La Critica pretestuosa nel Cinema e nella vita – Cento scuse false per stroncare un film o una persona

17 Mar

dicaprio morrone

Forse il Cinema, in fondo, a essere sinceri, è morto.

La Critica non esiste poiché tutti vogliono avere ragione. Ma in verità vi dico che la ragione è mia, in quanto son illuminista profetico, raziocinante e poetico che non sbaglia un colpo come Sam Rothstein di Casinò, ah ah.

Sì, io al volo capii sempre le cose e seppi, in tempi non sospetti, che avrei indovinato tutte le mosse giuste nel tavolo verde della vita. Poiché il dado subito trassi, soprattutto quello della Knorr e presto, per via della mia sveltezza di pensiero lungimirante e troppo oltre, divenni precocemente depresso in modo smisurato, persino iracondo. Mescolando, a tarda sera, un brodino per poi bere un crodino come Spider di Cronenberg.

Rimembrando anzitempo, a mo’ di Strange Days, sui miei sogni perduti, scioltisi e liquefatti nel me oramai annegato nella perdizione d’uno spazio-tempo corroborato soltanto dalla vivacità estemporanea delle mie passate, memorabili memorie.

La gente attorno a me mi disse che non avrei dovuto fissarmi nell’imbrodarmi, per l’appunto, sulle mie prodigiose gesta eroiche della prima adolescenza, arenandomi nella nullafacente magnificazione del carisma derivatomi da un passato glorioso e felice. Poiché, ancora troppo giovane per disperarmi e celebrare, dunque, solamente i tempi migliori del mio me oramai smarritosi nella recondita reminiscenza delle mie trascorse glorie, non potevo arrendermi.

Ma mi arresi presto. Lo affermo con orgoglio totale. Non rinnegando la mia scelta esatta e impeccabile.

Oserei dire implacabile, temuta e da tutti osteggiata, combattuta e zittita con ricatti e perfino con ricoveri coatti al fine che diventassi, come quasi tutti, un gioviale e superficiale coatto e la smettessi di adombrarmi nella stupenda, incantevole topaia confortevole della mia vita da ratto, lontano/a dalle zoccole e dalle baldracche, dalle risate facete e dalle maschere d’una società a pecora più d’un formaggio sardo.

Sì, una società cieca e sorda. Brava solo a innalzare squallidi trofei sconci d’una vita tronfia, diciamocela… da stronzi.

Poiché, come sopra vi dissi, come Sam Rothstein vidi già giusto, profetizzando anche la mia rovina inenarrabile ch’eppur io qui, nelle righe seguenti, vi racconto.

Basti vedere C’era una volta a… Hollywood, una delle peggiori disgrazie del Cinema contemporaneo.

Guazzabuglio di nostalgico, patetico passatismo buono per gente oramai alla frutta che gusta i film tra il pelare le patate e leccare un sorbetto, sorbendosi questa minchiata micidiale che non darei da vedere neanche a un malato terminale nel letto d’ospedale che non può mangiare nemmeno un passato… di verdura.

Sì, è un film da flebo, liofilizzato pastrocchiato di banalità a buon mercato, un profluvio di leccate di culo allo spettatore cinquantenne pasciuto in stato contemplativo della Hollywood degli anni d’oro e dei suoi glory days oramai affievolitisi in un’esistenza monotona, grigia e imbrunita nel tedioso avanzare dei giorni tutti uguali e procedenti nella putrescenza marcescente del buonismo elegiaco e vano.

Film da vedere, stravaccati sul divano col vino in mano.

Ah, vite orrende s’allineano e assiepano nella mestizia della loro sconsolatezza immonda.

Giornate scandite dalla tristizia alternata alla finta allegria di facce contentamente false di gentaglia che, dopo aver timbrato il cartellino, soprattutto d’una vita opaca, mestamente nella noia più soporifera scivolata, tristamente ci s’adagia sul divano, per l’appunto, in maniera non più scanzonata come il panzone Homer Simpson, stanco pure della moglie che prepara soltanto l’insalata, azionando il tasto play del lettore Blu-ray del cazzo. Che promana tale immane cagata tanto orridamente da molti incensata, da poco in home video distribuita e sfornata.

Sì, un polpettone indigesto che non manderei giù nemmeno con l’amaro Montenegro dal sapore vero.

Per fortuna, questa pellicola da voltastomaco fu poco oscarizzata.

La carriera di Tarantino, checché se ne dica, terminò con Jackie Brown. Salvo qualche scena del dittico Kill Bill, comunque altro minestrone d’aria fritta condito con wuxia e la tuta, non fuxia, bensì gialla della bionda Thurman Uma, donna per l’occasione dimagrita quasi in modo anoressico, malgrado il muscolo tirato a lucido soprattutto dello spettatore in là con l’età che spara, onanisticamente, le ultime cartucce nell’ammirare le pose plastiche dei movimenti pelvici di Uma come un maniaco bavoso alla David Carradine senza vergogna. Sperando che, fra una mise e l’altra, Uma indossi finalmente, come si confà a una donna, un’eccitante gonna.

Poiché Roberto Vecchioni docet… voglio una donna… prendila tu la signorina Rambo…

Sì, l’ammiratore di Kill Bill è un uomo âgée che fa il guardone marpione nella speranza che Uma, nel suo farlo… incazzare, no, focosamente arrapandolo, no, potentemente arrabbiandosi, mostri un po’ più il décolleté e si svesta lestamente di déshabillé. Ma questo viene, no, non avviene manco per il cazzo e sono solamente contro cazzi da Eddie Bunker/Mr. Blue de Le iene.

Un uomo, Edward, che in carcere s’indurì tantissimo ma, a differenza di molti ex detenuti che, ritornati alla vita normale, furono inteneriti da chi ancor di più, già dapprima stigmatizzandoli, li rese poi emarginati, seppe mantenere un profilo di estrema dignità, riciclandosi come scrittore hard, sì, boiled, di pregevole qualità.

Senza disconoscere le sue colpe, proseguì per il suo percorso, fottendosene dell’orgoglio.

Eddie si recò spesso in yogurteria a tarda sera, ordinando un gelato all’amarena. Leccandosi in baffetti con aria furbetta. Quindi, finito di sgranocchiare il cono, tornò a casa. Succhiandosi i polpastrelli e poi digitando su una tastiera della Olivetti da Bukowski della situazione poco cremosa.

Poiché lo sa Marsellus Wallace di Pulp Fiction… mettiglielo tu nel culo.

Per il resto, i film di Tarantino sono merdaccia da ripulire nel bidet.

Basta, bando alle ciance. Il Cinema non è fatto solo di dialoghi da Bastardi senza gloria, di Christoph Waltz ispirati e di Brad Pitt coi capelli svolazzanti nel vento dell’ebrezza, anche ebbrezza, dei sogni perduti e, come detto, oramai svaniti nella magra consolazione di malinconiche celebrazioni alla bona come Margot Robbie, no, alla buona come il suo finale buttato via e girato malissimo.

Per l’amor di dio, sì, Dio vi scampi anche da The Hateful Eight. Un film che vorrebbe essere Rapina a mano armata, già ispiratore di Reservoir Dogs, in salsa western pasticciata. Con tutte le incongruenti analessi incorporate e attori onestamente lessi. Un film ove tutti fanno la figura dei fessi, compresi i sopravvissuti alla fine poiché non bisogna magnificare Abramo Lincoln, anche lui non esente da colpe inequivocabili, bensì accarezzare, sotto un camino caldo, il vostro cane Lassie.

Io ben lessi, cinematograficamente parlando, questo filmaccio? Sì. Onestamente, Tarantino non saprebbe e non saprà mai scrivere come Shakespeare poiché potenzialmente potrebbe ma mette troppa carne al fuoco ed esagera col gore nei suoi film da scoppiato, chissà se poi davvero dalla Thurman scopato, tanto da renderli quasi degli horror, degli splatter insipidi più del finale bruciante di Once Upon…

Che quella Jennifer Jason Leigh, sì, quella lì, si sciacquasse il viso col sapon’. È proprio una zoticon’.

Lungo il mio cammino da Richard Gere de Gli invisibili, grande film che si mangia tutte le stronzate recenti di Quentin col solo pauperismo della verità più assoluta e schiacciante, un film che non è un giocattolino alla Tarantino, bensì uno squarcio esistenziale amarissimo eppur onestissimo su un uomo oramai irreversibilmente irrecuperabile e impazzito, sì, lungo la mia strada incrociai persone ingrate, completamente irriconoscenti e integralmente incoscienti.

Su Facebook avvengono episodi, oserei dire, di efferatezza grottesca da lasciarmi rabbrividito e sempre più costernato.

Gente con cui la sera prima andasti bere una bionda, ti cancella inopinatamente dalle amicizie solo perché avesti l’ardire, in merito di Cinema o di Politica, di contraddirla.

Poiché questi qui, anti-democratici, desiderano sempre avere ragione. Diventando dunque come Sam Rothstein, ah ah.

Qualche sera fa, oh sì, ve lo dico… una ragazza, la quale ancora campeggia trionfante sulla cover di un mio libro noir con qualche passaggio indubbiamente piccante, io m’avvidi che mi tolse da FB in maniera inusitata e inopportunamente fetida.

Le chiesi, tramite mail, la motivazione di tale sua decisione sconsideratamente bastarda.

Lei mi disse che, malgrado sia entusiasta di essere la protagonista della mia copertina, col senno di poi pensò che la gente avrebbe potuto credere che fra me e lei poté esservi stato o esservi qualcosa di più intimamente ficcante di un rapporto professionale decisamente disinteressato.

– Perché l’hai fatto? Non abbiamo avuto un rapporto an… e.

– Sì, non abbiamo avuto mai nessun rapporto. Sinceramente, ho solo intascato i soldi dei diritti d’immagine.

 

Complimenti, continuiamo così.

Ogni pretesto è buono per non ammettere il vero. Il vero è che queste persone meritano soltanto una lezione.

Così come Tom Hanks di Philadelphia non fu licenziato poiché poco efficiente sul lavoro, bensì malato, queste persone elidono gli altri solamente perché sei troppo grande per loro, sotto ogni punto di vista.

E vogliono solo ridere e ballare come idioti, godendosela da matti alla faccia dei coglioni che, dopo la loro morte, lasceranno qualcosa.

Che sia brutto o bello, i poeti, dunque i matti, non vissero solo di chiacchiere e di trombate, di pasta asciutta e di du’ spaghi.

Ed è per questo che, secondo me, Clint Eastwood è il più grande.

Poiché, anche quando leggermente retorico o troppo classicista, smaschera ogni ipocrisia con indubbia raffinatezza da signore d’alto stile che se ne fotte di queste oscene, fradicie lotte fratricide fatte di corna, gelosie e invidie.

Sarebbe, in effetti, come dire che Blade Runner non sia un capolavoro perché derivativo di Metropolis.

Allo stesso modo, sarebbe come affermare che Joker non sia un masterpiece poiché copia da Taxi Driver e da Re per una notte.

E che Todd Phillips sia solo il regista di buone commedie lontane anni luce dai primi capolavori di Tarantino.

Dunque, la Critica, la cosiddetta intellighenzia di scemi e leccaculo, eh già, aprioristicamente già decise che Phillips non sarà mai Tarantino.

Infatti, è meglio. Attualmente.

Tarantino ha stufato.

Il Cinema lo conosco meglio di lui e, in tutta franchezza, le sue trovate antistoriche non mi paiono affatto geniali o stoiche. Bensì delle agiografie dei cazzi suoi.

Meglio essere aristotelici, anche aristocratici.

Così è, il verdetto è emesso.

Così sentenzio Dante Alighieri, no, come disse Salvo de Il grande fratello, il giudice Sante Licheri.

Di mio, che posso dirvi?

Non lavorerò mai, statalmente e comunemente parlando. Scriverò libri e recensirò film, avendo pienamente ragione sulla Storia e sulla mia vicenda incredibile, giudicando con severità i cretini e gli ignoranti, soprattutto in fatto di anime altrui, vivificandomi nel vento e rivivendo una volta che sarà finito questo coronavirus maledetto.

E camminerò con nonchalance, cazzeggiando a destra e a manca.

Se non vi sto simpatico, noleggiatevi un film di Muccino e date da mangiare alla gattina.

Poi, signor Leo DiCaprio, cos’è questa panza qui?

Ah ah.

Sì, dicasi panza di un attore oramai imbarcato. Eh già, guarda che yacht. Guarda anche che nuova mignotta.

Sì, Camilla Morrone. Ma vi sembra che Rick Dalton debba stare assieme a questa rompicoglioni della minchia? E, su questa freddura finale, vi lascio e proseguo nella quarantena.

Ripeto, per me non è un problema.

Dalla nascita, vivo in quarantena.

A voi, invece, poveri ilici, se tolgono il vostro aperitivo il sabato sera, vi viene lo sturbo.

Scusate il disturbo. Finita la quarantena, potrete continuare a prendermi per il culo. Perseverando, ottusamente, a dirmi che dovrei crescere e andare a puttane come tutti.

Siete accomodati. Chi è il primo? Si faccia avanti.

Non vorrei però che, con sua somma sorpresa, non avesse capito che ora sono più cattivo di Cliff Booth e Charles Manson mischiato alla crudeltà di Polanski. E potrebbe, quindi, farsi molto, molto male.

Sì, non sono cambiato. Almeno prima ero felice nella mia pazzia sana. Adesso non ho neanche più quella.

Sì, sono l’unica persona al mondo dimessa per ben due volte consecutive da un centro di salute mentale.

Ma, oltre alla quarantena innata, ho anche quarant’anni e pure il Cinema non mi piace più. O forse di più poiché la vita reale, sociale come direste voi che scambiate la socialità per animalità, non fa per me e mi pare sacrosanto che sia libero di vivere dei miei sogni, reali o no,

Una delle più grosse tragedie che la storia ebbe mai. Al cui confronto, lo stupro a Sharon Tate fu una barzelletta.

Ed è quello che certe persone si meritarono con la loro arroganza, la loro supponenza, la loro tracotanza e con le loro panze da sapientoni che, sottolineo ancora, non combinarono niente di buono.
Se non passare il tempo a sentenziare in modo illecito e cattivo. Ma, in tutta onestà, non sono neppure cattivi come Sentenza/Lee Van Cleef.
Almeno lui ebbe carisma da vendere. Questi oramai sono da manicomio.
E mi pare anche sanissimo che ora soffrano come cani.

 

di Stefano Falotico

dicaprio

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