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I geni innati e diventati, i criminali veri e quelli diventati nel Cinema e nella vita, i combattivi dannati


26 Mar

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Sì, da tempo immemorabile, son affascinato da questa questione.

Geni si nasce o si diventa?

E, come sostenuto nella tesi del professore-criminologo dell’episodio 1 di Mindhunter, tesi a sua volta avvalorata da studi accademici a riguardo, criminali si nasce o, meglio, l’indole criminosa è insita nel codice genetico oppure si è diventati criminali poiché costretti dalle circostanze?

Ebbene, forse mi pongo problemi inutili. Ma adoro l’inutilità della banalità. Perché, nell’apparenza del banale, son intrinsecamente celate molte verità a volte non accettate, inascoltate o, peggio, date per assodate.

Come nei proverbi. I proverbi son detti popolari spesso molto generalisti, appunto scontati. Ma se si sono generati e a loro volta tramandati di generazione in generazione, ecco, una ragione, anch’essa banale, la possiedono. Deve esserci.

Ad esempio, chi va con lo zoppo impara a zoppicare.

Uno dei detti più repellenti di sempre. Altamente discriminatorio di un handicap fisico sul quale non bisognerebbe scherzare. Che poi… anche la parola handicap mi pare alquanto obbrobriosa. Stigmatizzante.

Limitante. Poiché, con un epiteto così sinceramente imbarazzante, si classifica la validità di una persona sulla base di una carenza fisica, d’una sua difettosità. E di quella persona si giudica soltanto l’esteriorità, trascurando totalmente la sua anima e il suo valore umano, soprattutto.

Sarebbe come dire che se hai per amico un muto, diventi anche tu muto.

Sì, ora potrete obiettare in merito a questa mia netta, liberale presa di posizione. Perché io stesso, l’altro giorno, ho scritto che, a furia di frequentare gente ritardata, il ritardato diventi tu.

No, questo lo riaffermo orgogliosamente. Anzi, lo rimarco e sottolineo con tanto di evidenziatore. Col termine ritardata non definisco la gente con evidenti limiti percettivi della realtà, con scarsa capacità cognitiva e sottosviluppata coscienza, bensì il contrario.

Quel genere di persone molto superbe, dunque stupide, che impongono di conseguenza la loro visione stupida del mondo al prossimo. E, in maniera ricattatoria, altamente persecutoria e oppressiva, comprimono l’altro affinché si attenga ai loro bacati, superficiali, solipsistici schemi mentali e, di conseguenza, sociali.

Ora, ho tradotto in inglese il mio libro su John Carpenter. E presto lo vedrete sui maggiori stores internazionali.

Ho fatto, come sempre, tutto da me. Perché, se dovessi aspettare la mano di qualcuno il cui massimo pensiero è come rimorchiare una tizia, peraltro zotica e sciocca, che dunque non ha tempo da perdere con le mie creazioni “deliranti”, come si suol dire, starei fresco.

Anzi, al fresco. Perché talmente enorme sarebbe l’indifferenza, tanto terrificante e vergognoso sarebbe l’egoismo che sarei costretto a dargli un pugno in faccia per colpa del suo screanzato affronto e della sua perfida, invidiosa o menefreghista pusillanimità bastarda.

E mi trasformerei in un piccolo criminale. Sì, da strapazzo, invero molto ridicolo. Ma riceverei un’ammenda, mi beccherei una denuncia e semmai potrebbe capitarmi pure di peggio.

Soltanto per aver avuto il coraggio di affrontare a muso duro, è il caso di dirlo, la cafona codardia di una persona che reputavo amica, perciò una persona della quale mi ero fidato ciecamente e ritenevo che potesse aiutarmi nel momento del bisogno, la quale invece si è dimostrata inutile, in una parola stronza.

Preoccupata solo della sua panza e del suo c… o.

Eppure, a causa del mio gesto istintivamente rabbioso, partorito dall’esagerata cafonaggine scostumata, patirei pene dell’inferno.

Sì, mi fermerebbero, divorandomi l’anima per appurare se il mio gesto è stato indotto soltanto dalla rabbia oppure è stato il prodotto di un disturbo mentale. Sarei diventato un indagato.

E, per scagionarmi, intanto passerebbe tantissimo tempo. E, anche se fossi assolto, discolpato da ogni pregiudiziale accusa infamatoria, avrei perduto tempo prezioso dietro spiegazioni assolutamente superflue. E sarei stato distratto dai miei più vivi entusiasmi solamente per aver dovuto dar conto a una burocrazia macchinosa e ovviamente logorante.

Non solo… sarei stato schedato e, ripeto, anche se liberato da ogni sospetto, se un domani dovessi commettere un’altra cazzata, se dovessi avere anche una sola alzata di testa, chi di dovere andrebbe a recuperare il fascicolo archiviato del mio “caso” e sarebbe la totale fine.

Ogni altra discolpa e giustificazione non servirebbe a nulla se non a compromettere in modo gravoso e irreversibile la mia già precaria situazione esistenziale. Sì, la mia vita diverrebbe, agli occhi degli altri, pestilenziale, sarei stato marchiato a vita. Etichettato definitivamente come indifendibile criminale.

Ecco, invece geni si nasce?

Invero, di geni innati, diciamo, ne sono esistiti e ne esistono pochissimi.

Fra i geni innati possiamo annoverare senza dubbio il grande Wolfgang Amadeus Mozart.

Come altrimenti lo chiamereste uno che a otto anni sapeva suonare meglio dei maestri da cui prendeva ripetizioni?

Einstein è stato un genio della Scienza ma dovrei compiere ricerche molto approfondite sui suoi trascorsi giovanili per meglio capire se la scienza è diventata una sua passione irrinunciabile per sopperire alla sua bruttezza fisica, eh già, era parecchio bruttino, oppure la sua mente trigonometrica era innatamente orientata verso una planimetria di sua massa per accelerazione di gravità. Ah ah.

Quello che posso dire, da profano, è che ad esempio Woody Allen è un genio cinematografico… diventato tale per non esserlo affatto stato da giovane o, paradossalmente, per esserlo stato troppo.

E dunque, rifiutato per la sua scarsa avvenenza, ha dovuto sviluppare doti ironiche, melodrammatiche e perfino tragiche di pura genialità inconfutabile.

Leggendo alcune sue interviste e molte biografie, questo emerge in maniera chiarissima. Era lo zimbello dei suoi coetanei.

Al che, un giorno dev’essersi guardato allo specchio e deve aver pensato… Be’, non sono un pugile, se sollevo venti chili mi piglia un infarto. E certamente una pinup non verrà mai a letto con me.

Mi annoierei poi a morte a fare l’impiegato comunale. E della scienza non me ne frega nulla. Nemmeno della psichiatria. Dagli psichiatri ci vado per raccogliere informazioni che potrebbero tornarmi utili per le mie creazioni. Tanto, se m’illudo che questo trombone possa salvarmi, ah, sarei davvero matto.

Però lo sfrutto. Sì, sì, sì. Mi faccio una bella cultura, pigliando a ridere i miei disagi e tramutandoli in materia artistica. Cazzo, ottima idea. Sì, tanto è evidente che non sarò mai Brad Pitt. Manco se mi sforzassi e andassi da un visagista, pagandolo con i soldi degli incassi di Io e Annie. Sì, questo film spaccò.

Fece impazzire molta gente, ah ah.

Ecco, detto ciò, non è che mi fate la faccia di Jeff Bridges nel finale-doccia fredda di Hell or High Water?

Eh già. Mi sa che solo quella potete fare.

 

Insomma, morale della faloticata più che della favola.

Vedete, Rocky IV è un film decisamente bambinesco e cretino.

Ma guardiamo questa scena. Cosa succede al minuto 1 e 18?

Il gigante russo che pareva indistruttibile, oh, si becca una bella batosta.

E a questo punto tutti comprendono, primo fra tutti lui, che non sarà tanto facile massacrare il signor Balboa.

Eh no, per niente.

Di mio, sto con la gamba accavallata, in mezzo alle cavallette.

Ah, quante cavalline.

 

 

di Stefano Falotico

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