael Ballhaus e tenuto magistralmente in piedi dalle maestose scenografie di Dante Ferretti. Ricreate a Cinecittà dopo che De Niro, inizialmente designato per il ruolo andato poi a Day-Lewis, vide il suo sogno andare in frantumi.

Sì, conoscete la storia? De Niro, in concomitanza con l’allora ancora potente Weinstein, prima dunque della caduta rovinosa di quest’ultimo, sognò di realizzare un mega-studio a New York. Ove si sarebbero svolte le riprese proprio di Gangs of New York.

Ma il sindaco Rudolph Giuliani, dopo aver ripulito Hell’s Kitchen, smantellò pure ogni speranza di Bob, tarpandogli le ali. All’inizio, Giuliani gli concesse il suo nullaosta, quindi all’improvviso cambiò idea e mandò in fumo ogni sogno deniriano di gloria. A suo avviso, infatti, una volta eretto questo fantomatico, tutt’ora fantasmatico, ah ah, studio cinematografico di proporzioni faraoniche, le mappe topografiche della Big Apple sarebbero state macchiate, ah ah, da una sbavatura di colore nero come il carbone.

Sì, non sto scherzando. Giuliani fu convinto che i tetti neri dei caseggiati degli studios dello studio stesso avrebbero deturpato il quadro geografico dell’insieme.

Perciò, Scorsese optò in extremis per Cinecittà, chiedendo a Ferretti di ricostruire la Nuova York, descritta nel libro di Herbert Asbury da cui trasse il suo film, alla periferia di Roma, a pochi passi peraltro dagli studi televisivi di Mediaset che ospitarono in quel periodo la prima edizione del Grande Fratello.

Infatti, quando vidi la prima edizione del Grande Fratello, la prima e ultima da me vista, temetti che Cristina Pleviani (la vincitrice), durante i suoi amplessi con Pietro Taricone (pace all’anima sua…), sarebbe stata interrotta sul più bello, cioè nel momento topa, no, topico del sopraggiunto, prossimissimo orgasmo, dai rumori tonanti dei fuochi artificiali della festa notturna di Gangs of New York nella quale Day-Lewis, come sapete, cammina come un porco, tutto tronfio e a testa alta, gigioneggiando cazzuto.

Non sto schizzando, no, scherzando. Potete controllare su Wikipedia. Vedrete che tutto coinciderà. La prima edizione del Grande Fratello si tenne durante i ciak di Gangs of New York.

Invece, nonostante la Plevani, all’esplodere… dei fuochi pirotecnici, spaventatasene, si scostò dal sesso scalmanato di Pietro, Taricone non desiderò affatto il coitus interruptus e deflagrò ugualmente da vero Guerriero indomito e infermabile.

Che uomo incandescente, un lavico fiume in pene, no, piena…

Sì, mi dispiacque molto per la morte di Pietro. Fra l’altro, io avrei dovuto chiamarmi come lui.

Sì, conoscete la tradizione meridionale dei nomi, no?

Cioè quella secondo cui al primogenito si dà il nome del padre di suo padre, ovvero di suo nonno paterno?

I miei genitori, originari della Lucania, però non amarono né amano ancora oggi il nome Pietro e scelsero perciò Stefano. Discostandosi dalle regole auree del casato araldico, diciamo. Mio nonno s’infervorò, di rabbia s’infuocò e per molti mesi non rivolse parola ai miei genitori. Sfogando i suoi peggiori istinti bollenti su mia nonna. Mio nonno, il quale ora sta lassù, deve ringraziare i miei genitori se in quei giorni scopò mia nonna come dio comanda. Ah ah.

Sì, mio padre e mio zio deve averli partoriti durante una delle sue crisi incazzate-toste.

I miei genitori, comunque, per tranquillizzarlo e farlo contento, mi affibbiarono un secondo nome fittizio, diciamo, ah ah, all’anagrafe, cioè Piero.

Cosa? Sì, Piero anziché Pietro. Doppia presa per il culo e mio nonno, a quel punto, esaurite le cartucce sessuali, volle vendicarsi alla stessa maniera di DiCaprio/Amsterdam.

Urlando e minacciando, coi coltelli di cucina, ritorsioni punitive:

– Ma che razza di nome è Amsterdam? No, scusate, Piero! Ucciderò il nascituro!

 

Invero, nella notte della mia nascita, si schierò in prima linea con tanto di fazzoletto in mano e un cardiologo che gli misurò i battiti ventricolari andati su di giri per via della commozione emozionale.

Ah ah.

Sì, alla prima edizione del Grande Fratello, fratelli e sorelle, consanguinei e non, sanguinari o mangiatori del sanguinaccio, partecipò anche un uomo verace e vesuviano di Napoli. In realtà di Siracusa. Vicina all’Etna.

Vale a dire il tuttora imbattuto peso massimo di una delle maggiori stronzate della Storia e della Letteratura mondiale a tiramento di culo, il leggendario Salvatore “Salvo” Veneziano.

Colui che ebbe l’ardire di dire che Dante Alighieri non era morto perché l’aveva visto pochi giorni prima a Forum. Sì, scambiò Dante per Sante Licheri.

Un’ignoranza paragonabile a quella di Rocco Casalino. Uomo d’indubbia protervia e inconsapevolezza dei suoi limiti che all’epoca criticò aspramente Cecchi Paone e ora invece fa il pavone per i 5 Stelle.

Sì, Rocco è adesso il nuovo conduttore di Io sto con la natura, non lo sapevate? Ah ah.

Paone invece, da accademico giornalista di format storico-geografici di spicco, fu scelto per partecipare a una recente edizione de L’isola dei famosi.

Sì, Paone coltivò imperituramente il sogno di diventare l’Indiana Jones italiano ma, sinceramente, malgrado la sua preparazione e la sua acculturazione rilevante, non ha mai avuto né avrà oggettivamente la carismatica statura dell’Harrison Ford meraviglioso che fu.

Ecco, torniamo a The Irishman, nuovamente. Non perdiamoci in avventure nostalgiche, non smarriamoci in ricordi adolescenziali da Spielberg.

Sì, non vedremo The Irishman nemmeno a Venezia.

Quindi, c’è qualcosa che non va, anzi, non sta andando per il verso giusto.

D’altronde, al momento abbiamo solo potuto visionarne un trailer che invero trailer non è, dato che non si vede niente. Al massimo, abbiamo scorto una pallottola che gira come i coglioni che vi faccio girare io quando me la tiro da De Niro e Al Pacino e le voci off dei due mostri sacri appena menzionativi.

Eh già, a quanto pare, gli effetti speciali per ringiovanire gli attori sono poco convincenti.

Vanno rifatti daccapo.

Il film non è ancora incredibilmente pronto. I costi stanno lievitando a dismisura.

I tecnici del reparto effettistico non sono riusciti, appunto, a generare degli special effects efficaci e degni di nota.

Non è però, in fin dei conti, un grosso problema. Suvvia!

Si dovrebbero, secondo me, affidare al sottoscritto. Il quale calzerebbe a pennello nei panni di Frank Sheeran/De Niro da giovane. Assegnandomi anche i ruoli giovanili di Pacino e Pesci.

Sì, sono più camaleonte di De Niro, fuori dal tempo come Marcel Proust, a mio avviso il tempo non esiste.

Per me ieri è oggi e domani è ieri.

Io ricordo tutto, so portare il mio stato mentale indietro nella mia memoria storica, oserei dire antologica e mitologica. Forse a volte stolta ma soprattutto stoica.

Voi invece (vi) raccontate molte balle. Fate i fighi ma siete appassiti, appunto, da tempo immemorabile.

Disconoscete anche il vostro passato. Il passato personale non va mai sconfessato. È in virtù dei traumi e delle ferite patite che ci si fa uomini e non Butcher…

Per esempio, quel tipo lì, già di una certa età, ancora mente alla sua famiglia in merito ai suoi attuali meriti. Perché invece non racconta loro chi era, chi fu? Non ci sarebbe niente di male. Non bisogna giammai vergognarsi delle proprie umane debolezze, anzi, bisogna (ri)guardarle con lucidità e oculatezza.

Sì, lo sa suo figlio che, prima di fare l’intellettuale del cazzo, fu un alcolizzato cronico e lo salvò la moglie dalla perdizione infernale, iscrivendolo a una magistrale scuola serale?

Ecco, la verità è importante. Non bisogna insabbiarla e accanirsi in guerre fratricide. Altrimenti ci si scanna come in Gangs of New York.

Io, in questa mia chiesa sconsacrata innumerevoli volte, mi pento e mi dolgo dei miei errori. A mia discolpa posso solo dire che furono errori di distrazione, di gioventù. Dunque, finitela di farmene una colpa.

Come dice il grande Al Pacino di Scent of a Woman…

Entrando qua dentro ho sentito queste parole: “la culla della leadership”. Be’, quando il supporto si rompe, cade a pezzi la culla e qua è già caduta, è già caduta! Fabbricanti di uomini, creatori di leader state attenti al genere di leader che producete qua. Io non so se il silenzio di Charlie in questa sede sia giusto o sbagliato. Io non sono né giudice né giurato ma vi dico una cosa. Quest’uomo non venderà mai nessuno per comprarsi un futuro.

E questa amici miei si chiama onestà. Si chiama coraggio. E cioè quelle cose di cui un leader dovrebbe essere fatto. Io mi sono trovato spesso ad un bivio nella mia vita. Io ho sempre saputo qual era la direzione giusta. Senza incertezze sapevo qual era. Ma non l’ho mai presa. Mai. E sapete perché? Era troppo duro imboccarla. Questo succede a Charlie. È arrivato ad un bivio. E da solo ha scelto una strada. Ed è quella giusta. È una strada fatta di principi. Che formano il carattere. Lasciatelo continuare per il suo viaggio. Voi adesso avete il futuro di questo ragazzo nelle vostre mani! È un futuro prezioso. Potete credermi. Non lo distruggete. Proteggetelo. Abbracciatelo. È una cosa di cui un giorno ne andrete fieri. Molto fieri.

 

Io non compro la mia dignità, leccando. Se vi sto antipatico, almeno abbiate appunto la dignità di deporre le armi e di non continuare in assurde rivalità cretine da bambini.

Se voleste invece aiutarmi nei miei sogni, ecco un esempio che ho da offrirvi.

Cercate la campagna crowfunding de La leggenda dei lucenti temerari.

Vincere?

E allora vinceremo!

Lasciando stare i fascismi e tutte le puttanate varie. Le prese di posizione e le stupide, ottuse prese per il culo.

Le riprese di Gangs of New York: 18 Settembre 2000 – 12 Aprile 2001.

Grande Fratello prima edizione: 14 Settembre – 21 Dicembre 2000.

 

Cap. 2: la Storia non vi ha insegnato allora nulla? Prendetela come viene…

Come puntualizzò Pasolini, la Storia è sempre la stessa. Vive di recrudescenze, interminabilmente per i giovani si presentano gli stessi problemi degli insanabili, annali, secolari, millennari(stici) conflitti generazionali. Dunque, se negli anni trenta, la gente combatté per la fame, vivendo di stenti, dunque a stento, ossessionata pressoché dalla sola preoccupazione della sopravvivenza, uscita dalla Prima Guerra Mondiale, desiderò solamente un po’ di requie, svagandosi con Stanlio e Ollio e l’allegria che esorcizzò lo spauracchio delle battaglie infernali da cui si salvò miracolosamente, arrivò poi però Hitler, nacque il nazismo, pullularono le teorie scioviniste, in Italia avemmo il fascismo, scoppiò di nuovo insomma un gran casino.

Fu tutta una Resistenza e ancora una volta la giustizia trionfò nonostante le perdite incalcolabili e immani.

Nuovamente, la gente si rimboccò le maniche, invase le strade, festeggiando la libertà. Tutte le persone, uomini e donne si abbracciarono, scopando come bestie selvagge per tutta la calorosa notte di balli e canti, forse anche di qualcuno rimasto solo come un cane nell’alzare comunque alla luna il calice. Ringraziando iddio d’essersi appunto salvato.

Ecco, The Irishman è un film di Netflix.

Lo streaming già esisteva, i film piratati da una vita oramai imperversavano sul web. Sì, certo, ma Netflix ha dato compiutezza al marasma generale, divenendo produttrice in prima linea d’un concettuale, nuovo, avanguardistico modo di guardare (al) Cinema.

Sono tanti quelli che ancora, ostinatamente, fervidi passatisti e nostalgici di un’era oramai, nel bene o nel male, non spetta a me giudicare, scomparsa, sepolta viva dalla Settima Arte sullo schermo del pc, non vogliono arrendersi né darla vinta a Netflix.

Dunque, abbiamo due fazioni di cinefili che si stanno fronteggiando a muso duro. Come detto, quelli di una generazione, poco più grande della mia, sono decisamente convinti che il Cinema, nella sua accezione migliore del termine, vada gustato in sala, ovvero costoro sono i denigratori di Netflix.

Guidati dal Priest Vallon/Liam Neeson, difensore chiesastico della tradizione.

Turbati oltremodo da questa piattaforma che ha stravolto e coinvolto perfino registi importantissimi come il suddetto Scorsese.

Il quale, alla pari del suo Andrew Garfield di Silence, abiurò dinanzi alla legge laicamente spietata del commercio… O forse invece, come spiegherò e disaminerò nelle righe seguenti, fu già invece illuminato e agnostico come Cronenberg.

Sì, io sono pro Netflix. Non si era capito?

Sono William Cutting?

No, ma credo che, come tutte le invenzioni, non vada demonizzata.

Scusate, non è colpa di Enrico Fermi se furono scagliate le bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki.

Lo stesso discorso è applicabile a Netflix.

Tutto ciò che è innovazione m’affascina.

Guardiamoci in faccia.

Ero prima in macchina. E ho ascoltato un filosofo che ha analizzato la situazione sociale-economico-antropologica odierna, scoprendo l’acqua calda. Ah ah. Eh sì.

Ha sciorinato un campionario di banalità dette assai meglio da Cronenberg e da Black Mirror.

Cioè, per farla breve, ha detto che in un futuro non tanto lontano saremo così tecnologizzati da diventare uomini-macchine.

Eh, il dottorino laureato a Padova ha fatto, come si suol dire, la scoperta dell’America.

Io lo dico da una vita. Su per giù da quando avevo tredici anni. In effetti, da allora quasi tutti mi scambiarono per pazzo.

A tutt’oggi, mi urlano in faccia: ma ce l’hai una vita tua? Come fai a vivere se non vivi le cose realmente?

Poveri idioti, voi sapete ben poco della mia vita, dei meandrici corridoi delle mie paure, dei tunnel neuronali delle mie emozioni ancestrali, etiche e anche etniche. Non sapete nulla nemmeno di quel che patii sebbene mi compatiate.

Credo che abbiate di me frainteso tutto. Dandomi dello schizofrenico, del fobico sociale, dell’impresentabile cacasotto irrimediabile, dell’irrecuperabile uomo che vive di sogni irreali.

Ovviamente, io sono il sognatore fattosi Videodrome, il disagiato Stephen Lack di Scanners, l’eXistenZ (non) vivente giammai marcescente che impeccabilmente risulta sempre sano/a di mente malgrado tutte le vostre psicanalisi da quattro soldi sul sottoscritto da A Dangerous Method.

Voi non siete né Freud né Jung. Ecco, se foste Keira Knightley, potrei darvi retta. Anche darvelo nel retto. Keira è bona!

Voi non siete buoni. Siete degli ipocriti.

Vivete di patti d’onore da russi come ne La promessa dell’assassino, non cambiate mai punto di vista sulle cose, nemmeno sulle cosce. Il vostro è un Naked Lunch di stronzate, una Cosmopolis di seghe mentali.

Siete fastidiosi come La mosca, Inseparabili dalle vostre certezze bacate. Come in Crash, siete “bucati” e spaccati.

Però, la vostra Zona morta non è veggente come Christopher Walken. Anzi, più passa il tempo e più diventate come l’omicida del film appena citatovi.

Vi nascondete e rinnegate ogni vostro atto criminoso. Io, come Cristo, no, come Chris, conosco il vostro Demone sotto la pelle.

Sì, parimenti a Cronenberg, non sbaglio mai. Se dico che uno è pazzo, lo è.

Per esempio, da qualche mese a questa parte, s’è rifatto vivo un demente che continua anonimamente a darmi patenti da Spider.

Definisce inoltre le mie critiche e le mie recensioni cinematografiche assai scontate, apostrofandomi con epiteti sconcertanti. Dipingendomi come vecchio e polveroso.

Polveroso? Basta portare la giacca da un’ottima lavandaia e la ripulirà da ogni acaro, miei cari.

Farete la fine di Icaro.

Mah, essere vecchi a 39 anni è un’impresa da M. Butterfly. Cioè, è troppo presto per cristallizzarsi perfino nella sessualità. Oggi può piacerti Cristina Quaranta, domani pure.

Se a te piace John Lone, sarai Jeremy Irons di Lolita. Che cazzo devo dirti? Hai dei gusti un po’, diciamo, perversi.

Ma non sono un moralista. Basta che non inculi me e io continuerò ad affermare che Julianne Moore di Maps to the Stars è una figona.

Io sono un tipo particolare.

Per molto tempo, fui scambiato per Evan Bird. Ragazzo prodigio talmente invidiato che tutti lo spinsero a gesti osceni.

Al che entrai in rehab da curatori dell’anima come John Cusack. A differenza del film, però, Cusack non era mio padre.

Insomma, una tragedia, ah ah.

Cusack combinò danni al figlio più di Barry Lindon, figurarsi coi figli degli altri quanti danni avrebbe potuto combinare.

Sì, infatti incontrai molti santoni-psichiatri, demagogici e stronzi. Che vollero spingermi a tirar fuori le palle. Sì, dei Lee Ermey di Full Metal Jacket.

Ragazzi, non fatevi istruire da questi qui.

Questi spegneranno ogni vostra savia fantasia da Eyes Wide Shut. Vi riempiranno di psicofarmaci e ingrasserete più di Vincent D’Onofrio.

Questi psichiatri sono delle palle di lardo…

Vi racconto questa…

Nel 2006, così come avrete visto in uno dei miei recenti video inseriti su YouTube, lo infilai spesso a quella che era la mia ragazza. Che poi… già l’espressione “mia ragazza” m’è sempre stata sul cazzo.

Che cos’è una proprietà privata, un oggetto, una lavastoviglie?

Comunque, fra il dire e il fare, una sera riguardammo assieme il sopraccitato film di Kubrick.

Finita la visione, lei mi guardò negli occhi:

– Che dobbiamo fare, ora? Scopare? – le chiesi io.

– No, stasera non ho voglia. Piuttosto, devo confidarti, alla maniera della Kidman, una mia fantasia erotica su un ragazzo che non sei tu. Posso riferirtela?

– Ah, ormai, anche se non m’hai spiegato di che si tratta e di chi si tratti, m’hai detto platealmente che hai una fantasia su un altro. L’hai detto pure a voce alta. L’ha sentito/a anche il vicino. Ottimo, che tatto, che sensibilità, cazzo.

Vai, spara.

– Ecco, la fantasia è questa. In realtà, è una fantasia realistica, diciamo molto corposa.

– Cioè? Vieni al sodo.

– L’altro è già esistito in maniera molto tangibile e senziente.

– Detta come va detta, m’hai messo le corna.

– Un po’ sì. Ma non del tutto.

– Specifica non del tutto…

– Abbiamo fatto l’amore, sì, non lo nego. Vorrei però spingermi con lui oltre… Secondo te, è una fantasia lecita?

 

Ecco, come la presi?

A schiaffi, ecco come la presi. Ah ah.

 

Ve ne racconto un’altra…

Nel 2004 invece stavo con una di Trieste di nome Roberta.

Dal nulla, mi capitò a tiro… una di Roma. Era una scrittrice.

Chiese d’incontrarmi perché, dopo aver letto un mio libro, voleva darmi una mano…

Diciamo qualcosa in più.

C’incontrammo, andai a prenderla alla stazione.

La feci entrare… in macchina. Lei, dopo tre minuti, mi saltò addosso. Anzi, s’avventò prima sul mio collo, poi cominciò a infilare la sua lingua dentro la mia bocca.

Dopo un minuto abbondante, mi sputò in faccia.

– Be’? Non hai nessuna reazione? Non sei cresciuto! Fottiti! Dio mio? Perché Roberta sì e io no? Sei una merda!

 

Sì, da quel momento per lei tragico, lei cominciò a calunniarmi con Roberta. Non so come fece ma riuscì a impossessarsi del suo numero di cellulare:

– Roberta, lascialo. Io e Stefano l’altra notte ci abbiamo dato di brutto. Lui ti ha tradito! Lui va con tutte!

 

Intimai codesta mentecatta infima di smetterla:

– No, non puoi mettermi a tacere!

– Perché vai da Roberta a diffamarmi?

– Lo farò finché tu non mi farai. Ecco, facciamo così. Salirò di nuovo a Bologna. Faremo quello che devo fare con te. Poi starò zitta e dirò a Roberta che io e te non è vero che abbiamo scopato. Affare fatto?

 

Sì, guardate, amici, è un mondo che vuole fotterti sempre.

Scorsese è l’unico al momento che non m’ha mai tradito.

In un modo o nell’altro, ce la farà!

 

 

 

di Stefano Falotico

 

dante ferretti

In questo mondo non esiste né può esistere la libertà d’espressione universale: nemmeno i critici, cinematografici e non, possono permettersi le loro opinioni libere, i capolavori, sì


26 Jul

manhattan poster

– Scusi, lei scrive per Libero?

– No, ho solo scritto un libro. Sto aspettando che me lo pubblichino.

– Capisco. Dunque vuole diventare uno scrittore. Per quale casa editrice pubblicherà?

– Sa, la Mondadori, la Newton Compton e tutte quelle parimenti grosse pubblicano solo i pezzi grossi. Cioè quelli già arrivati per la serie Chi più spende… più guadagna! come l’omonimo film con Richard Pryor.

– Cioè? Mi spieghi bene. Il suo discorso è ermetico. Parli come mangi(a).

. Voglio dire… la Mondadori investe su un autore che ha già mercato. Perché negli anni s’è creato già la sua fortuna. Dunque, la Mondadori sa che, se spenderà milioni di Euro nella campagna promozionale, i costi dell’operazione pubblicitaria saranno ampiamente ripagati dalle vendite, cioè dai guadagni.

Quindi, due più due fa quattro. Le grandi case editrici rarissimamente investono su uno sconosciuto o su un esordiente a meno che costui (non) sia un genio mai visto, sebbene non ancora da nessuno letto, oppure a patto che abbia già il cosiddetto personaggio cucitosi addosso. Che ne so? Ti faccio un esempio.

Vi è uno youtuber folle seguito da migliaia d’iscritti. I suoi video, sebbene siano indubbiamente trash e orripilanti, oppure forse in virtù proprio di ciò, poiché sono talmente impresentabili da attirare l’attenzione smodata di gentaglia che si diverte infinitamente a guardare cazzate, ottengono puntualmente un numero di visualizzazioni esagerate.

A questo punto, tale youtuber è a suo modo, nel bene o nel male, un personaggio. Opinabile, certamente, ma sempre personaggio rimane.

Perciò, se domani avesse pronto un manoscritto, semmai scritto pure col culo, la Mondadori glielo pubblicherebbe seduta stante. Consapevole che i suoi followers lo compreranno. Devo stare in orecchi e non affidarmi neppure a chi mi chiederà il contributo. Ovvero quelle piccole case editrici, forse anche di prestigio e rinomate, in una parola affidabili, che però per sostentarsi e poter sostenere i loro progetti, eh sì, sono costrette a domandare soldi proprio a colui che sta lavorando per loro, il futuro loro scrittore, appunto.

– Il suo discorso non fa una piega, forse un’orecchia a fondo pagina.

Comunque, che significa? Ah ah. Sarebbe come dire che la Warner Bros chiede duecento milioni di dollari a Christopher Nolan affinché Nolan possa girare la sua nuova stronzata cosmica.

– Per Nolan il discorso è diverso. È straricco. Potrebbe pure dare 200 milioni di dollari alla Warner, tanto la Warner, coi soldi incassati dai coglioni che vanno in brodo di giuggiole per le cervellotiche scemenze di Nolan, come Inception, si sparerà lo stesso… il trip da Mulholland Drive. Facendo la bella figa alla stessa maniera di Laura Harring. A quel punto, Laura, no… la Warner paga Nolan affinché lui la lecchi…

Ha capito?

– Cioè, la Warner è lesbica come Naomi Watts?

– La Watts non è lesbica. Sta con Liev Schreiber.

– Intendevo la Watts di Lynch.

– Guardi, è una che è andata pure con Dougie Jones/Kyle MacLachlan di Twin Peaks 3.

– Se non sbaglio, la Watts non è andata a letto anche con King Kong di Peter Jackson?

– Sì, ovviamente. La Watts va pure coi gorilla giganteschi se la parte lo richiede. Ora però, in nessun film su Kong viene esplicitato l’accoppiamento animalesco fra la bella e la bestia.

– Secondo lei, la Watts è amante della zoofilia?

– No, non credo. I suoi ex, prima di Schreiber, sono stati tutti abbastanza umani, diciamo. È stata infatti con Stephen Hopkins e con Billy Crudup.

– Se non erro, anche con Heath Ledger.

– Quale? Quello di Casanova o del Joker appunto di Nolan?

– Che domanda è? Non è mica stata coi suoi personaggi. Anche se potrebbe essere vero. Infatti, lei prima ha detto che per sfondare bisogna essere un personaggio. Che casino pazzesco. Comunque, avrei da porle quest’altra domanda.

Ribadisco, secondo me la Watts è lesbica. Come mai infatti prima girò puttanate come Cattiva condotta e poi, grazie alla spinta della sua amichetta, Nicole Kidman, girò il succitato film memorabile di Lynch nella Los Angeles altolocata?

– Perché Lynch se l’è scopata.

– Che cosa? Ma non è vero.

– Sì, mi scusi. S’è scopato solo Laura Harring.

– Ma no!

– Invece sì, è la stessa storia di King Kong. Ufficialmente non risulta, diciamo agli atti, che Lynch abbia fatto lo scimmione a letto con Laura, un gran figone, ma io le posso giurare su cristo in croce che nella stanza da letto di Lynch, con tanto di crocifisso affisso vicino al poster di Velluto blu, Lynch fu con Laura un vero Wild at Heart.

– Potrebbe essere. Come mai però la Harring, da Mulholland Drive in poi, non ha girato più film di valore a differenza della Watts? Scusi, la Harring l’ha data a Lynch e non ha avuto il successo che le spettava e invece la Watts, sì?

– Non sono cazzi miei. Non so perché sia successo che la Harring, nonostante il sesso con Lynch, non abbia avuto successo. Chieda ad Harvey Weinstein. Le ho detto, sono solamente un umile artista in cerca soltanto di pubblicazione, non di pubi e fornicazioni. E di troiate varie.

– Ecco, secondo lei, i critici dei quotidiani sono delle puttane?

– Cioè?

– Cioè… acclamano un film perché vengono pagati dall’editore a sua volta pagato dal produttore della recensita pellicola in questione?

– Ecco, diciamo di sì.

– Dunque, secondo il suo ragionamento, sono tutti dei leccaculo.

– Direi molto di più. Non leccano mica solo quello…

– Ecco, Sharon Stone la diede a Paul Verhoeven. Questo lo sanno tutti. Elizabeth Berkley fece la stessa cosa per Showgirls? E come mai MacLachlan non se la scopò in questo film?

– Sì, eccome. Se la fotté in piscina con tanto di spruzzi e bollicine.

– In verità, no. In realtà e neppure nella finzione si vede la penetrazione.

– Sì, ma si capisce.

– Non lo so, guardi. Non sono un guardone.

 

Ricordati: il mondo è pieno di serpi.

Io non mi vendo, farò la fine di Serpico ma il mio Cobra non è un serpente…

– Kobra. Perché la K? Per mascherare ancora di più il doppio senso? Ma poi lei che si è messo in testa? Vuole sfidare i giganti della letteratura? È un nano in confronto a loro.

– Lei ha mai visto Warrior? Soprattutto la scena in cui Joel Edgerton non ha una sola possibilità di vincere contro Koba?

– Alla fine vince.

– Secondo lei, perché vince? Glielo dico io. Perché studiò il suo avversario. Se l’avesse affrontato a viso aperto, ne sarebbe uscito macellato. Dunque, lo intrappolò. E così l’inculò. Sostanzialmente, è la stessa cosa che fece e fa tuttora Woody Allen. Se l’avesse buttata sull’avvenenza, l’aspetto e la forza fisica, l’avrebbero sbranato.

– Dunque, Manhattan è celebrato come un capolavoro perché Allen pagò i critici affinché magnificassero la sua opera?

– No, perché è un capolavoro e basta. Ci sono cose, sa, che sono intoccabili. Se capolavoro è, tale è. Senza se e senza ma. Gli si può dire tutte le cattiverie del mondo.

Vanno a farsi fottere.

Insomma, teste di cazzo, se avete un problema, non chiamate Mr. Wolf. Chiamare il Cobretti, cioè il sottoscritto.king kong naomi watts
cobra stallone

 

 

di Stefano Falotico

Il programma della 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica è rivelatore del mondo odierno come ha affermato Barbera?


25 Jul

Siamo seri, stavolta, parecchio. Sebbene, come già profeticamente predissi, preventivai e asserii sicurissimo, Joker è stato selezionato addirittura in Concorso.

Se non vado errato, è la prima volta che un cinecomic partecipa a un Festival di risma. Forse, neanche a Cannes, nemmeno nelle sezioni collaterali, vedemmo l’autoriale Thor di Branagh. Sbaglio? No, non credo.

In effetti, quando la senior della Warner Bros italiana, alle Giornate Professionali di Riccione (o Rimini?), disse che Joker è la vera storia del principe del crimine di Gotham City, probabilmente non era informata bene.

Ecco, sono cose che personalmente non sopporto. Sarebbe come dire che un chirurgo non sa cosa sia un bisturi, che un biologo non sappia cosa sia una cellula, che un cardiologo sia amante di Manuale d’amore di Veronesi. Ah ah.

Come dire che Selvaggia Lucarelli pensa davvero di essere una giornalista e non una che invece ha sfondato perché il suo seno è da sbattere in prima pagina.

Sì, il livello d’incompetenza di certa gente, arrivata a certi vertici, è scandalosa.

Io ho giocato a Calcio. Non seguo più molto il campionato di Serie A ma capisco, per esempio, al volo se un giocatore è in gamba o solo uno che fa gli sgambetti, cioè bluffa di dribbling da leccaculo all’allenatore per venire schierato come titolare.

Un brocco lo riconosci subito. Anche questo non è però sempre vero.

Prendiamo il celebre scambio di batture di C’era una volta in America fra Noodles/De Niro e il suo amico ristoratore. Fratello della donna amata da Noodles, vale a dire Deborah:

– Chi avrebbe puntato su te?

– Io avrei puntato tutto su te.

– E avresti perso.

 

Ecco, se fossi stato nell’amico di De Niro, avrei spaccato la faccia a Noodles, cioè sempre De Niro.

Reinventiamo il dialogo in maniera falotica:

– Chi avrebbe puntato su te?

– Ma come cazzo ti permetti? Mi dai del fallito? Guarda che per gestire un ristorante ci vogliono du’ palle così, parafrasando il grande amico di Verdone di Un sacco bello, amicissimo peraltro proprio di Leone, il mitico Mario Brega.

. Guarda, non volevo offenderti.

 

Al che arriva Frank Vincent di Quei bravi ragazzi…

– Noodles stava scherzando, cristo. Non ti vedeva da tanto… a te ti va subito il sangue alla testa.

– No, no, no. Io l’ho insultato un po’…  ho sbagliato anche io – si giustifica Noodles alla stessa maniera di James Conway.

– Va bene, amici. Un paio di drink, offre la ditta…

 

Ah ah.

Al che, in tarda notte, entra a sorpresa Joker/Joaquin Phoenix.

 

– Ehi, guarda che non è carnevale, scimunito. Non è neppure la notte di Halloween. Qui siamo tre amici al bar come nella canzone di Gino Paoli. Tornatene nella tua tribù. Vai a trovare quel povero disgraziato di Michael Myers.

– Non sono un matto. Mi sono conciato così perché sono felice. Hai sentito, Bob? Siamo stati selezionati in Concorso!

– In Concorso? A Venezia? Dove io girai con Deborah/Elizabeth McGovern un’iper-romantica dichiarazione d’amore nella spiaggetta dietro l’Hotel Excelsior? Quella appunto di Once Upon a Time in America.

– Sì, cazzo, lurido figlio d’una cagna, grandioso interprete di Taxi Driver e Re per una notte. Barbera c’ha ficcato in lizza per il Leone.

– Che Leone? Sergio o quello d’oro? Va be’! Allora, avvicinati. Unisciti a noi. Festeggeremo sin all’alba.

 

I quattro cenano pure, gozzovigliano e chiamano dieci Escort per movimentare un po’ l’arrosto.

Quindi, consumata ogni carne nell’aprire le loro botteghe, si stravaccano nel retrobottega, ascoltando le parole di Barbera.

Barbera declama che sarà un festival incentrato sulle donne e appoggia perciò il movimento MeToo.

Una delle Escort, di nome Susannina, s’infoia, si scalda dopo essersi caldamente scalmanata coi quattro:

– Sì, basta col maschilismo! Allora perché Barbera ha inserito come film d’apertura una pellicola con Catherine Deneuve? Una che ha sostenuto Alain Delon, dichiarando che è giusto essere uomini anche un po’ stronzi?

 

Parla ora De Niro.

– Ehi, zoccolett’! Con Catherine ho girato in gondola una scena di Cento e una notte. È una grandissima donna.

– Lo sanno tutti che Catherine è una Bella di giorno!

– Perché tu, no?

 

Fa irruzione nel ristorante Ciro Guerra. Regista di Waiting for the Barbarians.

– Cazzo. Alcuni giornalisti sono più scemi dell’ex conduttrice de Le invasion barbariche. Dio barbaro!

Hanno scritto che saranno quattro i registi italiani in Concorso al Festival, ovvero Martone, Maresco, Marcello e il sottoscritto.

Io sono colombiano.

– Sì, ma porti un nome da napoletano.

– Ciro è molto usato in Colombia. Comunque, voi sapete chi sia questo Marcello Pietro?

– Pietro Marcello, vorresti dire.

– Non lo so. Pietro è il nome e Marcello il cognome o viceversa? Oddio, che macello!

– Sì, è una società andata a puttane. Ci vuole un J’accuse da Polanski.

– Mah, a dire il vero queste Escort sono svedesi. Servirebbe una bella polacca come in Radiofreccia. A proposito, Stefano Accorsi non ci sarà in The New Pope? Eh no, eh. Come mai?

E Louis Garrel si presenterà al Lido assieme a Laetitia Casta?

– A proposito di donne caste – riprende a parlare l’Escort sovreccitata… – Che ha questa Laetitia più di me? Nella vita fa lo stesso mio lavoro ma io non vivo in Francia da riccona.

– Ma chi pensi di essere? Laetitia è Laetitia. Una che manda fuori dalle orbite anche Brad Pitt di Ad Astra. Sei orba? – le risponde acidamente la sua Escort rivale, una molto triviale.

– Dai, su. È rimasto del caviale!

 

La verità che la nostra generazione ha perso. Anzi, la vostra.

Robert De Niro aveva quarant’anni quando girò C’era una volta in America. Anche se uscì nei cinema l’anno dopo.

James Woods ancora meno. Gente cazzuta, questa.

Voi, invece? Ma come vi siete ridotti? Avete quasi cinquant’anni e fate le video-recensioni dei film da quattro soldi nella vostra cameretta, in ciabatte! Dio mio. Mosci, borghesotti, cacasotto.

Sapete perché?

Nanni Moretti di Caro diario docet:

Voi gridavate cose orrende e violentissime e voi siete imbruttiti. Io gridavo cose giuste e ora sono uno splendido quarantenne!

 

Anzi, io sono un meraviglioso uomo senza tempo.

Guardatevi. Non valete un cazzo, appena ve la vedete brutta, vi celate dietro un pc e v’infervorate nelle peggiori offese disumane. Sapete fare solo questo.

once upon a time in americavenezia-76-programma-copertina-609x330

cento e una notte

 

di Stefano Falotico

Non ci arrendiamo dinanzi ai criminosi stalker, il JOKER a Venezia!


25 Jul

Forza, amici!joker


Il JOKER in Concorso a Venezia e io giro per i corsi, senza seguire più nessun altro vostro maieutico, maialesco discorso!

Esseri nietzschiani che indossano la giacca di Ryan Gosling di Drive per un affronto da uno contro tutti epocale

Sì, invigorirsi e seguire le lunatiche trascendenze, senza più farsi schiacciare dalla cattiva influenza di compagnie sbagliate, senza più deprimersi e immalinconirsi per colpa di maligni ascendenti, senz’arrendersi dinanzi all’ignoranza, agli uomini di panza, opponendosi fortissimamente per innalzare in gloria il vessillo della propria unicità, issandosi nella monumentale resilienza leggendaria, epicamente combattiva d’una personalità che vili impostori cercarono di demolire con la capziosa, esecrabile, riprovevole, ripugnante arma dei ricatti ipocriti, dell’arroganza a plebiscito delle loro cafone mentalità figlie d’una putrescenza esistenziale tramandata di generazione in (de)generazione.

Debosciati dell’anima, ostinati e facinorosi che insistono voracemente, offensivamente a volerti distruggere per inghiottire lo splendore immacolato del tuo cuore ribaldo affinché deperisca e nella desolazione si strugga, intaccato, violato, abusivamente (s)truccato dalla loro codarda visione vetusta, tocca e ingiusta della vita, per far sì che nell’opacità dei loro livori s’offuschi, s’affossi a cagione dei loro maleodoranti, cattivi gusti adattatisi al porcile fetente ché, profanatori di sé stessi, offendono acrimoniosamente le dignità altrui al fine di soggiogarle al materialismo e all’edonismo d’una società consumistica soprattutto dei loro candori rinnegati a favore dello spogliatoio, denudatosi d’ogni nitore, d’una grandguignolesca, tetra e terrificante strafottenza ingeneratasi per infettare il fradiciume e la marcescenza sempre di loro stessi già traviatisi e stesi nell’aderire, farisei, a regole malate di mente. Fottetevi! Voi e il vostro senso demente della dignità, voi e le vostre oscene regole d’onore. Siete dei mafiosi!

Sì, come i mafiosi. I quali, dopo una settimana di porcate, vanno dal prete confessore a recitare un fintissimo Mea Culpa nell’Atto di dolore di sconsiderati peccati che prima obliano nell’abluzione della benedetta acqua e poi reiterano appena rimettono piede fuori dalle chiese dei loro disonori.

Sì, super panegirico, barocchismo letterario odiosissimo, sofistica mia presa di posizione gotica, falotica a slancio tonitruante di me stesso oramai lanciatosi a muso duro contro gli inarrendevoli beoti di questo vigliacco branco stolto, di tal rango di tonti. Non sono Rambo ma voi avete finito, comunque, di sentenziare da sceriffi lerci.

Poiché son uomo lanceolato per anni da costoro massacrato, macellato, sbudellato, ricattato, bistrattato, maltrattato, angariato ma non ancora affatto sfiancato. Né svilito. No, non sono finito.

Anzi, tutt’altro che infante e infranto, invero orgogliosamente incazzato, giammai frantumato, fervidamente schierato in battaglia dirimpetto a tali fradici criminali assai smodati e sfrontati.

Sì, son bellimbusto che spavaldamente cammina a testa al(a)ta, rafforzatosi oramai in maniera irreversibile, induritosi come l’amianto in quanto non abdicherò né abiurerò dinanzi alle vostre ideologie villane che vorrebbero recludermi nel pianto per oscurare ogni mio passionale vanto. Canto nel vento! E quindi?

Vanitosamente, i vostri insulti non mi fanno più niente, né caldo né freddo. Indosso oggi infatti l’impermeabile, domani il montone e vi (s)monto, ieri forse la giacchetta della vostra lurida pelle.

Che palle!

Siete degli zappaterra che si celano dietro apparenze fighe, siete meschinamente, viscidamente ossessionati dal sesso più laido, lurido, tribale, barbarico, animale, schifosamente anale. Protervi, irredenti e impunitamente fieri, fiera-mente, cioè da uomini con menti belluine e bellicose da rancorose fiere, perseverano nel ricusare la patologia della propria limitatezza, nello sconfessare di bugie e frittate rigirate l’altrui individualità da voi/loro calpestata immondamente nel disconoscere perfino le vostre conoscenze ristrette da scimmie astiose e violente.

Insomma, dei deficienti. Esaltati, in padella vi esalo. Vi salo e addosso vi salgo. Basta coi vostri assalti, mi avete fatto girare le palle e ora saranno palate. Anche alle vostre donne, quelle frigide patate!

Sì, andassero a cucinare le vostre salsicce. Ah, cicce. Evviva Franco e Ciccio!

Sì, costoro vogliono angustiarmi, ustionarmi, coglionarmi, far sì che m’inferocisca, m’inacidisca e come loro m’imputridisca. Cosicché, spezzato nell’amor proprio, m’infuochi bestialmente, imputtanito. Sì, il verbo imputtanire esiste, lo dice anche la Crusca ma io non apparterrò mai alla vostra zucca. Al vostro rusco. A Bologna significa immondizia, miei loschi.

Siete il trash, siete da zoo, siete primitivi Neanderthal e invece io oggi voglio essere Pentothal, mi avete fatto perdere anche Andrea Pazienza.

Sì, non pot(r)ete più continuare ad affibbiarmi puttanescamente etichettature distorsive nel sigillarmi in stigmatizzazioni figlie delle vostre aberrazioni corrosive.

Sì, io vado avanti, senza tregua. Lottando e sbracciando perché voglio vivere come cazzo la mia anima vuole in quanto tale è la mia indole, riflessiva, ascetica, distante remotamente da ogni presunzione di tali vostri impostori che non siete altro, siete solo (s)fatti di pessimo, disgustoso alito, siete senza core, allineati al vociferante, diffamatorio coro caotico più squallidamente demagogico e retorico. Zotici! Siete spaventosamente ingrigiti nel gregge in quanto grezzi o solo greggi. Vi purifico, vi spurgo, son io ora che vi deturpo, vi turberò sempre poiché ho or acceso il turbo e avete finito di moralizzarmi, nessuno mi demolirà né demoralizzerà, miei furbi.

Ah ah.

Dunque, ribadisco:

siete merde grigie, pseudo-uomini rigidi, ipocritamente acco(r)dati ai doveri più falsamente ligi, improntati alla più bieca, caudina, spietata legge di coloro che avranno pur letto qualcosa ma non sanno le altrui anime leggere, anzi, indiscriminatamente, arbitrariamente, criminosamente ne vogliono legiferare le scelte e ferirle. No, la vostra mostruosità scagliatomi addosso non più regge.

E ora vi sputtano come non ho mai fatto, ho sempre sognato e adesso in faccia vi sbatto. Senza se e senza ma eppure con vaffanculo a mammata.

Basta coi Pater Noster, basta con queste vecchie generazioni di troioni, di tromboni, di puttanoni.

Ecco il coglione mio offertovi in san(t)ità poiché desideraste stuprarmi nell’anima affinché mi castigassi nelle vostre visioni coi paraocchi, miei figli de’ ndrocchi(a), miei figli di troia, miei figli di zoccola, miei figli du’ cazz’.

Ma che volete incastrarmi? Non imprigionerete più la mia anima, non mi griderete di castrarmi, basta con le vostre castronerie. Io sono la buffoneria, la malinconia fattasi carne per sfasciarvi, fascisti, incarno infatti la beffarda vostra cretineria spiattellatavi nel deretano e ficcata a sangue con leggiadria ira e poi come più mi tira.

Me ne tiraste tante. Ma ancora me la tiro. Se mi va, me ne tirerò tantissime. Che cazzo me ne fotte, cazzoni?

Avete esagerato. Siete andati troppo oltre.

Avete presente quando Charlie Brigante, ovvero Al Pacino di Carlito’s Way, vede ammazzare il suo caro nel bar dei malfattori? Si chiude in bagno, carica la pistola e minaccia gli omicidi, gli assassini.

No, state tranquilli. Non vi sarà nessuna sparatoria ma una potentissima, legale inquisitoria, una nuova requisitoria devastante, statene certi.

Avete fatto la guerra alla persona sbagliata.

Quella vecchia matta andasse nella scuola superiore della sua inferiore. Che suora.

Dunque, ammetta i suoi desideri davvero ecumenici. Voleva sbattersi John Lennon poiché lo eccitava a morte quest’uomo cazzuto che cantava Imagine… all the people.

Adesso, dopo aver sposato un alcolista da lei salvato dietro la concessione cattolico-apostolica della sua figa sconsacrata, si ubriaca di Alleluia, dispensando consigli maieutici ai suoi scolari per renderli supini alla somara assai suina della sua mentitrice volpina.


stalker vodani 10

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