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Io adoro JOE WRIGHT! Che forza impressionante, che forza della natura!


15 May
LONDON, ENGLAND - DECEMBER 11: Director Joe Wright attends the UK Premiere of "Darkest Hour" at Odeon Leicester Square on December 11, 2017 in London, England. (Photo by David M. Benett/Dave Benett/WireImage)

LONDON, ENGLAND – DECEMBER 11: Director Joe Wright attends the UK Premiere of “Darkest Hour” at Odeon Leicester Square on December 11, 2017 in London, England. (Photo by David M. Benett/Dave Benett/WireImage)

Ecco, se c’è un regista che io amo e venero particolarmente è Joe Wright. Secondo Francesco Alò di Bad Taste, per La donna alla finestra non è stato right, bensì wrong. A mio avviso, Francesco ebbe torto, è puro Wright davvero giusto.

The Woman in the Window doveva essere uno dei titoli di punta della scorsa stagione cinematografica pre-COVID-19. Ora è finito su Netflix in un periodo (s)morto e non riceverà nessuna nomination agli Oscar poiché la 20th Century Fox, dopo aver visionato il film di Wright, dopo aver peraltro pensato inizialmente che possedesse le carte in regola per rappresentare uno dei suoi filmoni di maggior appeal qualitativo, dopo i fallimentari screening test, optando quindi come detto per lo streaming anche giocoforza a causa della pandemia, si è trovata adesso fra le mani una pellicola considerata sbagliata perfino dalla Critica mondiale.

Che ha subissato di offese soprattutto il suo finale, reputandolo scombiccherato, improponibile. Per l’appunto impresentabile. La Critica non è attenta, però, ai dettagli. Il ragazzo, a pochi minuti dall’inizio del film, starnutisce in una scena cruciale. Il suo starnuto è l’espressione involontaria della paura del padre “orco” interpretato da Oldman? Non credo. Non credete anche voi se il film vedeste, anzi state rivedendo col senno di poi? No, non ho fatto spoiler. Fra poche righe, sì. Anzi, nella seguente immediata, eh eh. Non mi venite a dire che capiste subito che il mostro era il ragazzino perché non vi crederebbe neppure il poliziotto di questo film. Più suonato di mio nonno materno purtroppo deceduto. Il quale, dopo aver dato fiato al trombone nella banda del suo paese natio alla festa del santo patrono San Michele, tornava a casa distrutto, con le trombe di Eustachio massacrate per colpa dei fuochi pirotecnici ancora scoppianti-scoppiettanti, e non riusciva a riconoscere sua moglie, cioè mia nonna. Anche lei defunta. Scambiandola per Julianne Moore, anzi per Jane Russell. Il mattino dopo si riprendeva e osservava mia nonna, pensando fosse la Madonna. Mio nonno era comunque un uomo lucido. Non scambiava mai Marilyn Monroe per Jayne Mansfield, neppure Kim Novak per Grace Kelly. Appena le vedeva, infatti, sapeva distinguerle immantinente. In effetti, registrava non i loro film sulle VHS, non essendo state quest’ultime, alla sua epoca, ancora inventate, bensì sul diario. Ove annotava su chi aveva praticato autoerotismo durante le notti in bianco con mia nonna.

A parte gli scherzi, mia nonna era una donna di classe come Keira Knightley di Orgoglio e pregiudizio, Anna Karenina ed Espiazione. Mia nonna era cinefila, sì, prima di morire aveva visto questi tre film succitati di Wright con Keira. Ma si rivide molto anche nella Knightley di A Dangerous Method del Cronenberg. Sì, credo che mia nonna fosse stata pazza prima di incontrare Jung? No, mio nonno.

Mio nonno sapeva come curarla quando non sapeva interpretare i sogni che poi voleva giocare, di Smorfia, al Lotto. Le diceva:

– I sogni sono folli, tu sei folle. Non giocarteli e non giocarti la vita. Giochiamo nell’altra stanza. Decidi tu se a briscola o a scopa.

 

A molti, insomma, non è piaciuto La donna alla finestra e hanno considerato tale opus di Wright un passo falso, alla pari di Pan – Viaggio sull’isola che non c’è.

Mah, secondo me sbagliano. Sono gli stessi che reputano Hook – Capitan uncino di Spielberg e Neverland di di Marc Forster as pellicole orribili.

Ora, tralasciamo Carl Jung. Il quale peraltro non assomigliava per niente a Michael Fassbender. Parliamo di Viggo Mortensen? No, di Sigmund Freud, ah ah. Come so io, voi no, in quanto non sapete nulla di psicologia, una persona diventa psichicamente malata quando il suo io non è in grado d’imbrigliare le idee rimosse. Al che, la mente del malato in questione crea un delirio per compensare i traumi e/o i lutti incolmabili a cui, razionalmente, non può dare una spiegazione plausibile.

Questo procedimento è attuato da DiCaprio di Shutter Island? No, dal 90% dell’umanità. La quale pensa di essere sana poiché non ama il film sopra citatovi di Spielberg, credendosi oltre che savia, ah ah, matura. In verità, è invecchiata nell’anima. Perciò cinica, arida, mostruosa, in una parola inutile.

Vi fornisco un esempio: è ovvio che, se siete stati giovani ai tempi dei Beatles, oggigiorno considerate bambagioni i ragazzi che ascoltano Irama.

I vostri figli, cioè su per giù la mia generazione, è cresciuta coi dettami culturali imposti, volontariamente e non, anche soltanto a livello inconscio, da voi… padri della psicanalisi? No, padri padroni.

In questi mesi di pandemia, anche prima a dire la verità, ho visto a mo’ di Allen Ginsberg, eh sì, le migliori menti della mia generation perdersi nel distanziamento sociale. Anziché vivere la loro età, ragazzi e ragazze si sono preoccupati di apparire fighi su Instagram. E, nell’attesa di due like in più, hanno escogitato metodi atroci per realizzare nuove foto e video sexy per piacere alla virtualità. Nel frattempo, perdevano le loro giornate.

Col Covid, la gente si è distratta dalla noia esistenziale, realizzando livestreaming o videochiamate. Alcuni anche video-chiavate. Altri, hanno rivisto i film di Hitchcock. Ora che siamo in zona gialla, essendosi queste persone suddette, purtroppo, assuefatte a tale lungo mood o modus vivendi impostoci, stanno continuando a essere agorafobiche come Amy Adams… Cioè, il Covid ha rappresentato per loro soltanto un alibi per non ammettere a sé stesse che, già prima dell’avvento del Coronavirus, preferivano farsi i cavoli loro, giudicando semmai i film di Wright ma non avendo le palle per provare a girare, eh già, non dico Atonement, bensì un cortometraggio con gli amici.

Naturalmente, se appartenete a questa patologia, no, tipologia di persone… avete smesso di sognare. Per cui Hook non può piacervi. Prendetemi pure per bambino, continuo a pensare d’infermità mentale, no, fermamente che Hook sia meraviglioso.

Inoltre, non posso dire di non amare Quentin Tarantino. Mi diverte, è intelligente, certo…

Ma Joe Wright, Hitchcock, Brian De Palma, La donna che visse due volte e il grande Bob De Niro mi appartengono di più. A volte sono un trasformista come Gary Oldman. Se la tirannide di persone come Adolf Hitler mi vuole uccidere, io recito loro questo pezzo: We Shall Never Surrender!

Tratto dal finale di Darkest Hour.

Sapete, nella mia vita incontrai ragazzi e ragazze come Saoirse Ronan di Hanna e di Atonement che inventarono balle su di me. Essendo costoro ignoranti.

Il mio correttore di bozze ha appena terminato di leggere il mio prossimo libro, intitolato Bologna Hard-Boiled & l’amore ai tempi del Covid.

Mi ha confidato che prova vergogna per me? No, si è messo a piangere perché pensa che anche lui, oltre a me, diventerà famoso anche se non subito. Fra cent’anni, a sua detta, quando io sarà morto, la gente leggerà ancora il mio libro.  E quando sarà triste, quando si sentirà sola, quando vorrà morire, rileggendo le mie parole, coglierà di scaturigine ribelle, nei loro cuori, una forza potentissima, immane, devastante!

Sono tempi bui, mai come oggi abbiamo bisogno di gente come Joe Wright.

Mai come oggi siamo stanchi dell’omologazione, siamo stanchi del passato, siamo stanchi della vecchiaia, siamo stanchi di essere abbattuti dagli idioti.

Abbiamo bisogno di qualcuno che rompa le regole. Non solo cinematografiche.

Questo è the New World! Questa è la nostra vita e non permetteremo mai più a chicchessia di decidere per noi il nostro destino! Io lo scoprirò, io lo distruggerò, io lo farò piangere, io lo punirò per voi, io lo massacrerò!

Sta già urlando di terrore!

 

di Stefano Falotico

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