Archive for October, 2019

Il sottoscritto, purtroppo, è uguale a Clint Eastwood: uomo (im)morale che giudica gli youtuber verbosi e anche a volte le donne schizzinose


25 Oct

Richard Jewell poster

 

Sì, l’umorismo glaciale alla Clint si sta impossessando di me.

E, con aria sciolta, cammino fra le luccicanti tenebre del mio cinismo romantico con sguardo opacamente lindo e poi variopinto, chiudendomi nell’ermetismo quando non voglio dare spiegazioni riguardo il mio essere spesso fancazzista distinto, odiando il puttanesimo di questa società barbarica e incivile, rendendomi misogino quando lo sono, cioè sempre, replicando alle offese che ricevo con altrettanta strafottenza ignobile da uomo che non sa che farsene degli attacchi pretestuosi, recludendomi nell’eremitico dadaismo quando, estraendomi astratto da un mondo di uomini volgari afflitti da aerofagia e meteorismo, osservo le stelle comete del bel cielo limpido, disegnando voli pindarici remotamente distanti dalle vostre rabbie malate di solipsismo in quanto son uomo di risma e anche di carisma, misantropo pressoché sino alla morte, revenant che spunta al solstizio e, dinanzi a chi di fronte a me si stizza, s’intirizzisce e con una sberla lo zittisce.

Ora, la società è peggiorata parecchio. Ciò è indubbio. Forse sarebbe meglio andare ad abitare a Gubbio, cittadina limitrofa a quella natia di San Francesco d’Assisi, città umbra ove un uomo ombroso come me potrà trovare la pace liturgica lontano dagli uomini metallurgici, dai metallari che sono sposati a una di cognome Murgia, dai rockettari che fanno solo casino nel loro cervello musicato di neuroni rumorosi, lontano soprattutto dagli youtuber sapientoni.

Ecco allora che rispunta WesaChannel, quest’uomo bolognese fintamente educato e politically correct che nelle sue prolisse, logorroiche disamine non sta zitto un momento e ribadisce ovvietà come un pedagogo di quart’ordine, come un maieutico ecumenico che vorrebbe elargirci istruzioni per l’uso riguardo la vita e la politica, il Cinema e forse pure l’astronomia.

Insomma, il tuttologo della mutua che disserta con fine oratoria composta su ogni argomento ma non discende alle motivazioni che devono averlo indotto a credersi Gandhi che gira video nella stanzetta addobbata con degli orsacchiotti.

Se fossi in lui, mi porrei questo quesito e inserirei un punto di domanda in grassetto a intestazione del suo prossimo, auto-biografico titolo:

Wesa, Joker sono io?

Sottotitolo: graditi commenti da gente che non la pensa come me. Ah ah.

 

Ieri sera, sulla mia bacheca Facebook scrissi che non mi sta molto simpatico il gentil sesso poiché le donne sono prevedibili.

Infatti, di lì a poco fui sommerso da offese femministe.

Una, particolarmente infervorata, mi contattò in chat:

– Ciao, davvero pensi questo delle donne?

– Sì, anzi no. Penso che sarebbe meglio se non parlassero. Ma comunque, se non vuoi più parlarmi, possiamo fare qualcos’altro.

– Guarda bello, non abbiamo niente da dirci.

– Sì, non abbiamo neanche molto da darci.

– Sei solo un maschilista merdoso! Brutto come la fame!

– Sì, è vero. Tu però sei anoressica. Adesso, scusa, vado a infilare le patate nel forno.

 

Sì sono piuttosto devastante nelle risposte.

In puro stile eastwoodiano.

Invece, un omosessuale m’ha scritto:

– Secondo te, sono un bel ragazzo?

– Non sono gay. Chiedilo agli uomini.

– Ma non hai detto che sei misogino? Quindi, la tua opinione da uomo è importante, Stefano.

– Sì, infatti lo è. Però tu non sei la mia donna.

– Ma che risposta folle è?

 

Un’altra invece m’ha scritto:

– Stefano, ti stai inaridendo. Se continui così, la tua vita sarà molto amara.

– Può essere. Basta comunque usare sempre lo zucchero nel caffè. Invece tu, anche se infili lo zucchero, sei incurabilmente frigida.

 

Ieri sera sono stato in un locale. Al bancone, al mio fianco, si sono avvicinate tre stangone.

Mi hanno guardato e si sono messe a ridere.

Di mio, ho preso a pugni i loro fidanzati.

Alla fine, l’unico rimasto a ridere sono stato io.

Avevate dei dubbi?

Morale immorale: siamo attorniati da idioti, da minorate e da merde. Qui è giusto sputtanare.

 

di Stefano Falotico

THE IRISHMAN di Martin Scorsese | Video-recensione del film con ROBERT DE NIRO, AL PACINO, JOE PESCI


24 Oct

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Pensai di essere una donna dei film di Bergman, scoprii di essere Mark Wahlberg di Boogie Nights, che tragedia!


24 Oct

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boogietravoltaAh ah, qui c’è poco da ridere. So che il titolo di questo mio scritto v’induce a sonore e profonde risate di simpatia.

È tutto atrocemente vero.

Dopo un paio di delusioni cocenti, oserei dire devastanti, la mia (non) adolescenza deambulò ectoplasmatica nelle notti insonni più cupe. Ove mi cibai di film, per l’appunto, notturni, cavalcando la mia depressione con nobiltà d’animo da principe delle tenebre assolutamente invincibile.

In confronto a me, Klaus Kinski del Nosferatu di Herzog era un novellino, un pivello. Un povero coglioncello.

Dirimpetto alla vastità immensa della mia solitudine agghiacciante, anche le protagoniste dei più angoscianti, malati film di Bergman sarebbero rimaste terrificate e al contempo incantate, trovandosi al cospetto del sottoscritto.

Un uomo che forse si auto-evirò psicologicamente e ogni minimo contatto fisico evitò. Con scrupolo e meticolosità, con soave leggerezza e inevitabile ipocondria protesasi allo sfinimento, provai invano di preservare questo mio stato psicofisico creaturale, custodendo gelosamente nella mia anima ancestrale la beltà celestiale della mia anagrafe senz’età, galleggiante nei pleniluni della mia immacolatezza lontana da ogni sguardo animale.

Al che confidai a una ragazza questa mia penosa condizione mentale.

Fui coraggioso nel riferirle per filo e per segno che, da tempo immemorabile, mi sigillai nel semi-mutismo quasi autistico.

Credetti che lei m’avrebbe apertamente umiliato. Ma, con mio sommo stupore, costei mi guardò intensamente negli occhi, osservò impavidamente con lucidissima chiarezza i bagliori apparentemente raggelati delle mie iridi nere e sepolcrali, poi accarezzò intensamente le mie labbra e mi sussurrò un delicato:

– Ecco, se è vero quello che mi dici, ovvero che tu non ami molto toccare le altre persone, se è vera la fulgida venustà del tuo viso onirico e, per fortuna mia, è vera poiché l’ho appena sfiorato tangibilmente con le mie mani tremolanti e già sudate, le possibilità sono due: o sei pazzo o non capisci un cazzo.

Vale a dire… tu sai che costa stai scatenando in me in questo momento? Tu sei sicuro di ciò che, tristemente, affermi? Cioè che sei una persona gravemente afflitta da insanabili dolori dell’anima?

Facciamo un esperimento.

 

Da allora, successe l’incredibile. Qualcosa di mastodontico, oserei dire immisurabile.

Sì, lei comprese che da parecchio non m’ero misurato nella realtà e me ne ero creato un’idea del tutto distorta.

Appena entrammo, diciamo, in contatto completamente intimo, misurò qualcosa che invece, tragicamente e al contempo stupendamente, non era affatto storto. Era straordinariamente ritto, (im)moralmente sanissimo.

Insomma, tutte le balle raccontate sul mio conto furono castrate in trenta centimetri netti.

Purtroppo è tutto enormemente reale.

 

di Stefano Falotico

Festa del Cinema di Roma: sono un FANATIC di John Travolta ma anche THE FAN di De Niro? No, di Kelly Preston in quanto M. Butterfly?


23 Oct

travolta saturday night fever

Ah, approdò a Roma quel pelato di Travolta John. Un uomo dal carisma debordante più della sua pancia esibita nel film Michael.

Adesso, dopo anni di forti cure dimagranti, John è smagrito piacevolmente. E, senza vergogna, ha esibito sfrontatamente la sua pelata abbondante, dovuta all’inesorabile trascorrere del tempo di alopecia androgenetica insanabile. Ah ah.

Sì, finalmente John s’è mostrato ai suoi fan col cranio rasato, a dire il vero senza un solo pelo. Quindi, sarebbe più appropriato usare il termine calvo.

Nel film Face/Off invece si fa glabro. Sì, si fa radere il petto villoso per essere operato chirurgicamente. Peccato che Nicolas Cage sia famoso per il suo petto super peloso più di King Kong.

In realtà, sebbene a prima vista non sembri, è effettivamente vero che, all’epoca di Face/Off, Nicholas Kim Coppola, in arte Cage, detto per noi suoi ammiratori as Nicolino, somigliava a John Travolta.

Buon sangue, d’altronde, italoamericano non mente. Due uomini caratterialmente forse agli antipodi eppur con gli stessi occhi glauchi. E a volte, va detto, con espressioni da pirla incommensurabilmente, paradossalmente fighe.

Sì, quando John balla con Olivia Newton-John, eh eh, sì, John che danza con la compianta Newton-John, indubbiamente fa delle facce da arrapato mai visto.

Classico tamarro, a Roma direbbero, appunto, burino.

Un burino che non vedeva l’ora di usare con Olivia del burro per esserle Popeye a letto. No, Grease non è un film di cui andare fieri. È semmai un cult, cioè è un film con molti suoi accaniti fanatici ma, sostanzialmente, a parte la colonna sonora che spinge, eccome se spinge, è praticamente un film che pare tratto da una sdolcinata, smielata cazzata di Moccia con John al posto di Riccardo Scamarcio e Olivia nei panni di Laura Chiatti. Ah ah.

La febbre del sabato sera, invece, è firmato da un signor regista, John Badham. Forse non un autore né un grandissimo ma director di perle come Corto circuito, Minuti contati e soprattutto Wargames.

Sostenuto da un Travolta devastante. Uno che sulla pista da ballo manda in estasi qualsiasi pollastrella, distruggendo con una sola spaccata ogni Roberto Bolle da quattro soldi. Visto che movimento pelvico? Che bacino, che colpo di anca?

Oh, questo a letto ti sfianca.

Visto come, di pantaloni iper-attillati, simula il gesto della penetrazione maschile su capelli cotonati da uomo che forse non ha mai letto un solo libro di psicologia ma sa come curare ogni donna dall’isteria, dalle frustrazioni e dalle nevrosi in virtù del suo fascino da tamarro dinanzi al quale tutte cadono ai suoi piedi, senz’alcuna eccezione?

Altro che Jung/Michael Fassbender con la schizofrenica Knightley.

John non ha bisogno d’interpretare i sogni per rendere felici le donne come se codeste avessero vinto i numeri del lotto. Sì, alla Smorfia napoletana, John preferisce la sua andatura basculante di pura origine italiana assai controllata. Un uomo non affetto da DOC, però.

In verità solo affetto dell’affetto delle donne a lui ossessivamente compulsive nel desiderarlo in maniera maniacale. Direi che John mandava tutte al manicomio solamente con la potenza dei suoi occhi ficcanti.

Sì, uno che si muove così, chi se ne frega se è un proletario scalognato. Piace sia alla laureata a Oxford che alla pescivendola del mercato rionale. Uno così può permettersi anche di girare film per bambini come Senti chi parla, può pure ingrassare ma sciogliere Uma Thurman di Pulp Fiction solo con un twist da bambagione.

Ce la vogliamo dire proprio tutta?

John non sa recitare Shakespeare, sembra a volte un pornoattore, veste quasi a settant’anni col chiodo fuori tempo massimo, ma emana un sex appeal bestiale.

Se fossi omosessuale, gli recapiterei a Beverly Hills delle lettere d’amore. Ma, visto che sono etero, è per questo motivo che John Travolta è ossessionato da questo “losco figuro”, qual sono io, che spedisce epistole a sua moglie, Kelly Preston.

Detta come va detta, John è un grande, sua moglie però mi rende più “brillantina”.

No, non è vero che invio a casa di John delle lettere da fanatico di sua moglie.

A David Cronenberg invece mandai il mio libro, disponibile sulle maggiori catene librarie online.

Poiché Face/Off è il miglior film interpretato da John. Ed è un John Woo stratosferico che sa essere mainstream senza rinunciare alla sua poetica cronenberghiana.

Un’ora fa ho parlato in chat con una donna che mi prende molto.

Lei mi ha chiesto se io piaccia ai gay. Le ho risposto che è così ma loro non mi piacciono. Non perché sia omofobico, semplicemente perché mi piace più lei.

Poi mi ha domandato se io farei l’amore con lei anche se un giorno lei decidesse di cambiare sesso e diventare un uomo.

Questa è stata la mia risposta:

– Se dovessimo fare l’amore, sì, rifarei ‘amore con te anche se tu cambiassi sesso.

Lei: – Non ti turberebbe?

Io: – No, la tua anima sarebbe sempre la stessa.

 

Ecco, credo che io vedrei benissimo John in un futuro film di Cronenberg. Lui, ex idolo delle donne di ogni età, nella parte di Kelly Preston di Gioco d’amore.

Cioè John che ama Kevin Costner, altro ex idolo del gentil sesso.

Secondo me, ne verrebbe fuori un capolavoro stupendo seppur perturbante.

Sì, la gente ama vedere John eternamente come Tony Manero anche quando in Killing Season con De Niro interpreta il ruolo d’un soldato serbo in cerca di vendetta.

Sia De Niro che Travolta, alla fine, capiscono che si sono fatti la guerra inutilmente a vicenda quando invece dovevano andare solo a caccia.

E ho detto tutto. Anzi no. A detta della Critica americana, The Fanatic è un film impresentabile per quanto John abbia detto in conferenza stampa che ne vada orgoglioso, definendolo una pellicola di nicchia. Talmente di nicchia che tale film lo guarderà soltanto una sola ammiratrice. Ovvero sua moglie.
Ah ah.

 

di Stefano Falotico

 

febbre del sabato sera

Lo SHINING del mio viaggio alla Festa del Cinema di Roma per vedere THE IRISHMAN


23 Oct

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THE SHINING, Danny Lloyd, Lisa Burns, Louise Burns, 1980, (c) Warner Brothers

THE SHINING, Danny Lloyd, Lisa Burns, Louise Burns, 1980, (c) Warner Brothers

shining 3Ovviamente, tutti conoscete la tristemente celeberrima stanza 237. La stanza degli orrori ove l’orco Jack Torrance, incarnato con ghigno luciferino da un mefistofelico, grandguignolesco Jack Nicholson, celò più d’uno scheletro nell’armadio.

Molti di voi, invero, nei loro armadietti nascondono al massimo delle confezioni di profilattici che non mostrate però a vostra moglie. Poiché con lei, essendo bruttina come Shelley Duvall, da tempo immemorabile non più amoreggiate come una volta.

Quando, turbinosamente infatuati, a livello ormonale e non, della sua angelica, diafana atipicità di donna forse, per l’appunto, non bellissima ma affascinante, gustaste amplessi che partorirono Ewan McGregor di Doctor Sleep. Ah ah.

Ebbene, quel bambino oggi divenuto un uomo, eh sì, sono io. Un eterno bambino posseduto dalla luccicanza, gift donatomi da dio al momento della mia nascita in quanto cherubino precipitato in un mondo di folli e psicopatici alla Torrance.

Di mio, sono però uno scrittore esattamente come Jack. Per trovare l’ispirazione, m’isolo e mi segrego, allestendo romanzi dalla prosa barocca e dalle trame labirintiche. Poiché, assiderando nella realtà quotidiana, popolata da uomini cinici e aridi, solamente nello stellato firmamento della mia incontenibile fantasia alta e alata, solo nel turbamento della mia genetica creatività smodata, trovo me stesso.

No, non staziono nella red room, ribattezzata Red Rum. Tutt’al più, bevo fra una digitazione sulla tastiera e un’altra recensione cinematografica non del bourbon, bensì del Cuba Libre con ghiaccio.

Molta gente ipocrita mi dice che sono un barbun’ e talvolta, pur essendo un ragazzo colto, lascio crescermi la barbetta incolta.

No, non staziono in quella camera ove le due povere gemelline furono trucidate dal mostro Jack, bensì l’altro giorno andai semplicemente alla stazione. Quella di Bologna.

Per involarmi, no, non presi l’aereo, per imbarcarmi… no, non presi la nave, insomma per partire alla volta del Festival di Roma. Per visionare l’anteprima italiana d’un film da me atteso tutta la vita, ovvero The Irishman.

Giunto in tal loco, meglio in tal luogo (dai, evitiamo di essere burocraticamente aulici in questa sede), nel pomeriggio di domenica scorsa, gironzolai per Via Flaminia e bevvi molti caffè. Ma non incontrai nessun barista fuori di testa come quello di Shining. Sebbene, debba ammettere che quasi tutti i baristi di ogni città del mondo adocchiano le clienti donne più fighe con sguardo ingordo da lupi.

Sì, se entri in un bar qualsiasi e ordini, semmai, pure un cappuccino e non v’è nessuno al bar in quel momento, il barista vi servirà la bevanda in quattro e quattr’otto. Se invece penetri in un locale in contemporanea con una stangona in minigonna, a meno che tu non sia un pezzo grosso come Martin Scorsese, ammesso che un barista sappia chi sia Scorsese, il barista darà da bere prima alla gnoccona.

Sperando di sorseggiare, poi, al calar della sera qualcosa di caldissimo con lei. Per spalmarsi le labbra di rossetto…

A parte ciò, a Roma incontrai varie persone e amici. Incrociai perfino D. Stanzione di Best Movie. Col quale, tanti anni fa, scrissi un libricino intitolato Nel neo(n) delle nostre avventure, in vendita su lulu.com.

The Irishman è un capolavoro assoluto. Qualcuno scrisse che ha un unico neo, vale a dire la scialba colonna sonora.

La colonna sonora è invece molto bella. Direi che ogni film con De Niro ha almeno un neo. O no? Ah ah.

Se ha solo un neo, è per forza un masterpiece. Ah ah.

No, non alloggiai nella stanza 237 ma all’interno del numero civico 287.

Qui, conobbi perfino un cinese che, essendo stata abbandonata la reception, mi chiese gentilmente come poter accendere le luci della sua camera d’albergo.

Gli dissi che bastava infilare la scheda magnetica nell’apposita buchetta…

Peccato che, a forza di girare per Roma, smarrii la mia scheda magnetica. Probabilmente, mi scivolò inavvertitamente dalla tasca.

E dovetti pagare 50 Euro di rimborso.

Detto ciò, sono un uomo che appare e poi scompare ma non è certamente una comparsa.

Posseggo un carisma degno di Jack Nicholson di Qualcuno volò sul nido del cuculo.

Sì, spesso vengo scambiato per pazzo.

Ma con me la gente si diverte da morire.

Poiché non indosso maschere e non pretendo che l’altro possa io modellarlo a mia immagine e somiglianza.

Io sono io e lui è lui.

Invece, questo lapidario, facilissimo messaggio non viene capito pressoché da nessuno.

Tutti obbligano gli amici a pensarla come loro, costringono le donne a cambiare nell’animo e le donne, a loro volta, credono che gli uomini le ameranno solamente perché sono donne intelligenti e perspicaci, acculturate come Shelley Duvall ma, tra un film e l’altro, non guarderanno con desiderio Anna Paquin di The Irishman.

Che forse non è una strafiga ma a cui una botta va data.

Se v’illudete che non sia così, The Irishman non è un film che fa per voi.

Stasera, ridanno Torna a casa Lassie! Registratelo.

A me piacciono gli animalisti. Non mi piacciono gli uomini animali.

Invece, siamo attorniati da stupide galline, da elefanti, da pachidermi, da cornuti, da Bambi che non amano Il cacciatore di Cimino, perfino da stronzi come Joe Gallo.

E questo è quanto…

 

di Stefano Falotico

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Ebbi il presentimento e il sentore istintivo che The Irishman sarebbe stato il mio ultimo film definitivo, posso darvi ora l’addio, alla prossima s-figa


22 Oct

Anna+Paquin+Flack+UKTV+Premiere+Red+Carpet+SQe6nYkAZK0lFrase epica: di cento cose che dico, novantanove sono vere, solo una è falsa ma non mi ricordo nemmeno io quale.

Sì, ho completato il patto stipulato con me stesso anni or sono quando annunciai che, a visione terminata di The Irishman, quando tale opera magna fu ancora in fase d’iniziazione, ancora prima che si parlasse di pre-produzione, pochi minuti dopo aver letto la notizia su Variety in mento alla sua futura lavorazione, avrei posto fine alla mia vita.

Dopo aver visionato tale pellicola mastodontica, dopo un’attesa interminabile durata in modo spropositato, dopo aver assistito all’infinito scandirsi dei titoli di coda, dopo esser rincasato a Bologna post mio viaggio a Roma, dopo aver allestito un’epica, epocale, magniloquente recensione, giunto che son ora nella mia umile dimora, nuovamente asfissiato dall’autunnale incedere inesorabile della mia melanconia incurabile, asserisco testé e ivi che la mia esistenza non ha molto più senso ancor d’inoltrarsi e avanzare.

Mi pare logico e obiettivamente realistico abbandonare ogni utopistica illusione e far sì che la morte possa bussare presto alla mia porta. Le offrirò un dolce caffè e poi scivolerò via, scremato lievemente fra le mie essiccate labbra screpolate nei sepolcri della mia vita solo trasognata e mai davvero lambita, mai veramente voluta e ambita, probabilmente soltanto non capita, per crepare come un bacio di morbida panna nella calda cioccolata del mio squagliarmi lontano da ogni ansia zuccherata. Vivamente mi cremerò nell’estasi della perpetua dissoluzione senza chiedervi omaggianti, retoriche assoluzioni.

Poiché già patii una resilienza immane atta solamente a scagionarmi, in questo decennio abbondante, da vili e spregevoli, malvagie infamie proterve e stupidamente arroganti.

Dunque, dopo essermi inutilmente giustificato dinanzi ai più burocratici, frettolosamente e scandalosamente organi preposti alla valutazione psicofisica della mia interiorità morale, inviolabilmente sacra e mortale, dopo essermi vanamente sbudellato e scorticato le interiora al fine soltanto d’attestare la mia giammai contraffatta integrità a degli animali sesquipedali, affermo che è un mondo affetto da mentale, irreversibile infermità. Cosicché, dirimpetto a una mostruosità disumana dalle proporzioni spaventose forse maggiori del budget enormemente dispendioso di The Irishman, parimenti a questa titanica e indimenticabile, insuperabilmente sopraffina prova artistica improba e impari, decreto catacombale di tale iper-sintetica, poetica silloge la mia devastante dipartita monumentale. Oserei dire cimiteriale.

Ah, per forza. Una volta morto, tu speri davvero di ascendere al paradiso? Stai fresco.

Sì, sottoterra stai freschissimo. È caldo d’inverno e freddissimo d’estate. Stai di un bene…

Senza battere ciglio. Sono stanco delle incitazioni superflue e sdolcinate attuatemi affinché possa fingere di essere felice e di mischiarmi alla baldoria euforica d’un mondo che, dalla nascita, dannatamente non m’appartiene né mai allineato sarà al mio spirito metafisico super raffinato. Puniamola, pugnaliamola, no poniamola così, ah ah. Altrimenti, se dovessi essere obiettivo, mi dovrei suicidare e basta. Ah ah.

Questo è uno scritto di puro afflato sebbene mi senta molto affaticato.

So che posso indurvi a ridere, perfino a deridermi nell’esternare con indubbia fierezza ciò che potrebbe apparire come strafottente, ilare irriverenza o come un’antipatica posa figlia d’un mio momento imbarazzante d’assurda deficienza.

Sì, quando opto per uno stato deficiente, sono un uomo splendente, autentico. Quando invece voglio omologarmi alla contemporanea imbecillità corrente, in quei momenti assumo espressioni innaturali come se stessi fremente cagando la diarrea più puzzolente.

No, mi viene facile essere un uomo ostico, assai difficile. Mi riesce pressoché impossibile ballare e ridere come tutti. Poiché alle scimmie preferisco la solitudine coi miei salati arachidi.

A nulla mi servì la scienza. La psichiatria di fronte a un granitico macigno indissolubile come me, in quanto convinto assolutamente che questa terra a me non s’addica e mi dica da tempo immemorabile e assai spettrale un bel niente, s’arrese esterrefatta e disfatta!

Completamente putrefatta, sconfitta grazie alle fitte che le riservai coi miei metaforici pugni allo stomaco.

Costernata e perfino vilipesa, oltraggiosamente affrontata dal mio genio stupefacente che sfatò e sfondò ogni teoria cretinamente partorita da Freud il malato. Uno che non possedette certamente una bella mente a voler enucleare le psiche altrui quando invero avrebbe dovuto copulare con la sua anima connaturatamente irredenta. Irridendo a stretti denti la sua boria penosamente, sorridentemente vergognosa ed esecrabile nel ridente essersi presa gioco di me con tale orripilante strafottenza.

Poiché chi ardì solamente a voler studiare i meandrici cunicoli della nostra inconscia, ermetica, criptica e perciò non decriptabile sofisticatezza, meriterebbe il manicomio eternamente. Nel suo folle delirio da onnipotente, elevatosi per l’appunto a dio giudicante quest’umanità derelitta e spregiudicatamente, irrimediabilmente violenta anche solo psicologicamente, commise il madornale orrore d’un tragico, insalvabile e insanabile pregiudizio che, in realtà, avrebbe dovuto applicare alla limitatezza della sua ridicola demenza.

Avrebbe dovuto effettuare a danno della sua inconsapevole pochezza, per l’appunto nei riguardi della sua incoscienza, nei confronti della sua presunzione farneticante e immonda, tale abominevole stoltezza.

Vomitante solamente la tristizia della sua boriosità tremenda.

Mi sento come Frank Sheeran, un uomo materico che non soffrì sensi di colpa né ebbe da confessare a chicchessia, tantomeno a un ipocrita uomo di chiesa, la durezza della sua spericolatezza e della sua insopprimibile, folle fermezza.

Visse senza sapere di vivere, camminando strisciante come un fantasma della notte. Aleggiando macabro nel nitore dei suoi estemporanei ardori, dei suoi brillanti seppur rari fulgori.

Vedendo attorno a lui dei fantocci di cartapesta, dei moralisti senza ritegno che, semmai, quando non impauriti dalla sua cupa, ombrosa e lombrosiana grandezza, gli consigliarono solo di redimersi e di mostrarsi al prossimo con più contegno. Quella che, falsamente, denominarono come dignità.

Sì, la dignità di coprirsi dietro un lavoretto per celare tutte le magagne dei loro nascosti magnaccioni. Mannaggia!

Evviva chi s’arrangia e non è mai contento in quanto non è un frivolo uomo di panza.

Ma quale tornare indietro? Ma che state dicendo? Non vi penso nemmeno a infatuarmi di un’altra puttanella. Perderò la testa per lei ma anche i testicoli. Poiché, dopo avermi sedotto e concupito, dopo avermi svuotato le palle e soprattutto il portafogli, m’evirerà come quella bagascia che, tanti an(n)i fa, per mia disgrazia conobbi. Una tale Elvira, baldracca che si spacciò per direttrice d’azienda. So io invece, eccome se lo so, di cosa fu rettrice. Donna poco retta ma comunque amò pigliarlo tutto ritto nel suo ottimo retto.

Sì, pappammo assieme un filetto e poi degustammo una saporita cotoletta. Quindi, ci sparammo un filmetto e lei si ficcò tutto il mio pisello dal notevole infilarglielo come un rastrello, leccandosi pure i baffi con tanto di lamento.

Ma quale amore di questo par de palle. Semmai prendo una cotta per innamorarmi di una con cui mettere al mondo Anna Paquin. Attrice che, dalla faccia, è più stronza del padre.

Infatti, secondo me, tra lei e Hoffa ci fu una sessuale truffa che Gesù avrebbe svelato, scoprendo gli imbrogli d’una insindacabile scopata che non viene riportata nel film di Scorsese né ufficializzata da nessun atto depositato alla cronistoria degli autotrasportatori ma che io so che avvenne poiché Pacino, con duri colpi di bacino, riempì il suo vuoto pneumatico, sgommando anche d’amplesso furioso sulle sue curve mozzafiato da divetta di Hollywood.

Poiché sono The Irishman, l’uomo più cattivo di tutti. Un lupo solitario dallo sguardo di ghiaccio.

No, quello fu Iceman, il signor Richard Kuklinski.

Uno che, arrivato all’età della cosiddetta maturità, non ebbe più il tempo di farsi le seghe su Valérie Kaprisky.

Al che, prima la buttò in vacca come Charles Bukowski ma poi capì che Bukowski non lo caga nessuno perché tutti i ritardati odierni amano i selfie e leccarsi il culo.

Arriveranno all’età di Frank Sheeran col rimpianto di non aver davvero fatto quel cazzo che vollero ma, improntati al buonismo più fariseo, dopo essersi scambiati baci di Giuda similmente ad Al Pacino nei confronti di John Cazale de Il padrino – Parte II, non più avranno il coraggio di mentire a sé stessi e null’altro nelle loro anime vi sarà se non la magra consolazione d’una esistenza da figli di troia.

Di mio, non ho da scusarmi né ricuso le ripugnanti, immisericordiose patologie attribuitemi. Poiché figlie del vostro mondo che, come detto, non è il mio.

E ne sono felice d’estrema unzione ad averlo (s)macchiato con furente passione.

Sentite condoglianze da parte di un uomo forse sfortunato, forse fortunatamente mai nato. Dunque, ancor prima di nascere e morire, ammainatosi.

Su questa stronzata vi auguro una felice notte.

Ci sentiamo domani.

Se devo dirla tutta, The Irishman è un film magnifico.

E la scena in cui De Niro, a tarda sera, entra nel locale in cui v’è quel bastardo di Joe Gallo e lo ammazza a sangue freddo, cazzo, vale un’erezione superiore a quella che potresti avere quando vedi Holly Hunter, madre di Anna Paquin in Lezioni di piano, superbamente ignuda.

Ora capisco perché ad Harvey Keitel danno sempre la parte della merda. Non si riprese dalla figona di Holly. Una che, nel succitato film di Jane Campion, interpreta la parte di una muta ma che riesce a parlare a ogni uccello meglio di tante laureate. Da cui il famoso detto: sì, quella donna è molto colta ma, stringi stringi, non serve a un cazzo.

In The Irishman vi sono quasi solo uomini. Ora però Paolo Mereghetti deve spiegarmi perché C’era una volta in America lo reputa un film misogino mentre The Irishman… no. In The Irishman v’è solamente e molto sola Anna Paquin, figlia viscida di De Niro avuta da un matrimonio con una donna che lui disprezzò. Io so la verità, Paolo scrive recensioni a seconda di come gli tira.

Ecco, Anna Paquin è la classica femmina che non sai se è figa o racchia. Ma un’inchiappettata liscia ci sta a prescindere. Ma sì, fottetevene. Pensate alla salute. Ora vi saluto.

La vita comincia a farsi dura e non la vedo benissimo. No, non ne vedo molte ma so come uscirne.

Non è difficile. Basta che lei ti dica: levati dai coglioni.

Ah ah.

Ricordate: non fate i galli come Joe.

 

di Stefano Falotico

the irishman

Robert De Niro sarà a Roma per THE IRISHMAN di Scorsese?


19 Oct

jolie maleficent

after exileChi vivrà, come si suol dire, vedrà.

Io lo vedrò?

Io già vidi il mio idolo dal vivo. Sì, quando al Festival di Venezia di molti anni or sono, presentò in Piazza San Marco, sì, non al Lido, Shark Tale. Sì, il cartone animato in cui diede la voce allo squalo Don Lino.

Avete capito la Sala Perla? No, la chicca? De Niro che fu premio Oscar per la sua interpretazione del padrino socialmente squalo Don Vito.

Vito Andolini. Lini non è il plurale di Lino, diminutivo del nome del mio godfather? No, padre e basta, Pasquale. Pasquale è assonante a squalo. Ah ah.

So ch’è una battuta squallida ma mio padre amò gli Squallor.

In questo film persino Scorsese MARTINO doppiò un pesciolone nella parte di Sykes.

Alla prima veneziana, furono presenti anche Will Smith e Jolie Angelina.

Angelina è il nomignolo che i condomini del mio palazzo hanno da tempo immemorabile affibbiato alla mia vicina di casa, la signora Angela. Una donna forse non del tutto angelica che, però, da giovane, nonostante frequentò un collegio per diventare suora, si dice che fosse anche sexy come Angelina.

Mah…

Oggi come oggi, Angela è diventata la strega di Maleficent. Ah ah.

Sì, brava donna, per carità, anche troppo. Tant’è che, non avendo mai un cazzo da fare, se non rosolare le salsicce, fa la spiona, spettegolando a tutt’andare sugli altri abitanti dello stabile.

Ogni giorno allestisce fantasie da fiabe nerissime sui condomini. Di me va a dire che io sia Brad Pitt.

Sì, ha grande stima nei miei riguardi. Come? Non è un’offesa paragonarmi a Brad Pitt? Dovrei esserne lusingato?

Macché. Lei sostiene che sia Brad Pitt de L’esercito delle 12 scimmie e de Il curioso caso di Benjamin Button.

Non è proprio bellissimo… ah ah.

Ma me ne sbatto. Tanto Angela ha poca voce in capitolo a Hollywood. Il sabato sera, difatti, frequenta il circolo del cucito delle dodici sceme.

Undici babbione che cercano sempre l’ago nel pagliaio. Ho detto tutto.

Su una ragazza gnocchissima, di cui già vi accennai, ora andata ad abitare col suo compagno, disse che, anziché essere un’avvocatessa, quale è effettivamente, fosse sempre in tribunale perché i suoi clienti volevano il rimborso degli scontrini fiscali che, a detta di Angela, questa ragazza rilasciava dopo averli invitati nel suo appartamentino.

Cioè, in poche parole, andava a dire a tutti che era una baby girl. Anzi, peggio. Le diede l’appellativo di mangiatrice di uomini come Angelina Jolie de La leggenda di Beowulf.

Donna in-stabile, come si suol dire, ah ah. Che forse cucina le salsicce bolognesi poiché, da parecchio tempo, non mangia la carne cruda di suo marito. Ah ah.

Torniamo comunque a De Niro.

Sì, è un bello stronzo come il suo personaggio di Murray Franklin di Joker.

Non caga i suoi ammiratori, un po’ come fa Jerry Lewis/Langford nei confronti di De Niro stesso nei panni di Rupert Pupkin di Re per una notte.

Nella mia vita da Arthur Fleck, eh già, vidi molti attori. Pressoché tutti si fermarono a firmare gli autografi.

L’unico che non si fermò fu De Niro. Troppo intento ad ammirare la Jolie. Tant’è che, due anni dopo, Shark Tale, la ficcò… in The Good Shepherd. Ho detto tutto.

Secondo me, De Niro non sarà a Roma. Malgrado pochi giorni fa sia stato a Londra, a quanto pare lunedì inizierà le riprese di After Exile.

Be’, però se non ci sarà Don Lino/De Niro, ci sarà suo padre, ovvero Michael Corleone/Al Pacino?

Bene, su questa stronzata vi auguro la buonanotte, sperando che non incontriate a quest’ora la signora del male ma la signora del p… e, no, volevo dire del bene.

Ché è la stessa coscia, no, cosa.

Sapete qual è uno dei migliori amici di Bob De Niro?

Ma come?

Vi do un aiutino. Se De Niro fu Don Lino, quindi uno squalo ma anche Toro scatenato, ovviamente la risposta esatta è Pesci, Joe Pesci.

Ora, concluderò così.

Dovete sapere che la mia prima ragazza era bionda come Gwyneth Paltrow.

Finì quasi in tragedia per colpa di uno stalker invidioso come Kevin Spacey di Seven.
Però, a differenza di quello che sostiene Angela, sono un angelo e perdonai questo criminale mai visto.

Infatti, fu un vigliacco e agì dietro un profilo anonimo.

Un demente che, non potendosi permettere di andare al Festival di Roma, andò e va ancora a dire in giro che io soffra di schizofrenia delirante e complottista come la povera Angelina Jolie di Changeling.
Peccato però che io non sia John Malkovich di Nel centro del mirino, bensì questo:

 

malkovich changeling

Questa, amico bello, si chiama figura di merda.

Mi spiace averti deluso.

Ma, guardate, sono un uomo magnanimo. Gli manderò un video con tanto di bacino con Al Pacino.

 

WILL SMITH is the voice of Oscar; JACK BLACK is the voice of Lenny; MARTIN SCORSESE is the voice of Sykes; ROBERT DE NIRO is the voice of Don Lino; DOUG E. DOUG and ZIGGY MARLEY are the voices of Bernie and Ernie; MICHAEL IMPERIOLI is the voice of Frankie; ANGELINA JOLIE is the voice of Lola; and RENEE ZELLWEGER is the voice of Angie in DreamWorks Pictures' animated comedy SHARK TALE.  Quality: Original. Photo:Courtesy of DreamWorks Pictures. Copyright: TM & © 2003 DREAMWORKS LLC.

WILL SMITH is the voice of Oscar; JACK BLACK is the voice of Lenny; MARTIN SCORSESE is the voice of Sykes; ROBERT DE NIRO is the voice of Don Lino; DOUG E. DOUG and ZIGGY MARLEY are the voices of Bernie and Ernie; MICHAEL IMPERIOLI is the voice of Frankie; ANGELINA JOLIE is the voice of Lola; and RENEE ZELLWEGER is the voice of Angie in DreamWorks Pictures’ animated comedy SHARK TALE.
Quality: Original. Photo:Courtesy of DreamWorks Pictures. Copyright: TM & © 2003 DREAMWORKS LLC.

di Stefano Falotico

Il JOKER Marino riparte alla volta di Roma per conquistare la platea di THE IRISHMAN: che fantastica storia è la mia vita da Gladiatore e Michelangelo


19 Oct

72677737_10214741908404188_9121557796993630208_nEh sì, io e te, Roma, non dovevamo vederci più?

Valentina+Lodovini+Lexus+76th+Venice+Film+jY4niwuy10GlLa prima volta che me ne recai, no, non a Recanati, la città del Leopardi, ah ah, fu tantissimi anni fa nella galassia lontana della mia post-pubertà poco in odore di santità. Quando avvertii, nel mio animo ma soprattutto nel mio cor(po), sensazioni peccaminose. Si chiamano adolescenziali turbamenti.

Ovvero, le capricciose voglie di un ragazzo che desidera una ragazza per metterglielo dentro.

Detta come va detta e dato come dio comanda e soprattutto non solo se dio vuole ma se lei è consenziente, senza poetizzare nulla.

Ero in terza media e andai nella capitale con tutta l’allegra congrega della scolaresca.

Stazionammo in un albergo fatiscente in piena periferia più degradata della Gotham City in cui abita Arthur Fleck. Uomo d’inarrivabile malinconia.

Un uomo comunque paragonabile a Michelangelo poiché in lui scoccò la scintilla divina da Adamo toccato da un’interpretazione da dio di Joaquin Phoenix Sì, Michelangelo, nonostante fosse un genio inaudito, creatore della Cappella Sistina, de La Pietà e di quasi tutta la facciata di San Pietro, visse come una merda. Riscattandosi dalle perpetue umiliazioni, lavorando per il papa che gli commissionò capolavori quasi pari, per perfezione stilistica e potenza visionaria, al Leone d’oro della scorsa Mostra del Cinema di Venezia.

Una vita tormentata quella di Michelangelo, senza troppe ricreazioni e rinfreschi. Rischiò anche d’essere sbattuto al fresco. Anche se si dice che, tra un affresco e una superba scultura monumentale, a notte inoltrata, affrescò molte donne dai corpi statuari incontrate per strada, dopo averle invitate a bere del vinello alla trattoria più vicina.

Sì, dietro le frasche, a loro offrì la sua fraschetta. Fraschetta, detto apposta, nel senso di locale romano. Non fiaschetta.

Ove forse incontrò persino quel figlio di pu… a di Jude Law di The Young Pope. Uno che… non ci crede nessuno che non stette a letto con Ludivine Sagnier. Donna di enormi tette tali d’allattarti nell’allettartene con tanto di baciarla, (s)fregandotene. Ah ah.

Nonostante il marito di lei, guardia in prima linea dei Lanzichenecchi, dopo aver partorito un figlio da Ludivine, s’illuse di non essere una checca.

Adoro Ludivine Sagnier. Lei forse non è vergine come Santa Maria ma è una figa della madonna.

Se non riuscirò a giacervi, vorrei comunque avere un figlio da costei. Semmai anche tramite l’inseminazione artificiale proveniente da un altro pianeta. Basta che poi non ne venga fuori un povero Cristo, costretto a esperire il dolore e ad espiare le colpe d’un mondo ove molta gente crede, a tutt’oggi, che dopo la morte ascenderà al cielo.

Un mondo di pazzi.

Quando morirò, voglio sedere lassù da solo, senza Gesù al mio fianco. Ah ah.

Come capitò e capita purtroppo a molti geni, Michelangelo, a parte gli scherzi e gli schizzi… sulle tele, non fu un uomo che avrebbe mai ascoltato Marco Mengoni. Quindi, fu considerato dalla società un minchione.

E venne… inculato peggio di Arthur Fleck.

That’s Life!

Poiché i geni son soventemente reputati uomini alla carlona messi alla berlina per colpa del nazismo ancora imperante malgrado la caduta del muro di Berlino.

Uomini non adatti a chi non ha una visione angelicata della vita e non riesce ad amare la paradisiaca bellezza dell’arte contemplativa il piacere anche soltanto d’un pennello impressionistico alla Vincent van Gogh da spizzicare non solo con la Sagnier ma soprattutto con Lodovini Valentina.

Un’attrice pessima ma una passerona da passerella a cui, come Michelangelo, non offrirei solo del vino, bensì tutto il mio red carpet. Con tanto di grappa e ingropparmela.

Ovviamente, fra questi geni miracola(n)ti l’orrore delle persone che vivono quotidiane esistenze mediocri e immisericordiose, (s)fatte di rivalità fratricide, d’accoppiamenti bradi da bradipi da sconci, lerci uomini e donne volgari, in questo mondo inetto pieno d’insetti, il Falotico è come Leopardi e Michelangelo.

Un uomo capace di scrivere La satanica brama del fatale languore ma che si trova in una situazione economica al cui confronto Arhur Fleck è Donald Trump.

Ah ah.

Bene, mica tanto. Dunque, ho due scelte (im)possibili.

O faccio come Frank Sheeran/De Niro di The Irishman, ovvero trovo un sindacalista corrotto che mi paghi per ammazzare gli stronzi, oppure mi darò al circo.

Come Massimo Decimo Meridio, alias Russell Crowe?

È più personalmente fattibile, oggettivamente, quello Orfei.

Anche se Moira è morta, Pozzi Moana non c’è più e comunque preferisco ai fenomeni da baraccone, eh sì, Luna di Gianni Togni.

Ah ah.

Si stanno scatenando, oramai da due settimane accese, discussioni su Joker.

Fra sostenitori a spada tratta e detrattori che non vogliono piegarsi.

Spero che apprezziate sempre la mia autoironia assolutamente innocua.

Sono un satiro perché so prendere le tragedie con leggerezza. Dunque, sono sano e santo. Ah ah.
Possiedo lo stesso carisma di Padre Roberto Carillo/De Niro di Sleepers e la stessa bellezza, quasi, di Billy Crudup/Tommy Marcano.

Sì, io e Tommy Marcano siamo molto simili. Per colpa di una bravata, a causa della nostra inesperienza, passammo un calvario terrificante. Poi ancora sbagliammo, la seconda volta, per troppa rabbia. Sleepers non è un grande film ma, quando Brad Pitt chiama in tribunale Bob, è un colpo di scena micidiale.
Nessuno se lo sarebbe mai aspettato. Tutti rimangono agghiacciati, pietrificati e al contempo esterrefatti.

Invero, Brad mi conosce molto bene. In tempi non sospetti, mise tutti in guardia.

Dicendo: – Credo che non abbiate capito. Sapete per caso chi state prendendo per il culo, poveri ritardati?sleepers de niro tommy marcano sleepers

 

di Stefano Falotico

BATMAN asserisce che JOKER è un capolavoro intoccabile, critica WesaChannel in quanto è anche Roddy Piper


18 Oct

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Sì, Batman vive a Bologna, ubicato nella penombra delle sue umorali emozioni, ficcato al centro delle sue variabili, caratteriali emozioni che oramai non abbisognano di nessuno per sentirsi meno solo.

Poiché, alla frivolezza stupida della gente solare, Bruce Wayne preferisce la tetraggine del film di Todd Phillips.

Un film connaturato alla sua anima, un film fraternamente sangue del suo sangue. Un film che esplode in un finale sanguinario molto più gustoso di donne che assomigliano a dei salsicciotti e più amabile di tanti uomini zotici che mangiano il prossimo come se fosse un sanguinaccio.

Batman è un uomo altezzoso, spesso nervoso, permaloso, stizzito ma giammai nel pregiudizio intirizzito.

Egli, oculatamente, non ha visto di buon occhio tanti odiosi critici che hanno aspramente Joker con far impietoso.

Batman non ha la camminata a papera e oramai il suo cervello non più depaupera. Egli è eternamente lucido, possiede uno sguardo d’aquila ed è dunque spesso anche Birdman.

Riesce ad affascinare irresistibilmente, col solo potere dell’iride sinistra, sia Emma Stone che Naomi Watts ma poi se ne frega in quanto deve volare alto e non ha tempo da perdere né con chi può essere, anzi lo è, sua figlia né con una che s’è fatta scopare pure da King Kong.

JOKER è un capolavoro. Non voglio sentire le ragioni di Giona Nazzaro, di Pacilio, di WesaChannel, di Matioski e di tutti gli altri detrattori, mai più. Non sono uomini, costoro, solamente da vino, trattore e tagliatelle al ragù in trattoria ma hanno maltrattato Joker in maniera bullistica. Con far assai sbrigativo, lapidario e menzognero.

Date retta a chi vede il Cinema non solo con la mente troppo scettica e con prevenuta diegetica psicanalitica, bensì col cuore battente la forza dei sentimenti vivamente romantici, con bellezza straziante e giammai boria straniante e strafottente. Poiché chi critica Joker è solo un critico farneticante.

Così sia scritto, così sia fatto, così sia.

Amen. Scambiatevi un segno di pace e adorate alla follia le notti di pece di un film talmente stupendo da rendermi onirico, angelico, stordito e gioiosamente tetro, dunque amletico e sempre più nero.

Se non vi piaccio, basta che vi colleghiate a Instagram e troverete tante Catwoman che desiderano solo leccate di culo.

Essi vivono, esse li vivono ma io me ne fotto.

 

Sì, WesaChannel è un bravo ragazzo, colto e preparato ma io, sinceramente, gli preferisco Chanel, Chantal e anche altri canali.

Ove la notte si fa torbida e io, con sguardo torvo, mando ogni donna in manicomio.

Poiché nessuna crocerossina può oramai aiutarmi, cercando da me calore e bacini.

E dunque, tutte disperate, non potendomi avere, si fanno ricoverare per calmare gli spasmi.

 

Basta con queste spasimanti. Voglio solo brindare, lontano da Matioski, col mio spumante da Charles Bukowski. Basta con queste ragazze che ancora amano Lady Oscar.

So io che l’Oscar deve essere dato a Phoenix mentre la mia bella statuina adesso deve stare a letto senza rotture di cazzo.

Ah ah.74664530_10214740303084056_6208712046293286912_n

 

di Stefano Falotico

FESTIVAL DI ROMA: sono diventato un intellettuale, nel mio processo d’individuazione, da quando…


17 Oct

sfida senza regole

…ho capito che essere troppo normale significava essere trattato da pazzo, anzi, da idiota.

Non so se abbiate mai visto il film Sfida senza regole, traduzione del tutto italiota che fa riferimento al sottotitolo sempre sbrigativamente appioppato dai titolisti nostrani assai cialtroni a Heat di Michael Mann, ove assistemmo all’epico confronto-scontro fra i cinematografici titani Al Pacino e Robert De Niro, oggi rispettivamente Jimmy Hoffa e Frank Sheeran in The Irishman.

A me raramente sfugge qualcosa. Io adorai e adoro, sin dalla primissima adolescenza questi due mostri sacri, icone leggendarie che hanno illuminato d’incandescenza solare le mie interminabili notti adolescenziali molto solitarie.

Poiché, alla pari di Neil McCauley/De Niro di Heat, sono un solitario ma non sono solo come Arthur Fleck/Joker, neppure come Travis Bickle di Taxi Driver.

Sebbene vada fiero della mia giammai rinnegata melanconia. Dalla gente ipocrita, ridanciana, carnascialesca e ruffiana come il pappone Sport/Keitel dell’appena succitata pellicola scorsesiana, non The Irishman, bensì per l’appunto Taxi Driver, non so che farmene e probabilmente non avrei mai dovuto sfortunatamente incontrarla. Dovevo immediatamente ripudiarla, anziché incasinarmi nell’ostinarmi a fornire a essa una spiegazione dei miei mentali corridoi meandrici. Anziché svergognatamente spellare i miei pudori, svelare tutto il mio segreto e forse segregato candore, disancorandomi dalla mia innata natura primigenia assai prelibata della mia emozionale alterità fulgida, comunque ancora immacolata, fortissimamente immutata e dunque non da questa debosciata gente corrotta e traviata.

Risplendo a tutt’oggi del mio genetico, suadente nitore e non voglio più far ammenda alcuna delle mie profonde, sacre emozioni. Anche perché fui estremamente equivocato quando, impudicamente, esternai senza nessun pavore le mie intime sensazioni, le mie ritrosie e le mie sane paure. Cosicché, non in pochi addussero, quando con furore e intrepido altrui agghiacciato stupore, sbudellai le mie interiora, che fossi matto e un ragazzo malcresciuto, soltanto mantenuto, che doveva quanto prima tornare sui propri passi, riconoscere sinceramente e immantinente i suoi errori per evitare l’inevitabile orrore a cui tali impostori credettero che sarei andato incontro se non avessi subito fatto dietrofront per salvare l’onore.

Pensarono banalmente che fossi il classico ragazzo disadattato e interrotto. Perciò, in tanti evocarono, diciamo, qualche malattia non solo del fisico e del cuore, oscurandomi nella coltre delle loro tremende reprimende e seppellendomi infimamente da infami con la crudeltà più mostruosa nello spettro delle loro patetiche, oscene calunnie e supposizioni.

Ancora oggi tali ottusi, ostinatamente caparbi a proteggere l’indifendibile lor arroganza, credono che io viva murato vivo in una stanza. Perimetrato nello spaesamento d’una cameretta ermetica in cui pensano che deliri, continuando ad amare scioccamente, infantilmente Robert De Niro.

Sì, De Niro mi piace irrimediabilmente ancora, nonostante non sia più oggettivamente, anagraficamente e forse persino qualitativamente quello d’una volta.

Forse tutto questo è iniziato con un tizio di nome Charles Randall.

Sì, queste son pressappoco le testuali parole che il detective David Fisk, incarnato da un Pacino in viso scarno, recita a inizio film.

Invece, questo delirio di molte persone su di me, un delirio da maniaci quasi assassini delle dignità del prossimo loro, in tal caso il sottoscritto, quando ebbe inizio?

Forse quando, nauseato dai miei coetanei, frivoli, stupidamente gaudenti e scioccamente ricattati da genitori castratori che li volevano solo dottori, trascurando invece i loro spontanei amori, le loro vive pulsioni e le loro più vere azioni, mi dissociai da tutto questo deprimente fetore.

E fui etichettato come ragazzo malato di qualche psicopatologica afflizione.

Si tirò in ballo la fobia sociale, la timidezza clinicamente pericolosa, ah ah, la schizofrenia psicotica mascherata dall’auto-inganno più atroce.

Ma, nel mentre gli ignoranti si fissarono su di me con boria discriminatoria da orripilanti untori, addirittura da fascisti punitori, io ancora perseverai con indomita, apparente idiozia, a inseguire la mia vi(t)a con sacrosanto menefreghismo da uomo di valore. Anche se, talvolta, giustamente onanista di sobrio fervore.

Voi, per esempio, non sospettereste mai che sono un collezionista non solo dei film con De Niro e Pacino ma di tutti i film, non propriamente da Oscar, di Naughty America?

Fate molto male.

Poiché io sono grande conoscitore del Cinema più alto, poetico e altolocato ma non sono certamente un eremita nel cervello toccato. Bensì una volpe che conosce le cosce molto toccabili.

Odio i luoghi comuni. In Italia s’è campato per anni dietro le più bigotte superstizioni.

Come quella secondo la quale chi si tocca o è un coglione oppure diverrà presto cieco in quanto poco figlio di puttana e bugiardo marpione.

Come quella secondo cui chi è il male di sé stesso pianga sé stesso.

La gente si riempie la bocca della parola dignità.

Secondo la Treccani online, la dignità è:

la condizione di nobiltà ontologica e morale in cui l’uomo è posto dalla sua natura umana, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e che egli deve a sé stesso. La d. piena e non graduabile di ogni essere umano (il suum di ciascuno), ossia il valore che ogni uomo possiede per il semplice fatto di essere uomo e di esistere è ciò che qualifica la persona, individuo unico e irripetibile. Il valore dell’esistenza individuale è dunque l’autentico fondamento della d. umana. Ora, secondo le teorie freudiane, la struttura psichica di ogni essere umano sarebbe composta fra L’Es, l’Io e il Super-io.

E se invece uno volesse precocemente fare Hermann Hesse? Cioè volesse mandare a fare in culo praticamente ogni religione, ogni inibizione, ogni sovrastruttura data per incontrovertibile e assoluta? Cosa succederebbe?

Diverrebbe pericoloso come Charles Randall o Joker?

No, non credo proprio.

In questi anni, amici o (a)nemici, ho visto tanti ragazzi farsi fregare dalle istituzioni. Ragazzi che, crollati a pezzi, si son dati da soli la patente di pazzi. Recandosi da qualche psichiatra per ricevere l’antipatica ma soprattutto anticipata pensione. Sì, un alibi del cazzo per rinunciare alla personale rivoluzione, per non preoccuparsi più del proprio disagio e poter vivere (in)felici, facendo dolceamara colazione.

È un pessimo modo per mentire al mondo, nascondendosi dietro la mancanza di reazione.

Poiché, andando a dire al prossimo che siete malati, invero solamente ipocondriaci, avete orribilmente accettato il fatto che potreste anche avere il talento di un bravissimo sceneggiatore ma, non conoscendo nessuno a Hollywood, non vincerete mai l’Oscar.

Dunque, avete rinunciato ai vostri sogni.

Vedete, il Festival di Roma si divide in due categorie.

Fra chi è invitato come le vallette e i televisivi presentatori, coloro a cui il Cinema interessa assai poco, personaggini squallidi in cerca solo d’esibizionismo per elemosinare, in ogni sen(s)o, un po’ di approvazione e calore, e chi invece è Stefano Falotico.

Un uomo che, senz’alcuna remora, ancora profuma del suo delicato odore.

Se questo vi fa schifo, su Rai Uno c’è Carlo Conti.

– Guarda, Stefano, che Sfida senza regole è un brutto film. L’ha dichiarato lo stesso De Niro in una recente intervista.

– Sì, forse è sbagliato. Bob però non ha dichiarato che ha accettato di girarlo per soldi ma soprattutto per palpare il seno di Carla Gugino?

– Ah, quindi secondo te ha girato Manuale d’am3re solo perché De Laurentiis l’ha riempito d’oro e lui ha potuto toccare le bocce di Monica Bellucci?

– No, secondo te è perché in colonna sonora c’era Morgan?

– In effetti…

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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