Posts Tagged ‘Ferrari’

HEAT, Righteous Kill, Pacino & De Niro, the DEVIL(s), Balanzone il trombone e i porn actor(s).


24 Mar

0:01, incipit da vero bello e ribelle. 0:49, I love Bob De Niro. Un altro libro su Robert, eh già. Ahuaha à la Al Pacino! 3:35, un libro pornografico? Sì, (lo) avete letto, no, sentito bene. 4:58, diamoci alle s… he, a ogni saga. Ah ah. 10:12, le ragazz(in)e sono attratte dalle tope, se lson esbiche, no, dal topo, no, tipo alla Bello FiGo (con la o minuscola). Uomo erotico o sol esotico? Oh oh. 12:09, quando è partito tutto questo? Forse con un uomo di nome Charles Randall (cit.), no! 13:24, Jep Gambardella/Toni Servillo. 14:10, anche nella cosiddetta pazzia, mi distinguo. 14:51, la genesi di questo film (mis)conosciuto con Bob & Al. 18:29, Al Pacino doppiato da Giancarlo Giannini o Massimo Corvo? Cmq, al compianto Brian Dennehy, preferisco ogni Brianna. Bitch o Beach? Entrambe, eh eh. 24:25, Rocco Siffredi. Ih ih. Hot D’Or od Hot Dog? 25:37, un famoso, insomma, video-recensore del web e amico di Fedez. 26:36, ha vinto Emma Stone. Ovviamente. E io che avevo detto? Non sono Annalisa Minetti, cari cretinetti.

(Left to right.) Robert De Niro and Al Pacino star in Overture FilmsÕ RIGHTEOUS KILL.

(Left to right.) Robert De Niro and Al Pacino star in Overture FilmsÕ RIGHTEOUS KILL.

Socmel! 4:49, precisazione, Non è l’inferno di Emma Marrone o la vita infernale di Balanzone? Eh eh. Miniatura con Kim Basinger di L.A. Confidential! Stavolta, nessun altra indicazione nel e del minutaggio. Ah, soltanto una piccola annotazione: Roger Van Zant, interpretato da William Fichtner, da non confondere con Little Steven, cioè il Falotico? No, Steven Van Zandt, celeberrimo chitarrista della E Street Band e cantante in The Irishman. Ah ah.

Solo questo, scusa(te): 14:07.

Falotico, il satiro, il man vero e parodistico


06 Jul

Sì, da più di un anno a questa parte, in verità dal lontano 2003, succedono accadimenti orribili. Dal 2003, sì, cioè il preciso anno in cui il mio hater Andy Cup, cioè handicappato acclarato, pervertito malato di mente spropositato e irredento, lui pensa, erroneamente, impunito, decise vigliaccamente, da leone da tastiera, alias agnellino senza pari e coniglione sesquipedale, di cominciare a diffamarmi, con ogni stratagemma possibile, tramite tutti i mezzi del web, io sono Lee Van Cleef di Per qualche dollaro in più. E, a proposito di dollari o di Euro, certa gente, ignorante più di una capra senza lana, dopo aver incassato un ingente bottino tramite Patreon, accusa gli altri, sempre e puntualmente, solamente tramite chat criminose o commenti che poi cancella o eliminò, di cose assurde. Ed è inutile che, tornando al mio hater imbecille, costui tenti di avere ragione. Cercando vanamente di provocarmi, ripeto, soltanto virtualmente, in quanto, essendo tale idiot savant un ratto agonadico, non ha assolutamente gli attributi per dire ed espletare, oso dire, evacuare coraggiosamente le sue oscenità dal vivo perché se la farebbe nelle mutande seduta stante con tanto di ambulanza che, per una sua incontrollabile e penosa crisi di panico, giungerebbe sul luogo, immantinente, per ricoverarlo al primo centro psichiatrico. Gettando poi la chiave. E rimarrebbe, in tale posto non certamente piacevole, vita natural durante in quanto la sua follia, certificata e acclarata inconfutabilmente, non sarebbe dovuta al bullismo subito o ad eventi estemporaneamente circostanziati. Antifona abbstanza chiara, nevvero, demente? Vuoi e volete la guerra, diffamatori e imbroglioni, cafoni e buffoni? Ok, però attenti. Sono molto più veloce e avanti di voi. E, peraltro, è facilmente comprensibile perché una certa personcina non riesca ad amare Michael Bay. Bay ha la Ferrari ed è un futurista, lui, invece, un retrogrado pseudo-comunista a parole, fascista nei fatti, che non riesce a essere salvato neppure dal suo commercialista, oberato infatti, com’è, da debiti allucinanti che non riferisce ai suoi aficionados poiché verrebbe fuori semplicemente la verità più ridicola e tristissima. E, ovviamente, ne rimedierebbe una figura, così come dicono a Bologna, barbina. Questa persona attacca i ricchi non perché, giustappunto, combatte per la giustizia sociale e la sana equità morale-economica, semplicemente perché è un frustrato fallito dei più patetici e, ribadisco, ottusamente incurabili. E si crogiola, così facendo ipocritamente, nel fortilizio di una trincea falsamente ideologica ed eticamente orrida. Io sono uno scrittore e un critico di Cinema. Questa gente, invece, non solo non lo è, è anche pazza e sprovvista di contezza e contentezza. Poracci(a). Questi poveri sfigati non hanno chiesto tutte le assistenze sociali eventuali e, come si suol dire, immaginabili (loro, ah ah, direbbero immaginarie, essendo analfabeti), la mano di qualche educatore che, semmai, non riesce neppur a educare sé stesso in quanto laureatosi in pedagogia coi punti della Coop, il 104 e il RDC? Ah, ma allora, adesso, avete capito contro chi vi siete messi. E, per piacere, non siate farisei, andando prima a messa e poi rinnegando, il giorno dopo, tutte le vostre vi(ri)li sconcezze. Ci vuole Il commissario Falò ed Er Monnezza, schifezze!

A proposito di The Italian Stallion, ovvero Sly: un tempo non mi risparmiavo e sognavo di essere Rocky Balboa…


27 May

saga rocky blu rayAdesso devo centellinare ogni spesa, anche quella del dentifricio della Coop, per risparmiare e potermi permettere, oserei dire, il lusso di comprarmi il Blu-ray di Rocky – La Saga Completa a prezzo scontatissimo di 13 Euro e 38, salvo… spese postali eventualmente gratis se mi abbono ad Amazon Prime.

Ho detto tutto. La mia vita è stata un franchise di sfighe a ripetizione, di spinoff e reboot ricalcati sulla solita trama con poche variazioni tematiche. Ovvero, ogni qualvolta credetti che si fosse accesa in me la spina, ogni volta che pensai d’aver imboccato la via della svolta, ecco che la gente noiosa e spenta, volendomi imboccare con le sue buoniste rose, adattandomi alla sua visione falsa, melensa e retorica, mi ha urlato che sono eternamente un brocco che nessuna ne imbrocca e imbroccherà, mi ha tolto pure le brocche d’acqua naturale, gridandomi che non sono e non sarò mai dotato di sufficienti, robuste spine dorsali (sì, non ce n’è solo una) per poter resistere in un mondo di bestie e dementi.

Sì, non ho mai preso ripetizioni da nessun insegnante. Però io posso dar lezioni a tutti.

Mi do, malgrado quest’inutile eppur lodevole virtù, solamente un altro paio di anni. Al cui scadere, no, non sarò miracolato come Re Artù, estraendo la spada nella e dalla roccia, bensì sarò in modo truculente infilzato dalla caudina forca di questa società medioevalistica e fetente. A partire dalla mezzanotte scoccata di quest’ultimatum datomi, altro che Cenerentola, avrò solo due scelte esistenziali e lavorative a cui abiurare come Andrew Garfield di Silence:

o andrò a elemosinare ai semafori oppure, essendo oramai fuori tempo massimo per insegnare, fuori dalla mia porta sgarrupata di casa, metterò su l’insegna con la scritta epocale e stoica come il celeberrimo underdog di Philadelphia interpretato da Sylvester:

stallone italiano sfiancato per colpa della crisi incombente, più che morto di figa, sta morendo di fame.

Per ovviare a un probabile suicidio immediato, diciamo coming soon, invisibile non soltanto sul grande schermo bensì pure alla tv locale, visto (da nessuno…) che se morirò non mi dedicheranno certamente un servizio tele-giornalistico ma mi daranno e regaleranno la patente di loser mai nato, sì, potrò salvarmi, reinventandomi come Rocco Siffredi delle periferie del sottobosco bolognese.

Uomo totalmente a pecora riceve gentili signori abbienti per luculliane carnalità abbondanti dalle 9 e mezza del mattino sino alle 20.00 di sera, da cui i film di Paul Schrader, American Gigolo, The Walker, eccetera, eccetera, previo almeno mezz’ora di pausa pranzo ove deve nutrirsi. Non di arrosto alla griglia bensì d’insalata rancida.

Sì, do merito a Sylvester, come ho più volte scritto, di aver tirato fuori dal cilindro questi due personaggi meravigliosi del Balboa e del Rambo.

Ma, a settantatré primavere, la dovrebbe finire di camminare sulla montée des Marches del Festival di Cannes, tirando in dentro lo stomaco certamente muscoloso e prominente, altresì grassottello, con tanto di toupet e quella finta topa di sua moglie, Jennifer Flavin.

Il machismo, caro Silvestro, è finito non all’ultimo giorno dell’anno scorso ma da quando il rambismo è passato di moda anche per Carlo Verdone di Troppo forte.

Aggiornati, suvvia.

Va sempre così per tutti. I giovani si ribellano alla generazione dei loro padri, alcuni si credono fichissimi, altri Tom Cruise di Fuori i vecchi… i figli ballano.

Quelli che si sono trovati meglio nella vita son stati quegli analfabeti che sono andati a lavorare a 14 anni e ora, a 35, sono dei puttanieri incalliti che se la godono da matti. E pigliano anche Kenneth Branagh per coglione.

Come scrisse il grande Allen Ginsberg:

(EN)

«I saw the best minds of my generation destroyed by madness, starving hysterical naked, dragging themselves through the negro streets at dawn looking for an angry fix, Angel-headed hipsters burning for the ancient heavenly connection to the starry dynamo in the machinery of night […].»

 

(IT)

«Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche, trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa, hipsters dal capo d’angelo ardenti per l’antico contatto celeste con la dinamo stellata nel macchinario della notte […].»

 

Stasera, comunque trasmetteranno ancora per l’ennesima volta Momenti di gloria.

Musiche di Vangelis.

La mia vita non varrà forse una sega, no, saga. La vostra è veramente invece una mostruosità oscena.

Sì, la vostra esistenza è un Porno proibito.61110106_10213737070203861_5222764241496309760_n

di Stefano Falotico

porno proibito

 

Provocazione: i dieci migliori film italiani della mia vita, nessuno, tranne quelli di Sergio Leone. Ora, impiccatemi


24 Aug

De Sica Silvstedt

Sì, sono radicale, dobbiamo fare una selezione il più possibile stringente, come si suol dire.

Con buona pace di Nanni Moretti, a cui va il mio premio simpatia. Un uomo tracotante, un finto intellettuale di Sinistra che per anni ci ha ammorbato con le sue idiosincrasie, le sue polemiche retoriche, coi D’Alema dì qualcosa, che in Caro diario va in giro con la motoretta, con la lambretta, sì, la Vespina e la vispa Teresa, e brama Jennifer Beals. Ora, chiariamoci, Flashdance è una cagata pazzesca, e la Beals è molto più figa in Stress da vampiro e in Roger Dodger. La “mitica” canzone di Flashdance di Giorgio Moroder, cantata da Irene Cara, vinse l’Oscar ed è un hit di tutti gl’impiegati comunali frustrati. What a Feeling! Sì, mio padre, appena la sente tutt’ora in radio, diventa romantico e dimentica di essere un pensionato. E vola sulla superstrada alla ricerca del tempo perduto.

Sì, come critico, Nanni Moretti vale meno di quello del mio palazzo, l’inquilino del terzo piano, tale Cuomo, un mezzo mariuolo che però si porta sempre a casa delle gnocche straordinarie. Dev’essere uno schifo quell’appartamento. Detta fra noi, poi, quelle donne sono delle zoccole.

Sì, Moretti ha stroncato HeatStrange DaysHenry, e ha sempre avuto un debole per Laura Morante. Infatti, la scena de La stanza del figlio in cui le succhia le tette, c’entra come i cavoli a merenda con Brian Eno in colonna sonora e con la tragicità della vicenda. Ah, capisco, era per far capire che i coniugi, prima della tragedia, erano molto sessualmente affiatati e complici.

Bianca invece è la storia della mia vita. Io vorrei istituire una scuola chiamata Robert De Niro. Anch’io soffro d’insonnia e, nel bel mezzo della notte, anziché scucchiaiarmi il barattolone gigantesco di Nutella, mangio tre cornetti, alla stessa ora nella quale le vostre fidanzate vi rendono cornuti.

No, bannato Nanni.

Visconti? Ludwig è la storia della mia vita, sì, ancora, come d’altronde quasi tutta la sua filmografia. Ma io non sono omosessuale e non inserirei Alain Delon nei miei film per ciucciarglielo in privato. Scusate, eh.

Bannato!

Fellini. Mi son già più volte espresso su questo provinciale riminese panzone. Ce la possiamo dire? Non spargete la voce in giro. Non ho mai finito di vedere un suo film. Queste storie vitellonesche, di dolci vite romane, questa Capitale da lui adorata, cafona, di donnacce grassone e laide, di uomini bifolchi, di puttane misericordiose, questi amarcord nostalgici sono quasi peggio del suo squallido imitatore bolognese, Pupi Avati. Uno che è meglio che si goda la forte vecchiaia, mangiando le lasagne al ragù e la smettesse di scomodare i cuori grandi delle ragazze.

Bannati entrambi.

E Marco Ferreri? La grande abbuffata, un film triviale, porcellesco, scatologico, apocalittico, di uomini che sparano dal deretano dei peti sesquipedali da terremoto di Haiti. E Dillinger è morto? Molto meglio (anche se molto meglio non si può dire) Nemico pubblico di Michael Mann. Ah ah. Non so se molti di voi capiranno questa mia battuta, ma ci sta. Siamo tutti donne scimmie!

Bannato Ferreri, Ferraro della Sampdoria e pure la Ferrari, perché non me la posso permettere. Anche se Michela Ferraru, di u sarda, è modella che meriterebbe il mio brum brum.

Bannato anche l’altro Marco. Bellocchio. Lui e le sue schizofrenie, le sue morbose ore di religione e i suoi Porco Dio! Film rabbiosi da pugni in tasca. Ma che vuole questo qui? Ancora non l’hanno rinchiuso?

Bannato pure Sorrentino Paolo. Con le sue indolenze, le frasi a effetto, i suoi Toni Servillo con la parlata strascicata romana-meridionale, i suoi napoletani alla Maradona, i suoi clowneschi piani-sequenza.

Ha stufato e con Loro ha toccato il fondo.

 

Rossellini? Meglio la figlia.

Salvatores? Si salvi chi può. Affogatelo nel Mediterraneo.

Tornatore? Nuovo Cinema Paradiso non è una sua pellicola Oscar, ma il Cinema idilliaco che lui non girerà mai.

Pasolini. Ottimo intellettuale, un po’ esaltato. Ha detto anche un sacco di fregnacce. E non mi son mai piaciuti gli uomini che amano i pisellini…

Bertolucci? Oddio mio. Ultimo tango a Parigi regge su Brando. È maledettismo programmatico, studiato apposta per far scandalo in tempi ancora casti. Un film semi-pruriginoso in cui sostanzialmente non si vede un cazzo. Un film sulla solitudine? Mah sì… so io cos’è la solitudine. Quella del barbone sotto il Ponte di Galliera di Bologna. Mica quella di un debosciato come Brando, coi capelli nel vento che fa tanto decadentistico uomo vissuto. Ma vai a dar via il culo, Bernardo, e non ci sarà il burro ad addolcire la “frizione”.

E tutto il resto è noia. Fa anche lui quello di Sinistra col culo parato.  Aveva ragione Dario Argento, o forse era l’allegrona della figlia. È un borghese marcio che disserta di amori fantasticati, di adolescenti viziati che si fumano le canne.

Sinceramente, non ho mai visto nessun adolescente sfigato tipo Pitt e Garrel che hanno come compagna di studi, soprattutto di giochini anatomico-erotici, quel pezzo di passerona della Green.

Che poi diciamocela. A seno va di brutto la Green, di faccia è meglio la commessa del Conad sotto casa mia.

Sì, è buona questa commessa qui. Un po’ depressa. A forza di fare lo scontrino fiscale sulle banane di tutti quelli del quartiere…

E Antonioni? Mah, so che moriva dalla voglia senile di spogliare Luisa Ranieri. Ma lei è andata con Montalbano/Zingaretti e Michelangelo è rimasto muto più dei suoi film.

Carmelo Bene? Un pazzo.

Sergio Leone? Sì, ci sta. Anche se amava troppo i bucatini all’amatriciana.

 

Via, bruciare tutto.

Ah ah.

Sì, adesso vado a filmare i tortellini in brodo, mentre la mia faccia si rifletterà nel bicchiere di vetro nella rifrangenza del lampadario di luce soffusa e una mosca cadrà nella zuppa.

Titolo del film: Cena con le mosche in una serata da dimenticare nella tetraggine del piatto che piange, che fa molto Wertmuller.

Ma voi davvero credete a tutte le stronzate che dico? Ah sì? Bravi, fate bene. Non sono peggio di tanti filmacci spacciati per “arte”. Ma Arte de che? Evviva Christian De Sica. Stasera va così.

 

di Stefano Falotico

 

Dopo tanta resilienza, lotte e giustificazioni, voglio sinceramente affogare nella mia morte allegra


25 Jul

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Sì, per me il sesso reale ha coinciso col totale disfacimento esistenziale, con l’impazzimento totale, con la perdita di ogni contenzione morale, con la lascivia più nichilista, screanzata, provocatoria, col vuoto più abissale.

Di solito, accade il contrario. Un ragazzo vergine, al concretizzarsi della copulazione, spesso agognata durante un’adolescenza tormentata, improvvisamente sorride alla vita e con grande nonchalance non vede l’ora di cibarsi ancora… d’intessere il suo corpo, ignudo e proteso all’accoppiamento, con vivo ardore e slanciato nitore. Fottendosene…

L’uomo, sì, arrivato a questo punto fatale della sua inoppugnabile vita escrementizia, dimentica ogni metafisica e, semplicemente, diviene un animale, mascherato in un sembiante umano, che vive per la figa. E, per procurarsela, s’impegna con abnegazione in un lavoro il più possibile redditizio che gli permetta, visti i competitivi canoni occidentali, di presentarsi a essa ottimamente e in garbato stile. Per non apparire scalognato e infinitamente miserabile, gioendo a trentadue denti e fauci spalancate della carne della sua stessa fame divorante.

A me invece è accaduto l’inverso. Allo scricchiolare delle mie pudiche barriere, allo sventolare del mio fringuello avidamente bramato dalla mia bella, succhiato, snocciolato, incuneato e duramente nel suo (di)letto ammorbidito, mi sciolsi nel senso letterale del termine. Mi squagliai, pietrificato da tanto putrescente, sessual fetore.

Al che, gli amici mi apparvero delle arpie, dagli sguardi cupidi e lestofanti, ammiccanti e provocanti, a invogliarmi a essere un “grande”. Grande, nella nostra società, significa essere un figo, un trivellatore, un puttaniere di classe, uno che non va certo a puttane ma sa vendere bene la sua immagine e la offre, bellamente pimpante, alle donne che ne fruiscono con smaliziata maturità troia andante…

E ciò mi sconvolse. No, non dovete compassionevolmente intenerirvi dinanzi alla mia sfacciata sincerità. Per me, la vita sessuale, lo ammetto, mi avete scoperto, trombato e inculato a sangue, è qualcosa di terrificante. D’incenerente e puzzolente.

Vedo donne sfilare in tacchi per le strade che dicono d’insegnare ai bambini autistici la via dell’apprendimento, curatrici dei loro deficit, che poi alla sera corteggiano la loro stessa prostituita bellezza, mercificandola al direttore della Ferrari.

E vedo uomini, un tempo sognatori, che si son dati al più bieco porcile dei loro cuori traviati. Sbudellati dall’ineludibile necessità di scopare come cavalli. Ben azzimati, profumati e, io vi dico, intimamente spappolati, spogliati di ogni decoroso contegno. In una parola insuperbiti e decadenti. Totalmente deficienti. Offrono immagini estremamente dignitose di sé, parlano forbiti e sono sempre aggiornati sull’ultimo film del regista israeliano-curdo-islamico, ma amano tinteggiare le loro noie con gli stuzzichini e gli aperitivi, sbirciando i piedi femminili da feticisti dei loro festini.

Sì, sono indubbiamente malato. E amo rallegrarmi nel mio desertico viaggiare senza meta, fra un umore felice e un altro disincanto magnifico.

Per molto tempo ho frequentato gente a posto, normale, salvo poi addivenire che queste persone erano solo traditrici, pronte a cornificarmi con derisioni degne delle più basse meretrici.

Quindi, mi son affiancato a dei veri pazzi. Ma nemmeno con quelli sono andato d’accordo. Perché, in quanto pazzi, non avevano coscienza della realtà e contentamente brindavano da mattina a sera con le pezze al culo. Lagnandosi oggi e ridendo domani, in un mare d’inconsapevolezza spaventosa.

Invece, ahimè, io ho sempre saputo qual è la verità.

Ed è una tragedia.

Nella vita, c’è la depressione se sei un cesso, ma c’è anche la fine se, miracolosamente, hai successo.

Fidatevi…

Adesso, vado a ordinare un panino col bacon perché ho voglia di carne.

di Stefano Falotico

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Jennifer Aniston out of The Comedian with De Niro, Christian Bale in forse per Ferrari


09 Jan

Due notizie che non mi rallegrano molto.

WEST HOLLYWOOD, CA - NOVEMBER 23:  Jennifer Aniston attends the cinema prive And PANDORA Jewelry Host A Special Screening Of "Cake" on November 23, 2014 in West Hollywood, California.  (Photo by Araya Diaz/Getty Images for cinema prive)

WEST HOLLYWOOD, CA – NOVEMBER 23: Jennifer Aniston attends the cinema prive And PANDORA Jewelry Host A Special Screening Of “Cake” on November 23, 2014 in West Hollywood, California. (Photo by Araya Diaz/Getty Images for cinema prive)

A quanto pare, leggendo dal nostro Showbiz 411, che non ne sbaglia una, Jennifer Aniston, per motivi che ci paiono ignoti, ha improvvisamente abbandonato il film di Taylor Hackford, The Comedian, che avrebbe dovuto anche produrre, oltre che interpretare, assieme a De Niro e alla sua rispettiva Tribeca.
Notizia che mi sconcerta, la co-protagonista della storia è infatti descritta come una donna giovane tutto pepe, rossa di capelli e dalla forte verve caratteriale, ruolo che calzava a pennello per la bella Jennifer.
Vengono fatti i nomi, come rimpiazzi veloci, dato che, sperando che la dipartita della Aniston non comprometta le sorti del film o faccia slittare troppo le riprese, quelli di Sandra Bullock, e vengon fatte ipotesi anche su attrici meno mainstream, vedi Annabella Sciorra o addirittura la più stagionata Patricia Clarkson.

Per quanto riguarda invece il progetto Enzo Ferrari di Michael Mann, corre voce in queste ore, che Christian Bale, dopo aver dichiarato entusiasta che questo film già molto lo stava appassionando e prendendo, abbia ora dei dubbi se farne parte. A chi andrà, se così sarà, cioè se Bale abbandonerà il ruolo principale del biopic, la parte del Drake?

Staremo a vedere, e vi aggiorneremo presto.

di Stefano Falotico

Michael Mann & De Niro, sfida heat per Ferrari


16 Apr

Ferrari De NiroEh sì, a quanto pare avremo, quasi in contemporanea, due progetti cinematografici su Enzo Ferrari.
Se qualche giorno fa, è stata riportata la notizia secondo cui De Niro sarà interprete del fondatore della famosa casa di Maranello, poche ore or sono, ufficialmente è stata data anche la news che, per un film ambivalente ma in competizione con quello deniriano sopraccitato, Michael Mann, guidato dalla produzione di Cecchi Gori, dirigerà la sua versione differente e ispirata a fatti, diciamo, quasi contrastanti.

Intanto, da qui prendiamo un bellissimo articolo che io copio-incollo a ludibrio del grande Cinema così ben argomentato e vividamente esposto.

È un film che aspettavamo. Lo aspettavamo da tempo immemorabile, dopo essere stati costretti per oltre quarant’anni a sciropparci pellicole contrabbandate per capolavori quando invece altro non rappresentavano che retorica anti-italiana, intimità minimaliste, stravolgimenti per fini politici della grande madre che si chiama Storia.

È Ferrari, opera cinematografica sulla vita di Enzo Ferrari, creatore e anima della leggendaria Ferrari, prodotta da Gianni Bozzacchi, nome nuovo per le nostre orecchie, bene così: la speranza, che sul piano dell’intuito, del “naso” del cronista, riteniamo fondata, è che Bozzacchi s’imponga come un caposcuola, caposcuola di una generazione di produttori i quali detestino il “facile”, lo scontato, il convenzionale: vale a dire tutta la retorica dell’antiretorica firmata fratelli Taviani, Lizzani, Monicelli; tutta l’oleografia firmata Salvatores, Tornatore, Fellini: sì, Fellini, avete capito bene, care lettrici e cari lettori, il sopravvalutatissimo regista romagnolo, capostipite d’una schiera di registi e aspiranti-registi incapaci come lui di cogliere il vero aspetto epico della natura umana, del carattere italiano; cantori d’una miseria raccontata malissimo, affronto alla miseria stessa e quindi all’oggettività sociale e morale; presi da una malsana attrazione verso il brutto, verso l’orrido, il nauseante. Lontani anni-luce dal realismo inglese degli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta, e dal cinema sociale americano degli anni Quaranta e dei primi anni Cinquanta.

Le riprese dovrebbero iniziare ai primi del 2016. Il protagonista si chiama Robert De Niro. Sarà infatti il grande debuttante di Mean Streets a interpretare la figura di Enzo Ferrari, di un Ferrari che il celeberrimo attore, in unintervista rilasciata in queste ore al ‘Messaggero’, ha definito “uomo fuori dal comune, personaggio grandioso sotto ogni aspetto”. E ha aggiunto: “Sarà un onore per me portare nel cinema il ‘Drake’, l’uomo che col proprio genio conquistò tutti noi”.

Ci convince De Niro nel ruolo di Enzo Ferrari. De Niro è attore possente, ma anche duttile. Nella grande tradizione cinematografica americana, come Humphrey Bogart, Gary Cooper, Gregory Peck e altri ancora, risulta efficace, disinvolto, “vero”, sia nei ruoli drammatici che nei ruoli brillanti. A differenza di nostri attori “impostati”, “scolastici”, incapaci di disincagliarsi dalle pastoie del manierismo che inghiottirono perfino il primo Gassman, De Niro afferra all’istante la natura, “l’animus” del personaggio affidatogli. È un eclettico. Un artista serio. L’attore appunto americano che manco si sogna di vivere di rendita, d’andare, già, sul “facile”. Che non ci pensa affatto a ingannare sé stesso, a ingannare produttore e regista; a prendere in giro il pubblico, che per lui è sacro.

Non c’è ancora il regista. De Niro punterebbe su Clint Eastwood. Idea brillante, questa, non c’è che dire. Eastwood è forse il regista americano più versatile, il più preparato, quello fornito d’un pensiero, di un’indole cosmopoliti; persona di eccellente cultura, tanto da rifiutare d’indossare i panni dell’intellettuale di professione il quale passa la vita a fingere modestia e umiltà quando invece rappresenta l’esatto contrario e riesce a imbrogliare un mucchio di gente e a riscuotere il plauso di quelli fatti della sua stessa pasta, insapore, stracotta… Basti ricordare Invictus per avere un’idea delle straordinarie qualità del campione di Per un pugno di dollari, diventato poi regista con “somma sorpresa” di un assai mediocre cineasta romano incontrato nel 1998 al “Caffè Greco”, qui a Roma…

Ci volevano quindi un co-produttore italiano “sconosciuto” e una casa di produzioni cinematografiche americane, la “TriBeCa”, di cui De Niro è fondatore e “deus ex machina”, perché fosse varato il progetto, appunto, di un film sulla vita di Ferrari dall’immediato dopoguerra al 14 agosto 1988, data della morte dell’Ingegnere, nato a Modena nel 1898.

Enzo Ferrari. Uomo complesso, come del resto tutti i personaggi che fanno la storia, che contraddistinguono i propri tempi, stabiliscono un indirizzo, creano perfino un’epoca, lasciano insomma un timbro, il più delle volte una grande impronta. Ferrari, il padre che perse il figlio Dino, nel 1956, a ventiquattro anni, stroncato dalla distrofia di Duchenne. Il padre che il proprio, immenso dolore, lo tenne sempre, e soltanto, per sé. Il papà che in qualche suo pilota intravedeva l’amatissimo rampollo già ingegnere automobilistico di alto valore e pilota di talento, ma che teneva ben stretto in sé anche questo toccante, molto umano, stato d’animo, per farne parola solo con suoi vecchi meccanici…! Soltanto con loro.

Enzo Ferrari democratico e assolutista… Cosmopolita e “casareccio”, d’estrazione emiliano-romagnola… Conservatore e progressista. Chiuso, introverso, eppur espansivo. Esigente, ma al tempo stesso comprensivo. Duro, e comunque umano. Nel complesso, un generoso; ma non voleva che lo si sapesse, e questo è il tratto del signore; del signore d’animo, non tanto di quello per via del censo. In fondo, il tratto del timido, quale egli era dietro la “corteccia” dell’uomo deciso, autoritario, a volte impulsivo, per poi pentirsi, e pentirsi coi fatti, dello scatto di pazienza.

Così, un film su Ferrari. Un film che ci voleva davvero. Una grossa, forte idea dinanzi alla quale dovrà pur rimpicciolire certo Cinema italiano che si perde con gusto malsano nella politicizzazione della Storia, mostra un’assai morbosa attrazione verso i peggiori istinti umani, soffre tuttora d’un provincialismo di cui non sa, o forse nemmeno vuole, liberarsi.

Eccolo qua il cinema italiano… Con tutti i “compagni” potenti, ricchi, influenti che abbiamo avuto fino a poco più di vent’anni fa, non siamo riusciti a realizzare nemmeno un film come si deve sulla figura di Antonio Gramsci, figura notevole, interessante, comunque la si pensi in termini storici o in termini politici… Non siamo stati capaci neanche di fare un film sulla Grande Guerra che non fosse un soggetto di rissosità social-massimalista inneggiante alla diserzione… Ma abbiamo sfornato pellicole di dubbio gusto e storicamente scorrette, mendaci, tipo quel Mediterraneo del conformista Salvatores con il monocorde Abatantuono quale protagonista. Non era, no, così il Regio Esercito nella Seconda Guerra Mondiale: fu altro, fu ben altro.

Non abbiamo un film vero, aderente alla verità, sul Risorgimento o sulla Repubblica Romana del 1849 o sulla Repubblica Partenopea del 1799. Non un film sui Fasci Siciliani! Non un film, uno vero, profondo, su Cesare, Augusto, Adriano; sulle Guerre Sociali romane; su Mario e Silla. Non un film-affresco, con luci e ombre, sul Boom italiano, sul Miracolo Economico.

Non un film su Sigonella o su ascesa e caduta di Craxi.

Che povertà, che tristezza.

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