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TOO OLD TO DIE YOUNG: la questione araldica di Nicolas Winding Refn


02 Jul

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Avete finito di vedere la serie Too Old to Die Young?

Innanzitutto, pare che William Baldwin sia stato un mezzo profeta. Nell’episodio uno, dice a Miles Teller che è bello come Elvis.

Di poche ore fa infatti la notizia secondo cui Miles Teller, attore oramai lanciatissimo, è fra i nomi più in lizza e papabili per interpretare il re del rock nel biopic di Baz Luhrmann.

Too Old to Die Young sta già facendo discutere i fanatici dell’estetismo, forse anche le estetiste che vogliono assomigliare a Jena Malone. Poi, per via del loro narcisismo e della loro civettuola propensione all’ombelicale ballo del qua qua delle loro frigide, a mo’ di Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti versione donne frustrate, danzano per le loro stanze arredate a regola d’arte. Dunque, esauste, si stravaccano sul divano in vestaglia e recitano il monologo millenaristico, assai moralistico scandito da Jena distrutta. Soprattutto nei polmoni dopo essersi scalmanata come un’indemoniata. Sfiancata da sé stessa, esasperata da troppi dildo e monologhi della vagina.

Un soliloquio da donna delusa forse fanatica statunitense di Vasco Rossi.

Già, Nicolas Winding Refn, dopo i primi due episodi soporiferi da latte alle ginocchia, negli episodi 3, 4, 5 e 6 aveva/ha trovato la giusta amalgama, spingendo sull’acceleratore e tirando fuori un’interpretazione ipnotica da Augusto Aguilera nei panni di Jesus. Un pervertito esecrabile come tutti i protagonisti di questa serie.

Aguilera, uno che non ha il fisico a pera ma la faccia di Leonardo DiCaprio messicano e il fisico palestrato di un pornoattore sadomaso. A metà fra il portoricano e il bovaro che, dopo un pranzo luculliano, beve un faraonico amaro. Rilassandosi da solo sul divano, forse guardando Yellowstone con Kevin Costner.

Augusto qui non gliela fa proprio. Ha sposato una donna statuaria ma lui, in confronto a lei, nonostante la sua ricchezza e la sua dinastia regale, si sente un bambino col pigiamino.

E sua moglie Yaritza/Cristina Rodlo asseconda ben volentieri questo povero sfigatello. Divertendosi con lui a fargli da mamma… Divertendosi tanto a tiramento di suo uccello…

Infatti, echi di The Wolf of Wall Street si avvertono in più punti in questa villa angusta di Augusto eppur principesca, quasi da modello Scarface depalmiano.

Alla fine la spunta proprio Yaritza. Dopo nove episodi interminabili di un’ora e mezza circa cadauno, tranne un paio di un’ora e poco più, Refn fa il figo. E fa vincere la super figa.

Per distinguersi dalla consuetudine dei canoni standard delle serie tv, ove di solito l’episodio finale è il più lungo, lui invece ha girato, per l’occasione, uno spezzone di manco mezz’ora.

Regalandoci uno dei finali più insulsi della storia.

E John Hawkes che fine ha fatto?

Secondo me, il sito www.spietati.it impazzirà per questa serie con in prima linea il recensore “maudit” Luca Pacilio a piangere d’amozione.

Su rottentomatoes.com, questa serie di Refn ha invece ricevuto un 64% di voti positivi. Non un granché, a dirla tutta.

Un mezzo flop, insomma. Gran parte del pubblico ha lasciato stare già a metà dell’episodio 2 quando il rincoglionito nonnetto ripete sino allo sfinimento che il più grande calciatore del mondo sia/è stato Pelé.

Chiariamoci, Edson Arantes do Nascimento non era niente. Il suo goal più bello l’ha fatto in Fuga per la vittoria. Dopo cinquemila volte che hanno ripetuto la scena.

Ho detto tutto.

Mi spiace anche per Maradona ma era solo un mezzo panzerotto da circo Togni.

Lionel Messi è il più grande di sempre anche se c’è chi gli preferisce Ronaldo, cioè le donne.

Messi, come uomo, è un cesso. Ronaldo invece assomiglia ad Augusto Aguilera. Un altro mammone…

Oggi, d’altronde vanno di moda i modelli semi-froci.

Ho detto tutto.

No, io non sono nichilista. Ma non credo ai nazionalismi, alla retorica patriottica e neppure alla bioetica.

Stamattina, ho ricevuto peraltro in chat le offese di un trans. Transitava…

Che mi ha definito omofobo. Pensa te:

– Stefano, non devi incazzarti se ti ho rifiutato.

– Pensavi che volessi provarci con te? Guarda che, di punto in bianco, mi son trovato lo spam delle tue esibizioni illegali da prostituta/o online. Ti avevo semplicemente bloccato.

– Sì, ti è andata male. Dunque sei un intollerante sessista. Io vi odio tutti! Non potete capire.

Scusa, ora però ho uno che mi aspetta. Sai com’è, carissimo. Il mondo non mi accetta per quel che sono ma questo è un cliente che può aiutarmi…

 

Ma che voleva questo qui? Oltre a essere pazzo, racconta falsità. Adesso va a dire in giro che c’ho provato con lui e che ho semi-stroncato il film Flawless di Joel Schumacher perché vi è una drag queen.

Ma che dice? Che farnetica? Io adoro A qualcuno piace caldo. Questo qui l’ho bannato non perché sia un diverso, perché è scemo. Gli deve entrare… nel cervello.

Comunque, è un’umanità fredda.

Un altro bimbetto come Augusto Aguilera mi ha scritto su YouTube che si prodigherà affinché io possa essere curato e ricevere le migliori assistenze psichiatriche solo perché non voglio mettere su famiglia.

Ah, mettesse pure lui su la famiglia. Gliela lascio tutta. Compresi i litigi coniugali e i piatti che voleranno. Così, considerando la sua “nobiltà” d’animo nei confronti del prossimo suo e la sua finezza pedagogica, suo figlio a vent’anni si suiciderà in quanto massacrato da un padre perbenista che volle sedare gli altri ma non comprese di essere, dalla nascita, affetto da infermità mentale e da manie sessuali mai sanate.

Per forza, considerando la racchia di donna con cui fece il figlio (de)generato, cosa poteva aspettarsi? Una figlia più scema di lui, più ebete del fratello e più brutta della strega sua consorte?

Sì, uno di questi padri medi italiani. Che schematizzano fin dall’adolescenza la vita dei figli, obbligandoli a scelte e a tappe forzate. Tarpando sempre le loro ali.

Se poi, a trent’anni si credono Thor, cazzo, una ragione imbecille di questo depauperamento era già da addursi all’albero genealogico della mentale loro malattia ereditaria. Di mio, ammetto con enorme orgoglio e spudoratezza sfrontata che gran parte della vita sociale disgusto. Ma non sono Augusto.

Non sono comunque pietistico e non urlo, a differenza degli asociali da asilo, che il mondo sia ingiusto. Sono un uomo giustissimo.

Basti vedere Too Old to Die Young per capire che avevo e ho ragione su tutta la linea.

Sono l’ultimo dei paperini, in fondo un romantico pauperista.

Insomma, ricapitolando, nel mondo e in questa serie non si salva nessuno, tranne io.

Ecco il promemoria. Uomini e donne, tempi bui ci aspettano, tenetelo ben a mente:

Miles Teller/Martin Jones: un poliziotto corrotto sin al midollo, fa l’amore con una minorenne e finisce massacrato da Jesus, il ritardato par excellence.

Nell Tiger Free/Janey: assomiglia alla ragazza tipo, un po’ topa, di una prestigiosa scuola media superiore. Prende bei voti per fare carriera ma sceglie di sverginarsi con uno che non sa manco chi sia Jung, ovvero Martin/Teller.

William Baldwin/Theo, il padre di Janey: tutti i soldi gli sono serviti solo per scoprire che ha avuto sempre fantasie erotiche piuttosto spinte su sua figlia depressa.

Uno schifo d’uomo.

John Hawkes/Viggo: uno che non ha nessun problema ma dovrebbe curarsi dal fumo e comprare una sigaretta elettronica.

Yaritza/Cristina Rodlo: simbolo del femminismo MeToo.

Ovviamente, concludiamo col top(o) già, più e più volte, menzionatovi “lodevolmente”, ovvero Aguilera/Jesus: è Lapo Elkann versione sudamericana che manda in vacca la famiglia Agnelli di Once Upon a Time in Mexico.

E fa pure il porcellino, ammazzando, oltre a Teller, un altro poliziotto che gli aveva forse solamente rubato due euro dal salvadanaio di porcellana.

Insomma, la morale di Refn è questa: siamo tutti psicopatici, tutti marci, tutti schifosi.

Solo che c’è chi vince la Lotteria di Capodanno e fa il signore distinto e chi, la maggioranza, che ha pochi soldi e semmai casca nel crimine.

Chi pensa, insomma, che se si comporterà in maniera rispettosa di tutti, perfino dei più bavosi, ladri e miserabili, dopo la morte andrà in paradiso, be’, dopo la morte… come tutti finirà solo sotterrato.

Chi pensa che un pazzo sia una persona poco dotata, ah ah, è da manicomio.

Chi pensa soprattutto che fra vent’anni esisteranno ancora le arene estive e i cinema non scompariranno, demonizzando Netflix e Amazon Prime Video, è meglio che si spari in testa subito.

Questo è quanto.

È il mondo che avete creato e Refn ha fatto bene a sbattervelo in faccia. Senza ipocrisie.

di Stefano Falotico

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TOO OLD TO DIE YOUNG: la realtà non è mai come la immaginiamo, come la sognammo, perfino come la disprezziamo


29 Jun

Yaritza

Ero pervertito, no partito assai prevenuto, come si suol dire, riguardo questa serie di Amazon Prime firmata da Nicolas Winding Refn. Pensavo che si trattasse della solita narcisistica, pretenziosa, autoreferenziale castroneria spacciata per qualcosa di arty in tipico stile Refn.

Regista da alcuni osannato, venerato, elevato in auge. Da altri sinceramente snobbato. Refn è un megalomane nella tradizione dei cineasti più folli e autoriali di cui il Cinema, sin dai suoi albori, è tuttora stracolmo.

Mi mancano alcuni suoi film e onestamente, come già scrissi, ho le mie riserve addirittura su quello che da molti viene considerato il suo intoccabile capolavoro, ovvero Drive.

Che, al di là della strepitosa track Nightcall, di alcune fiammeggianti riprese notturne, malgrado la recitazione piacevolmente catatonica, in stato di trance lisergico, di un impenetrabile e carismatico Ryan Gosling, difetta assai nel finale, essendo a conti fatti una scialba, oserei dire patetica imitazione di Takeshi Kitano in salsa danese-statunitense.

Detto ciò, Too Old to Die Young è una serie magnifica. La sto vedendo, rivedendo, vivisezionando. A prescindere dal secondo episodio, lunghissimo, soporifero e insostenibile, dal quarto episodio in poi ingrana finalmente la quinta, azzecca il giusto, calibrato livello fra adrenalinico intrattenimento e artistico godimento. Assecondato in ciò dall’ipnotica musica di Cliff Martinez, sorretto dalla performance d’un Miles Teller in stato di grazia (in)espressiva, illuminato dall’innocenza angelicamente conturbante di Nell Tiger Free, dalla briosa follia d’un William Baldwin ambiguo e forse incestuosamente onanista (guardatelo qui per non credere ai vostri occhi), dalla venustà soda, capricciosa, maligna di Cristina Rodlo nei panni della stupenda, diabolica Yaritza, dalla presenza ieratica e oserei dire quasi pauperistica di un tosto, immarcescibile, profetico loser, John Hawkes, il cui personaggio è un diseredato a metà strada tra un semaforo ove fermarsi per elemosinare, sì, è un semaforo man, e il tipo/topo affascinante poiché maledettamente barbone con la barbetta incolta e le rughe marcatissime, il viso incancrenito nella perenne ansia oscillante fra il nevrotico vitalistico e il nichilista fottutamente menefreghista, un uomo arcigno, spigoloso e acidissimo con la faccia imbattibile di un equivoco viscido.

Una serie nerissima spaccata sensualmente dai semi-cammei della bomba Jena Malone, figa liscissima. Una che nei film da lei interpretati raramente si spoglia ma a cui basta un movimento inaspettato dei suoi occhi iridescenti per irraggiarci di beltà scostumata, emanando sex appeal a pelle, fottendo in maniera subliminale, forse inguinale, ogni uomo che indubbiamente non può resisterle, illuminandolo da maliarda fatalona di sobrio, elegante eppur devastante erotismo accent(u)ato da un po’ di caldo, provocante rimmel per indurre tutti gli eterosessuali non solo all’indurimento erettivo, bensì soprattutto e sopra e sotto all’intorpidimento toutcourt per i maschi intimamente noir ed eternamente affascinati dalle femme fatale bastarde con le gambe lunghe in tailleur attizzante.

Una donna vera e chi dirà che, vedendola, rimane col braccino corto… è un Pinocchio che fa finta di non amare i suoi occhi, la sua gnocca da notti ove giocarle di grossa oca.

Sì, con lei il gomito da tennista si sviluppa più di quello di John McEnroe e, se non hai i soldi, lei ti lascia a secco. Spompatissimo. Comunque, per ricarburare basta un po’ di benzina e una normale pompa…

Non ci crede nessuno che non vorreste giacere con lei sin all’alba e dopo gli ululati fare i galli, eh già, il naso vi si allunga e anche qualcos’altro.

Comunque, William Baldwin, se già in Sliver fu l’incarnazione del riccone cazzone iper-voyeurista, qui ascende a idolo assoluto prima della sua dipartita grazie alla sua confessione orgogliosa da uomo traviato e debosciato mai visto. Roba che Kurt Russell e De Niro/Ombra di Fuoco assassino l’avrebbero bruciato vivo.

Baldwin, lo scorso mese, è uscito pure con Backdraft 2. Film che, nonostante l’apparizione di Donald Sutherland, hanno visto solo i suoi fratelli.

Kurt Russell e De Niro, appunto, hanno disertato non solo la suddetta boiata pazzesca, bensì la incendieranno perché rovinerà la reputazione del capostipite. Che, comunque, non era poi chissà che.

Chiariamoci, un buon film di Ron Howard, non certo da mettere al rogo ma neppure paragonabile a Inferno di cristallo.

E torniamo a Sliver, film ove le dinamitarde, esplosive gambe chilometriche di Sharon Stone sono quasi più alte del grattacielo ove Baldwin viene arso nell’anima in maniera atrocemente pirotecnica.

In Sliver vi è anche Polly Walker, la donna dal culo più bello della storia. Tornito, modellato delicatamente in forme geometriche oserei dire simmetriche, anzi, perpendicolari a qualcosa che dentro di lei morbidamente e duramente si appaierebbe volentieri in maniera orizzontale o forse verticale. Spingendo in maniera bestiale. Badate a cos(c)e importanti.

Come no?

Una che a quei tempi era capace di uccidere un uomo senza accoltellarlo, appunto, come Sharon Stone di Basi Instinct ma usando soltanto il tritaghiaccio del suo fondoschiena tagliente.

Guardate 8 donne e ½ e poi morirete…

Insomma, a tredici anni pensavo che sarei diventato astrofisico nucleare.

Invece ho scoperto che sono un figo abbastanza atomico. Romantico a cazzo mio.

Il problema è che molte donne non vedono questo.

Per forza, non vedono una minchia.

Sono talmente frustrate che leggono L’insostenibile leggerezza dell’essere. Che poi…

Secondo voi, Antonello Venditti ha mai letto Milan Kundera?

Macché, Antonello sta sotto il cupolone della magica Roma.

Cosa volete che ne sappia pure dell’Inter.

E, tra una Ferilli e una Leoffreddi, è tutta una grande bellezza… tra fusilli e penne puttanesche.

Insomma, Venditti cantò…

quando pensi che sia finita è proprio allora che comincia la salita.

Invece, io sono come Matthew McConaughey di True Detective, un pessimista cosmico a cui fa schifo pure Giacomo Leopardi:

quando pensi che sia finita, sai qual è la verità? È finita davvero?

No, ma è una vita di merda. Oggi va, domani no.

Un giorno morirò e risorgerò.

Sì, se credessi a dio e alla religione cristiana, miei falsi, poveri cristi.

O no?

Notate infine questa finissima, raffinata miniatura ove la ypsilon, ipsilon, la i greca in maniera isoscele si accorda a mo’ triangolare con qualcosa che spara nel grilletto di dolce mitragliare. O no?

yaritzafalotico

 

di Stefano Falotico

 

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