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Essere uno scrittore significa essere un tennista, essere un regista, uno sceneggiatore o un attore significa giocare a football


09 Mar

rourke wrestler

Sì, so che è una metafora sportiva alquanto banale. Ma è anche veritiera.

Scrivere è bello, piacevole. Può iniziare, come inizia d’altronde per tutti, per una sorta di memoriale diaristico in cui si scrive per far chiarezza dentro sé stessi, cercando di arrivare a verità profonde del proprio animo. Nel tentativo di esternarle al prossimo e cercare di entrare in empatia col vissuto altrui, per condividere delle esperienze emotive, cerebrali, intellettive, metafisiche o persino carnali che possano trovare, nella specularità del confronto con l’eventuale lettore, una qualche ragione di esistere, oppure semplicemente la propria strada. Nel reciproco scambio. Ah, si può anche inciampare. Cazzo, dite al sindaco che qui ci sono delle buche.

Non vorrei apparire retorico nell’affermare quanto ora dirò, e infatti tale apparirò.

Ma chi scrive, a prescindere dal risultato, lo fa, al di là anche dei possibili introiti derivati dalle vendite, per puro piacere personale. Sebbene io attribuisca un significato particolarmente specifico, in tal caso, alla parola piacere.

Si tratta infatti di un piacere, sì, emozionale, viscerale se non filtrato soltanto, appunto, da logiche affaristiche e da furbe strategie promozionali, eppure anche di un piacere che provoca molto dolore.

Perché scrivere, soprattutto con onestà morale, non abdicando ai mendaci ricatti del possibile guadagno, obbliga a trivellarci il cuore, a denudarci, a spiare le profondità arcane, misteriose, perfino imperscrutabili a noi stessi, prima di allora mai avvenute, dei nostri meandrici spazi bui.

Misticamente ancora inesplorati. Ci costringe, insomma, a rivelarci. E non è quasi mai una rivelazione studiata e programmatica. Bensì un’auto-rivelazione stupefacente, a costo pure di essere, appunto, dolorosa, addirittura, oserei dire, esiziale per il nostro cuore. Ché, così facendo, divelliamo, scarnifichiamo, pugnaliamo per sputare il sangue della nostra passione per l’arte ma soprattutto per la vita.

Ma, a lungo andare, per quanto stratificato, complesso, periglioso e minuzioso questo nostro pur lodevole lavoro di scavo possa risultare catartico, diventa stancante, in una parola frustrante.

Come dice il grande Bob De Niro/Capone ne Gli intoccabili:

Guarda, lancia, acchiappa, corre ma è solo parte di una squadra. Battono per sé stessi tutti i grandi campioni che applaudiamo allo stadio. Ma, se la loro squadra non funziona, che cosa sono? Mi seguite? Nessuno! C’è un bel sole, le tribune sono piene di gente. E lui che cosa può dire? Vado là fuori e gioco per nessuno? Mah… Non arriverò a niente se la mia squadra poi non vince!

Be’, a dire il vero, Bob lo dice per un preciso scopo. Per dare poi una micidiale mazzata “in capa” a un suo scagnozzo traditore.

Ma il discorso comunque regge a un livello anche, diciamo, più umano e artistico, toutcourt.

Be’, amici, e se non mi siete amici non me ne sbatte un cazzo, siete allora solo degli stronzi, in questi anni ho scritto davvero tanto. Ma davvero tanto.

Ed è stato bellissimo passare molte serate in compagnia del mio valentissimo correttore di bozze. In un affiatamento produttivo estasiante e fortemente creativo. A controllare e ricontrollare parola per parola tutti i singoli testi. A impaginarli, a mettere, come si suol dire, apposto le virgole e i puntini.

Sì, cazzo, anche i puntini di sospensione. In un testo, fatto come dio comanda, devono essere tre e poi bisogna cliccare INVIO per “restringerli”, altrimenti la battitura diventa esteticamente brutta, editorialmente impresentabile.

Cioè, vi faccio un esempio: … vs

UNDERSTAND?

Ma il lavoro dello scrittore è spesso autoreferenziale anche quando in cuor suo non vorrebbe esserlo.

È come, appunto, giocare a tennis. Uno può essere bravissimo, anzi, il più bravo di tutti.

Ma vincerà solo per sé stesso.

Quando si lavora nel Cinema, be’, parafrasando molto alla larga Samuel L. Jackson di Pulp Fiction:

forse il tuo metodo di massaggio è diverso dal mio, ma sai, toccare i piedi di sua moglie e infilare la lingua nel più sacro dei suoi buchi non è lo stesso fottuto campo da gioco, non è lo stesso campionato e non è nemmeno lo stesso sport…

Ecco, scrivere è come farsi una sega e giocar con le proprie palle. Che poi siano anche balle, cioè cose romanzate e frutto di fantasia, è un altro paio di maniche. Anche di mance se chi acquista, ah ah, ti dà un extra di buona manica. Oh, ci mancherebbe. Me la devi dare, donna. E, se non me la dai, sarà una delusione tremenda. Ah ah.

Scusate, i tennisti non sono dei segaioli?

Ecco, fare il regista presuppone discutere scena per scena con lo sceneggiatore, col direttore della fotografia, con gli attori. Eccetera…

Per un fottuto, grandioso gioco di squadra.

Come dice Al Pacino di Ogni maledetta domenica:

io non posso obbligarvi a lottare. Dovete guardare il compagno che avete accanto, guardarlo negli occhi. Io scommetto che ci vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi, che ci vedrete un uomo che si sacrificherà volentieri per questa squadra, consapevole del fatto che, quando sarà il momento, voi farete lo stesso per lui. Questo è essere una squadra, signori miei.

Perciò o noi risorgiamo adesso come collettivo o saremo annientati individualmente.

 

Al momento, amici, sto lavorando a un progetto cinematografico di squadra.

Spero che tutto possa andare per il meglio.

Altrimenti, come voi, teste di cazzo, chiederò il reddito di cittadinanza e passerò le giornate a farmi le seghe.

Ma non sono il tipo. Non lo sono mai stato.

Be’, arrivi a un certo punto e capisci che devi inseguire sia te stesso che gli altri. Non sono il tipo che si accontenta di fare una vita grigia e aspetta il sabato sera per sciacquarsi l’uccello nel bidet dopo una scopatella con una che sta più a pecora di te. Oppure, ancora peggio, fare l’avvocato oppure il chirurgo, no, torni a casa esausto, col giramento di coglioni e metti su i Tiromancino.

Piccoli miracoli?

Che cosa? Senti, Zabaione, zampognaro, maionese, Zabaglione, bello guaglione, Zampaglione e dei miei stivali coglione.

I buonismi consolatori andranno bene per le massaie. Io ancora non sto messo così.

No, non sono un wrestler. Anche perché, se lo fossi, tradirei quanto appena scritto sopra, perciò, anzi, la mia vita sarà questa. Ah, però!

A proposito, chi dice che da Nebraska in poi Bruce Springsteen abbia fatto solo robetta, ah ah, andasse a prenderselo nel culo.

E io non voglio essere al posto suo quando lo prenderà.

 

di Stefano Falotico

Domani sarà Ogni maledetta domenica, adoro la retorica, fa parte del mio Oliver Stone/Pacino alla Jim Morrison, i grandi momenti della U-Turn, che (s)figa(to)… mica tanto


22 Nov

Sean+Penn+Charlize+Theron+Sean+Penn+Touch+l5ut6vFDel4l

Non so a voi ma a me stan sul cazzo quei tipi che lo scassano. Quei “topi” con la voce stridula, gente da Cinema di Francois Ozon, un cinemino da (di)vani, sempre sul (di)van(itos)o, dei semi-froci, quelli che De Niro di The Fan definirebbe… perché non dici (loro) di andare a prenderselo nel culo?

Quella era una battuta sbattuta a quel rincoglionito del signor Pellegrini, uno che non sa cos’è il gioco delle “palle”, da cui il Baseball, il Football, eccetera e tu non mangi il “cedro” limonante perché, di “sedere”, ti fai il culo da mattina a sera, te ne sbatti, come no, al massimo, nei momenti di “relax”, ti spari qualche sega sulle presentatrici alla Arianna Ciampoli, modulando la “zip” nello “zapping”  del “tirartela” da matto “lavoratore” del cazzoncino, ecco, sintonizzato sul coglione “andato”. Manco a puttane perché la tua fottuta moralità s’attacca al pisellino del “Faccio pene, male o bene, è andata di merda”. Azz’, almeno Cameron Diaz non usava la tua “Mask”. Stringeva un negretto non tanto astringente, bello ignudo e “tutto” si allungava di “touchdown”. Fa pena questa?

No, fa Pagniacci! Tu sei un pagliaccio.

Ah, almeno Pasolini l’inculava tutti a sangue, da cui “Ragazzi di vita”, insegnamento che se lo prendi in quel posto da giovane incosciente, da “grande” poi lo riprenderai maggiormente fra le cosce. Basta!

Perché è gente che preferisce i Beatles ai Rolling Stones, predilige John Lennon a Mick Jagger, minchia, diciamocelo, con Yoko Ono il nostro John giocava poco ma (s)por(c)o, mutuando una vecchia barzellettina da spogliatoi degli anni 90, fottuta Pulp Fiction di stronzi come noi, a misurarci quanto ce l’avevamo fetente di peli prima di un Calcio appunto di fendenti sotto il palo.

non è lo stesso campo da gioco!

È un massaggio ai piedi o darti una pedata?

Vi sembrano cagate quelle che evacuo? Perché pensavate fossero “cosce” serie? Io pen(s)o a pararmi il culo, tu pensa al tuo e finiamola con le perle ai porci. Imparate che, dalla vita, bisogna “pigliarle”. Insomma, è morto Tony Scott e tutti se ne fottono… Guardate che non era poi così malvagio… Mi basta vedere come s’è (ri)dotto suo fratello, Ridley. Un tempo era dotato, Blade Runner docet, dopo Gianina “super-dotata” Facio, una super-zoccola che ha leccato l’oca pure a Fiorello, tempi di “Karaoke”, mie (sp)o(r)chine canterine per il “ca(na)rino”, adesso s’è “santificato” (della serie la ficona rende il cervello a puttane dopo l’uccello non tanto piccolo Mosè da Exodus…).

Va ficcato!

Rifacciamo I dieci comandamenti?

Prendi una donna, trattala male. Da cui il Teorema di Pier Paolo? No, Ferradini… grilletti, Grillini…

Insomma, questo Marco voleva “marcarla” ma non era Brando MarlonMarcantonio.

Date a Cesare quel che è “mia”, cari Bulli e pupe, potrei ingravidarla, allora il problema è: un parto normale, sempre doloroso da Brando de Il coraggioso, oppure un cesareo da Ultimo tango a Zagarol?

Grande Franco Franchi! Voleva solo la “bernarda”. E invece Bernardo? Siam passati dalla Schneider ai dreamers dei baci alla “francese”. Eva Green non è da Perugina ma ha le tettone da spagnola.

Sì, povero Bertolucci. Andò sul “burro”, sul crudo, ma fu accusato di essere un maiale, e glielo “tagliarono”. Solo oggi, abbiamo la versione integrale. Tu, donna, mangi il pane con l’uomo da salato o vuoi solo un’insalata di acido?

Di “mio”, preferisco “addolcirlo” da esaltato. Tutte addosso mi sal(t)ano ma non le cago, sebbene alcune mi piscino in testa. Non hanno i testicoli ma devo far testacoda per salvarmi da queste ninfomani.

Non so se avete visto la versione “estesa” della Gainsbourg in von Trier. La trovate su www.celebritymovierachive.com. Basta che abbiate una carta di credito e assisterete a un’inculata pazz(esc)a, come si suol “dare”, da du’ negri, uno lì e l’altro là su pelle bianchissima di porcella(na) assai lilla ma non affatto in bianco, in bis di fallo, che “schifo”, ma che popò che ha Charlotte.

Sì, sono un monello alla Charlot, tingo la vita di piccante come Tinto Brass, da cui Monella e Giuseppe Simone che ce l’ha duro duro come la coda di un canguro.

Ce la vogliamo dire? Come vi prendo per il culo io, Diprè mi fa-fece un baffo, infatti Kortney Kane ad Erik Everhard preferisce me e pure, di “purè”, tua sorella, una che fa la suorina invece è la “regina” delle su(s)ine. Ebbi modo di sputtanarla e pelarla dopo che la sbattei in carcere, lo pompai e la spompai, è spremuta adesso, era finita lì per aver rubato il Pap’occhio a quel “mostro” di Benigni, da cui Raffaella Carrà che fa l’amore da Trieste in giù in che cazzo vuoi e Gianni Minà al Rino Gaetano in “Gianna” che lo prende tutto l’ano e buoni ani a tutti e a tutte, soprattutto a tutto(logo) di sto par de palle. E giù palate, patatine, salsa, il tanga, gli oranghi, Rambo, ci scappa il bimbo che poi scoperà, sarà trombato, (in)castrato, possibilmente in mutande, se vuol darlo sui viali senza che nessuno ti “avvi(t)i” in una (s)figa da catena di monta(ggio). Do you Ringo? Va(i) avvilito e dalla cremina avvolto. Copritevi i volti!

Che dico? Parlo arabo? Voi no, date un sacco di soldi a El Shaarawy. Badi come parli, sa?  Un calciatore imparabile, incomparabile, sa anche in italietta parlare.

Ah ah, andate smontati, suonati, sempre a farvelo? Ma che volete fare? Di “mio”, me lo faccio, se me la fai, ti spacco la faccia. Batte la fiacca. Invece, la figa è una battona. Di solito è così, se è “solido” fa porno perché “viene” meglio. Più tosto è e più te lo fa “potente”, miei mostri. Tu, mostra(la).

Con me, non passi nessun rischio, uso precauzioni soltanto se passo con le luci rosse, rispetto il (sema)foro ma mi stan sul caz’ quelle da forum, solo nelle tribune elettorali a “menarsela”.

Non van tributate dei miei “attributi”, miei “tromboni”. Trombatele! Tribun(al)i alle ur(i)ne! E tu, Tribuzio, amico di Letizia, vai al seggiolino-segaiolo e imboccatela-disboscala di liquirizie. Sei un trimone! Tagliatel(l)e alla bascaiola!

Queste van solo menate, così la Mussolini capirà davvero che suo padre era un fascista e lei oveva vivere a quei tempi. L’avrebbero sbattuta di “bruti”. Evviva Bruto!

La finisse quell’Alessandra di viver in questo magna magna. Di Magnum ce n’è uno, gli altri son “gelati” Magno e quindi, dopo aver leccato tutto il mondo come Berlusconi, finiranno le “conquiste” e Silvio tornerà in tribunale, denunciato da du’ Escort. E tutto per il “biscotto”, la ricotta, la fetta di torta.

Fidatevi, è meglio Il sapore della ciliegia di Kiarostami. Contempli e, nel frattempo, puoi anche essere Leopardi, senza queste “leopardate” però, altrimenti diventa un triste Silvia di (ri)membri…

Elevato! (E)levatevi, e levati!

Per queste “mie”, vorrebbero mettermi di nuovo dentro… Sì, non son mai “contente”…

Ma che (rac)conti?! Sono o non sono un Conte? No, vivo da Principe Totò, da cui Miseria e Nobiltà.

Ora tostissimo, testé, sta(i)… fuori, ancora nei “for(n)i crematori?”. Va attestato se son un testone o uno da intestina sbudellate! Fe(ga)to mio, i figli so’ pezzi e core.

Da cui il mio Sean Penn di This Must Be the Place sul 21 Grams ché non c’è una gran differenza fra il “Cinema” con Mario Merola e quello di Alejandro.

Molti non mi capiscono, basta che la capisca “lui”. Dammi del lei, tu del tè. Anche un caffè.

Salutam’ a sorrata!

Ora, perché Charlize Theron si copre il viso?

Perché si vergogna ad andar in giro con un figlio di puttana da The Last Face.

 

Pacino che c’entra?

Imagine Danny Collins e all the people statemi (nelle) bone. Se non volete starci, siete da bomboniera/e. Ieri, eravate, non siate. Stateci!

Questo si chiama genio assoluto, cari miei “igienici”, e il geni(t)ale non si discute.

Da cui il “genitivo sassone”, uomo barbarico che se ne fotte… sia delle regole grammaticali che di tua madre. Insomma, è fottuta… come in Schindler’s List.

Questa è difficile? Sì, lo so, sarà “dura” salvarmela…

Di “mio”, spero sostanzialmente di scoparmela e poi mandarvi a fanculo.

Palle in mela, in meta, non voglio la metà, vinco o perdo. Però che per(dent)e.

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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