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TITANIC è un capolavoro, voi no!


15 Jun

Titanic Winslet DiCapro


Bisogna abbattere la Critica cinematografica assai vetusta, dunque parziale, superata e logora, bisogna scardinare i luoghi comuni, non solo sulla Settima Arte più raffinata, anche di noi stessi…

Ancorati a una visione vecchia, dobbiamo svecchiarci e ringiovanire tutti assieme appassionatamente.

Evviva la retorica? No, la veritas.

Ebbene, con lo spopolare del web, tutti si stanno dilettando a far i tuttologi, anzi i dietrologi.

No, gli psicologi, i cardiologi, pure i virologi. E questo morbo è più virale del fantomatico Covid-19.

Su cui avrei da dirvene, anzi, già ne sparai parecchie nel mio libro Bologna HARD BOILED… in vendita sulle maggiori catene librarie online (questa dicasi, ah ah, pubblicità occultissima).

Sì, i potenti stanno occultando la verità, seppellendola in un mare d’inganni. Noi, circuiti, traviati, adesso tutti vaccinati.

Ci allarmarono e terrorizzarono, incatenandoci in quarantene figlie dell’oscurantismo più medioevalistico.

Così è, non voglio sentire ragioni. Da un po’ ci si può spostare, fra l’altro, tra regioni. Anche erogene? Oh, finalmente si può fare all’amore senza la profilassi delle precauzioni?

Ciak, azione. Cos’è un film con Siffredi Rocco? Macché. Oramai, Rocco è andato… e non solo con quelle… da tempo immemorabile. Rocco è fottuto, moscissimo. Bisogna pensare al nuovo. Ci siamo induriti e rotti le palle a causa dei lockdown esagerati.

Uomini e donne, eh eh, siate accalorati. Negazionisti, non negateci però il piacere dell’amoroso contagio più letizioso, oserei dire sfizioso, per la donna cremoso e per il maschio voglioso.

Basta, adesso. Non facciamo all’amore, facciamo i seri. Sì, le persone troppo serie non sanno amare neppure il Cinema con gusto e quella sana impudicizia che fa rima con godibilità malata soltanto di fottuta, superba malizia.

Che voglio dire con questo? Sono affetto da anti-moralismo, da ermetismo, oppure da poetico decadentismo? Non lo so.

Voglio dire che i veri amanti del Cinema e non solo di questo, eh sì, non hanno alcun pregiudizio.

Sono capaci di amare un film abbastanza mieloso e sdolcinato come Paura d’amare con Al Pacino e Michelle Pfeiffer, in quanto romantici come quel frustrato di Giacomo Leopardi, e allo stesso tempo sanno adorare anche Julia Roberts di Pretty Woman.

Ecco, se sei Richard Gere del succitato film di Garry Marshall (anche quello con Al, eh eh, lo è), vieni reputato figo. Se sei un cassaintegrato, vieni considerato un miserabile che deve pagarla, sennò non arriva/i a niente! Ah ah.

Di mio, sono Al Pacino di Serpico. Non mi vendo. Amo le donne ma posso giurarvi che non ne pagai mai una alla pari del grande Charles Bukowski. Allora, non capisco perché i perbenisti vogliano farmela pagare. Che ho fatto di male? Ah, ma allora sono dei moralisti falsi. Sono dei maniaci. Ah ah.

Comunque, io non sono un monaco. Detto questo, Capodanno a New York, sempre del Marshall, non è affatto male. A parte il fatto che abbiamo un Jon Bon Jovi nelle sue ultime, musicali performance decenti. Poi, abbiamo un parterre di donne capaci di risvegliare un morto qual è De Niro alla fine del film (spoiler!) Dunque, il film è vedibile, eccome. Ah no? Halle Berry, Lea Michele, ancora Pfeiffer Michelle, Sofia Vergara (cioè la controfigura e la “brutta” copia dell’ex pornoattrice Esperanza Gomez), Jessica Biel, Katherine Heigl e Sarah Jessica Parker? No, quest’ultima è racchia. Ex del Cage? Mah, contento lui…

È sempre assomigliata, molto vagamente, a Barbra Streisand. Con l’unica differenza che Barbra è una cantante che, pur esteticamente impresentabile, grazie alla sua voce melodiosa, riusciva a essere la Maga Circe. Insomma, non certo fisicamente una sirena. Ah ah.

Ah, mi son dimenticato di Hilary Swank. Ora, ha delle gambe magnifiche ma ci sarà un motivo se interpretò Boys Don’t Cry? E ho detto tutto.

Arriviamo a noi. Tanto, con queste qua, pezzi da novanta…, non potremo arrivare a una beneamata minchia. Ah ah. Sono inarrivabili. Vi arriverete soltanto se siete ricchi come Richard Gere. Ah ah.

Oppure se le vedrete nelle loro scene di sesso. No, non sex tape, cavolo! Pensate sempre a quello? Mi riferivo ad Halle Berry di Monster’s Ball unrated. Ah ah.

Sì, siamo uomini e donne angariati da una vita ladra e puttana. Al che, per compensare le mancanze e il vuoto interiore, non riuscendo a riempire e tappare i buchi…, ci diamo al Cinema, dando ancora più soldi a Richard Gere. Ah ah.

Be’, col tempo, compresi di essere demenziale come Mel Brooks. Cioè, in una società di matti e dementi, sono stato l’unica persona al mondo capace di distruggere un intero ordine psichiatrico, emulando, contro ogni strizzacervelli, il Mel di Alta tensione.

È vero, non sto mentendo. Mi credete? Miscredenti, atei, creduloni? Sì, un plurilaureato in Freud, ah ah, pensò che fossi da manicomio. Al che gli chiesi con estrema nonchalance:

– Mi tolga una curiosità, primario e luminare. Qual è la percentuale di guarigione dei pazienti in quest’istituto ove sono internati i suoi curati…?

– Una ogni morte di papa.

Uhm… sarebbe la morte cerebrale di Jack Nicholson di Qualcuno volò sul nido del cuculo?

 

Dopo questa risposta, fui dimesso e tutti gli psichiatri furono radiati dall’albo.

Ora, prendiamo un regista che è sempre stato fissato coi manicomi. Ovvero John Carpenter.

Io sono l’unica persona al mondo capace di guarire Amber Heard di The Ward e Sutter Cane de Il seme della follia (eh già, il matto è lui, non Sam Neill), in virtù del fatto che sono il bambino sano di Village of the Damned. Comunque, non sono albino, non sono neanche un alpino. Però sono una cima. Ah ah.

E dire che fui scambiato per Fantozzi/Paolo Villaggio. Be’, in effetti, se mi fossi attenuto ai metodi psichiatrici, sarei divenuto Christopher Reeve dopo la sua caduta da cavallo.

Sono rimasto lo stesso… Superman. Ovviamente.

Comunque, complimenti di nuovo ai medici. Mi scambiarono per Fracchia la belva umana e invece non riuscirono a capire che fui e sono Clark Kent. Ah ah.

Voi credete nell’imponderabile? Non tutto ha una spiegazione scientifica nella vita.

Sì, credo in tutta sincerità di possedere poteri paranormali.  A mo’ di Chris Walken de La zona morta e di Jude Law di The Young Pope. Più che altro, quando sono in vena, riesco a entrare in telepatia, no, in empatia-sintonia col prossimo. A meno che lui non soffra, nei miei riguardi, di preconcetti e consequenziali antipatie. Ah ah. E vi garantisco che non c’è bisogno di essere laureati in psichiatria per capire che, se una persona si vuole suicidare, è perché è caduta in un profondo stato di apatia o melanconia. Oppure, non più gli tira a causa dei farmaci assunti. Oppur ancora vuole andarsene via in mezzo a tanta pazzia.

Io sono cinico? No, realista.

Un mio ex amico mi domandò:

– Stefano, secondo te, se la tua ragazza (la sua, oh, non la mia, suvvia) ti lascia, non bisogna farsene un cruccio? Anzi! Forse non era quella giusta! Sì sì, è così.

– Come no… Forse invece era quella giusta. Ma tu non eri quello per lei, giusto? Sbaglio? Per lei eri per di più sbagliato.

– Quindi, mi devo suicidare?

– No, ti dico la verità. Se vuoi consolarti, leggi le frasi dei baci Perugina.

– Sei troppo pessimista.

– Invece tu sei troppo ottimista.

– No, dico solo che non bisogna farne una tragedia. Me ne troverò una migliore. Sì, la troverò. Però, che (s)figa!

–  Vuoi che ti sia sincero?

– Certo.

– Non la troverai.

– Perché mai?

– Hai la stessa età di Richard Gere ma, a differenza di Richard, non hai i suoi soldi.

– E che significa?

– Significa che, al massimo, troverai una vecchia di settant’anni!

 

Perché sopra scrissi… ex amico? Perché si ammazzò. Lo uccisi io? No.

Ecco, che c’entra tutto questo con la cinefilia e i luoghi comuni attorno al Cinema? C’entra, eccome se c’entra. Se invece non entra, significa che non te l’ha data. Ah ah. Solitamente, tutti quelli che dicono che Nicolas Cage sia/è inespressivo (si fottano i congiuntivi del cazzo, ah ah), non hanno mai recitato neppure nel suo film peggiore come interprete, ovvero Zandalee. Però, vi avrei messo la firma per essere al posto suo. Il suddetto, molto sudaticcio film, eh già, fa schifo per l’appunto al cazzo ma Nicolas Cage, in tale pellicola, ha un paio di scene da Siffredi. Capisc’ a me!

Nel Cinema e nella vita vera, senza falsità o consolazioni, si fa tutto un altro campionato. E io sono stanco di passare il tempo a fare le classifiche. Continuate, pure, a farvi le seghe. A fare le distinzioni. Volete essere uomini distinti. Fidatevi, è meglio Basic Instinct. Non desidero per nulla fottermi nel discutere col prossimo se sia più bello Taxi Driver o Al di là della vita. Film metafisici par excellence. Nel primo vi fu Cybill Shepherd, nel secondo, Patricia Arquette ma, rispettivamente, entrambi i protagonisti non è che se le scopino molto. Diciamocela! In Taxi Driver, De Niro salvò una prostituta minorenne. La gente lo elevò ad eroe. Dopo aver portato la Shepherd a vedere un porno, lei lo scambiò per un pervertito e lo mandò a farsi fottere. Alla fine, gliel’avrebbe data tutta ma lui la mandò a fanculo. Ah, bella roba, ah ah. Nella vita reale, comunque, Cage la sbatté in quel posto a Patricia molte volte. Nel frattempo, girò pure City of Angels.  La verità è una sola (l’accento ficcatelo voi, a piacimento!). Nicolas Cage è un grande, Richard Gere è un grande (guardatelo ne Gli invisibili, eh eh, incapaci).

E, secondo me, chi parla ma non fa mai nulla, se la fa solo sotto. Per esempio, da un punto di vista prettamente cinematografico, Over the Top con Stallone è un film puerile. Cioè, avreste preferito che avesse vinto o vincesse Bull Harley? Ah ah.

Col passare del tempo, ho capito che Titanic di James Cameron è un capolavoro. Sì, lo è. In poche parole, Cameron voleva arrivare allo spettacolare e devastante climax dello scontro con l’iceberg del transatlantico ma, per tre ore abbondanti, non ci raccontò questo.

Cioè, noi sapevamo già come sarebbe andata a finire ma volevamo vedere come sarebbe finita, cosa fu quella storia. Questo si chiama genio.

Cameron ribaltò il concetto secondo cui la trama sarebbe importante. No, la vicenda narrataci può essere anche apparentemente banale e sdolcinata. Niente è banale e dolciastro se chi dirige la storia sa come emozionarci, sa come viverla… sa come tenerci col fiato sospeso.  Soprattutto perché volevamo vedere integralmente le tette di Kate Winslet ma Cameron ci fotté.

Dunque, sapete chi dice roba del tipo… oramai è stato già detto e inventato tutto? I falliti. Quelli che parlano e criticano. E basta. Oppure, peggio, esaltano e magnificano i “maestri” perché loro non lo sono. Ma, idolatrando i maestri, si sentono meno stupidi e meno inetti.

In giro, sento un sacco di cazzate. Sento che il mondo è peggiorato, che la società fa schifo. Che gli uomini e le donne sono imbarbariti. Mi spiace deludere questi tristissimi luoghi comuni.

Sembrano Harvey Keitel sia di Taxi Driver che di Holy Smoke.

Sono peggiorati quelli, coloro che fanno certi discorsi. Perché non sanno fare altro. Solo chi fa, sbaglia. Rimedia figure di merda e non. Altrimenti, siamo soltanto zombi. E molti di voi lo sono ma non lo sanno.

Di mio, posso dire che ho una certa faccia da culo.

Infatti, le donne mi guardano e pensano: quel ragazzo va fottuto a sangue.

Sì, molte donne vogliono, in tempi di pari diritti, farselo come un uomo.

Un tempo, solo gli uomini lavoravano.

Oggi come oggi, il culo se lo fanno anche quelli che non sono omosessuali attivi.

Insomma, come dice Peter Boyle, chi più chi meno, siamo tutti fregati.

Dunque, fottetevi, ah ah.

Su questa cazzata, vi lascio alle vostre porcate.

Domani, devo farmelo ancora.

Invece per voi saranno cazzi amari.

 

di Stefano Falotico

I progetti irrealizzati, forse solo idealizzati, di Brian De Palma: innanzitutto, Toyer ma forse è meglio il libro Il diavolo è un giocattolaio


02 Oct

brian de palma

Sì, ogni regista ha almeno, conti alla mano, anzi su due mani, circa dieci progetti ambiti, i cosiddetti dream projects, giammai realizzati. A causa di tutta una serie di circostanze sfortunate, di difficoltà produttive, semmai all’ultimo momento, riscontrate. Per colpa di non dati per scontati scontri con chissà chi.

Per esempio, credo che Francis Ford Coppola, oramai più obeso di Marlon Brando dopo vent’anni da Il Padrino, per quanto s’ostini ad annunciare continuamente le riprese, più e più volte slittate, mai veramente partite, oserei dire di sudore freddo patite, posticipate, semplicemente rimandate, diciamo pure mai svoltesi né iniziate di Megalopolis, a causa di evidenti suoi limiti anagrafici e d’una demenza senile sempre più galoppante, non salirà in sella a tale suo sognato film perennemente mai concretizzatosi. Sì, oramai Francis è vecchio, rimbambito più di Bruce Dern di Nebraska e Megalopolis, film scifi di natura semi-peplum, ambientato cioè in un’antica, oserei dire postmoderna, avveniristica Roma simil Metropolis, non troverà mai la luce.

Sì, Francis, fra poco ascenderai nei campi Elisi. Campi ove non finirà quella frustrata della cantante Elisa, bensì è il posto dei Beati ove salgono lassù non solo i Russell Crowe de Il gladiatore ma anche tutti i cineasti, per l’appunto, paradisiaci come te. Da empireo, registi imperatori che per anni imperarono sulla Settima Arte con tanto di sacrosanta aureola, giammai riposandosi sugli allori.

Allora… Gian(n)ina Facio fa sì che Ridley Scott, ogni volta che quest’ultimo giace/ccia con lei a letto, essendo ora costei sua moglie dopo averla data anche a Fiorello che, a sua volta, di “Karaoke” lo diede a Katia Noventa, non so se pure a novanta, ecco, fa sì che il regista del super malinconico Blade Runner, alla fine dell’amplesso con lei, reciti in maniera liturgica, diciamo anche da arrapato Mimì metallurgico, il celeberrimo monologo di Rutger Hauer con tanto di Cristoforo Colombo di 1492: La conquista del paradiso, no, di lui al settimo cielo come una colomba bianca che se la ride come una pasqua, come si suol dire.

Sì, ragazzi, dinanzi a Gianina tutta ignuda, semmai anche in perizoma e tanga presto da lei tolto per annegare il suo “Triangolo delle Bermude” (da non confondere con quello di Renato Zero), Ridley mitraglia come Eric Bana di Black Hawk Down per tempeste ormonali sue da Albatross senza bermuda.

Comunque, lasciamo stare Ridley (non sono ca… i che ci riguardino) che scotta con la Facio ogni volta che se la fa e torniamo a Coppola.

Megalopolis… dovrebbe esserci adesso Jude Law e, tanti anni fa, nel cast doveva esservi pure il nipote del Coppolone, vale a dire Nicolas Cage, assieme a Bobby De Niro, Russell Crowe (sì, sempre lui), Paul Newman e Kevin Spacey. Castrato da Scott per via dello scandalo imputatogli, forse peggiore di quello al centro del prossimo film di Scott stesso, ovvero Gucci, estromesso e censurato da Tutti i soldi del mondo poiché Ridley non poteva sputtanarsi… e ho detto tutto.

Ma chi se ne fotte… di Coppola. Parliamo di un suo grande amico, vale a dire Brian De Palma.

A quanto pare, malgrado perenni rimandi, Brian dovrebbe girare Catch and Kill, una sorta di storia alla Predator. Cioè un reboot del capolavoro di John McTiernan con Schwarzenegger? No, uno psycomovie perverso, in stile hitchcockiano su tipico stilema depalmiano da Doppia personalità e Omicidio a luci rosse, ispirato ad Harvey Weinstein. Ah, ma allora questi registi sono fissati a fare i guardoni. Ma che sono James Stewart de La finestra sul cortile oppure De Niro di Hi, Mom? Mah… Fatto sta che alla Donna che visse due volte preferisco il mio libro La vertigine del lieve crepuscolo. Mentre a Kim Novak preferisco Rebecca Romijn di Femme Fatale. A Hilary Swank di Black Dahlia, preferisco Scarlett Johansson. Invece, a Sharon Stone di Sliver, preferisco il suo vedo-non vedo, diciamo il suo upskirt senz’alcun velo, di Basic Instinct.

Brian De Palma voleva Nicolas Cage in un biopic su Howard Hughes. Poi, lo voleva nella parte di De Niro da giovane, cioè Al Capone, nel prequel de Gli intoccabili.

Con Gerard Butler nella parte che fu di Sean Connery. Meglio che tale stronzata non sia stata realizzata.

Nicolas Cage nella parte di De Niro mi pare infatti una cagata pazzesca. E qui sono Paolo Villaggio/Fantozzi che attacca, senza mezzi termini, La corazzata Potemkin. Da Brian citata in The Untouchables.

Vorrei parlarvi invece di Toyer. Film che doveva essere ambientato a Venezia con Colin Firth e Juliette Binoche. Sulla Binoche, siamo tutti d’accordo? Potrebbe anche stare ferma, in gondola, per due ore e mezzo di film, senza dire una sola parola. Recitando in maniera annacquata, cioè interpretando un ruolo mal cucitole addosso che fa acqua da tutte le parti. Sì, cucite male parti che non calzino a pennello a Juliette. Meglio, difatti, che Juliette sia pure senza calze.

La sua bellezza oceanica parla da sé e scatena una marea cataclismatica in ogni uomo non solo romantico da Ponte dei Sospiri…

Che cosa? Juliette è invecchiata? Non diciamo stronzate. Se si spogliasse davanti a voi, comincereste a guardarla (e non solo) da ogni angolazione come John Travolta di Blow Out.

Comunque, avete ragione. Carla Gugino di Snake Eyes è più bona. Anche l’ex di Nic Cage, Christina Fulton. Lo sapeva pure Val Kilmer/Jim Morrison di The Doors. Eh sì, il re lucertola… e si prende l’ascensore.

Sì, credo che Cage sia stato reso cornuto da Christina molto tempo prima di essere da lei lasciato e venir coglionato da Patricia Arquette. Nic, dammi retta, riguarda la scena finale di Al di là della vita e non recitare la parte del duro. Fai pietà. Di Michelangelo?

In Toyer, Colin Firth doveva interpretare la parte di un genio pervertito che, anziché uccidere le sue vittime, le torturava psicologicamente. Facendo loro dello stalking e dello body shaming crudele.

Al fine di farsele, no, farle impazzire, rendendole psicotiche e obbligandole, giocoforza, a coma farmacologici e a gravissimi TSO.

Praticamente, quello che alcuni idioti fecero a me.

Peccato che non avessero calcolato che so scrivere libri à la De Palma ambientati in laguna come Il diavolo è un giocattolaio.

E che la mia attuale lei sia la donna che compare in questa copertina.speculareipnosifalotico

A proposito di Val Kilmer e De Niro, non scoperto da Scorsese, bensì da De Palma, miei voyeur “dritti”.

Che cosa dice Al Pacino in Heat? È gente cazzuta, questa.

Comunque, non nutro pensieri vendicativi nei riguardi di certa gentaglia che volle indurmi al suicidio, non sono Il conte di Montecristo.

E non ucciderò nessun Ted Levine. Neppure quello de Il silenzio degli innocenti. Non sono mica Jodie Foster… de Il buio nell’anima, no?

Per cui, i miei haters possono dormire sogni tranquilli. Tanto, sono così scemi che confondono Freddy Krueger di Nightmare con Diane Kruger di Bastardi senza gloria.

Oh, nazisti filo-fascisti. Non sono bello come Brad Pitt ma sono Leo DiCaprio di C’era una volta a… Hollywood.

Se non vi sta bene, vi spediamo subito in manicomio come Charles Manson.

Ecco, molta gente mi urla che io debba soffrire e stare malissimo.

A me pare di stare benissimo. Ora, mi spiace per il demente che andava a dire che io fossi schizofrenico. Semplicemente, è stato distrutto.

Sapete, se provocato da imbecilli, posso essere più cattivo di Al Pacino di Scarface.

 

di Stefano Falotico

falotico

Playlist definitiva su Martin Scorsese: parlo per me, voi (de)scrivete la vostra Shutter Island, ah ah


05 Jul

jodie foster warhol

gambardella la grande bellezzaIn questo pezzo, vediamo se siete colti, troverete una bella anafora.
Ripetizione dello stesso termine con una sottilissima sfumatura.

Ecco, a pochi giorni dalla diffusione pubblica della mia recensione (anche in video) su Shutter Island, da me reputato un film concettualmente sbagliato e approssimativo in molti punti, neanche a farlo apposta, Federico Frusciante, sul suo canale YouTube, ha inserito la sua review Patreon del medesimo, identico film.

Pura casualità. Le nostre opinioni, in merito, sono assai divergenti sebbene collimino in molti punti.

Io “postai” la mia rece… in tempi non sospetti. Quindi, non posso minimamente essere accusato d’insospettabilità, ah ah, no, di aver fatto come sovente, ahimè, mi accade, il bastian contrario per puro spirito provocatorio.

E a proposito di purezza, mie schifezze… ah, La grande bellezza.

Fatto sta che, tralasciando le opinioni diverse a riguardo del succitato film di Scorsese, direi di partire da quest’immagine iconica di Jodie Foster. Apparsami in un gruppo Facebook di Cinema soltanto qualche giorno fa. Stranamente, da me mai vista prima. Dico stranamente poiché è/fu firmata da Andy Warhol e, raramente, di lui m’è sfuggito mai, se preferite, mi sfuggì, un solo suo ritratto. Sì, qui Andy ritrasse Jodie in tutto il suo splendore da ninfa purissima, ambiguamente perversa con tale suo furbetto sguardo ammiccante e vagamente, impercettibilmente perverso. Propendente, oserei dire, verso un civettuolo, seduttivo fascino incommensurabilmente castissimo da innocente Lolita già forse contaminata nell’anima… che bella bimba.

La purezza incarnata, priva d’ogni Hardcore schraderiano, forse post Taxi Driver?

Quando è stata scattata questa foto leggerissimamente ritoccata?

Tanti anni fa, esattamente un anno prima che su di me incombesse un ricovero da “manicomio criminale”, prim’ancora che, superando ogni vetta inimmaginabile della forza psicofisica più umanamente concepibile, mi scagionassi da ogni infondata accusa immonda delle più discriminative e stigmatizzanti, maggiorando la mia mente ed elevandola Al di là della vita, innalzandomi in una sorta di Bringing Out the Dead fatalmente miracoloso per me stesso resuscitato come Cristo il salvatore, quattamente indisturbato, pur essendo già, da tempo immemorabile, imputato di essere una persona disturbata e disturbante, più che altro recalcitrante ad omologarmi al porcile di massa, spesso nauseante e inducente a una sartriana repulsione verso le frivole socialità carnalmente edonistiche e facete, mi recai alla multisala di Rastignano, situata in provincia della mia natia Bologna, per assistere a un sottovalutato film per la regia di Neil Jordan. Ovvero Il buio dell’anima.

Stando alla generalista Wikipedia, luogo ameno ove imperano le banalità più mal assortite, spesso redatte da studenti che, dietro piccoli loro contributi sbrigativi, allestiscono semplicistiche sciocchezze figlie del loro relativismo tipico delle loro esistenze misere, perlomeno circoscritte alla loro età, per l’appunto, ancora inevitabilmente confusionaria e a farsi, in quanto ancora scevre del dolore e anche del piacere più umanamente, empaticamente sentiti, la pellicola di Jordan è stata (psico)analizzata all’acqua di rose, come si suol dire, entro la brevità di un’idiozia immonda peggiore del più sciocco proverbio del mondo. Che è… rosso di sera, bel tempo si spera.

La stronzata di Wikipedia, invece, è la seguente:

col passare del tempo, le ferite del corpo guariscono, ma non quelle dell’anima che faticano a cicatrizzarsi: in Erica nascerà un forte desiderio di vendetta che la spingerà a farsi giustizia da sola, interessandosi anche alle ingiustizie capitate ad altri vicini a lei.

Deduttiva e scontata scempiaggine inserita, certamente, da un ragazzo o da una ragazza sprovvisti della cultura cinematografica appartenente alla New Hollywood più stratificata e perciò complessa. Giovani inconsapevoli di soffrire di varie complicazioni difficilmente curabili, cioè dei precoci… inculati, poco addentro, per l’appunto, la veridicità più viscerale e senziente della loro stessa esistenza troppo immatura, troppo acerbamente impura ed esaltata per poter, con cognizione di causa, dissertare in ambito non solo ermeneutico, bensì più sincero soprattutto nei riguardi di sé stessi. In quanto, falsificando la propria coscienza nello svenderla all’apparenza più saputella, si palesano soltanto tristemente come biechi menzogneri auto-bardatisi nella finta, saccente boria di presuntuosi universitari, oserei dire untori, con la bava alla bocca e le cazzute, ridicole ambizioni a mille più cretinamente fottute.

Questi ragazzi non ce la faranno. Prima o poi crolleranno dinanzi all’orrore kurtziano della loro già avvenuta Apocalypse Now.

Lo so per certo, per vissuto personale poiché, oggi come oggi, io deambulo come un ectoplasma. Che vaga, gironzolando da zuzzurellone. A volte sono un po’ cafone, a volte critico i bugiardoni e non credo agli psicofarmaci con tanto di relativi bugiardini.

Dovrebbero, per esempio, finirla di puttaneggiare su Instagram, esponendo smorfie e boccacce che hanno poco a che vedere sia con la sana goliardia del Boccaccio che con l’immacolatezza stupenda della Foster sopra citata. Indubbiamente, eccitante.

Incarnazione della gioventù a farsi, in fiore a divenire e ad accoppiarsi, a copularsi, no, ad accorparsi nella graziosa forma artistica di un’intellettuale d’indubbia naturalezza e potenza carismatica impari, dannatamente bella e sensualissima nella lucida nitidezza delle sue mille, ipnotiche espressività fortissime dalle sfumature più soavemente cangianti e, per l’appunto, limpidissime.

Il buio dell’anima non è un grande film. È giustizialista e ovviamente non regge il confronto minimamente con Taxi Driver.

Anche se potremmo giocare di simpatici parallelismi meta-cinematografici. Se Jodie Foster/Iris non fosse stata salvata da Travis Bickle, se non fosse stata liberata dalle grinfie di quegli avidi speculatori del suo corpo da minorenne schifosamente sfruttata, forsanche stuprata, prima o poi avrebbe afferrato una 44 Magnum. E, a mo’ d’Ispettore Callaghan, no, di Scorsese nel suo cammeo devastante, anziché rivolgersi alla moglie fedifraga che tradì Martin con un ne(g)ro, in piena notte si sarebbe diretta, forse con taglio da mohicana da Chiara Ferragni che scelse il barbiere di Fedez anziché la parrucchiera di tua sorella, verso il covo del magnaccia Harvey Keitel/Sport.

Sfondandogli la porta, puntandogli la pistola alle palle e urlandogli:

– Sai come riduce un uomo una 44 Magnum fra le cosce?! Dovresti vedere come riduce un uomo, fra le gambe, una 44 Magnum. Sì, io t’ammazzo. Che posso fare, oramai? T’ammazzo, eh sì, t’ammazzo.

 

Sì, Jodie Foster non simpatizza molto per gli uomini. Infatti, è lesbica. Ah ah.

L’unico per cui simpatizzò fu Hannibal Lecter de Il silenzio degli innocenti. Ovvero un genio fottuto che la liberò dalle falsità ipocrite di un mondo (s)porco.

E, in modo mellifluo, implicitamente le lanciò tale messaggio inequivocabile:

– Clarice, fottitene. Odi, senti ancora il lamento di quei poveri animali scannati? Piangono ancora prima di essere macellati? Secondo te, ce la faranno tutti? Oppure impazziranno come Dente di fata di Manhunter? Hanno ancora i denti da latte. Allattali, no, allettali.

– Dottor Lecter, ho ancora dei brutti incubi. Li sento ancora.

– E che cazzo, ‘sti cazzi, Jodie. L’Oscar per Sotto accusa e per il film succitato da noi girato assieme allora non sono serviti a farti venire le palle. In effetti, hai ragione. Sei una donna. Con la gonna!

Ti capisco. Porta avanti con fierezza la tua femminilità e anche la tua diversa sessualità. Basta che non ti affili al movimento MeToo. È un movimento della minchia. È peggio di un circolo di cucito.

Sì, è pieno di donnacce che l’hanno preso solo nel didietro. Anzi, mi correggo. Non l’hanno preso in questo posto neanche dalle amanti del loro stesso sesso.

Sì, chi se l’incula queste qui? Si fottano!

– Gli uomini sono pure peggio.

– Ah, Clarice. Lo so bene. Altrimenti, perché m’avrebbero sbattuto qui, secondo te? Ah, ma io me ne sbatto!

– E che/i sbatte, dottor Lecter? Al massimo, può tirarsele sul catalogo di Postalmarket che le regala, a mo’ di sfottò, il Dr. Frederick Chilton.

– Sì, il direttore di questo manicomio ove m’hanno (in)castrato e inchiappettato, eh già, è un puttaniere semi-pedofilo. Altro che Chilton. Quello pensa alle children.

Per esempio, una volta m’accorsi che stava ammirando, con sguardo malandrino, una tua foto, cara Jodie.

– Quale foto?

– Quella dello spot Coppertone?

– Davvero? Ma allora è peggio di Miggs.

– Direi assai peggio. Almeno, Miggs/Stuart Rudin è un povero disgraziato quasi quanto George Noyce/Jackie Earle Haley di Shutter Island.

– Colui che ha interpretato il reboot, molto brutt’, di Nightmare nella parte di Freddy Krueger che fu dell’imbattibile, mitico Robert Englund? Attore che, alla pari di Anthony Perkins di Psyco, fu rovinato da un ruolo così comico, no, iconico? Appena la gente vedeva Anthony, no, non lei, Hopkins, bensì Perkins… pensava:

sì, è molto bravo ne Il processo. Ma siamo sicuri che non si sia inventato tutto? Visti i suoi trascorsi?

– Sì, Clarice, una situazione kafkiana da Fuori orario.

Povero Perkins. E povero Englund. Povero anche me! Uomini totalmente bruciati.

Ci vorrebbe Charlton Heston de L’infernale Quinlan per ripristinare un po’ di giustizia in questo mondo di falsi e di figli di zoccola.

– Ha ragione, dottore. Anche quello de I dieci comandamenti.

– Sì, pure quello de Il seme della follia.

– E di Ben-Hur, no?

– Scusa, Jodie/Clarice. Ti piaceva, per caso, Heston?

– Era oggettivamente un bell’uomo.

– Jodie, mi viene un dubbio. Posso farti… una domanda? Permettimi l’indiscrezione, la mia piccolissima investigazione.

– Chieda pure, dottore.

– Non è che per caso tu e Mel Gibson avete trombato?

– No, perché? Siamo stati soltanto colleghi di lavoro. Non dubiti. Posso mettervi la mano sul fuoco.

– Sì, per l’appunto, la mano sul fuoco… Perdonami, Clarice. Ho diffidato della tua buona f… a. Scusami, volevo dire, Fedez. No, fede.

– Dottore! È impazzito?

– Che io sia pazzo mi pare ovvio. Che tu sia lesbica non è invece tanto chiaro a tutt’oggi, eh.

– Perché mai?

– Secondo me, Jodie bella, fra te e Bob De Niro, a distanza di vent’anni da Taxi Driver, ci fu, diciamocela, una segreta scopatella. O no?

– Ma no?! Ma che va pensando?

– Scusa, non dovevi essere tu a dirigerlo in The Kingdom of Big Sugar? Detto anche Sugarland.

– Sì, più di una decade fa.

– E come mai non l’hai più diretto?

– Lui era sposato e non s’è fatto un cazzo.

Uhm, capisco. Però, vedi… Bob ha ora la sua età, certo, ma ha divorziato dalla moglie. Spinge ancora, malgrado tutto. Quindi…

– Quindi… che?

– Jodie, sei un’anima pia. Ha interpretato infatti The Dangerous Lives of Altar Boys. Fai una cosa. Vai a trovare Joker in manicomio. Tiralo un po’ su, ok?

– Sarà fatto.

 

Che c’entra tutto ciò con Scorsese? Ora, non so c’entrò fra Hopkins e la Foster, sicuramente Martin Scorsese è un genius. Secondo me, superiore ad Hannibal Lecter.

E questi sono i suoi sette massimi capolavori. Se non li avete mai visti almeno una volta in vita vostra, farete la fine di Ray Liotta in Hannibal. Appunto!

Avete oramai il cervello fritto e impanato. E, a mio avviso, anche qualcos’altro è tutto impantanato e sempre solamente dentro i pantaloni.

Insomma, ve la tirate e basta. Invece, dovreste amare la grande Jodie Foster a livello di purissima ammirazione e scopare una come Julianne Moore. Offrendole, dopo la notte “sanguinaria”, una dolcissima colazione.

Se non ce la fate, basta che non rompiate più il cazzo. Chiaro, coglioni?

Comunque, prima di sfilare la lista come una gran passerona in passerella, secondo voi perché mai chiesi a Frusciante di recensirmi Smoke e Lo spaventapasseri?

Potrei forse essere io il Keitel del film di Wayne Wang e l’Al Pacino del capolavoro di Jerry Schatzberg?

Oramai non più. Sono cazzi vostri, adesso, eh. Ah ah.

Infine, Keitel fu nel cast di Buffalo Bill e gli indiani mentre De Niro, oltre ad aver fatto il culo a Sport in Taxi Driver, in Heat fotté sia Amy Brenneman che il viscido…

Sì, che capolavoro, Heat. Un film che non è soltanto un western metropolitano ove tutti, chi più chi meno, metaforicamente e non, s’inchiappettano. Per dirla come Il Mago/Peter Boyle… tutti fregati.

Sparandosi a vicenda e tradendosi a ripetizione.

Un film ove, peraltro, l’attrice de Il cigno nero, depressa a morte, non riuscì neanche a farsi… Cioè bucarsi. A tagliarsi i polsi, però, sì. Ah ah.

Cavolo, se Al/Vincent Hanna non l’avesse salvata in extremis, Natalie sarebbe morta.

A causa dei suoi compagni di scuola che la bullizzavano.

Chiamate(mi) Léon.

Questi sono i sette film. A Bologna, invece, c’è Santo Stefano con le Sette Chiese. Vero?

Taxi Driver, Toro scatenato, Fuori orario, Quei bravi ragazzi, Casinò, Al di là della vita, The Irishman.

Ecco, se non v’è piaciuto o piacque oppure mai piacerà quest’ultimo, fatemi il piacere.

Siete retorici e siete froci.

Dunque, non può piacervi Jodie Foster.

Su questa freddura, vi lascio e sgattaiolo nella notte.

Come dice Joe Pesci, in Goodfellas, fanculo a mammata.

Da cui il film Mamma, ho perso l’aereo.

Mentre De Niro, in The Irishman, perse l’unico amico vero della sua vita del cazzo.

 

di Stefano Falotico

 

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C’era una volta… il Cinema prima del COVID-19, c’è ancora, C’era una persona prima delle follie altrui, c’è ancora più bella e forte di prima, evviva Scorsese, Hugo Cabret & Marie-Georges-Jean Méliès


20 Jun

scorsese

Sì, non mi riconosco molto nella mia generazione. Una generazione ove impazzano le musiche di Fedez e dello “zio” J-Ax che leccano gli Amici della De Filippi. Ove la purezza e la selvatica, eterna adolescenza incontaminata non viene celebrata da Francois Truffaut, ove l’amore non viene magnificato da Jean-Luc Godard, ove si confonde Via Zanardi, vicino casa mia, con Alex Zanardi.

Ove io vengo scambiato spesso per Elio Germano, per l’appunto, di Via Zanardi 33.

33, gli anni di Cristo. Cos’è la tombola? 47, morto che parla.

E poi il mitico 8, mammata avott’ quanto una vott’. Detto calabro-lucano che, tradotto in italiano, significa tua madre ingrassa quanto una botte.

L’importante… che non sia comunque una puttana anche se tu potresti essere figlio di Troia, in quanto amante dell’Iliade. Ah, non invidio la tua vita. La mia è idilliaca e conosco L’arte di vincere da vero Brad Pitt/Achille di Troy.

Un mondo in cui poche persone hanno visto The Last Temptation of Christ ma, scandalizzandosi più degli ipocriti benpensanti che vollero censurare l’appena succitato film di Scorsese, oltre ad Ultimo tango a Parigi, si spacciano pateticamente per maudit Marlon Brando di turno ma tristemente accendono però soltanto la tv per sorbirsi l’ennesima esibizione canora di Alessandra Amoroso. Una che non assomiglia per niente a Maria Callas ma io, tra un Festival di Torino e uno di Roma, getterei giù da una veneziana calla. Affogandola più della sua voce strozzata da Carmen Consoli de no’ altri.

Un mondo ove tutti i cinefili più incalliti sostengono di conoscere il Cinema di Martin Scorsese ma non sanno chi sia Paul Schrader. Ah, per questi qua, dei quaquaraquà, ci vorrebbero Chris Walken ed Helen Mirren di Cortesie per gli ospiti. Film misconosciuto dello sceneggiatore di Taxi Driver.

Ah, guardate, conobbi molte coppie che, prima di farlo la prima volta, non lessero mai On Chesil Beach di Ian McEwan. E molte donne eterosessuali il cui sex symbol fu ed è Rupert Everett.

Sì, peccato che lui sia gay. Ah ah. Anna Falchi di Dellamorte Dellamore però non è lesbica. Ah ah.

Conobbi persone che si spacciarono per intenditori di Shakespeare ma non videro mai un solo spettacolo teatrale recitato da Ian McKellen. Neppure su YouTube! Ah, ma questi non capiscono un tubo! Sono più pazzi dell’Ian de L’allievo e soprattutto di Riccardo III.

Gente che guarda un film con Stanlio e Ollio e non ride poiché abituata oramai alla qualunquistica volgarità di Checco Zalone.

In particolar modo, non sopporto chi affermi/a (sì, è un infermo) che Hugo Cabret sia un film per bambini.

Invece, costoro si esaltano solamente quando Scorsese gira film “mafiosetti”.

Sono dei simpatici cretinetti e vanno subito educati, curati nella mente e istruiti duramente senza cuscinetti. Un mondo di stalker, di bulletti. Di fascisti e di stronzetti. In cui ti censurano un video poiché ritenuto “inappropriato”. Perché mai? È un video magnifico!

Insomma, un mondo di giovincelli assai cafoncelli e pavoncelli, un mondo che stette per perdere la poesia dei sogni per colpa di tutta questa tristezza…

Per fortuna, in mezzo a tanti precoci vecchietti annebbiati nel loro cervelletto, qualche volta nasce uno che ti fa il culetto, mie caprette.

Ed evviva anche Leo DiCaprio.

Perché è bello e dunque tutti vorrebbero fotterlo.

Ma non ce la fanno.

Ah ah.

Okboomer. Tutte le offese e le calunnie tornano indietro come un boomerang.

Come la mettiamo?

Per farla breve, qui i dementi vogliono dare lezioni di vita e di cultura a me.

Suvvia. Se sono più sexy di Bob De Niro di Mean Streets.

Ah, dimenticavo. Se sotto il mio nuovo video, sopra mostratovi, dedicato a Scorsese, voleste mettere cinquemila dislike, fate pure.

Nel frattempo, esco e vado a bere.

Fate con comodo.

Scusatemi, andavo di fretta, stavo per dimenticarmi questo. Il mio hater “preferito” è epilettico come la ragazza di Mean Streets.

Con la differenza che lei è una brava ragazza, lui non ha capito un cazzo nemmeno di Quei bravi ragazzi.

Mi spiace averlo devastato. Chiamate per piacere Nic Cage di Al di là della vita. Urge un’ambulanza per l’idiota…

 

di Stefano Falotico

 

Il film più metafisico di sempre: la mia lei e il nostro amore che nessuno scalfirà, altro che Stardust e Rocky


06 Jun

benjamin button

mio amoreSì, col tempo comincio a essere stufo anche dei film. Ne ho visti troppi. Poi, la gente malalingua può addirittura pensare che tu, a forza di vedere film, te li faccia. Cosicché può addirittura arrivare a pensare che tu sia affetto da qualche strana patologia, che tu soffra della cosiddetta malattia metafisica, più volgarmente detta, in termini scientifici assai poco carini, schizofrenia. Oh, ma questa gente si fa i film. Cosa posso dirvi? Se adori troppo la poesia e sei un uomo sensibile e molto dolce, gli hater ti danno l’appellativo di Edward mani di forbice poiché, in questa società improntata al maschilismo più misero, becero e porco, i ragazzi belli come Johnny Depp vengono malvisti. Figurarsi poi se sei perfino uno scrittore favolista come in Finding Neverland. La gente ti urla: cresci, cresci, cresci!

Poiché, nella desolata landa infinita del cinismo tremendo, essa è dimentica (no, qualche ignorante potrebbe scambiarlo per un refuso), essa dimenticò il piacere viscerale delle passioni. Non solo sognanti.

Smarrendosi in diatribe pessime e orrende cacce alle streghe delle più inusitate. Ah, le ho piene… di quest’inutili, controproducenti conciliaboli da poveri diavoli.

Qui da noi lo sport preferito è lo spettegolare. Deliri su deliri, macchinazioni ordite ai danni del prossimo per inibirlo, castigarlo. In un sostantivo, anzi un verbo, ingiustamente punirlo, minandone il libero arbitrio. Ma La vita è meravigliosa e può essere davvero uno stupefacente film di Franck Capra, oh, mie capre. Cosicché, puoi svegliarti nella Parigi dei grandi artisti, scoprendo che sei decisamente più sexy di Woody Allen e Owen Wilson, più realista inoltre di quel cubista del cazzo, sì, lui, Pablo Picasso.

Dimenticando i sofismi e i patetici sensi di colpa cristologici da Al di là della vita. Sfido chiunque a sopravvivere a una falsissima diagnosi psichiatrica del tutto discriminatoria, anzi, criminosa. Trovandosi a battagliare, solo contro tutti, dinanzi a psichiatri stessi che ho, col mio genio, integralmente distrutto. Annichilendo tutte le loro teorie, frantumando il “retro-pensiero” cattivo della gente, trovando nuovi, grandi amici come il monumentale Jean Dujardin de L’ufficiale e la spia.

Già successe che m’innamorai e, in notti calde, piacevolmente sprofondai, effondendomene con vivacità. Ma nessuno volle credermi e fui costretto a vivere una guerra di trincea più metafisica de La sottile linea rossa. No, non è una tragedia come Love Story, è forse Il curioso caso di Benjamin Button?

La storia di un uomo ringiovanito miracolosamente, soprattutto nel cuore, che conosce tutti i libri di Fitzgerald, molto più ammaliante JFK ma che qualcuno volle assassinare nell’animo, insabbiando poi la verità. Per paura di specchiarsi allo specchio e mentire a sé stesso, vomitando per l’orrore, sì, errore immane perpetrato e commesso.

No, Interstellar non è un film sulla teoria della relatività di Einstein, non è un film qualitativamente intergalattico. E lo stupendo Stardust, mi spiace per Matthew Vaughn e per Neil Gaiman, non è nulla in confronto a una storia d’amore delle più travolgenti e calienti di tutti i tempi.

Che sarà descritta nel mio prossimo libro, a lei dedicato… Oh, è previsto un aggiornamento a scadenza annuale come accade per ogni Dizionario dei film che si rispetti in modo amabile. La vostra vita invece, ogni giorno è amara? Mi spiace per voi. Datevi al rosario se questo vi può consolare.

Dicevamo! Io e lei Siamo entrambi bellissimi. Va detto, senza se e senza ma. Capolavoro assoluto da 5 stellette. Sì, va ammesso, fui un “disertore”. Poiché troppo grande per stare assieme a gente col cervello piccolo. Ché volle farmi il culo. Ma io sono Alì.

Il nostro amore è “clandestino” come quello fra Colin Farrell e Gong Li in Miami Vice.  Film di un altro pianeta. Veloce, scattante, adrenalinico, iper-romantico.

E, a proposito di Gong e di cose incredibili, anche questo finale non è male.

Salutiamo ogni trollazzi. Vero, idioti? Ho vinto io e ora state tutti zitti, rimangiatevi le parole!

Stamane, dopo che io e la mia lei ci deliziammo, riguardammo qualcosa su Netflix.

Rimango della mia idea, sì, Interstellar non è un grande film. Dura tre ore ed emoziona solo per tre minuti, cioè nella celeberrima scena in cui Ellen Burstyn dice a Matthew McConaughey:

– Nessuno voleva credermi ma sapevo che saresti tornato.

– Come?

– Perché il mio papà me lo aveva promesso.
Ora, prendiamo Rust Cohle di True Detective. Se consideriamo la vita come una linea retta, siamo tutti spacciati. Chi più chi meno. Indietro non si può tornare. Se invece ci atteniamo alle teorie di Rust, ciò è possibile. Poiché la vita è un cerchio. E, se Albert Einstein sostenne giustamente che, viaggiando alla velocità della luce, si può perfino ringiovanire, perché non credere che, librandosi alla massa per accelerazione di gravità della propria anima, recuperando le emozioni perdute, ciò non sia scientificamente attendibile?

Infatti, non lo è. Ma parliamo di mera, stolta scienza. Non fatevi dei viaggi metacinemarografici.

Parliamo del Falò. Mica un cazzone come la maggior parte degli stronzi che circolano sul Pianeta Terra.
Riequilibrando la memoria, torna anche ogni forza di potentissimo amore.

Tenetelo a mente, scemini, la prossima volta.

di Stefano Falotico

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Nicolas Cage, lo strano caso di un attore fenomenale come il sottoscritto, il quale non sa se amare Nic, essere amato o rimanere uno, nessuno, centomila… da du’ lire? O uomo lirico ed onirico amante di De Niro?


08 Apr

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Ora, ciò che è successo alla carriera di Nic Cage ha dell’incredibile. Poi, nemmeno tanto. Era prevedibile che dovesse avvenire, prima o poi, tale sua débâcle oramai irreversibile.

Lui, nipote di cotanto Francis Ford Coppola, lui che esordì col tv movie Best of Times, accreditato per l’appunto come Nicolas Coppola.

Dopo aver interpretato molti personaggi borderline, matti, psicotici o mancanti di qualche rotella nel cervello, lui che assieme a Sean Penn fu il protagonista di Fuori di testa, lui che rubò Diane Lane al ben più bello Matt Dillon di Rusty il selvaggio, chiedendo poi il divorzio a Kathleen Turner di Peggy Sue si è sposata, lui che fu vampirizzato da mrs. Flashdance, alias Jennifer Beals in Stress da vampiro, lui che dissennò, con pargoletti all’attivo, in Arizona Junior, lui che fu tormentato in Birdy, lui che fece all’amore in maniera selvaggia, ai tempi di Cuore selvaggio, sia con Laura Dern che con Erika Anderson in Zandalee, riuscendo da panettiere a infornare Cher in Stregata dalla luna, lui, sì, interprete di Nato per vincere, parente alla lontana forse pure dei fratelli Abbagnale, campioni olimpionici del canottaggio italiano, lui che esibì la canottiera sudata da macho imbattibile in Con Air su parrucchino da laboratori specializzati in alopecia androgenetica alla Cesare Ragazzi, cazzo, lui che fu metafisico-schraderiano-scorsesiano in Al di là della vita e depalmiano in Omicidio in diretta su occhi glauchi e languidi da Don Chisciotte che diede più di una botta a Patricia Arquette, sorseggiando un amore al liquore, su seno marmoreo e maestoso, con l’insuperabile super figa e milf Elisabeth Shue di Via da Las Vegas,  lui che riuscì a baciare, in Apache, persino Sean Young, la mitica Rachael di Blade Runner, film di David Green, lui che fu eroe in Joe di David Gordon Green, lui, uomo 8mm, soprattutto con Angelina Jolie di Fuori in 60 secondi (sì, vedi Angelina e sei incontenibile…), lui, uomo romantico e patetico ne Il mandolino del capitano Corelli, lui, fascinoso anche in bretelle, disadattato geniale ne Il ladro di orchidee ed edonista berlusconiano redentosi in The Family Man, lui, sì, The Weather Man che non calcolò però le previsioni della sua filmografia umorale, molto da temporale. Di forti precipitazioni e poco oramai serena variabile.

Una tragedia come il crollo delle Twin Towers da World Trade Center.

E dire che, per Alex Proyas, malgrado precipitò l’aereo entro il quale Nic viaggiò in Segnali dal futuro, lo mise in guardia ma lui girò pure L’ultimo dei templari. Interpretò anche un veggente in Next. Pellicola di Lee Tamahori, il regista di Once Were Warriors.

Sì, una volta Nic fu un guerriero, adesso è capace pure che, fra una cinesina e l’altra, paghi una meretrice zotica di Napoli dal cognome Guerrero.

Sì, sapete, queste donne che fanno la sfoglia fra un attacco isterico e vulcanico da Vesuvio e una pizza capricciosa? Le quali, per sbarcare il lunario, la regalano con tanto di mozzarella filante a ogni mariuolo partenopeo? Uno che spesso si tocca e mangia il cornetto alla crema.

Donne dai nomi e cognomi che sono tutto un programma come Carmela Benedice, Euridice Pomicia, Antonella Scamicia, Licia Liscia, Luisa Losà, Alessandra Santa, Susanna Lavandaia, Pamela Miele, insomma, roba così.

Nic, figlio di un insegnate universitario, originario di Bernalda, paese limitrofo a Matera. Che a sua volta è una città vicina al paese natio dei miei genitori.

Io sono figlio di un padre che, come me, ammiratore di Nicolas, al Festival di Venezia di 2009 assistette assieme al sottoscritto alla prima del remake, firmato Werner Herzog, de Il cattivo tenente.

Questa foto lo dimostra. Provate a riconoscermi. Tanto è facilissimo.

Il mio viso è come un film di Woody Allen. Nel senso che, come avviene per i film di Woody, riconoscibili dopo solo venti secondi, per chi mi conosce, eh già, bastano solo i miei occhi dietro una videocamera per capire chi sono e sia. Chi fui e chi sarò.

Inconfondibile, inimitabile. Anzi, imitato da tutti, benvoluto da chiunque, però poco amante di sé stesso.

Spesso, infatti, la mia autostima raggiunse e raggiunge tutt’ora livelli deprimenti e depressivi davvero sconcertanti. Come la malinconia incurabile di Nic Cage stesso ne Il genio della truffa.

Mi affiancai a ragazzi più figli di puttana di Sam Rockwell.

Ed è forse quindi giusto che Nic ora si dia a ogni film come un mentecatto, un accattone, no, mercenario.

Ché si attacchi al tram. Peraltro, molte ex di Nicolas assomigliano a dei trans.

Nic che ne fotte bellamente e gioiosamente, bevendo a più non posso come una spugna, da lui non ancora gettata nonostante molti film da lui interpretati, eh sì, siano delle pugnette, sbraitando e ancora urlando, senz’alcun freno inibitorio gigioneggiando a tutto spiano.

Egli è Nic Cage, signore e signori.

Vi mostro questo trailer e ho detto tutto.

Un uomo, un idolo. Un genio inaudito.

Il Marlon Brando della demenza cinematografica, l’antitesi e la nemesi di Bob De Niro.

Nic, il più grande folle della storia. Con l’unica differenza, fra lui e i pazzi, che i pazzi finiscono in manicomio, lui forse finì in mutande ma, in banca, fidatevi, ha ancora soldi a palate perché…

Ricordate: a Castor Troy dà gusto mangiare la patata.

Egli viaggia sempre in prima linea, servito e riverito dall’hostess di (longi)linea.

Poiché egli confuta anche il detto: non fai i conti con l’oste.

E non crede nelle ostie.

Insomma, Nic è l’emblema della schifezza, non solo attoriale, fattasi carne.

Sì, un primate, un uomo Primal, un uomo con viso da primitivo australopiteco che però, come ne Il mistero delle pagine perdute, conosce non solo gli egizi, bensì anche gli aztechi.

E soprattutto, per l’appunto, i soldi della Zecca. Ah, vuota zucca, panza piena eppure spesso scolpita da addominati più piatti del suo encefalogramma.

Ma che c’azzecca col Cinema con la A maiuscola?

Forse lo punirà Di Pietro, sputtanatore di Tangentopoli.

 

di Stefano Falotico

Nicolas Cage, idolo imbattibile più del coronavirus


11 Mar

Nic Cage

A parte gli scherzi, si prospetta una calamità mondiale: il mondo intero s’è trovato impreparato dinanzi al Coronavirus, siamo tutti in guerra

In data mercoledì 11 Marzo, cioè oggi pomeriggio, per l’esattezza alle 17 e 30 circa, la World Health Organization ha diffuso mondialmente, in modo scioccante, la notizia che non avremmo mai voluto sentire.

Oramai, è tristemente ufficiale. È pandemia planetaria.

Da tempo immemorabile l’uomo non si trovava dinanzi a una calamità di questa portata.

A quanto pare, oramai non è più tempo di scherzarvi sopra. Sì, inizialmente, noi tutti credemmo che si trattasse di qualcosa di facilmente superabile.

Io stesso, così come Vittorio Sgarbi e altri eminenti esponenti del pensiero “tuttologo”, mi scagliai contro i virologi più pessimistici, oserei dire allarmistici.

Basta anche coi complottisti e gli ufologi. Per troppo tempo la mia via fu presa di mira dai gufi, gelosi che io fossi un alieno, cioè non di questo pianeta.

Un uomo stellare. Comunque, dalle stelle finii, per qualche anno, nelle/alle stalle.

Sono infatti uno Stallone. Colui che, in Rocky, toccò il cielo con un dito, anzi col suo pugno sinistro.

Da allora, scopò Brigitte Nielsen, una vacca.

Sì, Brigitte lo munse e Sylvester, tutto (m)unto, cadde nuovamente in disgrazia. Oramai corrottosi per colpa di una rompiballe.

Lo dico sempre, uomini, non fatevi allattare, continuate ad avere i denti da latte. Non sviluppate mai i vostri canini. Le donne vi renderanno dei lupi.

E poi vi perderete nella brughiera. Ove, però, potrete gustare ottimi formaggi. Ah no, quello è il Gruviera. Comunque, al cioccolato svizzero preferisco una svizzera. Ben rosolata con sopra un po’ di ketchup.

A me parve, debbo esservi franco, esageratamente sensazionalistico questo “cazzo” del Coronavirus.

Cioè, come sempre s’è fatto, anzi, si fece, a mo’ di Essi vivono di Carpenter, mi sembrò una troiata per depistare l’opinione pubblica su una malattia irrilevante.

Insomma, pura, faceta distrazione di massa per (de)programmare, attraverso banali dibattiti politico-scientifici, l’interesse quotidiano dell’uomo medio catodico e (di)pendente dalle labbra di speaker radiofonici o televisivi piuttosto ridicoli, verso qualcosa che potesse occupargli il tempo.

Per far sì che dimenticasse l’orrore del suo cotidie vivere spesso noioso e imbarazzante. La cui noia, al massimo, viene per l’appunto distratta dalle stesse partite di Calcio adesso, di “diretta” non solo eurovisiva, bensì in mondovisione, sospese.

Hanno chiuso tutti i cinema, a teatro già non vi andava nessuno. Da me il primo. Che, da sempre, considero il Teatro una forma d’arte morta e seppellita, un’esibizione grottesca di morti viventi che recitano tragedie greche oramai superate quando invero dovrebbero migliorare la “dizione” delle loro recite giornaliere.

Fatte di corna, di gelosie fratricide, di squallide lotte da (non) ipocondriaci.

Ah, fui un malato immaginario non tanto alla Molière.

Sì, rimembro i miei tempi funesti in cui ogni due minuti desiderai gettarmi giù dalla finestra.

Poiché, sebbene dedicassi alle ragazze delle poesie rosate e regalassi loro più di una ginestra, loro giocarono a cavallina con ragazzi invero bambini, forse pure babbuini, spassandosela sulla giostra e poi leccando cremosi gelati, non solo quelli, alla yogurteria di un chiostro assieme a molti uomini mostruosamente libidinosi e uguali a Cagliostro.

Sì, fui un Orlando furioso alla Ludovico Ariosto. Più che altro, un pollo arrosto.

Fu allora che idealizzai il mio Inferno, vagheggiando la mia Beatrice. Cioè Cybill Shepherd di Taxi Driver. Poiché precipitai in notti insonni pure da Al di là della vita.

Notti metafisiche senza molta figa, a dirla tutta. Ma compensai il vuoto… da me non riempito, registrando tutte le puntate di Fuori orario con e di Enrico Ghezzi.

After Hours, sempre di Scorsese, mi provocò mille orgasmi.

Dopo essere scivolato in un incubo kafkiano, divenni all’improvviso Jeff Goldblum de La mosca.

Sì, in me avvenne un mutamento spaventoso, oserei dire rabbrividente.

Dopo essermi tolto tutto nel non essere, dunque immergendomi, anche sommerso, nel trasfondermi nel Cinema in maniera “immersiva” come James Woods di Videodrome, pigliandolo però in culo dal Woods/Max di C’era una volta in America, dopo Il pasto nudo auto-perpetratomi all’anima e alla mia carne divorata, dinanzi all’ennesimo, villano bullismo, reagii in maniera troppo brusca e sconsiderata come Viggo Mortensen di A History of Violence. Forse solo sacrosanta.

Però, per anni gli psichiatri dovettero appurare se, per via di queste mie reazioni esagerate, fossi schizofrenico come Keira Knightley di A Dangerous Method.

Mi arrabbiai ancora di più e fui preso, da parte di un Freud di turno, anche per Mortensen de La promessa dell’assassino.

Sì, m’indurii troppo anche se, a essere onesti, non è che come al solito indurissi molto qualcos’altro.

Anzi, tutta questa cosa s’intenerì, divenni un rammollito e fui nuovamente equivocato. Cioè, la gente cominciò a vedermi come un poveretto Stephen Lack di Scanners.

Insomma, fui scannato.

Varie teste di cazzo mi danno ancora dello sfigato.

È cosa buona e giusta esserlo, perpetrate, figlioli, la sfiga a iosa.

Poiché, come si suol dire, se Nicolas Cage sta con questa qui, è veramente arrivata la fine.

Sì, Nicolas Cage se ne fotte…

Del coronavirus. Adesso sta pure assieme a una che viene… dalle zone ove il virus si è diffuso. Tale Riko Shibata.

Sì, non stringete la mano a Nic. È un attore spesso inetto, adesso pure forse infetto.

Detto ciò, dopo la stronzata serale, se dobbiamo morire, tanto vale fottersene prima che ce lo ficchino in quarantena.

Fidatevi.

Cioè, fottetevi. Ah ah. Siate debosciati come Nic. E comprate il mio libro a lui dedicato. Cercatelo sulle maggiori catene librarie online.

 

di Stefano Falotico

 

Nicolas Cage girlfriend

Martin Scorsese, il grande sconfitto della Notte degli Oscar, forse delle sue insonni, tormentate notti


11 Feb

fuori orario

Amici, vi do il benvenuto nel mio nuovo profilo. Che intende mantenere una linea piuttosto coerente con la mia anima noir. Che è una cosa ben diversa da anima nera.

Il noir mi entusiasma. Anni fa, pubblicai anche un libro intitolato Noir Nightmare, raccolta di racconti onirici intrecciati alla mia mente che, d’intersezioni sinaptiche, fra neologismi da me coniati persino fuori tempo massimo, allestì una silloge strana e bizzarra. Accordata alla mia anima romantica. Scrivendo termini come freneticità Che non esiste in italiano, si dice per l’esattezza frenesia. Ma freneticità mi diede il senso di movimentata malinconia mista a ilarità, di visionaria ebefrenia mescolata alla più avveniristica fantasia.

Si può dire invece ferocità al posto di ferocia. E forse nella mia prossima, letteraria copertina, chissà, sarà stampata e vertiginosamente si staglierà, in tutta la sua immensa bellezza statuaria, una donna di nome Elenoire.

Ah, già il nome Elenoire ricorda la dolcissima Lenore di uno dei massimi capolavori di Edgar Allan Poe, ovvero Il corvo. Da non confondere col film di Alex Proyas anche se, a ben vedere, il/la graphic novel da cui fu adattato il cult con Brandon Lee, eh già, non fu solo tratto da James O’Barr, bensì fu anche reminiscente della novella di Poe. La storia di un uomo oramai morto che non vuole più essere rinascente.

Poiché vivere davvero comporta rivivere emozioni che potrebbero, sì, tanto piacere, ma anche tanto dolere. Insomma, amare ancora la vita e non solo quella, potrebbe darti godimento, altresì potrebbe cagionarti altri gravi tormenti. E, ancora una volta deluso a morte, potresti impazzire e diventare un malato di mente. Per resistere al dolore della vita, dunque ai suoi (dis)piaceri.

Lo sa Bob De Niro di Nonno scatenato. Uomo stronzo ma anche molto colto che affascina la giovanissima Aubrey Plaza, eccitandola nel citarle proprio Lenore de Il corvo.

Sì, m’innamorai di De Niro dopo aver visto, in una galassia assai remota del mio aver già perso la luce dei giorni, giammai però sputtanandomi da perdigiorno, per la prima volta Taxi Driver.

Da lì non risorsi, anzi, ancora di più m’immalinconii nelle notti mie più torbide, assumendo nel quotidiano un’espressione accigliata e torva.

Furono notti da After Hours nelle quali, grazie al mio black humor proverbiale e unico, sdrammatizzai ogni mio senso di colpa da Nicolas Cage di Bringing Out the Dead, per l’appunto.

Nic, nel succitato film, si colpevolizzò oltremodo per non essere riuscito a salvare una ragazzina entrata in overdose. Di mio, divenni malato di complesso di colpa, malgrado in vita mia non mi sia mai drogato, tantomeno fui sottopagato. Spesso però da nessuno fui cagato. Cosicché, ingiustamente colpevolizzato, disintregrato e accusato di essere troppo un bravo ragazzo, molte malelingue credettero che mi sarei dato alla malavita, ammanicandomi ai Goodfellas. Che felloni questi qua che non amarono il mio essere falotico e mi considerarono, precocemente, un uomo già finito e fallito.

Godetti invece immensamente dei miei pleniluni ma fui spacciato per un solitario lupo.

A parte gli scherzi e la verità, poiché tale è e mi pare giusto non rinnegarla, bensì mi sembra davvero doveroso, oh sì, confessare ogni mio conflitto psicologico come Harvey Keitel di Mean Streets, mi parve anche abbastanza ovvio che The Irishman non vinse nessun Oscar. Non vi pare ovvio? Oggi, io vi paio un uomo? Non lo so, lo sapete voi.

Scorsese già, difatti, vinse per The Departed e l’Academy è da sempre restia a dare un secondo Oscar a distanza di poco più di un decennio. Infatti, Eastwood vinse la statuetta per Gli spietati e dovette aspettare circa quindici anni per rivincerla con Million Dollar Baby.

De Niro fu escluso dai candidati dei migliori attori protagonisti.

Al Pacino e Joe Pesci già vinsero. Pure lo sceneggiatore Steven Zaillian. Fra l’altro, ossessivamente vi consiglierò il suo splendido The Night Of. Il primo episodio è praticamente un incubo kafkiano alla After Hours unito a una storia simile, di errore giudiziario impressionante, a Richard Jewell.

Rodrigo Prieto, invece, bravissimo direttore della fotografia, può vantare nel suo carnet ben tre nomination agli Oscar ma, prima di vincere lo Zio, non solo Marty, dovrà ancora patire, carnalmente e non, come Andrew Garfield di Silence.

Ora, ribadisco che Scorsese sia attualmente il regista vivente con più candidature agli Oscar. Anche quello più ingiustamente, eccezione fatta per The Departed, come detto, di vittorie rimasto a secco.

Però voglio dirvi anche quanto segue. Sebbene inizialmente scrissi che The Irishman sia un capolavoro, rivedendolo più e più volte, con estrema e sofferente sincerità debbo ammettere che non lo è, assolutamente.

Rimane un gran bel film ma l’ultimo capolavoro di Scorsese resta Al di là della vita.

Mi pare che il mio discorso non faccia una grinza.

Più coerente di così, si muore.

O forse si rinasce.

 

di Stefano Falotico

bringing out the dead cage

I miei registi preferiti, ovvero quelli (s)oggettivamente più grandi e che dunque appartengono alla poetica della mia anima non da tal dei tali, mi pare ovvio


30 Jan

cronenberg

A proposito di body horror, di deliri lynchiani e di De Niro, di mutazioni cronenberghiane…

Qui sotto potete vedere colui che, a forza di guardare tutti i film con De Niro, si trasmutò in lui.

Indubbiamente, la somiglianza è impressionante. Perché Netflix spese un sacco di soldi per ringiovanire male De Niro in The Irishman?83910279_10215589381510486_5827881122972827648_o

Introduzione spiritosa

– Allora, signor Falotico, lei sostiene che i suoi registi preferiti siano Cronenberg, Lynch, Scorsese ed Eastwood.

– Sì, confermo. Perché mi state interrogando?

– Non riusciamo a capire come sia possibile che lei, in effetti, ami i registi migliori quando, in realtà, non è che la sua vita sia delle migliori, detta come va detta. Dunque, siamo stati incaricati dagli agenti governativi che presiedono l’area 51 per testare se lei sia una persona normale o un alieno.

– Va bene. Avete delle domande da farmi?

– Certamente. Si sieda, comodamente. Vuole che le portiamo qualcosa da bere?

– Solo un po’ d’acqua minerale.

– Lei dunque beve, come tutti, l’acqua?

– Circa due litri al giorno.

– Va anche a pisciare, quindi?

– Anche a cagare.

– Bene. Andiamo avanti. Lei va in bagno solo per pisciare e cagare?

– No, anche per pulirmi il viso e farmi la doccia.

-Perfetto. Sin qui, mi pare che il quadro clinico corrisponda a quello di una persona normalissima. Solo una curiosità. Lei è mai andato nei bagni delle discoteche a fare qualcos’altro?

– Per tirare di coca o tirarlo a una?

– Esatto. Risponda, non tergiversi.

– Mi ricordo che, una volta, andai nel bagno di una multisala e scoprii due che stavano scopando nella toilette riservata alle persone con la sedia a rotelle.

– E lei che ci faceva nel bagno dei paraplegici?

– Sapete, fu un periodo in cui mi muovevo poco. Volevo vedere se riuscivo a pisciare lo stesso in un bagno pubblico.

– Cos’è una battuta? Non faccia lo spiritoso. Sia serio. Che ci faceva, lì?

– Accompagnai uno sulla sedia a rotelle.

– Ah, perfetto. Allora si spiega tutto. Ci perdoni se abbiamo dubitato. Andiamo avanti. Lei, leggendo questo fascicolo, sostiene di aver scopato tutte le più belle attrici di Hollywood. Ce lo potrebbe dimostrare?

– Sì, questo è l’hard disk del mio computer. Le salvai tutte in HD.

– Che significa?

– Significa che con la mente le scopai tutte. Non specificai, scusatemi.

Ok. A proposito, possiamo fare il backup personale di questi salvataggi? Non si sa mai, vogliamo averne delle copie. Potrebbero servire anche a noi.

– Prego. Fate pure, anzi, fate tutto.

– Andiamo avanti. Lei nutre anche attrazione sessuale per gli attori di Hollywood? Dica la verità.

– Nutro forte ammirazione nei confronti di Bob De Niro, Al Pacino e Clint Eastwood.

– Si tratta solo di ammirazione?

– Certo, perché?

– Non è che sogna di scoparseli o di essere scopato da loro?

– Guardate, i tre signori succitati hanno la loro età. Figuratevi se stanno a pensare a me.

– Però lei potrebbe pensare a loro. Per esempio, perquisendo la sua casa, abbiamo trovato tutti i dvd dei loro film più belli. Come ce lo spiega, questo?

– Avete anche rinvenuto i dvd delle maggiori pornoattrici americane?

– Sì, ovvio.

– E questo cosa vi dice?

– Ci dice che ci faremo una copia pure di queste, no, di questi. Ultima domanda, poi avremo finito. Fra Jodie Foster de Il silenzio degli innocenti e Julianne Moore di Hannibal, chi scoperebbe?

– Tutte e due.

– Sì, ma Jodie Foster è lesbica.

– Io no, però.

– Benissimo. Finito il test. Lei caccia anche delle freddure alla Eastwood. Lei è ora una persona libera. Perfino normalissima.

– Voi no, però.

 

Ora, mi costringete sempre a ripetermi. Dovreste oramai conoscere i miei gusti cinematografici e non.

Negli scorsi giorni, cazzeggiai parecchio, celebrando la goliardia del sesso ma sostanzialmente, dietro questi miei exploit apparentemente goderecci, celai nuovamente, invero, la mia indole nottambula da Lili Taylor di The Addiction.

A scanso di equivoci, Abel Ferrara è un grande regista ma non appartiene ai miei preferiti. Sebbene adori le sue disperazioni struggenti de Il cattivo tenente, alcune torbide atmosfere oniriche e metafisiche di New Rose Hotel, malgrado in King of New York vi sia un Christopher Walken titanico e inarrivabile e nonostante Fratelli sia un film superiore a The Irishman ma non fu candidato a nessun Oscar.

Da tempo, Abel ciondola e, da quando Nicholas St. John non scrive più sceneggiature per lui, Abel è diventato, più che altro, Manuel Ferrara, ovvero il famoso pornoattore.

Mary, per esempio, è una troiata sopravvalutata, Go Go Tales, un’esibizione di cani con la lingua arrapata, Pasolini non lo vidi mai anche se sono praticamente uguale a Pier Paolo e poco a Willem Dafoe, ah ah.

Bene, il mio regista preferito non è Scorsese. Lo fu, tantissimi anni fa, quando comprai magazine come Premiere solo per vedere, prima dell’avvento d’Internet, le foto rubate dal set di Al di là della vita. L’ultimo suo vero capolavoro, fra l’altro. Eh sì.

Furono notti, le mie, da Fuori orario nelle quali, insonne come Travis Bickle di Taxi Driver, non prendendo sonno, col pigiamino colorato, mi recavo in bagno e, dinanzi allo specchio, recitavo a bassa voce degli sketch comici da Rupert Pupkin di Re per una notte. Non rideva, ovviamente, nessuno. Tantomeno il sottoscritto. Ché conservava una seriosità malinconica e impeccabilmente rigorosa da Daniel Day-Lewis.

Sì, Daniel Day-Lewis non interpretò mai un film comico. Io faccio, invece, ridere gli altri perché sono, questa volta sì, Willem Dafoe de L’ultima tentazione di Cristo ma fui scambiato per DiCaprio di Shutter Island e per quello di The Aviator.

Sì, vissi stati di agitazione psicomotoria al cui confronto le nevrosi energiche e arrabbiate, sadomasochistiche di di Johnny Boy/De Niro di Mean Streets e di Toro scatenato appaiono irreligiose e blasfeme nei riguardi del tormento passionale di Andrew Garfield di Silence.

Per anni, le istituzioni, tipo FBI, mi sottoposero a un terzo grado scandaloso, simile a quello subito da Richard Jewell.

Sì, a differenza degli agenti del finale di The Irishman che chiedono ossessivamente a Frank Sheeran/De Niro se fu lui ad ammazzare Jimmy Hoffa/Pacino, a me chiesero perché non volessi vivere. Uccidendo me stesso nella depressione più trascendente da Paul Schrader. Ah ah.

Sì, credo che in giovanissima età non mi sarei mai dovuto innamorare della mia Ginger/Sharon Stone di Casinò.

Lei, come Sharon, era bionda, stupenda, ammaliante, più dea di Cybill Shepherd. Dentro di me, seppi sin dall’inizio che la idealizzai e altri non fu ed è che una zoccola d’alto bordo.

Mentre io infatti mi “orgasmizzai” di fantasie su di lei, vagheggiandola e immaginando di trascorrere con lei una vita piena di romanticismi selvaggi da Mick Jagger di Shine a Light, lei fu interessata solamente al Colore dei soldi.

Comunque, a Marzo, Scorsese girerà Killers of the Flower Moon in una riserva indiana dell’Oklahoma.

Potrei mandare una mail all’ufficio casting per chiedere se posso esser assunto come comparsa da Piccolo grande uomo.

Ma quale Arthur Penn e Sean Penn di Lupo solitario.

In questo film v’è Viggo Mortensen. Eccolo lì, lo sapevo, cazzo.

Sì, uno dei miei registi preferiti di sempre è David Cronenberg. Sono Tom Stall di A History of Violence.

Sì, un mio “amico” alla Ed Harris non è mai convinto che io sia un tipo dolce da torte di mele.

Puntualmente, a scadenze (ir)regolari, torna a provocarmi, dicendomi:

– Non fare quello che ascolta Ed Sheeran perché io non ti credo. Tu rimuovesti tutto dalla memoria per stare sereno. Sei un coglione e una testa di cazzo come tutti. Sii sincero.

Non tirartela da bell’uomo come Robert Pattinson e finiscila di crederti Keira Knightley di A Dangerous Method.

Tu non soffri di nulla. Finiscila anche col dire che sei un uomo come Jeff Goldblum de La mosca che, in seguito a esperimenti sbagliati, ora s’è elevato e vive oltre la comune realtà da Jude Law di eXistenZ.

Non fare l’M. Butterfly. So che la farfallina di Deborah Kara Unger di Crash ti piace e ameresti con lei assaggiare tutto Il pasto nudo.

Dunque, finiscila anche di frequentare psichiatri, pediatri, biologi, geriatri e non frequentare quello lì. Che di cognome fa Geraci.

Tu e lui, ultimamente, state diventando Inseparabili. Ora, spero che non te lo dia nel culo ma, certamente, ti sta fottendo il cervello come Michael Ironside di Scanners.

Ti parla solo di stronzate. Sei un tipo sofisticato come Cronenberg, lascia pure che Geraci faccia il barista nelle carrozze dei treni, urlando:

– Ecco, sono Geraci. Gelati, patatine e bibite!

 

Ho scritto un libro su John Carpenter ma non sono Starman. Mi piace da morire anche David Lynch ma forse, di più, Laura Elena Harring. Sì, Lynch è un genio. Assieme a Cronenberg, il più grande.

Non fatemi più vedere Paola Cortellesi, Zalone, De Sica e altri sciocchini del genere.

Poi, diciamocela, bambini. Quentin Tarantino, ultimamente, si sta dimostrando solamente un cazzoncino.

Di mio, ora ordino un altro caffettino e mi faccio una fumatina.

Sono un uomo (s)fumante, dal carattere fumantino, forse sono il dottor Fu Manchu.

A essere sinceri, le crepuscolari malinconie di Clint Eastwood non sono niente in confronto alla mia tragedia da Hilary Swank di Million Dollar Baby.

E ho detto tutto.

HILARY SWANK as Maggie in Warner Bros. Pictures’ drama “Million Dollar Baby.” The Malpaso production also stars Clint Eastwood and Morgan Freeman. PHOTOGRAPHS TO BE USED SOLELY FOR ADVERTISING, PROMOTION, PUBLICITY OR REVIEWS OF THIS SPECIFIC MOTION PICTURE AND TO REMAIN THE PROPERTY OF THE STUDIO. NOT FOR SALE OR REDISTRIBUTION.

HILARY SWANK as Maggie in Warner Bros. Pictures’ drama “Million Dollar Baby.” The Malpaso production also stars Clint Eastwood and Morgan Freeman.
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pasto nudo

irishman

di Stefano Falotico

JOKER: a parte Joaquin Phoenix, Richard Gere meriterebbe l’Oscar


22 Dec

mindhunter

La mia vita è stata una tragedia? Una commedia? Una pantomima? Una recita scespiriana? Una pochade? Una porcata? Un kammerspiel, una stronzata o una comica puttanata? Chissà.

Sì, posseggo un’innata vis comica.

Riesco sempre a trasformare gli attimi tragici della mia vita in qualcosa di ridicolo grazie al mio pigliare l’esistenza con filosofia. Con classe, soprattutto.

Figuratevi se la vita l’avessi pigliata davvero. Sì, credo aver vissuto Al di là della vita. Sono l’incarnazione di Nicolas Cage di Bringing Out the Dead.

Mi do ancora sensi di colpa per eventi occorsimi anni addietro dei quali invece non dovrei più preoccuparmi o discolparmi.

Nel film di Scorsese, Nic si affligge per non essere riuscito a salvare una tossica.

Nel mio film, invece, quello proiettato nella mia anima ogni santo giorno maledetto, vari demoni dostoevskijani mi rendono agitato e nevrotico come De Niro di Taxi Driver.

Devo esservi sincero. Salvai la vita a molti ragazzi in tempi non sospetti. Prima che costoro, a cui regalai una speranza esistenziale, mi coglionassero per volermi vedere rovinato.

Sì, alle scuole medie, consigliai alla ragazza di cui fui innamorato, eh già, d’iscriversi a un istituto per geometri. Le dissi che, una volta che si sarebbe diplomata, avrebbe dovuto poi laurearsi in Ingegneria Edile.

Ciò infatti avvenne ma lei a letto con me mai venne. Da qualche anno, peraltro, lei ha messo su famiglia col mio ex amico di banco delle scuole elementari. Lei progetta palazzi e per le sue progettazioni viene pagata così tanto da poter permettere a tutta la sua famiglia di comprare nuove ville. Spesso suo marito, cioè il mio ex compagno, non lavora e lei lo mantiene. Il mio ex amico regalerà alle figlie, per Natale, la casa di Big Jim. Ho detto tutto.

Comunque, per consolarmi, l’altra sera rividi La zona morta. Ove, come sapete, Chris Walken si risveglia dal coma e, dopo aver subito un tragico incidente, scoprì che la sua donna scopò e sposò un altro. È penoso, sì, questo Chris ridotto come un povero cristo “illuminato” che concede pene, solo per una notte, alla donna che, involontariamente, gli causò la disgrazia. Sì, se quella notte lui non l’avesse mai accompagnata a casa, lui non avrebbe mai fatto il frontale contro il camion che si sfracellò contro la sua macchina. Cioè, La zona morta è la storia di un professore che diede lezioni di cultura e di vita a degli studenti, forse pure ripetenti, ma rimase poi indietro rispetto anche all’ultimo analfabeta che lo trattò da ritardato. Ah, bella roba.

Secondo me, fra l’altro, il marito dell’ex donna di Walken fu uno dei suoi ex studenti. Ho detto tutto.

Nel film ciò non viene esplicitato ma la faccia di Walken, dopo aver visto il figlio piccolo della sua ex donna, la dice tutta. Sì, pare che con lo sguardo dica:

– Assomiglia a suo padre. Era uno che bocciai tre volte.

 

Sì, dovete sapere che molta gente malata di mente, cioè schizofrenica, quando comprende di non aver mai vissuto pienamente la propria vita reale, penosamente crede di essere Walken de La zona morta. Ne vidi e vedo ancora tanti così.

Sino a qualche anno fa, per esempio, frequentai un tizio. Essendo costui rimasto vergine sino a quarant’anni suonati, una sera mi confidò che voleva metterlo in culo a tutti. E che era (a)sceso sulla Terra per fare l’angelo sterminatore. Sodomizzando l’intera umanità che l’aveva messo in croce.

Gli risposi:

– Anche il prete della tua parrocchia vorresti fottere?

– Sì, lui è il primo della lista. È il Maligno!

– Davvero? Mi pare l’unico che ancora ti dica… che dio ti benedica.

 

Eravamo a casa sua, seduti sul divano a guardare la televisione. Per questa mia impavida freddura, mi saltò al collo. Stette per strozzarmi. Mi sentii spaccato, spacciato, praticamente soffocato. All’improvviso, dalla tv accesa, annunciarono l’elezione al papato di Jorge Bergoglio. Lui, commosso, mi lasciò stare. Inginocchiandosi in estasi come se avesse visto la Madonna.

E io urlai:

– Alleluia, alleluia. Sia lodato Gesù Cristo!

 

Comunque, l’elezione di Papa Francesco non servì a salvare il mio amico. San Francesco parlò agli uccelli. Il mio amico riesce ancora a non parlare con nessuna passera. Però si redense. Adesso, per sentirsi parte integrante di tutti gli animali terrestri, ogni mattina dà da mangiare ai piccioni. Poi, nel primo pomeriggio, guarda Uomini e donne. Ogni volta che una nuova coppia, pagata cento volte di lui per recitare la parte degli innamorati, si bacia, lui piange e canta a squarciagola Grande Amore. E la sua vita riprende Il volo!

Insomma, non tutti nascono Richard Gere.

Già ve lo dissi tempo fa. Richard non è mai stato candidato all’Oscar poiché considerato troppo bello.

Ma è, dopo De Niro, Al Pacino e Anthony Hopkins, il mio attore preferito.

È infatti l’unico attore della storia del Cinema a essere stato protagonista de I giorni del cielode Gli invisibili e de L’incredibile vita di Norman, riuscendo nel contempo a essere il principale interprete di American Gigolo, di Pretty Woman e di Affari sporchi. Richard Gere è un grande uomo, in tutti i sen(s)i. Tu, per esempio, ti saresti arrabbiato a morte se fossi stato considerato, per almeno trent’anni, il più grande sex symbol vivente. Senza però mai aver vinto niente d’importante. Richard Gere invece continua ad applaudire attori e uomini molto meno belli e bravi di lui perché non è un poveretto che delira e dà di matto se qualcosa gli va storto. Il novanta per cento delle persone invece se la prende ed è per questo che il mondo è in guerra e va a puttane. Qualcuno, allora, pensa che il mondo giri attorno a sé stesso (o a sé fesso) e offende il prossimo quando quest’ultimo non la vede come lui. Di conseguenza, si scatenano le lotte personali e nascono spesso le tragedie. L’altra sera, per esempio, mi contattò una tizia:

– Mio figlio non parla più ed è diventato muto dopo che a scuola l’hanno massacrato d’insulti. Che dice? Lo porto da uno psichiatra?

– No, signora. Lo sederanno e basta. Lo porti da me.

– La smetta! Lei è solo un ciarlatano!

– Ah sì? Allora perché sta chiedendo consiglio a me?

– Mi scusi, sono pazza. Le chiedo perdono. Non mi rendo conto di quello che faccio.

– Cioè lei è come il novanta per cento delle persone.

 

Ora, io ho rivisto Joker più e più volte.

Non riesco davvero a capire come possiate considerare C’era una volta a…  Hollywood un film maturo, anziché quello che è, ovvero una bambinata, e Joker invece, al contrario, un film puerile.

È esattamente l’opposto. Tarantino reinventa una tragedia mostruosa, Joker esplicita una tragedia “fantasiosa”. Vidi inoltre molte video-recensioni inerenti il film di Todd Phillips. Non ne vedo molte, invece, sui film di Todd Solondz, ah ah.

Permettete di dirvelo, nonostante vi stimi, siete tutti sbagliati, no, sono tutte sbagliate.

Mi riferisco, perlomeno, a quelle che accolsero tiepidamente tale suddetta pellicola. Per esempio. Mr. Marra sostiene, a spada tratta, che Arthur Fleck impazzisca quando smette di assumere gli psicofarmaci. No, invero non è proprio così. Terminato l’effetto compressivo dei farmaci, così si dice in psichiatria, i suoi canali della mente sono nuovamente liberi. Cosicché, Fleck riacquista coscienza. Quindi si ribella. Prima cioè era stato sedato poiché la psichiatria, erroneamente e orridamente, considera diversa una persona non adatta ai canoni della società. Dunque, come in Minority Report, per paura che, per via della sua alterità emozionale non allineata al pensiero comune, prima o poi Arthur sarà esposto a una reale situazione in cui non saprà gestire le sue emozioni, rendendosi dunque pericoloso per sé e per gli altri, lo arresta chimicamente, imprigionandolo nella castità psicomotoria ed emotivamente alterata, ingannandolo subdolamente. La cosiddetta suggestione. Prevenire è meglio che curare? Antico dilemma per cui Shakespeare si sarebbe scervellato. La risposta giusta è essere anche nel non essere in quanto noi tutti siamo quello che crediamo di essere. La maggior parte delle persone non si rende conto, purtroppo, di chi è/sia. Dunque di chi non è e non sia. E giammai sarà. Forse è l’alta borghesia o la finta cortesia. Forse è la dogmatica Chiesa o, appunto, un generalista, relativistico chicchessia. Pensandosi chissà chi, infatti crede perciò di poter decidere arbitrariamente chi sia l’altro nel volerlo recidere e/o psicologicamente recintare. Questa invece non è né la verità né l’obiettività, né l’intelligenza né l’elevazione ideologica. Si chiama nazismo ed è una cosa oscena. Ancora quanto mai attuale nella cosiddetta realtà. Avete visto C’era una volta a… Hollywood? L’attore che interpreta Charles Manson, ovvero Damon Herriman, è lo stesso che interpreta Manson nella seconda stagione di Mindhunter. A prima vista, quando faccio il cretino apposta, cioè il Joker, potrei sembrare Manson. Purtroppo sono come Holden Ford/Jonathan Groff. Perché purtroppo? Perché è più facile vivere da pazzi.  Se sei uno psicopatico come Manson e ti sbattono all’ergastolo, resisti. Poiché ti crei un altro delirio compensativo. Se sei Holden Ford, vedi tutto lucidamente. Ed è molto dura. Poiché in tre secondi netti, hai già capito chi hai di fronte.

Ora, vi spiego. Partiamo da questo basilare presupposto. Lo psicopatico, quasi sempre, ricommette lo stesso crimine. Non se ne rende neanche conto, è la sua inconscia natura a portarlo a delinquere nelle stesse modalità, sì, modus operandi, della prima volta. Lo fa per soddisfare suoi sopiti desideri sessuali inappagati che riversa nel crimine da lui perpetrato. Vi faccio un esempio lapalissiano. Il carnefice designa nella sua mente la vittima prescelta. Il novanta per cento dei crimini odierni avvengono telematicamente, cioè sono di bullismo psicologico. Il carnefice sceglie, a suo libero arbitrio, la vittima su cui accanirsi. La vittima crolla. E viene ricoverata. La vittima segue un percorso riabilitativo per dimenticare il trauma inferto a suo danno e, finito che ha di svolgerlo, perdona il carnefice e lo assolve.

A questo punto, il carnefice ritorna sul luogo del delitto, infierendo nuovamente e agendo psicologicamente su quelle che crede che siano ferite ancora aperte della vittima per indurre la vittima di nuovo a reazioni psicotiche.

Cioè, il carnefice cerca di nevrotizzare la vittima e portarla a uno stato di disordine post-traumatico.

C’è un piccolo particolare però che è sfuggito al carnefice.

Vale a dire, il carnefice pensa di conoscere a memoria la patologia di cui è affetta la vittima per colpire su di essa nei suoi punti sensibili.

Nel frattempo, però, la vittima ha imparato a conoscere i suoi stessi punti deboli e si è rafforzata enormemente.

È a questo punto il carnefice che rimane scoperto.

Sotto ogni punto di vista.

Sarebbe come dire che i fan della setta di Charles Manson erano convinti di trovare in casa Polanski, eh già, una donna debole e indifesa, Sharon Tate, andando a colpo sicuro.

Invece, sbagliarono la mossa e si trovarono di fronte Brad Pitt.

Dio che inculata bestiale, cazzo.

Il che sarebbe come dire, allo stesso modo, che Roman Polanski, dopo aver appreso della notizia di sua moglie stuprata, dilaniata e squartata, avrebbe avuto due possibilità: spararsi in testa o impazzire e di conseguenza finire rintronato in un centro di salute mentale a vita. A elaborazione impossibile di un lutto senza spiegazioni razionali, plausibili.

Lui invece intraprese la scelta più difficile.

Cioè, se già prima dell’omicidio di sua moglie, era un grande, poi divenne ancora più grande, sublimando nell’arte ogni suo demone interiore.

E L’ufficiale e la spia lo dimostra.

di Quentin Tarantino, no, di Stefano Faloticothree christs

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