Posts Tagged ‘edonismo’

5 è il numero perfetto? Chi nasce tonto non può morire (in)quadr(at)o, forse farà l’impiegato o cassaintegrato, emarginato e frustrato, chi nasce ROCKY BALBOA non può morire sfigato…


07 Mar

rocky stallone

In questa tetraggine indotta dal Covid-19, mentre la gente sta crollando, arriva uno strano tipo che è rispuntato dal nulla. Dio bono. Ma che roba è? Fa pure il figo con quella faccia da pesce lesso. Le espressioni sono da migliorare, è espressivo come il peggior Sylvester Stallone. Ma cos’ha? Una paresi?

Sì, è uno scemo, lo scemo del villaggio. Un povero disgraziato maledetto con un “gancio sinistro” che fa però paura. Credo che nessun uomo abbia preso così tanti pugni in vita sua, metaforici e non. Cavolo, pare “cerebroleso” come Rocky dopo l’incontro con Ivan Drago. È lento, abulico, è finito, è malato…

È un disgraziato malandato, un “pazzo” accertato e acclarato, perfino diagnosticato. Caspita, capito?

È una facile preda, non sa muoversi, è ridicolo e imbarazzante, che tristezza, fa pena. Ah, inutile dargli più addosso. Sarebbe come sparare alla croce rossa. Che mezzo uomo, mio dio. Va compatito, oramai è partito. Ma è un gran pagliaccio, dai. Ma ha almeno non un briciolo di dignità per sé stesso? Che vergogna!

Invero, costui comincia a saltellare come Cassius Clay, sta cominciando ad accelerare in maniera vertiginosa, George Foreman non capisce più niente, vacilla mentre Muhammad Ali gli balla attorno come Michael Jackson, che diavolo sta succedendo?

Il detto dice che a frequentare gli zoppi s’impara a zoppicare. A forza di farsi prendere in giro dagli idioti, invece, ci si convince di essere sbagliati.

Trovando la persona o le persone giuste, tutto ciò in cui avevate falsamente creduto va a farsi fottere in un istante. È come quando uno pensa di essere un gigante ma viene all’improvviso destabilizzato da un colpo di genio devastante. Il gigante è ferito, non è possibile. Urlava a tutti di essere dei nani e di avere il cervello piccolo, gridava entusiasticamente di aver capito tutto. Cavolo, ne era sicuro senza neppur battere ciglio. Si credeva un comunista, invece è un capitalista al limite dell’edonismo più esecrabile. Non è che assomiglia al “critico” youtuber Federico Frusciante? Solo lui sa tutto, non solo di Cinema. Non crede a Netflix e allo streaming. Poi, nelle descrizioni, sotto i suoi video, inserisce i link per acquistare i dvd da Amazon.

Ah, capisco, odia pure Prime Video… Bene… è molto coerente… di una credibilità disarmante…

Il gigante riceve una lezione di vita impressionante, memorabile. Scusate, offritegli una tisana, lo vedo sull’agitato. Sta bene? Che fa? Delira come un bambino di dodici anni? Ma allora è un infante!

Chiamate l’ambulanza, la sua situazione psicofisica è preoccupante, dategli almeno un calmante.

Cavolo, faceva tanto l’arrogante brillante e ha rimediato invece la figura del demente. No, non parlo di Frusciante, Frusciante semplicemente non crede a Netflix solo perché, altrimenti, senza la videoteca, finirebbe in mutande? O no? Non raccontiamoci stronzate, ah ah. Abbiate Fede…, ah ah.

Mi riferisco a un altro, un imbattibile gigante? Invero, fu sempre un gran cafone assai ignorante. Davvero, credetemi, un deficiente sesquipedale. Ammazza. Ancora diffama la gente… questo squallido mostriciattolo che abbisognerebbe solamente di psichiatriche cure pesanti?

Eh sì, a volte arriva uno che ogni certezza dei cretini annienta in un sol frangente, grazie alla sua forza illuminante. Un uomo considerato patetico e malinconico, da manicomio, invero raggiante più del Sole che sorge a Levante. Insomma, questo Falò è veramente uno che guarda il mondo da una prospettiva distorta e sbagliata, non sa leggere, non sa scrivere, non sa argomentare, direi che è proprio ineludibilmente così. Insindacabilmente!

Che dite? Siete d’accordo? Non si può vedere… ma sentitelo, quante incertezze che possiede, s’intravedono e scorgono visibilmente delle oscene timidezze insanabili. Per caso, è Adriano Celentano? Suvvia, fa ridere i polli. Sì, è al mille per mille, indiscutibilmente, un tonto. Be’, se lo dite voi…, si capisce…

A dircela tutta, la gente calunnia il prossimo in quanto incapace. Racconta fandonie.
Non sa affrontare la realtà, non capisce nulla di Cinema, di donne e della vita.
Finalmente, il Falò ha fatto capire a tutti come si sta al mondo.
Sì, per anni fui screditato. Mi accusarono di fobia sociale e varie malattie mentali, pensate.
Sì, andavo a Venezia per vedere solo gli attori. Frequentando nel frattempo, come il grande Depp con Brando, gente che aveva il doppio della mia età.
Sapete, i libri che scrivo, ah ah, non li ho scritti io. Certo! E gli accrediti da critico ufficiale di due riviste di Cinema, ah ah, me li danno perché sono un tonto a cui fare i regalini.
Certo, imbecilli!
https://www.ibs.it/libri/autori/stefano-falotico

 

di Stefano Falotico

JOKER è un film socialmente pericoloso? No, è purtroppo socialmente giusto


01 Oct

Premiere+Warner+Bros+Pictures+Joker+Red+Carpet+cbFUbTDhofLl

Sì, le polemiche riguardo il fatto che Joker di Todd Phillips possa scatenare, presso i giovani “disadattati”, delle manie emulative, aumentano a dismisura a poche or(g)e dal debutto mondiale nelle sale cinematografiche del film giustamente Leone d’oro alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia.

Un film devastante, titanico, cattivissimo, un pugno allo stomaco scagliato con potenza smisurata, riversata addosso alle panze piene di tutte quelle persone fintamente altolocate che occupano posizioni di estremo potere al vertice della scala gerarchica. Appunto, più abbiente.

Dunque, suprematiste, impongono la loro visione del mondo insensibile, fredda, plastificata, disarmante, aberrante e sinceramente terrificante. Praticando psicologico terrorismo verso coloro che non se n’attennero, attengono e atterranno. Diffondendo scemenze precettive attraverso i mass media demagogicamente più capitalistici che, come in Essi vivono di Carpenter, fieramente e svergognatamente, insistentemente e a tamburo battente propugnano e ancora sbandiereranno ottusamente uno stile di vita umanamente inapplicabile e non confacente alla splendida varietà delle singole nostre alterità colorate e stupefacenti.

Poiché l’umanità non può omologarsi a questi rigidi, edonistici, consumistici dettami nazi-fascisti.

Perlomeno, le menti deboli e poco nietzschiane ne abdicheranno perfino piacevolmente, facendo sì che il condizionamento mentale loro indotto dai mezzi d’informazione talmente le distorca, eticamente e dunque immoralmente le svii e travi nelle loro pure integrità individuali da disinformarle, credendo di venirne istruite e istituzionalizzate. In verità, (de)strutturandole, uniformandole al classismo palestrato, cazzuto e forzuto oramai imperante d’un sistema avviatosi, in maniera irredimibile, alla spersonalizzazione individuale, irreggimentato irreversibilmente nel canale di pensiero del network dai dati Auditel col maggiore share.

Cosicché, mentre la cantante Cher, più rifatta della madre di Jonathan Pryce in Brazil, ostinatamente perseveri a cantare malgrado perda in diretta pezzi della sua faccia di culo, i ricchi nullafacenti continuano a guardare Vacanze di Natale, andando a sciare.

Ordinando ai disoccupati di non scialare poiché debbono lavorare!

Andassero a cagare!

Sì, in quest’Italietta, in tale stivalone di mezze calzette e di cazzoni, di partenopei calzoni e di sessiste canzoni, esiste un uomo cavernicolo dalla voce roca e cavernosa come quella di Arthur Fleck che non s’arrende e le ingiustizie non lascia stare. Infuocandosi (e)retto di cor(po) cavernoso!

Si auto-eleva in gloria come lo Yeti, l’uomo delle nevi, provocando i piccolo-borghesi soltanto col movimento fugacemente impercettibile delle sue sopracciglia giammai pittate eppur intonate a uno sguardo simpaticamente arrogante, stimolante… una valanga detonante come l’urlo di Tarzan in tale giungla di deficienti che parlano solo di cos(c)e piccanti. Quando, in verità, sono an(n)i che le loro anime sono andate a puttane.

Sono quelli che considerano Her di Spike Jonze un film sdolcinato, sono i commendatori-impiegati statali-stalloni comunali che, durante questa prima settimana di Ottobre, nonostante la loro moglie sia chiusa in clinica psichiatrica e il loro figlio minorenne sia internato in una comunità per disintossicarsi, considerano A Beautiful Boy un film penoso e patetico.

Cazzeggiando dal lunedì sino al venerdì in discorsi davvero elevati. Sì, dopo l’infinito, interminabile tormentone della farfallina non di Jessica Rabbit, bensì della coniglietta Belén Rodríguez e del suo porno semi-freddo con un nababbo più schifoso di James Deen (James Deen, uomo nano che brucia tutte le gioventù delle vergini cor-rotte, non James Dean, ex uomo-Gigante solo da Gioventù bruciata), adesso la questione, oserei dire di rilevanza omerica, più che altro da cavalli dei pantaloni di Troia, verte su Diletta Leotta e sul coro da stadio, in sen(s)o propriamente letterale, dei tifosi accalorati del San Paolo.

San Paolo fu illuminato sulla via di Damasco mentre in Italia ascoltano ancora quell’ipocrita del Blasco. Dopo che l’hanno ascoltato, anzi nei loro cuori auscultato, si sentono illuminati. Il mattino dopo, però, son sempre più impoveriti. Non nell’animo ma nel portafogli.

Infatti, poi cantano a squarciagola tutte le hit del malinconico per eccellenza, ovvero l’intramontabile Riccardo Fogli.

Diletta, tutto sommato, nonostante le battute un po’ troppo spinte e vi(ri)li sulle sue tette, fa spallucce mentre le casca la spallina e un altro uomo, dalla Curva Sud, commenta in maniera leggermente furbina le sue pericolose curve che vanno dagli appennini alle Ande fin all’ex arbitro Collina.

È una valle di lacrime mascherata dietro le più triviali, scontate battutine finto-brillanti.

Joaquin Phoenix vincerà l’Oscar? Anche il Golden Globe? Perché Diletta Leotta, con le sue bocce dorate, no?

Ah ah, che ridere.

Ieri ha fatto goal Inglese. Ma Inglese andrà a vedere il film L’irlandese? Ah ah, che scompisciarsene. Capirai…

Stefano Falotico invece è fallito, “fallotico”, di mestiere fa l’ottico anche se molti pensano che sia schizofrenico e non veda bene questo mondo?

No, infatti non lo vede di buon occhio, malocchio, prezzemolo e basta coi doppi sen(s)i sui finocchi, basta con gli oscurantismi sugli “antrocchi”, basta con Calimero e il brutto anatroccolo, con l’anatra all’Arancia meccanica.

Col Gelato al cioccolato di Pupo, con le barzellette del Pupone, basta col cocco bello, con prese pel cul’ a Cicciobello.

La vita non è un negozio di Giochi Preziosi.

La prossima volta, se fossi in voi, starei molto attento a infierire da fiere sul prossimo (s)conosciuto.

Siamo sinceramente stufi di questo mondo retorico, buonista e fake.

Tanto, se sei un intellettuale ascetico e semi-eremitico, ti diranno sarcasticamente che sei mitico, se stai tutto l’anno a Ibiza, ti urleranno invece di avere una vita più tranquilla e di leggere più libri perché sei una vivente, demente fece.

Siamo stufi degli psichiatri conformisti che, anziché dare slancio ai loro pazienti impazienti, li castigano, sedano, comprimono, ancor più deprimono, impasticcandoli poiché non s’adattano e piangono.

Siamo stufi un po’ di tutto.

Finalmente, Todd Phillips, senza se e senza ma, è arrivato al sodo.

E ha fatto il culo a tutti.

di Stefano Falotico

Joaquin+Phoenix+Premiere+Warner+Bros+Pictures+Nee5vOajgAwl

 

Tutti, in questa società, vogliono essere Superman, ma Superman è schizofrenico e soffre come un cane, lasciate perdere


21 Jul

 

Reeve Superman

Sì, impazza l’edonismo e chiunque vuole essere sommerso di complimenti anche laddove è palese che non se li merita. Perché mai, ad esempio, io mi dovrei complimentare con borghesi pasciuti e arroganti che sputano sentenze dall’alto di una prosopopea mendace e falsa? Chi sono costoro per meritarsi la mia stima e la mia simpatia? Degli arricchiti che hanno campato e campano tutt’ora su credenziali “autorevoli” attraverso cui ricattano il prossimo, schiacciandolo coi loro abusi di potere e le loro oscene falsità.

No, da me avranno solo un pugno in faccia, se ancor si azzarderanno ad avanzare squallide, bigotte ipotesi sul valore della mia persona, sulla base di diagnostiche superficialità figlie della loro bacata mentalità distorta. Sì, costoro si sono insuperbiti in anni e anni di affinata stronzaggine. E dovremmo anche ammirarli? E innalzare delle statue in loro onore, a elogio del loro puttanesimo? Ma per l’amor di Dio!

Una frase celebre or vi cito, che voi certamente non conoscerete perché siete ignoranti più della capra della buonanima di mio nonno Pietro, coltivatore diretto e allevatore di polli, deceduto a settant’anni perché mal lo curarono dal cancro. E liquidarono la faccenda facendo spallucce con lacrime da coccodrillo. Addussero che morì per indigestione di pomodori.

Quando ti viene voglia di criticare qualcuno, ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i vantaggi che hai avuto tu.

Tratta da Il grande Gatsby del fantastico Francis Scott Fitzgerald.

Uno di quei classici che danno obbligatoriamente da studiare ai collegiali americani, loro lo imparano a memoria ma non capiscono un cazzo, troppo presi a pensare come pomiciarsi una squinzia alla Baywatch durante lo spring breaker delle merde che sono. I futuri Tom Cruise. Bellissimi, bravi, diligenti, in una parola deficienti.

Io invece cito ciò che so, il libro da me citato l’ho letto, e non solo una volta, e quindi posso permettermi il lusso di estrapolare questa frase a tal proposito. Mentre voi, pescate dal net le frasi da baci Perugina e, a seconda dei vostri umori, le citate appunto a sproposito. Decontestualizzandole.

Ora, breve parentesi. Non associate il capolavoro di Fitzgerald al film con DiCaprio. Perché, pur lodando le abilità post-modernistiche di Luhrmann, il film è una mezza stronzata. E non me ne voglia il signorin DiCaprio che sfigura eccome dinanzi al ben più pertinente e titanico Robert Redford.

Ce la possiamo dire schiettamente, senza peli sulla lingua? Sì, DiCaprio non è un grande attore. Che bestemmia sana! Sì, non lo è.

Non sarà mai Redford perché è troppo furbetto e ammiccante, con un viso da perenne adolescente cresciuto a zoccolette e modelle da Victora’s Secret. E sebbene abbia lavorato in cinquemila, forse solo cinque film di Scorsese, nonostante ghigni e provi a essere sardonico, non sarà mai carismaticamente “figlio di puttana” come il mitico Bob De Niro. Perché Bob De Niro profuma d’uomo, sexy o non sexy che sia, con tutto il suo birignao e le sue smorfie da irlandese-italiano che sa cos’è la puzza di strada.

Mentre DiCaprio si vede lontano un miglio che fa il “gangster” con la faccia di uno che aspetta di farsi spompinare da una bella fringuella col cervello di una gallina. Un mezzo fake, insomma.

Sì, ci sono attori che, visto che non abbiamo di meglio, scambiamo per grandi attori. Girano tremila film l’anno e, alla fin fine, stringi stringi, come si suol dire, non è che le loro interpretazioni rimangano tanto impresse. Prendete Michael Shannon, nei panni del villain sciroccato è fenomenale. Ma non me lo vedo caratterizzare un personaggio diverso dalla sua consuetudine. Per non parlare di quell’altro… Benedict Cumberbatch. Oramai è dappertutto e mi chiedo come abbia fatto ancora a non impazzire. Ha il tempo per sedersi sul water e farsi una cagata rilassante? Comunque, di cagate ne ha girate parecchie.

Liam Neeson, sì, mi piace. Neeson è Neeson, un pezzo d’omone granitico di enorme charme, che sa il fallo, no, fatto suo senza essere fastidioso o esibizionista.

Roba che Vera Farmiga, quando ha girato L’uomo sul treno, ha dovuto interrompere le riprese dieci volte perché, ogni volta che lo fissava, si squagliava. E non si ricordava più le battute. Da qui il fallo, no, fatto che Neeson, nelle scene con lei, pare che la prenda platealmente lì. Lei ne era fottutamente presa.

Alla fine del film, Vera, donna verissima, eh sì, ha dovuto cambiare tutte le sue mutandine del guardaroba perché le aveva totalmente prosciugate…

Sì, Neeson è quello che si dice un uomo che ti brucia in men che non si di(c)a.

Ma, collegandomi al titolo di questo scritto, sì, io non vorrei mai essere come Superman. Per me, Superman è Christopher Reeve, lui è Superman. Altro che questo Cavill del cazzo.

Reeve aveva un fisicone, era massiccio eppure sembrava un uomo buonissimo e recitava la parte di Fantozzi, nei panni del suo alter ego Clark Kent, per non destare invidie. Lui salvava il mondo ma nessuno salvava lui… La gente era troppo occupata a pagar le bollette per potersi occupare di un salvatore elevato.

Poveretto… che vita di merda che deve avere un superuomo.

Meglio se andava in palestra e poi si postava su Instagram. Sai quante troie l’avrebbero corteggiato? E lui, non avendo nessuna sensibilità, ma essendo un pornoattore e un porcone, di nessuna di queste si sarebbe innamorato. E avrebbe vissuto “a culo”.

Vuoi mettere?

Invece, prendeva un libro in mano, gli altri erano ancora a riga tre e lui aveva intanto già finito altri tre libri.

Ma che se ne faceva della sua grandezza? Nel mondo di oggi, cinico e abietto, sarebbe stato solo un coglione…

Per non apparire scemo, si sarebbe adeguato all’andazzo. Avrebbe contattato una donna e le avrebbe detto… uè, bella gnocca, quando mi fai una pompa? Semmai avrebbe incontrato pure una ipocrita che si masturbava da mattina a sera e pensava sempre a quello, ma voleva offrire di sé l’immagine della donna di “classe”, che gli avrebbe risposto:

sei un morto di figa.

 

Sì, sapete, nella vita di tutti i giorni devo fare la parte del demente. Così nessuno si spaventa, le donne non ti saltano addosso e ti lasciano in pace, e gli amici ti rispettano perché sei un cretino come loro.

Sì, altrimenti mi chiederebbero di fare il Presidente della Repubblica e io non voglio troppe responsabilità.

Adesso, scusate, vado a farmi un giro. Ficcando nell’autoradio la musica di John Williams.

Sì, l’espressione va un po’ migliorata, così sembra quella di un mezzo matto un po’ rintronato.

 

 

di Stefano Falotico

La pornografia psichiatrica


15 Jul

hedonism

Ebbene, amici, vi racconto questa. E se non mi siete amici poco importa, tanto me la son sempre cavata da solo, tirandomi fuori dalle impasse con le mie forze e fu inutile che mi sgolassi, urlando al lupo al lupo, tanto mi lasciarono deperire, deambulare fantasmaticamente nella brughiera delle mie perdizioni, permettendo che la mia anima si dissanguasse, trafitta dalla più afflittiva malinconia. No, non faccio dei piagnistei la mia forza di volontà, non sono il tipo che si crogiola nei rammarichi e nella più inconsolabile, gridante, supplicante mestizia. Forse, proprio in virtù del mio tener tutto dentro con discrezione da far impallidire anche Cristo, che dinanzi alla verità del mio cuore, che lui in maniera appunto veritiera sonderebbe con doti da veggente delle mie interiori profondità, s’adirerebbe non poco e mi spronerebbe a bestemmiare, ecco, proprio a causa della mia eccessiva riservatezza, di questa atimia che mi blocca perfino nel rivelare i miei insanabili malesseri, appaio una persona, paradossalmente, estremamente lieta e felice.

E l’altro giorno son stato da uno psichiatra. Ecco svelato l’arcano. Ma come? Uno grande e grosso come me si presuppone che abbia tutte le qualità possenti della sua stabilità emozionale per non cadere nelle mani di uno strizzacervelli. E che fa? Va da uno di questi?

Devo confidarmi che io disistimo gran parte dell’umanità ma continuo, chissà perché, a dar fiducia al prossimo. E quindi volevo confrontarmi con qualcuno esperto o uno che almeno ha le credenziali formali per spacciarsi come tale, per aprirmi e donarmi sinceramente, in piena remissione dei miei dolori esistenziali.

Ma non avvenne nessun transfert. Il transfert sapete cos’è, no? È quel semplice, almeno all’apparenza, meccanismo mentale che permette al “paziente” di trasferire il suo inconscio e il suo sentire all’interlocutore e, dall’empatia che si spera ne sortisca, discutere costruttivamente della sua vita, nel comprendere che l’interlocutore è in sintonia, anche se in disaccordo dal punto di vista ideologico, con la sua anima, e quindi da quest’interscambio, quasi “telepatico”, poter intervenire sulla sua stessa esistenza per un fine benefico. Per ritrovare la serenità smarrita o persa nei meandri delle tormentose tribolazioni.

E attuare un’opera radicale di rinnovamento alla sua intralciata, soffocata o compressa vita poco anelata e amata.

Io e lo psichiatra parlammo per mezz’ora abbondante in un reciproco gioco di sguardi complici e ammiccanti. Chiamatele vicendevoli ruffianerie o sciocche carinerie, oppure più semplicemente reverenziali leccate di culo. Ove uno pensa una cosa negativa riguardo a ciò che dice l’altro ma l’asseconda per fare bella figura e risultare affabile, simpatico, alla mano. Affinché, arrivati nel bel mezzo della “terapia” conversativa, nessuno dei due, soprattutto il paziente, possa aver paura di chi gli sta fronte e quindi potersi esporre in totale franchezza e denudata onestà morale e psicologica.

Lo psichiatra, dopo aver appurato, ascoltandomi parlare, il mio forbito ed erudito, colto e ponderato saper chiacchierare amabilmente, pose repentinamente fine al mio delicato, per quanto sofferente sfogo, con una lapidaria, brusca autorevolezza da lasciarmi interdetto.

– Sa, è inutile che vada avanti nel suo racconto. Ho inteso molto bene e non c’è bisogno che aggiunga altro. Questo, sì, che sarebbe offensivo alla mia intelligenza. Perché, se mi ripetesse le cose ancora e ancora più e più volte, finirei col credere che mi avrebbe preso per un cretino. Le sue parole son state precisissime, argute e inquadrano perfettamente la situazione. Ripeto, sarebbe retorico e fastidioso che le colorisse di altre perifrasi. È tutto lapalissianamente talmente chiaro che solo un tonto fraintenderebbe.

Ma sa, io devo esserle sincero. È il mio lavoro l’essere sincero, e amo esserlo coi pazienti, persone a cui voglio molto bene e per le quali mi prodigo affinché migliorino proprio il loro benessere.

Lei non è uno qualunque e ha un grosso fardello sulle spalle. Anzi, da levarsi dalle palle. Vari esperti in materia, professionisti seri con anni e anni di studio, qualche tempo fa, hanno asserito che lei soffre di un disturbo molto grave. E, nonostante la sua schietta umanità, la dolcezza perfino commovente della sua storia, io non me la sento di contestare queste diagnosi. Se non, tutto sommato, dar loro ragione.

– Guardi, non capisco. Le ho già detto che quelle diagnosi furono affrettate e molto, molto superficiali. Lei oramai mi conosce da tempo e, se ho capito qualcosa del nostro rapporto medico-paziente, credo di aver anche inteso che lei è sempre stato, in linea di massima, in disaccordo con quelle “certificazioni” molto ipocrite e approssimative.

– Sì, è vero. Non dico che le confuto e non posso dirlo a lei se effettivamente penso che siano molto parziali e frutto del fatto che si doveva velocizzare una qualche diagnosi per calmare la situazione che per lei era diventata intollerabile e poteva, ahinoi, spingerla a gesti sconsiderati, se non addirittura autolesivi o suicidari. Sa bene che il segreto professionale non si esplica soltanto se qualcuno mi viene a chiedere di un mio paziente e, se non ha un “mandato di perquisizione” della sua anima, io sono obbligato a non dirgli un bel niente, ma è altrettanto valido per quanto riguarda il rapporto medico-paziente. A grandi linee, posso dirle che idea mi son fatto di lei e quale sia la mia personale “diagnosi” ma con certezza né nero su bianco mai e poi mai gliela potrò confidare negli esatti termini nei quali si palesa.

– Quindi, lei preferisce l’ambiguità, la slealtà, la politica correttezza di una bugia bianca per non ferirmi o danneggiarmi nell’autostima oltremodo.

– Vedo che lei è in gamba. Sì, ha capito alla perfezione. Io non posso dirle nulla di lei, in termini diagnostici, se non operare con lei, in modo soft e indolore, un programma terapeutico che possa condurre lei verso la salvazione della sua anima malata e me stesso, permetta un po’ che mi vanti di questo pregio, a comprovare che anni e anni di studio mi son serviti davvero ad aiutare le persone e non sono stati anni buttati via di teorie inermi, inefficaci e cattedratiche. Se lei si salverà, se ritroverà la sua perduta vita e la sua traviata via riagguantata, il merito sarà anche mio. Non le dimentichi mai. Questo è di primaria, basilare importanza.

Ora però mi permetta di esserle ancora più sincero e mi perdoni se sarò troppo duro con lei.

– Cioè?

– Cioè, vede, lei è una persona molto colta, ha mille conoscenze, curiosa, sveglia, forte e coraggiosa. Tutte qualità che mi sento di attribuirle perché se le merita e rispecchiano la verità. Mentirei se le dicessi che è uno stupido. Molti miei pazienti, ahimè, lo sono, e non hanno assolutamente coscienza dei loro limiti né si rendono conto delle distorte imbecillaggini che mi vengono a riferire. Altresì, devo dirle che la sua vita non mi piace affatto. E la reputo molto triste. Tristissima, patetica, orrenda, penosa. Allora, o si dà una mossa immediatamente per vivere come uno della sua età, costi quel che costi, e dunque divertirsi, prendere la vita con più filosofia, non dolersi delle delusioni, tanto le prendiamo tutti, chi più chi meno, e lei in quanto uomo non ne sarà esente, oppure verrà visto pericolosamente come diverso e come una persona da emarginare. Non ha alternative, questa è la realtà. E poi non si lamenti se la gente la evita ed eviterà. Anche se nelle pulsioni la evirerà! Se l’è andata a cercare col suo astruso modo di fare insopportabile.

– Cioè, lei dice che vado benissimo così come sono ma vuole cambiarmi perché alla società non sto bene e dice allo stesso tempo che io stesso devo provvedere subito a cambiare. E in cosa dovrei cambiare?

– In tutto. E scopi di più.

– Ah, capisco. L’intero valore dell’anima di una persona si riduce al numero di scopate che uno fa.

– No, ci mancherebbe. Eppur sostanzialmente è così. È così e non ci piove. È il mondo di oggi. Florido, spensierato.

– Un po’ puttanesco e bugiardo. Carnale e materialista. Edonista ed epidermico.

– E quindi il problema dove sta? Il mondo ci vuole così e noi ce lo godiamo tutto così com’è fatto. Perché stare male per non godercelo tutto sin in fondo, tutto in culo? Si prenda questo mondo e se lo fotta di brutto.

Altrimenti saranno guai…

 

Sapete qual è l’atroce, spettrale verità? Che, nella sua fiera nudità espositiva, quello psichiatra non aveva tutti i torti. È triste, aberrante, persino malefico asserire ciò. Ma pensateci. A cosa ci serve, in questo mondo, essere furentemente creativi, pieni di fantasia, possedere una grande anima che vede la vita a trecentosessanta gradi se poi la vita stessa non siamo capaci di esperirla nel quotidiano, negl’inevitabili e potenti attriti col prossimo, se in qualche maniera, anche minimamente, non ci applichiamo per rendere le nostre conoscenze fruibili e alla portata di chiunque? Sì, si crea l’isolamento, semmai anche il delirio solipsistico, lo sganciamento troppo radicale ed eccessivo da ogni regola, da tutte le regole. E questo ingenera solitudine, alienazione e, se non sappiamo gestire le nostre emozioni, sconsolatezza ineludibile, amarezza inestinguibile, rassegnazione mortificante, ipocondria latente o peggio depressione acuta e incurabilmente febbricitante e fremente. Nascono così in noi sentimenti di totale sfiducia verso tutti.

Com’è bello, alto, nobile, coraggiosissimo tentare di vivere soltanto con la forza della nostra diversa unicità, bella, brutta, giusta o sbagliata che sia. Ma non verremo capiti. Soprattutto oggigiorno. E più ci affanneremo a fornire spiegazioni del nostro modo di essere e più verremo equivocati e guardati con sospetto e malevolenza. Ricattati e marchiati, stigmatizzati e allontanati.

E vi garantisco, sono il primo a rimarcare orgogliosamente ciò, che la solitudine è straordinaria. Sì! Ci permette di distanziarci dalle frivolezze più meschine e stolte, ci permette di leggere un libro meraviglioso, filtrandolo con la nostra mente non influenzata da niente e da nessuno, e dunque ci concede il dono e il privilegio di giovarcene, fregandocene solo di quello che noi pensiamo e amiamo di quel libro.

Ma a lungo andare, no, non dico che sia pericolosa, ma è sterile e anche la solitudine può essere un metronomico atteggiamento abitudinario verso la vita. Perché la solitudine protegge ed esalta il nostro autentico io ma può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Perché siamo uomini dotati appunto di anima.

E forse l’anima, qualche volta, va condivisa. Non troppo, intendetemi bene, ma un po’ sì.

E quello psichiatra, sebbene ammetta che abbia estremizzato con esagerata spietatezza, forse non voleva dire che io dovrei essere un egoista schifoso che vive unicamente per il suo esclusivo piacere, ma che il mondo odierno non ci offre altre soluzioni se non cedervi, prima o poi abdicarvi.

Ma è poi davvero vero ciò che ci dicono e cioè che il modo e il modello infrangibile e vero da perseguire sia questo, incontrovertibile, da prendere per l’unico vero possibile?

Non lo so, il dubbio mi attanaglia.

E ora, scusate, devo apparecchiare il tavolo per la cena e mangiare questi ottimi gamberetti in salsa agro-dolce.

Ah, che sono queste macchie sulla tovaglia?

 

 

di Stefano Falotico

True Detective: e se Berlusconi non avesse avuto tutti i torti? Provocazione del venerdì


27 Apr

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Eh sì, dopo solo 24h, anche meno, è arrivata in mia casa la copia del Blu-ray specialissimo delle due stagioni di True Detective, “ubicata” fra Twin Peaks e un film da me molto amato che spero vogliate indovinare. Volete l’aiutino, come si suol dire? Il Bardo incontra Agatha e il signor Donnie Brasco crepa quasi subito.

Ecco, avvengono delle strambe coincidenze, oserei dire messianiche. Anche una mia amica su Facebook, senza che la preavvisassi, ha detto che oggi le è arrivato il cofanetto, sì, quello dell’offerta esclusiva di Amazon, di due al prezzo di uno senza spese di spedizione. E ancor una volta mi convinco di avere poteri telepatici. Perché, pur non volendo, “contamino” bellamente di sani gusti cinematografici menti affini alla mia, in un’elettività maestosa che è figlia della mia anima poderosa. Ah, che bella rima baciata. Sì, baciamenti spirituali.

Esiste la parola baciamento? Sì, è l’atto del baciare, mie menti invece bacate o mie, ahimè, braccia bucate.

Sì, non fatemi la fine di Reginald Ledoux. Ledoux incarna tutto ciò che ci può essere di antitetico rispetto a Berlusconi. Ledoux è un maniaco, un pedofilo, un figlio di puttana che vive in una sorta di latrina assieme a un grassone, ed entrambi maneggiano stronzate con le loro vite debosciate e perdute ai confini della follia più abominevole. Silvio è uno che se la gode e le donne gliele danno in cambio di soldi.

Berlusconi vive ad Arcore, ove il lucore fa rima con sudore. Sì, come avrete visto dal trailer di Loro 2, il Berlusconi di Servillo è un Oreste Lionello da Bagaglino, un panzerotto ancor più tinto nei capelli di quello reale che, da voyeur marpione, ammira la Sofia Ricci che splendidamente si denuda a bordo piscina.

Ora, mi soffermerei sulla Ricci, miei uomini “ritti”. Nell’agghiacciante film Commedia sexy esibisce un culo di proporzioni monumentali, roba che neanche l’Aida Yespica dei bei tempi poté permettersi mai. La Yespica, oltre a essersi fatta inchiappettare da Silvio, eh sì, fu opera “lirica” anche per Bruce Willis, e con l’uomo die hard suonò quattro atti in DO minore alla Giuseppe Verdi o cinque amplessi alla Siffredi.

Sì, uno dei grandi misteri italiani, oltre a Silvio, imbonitore ante litteram, è colui che incarna la schifezza umana per “eccellenza”, ovvero Rocco. Perfino su Instagram mi compare il suo faccione “sciupato” e lui che, spogliandosi, giocando di doppio senso clamorosamente banale, sussurra Voglia, no stravoglia e poi va al mare col “coccodrillo”. Rocco è nato a Ortona, in Abruzzo, e dunque pronuncia voglia con una o chiusa che ti fa venir voglia d’iscriverlo a un corso di dizione. Eh sì, molte donne han preso lezioni “orali” da Rocco, pendendo dalle sue labbra. Rocco è uomo che foneticamente le fa parlare in tutte le lingue di Babele. Sì, Rocco è esperto di poliglottismo. Uomo “gutturale”, ruvido e “liscio”, praticamente la versione sconcia della filosofia grunge. Infatti, come Kurt Cobain, quando si accorge che le sue donne son lì lì per venire, “canta” loro come as you are.

Di mio, più che grunge, sono un Grinch, son uomo però pungente perché non tanto le so “mungere” ma comunque ungo il pene, no, il pane nel sugo della pizzaiola. Ah, delle scarpette davvero “chic” da Terence Hill de Lo chiamavano Trinità. Sì, lui mangiava i fagioli in quel padellone, e ogni volta che lo guardo mi stimola l’appetito. Eh sì, questa è una società, potremmo dire, “scoreggiante” e puttaneggiante. Tutte le più belle oche esibiscono culi fenomenali su Instagram. E gli uomini alla loro vista diventano degli “affamati” del Biafra.

Ma ora direi di riflettere, sì, riflettere sulla parola oca: non è solo una donna di sconcertante superficialità ma anche il nome degli uccelli anatidi della sottofamiglia degli Anserini.

Sul doppio senso della parola oca chiamerei “in soccorso” Rocco e vi racconto questa.

Quando avevo 17 anni, giocavo a calcio. Dopo gli allenamenti, ci si spogliava tutti belli ignudi per andare nelle docce. C’era un tizio di cognome Ferrara, da non confondere con l’altro pornoattore Manuel, e questo “Ferrarino” credo potesse fargli già all’epoca concorrenza.

Perché, ignudo che fu, nello “splendore” della sua nudezza (termine che in tal caso preferisco a nudità), fu adocchiato da un certo Cetti. Cetti, ragazzo che stava con una biondina peperina ma su cui ho sempre avuto il sospetto che fosse bisessuale. Infatti, dinanzi a quel po’ po’ (rafforzativo di poco che, troncato, e raddoppiato nel suo troncamento significa molto, da non confondere con popò) di “roba”, Cetti, in preda a uno sconvolgimento ormonale “balistico”, urlò: Soccia, che OCA!

Sì, parlo di “qualcosa” avvenuto più di venti anni fa. I ragazzi erano già “deviati” perché, prima di studiare la Storia e Pipino il Breve, guardavano le televendite con qualche sgnacchera (sinonimo del parlato toscano che significa bella gnocca, gnocca che letteralmente significa a sua volta vulva, organo genitale femminile ma in senso figurato e anche “sfigato” significa Ubalda molto attraente) e arrivavano agli allenamenti già spompati.

Avrei da raccontarvene.

Quello che voglio dire è…

Sentite, tutti sanno di avere qualcosa che non va. Semplicemente non sanno cosa sia. Vogliono tutti una confessione.

Insomma, per farla breve, io sono agli antipodi rispetto a Berlusconi, sono un collezionista di film, lui invece è un collezionista di fighe. Ma non fategliene una croce. C’è a chi piace l’Arte e a chi piacciono le troie.

Dai, su. Ah ah.

Si notano le copie ancora incartate? Sì, esiste lo streaming in HD e passeranno mesi prima che le scarterò. Perché sono fatto così. Voglio averle!

Il terzo film lo avete indovinato?

 

di Stefano Falotico

 

Rust Cohle

A Top Gun preferisco Top Rat e un film accanto al mare


27 Sep

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Riuscirà nei cinema la vaccata di Tony Scott, “fiera” esibizione di muscoli e mascelle, di bulli e pupe, di aerei svolazzanti e di poca poesia nelle palpebre ma molto testosterone nelle “palle”. Spotpubblicitario di due ore tediose e “teutoniche” per “esaltare” il faccino di Tom Cruise per una storia risibile di tragedie, lacrime amare, retorica ed edonismi reaganiani al “massimo”. Film pessimo, forse neanche un film, una castroneria di uomini poco castrati che rivaleggiano nei cieli degli amori da cartolina, col pollice su in motocicletta d’un Cruise ingenuo quanto mai e ruffiano-scemo ai limiti dell’idiozia più becera.

Nella mia vita ne ho viste “tante”, di ogni forma, colore e dimensioni. Ho fatto ravvedere panzoni xenofobi e nazisti nel farli riflettere sulle loro responsabilità e sull’uso screanzato delle loro “ragioni”, obiettando con classe riguardo alle loro mentalità grette, meschine e minuscole. Ho redarguito, espellendole dalla mia vita, donne che si credevano intellettuali e non gradiscono invece il lieto caffè mattutino in un bar isolato delle periferie newyorkesi, ove ancor campeggiavano di panorami densi le Torri Gemelle.

I film son fatti di atmosfere, di malinconie, di resilienze, di traumi, di storie vere romanzate alle volte, di romanticismo non da videoclip.

E City by the Sea lo ritengo un gran colpo.

 

di Stefano Falotico

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