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Throw Momma from the Train: le tre Milf che mi vorrei…


29 Mar

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Ecco, ci siamo capiti.

A una delle lezioni del signor Billy Crystal di Getta la mamma dal treno, l’insegnante di scrittura creativa Billy/Larry chiede ai suoi allievi di leggere i loro elaborati.

Al che, un maschilista mai visto, un frustrato cronico, comincia a leggere il suo capolavoro “shakespeariano”, intitolato Cento donne che mi vorrei scopare…

Scena cult.

Sì, sono oramai uno scrittore. I miei lettori sostengono che sia bravissimo. Sono una sorta di Harvey Keitel di Smoke.

Uomini forse più colti e raffinati di me, come William Hurt, mi definiscono un talento di razza, innato, che non abbisogna di studi. Capace di psicanalizzare la realtà e saperla filtrare con occhi straordinariamente poetici.

Anche se, sì, debbo ammetterlo. Non sono laureato. Anni fa, prima di molteplici trambusti che mi dissuasero dall’ottenere referenze cattedratiche di rilievo, con le quali sinceramente mi sarei meno complicato la vita, m’ero iscritto al DAMS.

Personalmente, non nutro grossa stima a tutt’oggi della gente che lo bazzica, diciamo.

Sono spesso ragazzi pasoliniani con velleitarie ambizioni artistiche che, non sapendo che pesci pigliare, tranne le cozze con cui si mettono assieme, dei molluschi che vogliono appunto prendersi la Laurea, anzi, come direbbe Totò, La Laura, per attestare che sono attori e registi con tanto di cornice. E alloro sulla testa spesso di capra, di rapa. Le famose cime di rapa, piatto tipico dell’Italia culinaria e anche un po’ a culo.

Spesso sono degli incapaci. I quali, dopo un’adolescenza trascorsa nella più scostumata, nullafacente oziosità, dopo aver poltrito spesso in poltrona con qualche spinello e tanti sogni belli mai concretizzatisi, si guardano allo specchio e pensano:

no, non possiedo la meticolosa attitudine paziente di un medico che cura i pazienti. No, non sarò mai un chirurgo, mi tremano le mani, caratterialmente sono troppo instabile, sono umorale e, in un attimo di crisi di nervi sconsiderata, solo perché l’infermiera m’ha porto una siringa mal disinfettata, potrei essere assalito da una cattiva condiscendenza e allora addio scienza. Perturbato da questo suo sporco atto impuro, potrei mal infilare il bisturi e, nervosamente appunto, tranciare di netto il cuore di un ragazzo purissimo.

Non posso neanche fare lo psichiatra. Ho già i miei casini mentali da risolvere. Figurarsi se posso sobbarcarmi le nevrastenie, i deliri, le manie ossessive di pazienti coi quali ci vuole una calma olimpica per rabbonirli. Ah, che pazienza! Evviva Andrea il fumettista. No, l’innervosirei, io amo dire la verità. Andrea, no, andrei da un pazzo e gli spiattellerei in faccia ogni suo limite. Inducendolo a rabbie inaudite. Poi, una volta che lui sarà psicologicamente scompensato, io lo stesso prenderei il mio compenso, la mia parcella. Ma sarei stato un osceno porcello.

Sono troppo coscienzioso e moralmente integerrimo. Sarei stato responsabile dei ricoveri manicomiali di tanta brava gente che andava solo ascoltata e rasserenata. Invece, non ho retto e ho distrutto le loro menti, infrangendo il segreto professionale, soprattutto, delle loro anime. Avrei indelicatamente spaccato l’indiscreta privacy dei loro cervelli già comunque fritti. Farei solo una frittata. Strapazzerei i pazzi.

No, mi radierebbero dall’albo, io stesso impazzirei, tumefatto da complessi di colpa peggiori di un personaggio di Paul Schrader. E non è Paul Auster.

Il dentista? No, già mi faccio schifo io. Ho delle carie praticamente incurabili da quando fumo. Figurarsi se potrei/potessi sopportare gente addirittura senza denti.

Ecco, ci siamo capiti.

Poi, spesso anche dare un bacio a una ragazza mi provoca il più delle volte ribrezzo. Le chiedo sempre, prima di baciarla, se ha fatto la pulizia. Se questa volgare popolana s’è sciacquata la bocca. E non solo col collutorio.

Sì, la mia lingua non può addentarsi, no, addentrarsi in regioni batteriche potenzialmente contagiose, spargitrici della sua ignoranza da sboccata. No, costei è bona, indubbiamente, ma mi avvelenerebbe in una sola limonata.
Prima di dare un bacio a questa, va sterilizzata col Vim Clorex.

È pure alcolista. Ci vuole soltanto dell’alcool ma non etilico.

Potrei fare, appunto, l’uomo delle pulizie. Ma ne ho a sufficienza delle merde che stanno in giro. Tutti questi pelandroni, queste sciocche ragazze palindrome, questi dromedari lentissimi.

No, basta aprire la porta di casa e senti già puzza di stronzi. Ci manca solo che debba nettare, detergere i bagni pubblici.

Stiamo scherzando?

Invece, un lavoro da negro? Macché. Dopo Obama alla Casa Bianca e i film di Spike Lee, nessun negro vuol far il negro. E direi a ragion veduta.

Basta col razzismo. Evviva una società egualitaria. Bianchi e neri sono tutti uguali. Evviva i musi gialli e gli indiani, cazzo.

L’impiegato comunale? Ma per l’amor di Dio.

Questi passano il tempo a sfogliare il giornale, a leccare il direttore per avere l’aumento e a strabuzzare gli occhi per la segretaria. Che è pure brutta.

Per cosa camperei a fare? Per aspettare il classico aperitivo col Campare e la domenica e tifare per calciatori analfabeti che guadagnano miliardi e scopano le veline, rosicando per Quagliarella che tutte le quaglia sulla sua barca a vela?

No, sarebbe una vita imbarcata.

Mi consolerei con un film di Lav Diaz quando invero il mio sogno intimo, anzi, da Intimissimi, senza nessuna maschera, era solo trombarmi Cameron Diaz di The Mask.

Sì, non sono un tipo fantozziano, sono un uomo che vuole avere dignità. E dirla tutta. Senza sussiegose ruffianerie al padrone. E tanti giochini.

Allora, potrei fare il ribelle anarcoide. Ma finirei da uno psichiatra, appunto.

Ah, qua la situazione è veramente tosta.

Ecco, ho una buona testa, sono fantasioso, sì, faccio l’artista. Invero, non farò l’artista ma chiederò il reddito di cittadinanza.

Sarò un disoccupato di classe. Così, se uno come Briatore vuol farmi la morale, gli dico che sono laureato in Disciplina di Arte, Musica e Spettacolo. E non può ricattarmi.

Sì, quelli del DAMS sono così. Tanta teoria, tante chiacchiere ma sostanzialmente dei falliti. E si riducono a scrivere recensioni dell’ultimo film con Salemme quando invero speravano di essere David Lynch.

No, nemmeno la vita del pornoattore mi soddisferebbe. Ne soddisferei molte, cazzo, sì, ma entrerei in un giro di zoccole sciroccate, di drogati, di pervertiti spappolati.

Di gente che s’incula e, dopo che t’ha succhiato, ti lascia spellato, senza palle, prosciugato, bollito.

Però posso continuare a fare lo scrittore.

E il donnaiolo di tutte quelle donne che, oggettivamente, per mancanza di soldi, non me la daranno mai.

Ora, voi dei movimenti femministi non fraintendetemi.

Dovete ammettere, onestamente, bando alle ciance, che da adolescenti andavate col primo che vi capitava a tiro. Per fare esperienza.

Poi, una volta laureate, appunto, avete trovato quello più fesso che ancora vi mantiene. Tanto farete altre esperienze con altri duri… fra una bolletta, la palestra e una riunione condominiale. Ed è qui che son urla isteriche, altro che Meg Ryan di Harry ti presento Sally.

Gli uomini? Ancora peggio. Quando sono adolescenti vanno con quella che tira di più. Una volta che hanno la panza piena, si sposano e tradiscono la moglie. Andando poi a messalina, no, a messa.

In questa società, c’è solo un uomo che può dirvi quali sono le donne per cui sarei diventato davvero un uomo come si deve…

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1) Valeria Cavalli, sino a dieci anni fa, una figa enorme. Nata a Torino il 1º novembre 1959, ha lavorato pure con Dario Argento.

Cosce fantastiche, amici.

2) Elisabeth Shue. Se conoscete un uomo normodotato che, vedendola in Via da Las Vegas, non vorrebbe essere al posto di Nic Cage, vi è solo una possibilità.

Quell’uomo è quell’uomo che, se avessi fatto lo psichiatra, oggi sarebbe in un centro di salute mentale.

3) Jennifer Lopez. Le si può dire tutto. Che, appunto, dovrebbe aprire bocca solo da un dentista per smacchiarsi dalle sue volgarità ma a cinquant’anni rimane una delle donne dal culo più bello del mondo.

Attrice pessima, cantante impresentabile, ballerina mediocre.

Figa però più stellare di Guerre stellari.

Con una cosa così ti viene una forza alla Luke Skywalker che nemmeno la spada de foco di Mario Brega.

Se volete dire che non è così, laureatevi al DAMS.

Non fatemi però la fine di Carlo Verdone di Un sacco bello.

 

 

di Stefano FaloticoValeria+Cavalli+Rome+Film+Festival+2008+Lultimo+5yDTcLNZHg8lValeria+Cavalli+Rome+Film+Festival+2008+Lultimo+ATQJLrgIOAZlValeria+Cavalli+Rome+Film+Festival+2008+Lultimo+TedfKPKvyuUl

Attori bolliti: Mickey Rourke, tremila operazioni di chirurgia plastica


09 Jul

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Ed eccoci qua, col “fallito” per antonomasia, il mitico, inaffondabile, con all’attivo tremila operazioni di chirurgia plastica facciale e corporale, Philip André Rourke Jr., comunemente conosciuto come il fantastico, poliedrico, mutevole e imprevedibile, pazzo, vituperato, osteggiato, odiato Mickey Rourke. Nato il 16 Settembre del 1965 a Schenectady, cittadina nello stato di New York, sulla quale aleggiano varie leggende riguardo la strana sua nomea.

Checché ne dicano i suoi detrattori, Rourke è un attore in toto, a tutti gli effetti e non è un performer improvvisato, perché ha studiato recitazione col rinomato Lee Strasberg, un attore da Actor’s Studio, insomma, e ha preso meticolose lezioni di recitazione addirittura insieme ad Al Pacino, uno dei suoi primi mentori, sebbene non abbiano mai lavorato in un film assieme.

Hollywood si accorge di questo ragazzone estremamente fotogenico, dalle gote angeliche e dai tratti del viso quasi efebici, e lo scrittura nei primi film.

Al che lavoricchia come mezza comparsa in 1941 – Allarme a Hollywood di Steven Spielberg e prende subito confidenza con uno dei suoi registi preferiti, il grande Michael Cimino, ritagliandosi un cameo nel magnifico I cancelli del cielo. E sull’affiatamento fra i due scriverò nelle righe seguenti. Nel giro di una manciata di anni, Rourke diventa un divo, e assurge a protagonista assoluto di capolavori come Rusty il selvaggio di Francis Ford Coppola, e d’interessantissime pellicole come Eureka di Nicolas Roed e Il Papa del Greenwich Village. Splendendo anche quando s’imbruttisce e ingrassa per il suo sentito ritratto di Bukowski nel bellissimo Barfly di Barbet Schroeder. Sì, lui è come l’alter ego di Charles, Henri Chinaski, un ubriacone che rimane intatto nella sua purezza nonostante la sua vita affoghi nella melma e, paludare, sprofondi nell’euforica malinconia da canzone dei folli.

Arrivano le grandi interpretazioni, i ruoli cult quasi si sprecano, fra Angel Heart di Alan Parker con un diabolico De Niro, Johnny il bello di Walter Hill, e il suo michelangiolesco Francesco per Liliana Cavani.

Ma è memorabile anche e soprattutto come Stanley White per Michael Cimino, appunto, ne L’anno del dragone. Lui e Cimino cementano la loro amicizia e assieme poi gireranno anche Ore disperate.

Rourke è sulla cresta dell’onda, non lo ferma più nessuno e allora ecco che si trasforma in bello e dannato per la gioia e gli ormoni femminili delle spettatrici, che non resistono dinanzi al suo visino serafico ma al contempo perversamente sexy.

Se lui diventa un idolo sessuale per le donne, Kim Basinger diviene l’oggetto proibito dei desideri dei maschi, con 9 settimane e ½ di Adrian Lyne, e poi Rourke ritenta il colpaccio con Orchidea selvaggia di Zalman King, il re dei softcore, filmaccio girato intrepidamente assieme alla sua compagna di allora, l’ex conturbante Carré Otis.

Al che, già dopo quest’imbarazzante tonfo colossale, la magia si spezza e arrivano davvero altre robacce. Film che se, proprio non vogliamo disprezzare, possiamo tutt’al più annoverare fra i “simpaticissimi”, ruvidezze tamarre e cafone come Harley Davidson & Marlboro Man, ignobili pasticciacci come F.T.W. – Fuck The World, oggetti strambi come Bullet e Double Team.

Ma Rourke non disdegna particine di lusso ne L’uomo della pioggia, ancora di Coppola, in Buffalo ’66 di Vincent Gallo, in Animal Factory di Steve Buscemi e ne La promessa di Sean Penn.

Era fra gli attori anche de La sottile linea rossa di Terrence Malick, ma Malick efferatamente l’aveva fatto fuori nel montaggio.

Il ruolo però che, secondo me, più gli si addice in quegli anni è quello del balordo farabutto de La vendetta di Carter con Sylvester Stallone, ruolo che rispecchia quello che, professionalmente e nella vita privata, è diventato, un puttanone.

Una mimesi che non abbisogna di particolare e perfezionato studio del personaggio.  Quel lercissimo Cyrus Paice è in fondo lui. E gli è venuto immensamente naturale. Senza sforzo, come si suol dire.

Rourke, nonostante abbia perso quota sensibilmente, è uno che ha molti amici di valore, e infatti con Robert Rodriguez gira C’era una volta in Messico e soprattutto si trasforma possentemente in Marv in Sin City e nel suo seguito. Ed è grandioso.

Rourke fa “comunella” anche con Tony Scott, prima che il regista di Domino e Man on Fire morisse prematuramente.

Poi, quando tutto sembra perduto, ecco che arriva un altro ruolo che vale una carriera, un ruolo inizialmente proposto a Nicolas Cage che, per ragioni ancora d’appurare, dapprima accetta e poi rifiuta. E dunque sopraggiunge a sorpresa lui, il nostro Mickey Rourke. Sì, Darren Aronofsky non ha dubbi, e non gl’importa nulla di rischiare su un nome oramai quasi dimenticato di Hollywood. Il ruolo è quello di Randy The Ram Robinson in The Wrestler, film applauditissimo dalla Critica che vince il Leone d’oro a Venezia. Che fa volare altissimo il nostro Rourke. Vince un meritatissimo Golden Globe come migliore attore drammatico e viene candidato all’Oscar, perdendo soltanto per un soffio, ai punti contro lo Sean Penn di Milk.

Oh, sembra fatta. Dopo anni di dimenticatoio e pellicole alimentari, Rourke pare nuovamente rilanciato.

Allorché i distributori italiani, sulla scia del successo di The Wrestler, decidono di rispolverare film che Rourke aveva girato prima, ovvero Killshot e The Informers. E Jon Favreau con la Marvel lo vuole come villain russo in Iron Man 2. E Rourke non è affatto male neanche in Immortals di Tarsem Singh.

Siamo arrivati al 2011. Ma da allora, plof per l’ennesima volta, ancora super trash per Rourke o film decisamente di second’ordine.

Intanto, di frequente viene beccato dal Daily Mail per le strade di Beverly Hills, in mise assolutamente indecenti.

Ma Rourke è questo. Nel bene e nel male.

 

 

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di Stefano Falotico

Genius-Pop

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