Posts Tagged ‘Diavolo in corpo’

L’ESORCISTA di WILLIAM FRIEDKIN? No, ho le corna in testa, miei cornuti. Mangiate e usate i cornetti, evviva Il rito!


07 Apr

91785870_10216129042721679_259445771621892096_oQuesta è la video-recensione gigionesca. Oserei dire giullaresca. In tempi di quaresima, no, quarantena, questo è il film che fa per voi. Per me, non lo so. Per molti anni infatti fui monastico, forse solo iconoclasta. Ah ah.

Il ritratto iconografico di un uomo sfigato, sfigurato, indemoniato, sfregiato, crocifisso o forse solo appeso a un chiodo, cioè il mio giubbotto di pelle. Fui sul punto di sfiorare la santità. Invero, persi la mentale sanità. Ma la recuperai, sì, diventando superiore a ogni monaca superiora di clausura e battendo pure ogni monco. Adesso, anche le donne angelicate vogliono possedermi ma continuo a preferire Maruschka Detmers di Diavolo in corpo L’ora di religione.

Non sono per niente fin… o, bensì un uomo alla Bellocchio, è inutile che mi facciate il malocchio, figli di ntrocch’.

Non potete farmi nulla se non, per rabbia, divenire blasfemi e malsani, inverecondi e iracondi da Pugni in tasca.

Comunque, L’esorcista non fa paura a nessuno. Neanche a gente ingenua e campagnola che adora L’esorciccio. Cari ciccini, da piccolo massaggiai il mio topolino Ciccillo, regalatomi da miei parenti lucani. Ricordate, non si sevizia un paperino…

Ah, parenti serpenti, anche loro spesso irascibili, dunque vulcanici. Però Ciccillo è un nomignolo partenopeo, suvvia, non facciamo i napoletani e i vesuviani.

In Sicilia vi è l’Etna, scrissi il libro Il diavolo è un giocattolaio ma, a differenza di ciò che afferma Anthony Hopkins in questo film, non sono un ingannatore. Anthony dice, a ragione, che la gente mente a sé stessa per non affrontare la realtà.

Dunque, spesso magnifica C’era una a…  Hollywood di Tarantino perché, secondo me, è più frustrata di Charles Manson.

Diciamo che io fui ingannato, quasi scannato, da gente troppo perbenista sistemata, come si suol dire, perbenino.

Insomma, Rambo mi fa un baffo. Anzi credo che, come Mefistofele, sia pure cornuto. Infatti, Rambo è ascetico. In tutti i film della saga, il secondo peraltro è una sega, cavalca solo stalloni di razza.

Comunque, sì, Rambo è un puro. Un unicorno.

Facciamo i seri!

Ma aggiungerei questo. Conobbi molti psichiatri. Sono fissati con la schizofrenia. Per forza, la loro moglie è posseduta dai loro pazienti più deliranti. Gli psichiatri fanno credere loro di essere pazzi quando in verità vi dico che vogliono solo sedarli, altrimenti chiederebbero il divorzio, da soli impazzirebbero e comincerebbero a seguire le repliche di Gabriele Amorth.

Questa battuta o la capite oppure siete da manicomio come il fratello della co-protagonista di questo film. Internato a 19 anni.

Oggi, recensiamo una pellicola piuttosto recente. A nostro avviso, leggermente sottovalutata dalla Critica, ovvero Il rito di Mikael Håfström (1408).

Il rito dura un’ora e cinquantotto minuti e fu distribuito, tramite la Warner Bros, sui nostri schermi l’11 Marzo del 2011.

La sceneggiatura è di Michael Petroni ed è ispirata (suggested by…) al libro saggio di Matt Baglio, cioè The Rite: The Making of a Modern Exorcist, da noi tradotto ne Il rito. Storia vera di un esorcista di oggi.

Trama:

Michael Kovak (l’esordiente al lungometraggio Colin O’Donoghue) è un giovane statunitense che lavora per suo padre Istvan (il compianto, grande Rutger Hauer), impresario di pompe funebri.

Per emanciparsi dalla tradizione di famiglia piuttosto macabra, funerea e cimiteriale, controvoglia s’iscrive in seminario. Michael non possiede alcuna vocazione religiosa ma, durante una notte lugubre e tempestosa, assiste una ragazza scampata, per miracolo, a un grave incidente stradale.

Il suo mentore spirituale, Padre Matthew (Toby Jones), assistendo all’evento, rimane impressionato dal modo graziosamente caritatevole e fino col quale Michael s’approcciò alla ragazza, consolandola e benedicendola con parole di estrema, profonda delicatezza.

Al che, stupefatto e commosso dalla spiccata, forse innata indole di Michael per le persone disperatamente angosciate, lo dissuade dall’abbandonare il suo percorso ecclesiastico, raccomandandolo invece, come rappresentante speciale della diocesi, a Lucas Trevant (Anthony Hopkins).

Un prete ritiratosi a vita privata che, a Roma, esercita la missione di esorcista. Da lui praticata nella segretezza spettrale della sua fatiscente casa immersa, forse, nella quietezza e nel buio misterico e ancestrale non soltanto della città eterna per antonomasia, bensì metaforicamente nelle viscere dell’eremo, potremmo dire ermetico e persino dogmatico, del suo cuore tenebroso di uomo afflitto da una perpetua fede perennemente, religiosamente tormentata. Interiormente combattivo contro ogni ateo e indefesso, caparbio sostenitore del suo dubbioso eppure inscalfibile, permanente credo religioso granitico e incrollabile. Anche forse infallibile…

Trevant è infatti convinto, malgrado le perplessità e lo scetticismo della medicina psichiatrica, che il diavolo esista realmente e che davvero, in molti casi di ragazze possedute, nelle loro menti e nelle loro anime sconvolte, non risiedano ragioni di natura psicologicamente perturbante. Sì, secondo lui, il maligno alberga viscidamente in loro e se ne celi con scaltra, pericolosa malizia. Quindi, a suo avviso, gli scompensi delle donne e anche degli uomini affetti, potremmo dire, da deliri demoniaci, fermamente non credo che siano spesso razionalmente e scientificamente spiegabili.

Intanto Michael, nel frattempo ancora incredulo e miscredente, incontra una giornalista, Angelina (Alice Braga), giunta nella capitale per prendere informazioni da vicino, facendo ricerca sul campo, come si suol dire, riguardo lo strano, occulto fenomeno dell’esorcismo. Frequentando, d’altronde come Michael, le lezioni a riguardo, tenute dall’inquietante Padre Xavier (Ciarán Hinds, religioso ambasciatore in Silence e il suo ruolo, per l’appunto di Mefisto in Ghost Rider – Spirito di vendetta, probabilmente docet).

Ovviamente, nell’ultima mezz’ora, a Michael salteranno molte certezze poiché verrà divinamente messo alla prova quando lui stesso sarà costretto a esorcizzare il suo maestro.

Ecco, Il rito è un film mediocre, certamente. Ma, come scrittovi a inizio recensione, le bassissime medie recensorie piovutegli addosso impietosamente, ai tempi della sua uscita nelle sale, col senno di poi c’appaiono ingiustificate e del tutto ingrate. Diciamo, furono superficiali ed esagerate.

Poiché Il rito, a dispetto di molte banalità e di alcune gratuite scene ad effetto piuttosto scontate, può vantare una bella, suggestiva scenografia e può avvalersi, come soventemente accade, di un Hopkins in ottima forma gigionesca e carismatica. Il cui ruolo sarebbe da confrontare, di parallelismi meta-cinematografici, col suo meraviglioso papa Ratzinger de I due papi.

Il suo Trevant, peraltro, è una sorta di versione religiosa, antipsichiatrica del suo celeberrimo cannibale Hannibal Lecter. Come sappiamo, freddo, analitico e spietato esploratore dell’animo più antropofago e carnale, sottile, perfido e viscerale indagatore perfino del suo corpo e della sua psiche totalmente sconsacrata, elevata, intellettuale ma anche animale.

Inoltre, la tetra fotografia di Ben Davis non è quasi mai da cartolina. Come invece purtroppo accade coi film stranieri girati nel nostro Paese.

Il rito mantiene anche un buon ritmo e, in più punti, sa intrattenere con dialoghi intelligenti, inchiodandoci alla sua visione con una ben distillata tensione.

Il rito è un film che merita un’immediata, ampia rivalutazione.

L’unico, vero difetto vistoso che possiamo imputargli è sinceramente quello di avere, nel suo eterogeneo e multinazionale cast, Maria Grazia Cucinotta. Presenza qui, come non mai, puramente accessoria e inutile, per di più mal utilizzata.

La Cucinotta interpreta, con pochissime battute all’attivo, Andria. Vale a dire la madre di Rosaria, la ragazza indemoniata, incarnata invece dalla brava Marta Gastini.

L’esorcista dei vostri demoni interiori: The Irishman è un capolavoro, i cinecomic non valgono Joker, Marra e il critico Alò sono Linda Blair indemoniata e io invece il curatore di ogni grammatica, anche cinematografica di tutte le anime malate

Ora, l’altra sera rividi Il rito con Anthony Hopkins.

Già vi narrai degli antefatti che stettero alla base della mia illuminazione, ah ah.

Sì, eppure con perizia, non psichiatrica, bensì minuziosa e ponderatamente calibrata, discendendo alle origins del mio Joker o forse del mio Superman, dopo le furie mie vendicative da Uma Thurman di Kill Bill defraudata della sua purezza delicata da donna forse quasi angelicata, perdonando ogni inventore di fandonie e combinatore di porcate come David Carradine, uno che, più collezionista di fumetti fu solo un fumato archivista di nefandezze, benedicendolo dall’alto della mia maestria e della mia giusta sofisticatezza, senza trucidarlo con mosse da disciplina di Hokuto alla Ken il guerriero, su musica epica di Ennio Morricone, volai nel vento, sublimando ogni trauma patito nella costernazione più evidente.

Ogni mio trauma fu rinsavito, non so però se sarà beatificato o glorificato, miei uomini ingrati.

Dopo lotte fratricide assolutamente evitabili eppure tremende, dopo varie amnistie concesse ai miei contendenti che provarono a distruggermi psicologicamente con bieche reprimende dolorose quanto le ferite inferte da oggetti appuntiti e contundenti, dopo tanto mio e loro ottundimento, dopo psicanalisi miei reminiscenti un passato non proprio lucente, dopo tanti equivoci e fraintendimenti, dopo perfino che persi la mia mente, dopo molti anni passati nell’oscurità del mio tenebroso solstizio assai poco brillante, sì, mi tolsi qualche sfizio e mi liberai di vecchi, patetici vizi aberranti.

Ritornando lindo, fulgido, forse ancora un po’ dal mondo fuggitivo eppure non più schivo né schiavo.

Insomma, risorsi rifulgente, digrignando dapprima i denti, enormemente soffrendo. Quindi sciogliendo ogni mio interiore nodo poco smagliante con indagini riflettenti questa vita vostra da fetenti, persino sbudellandomi le interiora tormentosamente, mi mostrai non più mostruoso o malmostoso, bensì mi denudai più esteriormente ancora ruggente. Non più arrugginito.

Giammai fatiscente, talvolta volontariamente deficiente e maledetto decadente eppure non ancora decaduto né perduto in questa società rabbrividente.

Applauso! E che sia sc(r)osciante.

Confessando l’atroce verità con ilare onestà straziante, redimendomi da una vita troppo mia mentalmente abbiente, dunque malvista dai ricchi possidenti moralistici però ipocritamente materialistici e loro, sì, davvero nella vita perdenti anche se nella figa indubbiamente spesso scalpitanti e molto ficcanti, ridendo di me stesso con autoironica beltà auto-strafottente, mi ridestai nuovamente. Gioendo interminabilmente.

Smascherando molti vili che, mentendo a sé stessi con gratuità sconvolgente, si credettero fortemente virili quando in verità vi dico che furono e sono ancora uomini inutili adatti al porcile solamente.

Parliamo ora, con cognizione di causa e forse il mio ancora aperto caso, della malattia mentale, delle possessioni demoniache reale e dei vostri mali di vivere soventemente immaginari da ipocondriaci incurabili… irreversibilmente.

Fate venire il latte alle ginocchia, sì, voi uomini che vi credete mentori ma, invero, malgrado le vostre maschere da vincenti, non valete niente.

Parlate di gnocche, pensando di essere fighi nell’apostrofare il prossimo con superficiali patenti di sfigato e/o stolto nullafacente quando in verità vi dico che è esattamente nell’inverno del nostro chiuderci dentro che gli uomini e le donne trovano un’esistenza pienamente sentita, dunque interamente soddisfacente.

Ora, va fatto però un importante distinguo. Se gli uomini si aprono troppo, fanno la figura dei pagliacci. Se le donne chiudono eternamente, diciamo ermeticamente anche le loro gambe infinitamente, finiscono a fare le suore imperituramente.

Detto questo, voi credete all’esorcismo?

L’esorcismo è innanzitutto tutt’ora in voga, una pratica oscurantistica giammai superata e ancora segretamente attuata.

Molte donne possedute, forse non dai mariti, neppure dagli amanti, non vi credono e trovano la catarsi delle loro isterie nello yoga. Forse solo mangiando molti yogurt.

L’esorcismo viene praticato anche negli ospedali psichiatrici.

Sì, provate a recarvi all’Ottonello di Bologna o in cliniche specializzate ai mentali (mal)trattamenti come Villa Baruzziana, ne prenderete coscienza, orrendamente.

Persone addolorate, scioccate da tristissimi eventi a loro occorsi per sfortunate circostanze agghiaccianti, finiscono al pronto soccorso di tali posti orridi ove vidi molti preti benedire gli ammalati, lavandosene poi le mani dopo aspersioni poco nell’acqua benedetta. Semplicemente perché, bestemmiando, i traumatizzati furono scambiati per esseri indemoniati.

Perciò per assatanati malati.

Ora, assistetti dal vivo anche a delle ninfomani e a dei maniaci sessuali. Internati poiché, diciamo, troppo le loro voglie bollenti furono da loro, senza vergogne/a, esternate con far esageratamente, incontenibilmente effervescente. Ma non andarono sconsacrati, a mio avviso avrebbero meritato l’assoluzione abluente e spurgante ogni loro peccato carnalmente affliggente nel perdonare i loro desideri più ardenti delle fiamme dell’inferno.

Torniamo a Il rito.

Anni fa, come già vi raccontai, incontrai un ragazzo col quale divenni amico.

Fu lui a propormi di andare a vedere, nell’oramai remoto, mica tanto, 2011, tale film assai sottovalutato.

L’anno prima, peraltro, mi portò a vedere l’inguardabile L’ultimo esorcismo.

Mentre, quando m’invitò a casa sua per bere assieme amichevolmente un caffè, di notte si collegò spesso su Rai 3 per visionare le repliche molto serali concernenti le pratiche esorcistiche di Gabriele Amorth. Oggi morto.

A cui fu dedicato un film particolare, recentemente, da William Friedkin. Indimenticabile autore de L’esorcista.

Fu allora che cominciai benevolmente a nutrire dei sospetti su di lui da fine indagatore à la Mindhunter.

No, non mi trovai di fronte a Dente di fata di Manhunter né dinanzi a Errol di True Detective.

Bensì dirimpetto a un ragazzo che sublimò le sue mancanze, anche sessuali, nel delirio maniaco-religioso meno a sé stesso provvidenziale. Forse però assistenziale…

Poiché alle superiori fu immondamente bullizzato da coetanei empi che lo umiliarono in maniera pazzesca ed allucinante. Cosicché il suo vuoto s’illuse di riempire, sublimando nel suo solipsismo spirituale ogni angoscia, frustrazione sua mal assorbita e mai sopita, nel fare molto l’elevato sofista amante degli esorcisti.

Naturalmente, per esorcizzare sé stesso, inconsciamente, liberandosi in modo effimero, sterile ed estemporaneo da ogni male oscuro suo di natura irrazionale.

Detto questo, Hannibal Lecter mi fa un baffo.

Andiamo avanti.

Vedo ogni giorno persone derelitte che, pur di appagare le loro vite miserabili, comprano pure dei rettili orripilanti da tenere in casa. Dato che, a quanto pare, il loro fare i vermi solitari non basta. Indossano pure gli anfibi più schifosamente colorati. Alcuni hanno anche i capelli cotonati come se non bastasse la loro vita ovattata.

Sì, la gente è viscida ma questi sono sinceramente ancora più repellenti e andati…

Ah, incontro un altro malandato per strada. La sua vita, come si suol dire, andò completamente a puttane.

Le uniche donne che, fra l’altro, non solo da tale individuo furono e vengono mal pagate, bensì mal palpate, più toccate di lui comunque, che gli donarono momenti di grazia.

Diciamo anche di fazzoletto e garze.

Ora, che c’entra The Irishman?

Da me il primo, così come disse Terry Gilliam, l’ultima sua mezz’ora m’apparve senilmente girata e scontata, addirittura retorica e didascalica.

Ma a ben vedere, rivedendola…

Frank Sheeran/De Niro sta nella sua stanza e l’infermiera gli misura la pressione. Lui le mostra la foto dell’amico Jimmy Hoffa. Personaggio che, ai suoi tempi, fu famoso quasi quanto John Fitzgerald Kennedy.

Hoffa fu da lui sciaguratamente assassinato.

L’infermiera non sa chi sia Hoffa e dice a Sheeran di stare soltanto buono e calmo ché deve misurargli, per l’appunto, la pressione.

Pensando già, fra sé e sé, che presto avrebbe smontato dal lavoro per incontrare il suo moroso. Andando al cinema a vedere Checco Zalone. Cado dalle nubi!

Quindi, come poterono avere il coraggio Marra e Francesco Alò ad affermare che The Irishman sia un filmetto?

Che dio vi benedica.

Come si suol dire, se non v’arrivate, andate riabilitati.

Ma, per caso, dove mai abitate?

No, non m’interessa. Mi piacerebbe però sapere come fate a vivere felici se il vostro cervello è disabitato?

Forse perché l’abito fa il monaco?

Capisco…

 

di Stefano Falotico

L’ufficiale e la spia, fa bene Polanski a sputtanare il sistema


25 Nov

garrel accuse

Introduzione: spero che venga colta l’ironia che sta dietro molti miei scritti. Da considerarsi flamboyant, cioè goliardicamente giocosi eppur veritieri di una realtà menzognera che si cela dietro false apparenze e istituzioni ove lo status quo è andato a farsi fottere da un bel po’, ohibò. Oh oh.

Orbene, figlioli, donne saccenti ma invero dementi, uomini saggi eppur inconsapevoli di essere solamente dei tonti, L’ufficiale e la spia è un grande film. Capolavoro, no, ma vi va vicino. Così come io avvicinerei non poco la moglie di Roman, Emmanuelle Seigner. Donna da luna di fiele a cui offrire una canzone romantica della stazione radio Lattemiele e anche di Pane Burro Marmellata ove passano sempre dei pezzi da “strappa-mutande” per baci alla francese come quelli fra Louis Garrel e Laetitia Casta.

Qui, ci sta la prima freddura falotichesca.

Passeggio per strada con aria sconsolata. Al che, avvisto una bellissima ragazza, anche se un po’ magra. Questa qua deve mangiare solo insalata. Cerco d’insaporirla subito, dandole migliori cibarie più proteiche e vitaminiche poiché, sebbene sia ben palestrata e coi piatti addominali da tartaruga, a forza di ficcarsi in bocca solo la lattuga, non conosce più la carne arrostita d’una deliziosa salsiccia al sugo…

– Ciao, ti piace fare all’amore?

– Ma come ti permetti? La prima domanda che mi fai è quella? Comunque, no, sono casta. Quindi, tu mi hai avvistato e sei arrivato subito alle conclusioni…

Mah, di mio, in realtà pensai solo… che sei castana. E, visto che siamo a novembre, forse dovresti leccarti delle caldarroste, dette anche castagne.

Comicità grottesca: è una vita che ti aspetto, dolce signora… della morte, sì, intanto attendo invano la morte sul divano, aspettando che escano altri godibili film malinconici

Rosemary’s Baby è risorto, andiamo di J’accuse e tutti quanti di nuovo in tribunale!

Tutti a raccolta, miei prodi. Voglio una baraonda con la folla che, in preda a un giustizialismo atroce, inneggi alla libertà. Basta con gli esili, con gli asili, con gli asini.

Ecco la persecuzione necessaria, tremenda, quella che v’andaste a cercare! Bifolchi, stallieri, stalloni, finti cavalieri.

È giunta l’ora che la tragedia sia risarcita, che ogni ammenda sia pagata e che anche colui che, vicino al semaforo, mendica, riceva l’assistenza pubblica di un medico.

Dov’è finito lo Stato? Dobbiamo subito costituire un nuovo statuto. Ora, scusate, permettetemi uno starnuto. Anzi, datemi anche della Sambuca.

Io nacqui a Bologna e sui suoi colli v’è la basilica di San Luca. Tu invece, donna sicula, suca…

Nacque il figlio del demonio e, appena partorito dall’utero, urlò:

– Basta, uccidetemi subito. Questa vita sarà solo un inferno!

 

Sì, da tempo immemorabile, la mia vita è distrutta dai miei demoni interiori. Pullulano, a volte cazzeggiano e si distraggono. Mi lasciano per un po’ in pace poiché vanno al bar a giocare a carte ma poi, dopo essersi svaccati anche con qualche prostituta raccattata nella bettola lì a fianco, rincasano e perseverano a darmi il tormento. Esistenziale ma soprattutto esiziale.

E non vi sarà mai cura cicatriziale! Basta coi punti di sutura. Basta, sono solo una fregatura. Tanto la pelle e le palle non torneranno come prima.

Basta anche con Scienze delle Comunicazioni, dell’Educazione e della Formazione. Bisogna, quanto prima, istituire Scienze della Fornicazione.

Convergenza di tutte queste materie. Basta con queste istituzioni della minchia che provocano solo ottundimento. Dobbiamo protenderlo con ardimento.

Sì, l’uomo primitivo divenne Neanderthal. Quindi, cominciò a comunicare. Unicamente per far capire a una donna che era più elegante se prima dell’atto sessuale, eh sì, le si poneva da distinto gentiluomo.

Tanto, l’istinto è quel che conta da che mondo è mondo.

La psichiatria è pornografica. Se uno è un diverso, ti sedano o ti castrano, ti lobotomizzano o ti fanno credere che la vita è bella anche se non sei, come gli altri, cioè un maiale, miei porcelli. Gli psichiatri vogliono non solo la parcella. Fidatevi, donne che usate il fazzoletto.

Appunto! Dov’è finito il carabiniere appuntato? Prenda appunti.

Il demone sotto la pelle di Cronenberg, Diavolo in corpo e La visione del Sabba del Bellocchio sono stronzate. Ah ah.

I demoni di Dostoevskij…

Sono nefasti, io sono Faust di Goethe in mezzo a questi spiriti interiori che, dalle viscere del mio fegato amaro, estemporaneamente risanato, ribollono feroci per farmi incazzare in maniera ancora più profonda e irosa. È tutto un brivido caldo e corporeo, un ludibrio.

Al che, adocchio una donna molto succulenta e seducente dal fascino diabolico. Vorrei esserle adiacente, ficcante e bollente, dunque me la faccio, no, le faccio un’avance piccante che la bruci subito, inventandomi qualche diavoleria affinché me lo succhi al dente.

Lei è angelicata, pura, stupenda, pudica e forse anche vergine come Beatrice, invero una fottuta meretrice. Al che, i demoni infingardi, consiglieri fraudolenti da Divina Commedia della mia (in)coscienza, mi traviano, fregandomi quello che poteva essere uno scottante orgasmo anche in mansarda. Inducendomi a dirle che, dopo aver mangiato un pecorino sardo, vorrei metterla a pecora col formaggio:

Vade retro, Satana. Sì, sei una donna che mi sta inducendo in tentazione malsana ma, nonostante tu sia una figa bona, ho una magnifica reputazione da Gesù Cristo da mantenere intatta e savia. E tu, Maddalena del cazzo, sarai crocifissa e non ascenderai in paradiso di nessuna comunione dei nostri corpi.

La tua bellezza è celestiale, sei una dea dell’olimpo ma io sono Michelangelo e non avrai la mia Cappella Sistina.

Anzi, che tu sia eternamente maledetta. E che tu arda, strega mentecatta, squagliandoti come una megera medioevale. Sì, con te sarò oscurantista e bestiale. Devo dimenticarti quanto prima e dunque obliarti. Mi stavi la mente obnubilando, donna dai piedi caprini. Amasti, da quel che so, non solo Leonardo DiCaprio ma anche tutti gli altri biondini, compreso il mio vicino di casa, l’anziano signor Cecchini. Te la facesti perfino coi bovini e con quel ragazzo così giovane che è quasi un bambino.

Sì, volli inizialmente oliartelo affinché, tu sciolta a me, potessi slegarmi da ogni inibizione asfissiante. Pur di averti, mi svenai, quasi venni… al dunque e tu quasi cedesti, accettando il mio appuntamento al buio malgrado tu mal cenasti e il mio dolce ti sarebbe risultato indigesto. Tu, bastarda che mastichi anche quelli di Asti.

Ma volesti sorbirti lo stesso il mio sorbetto, cara la mia mignotta che è grossa di tetta ma, in quanto a cervello, non vale un etto… di salame. Inetta.

Sì, eri dolcissima come Cristina D’Avena e i miei corpi cavernosi s’ingrossarono subito di vene così infermabili che avrei dovuto esserti davvero venale, avrei peccato di venialità ma chiamarono solo il pronto soccorso per prelevarmi i globuli rossi d’eccesso a causa d’una esagerata, arrossata virilità che sfogai nel cesso.

Questa è la verità. Adesso, pur non avendo fatto sesso io con te, sebbene quasi mi provocasti un infarto, col mio sangue in sovrappiù, stanno praticando la trasfusione a una donna che partorì per artificiale inseminazione e, da allora, si sente in colpa per aver messo al mondo un figlio di nessuno. Un povero cristo.

Questa qui ora crede di essere pure, sì, la Madonna. Sì, mi avresti soltanto trascinato nella notte nera e, lupa, avresti divorato la mia immacolatezza più linda, fottendomi l’anima da poeta con far maligno e lurida lingua. Sì, desiderai incularti in maniera sanguigna ma poi riflettei e preferii andare in cucina e prepararmi una gramigna. Pene d’amore non mi merito, pensai. E così sia scritto. Così tu sia fatta da altri. Non isperate mai veder lo cielo, uomini come me d’inviolabile uccello, traghettatori alla Caronte delle anime perdute di tali peccatrici invereconde ché vogliono solo l’anaconda, non insabbiatevi in queste viscide che si pareranno dinanzi a voi come la Gioconda ma sono malafemmine oramai annegate nella perdizione irredimibile dei loro mefistofelici inganni a noi sporcamente orditi con ipocrisia lorda. Poiché, dopo che c’avranno fottuto, alzeranno a noi il medio dito e quindi domani sarà un’altra giornata soltanto di lavoro duro. Tutto oramai è perduto, questa vita ci trombò in modo dogmatico e assoluto.

Ma continuo a vivere come cazzo voglio io senza rotture di palle. Senza Chiesa e chicchessia, abbasso la borghesia. Se mi va, anche se non tanto va, faccio il dissoluto. Tu, non pensare a me, pensa alla salute. Fottetevi, io me ne fotto.

Invero, quando concepii e cagai questo scritto, scoreggiai e ne venne una stronzata.

Tanto, anche se non mi fossi spremuto le tempie, per lo sforzo, sarebbe uscito solo il mal di pancia.

Sì, conobbi una e scopammo.

Ma lei, dopo un po’, s’accorse che preferivo guardare i porno.

Da allora, rimase traumatizzata.

Sì, nessuno psichiatra riuscì a curarla, forse però ce la fece a incularla.

– Non ti preoccupare, non è morto nessuno.

– Dio è morto.

 

La caduta degli dei e andate tutti a fare in culo. Compreso te, babbeo. Vai messo nel loculo.

Uno mi scrive che dovrei fare l’impiegato comunale e da me riceve solo pugni allo stomaco in modo fenomenale. Gli spacco pure le mani e gli rompo il cranio.

Così, anziché dare le regole agli altri, non potrà neanche scrivermi porcate dietro una tastiera.

Ufficiale e gentiluomo?

Ma per l’amor di dio. Le donne non valgono un cazzo, gli uomini oramai sono delle donnette e son stufo delle mezze calzette.

Finale col botto e con le botte: sono Augusto Aguilera di Too Old to Die Young, detto il Principe!

Macellazione totale.

 

di Stefano Falotico

Diavolo in corto? No, si allunga ed è in tutti i cor(p)i, che lungometraggio!


27 Sep

 di Stefano Falotico

Per an(n)i, pensai di essere un pazzo da film di Bellocchio, invece impazzii da quando le “streghe” mi considerano solo belloccio e mi fanno i “malocchi”

Sì, sono definitivamente impazzito. Il mio telefono squilla a ogni ora, son “ricercato” anche dalle più “turbanti” squillo. Drin drin e non prendo requie, desiderano che entri nei loro culi come “quello” a cucù “incantato” ché appare-scompare di “becco” ficcante…

Insomma, voglion esser stantuffate ma io son stufo di questo entrar e uscire, ce l’ho oramai liso e m’han strappato anche tutte le camicie di lino. Me l’han “rasato”, sbucciato, ferito, spappolato, torturato, logorato, usurato oltre ogni “consumo” lecito e ora litigano fra di loro perché, dopo aver dato da “mangiare” al mio uccello, avendolo sbriciolato, desiderano pure “sbeccarmelo!”. Fra racchie, cornacchie, divoratrici, assatanate, “salate”, finte suore, “dolci”, patate esaltate e altre di carne “tonnata”, fra chi arrossisce timidamente e poi me l’azzanna ferocemente da lupa “strappatrice” ogni mio vizioso pelo, tra camere da letto sudate, bagnoschiuma e idromassaggi “schizzanti”, fra il dire e il “fare” c’è di mezzo il mare e le spruzzate, ecco la “doccia fredda”. Son rimasto all’asciutto di fisico spompato, “fantasmatico”, talmente d(ot)ato in tutti quei corpi da essermi scorporato. Scolorito, impallidito, così “impallato” da essermi rotto le palle. Annoiato, tanto fui a tutte “(st)ruggente” che me l’han distrutto (im)potentemente. E ora, dalla rabbia di ca(g)ne, (e)rutto!

Vaffanculo!

Basta scopare! Voglio solo scappare! Me le diedero tutte, dico tutte, a gambe di mio “(e)levato” e dai coglioni adesso levatevi!

Che (s)porco. Mi devo lavare. Troppo “esplosi” vulcanico di buchi caldi e roventissimi in mio lavico colar e tanto ora le lacrime a-mar colano e son solo… deluso.

Che valle di Pompe(i)…

Neanche il tempo di darmi… un appuntamento ed ecco che, in ogni “b(r)uco”, se lo ficcan dentro. Fra drogate, doghe, “alla(r)gate” di diga e, in men che non si dica, un’altra che non me la dia. Dio mio, no, non darmele! A queste non importa che sia “al buio”, fanno tutto alla luce del “Sole”.

L’altra sera, ad esempio, entrai… in un bar e neanche il tempo di ordinare il caffè e tutte, compresa la barista, mi “zuccherarono” talmente troppo di “top(p)e” in leccate al mio “ghiacciolo” al “limone”, che dovetti buttarmi poi nel congelatore per stare un po’ “gelato”.

Basta, basta(rde)! Non gliela faccio… più.

Datemi una “penna” e firmo la petizione per l’eutanasia. Pene! Altro che caso Englaro, questo “mio” è diventato un cazzo troppo “chiaro”.

Queste sembran belle addormentate ma per me “morirebbero” perfino, e per segno, altro che seghe, per “spararselo” su un letto di chiodi.

Son crocifisso, Cristo! Ho i miei diritti! Lasciate stare il mio “dritto!”.

Insomma, m(or)ale della storia e delle troie maiale.

Mi diedero per an(n)i dello schizofrenico e lo presi solo in culo.

Invece, ho capito di essere un genio e possono prendervi tutti/e in quel posteriore come e quando pare e piace a me.

 

– Signor Falotico, puttana la Madonna! Qui, la gente lavora e se lo fa dalla mattina alla sera. Mica come lei, che non fa un cazzo!

Ah ah, l’importante è che me lo facciano…

– Ti spari solo dei film!
Comunque sia, ricordate: più è lungo, che sia un film o un cazzone, se è bello, meno annoia. Ma spinge!

 

Ma non ho ancora finito, sebbene m’abbian “sfinito”.

Incontro uno e mi dice che sono una merda.

Io: – Avrai avuto un padre migliore del mio. Il mio m’ha insegnato a “bruciare” per vivere. Il tuo… m’hai detto che fa il ginecologo.

Ora, come mai, fra tutte le fighe che ha “esplorato”, ha “anal… izzato” solo quella da cui è nato uno storpio come te? Ha sbagliato lavoro, sai? Doveva farsela come me e mio padre.

 

Un’altra…

 

Nel 2008, mi ricoverarono all’Ottonello di Bologna perché molta gente bigotta mi fece… “impazzire”.

 

Entra il prete per la “benedizione”. Sì, in Italia, negli an(n)i duemila, la “psichiatria” crede che le anime “malate” possan esser “curate” anche con una “scrollata” di “acquolina”…

Il “prete” del cazzo mi “benedice” e però si accorge, urlando “Dio benedetto!”, che rimango sempre più maledetto.

Io: – Ora, crede a Satana, prete?

– No, Satana esiste ma deve morire!

– Satana sono io e, come vede, non muoio.

– Tu non sei Satana, ma solo un povero Cristo!

– Ah sì? Sa perché han “sbattuto” le pazze qui dentro? Le ho fatte… impazzire io.

– Che vuoi dire, “mostro?!”.

– Insomma, son tutte donne che hanno scopato con me. Tanto le “aprirono” tanto ora le han “rinchiuse”.

– E degli uomini, invece, che mi dice?

– Sono i loro mariti!

– E io chi sono, “fratello?”.

– Uno stronzo come tutti. Prete “caro”, si tolga la tonaca e veda di fottersela… questa (s)figa.

– E se non volessi?

– Volente o nolente, questa è, questa sarà. Così sia scritto, così sia (s)fatto.

– Sia lodato Gesù.

– Sempre sia lo(r)dato.

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)