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La quarantena c’ha provato, stremato, forse pure scremato, tremaste tutti così come io tremai ma si deve remare e l’amore e il cuore non andranno giammai più fermati


14 May

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Sai che cosa diceva quel tale? In Italia sotto i Borgia, per trent’anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos’hanno prodotto? Gli orologi a cucù.

(Orson Welles ne Il terzo uomo).

Sì, mi tengo tutta la mia “pazzia”. Mi fa sentire vivo, reattivo, come devo essere. Parafrasando Al Pacino di Heat.

Una delle caratteristiche che mi contraddistinguono è la mia alterità. In passato, essa fu malvista ed erroneamente scambiata per vacuità da errabondo, per patetismo laconico di un uomo troppo falotico.

Non per risalire a questioni araldiche di nobiltà medievali ma, sinceramente, malgrado mio nonno fosse contadino o, se preferite, coltivatore diretto, è altresì vero che io sia nobile, veramente.

La nobiltà abita, non so se sia abilitata o disabitata, eh eh, nella mia anima e sono disposto a perdonare i villain, pure i villani e gli screanzati che ardirono ad ardermi vivo, desiderando cattivamente che subissi devastanti umiliazioni al fine di dimostrare, assurdamente, da fascisti menomati, non so se meno amati (usando una loro espressione che dovrebbe indurre a un’amara, tristissima risata allineata alle loro battutine coi soliti doppi sensi ambiguamente impliciti e oramai intollerabili), di distruggermi la vita.

Ridendo, beati e contenti, di avermi invalidato. Sai che divertimento da beoti e poveretti.

Mi spiace deluderli. Persero la loro stessa idiozia.

I vecchi rimbambiti mi diedero infatti del vagabondo, le persone superficiali mi stigmatizzarono e inquadrarono entro la definizione di persona cupa e solitaria, pedante, pesantissima e dunque insopportabilmente cogitabonda.

No, non fui certamente James Bond e nessun mistero è chiuso in me alla Turandot.

Insomma, mi diedero del tonto e del poco di buono.  Sì, additato che fui da persone cieche nell’anima di essere lento e addirittura paranoico, fui persino accusato di andare con delle prostitute ceche, ovvero provenienti dalla Cecoslovacchia.

Ditemi voi se dovetti, per l’amor di dio, prendermi del puttaniere, gratis e poco amore, dalle madri racchie di questi ragazzi schiappe.

Poiché la gente sospettosa è avvezza a sparlare dietro le (s)palle, come dico io, inventandone tante.

Di mio, posso dichiarare in tutta onestà di essere sempre stato sveglio e mai un vigliacco.

Cacasotto è un appellativo che a me, una sorta di Michael J. Fox di Ritorno al futuro, non si dovrebbe mai dare. Come cazzo si permisero tali impostori?

Anzi, precocemente vigile e di occhio vispo, vegliai già nottetempo sulla scemenza generale anche degli uomini capoccioni e stupidamente caporali. Cosicché, m’assopii (in)volontariamente, pure da obiettore di coscienza di giudizioso servizio civile assai diligente, malgrado abbia sempre odiato i dirigenti, planando in lande più meste e contemplativamente amabili, remote dalle solite adolescenze che constano di ragazzini presuntuosi, oserei dire untori, cafoni e deficienti. Ché danno subito in escandescenza se si sbatte in faccia loro la verità più atterrente.

Minchia, signor Tenente!

Eh già, come i bambini che perdono a carte coi nonni, da loro squallidamente definiti boomer, essi ricusano la sconfitta e rigirano la frittata da totali sprovveduti oltremodo incoscienti.

Paradossalmente, sì, la mia esagerata, prematura e dunque troppo matura sveltezza nel pensiero, stando a contatto con coetanei rimasti parecchio indietro, seppur coprendosi dietro requisiti formali atti a certificare la loro mentale sanità dietro un ipocrita paravento, m’indusse a far sì che gli altri pensassero, per l’appunto frettolosamente, quindi da persone tardive e poco sensibili, che mi fossi addormentato e fossi precipitato in uno stato preoccupante di demenza, adombrandomi nella notte melanconica dei più tediosi lamenti, oscurandomi irreversibilmente nello spettro mio fantasmatico e nel diagnostico, psichiatrico specchio d’ipocondriaci tormenti, rosicando nel vedere le loro vite falsamente, ripeto, contente.

Sì, fui etichettato come persona invidiosa e gelosa, poco sessualmente golosa, diciamocela, malata di mente perfino pericolosa. Che figli di troia. Che facinorosi! Soprattutto faciloni! Dio mio, che farfalloni!

Poiché, già nauseato dalle fandonie di quell’età acerba ch’è l’adolescenza che fa rima con deficienza, ove si misura il prossimo in base a stereotipie peggiori di un’esegesi da italiano medio riguardo la poetica di Fantozzi, con estremo (dis)piacere, lasciai che tali villani assai vili inveissero su di me in modo atroce, sbattendomene altamente.

Sì, bisogna fottersene… bellamente.

Ah, allestirono assurdi deliri sul mio conto. Arrivarono perfino a credere che mi credessi Robert De Niro, il mio attore preferito di tutti i tempi.

Riuscirono addirittura a persuadere uno psichiatra forense che io fossi sofferente di disturbo delirante paranoide.

Al che, servii loro e all’handicappato che mi rifilò una diagnosi falsissima più del suo conto in banca senz’attestati… versamenti fiscali, il mio racconto Disturbo denirante.

Ci sta, secondo voi, come enorme presa pel culo sfacciata e terribilmente irriverente?

Abbastanza, nevvero?

Lottai per anni in tribunale affinché tale equivoco giudiziario nei miei riguardi, eh sì, venisse giustificato di risarcimento sacrosanto.

Nel frattempo, puntualmente, ricevetti altre missive bombardanti la mia dignità. Avendo pochissime prove in mano, reagii di nuovo scriteriatamente. Cosicché, dopo immani strazi, privazioni, osceni sacrifici e un inutile, agghiacciante calvario disumano dei più tremendi, per l’ennesima volta vinsi ogni balordaggine dettami e “attestatami”, essendo io l’unica persona al mondo dimessa, consecutivamente per ben due volte di fila, da un centro di salute mentale.

Ma io sono io. Mica una testa di cazzo qualsiasi. Insomma, questi qua furono proprio dei pazzi da manicomio. Diciamocela!

E ancora, assai presto, battaglierò in aula contro il solito criminale se non la finirà di scherzare in modo decisamente irriguardoso nei miei riguardi. Uno schifoso che mi suscita compassionevole benevolenza.

Sì, come detto, sono magnanimo e perdono questi magnaccia. Sì, questo qui, ancora infamandomi e descrivendomi come persona affetta da fobia sociale, finanche di schizofrenia ebefrenica, andando in giro, calunniandomi a iosa, dicendo a tutti, tutto ridendosela da irredento, che io sia un eunuco con un cervello piccolo quando vuole, con falsa cortesia, usare a mio danno un eufemismo tanto tenero e simpatico, invece malvagiamente offendendomi nel darmi la patente di disturbato, squilibrato e decerebrato necessitante, quanto prima, di psicofarmaci pesanti, quando gli piace e va a genio, non mio, la strafottenza più mendace, ecco… persevera a insultarmi con pusillanimità disarmante, con ingratitudine da burino lestofante.

Costui, dopo il mio volontario ibernamento esistenziale, emozionale ed anestetizzante, come poc’anzi dettovi, le mielose scemenze dei miei coetanei adolescenti, più che altro scemi, pressoché uniformemente uniformati a medietà conformiste imposte dai loro genitori all’apparenza grandi, invece castranti, quindi terribilmente arroganti, assieme a quella frigida repressa di su’ mamma, eh già, ancora insiste nel definirmi un bugiardo. Dietro una tastiera, naturalmente. Ove ogni porcata, se non opportunamente denunciata, segnalata e prestamente punita, passa gravissimamente inosservata.

Al che, liberatomi dal gravame delle infondate accuse che dal cielo mi piovvero, non ci piove che, finché tale stronzo non avrà sputato tutto il rospo, smerdandosi tutto nel vasetto, eh sì, tale bimbetto da me non sarà, per nessuna ragione al mondo, minimamente scagionato né perdonato.

Gli piace perseguitarmi, dandomi del maniaco e dell’invertito.

Vediamo invece se, unendo le forze congiuntamente coi miei attuali amici, i giochetti suoi invertiremo.

Se la sta già facendo nelle mutande?

Ah, ebbe il coraggio di dire che fui io uno che mentì a sé stesso per rifuggire una realtà che, a suo avviso, a tutt’oggi per me sarebbe inaffrontabile.

Ma per piacere, poveri pazzi e tapini rivoltanti. Sì, includo, in tale j’accuse, non solo il mentecatto, bensì tutta la sua razza di storpi e malati…

Atto accusatorio senza fronzoli!

Su’ mamma…

Oh, figliuoli, parliamo di una donna fintamente cattolica, giudaica e apostolica che sognò di essere una diva di Hollywood e si ridusse a recitare in parrocchia le sue versioni, non di latino e greco, bensì delle più leziose, francesi commediole.

Ecco come si spurga la donna bebè…

Ah, diciamo che col tempo m’indurii. Sì, fui un duro sin dapprincipio. Poi, a contatto con gente senza coglioni che mi diede del coglione, m’ammosciai in modo rude.

Ma forse sono Bruce Willis di Die Hard?

Ah, bolognesi che mi considerarono alla stregua di una negrona… ah ah, il cui unico, vero interesse culturale fu stressarmi, spacciandosi per intellettuali del cazzo.

Sì, che due marroni… gente che non conoscerà mai Gli amanti del Pont-Neuf e, soprattutto, Juliette Binoche di Cosmopolis. Ah, Juliette fu sempre donna di bellissime cosc’ da infarcire di crema dolce fuoriuscente da tali cornuti, no, da questi cornetti salati, detti mondialmente brioche.

Si sfaldano presto in bocca appena li addenti. Si sciolgono come un caldo soufflé.

Di mio, mi presero per bimbo poiché adorai i Sofficini e i Bastoncini della Findus.

Comunque, mi chiedo sempre come riuscì Ralph Fiennes, in The English Patient, a esserle così paziente.

Sì, dinanzi a un’infermiera come la Binoche, parafrasando Totò di Totò Diabolicus, siamo tutti dei pazienti che non hanno pazienza. E basta con Andrea Pazienza!

Per colpa di tali impostori, divenni Paz! Invece conoscono benissimo Apocalypse Now…

Ah ah!

Credettero che soffrissi di solitudini spaventose da Hotel paura!

Comunque, sì, lo ammetto spudoratamente, senza vergogna alcuna, divenni bergmaniano, amante perfino di Un’altra donna di Woody Allen e patii parecchio L’insostenibile leggerezza dell’essere.

Recitai, a tarda notte, pure il rosario in maniera ossessivo-compulsiva da Giovanna d’Arco della minchia.

Di mio comunque, eh sì, al Cinema di Bresson, a prescindere da Il diavolo probabilmente e dal mio essere inevitabilmente caduto in un’apatia all’epoca indubbiamente deprimente, preferii e tutt’ora prediligo Luc Besson. Anche se rimasi Milla Jovovich de Il quinto elemento.

Questa è bella, è bellissima, ah ah!

Sì, va detto. Milla è una gran figa.

E, a proposito di Bob De Niro, in Stone tradì tutti gli accordi con Edward Norton. Il quale, pur di scontare la sua pena, consegnò la patata di sua moglie, incarnata da Milla, al Bob volpone e assai porcellone.

Il quale, a sua volta, non tanto scontò il suo pene. Eppure lo scottò con lei… mica tanto da uomo perbene…

Ah, vite bruciate come la villa di Bob nel film. Povera Frances Conroy. In Stone, suo marito è un porco, in Joker, cazzo, suo figlio ce l’ha con un porcellino poiché, per colpa della politica di suo padre, Thomas Wayne, un capitalista più bastardo di Mel Brooks di Che vita da cani!, Arthur Fleck divenne un lupo mannaro americano a Gotham City…

Cazzo, roba più demenziale dell’appena succitato Brooks. Roba da John Landis!

In The Score, invece, Ed Norton pensò di essere più bravo, con metodo Actor’s Studio, di Marlon Brando e di De Niro stesso.

Sì, che bella figura… che bella fighettina…

Andiamo avanti. Al Jean Reno di La ragazza nella nebbia, preferisco mia madre. Anche se, in passato, divenne troppo religiosa. A Cose Nostre – Malavita, preferisco invece Léon.

A Natalie Porman di Heat, preferisco quella di Closer. Ragazza di ottimo culo, mica una matta sfigata poi ritrovata come ne Il cigno nero.

Ce la vogliamo dire? Il film di Aronofsky è una mezza puttanata e forse il caro Oscar dato a Natalie, eh sì, col senno di poi possiamo considerarlo davvero regalato.

Una sorta di premio simpatia nei confronti del suo personaggio di ragazza sessualmente frust(r)ata.

A quella di Thor, invece, preferisco Naomi Watts di Birdman. Ah ah.

Al Cinema di Renato De Maria e al Padre Nostro di tua sorella, sì, preferisco Gli spietati di Eastwood.

E quell’altro? Ne vogliamo parlare di Scamarcio ne Lo spietato?

Ancora rompe il cazzo a fare il malavitoso dei nostri stivali? Ma non fu da Keanu Reeves, in John Wick 2, inculato più di come la sua ex, Valeria Golino, si lasciò da lui stesso, cioè Riccardo (non tanto Cuor di Leone), tranquillamente sodomizzare?

Che poi… anche Valeria. Dovrebbe chiedere la cancellazione, dalla sua filmografia, de La puttana del re.

Tanto, basterebbero già Hot Spots! e Respiro per capire che non fu attendibile ne La guerra di Mario.

Di mio, posso dire che me ne tirai parecchie sull’ex ballerina Lorenza Mario, da anni non torno al mare e, a La Mer, celeberrima canzone melanconica per depressi oramai affogati irrecuperabilmente nell’oceano delle loro tristezze melmose da merdosi, preferisco fare un po’ la merda stupendamente odiosa.

Sì, stronzeggio quando gli altri troppo sulla mia vita cazzeggiano.

Qualche mese fa, chiesi un parere a una tizia:

– Sono di Bologna come Stefano Accorsi. Secondo te, gli assomiglio?

– Sì, sei simile a lui in Radiofreccia e in Un viaggio chiamato amore.

– Cioè, in modo cortese, mi hai appena detto che morirò suicida poiché pazzo come Dino Campana.

– In effetti, qualcosa del genere.

 

Ah, non dovete mai dare retta a Le fate ignoranti. Poi, uno crede davvero di avere Saturno contro. E si lascia travolgere dalle paranoie e dalle delusioni, tipici elementi che scatenano la schizofrenia apatica.

Accorsi è comunque un falso. Siamo tutti bravi a celebrare l’amore quando stiamo con Laetitia Casta.

Ma se lei ti lascia, ecco, non hai molte vie di figa, no, di fuga. Puoi mangiare le fave di Fuca, puoi diventare casto oppure leccare il culo ancora a Gabriele Muccino per rimanere tanto “Maxibon” e carino.

Infine, puoi venire, no, divenire il paziente, ricollegandoci al discorso sopra fattovi, de La stanza del figlio.

Baciami ancora? Ma che cazzo stai a di’!?

Se perderete un figlio, comunque, lasciate perdere Nanni Moretti. Non basta un barattolo gigantesco di Nutella per tappare il lutto. So io cos’è Bianca…

Lasciate anche stare film come Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Ah ah, di Enza Negroni. Una che mai si spostò da Bologna e, anziché girare vero Cinema, girò film pseudo-educativi come Rotta per il Pilastro. Meglio il Cremlino a queste donne da Cremino.

Di mio, da piccolo m’iscrissi a Nuoto alla piscina Record del quartiere, per l’appunto, Pilastro. Imparai a nuotare da solo durante giornate piene di Sole e, piuttosto che fare la rana, preferii essere un principe del giuoco della palle come Lionel Messi. Sì, giocai a Calcio sino a diciott’anni, arrivando fino alla categoria Juniores.

Poi, mi fu chiesto di andare in prima squadra. Ancora una volta, mi buttai viai. Dovrei prendermi a calci nei testicoli? Sì, sono un testone! Alla Negroni, al Negroni, alle negrone, a Nerone, al Martini e al mojito, preferirò sempre Dolls di Takeshi Kitano e Le iene di Quentin Tarantino.

In passato, non ebbi Paura d’amare. Bensì, paura di soffrire. Allora, soffrii del tutto come il protagonista de Le onde del destino. Ecco, dopo questo scritto, ora capite bene che il Kobra non è un serpente…

Ci siete arrivati, finalmente? Di mio, non sono pazzo come il cattivo di Cobra ma non sono neppure figo come Sylvester Stallone. Infatti, sono più intelligente di entrambi. Finisco così…

Su Facebook, un tizio scrisse: Joker è una cagata pazzesca. È molto sopravvalutato.

Al che, gli risposi con questa freddura:

– Perché? Tu non lo sei?

 

Quindi, lui gridò, inferocito!

– Che vorresti dire? Che sono una merda d’uomo?

– No, hai frainteso.

– Ah, menomale. Perdonami se ho equivocato.

– Sì, scusami. Volevo solo dire che, per quanto mi riguarda, puoi avere anche tre lauree e due donne di nome Laura.

Ma, lasciatemelo dire, secondo me di Cinema non capisci un cazzo.

– Capisco almeno di figa? – mi chiese lui, spaesato.

– Non lo so. La tua ragazza mi disse di no.

– Che cosa? Conosci la mia ragazza?

– No, non la conosco.

– Ah, perfetto.

– La conobbi ieri sera – risposi io con sesquipedale nonchalance.

 

Costui rimarrà sconvolto a vita. La sua ragazza di più. Ah ah.

Per quanto mi riguarda, comunque, non sono cazzi vostri.
Intanto, sono diventato il re dei fan di Anna Falchi. Ma sì, ne andai matto.
Mi sa che abbisogno di tornare alle belle donne come la mia donna attualmente amata.
Basta coi moralismi delle bruttone e delle fallite.
E, dopo la giacca incazzosa di Drive, presto a casa arriverà a casa mia una di queste due giacchette da vero maschilista amante del piacere più verace.
Ah ah.
Se non vi sta bene, mi sa che farete la fine di Leo DiCaprio di Shutter Island. Eh già, non gliela potete fare neanche se vi reggesse il gioco un amico buono come Mark Ruffalo. A voi non basterebbe nessuna cura da Ben Kingsley.

Vi credeste grandi, puttaneggiando con Gandhi ma, onestamente, siete soltanto degli ipocriti.

Ricordate Ove the Top, miei topi.

Falco sono io. Volete affrontarmi? Ok, Poi però non piangete.

 

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anna falchi

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di Stefano Falotico

WHEN THEY SEE US, il devastante pugno allo stomaco di Ava DuVernay, un plateale, giustissimo j’accuse potentissimo


02 Jun

amici de filippi

Stronzata del giorno:

Massimo Giletti è in verità Richard Gere. Come no?

Invero, vi è poca Felicity quando si incontrano donne stronze come la Huffman se siete solo piccoli grandi uomini come Dustin Hoffman.
giletti gere

Programma di educazione civica

Introduzione: nella mia vita ho sempre sognato di essere Bruce Willis di Trappola di cristallo ma non avrei mai immaginato di essere Die Hard.

Inno alla monumentale resilienza di un uomo che combatté l’ipocrisia delle persone e ora non gli danno neanche la medaglia al valore.

Che umanità di scarso cuore, che pusillanimità di gente dall’infido decoro, che persone perfide. Ma, come un infrangibile porfido, come un inscalfibile diamante pietrificato da questi uomini di pietra non più mi fido e proseguo nella mia (r)esistenza da costoro, gli impostori, domata eppur indomabile. Recalcitrante alle loro reprimende, non faccio ammenda dei miei sbagli e or tutta la scabrosità rammento. Per filo e per segno.

In quanto, come la strofa di una celeberrima canzone di Donatella Rettore, son sempre più splendido splendente. Anche se sempre meno i soldi spendo, mie scrofe.

Perché son parco? No, perché non ho il portafoglio dei porci.

Sì, chi da piccolo adolescente non sogna di essere come lo spaccone spacca-tutto Bruce Willis?

Uno alla Demi Moore che gliela dà facile perché con quella faccia da schiaffi qualsiasi sventola vorrebbe sigillarti duramente e in maniera eroticamente, sensualmente cristallina nel grattacielo delle sue svettanti, muliebri forme vertiginose, armandoti, no scusate, amandoti nella lietezza impudica e idilliaca di una stanza da letto calda e accogliente, motteggiando e “notteggiando” sulla bellezza morbidamente vellutata della vita graziosa, Già, dopo aver con codesta femmina provocante e maliarda, oserei dire piccante e delicata, fatto l’amore in modo smagliante con la sigaretta in mano fumante tanto stuzzicante e ancor ribollente del profumo delle pelli fragranti, roventi da amanti ardimentosi e ardenti, ti senti un uomo fra le labbra al dente che conosce l’odore del proprio sangue focoso e fremente.

Ma nella vita capisci che, più che unbreakable, potresti anche essere Glass e i tuoi occhi, a causa di troppe delusioni provocateti da donne apparentemente languide, inumiditi e tristemente illanguiditi, come vetro di Murano son ora incorniciati alla tua bella statuina di cera legnosa come il mogano. Non amate le donne dolciastre di glassa.

Sì, dopo pene d’amore e patimenti, dopo tante botte perpetrateti, prima eri un uomo spiritoso con la battuta perennemente pronta al vetriolo. Adesso, langui ruvido come carta vetrata nella solitudine più vana soltanto per colpa di una per cui eri follemente innamorato con la quale bramavi di giacere smutandato sul divano, che t’ha lasciato in verità soltanto malinconicamente esterrefatto perché solo, non tanto sola soletta, un altro si è fatto, rifilandoti la sola…, lasciandoti fritto e sposato, no, spom… to.

E t’ha pure diffamato, in parole povere sputtanato.

Oramai la frittata è fatta.

Ecco allora che, se non riesci a reggere alla batosta pazzesca, potresti trasmutare arrabbiato in James McAvoy la bestia, irosamente proteso verso un(a) life style manicomiale da hater con multiple personalità animalesche, poco sane e sante. Cristo santo!

Nuovi Anthony Perkins di Psycho pullulano infatti nelle strade e tu li adocchi malevolmente, giudicandoli frettolosamente in un gioco altrettanto a sua volta ipocrita di voyeurismi più scandalosi dello sguardo penetrante di Hitchcock Alfred.

Un’umanità mortificante qui infernale vive e arde fra bruciati uomini essiccati, no, eccitati solo dalla virtualità di sogni mostruosamente proibiti da piccolo-borghesi psicologicamente repressi e castrati che, di giorno lavorano rispettabilmente, e di notte si dimenano in webcam furiosamente.

A molti di voi è successo questo, lo so. Chi dice donna dice danno. E chi dice amici spesso non sa che questi si fingono dolci mici e invero son soltanto infidi nemici. Guardatevi le (s)palle da questi guardoni, da questi indagatori della biancheria intimissima della vostra vita fighissima e dunque allo stesso tempo sfigatissima.

Poiché gli uomini e le donne belle son tanto corteggiati quanto parimenti odiati e invidiati.

Così, fra una Giada con gli occhi da gatta, non una gatta con gli occhi di giada, che ti ha trattato da Bambi, tradendo la tua durezza e purezza con un ragazzo che farebbe a tutte le altre ribrezzo e baci di Giuda falsamente amichevoli di gente che doveva esserti a fianco nel momento del bisogno e invece t’ha sfiancato nel fondoschiena come un incazzato bisonte, cornuto e mazziato, beffato e trombato dalla vita non più briosamente e calorosamente ammicchi poiché totalmente ammaccato, avvilito nell’animo sconsolato, spappolato, probabilmente solo immobilizzato dalla caudina forca d’una società ove tutti fanno i fighetti ma in realtà davanti t’allisciano e da dietro, appunto, te lo rifilano, facendoti a fette come Ava DuVernay sostiene a tamburo battente in When They See Us, miniserie stupenda, cattivissima e verissima, ove denuda il marcio d’un sistema fascista assai svelto e qualunquista, in cui  sputtana magnificamente e non tanto allegramente questa cultura trumpiana da deficienti come fosse un’infoiata Spike Lee che dà pugni alle bugie più bruttamente silenti, rompendo a chiunque le ossa parimenti al mitico Bruce Lee e anche a Lenny Bruce, polemista e umorista pure fancazzista, scardinando dalle fondamenta questo sistema burocratico e istituzionalmente inconsistente che vuole arrivare immediatamente a conclusioni affettate, no, appunto affrettate, per chiudere ogni caso, insabbiando ogni porcata mai vista.

Un sistema ove le verità capovolte vengono rigirate a piacimento, che abbatte i ragazzi più stupefacenti e sognatori, un sistema ignobile che va combattuto con tutta la forza grintosa di John McClane, colui che è per antonomasia un genio menefreghista.

Non chiudetevi in casa. Fate ora del casino se avete subito un torto, un bullismo di troppo, una prevaricazione, un’altra sconsiderata esagerazione.

Denunciate, non fatevi intimidire, non fate il loro lurido gioco. A questi non dovete dare più spiegazioni.

Ai criminali va sbattuta in faccia solo una morale lezione da far loro davvero molto, molto male.

Quanti altri casi di ragazzi innocenti, i quali hanno solo avuto la colpa di ribellarsi vivamente ad adulti imbecilli già morti dentro, vedremo semi-lobotomizzati, che ne so, in un centro di salute mentale a venir imbottiti di farmaci semplicemente perché chi sapeva, che schifo, è stato zitto e chi ha combinato quest’orrore, oh mio dio, ancora dietro profili falsi provoca per reiterare il suo crimine orrido?

Oh Signore! Abbi pietà di loro.

Quante altre persone saranno incarcerate per la rapidità sistematica, appunto, di un mondo che vuole vederci chiaro subito e invece, oltre che invisibilmente omertoso, è stato biecamente appunto mostruoso e più criminoso dei sospettati, indagati, processati e dunque rovinati? Ma li salveremo.

Sì, sono cinico come John McClane.

Un idiota, appunto per provocarmi, disgustato dalla mia onestà intellettuale e psicofisica, mi ha da poco scritto: ma perché non ti ammazzi, ti sei mai chiesto perché esisti?

Esisto perché innanzitutto son più bello di te, so che ti girano le palle ma fottiti pure, quindi esisto perché, quando si commette un delitto perfetto, calcolato nei minimi dettagli, potresti non aver previsto l’insospettabile testa di cazzo che non butti giù neanche con le cannonate.

Questo scritto è dedicato a tutti quelli che stanno aspettando? No, hanno aspettato troppo prima di reagire. E poi hanno dato di matto, passando appunto per matti quando i pazzi erano gli altri.

A quelli danneggiati da gente, come impazza di moda oggigiorno in tale collettivo impazzimento e (a)sociale rincoglionimento, che manda commenti anonimi con cui offensivamente va crudelmente, sadicamente a parare puntualmente sulle più triviali, puttanesche battute sessuali volgarissime, ironizzando beffardamente ove non si dovrebbe mai scherzare e spingersi troppo con far becero e osceno.

Sì, un po’ del John Rambo e del McClane John ce l’ho eccome.

Pure profumato…

Carissimi, miei teneroni, son qui con questa epistola a illuminarvi ancora. Finitela con le vostre rivalse, i vostri odi, i vostri insulti da facinorosi e machi da quattro soldi. Basta con le pistole e i moralistici pistolotti.

Ora mi vedete? Cosa vedete?

Uno da prendere di nuovo pel culo o uno contro cui non vi sareste mai dovuti mettere? Basta la verità omettere. Che vi fa pelo contro pelo? Che palle!

Accendiamo la lucina nel vostro cervello malato della seconda che ho detto?

Amici e fedelissimi, vi dico questo perché oramai, ne ho viste così tante, che so come va il sistema.

Quello che persone molto stupide ancora non sanno è invece questo: non amavate gli uomini liberi e vi divertiste a provocarli vigliaccamente per incriminarli ingiustamente, convinti che ogni cosa si sarebbe sistemata per dormire vostri comodi, sereni sogni tranquilli.

Sì, il sogno è bello finché a casa vostra, fra pochissimo, non verrà recapitata di primo mattino una nuova chiamata in tribunale.

Che simpaticissima sveglia.

Cazzo.

Come diceva l’uomo a cui molte persone si rivolgono di domenica nelle loro fintissime preghiere farisee: Qui habet aures audiendi, audiat.

Come dice chi non ha bisogno invece di studiare a menadito il Latino per essere un Dio barbaro: la vita è come una scatola di cioccolatini. Può capitarti anche quello che ti fa giustissima-mente vomitare perché hai capito che sei una merda.

E stavolta t’ha inculato lui, demente. Svuotandoti e lasciandoti come uno stronzo.

Adesso, per piacere, levati dai coglioni.

facebook willis die hard

 

 

di Stefano Falotico

Frank Castle/The Punisher, il Falotico qui c’è tutto


26 Sep

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The Punisher

Un post condiviso da Stefano Falotico (@faloticostefano) in data:


Sì, l’uomo revenant, che rispunta dalle tenebre, sgattaiola nella notte e fuorvia le traiettorie percettive altrui, col solo potere del suo carisma inaudito. Scombussola ogni certezza soltanto alzando la fronte e incupendosi in viso, e dunque rabbuiando le mentalità bacate dei bigotti. Accigliato, si apre poi a squarci sereni di sconvolgente attrattiva. È irresistibile, non fa proprio un cazzo per esserlo, ma è divinizzato dalla sua natura onnisciente. Ah ah. Egli volteggia al plenilunio, si allupa per donne bellissime, se ne arde con parsimonia, donandosi con durezza che lascia sbigottiti e, sebbene in molti tentino di farlo andare fuori di testa, calunniandolo a man bassa, conserva una calma olimpica da guinness dei primati poiché, in questa società di scimmie e gretti conformisti, egli è uomo colto oltre ogni limite, che fa della sapienza la sua roccaforte, di mente sopraffina e muscoli di rara efficacia sexy. Un uomo che spinge…

Così, sebbene i maligni provino a intrappolarlo con depistaggi atti ad accecare la sua grandezza, a intorbidire il suo genio, egli ripesca la limited edition di Darkness of the Edge of Town, in quanto come Castle è fanatico irriducibile di Springsteen.

Sì, in realtà Jon Bernthal e Stefano Falotico sono la stessa persona.

Ecco svelato l’arcano.

Sì, con tanto di sigaretta grezza, barbetta infame e capello sfibrato.

Invero, devo andare dal barbiere perché lo shampoo che uso fa veramente cagare.

Insomma, dove lo trovate un uomo così autoironico, ma che sa il Falò suo?

 

di Stefano Falotico42557745_10212146497720543_1042574818290958336_n

 

Attori bolliti: Bruce Willis


07 May

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Ebbene, come non potevo inserire in questa rubrica l’oramai rintronato Bruce Willis? Eh sì, mai avremmo pensato che il macho John McClane della saga Die Hard si sarebbe fatto dire, nello spot Vodafone, sei de coccio ma ci sei arrivato dal simpatico ma boccaccesco Giorgio Gobbi. Insomma, che figuraccia…

Forse c’è stato di peggio. Penso a De Niro della pubblicità Beghelli… ma i “cattivi” esempi sarebbero tanti.

Ma torniamo al Bruce. Naturalizzato statunitense fin da subito, ma nato nell’ex Germania dell’Ovest, esattamente a Idar-Oberstein il 19 Marzo del 1955.

Ecco che partecipa a Il verdetto di Sidney Lumet e si fa notare per un paio di godibilissimi film di Blake Edwards, Appuntamento al buio e Intrigo a Hollywood. Ma nel 1988 fa davvero il botto, come si suol dire, e con Trappola di Cristallo diventa immediatamente un’icona dell’action. Parte appunto, come precedentemente accennato, la clamorosa serie Die Hard e Willis, nei panni del poliziotto immarcescibile che si piega ma non si spezza e stermina ogni cattivone, entra dalla porta principale e di diritto nell’immaginario collettivo.

Hollywood impazzisce per lui e anche le donne perdono la testa, tanto che si sposa con l’allora ricercatissima e iper-avvenente Demi Moore. E Willis, senza battere ciglio, gira film come fossero noccioline, incrociando peraltro autori pregiatissimi. E si va da La morte ti fa bella di Robert Zemeckis a Il falò delle vanità di Brian De Palma, dall’hit L’ultimo Boy Scout di Tony Scott al mitico Pulp Fiction di Quentin Tarantino, dall’Esercito delle 12 scimmie di Terry Gilliam ad Ancora vivo di Walter Hill, eccetera eccetera.

Non tutti i film da lui interpretati sono di rilievo, anzi, come dimenticare l’abominevole softcore Il colore della notte?

Ma tutti lo vogliono e Willis è sempre impeccabilmente un duro irresistibile.

Inutile che vi stia a citare tutte le pellicole che interpreta negli anni novanta e nel nuovo millennio. A forza di elencarle tutte c’è da diventar matti.

Dico solo che con Il sesto senso e Unbreakable di M. Night Shyamalan trova altri due ruoli quasi storici. E che Willis in quegli anni si dimostra versatilissimo, passando dai ruoli d’azione pura a commedie brillanti e perfino interpretando parti drammatiche.

Poi, un bel giorno Willis incomincia a girare roba come Setup e altre schifezze immonde della Emmett/Furla e, nonostante gioiellini come Looper e camei nei film di Robert Rodriguez, dal punto di vista attoriale perde quota in maniera sensibile. E precipita a ruota libera.

Il remake di Eli Roth del Giustiziere della notte con lui protagonista doveva portarlo alla ribalta, ma il pubblico non ha affatto gradito e la Critica è stata impietosa.

Lo attendiamo presto in Glass e in Motherless Brooklyn di Edward Norton. Mi parrebbe idiota dirvi che il regista di Glass è Shyamalan e che è il seguito di Unbreakable? Invece ve lo dico, ah ah.

Ma comunque, caro Bruce, a prescindere da questi due titoli, ci deluderai ancora alla grande. D’altronde, i futuri The Bombing e Reprisal sono certamente, come no, film che ti faranno “onore”.

Insomma, anche Bruce è invecchiato e maluccio.

 

di Stefano Faloticoattori-bolliti-bruce-willis-03

Al Pacino e i suoi “No” ad “Apocalypse Now”, “Die Hard”, “Star Wars”


04 Jun

He may be 73 now, and all his best-loved film performances are from the last century, but there’s no denying Al Pacino’s drawing power. He packed out the London Palladium last night for An Evening With Pacino – a curious one-off event in which he was interviewed by Emma Freud as clips from his best-known movies were shown, and genially answered questions from an adoring audience.

Most people left the theatre buzzing, seemingly happy they’d got their money’s worth. Not a negligible achievement, given that tickets ranged from £60 to £250. But for this event, which felt like a fan convention at times, Pacino was halfway home merely by having shown up.

In baggy all-black clothes, he ambled onstage and ran both hands through his hair all night as he talked. Emma Freud lobbed easy questions for Pacino to hit out of the park, and set the tone with her first comment: “Would it be all right if I said I wanted to lick your face?” Friendly grilling, then, rather than Freudian analysis.

Still, Pacino had interesting anecdotes. He’d enjoyed making Scarface (clearly the favourite film of many in the crowd), but found the Godfather trilogy “a long, awful, tiring story.” The studio was apparently poised to dump him from the first one, his first major film, in which he played Michael Corleone, because he seemed to be contributing little. Then director Francis Ford Coppola shuffled the shooting schedule, moving forward a scene in which Michael shoots rival mobsters in a restaurant. The studio suits saw the rushes and concluded Pacino was OK.

There were some decent revelations when he disclosed film roles he had turned down: Richard Gere’s in Pretty Woman (now that would have made it a different movie); Lenny (the role of Lenny Bruce went to Dustin Hoffman); Harrison Ford’s in Star Wars (“it was mine for the taking but I didn’t understand the script,” he quipped); and both Marlon Brando’s and Martin Sheen’s parts in Apocalypse Now.

The clips were exemplary: The Godfather and Scarface, of course, but also the great Dog Day Afternoon and his deliciously over-the-top crescendo of a monologue in Any Given Sunday, with Pacino as a football coach. We also saw a snatch of Scent of a Woman – far from his best movie, but the one that finally won him an Oscar for playing a blind, retired military officer. Asked by an audience member to say his character’s recurring phrase, Pacino obliged: “Whoo-yah.” The crowd went wild.

 

Still, they stayed politely attentive even when Pacino turned precious, discussing the theory of his craft and talking about an actor’s “instrument.” This was a crowd-pleasing evening, yet there was a cerebral edge to it: Pacino aired his grievances about why Americans find Shakespeare hard to get their heads around; he introduced a clip from his latest film, the art-house Wilde Salome, in which he stars with Jessica Chastain; and he concluded the night by reading an ee cummings poem and reciting part of Oscar Wilde’s The Ballad of Reading Gaol.

A few celebrities were sprinkled throughout the crowd: Paul O’Grady; singer Beverly Knight and Linda Henry from EastEnders, both looking smart – and, incongruously, ex-Spurs legend Ossie Ardiles. Also, inevitably, a gaggle of not-quite-recognisable D-listers, there primarily to flaunt themselves before photographers. For someone of Pacino’s stature, the list of invited guests should have been more impressive.

Still, an agreeable if eccentric evening. The thought occurred afterwards that Pacino’s performance was a subtle sleight of hand – giving the impression of sharing long-withheld secrets without revealing anything inadvertently. You can call him Al, but you don’t really know him at all.

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