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Ho dei dubbi che The Irishman, riguardando Scarface di De Palma, sia un capolavoro così come credo che DiCaprio non meriti di avere più nomination di Al Pacino


26 Dec

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Parte goliardica da Porky’s. Non ho detto da porci, da Porky’s, il famoso film di Bob Clark che all’epoca fece scandalo ed è invece solo una sorta di Scuola di polizia senza pulizia, ah ah

Sì, The Irishman è un capolavoro? Secondo una falange di critici, irrimediabilmente perdenti o solo pendenti dalle labbra di Scorsese, lo è, indiscutibilmente.

Una panoramica e parabola malinconica, di natura proustiana, sulla caducità del tempo, filtrata attraverso la coriacea ottica, senza retorica, di un uomo apparentemente fallito.

Un Frank Sheeran incarnato da e in De Niro statuario, apoteotico simbolo gangsteristico di altri “loser” celeberrimi da lui stesso resi celebri.

La segmentazione, l’ideale prosecuzione, la rigenerazione ad libitum nella deaging granitica, robotica della sua leggendarietà attoriale, trasfusasi in una CGI opinabile, forse non del tutto perfezionata, aspramente criticata dai maniacali certosini snob da prendere onestamente a testate, non giornalistiche.

Le classiche personcine perennemente scontente, eternamente insoddisfatte alla ricerca d’una idealizzata perfezione, d’una intoccabile purezza e completezza che invece è quanto di più brutto possa esserci, non solo nel Cinema, bensì nel concetto stesso di bellezza in senso alato e anche lato b.

Una perfezione dunque illusoria, irrealizzabile, fantomatica e oscena. Inculante.

Per esempio, a mio avviso, non è bellissima una donna esteticamente, a prima vista, perfetta. È semmai un manichino palestrato adatto a facili gioie ormonali di natura prettamente eiaculatoria, masturbatoria, dunque untoria e poco romantica, sebbene abbia sortito l’eccitazione con tanto di spermatico spumante fantastico. Ah ah.

Poiché, si sa, la donna vestita in abiti attillati, dunque attizzante, scatena il capriccio schizzante d’ogni macho membro di tal mondo oramai alle strette e alle tette, cioè succhiante solamente l’istinto genetico e primigenio di tale imbuto da poppanti ingenui. Esternatosi nello sfogo estemporaneo della frustrazione quotidiana da riversare in un fazzoletto ove espellere e depositare ogni ira e ogni stress pressante dopo averlo avuto tutto in tiro per un finale che sembra brillante, invece è solo maleodorante. Ah ah.

Impazzano le donne perfette su Instagram, sfilando in una vetrina da macelleria di corpi monumentali fotografati e scanditi, distillati in regolare reiterazione anti-emotiva, anti-empatica. Sinceramente antipatica.

Sì, vedi un bel culo e sodamente qualcosa s’ingrossa indubbiamente tangibile e presto incandescente per la lavica colata da lì fuoriuscente. Ma è un tirarsela momentaneo che svanisce presto come la non durevole erezione d’un mondo oramai fottuto nella perdizione, asfissiato e spremuto, unto e bisunto nello sbraco collettivo e nei gemiti edonistici d’una società arrivista e impunita. Diciamocela, sputtanata.

Insomma, una donna è bella a cazzo mio. Non sopporto più questi corpi che non emanano vero calore dell’anima, detesto queste donne di poco cuore che vorrebbero sprigionare ardore quando invero sono soltanto poco signore. Ma per favore!

Sul sito Gli spietati, leggo recensioni, in merito a The Irishman, da farmi accapponare la pelle e incazzare, scritte alla buon’ora da parte di uomini senza palle che non meritano manco una suora. Una suola, sì, cioè una pedata per sbatterli nella topaia del loro solaio.

I quali ebbero l’ardire di scrivere certa roba:

Scorsese vira troppo all’Affresco Americano tipo Oliver Stone, rischia di sovraccaricare lo spettatore di informazioni e perde un po’ il controllo della situazione. Il film si sfilaccia, sbanda, annoia, per poi riprendersi nella parte finale (tutta l’escalation di suspense umana ed emotiva che culmina nell’uccisione di Hoffa da parte di Sheeran) che si chiude definitivamente, però, con un rischio di pietismo senile evitato per un soffio (ma comunque evitato).

Certo, si tratta di un bel film, ci sono momenti alti, indubbiamente bellissimi (la telefonata di Frank Sheeran alla moglie di Jimmy Hoffa) e De Niro trova il personaggio perfetto per dare un senso compiuto alla sua recitazione sempre più statica e rarefatta. Ma l’ultimo di Scorsese rimane un film smisurato, diseguale e forse incapace di giustificare a pieno i 210 minuti richiesti per poterne godere.

Lasciando stare le escalation e ogni “eiaculation”, aveva ragione Adriano Celentano. Questi critici della minchia sono in piena zona svalutation. Ah ah.

Sì, si fanno i pompini a vicenda in questa Pulp Fiction di troiate. Angelo Bruno/Harvey Keitel lo sa, lui è Mr. Wolf, cari volponi. Poveri cazzoni!

Suvvia, guarda quello. Crede di essere Joe Pesci, in realtà è quello che è, ovvero un pescivendolo.

Molti di questi critici s’infervorano come Al Pacino/Tony Montana di Scarface.

Sì, Al è bestiale. S’incazza di brutto quando sua sorella, la Mastrantonio, va nel bagno con l’amante semi-siculo tutto impomatato e di sé sicuro che prima le tastò il culo per poi darle il gel alla Tutti pazzi per Mary.

Sì, ah ah. MARY Elizabeth Mastrantonio, donna che piace a ogni uomo di nome Anto’, in americano Anthony. Come il Provenzano/Stephen Graham e tutta la compagnia di omonimi. Ah ah.

Sì, in questa vita da falli, no, falliti, fate i trenini come nelle catene di Sant’Antonio e pensare che, in Italia, avemmo pure Lietta Tornabuoni. Che come donna era più brutta della Mastrantonio di The Punisher, come critica abbastanza buona ma non buonissima. Cioè severa nei giudizi. Ah ah.

In entrambi i film di Brian De Palma con Al Pacino, dunque il succitato Scarface e Carlito’s Way, vi sono sequenze al cardiopalma, appunto, nei bagni sporchi e fetidi delle discoteche e stanze con dipinti di rosse palme. Ambienti per donne strafighe come Michelle Pfeiffer ma anche per uomini e donne da De Filippi. Da gente che non possiede il vivo nitore delle sessualità (im)pure del Cinema di Pedro Almodóvar.

Grande uomo, Pedro. Uomo che non è un uomo ma ama le donne e pure gli uomini. Ah ah.

Evviva Rossy de Palma con la d minuscola e la sua faccia da Picasso. Cazzo!

Bagni merdosi ove il corrotto avvocato Sean Penn tastò la mulatta, lei l’allettò, anche allattò nella latrina e non in un comodo letto. Sean spalmò quello che sapete e poi fece il botto, sudando freddo in ospedale come se fosse macchiato d’olio. Ma, dopo tutto quest’accaloramento riguardo The Irishman, sto qui a riflettere come De Niro. Nella solitudine delle mie malinconie decadenti.

Purtroppo, mi spiace per Scorsese. Scarface è un film superiore a The Irishman. Poi, con tutto il bene che posso volere a Bob De Niro e ad Al Pacino, C’era una volta in America e Scarface sono più belli. E loro erano davvero più giovani, più cazzuti, più fighi e forse anche più bravi. In Scarface si respira una forza immane. Una passione quasi cristologica di livelli abissali. Con questi colori incendiari e la stupenda fotografia cremisi di John A. Alonzo, con queste impressionanti scenografie kitsch. Quasi trash!

Pacino, rosso di rabbia e super permaloso. Pacino, sì, fuori di testa, megalomane e senza freni, ringhiante, animalesco, manesco, puttanesco, con queste scene di gelosia indimenticabili e strazianti, con questo ritmo isterico, con una colonna sonora da brividi. Ce la vogliamo dire?

Senza nulla togliere all’originale, lo Scarface con Al e Michelle Pfeiffer è una genialata derivativa, certo, ma partorita dalla fervida mente d’uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi, Brian Russell De Palma.

Allora ha ragione Mereghetti. Prima diede a Scarface due stellette e mezzo. Quindi tre. Ora è passato a quattro. Cioè capolavoro assoluto. Il Cinema di Brian De Palma è un delirio totale così come la discesa nella scalinata di Joker, così come John Rambo. Cioè, quando parte in quinta, non ce n’è più per nessuno.

Un Cinema energico e furioso, voyeuristico, anche nichilistico, senza psicologie olistiche né stronzate utopistiche. Senza riflessioni didattiche, senza panegirici e spiegazioni da inutili teorie quantistiche e scientifiche, un Cinema che spinge in maniera costruttivista. A volte è fancazzista, a volte hitcockiano, a volte ti spupazza, ti strapazza e di emozioni sanguigne t’ammazza.

Spinge nel “push”.

Ricordate: d’altronde, Brian è il regista de Il falò delle vanità. E ho detto tutto… Ah ah.

Parte seconda: Brian De Palma appartiene alla New Hollywood ma, a differenza di Scorsese, Coppola e Spielberg, mai vinse un Oscar

Una doverosa precisazione scabrosa più di Omicidio a luci rosse e Vestito per uccidere, più agghiacciante di Blow Out.

Fu colpa di Al Capone e dell’era del Proibizionismo? Sì, pure altri geni come David Lynch e Cronenberg non possono fregiarsi di un Oscar. Ma almeno furono candidati.

De Palma manco questo.

Sì, al giuria degli Academy Awards dev’essere come John Lithgow di Doppia personalità. Prima disse e dice che quasi tutti i film di De Palma sono capolavori, poi non li candida per la statuetta.

Ultimamente, Brian deluse non poco anche i suoi più accaniti ammiratori. Al suo Domino è preferibile, pensa te, il Domino di Tony Scott.

Brian De Palma può non piacere.

E ora la sparerò grossa. Non essendo mai stato premiato né nominato, a parte Mission: Impossible, a Brian non diedero molto credito, di conseguenza neanche tanti danari.

Ma è più grande di Scorsese e Coppola.

Purtroppo, sì.

 

di Stefano Falotico

THE IRISHMAN – The scene that everyone hates, ovvero quella dell’ortolano, la grocery (messin)scena, è invece un capolavoro di sofisticato pregio


08 Dec

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Sì, è un periodo di gagliarda mia rinomanza nel quale, in tali sabati miei ritornati in auge, in tali Saturday Night(s)Fever a volte scostumati, di me sfigato e macchiato caldamente dopo che, per tempo immemorabile, fui solo abbacchiato e obnubilato, no, non riesco a essere John Travolta con le sue danze acrobatiche, però entro nei locali giammai malfamati con ghigno da uomo affamato. Talvolta, solo affannato e affaticato poiché, lontano da essi, ho parcheggiato. Cosicché devo percorrere dieci chilometri a piedi, giungendo in loco a pecora. Cioè sfiancato. E devo stare pure attento che, dopo aver fatto serata, nel frattempo, la portiera della macchina qualche malintenzionato non abbia segnato. Sono sempre stato uno sfregiato. La farò franca. E se, invece di Franca, mi facessi una bevuta col Branca Menta? Sì, non sono da branco, sto al bancone e intanto guardo tutti i culoni. Ah ah.

Mai fu però un lupo solitario, bensì un solitario come Neil/De Niro di Heat. Conosco il calore delle donne come Ashley Judd ma, se rompono il cazzo, so esser loro Val Kilmer.

Questo Falotico, dapprima adombratosi, poi coperto di vergogna, quindi svergognatamente impudico a mostrarsi senza trucco, perciò come Joker, nudo e crudo nel suo decadentismo tendente al nero più cupo da uomo che perse qualche capello ma non il vizioso suo fare il volpino malvoluto, quest’uomo dalla bellezza angelica come Leo DiCaprio senza piedi caprini eppur carismaticamente diabolico come Mefistofele, cioè Lucifero. Vale a dire il diavolo di Angel Heart, che ve lo dico a fare? De Niro.

Quest’uomo che, in un’epoca remota, ai tempi delle scuole medie, fu ambito da tutte le ragazze più belle poiché possedette un fascino magnetico da Mickey Rourke dei tempi d’oro, più che altro dei poveri.

Quest’uomo che ogni suo talento, perfino pure la potenza ipnotica dei suoi occhi ero(t)ici, scialacquò in un’orribile, ignobile maniera da far spavento addirittura ai più zotici. Quest’uomo che divenne uno spaventapasseri e che si trascurò, oserei dire, sì, fu oscurato da ogni passerina che neppure di striscio lo cagò. Quest’uomo incapricciatosi, depressosi, immalinconitosi, impigritosi, apparentemente spentosi e riaccesosi con portento dopo tanti piagnistei, ipocondrie, lamenti e la sua misteriosa cameretta. Ove, ve lo posso dire, sono conservati molti porno merdosi più dei cessi di Cattelan.

Quest’uomo mai andato con una mignotta a cui gridarono… devi ancora mangiarne di pagnotte, sempliciotto.

Quest’uomo che poi affrontò il nonnismo prepotente di tale società di camerati violenti, quest’uomo schernito dal bullismo fetido dei burini più tremendi e malviventi, quest’uomo malvisto e perciò preso per il culo dal gentil sesso in modo oscenamente scandaloso a causa della loro incurabile deficienza. Ah, donne inculabili, sì sì.

Un uomo ingiuriato, crocifisso eppur giammai fottuto. Appunto…

Un osso duro eppur tenero di cuore, dolce come qualcosa che, lungamente, s’ingrossa di notte ove è buio, questo uomo profondo che se ne sprofonda e su un’altra bionda si fionda, scolandoselo, no, scolandosela tutta d’un fiato, ah ah, quest’uomo sfortunato ma mai domato, poco amato eppur corteggiato, quest’uomo che resistette, chissà ove sparì e stette, insistette e poi, dopo essere stato così sbattuto, ora si zittisce e quindi nuovamente s’ingrugnisce, incaponito e inculato, poltrisce, quest’uomo romantico eppur spesso antipatico, superbamente da tutti e tutte, soprattutto, divorato e squartato, aperto in due e “sfanculato”.

Ma egli se ne frega e volteggia alato in tal mondo oramai putrefatto poiché egli sa il Falò suo e dà nell’occhio, miei pinocchi, poiché è un uomo che guarda le gnocche, sgranocchiando un’altra patatina e si lecca i baffi come quando sei Fonzie(s).

Un uomo sfigurato ma grande come la più alta, figurativa Arte.

 

di Stefano Falotico

Ho rivisto THE IRISHMAN in sala, cioè al Cinema Odeon di Bologna in Via Mascarella: è meglio che lo riveda su NETFLIX


04 Nov

irishmanPrologo, lungo quanto quello di… The Irishman prima dell’entrata in scena di Al Pacino

Dovete sapere che il nuovo film di Scorsese non è di Scorsese. Bensì di Bergman. Assomiglia molto a Il posto delle fragole. Solo che, al posto delle metaforiche fragole, De Niro rimembra il suo primo incontro avvenuto con Pesci dopo aver consegnato la carne in macelleria e dopo aver raccontato tutte le sue pene a Joe, mangiando il pane. Che poi spezzerà, alla fine, in carcere come Cristo all’Ultima Cena.

Sì, oggi pomeriggio, dopo un incontro decisivo per il mio solito futuro incerto, un futuro per cui arranco, di frustrazioni m’annacquo, sostanzialmente per il quale alla bell’è meglio m’arrangio, per cui ancora inciampo eppure con la stentorea voce della mia anima sostengo, anche se a stento, campando di stenti, dicevo… tornai a vedere The Irishman dopo averlo già visionato alla Festa del Cinema di Roma.

A Bologna esistettero due Odeon. Uno fu a luci rosse e forse lì potevate incontrare De Niro/Travis Bickle di Taxi Driver, in trasferta felsinea, oppure Andrea Roncato di Acapulco, prima spiaggia… a sinistra.

Danzai tra la folla assiepatasi dietro la transenna. Sì, v’era molta gente, non pensavo. Tant’è che le maschere furono attorniate da quelli della sicurezza.

Di mio, ordinai un caffè dopo aver pisciato comodamente nella toilette per soli uomini.

Il film iniziò in perfetto orario e, al tintinnare dei primi titoli di testa, finalmente la gente s’azzittì. Rimanendo muta per tutta la visione di tre ore e mezza senz’alcuna interruzione fra il primo e il secondo tempo. Pubblico selezionato. Di bocca buona. Infatti, non mangiò nemmeno i popcorn. Ah ah.

Tutt’al più scolò bottiglie d’acqua a piccoli sorsi. Sennò poi tutte queste persone distinte e signorili sarebbero dovute andare in bagno, visto che il film dura infinitamente e cinematograficamente sazia parecchio ma, al contempo, bevendo così tanto, riempie anche le vesciche per pipì interminabili. Comunque, fra uno sparo e l’altro nel film, mi parve d’udire qualche schioppo sospetto. Ovvero qualche sottile flatulenza dovuta all’aerofagia. Ma peti comunque sempre rispettabili, sì, non troppo rumorosi. Ah ah.

Sul giornale, lessi che era doppiato, invece me lo sorbii di nuovo in originale sottotitolato.

De Niro m’è apparve gigantesco. Sia perché usa davvero i tacchi per sembrare più alto di quello ch’è, sia perché in molte scene è veramente grosso, iper-corpulento. Tant’è che, per l’adipe mista alla struttura muscolare del suo corpo senile ma ancora tosto, credo che durante le riprese soffrisse di colesterolo di due metri circa? No, sopra 200. Pare pure che abbia le gote gonfie come se avesse assunto del cortisone o, peggio, dei farmaci neurolettici.

Ve lo dico per certo. Non ficcatevi mai in corpo psicofarmaci come il Risperdal, Invega e porcate varie. Il vostro metabolismo ne risentirà. Assumeteli solamente se dovrete interpretare, di mimesi realistica, la parte di Frank Sheeran. Che fu, per l’appunto, un bisonte, un peso massimo.

I farmaci non servono a una minchia. Anzi, inibiscono la libido, alterano i testosteroni e, a forza d’ingoiarli, nel giro di pochi mesi diverrete un lottatore di sumo.

Per fortuna mia, dopo essere ingrassato come De Niro di Toro scatenato, sto velocemente tornando all’antica mia forma asciutta da Travis Bickle.

Tutto ne giova. Sì, assolutamente. Tant’è che volli immediatamente, dopo essere andato in bagno, entrare in sala poiché, alla vista di tutte le gran fighe in attesa d’entrare a vedere il film, vissi un’ormonale sauna.

Poi calarono le luci, altrimenti forse sarei stato denunciato per oltraggio al pudore e sarebbero calate solo le mie brache. Oh, avrei però incontrato il cugino di Russ Bufalino, interpretato da Ray Romano e lui m’avrebbe salvato grazie a un’arringa da Gregory Peck del Cape Fear di Scorsese. Ah ah.

Sì, comunque non è male come luogo… questo Odeon. No, non è come l’omonimo oramai decaduto ex cinema per adulti del quartiere Santa Viola ma è un posto ove, se non sai che cazzo fare a metà pomeriggio, qualcuna per farsi un film XRated si può trovare. Ah ah.

Comunque, era da tempo immemorabile che in tale cinema eccitante non mi recai. Mi ricordo che uno dei primi film che qui vidi fu Così ridevano di Gianni Amelio. Un film forse più tragico di The Irishman.

Sì, la storia di due fratelli emigrati al nord. Con un Enrico Lo verso che si sacrifica e si toglie tutto affinché suo fratello minore possa avere una vita migliore. Adora suo fratello e non vuole assolutamente che lui abbia una vita così dura come ebbe, forse ingiustamente, lui. Al che fa di tutto al fine che suo fratello possa diplomarsi al magistrale per garantirgli un futuro economicamente e socialmente più rispettabile del suo.

Il fratello però è parimenti troppo affettuoso nei riguardi del maggiore. Al che, Lo Verso/Giovanni ammazza un uomo ma suo fratello, Giuffrida/Pietro, si accusa di tale reato perché pensa che Giovanni abbia già sofferto abbastanza.

Insomma, una vita da Mio fratello è figlio unico. Ma non il film con Riccardo Scamarcio, bensì proprio da canzone di Rino Gaetano.

Sapete che io avrei dovuto chiamarmi Pietro? Ah ah. No, non scherzo. Infatti, all’anagrafe faccio Piero come secondo nome, modernizzazione di Pietro. Sì, avendo io origini meridionali, i miei genitori avrebbero dovuto chiamarmi, essendo il primogenito, peraltro figlio super unico a livello mondiale, infatti non esistono persone come me, cari fratelli della congrega, come mio nonno.

Mio nonno, Pietro, fu un uomo che non sapeva leggere, diciamo, benissimo. Però sgozzava le galline meglio di tanti fighetti bolognesi che s’attorniano di pollastrelle e fanno solo la fine di Joe(y) Gallo. Ah ah.

Intanto, oggi, già ieri lunedì 4 Novembre 2019, De Niro iniziò le riprese del suo nuovo film, After Exile.

La storia di un uomo che sbagliò tutto ma farà/fece di tutto per far sì che i figli non soffrissero/soffrano al pari di quanto lui patì.

Sì, De Niro rimane ancora il mio attore preferito.

The Irishman… voglio gustarmelo, libero da fighe fuorvianti, in casina. Quando lo ficcheranno su Netflix. Peccato che su Netflix non diano Casino.

No, non sono misogino come Sergio Leone di C’era una volta in America.

E non la penso come Francesco Alò riguardo il fatto che anche in The Irishman le donne abbiano un ruolo marginale.

Innanzitutto, è un film di gangster che fanno le prime donne, soprattutto Joe Pesci. Più permaloso di una con cui chattai ieri sera su Facebook.

Dopo tre parole, le scrissi che è un’ottima passerina e lei mi disse che sono un porcellino. Come lavoro, questa qui non è che faccia proprio la professoressa di Religione applicata alla Metafisica a Oxford, diciamo. Infatti, secondo me se la fa con tipi/topi come Russ Bufalino/Pesci. Sì, è viscidissima.

Meglio così. Avrebbe lasciato la sua puzza di Pesci, no, di pesce sul sedile posteriore della mia macchina come in un’oramai già famosa scena di The Irishman.

Anna Paquin è davvero una stronza. Non perdona suo padre per aver ucciso Al Pacino/Jimmy Hoffa. Che poi… lei si mette assieme a suo figlio adottivo, interpretato da Jesse Plemons ma, nella scena della festa, in cui per ben due volte balla con Al, lo va a raccontare a sua sorella, ah ah, che fra lei e Jimmy non fece la stessa cosa che fece Stephanie Kurtzuba in The Wolf of Wall Street con Leo DiCaprio.

Insomma Anna, pur di salvarsi da una vita di merda, diciamo che per facciata stette con Jesse e, dietro le quinte, con Al.

La Kurtzuba, invece, dopo aver leccato il culo al Berlusconi di turno, ovvero Jordan Belfort/DiCaprio, in The Irishman si salvò da una vita grama da modestissima cameriera, sposando Frank Sheeran. Uno che poté essere suo nonno.

Adesso, per farvi ridere, vi racconto questa.

Una donna su Facebook mi scrisse:

– Falotico, lei mi dice che mia figlia vorrebbe separarsi dal marito per frequentare lei. Lei è un fallito, mia figlia è, peraltro, sposata. Adesso, deve pensare solo a lavare le posate. Poi, deve andare a riposare.

– Lei, invece, è sposata?

– Sì, ma tradisco mio marito. Insomma, lasci stare mia figlia. Prenda me. Sono annoiata. Non so che cazzo fare.

– A me piace sua figlia.

– Mia figlia è sposata.

– Sì, ma sta divorziando. Suo marito è un violento.

 

Cioè, non capisco. La figlia è tenuta in scacco da una madre fedifraga che desidera il male del sangue del suo sangue?

E il matto sarei io?

Sì, a quanto pare, il marito della ragazza, sebbene sia un malavitoso cattivissimo, è un uomo duro e sua figlia ha bisogno di essere protetta.

Capisco…

Mah, adesso andrò al bar. Vedo se riesco a raccattare qualche Kurtzuba.

 

Epilogo per modo di dire. Non siamo neanche a metà del viaggio, cazzo

Finisco con quest’aneddoto biografico.

Via Mascarella, ove è ubicato l’Odeon, è una laterale di via Irnerio. Ove una volta c’era il negozio home video di Blockbuster.

Ha chiuso da tempo poiché lo streaming ha soppiantato il noleggio.

Lì vicino, invece, c’è però ancora lo Sferisterio della Montagnola, detto anche palestra Baratti.

Vi racconto quanto brevemente segue.

Quando frequentai la prima del Liceo Scientifico Sabin della succursale in via Broccaindosso, non essendovi la palestra, nella giornata di Educazione Fisica, noi della scolaresca dovevamo prendere l’autobus e recarci allo Sferisterio.

Un giorno, però, in una mattina piovigginosa e plumbea, l’insegnante di Educazione Fisica cambiò programma e andammo tutti alla Montagnola. Lui indisse una corsa per tutto il circondario della Montagnola.

Vinsi io. Presi pure nove.

Perché non dovete mai scordarlo. Sì, mi ammalai di gravissima depressione. Infatti, dopo aver mollato tutto, fu allora che divenni patito… di Taxi Driver e Interiors di Woody Allen.

Per me il tempo non esiste. Trovandomi in quei posti a me così tanto cari quando fui giovanissimo, è come se avessi vissuto un magico déjà vu.

No, non mi sento affatto vecchio come De Niro nell’epilogo di The Irishman.

Purtroppo, sono ancora belloccio.

Dico purtroppo perché mi sarebbe piaciuto davvero essere pazzo, brutto, scemo, rintronato o sfortunato.

Almeno, la vita sarebbe stata meno dura.

Invece, se fossi stato un idiota come molti oggigiorno, se fosse ancora aperto l’altro Odeon, vale a dire quello che programmò tanti porno, avrei campeggiato da stallone italiano sul cartellone a mo’ pubblicità della troiata in programmazione.

Sì, oggi gli attori e le attrici dei film a luci rosse vanno fortissimi.

Peccato che, come Scorsese, non mi sia sputtanato né affiliato alla mafia ma neppure abbia optato per una vita da prete.

Dunque, prevedo ancora molte gioie lungo il mio cammino ma anche altrettante inculate.

Questa è la vita di chi sa il fallo, no, il Falò suo.

Se non vi piace, fra poco più di un mese usciranno i cine-panettoni e a Natale reciterete la parte dei bravi zii falsissimi come Joe Pesci.

Ho detto tutto…

S’è fatto tardi. Ma non ho sonno.

Mi sa che scaricherò un film. Non so se western, poliziesco o un film diciamo non propriamente da Oscar con una (s)vestita da bagascia come la moglie di Pesci in The Irishman, sì, questa milf è uguale a Kathrine Narducci.

Donna terragna che pare molto ciuccia. Sì, eccome se ciuccia, miei ebetucci.75580377_10214880698433852_1927471190893395968_n74349036_10214880697673833_5635898661822005248_n

 

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JOKER, THE IRISHMAN e RICHARD JEWELL sono film complottisti? Ma che mi tocca sentire!


02 Nov

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Pazzo? No, purissimo pezzo goliardico e al contempo profondamente riflessivo, ilare e tragicomico

Voi tutti vi siete fissati con le teorie del complotto.

Per anni, soffrii di manie igieniche, lo ammetto. Che ci fu di male? Almeno, se mi toccavo, non prendevo malattie veneree. Ah ah.

In tanti credettero, però, che fossi Mel Gibson di Conspiracy Theory.

Al che pensarono, sempre malignamente, che fossi un ragazzino disturbato. E su di me fu praticato un sequestro di persona come al figlio di Nick Nolte di Ransom.

Sì, per via del fatto che non m’attenni ai cattivi stili educativi dei genitori altrui, i quali castrano i liberi arbitrii dei figli così come fa Nick Nolte di Cape Fear con Juliette Lewis, i miei coetanei addussero che prima o poi sarei diventato, per troppa rabbia, De Niro/Max Cady.

Poiché, essendomi estraniato dalla carnascialesca socialità di quelli della mia età, reputarono malinconicamente troppo ingenua e cremosa la mia purezza e, malevoli, sospettarono che la mia solitudine auto-inflittami fosse figlia d’una latente sociopatia che poi, un giorno, sarebbe esplosa come quella di Travis Bickle.

Ah, vedrai. Sarà furioso e violento con le donne!

Ma per piacere!

In tanti m’identificarono con Donnie Darko e mi diedero del vecchio come Al Pacino di Donnie Brasco.

So solo che, già all’epoca, sarei stato l’avvocato del diavolo per una donna angelicamente provocante più del demonio come Charlize Theron.

Oggi, molte ragazze mi guardano e mi dicono che io possieda un certo fascino alla Andy Garcia de Gli intoccabili. Dire, cazzo, che fui scambiato per suo figlio nel film The Unsaid – Sotto silenzio.

Ah ah.

Mi ritengo una persona spiritosa ma intellettuale come Robin Williams de L’attimo fuggente e cerco perennemente di guardare la vita da molteplici prospettive.

Invece, fui spacciato per Williams de La leggenda del re pescatore. Anzi, peggio. Per Robin di Hook e per quello di One Hour Photo. Cioè, un ragazzone guardone assai rosicone. Perfino per Robin Hood. Come no? Ovvero, il principe dei ladri. I ladri, secondo costoro, erano le mie varie personalità. Ah ah.

Sì, mi urlarono: non devi mentire a te stesso ma guardarti allo specchio e ammettere che, al di fuori di te e del tuo riflesso, caro fesso… sei solo come un cane. Sei un poveretto! Anche un perverso!

In poche parole, fui additato sempre frettolosamente per uno schizofrenico e per un ragazzo mal cresciuto molto instabile.

È assurdo tutto ciò.

Sì, secondo questi qua, personificai Mel Gibson dell’Amleto di Zeffirelli. Attentarono alla mia verginità e alterarono, di calunnie, il bellissimo rapporto angelico con la mia prima ragazza. Al che, quando divenni, sì, giustamente furioso come Mad Max in Interceptor, mi urlarono che m’avrebbero d’altre ingiurie asfaltato.

Ma dico? Non è bello essere belli come Leo DiCaprio e sapere che invece vieni creduto Leo di Marvin’s Room e di The Aviator. Anzi, peggio. Quello di Shutter Island.

Sì, si comportarono con me come Bob De Niro di Voglia di ricominciare.

Non ebbi mai Paura d’amare. Tant’è vero che ancora posseggo un carisma travolgente da Jimmy Hoffa e infondo linfa vitale a ogni uomo malpagato e avidamente sfruttato, umiliato e non protetto da nessun sindacato. Incoraggiandolo a ribellarsi come Pacino di Quel pomeriggio di un giorno da cani e Serpico.

Non vado da un ragazzo disoccupato a fargli la morale e a proporgli di fare del volantinaggio o, peggio, del volontariato. Lo incito solo a essere più volenteroso. Soprattutto più voglioso. Ah ah.

Mi diedero del pachiderma tonto come Sylvester Stallone di Cop Land ma ricevettero metaforici pugni allo stomaco più di Tommy Morrison in Rocky V.

Ma li perdono.

Sono ancora bello come Mickey Rourke di Johnny Handsome, ah ah, debordante e giocoso come Jim Carrey di Buguardo bugiardo, ah ah, sexy come Tom Cruise di Nato il quattro luglio prima di finire sulla sedia a rotelle ah ah. E non mi manca nessuna rotella, sono sanissimo come Jack Nicholson di Qualcuno volò sul nido del cuculo, ah ah.

In effetti, siamo attorniati da malati di mente.

Qualcuno si credette un genio statista della Politica e mi confidò che voleva scrivere un libro profetico intitolato La seconda guerra fredda.

E io:

– Quale sarebbe? Quella dei tuoi ormoni? Mi pare che, a forza di pensare alla fine dell’umanità, non stai scopando molto. Guarda invece quella là. A me pare la fine del mondo, ah ah.

 

Sì, dopo le ingiuste polemiche su Joker, accusato dai puritani moralisti del cazzo e dai benpensanti della minchia di essere un film sovversivo, poche ore fa lessi pure che The Irishman traviserebbe la realtà.

Poiché Jimmy Hoffa non fu ammazzato da Frank Sheeran.

L’FBI invece ha appena denunciato Clint Eastwood, sostenendo che, in Richard Jewell, il regista di Fino a prova contraria, accusa le istituzioni d’aver distrutto un uomo.

L’FBI, secondo la prassi, doveva accertarsi di tutto.

Certo. Però, finiti i logoranti accertamenti, dopo aver appurato d’aver beccato una cantonata storica, la vita di Richard fu psicologicamente massacrata.

La mia, invece, è ancora intatta. Nonostante tutto.

Eh sì. In questi anni ne vidi tante…

Donne ricercatrici di biologia dalla doppia vita. Di notte, sono come Jennifer Jason Leigh di America oggi e di giorno delle adepte del fascismo antisemita di Salvini.

Sì, come no? Non starò a dirvi chi è ma ne conobbi una così. È sposata, era già sposata. Mi mandava foto di lei semi-ignuda per allentare la noia della sua vita coniugale.

Poi, il giorno seguente, urlava in comizio: per un’Italia libera e pulita, lontana da ogni puttanesimo, ripristiniamo i valori della patria!

Grazie alle sue intime conoscenze, oggi, è comunque arrivata… ah ah.

Cari colonnelli, mi sa che, per mettervi contro di me, avete davvero il cervello piccolo. Mi sta venendo… persino il dubbio che anche qualcos’altro abbiate piccolo…

– Che vuoi dire, ragazzo?

– Quello che ho detto.

 

Insomma, se siete brutti e invidiosi, mettete su la canzone ‘O Scarrafone.

Poiché io non so’ paz’ ma comunque sia non mi dovete più scassa’ ù cazz’!

Ah ah.

Finisco il pazzo, no, il pezzo così. Con una delle mie freddure micidiali in stile Clint Eastwood.

Un ragazzo spaesato e confuso va dal suo psichiatra e gli svuota piacevolmente l’anima, ottenendone un effetto catartico. O forse per niente. Ah ah.

– Professore, dottore mio, l’altra notte m’è successa una cosa sconvolgente. Ho parlato in chat con una ragazza.

– Ah, tutto qui? Cosa ci sarebbe di così traumatizzante in questo?

– Nulla di che, però c’è un ma.

– Dimmi. Spiegami il ma. Oppure il tuo malessere.

– Ecco, vede. Senta. Questa qui è una cinefila come me. Al che, dopo aver parlato per mezz’ora, intrigata dal sottoscritto, è andata a visionare le mie foto.

– Quindi?

– Ecco, lei mi dice… sai che sei un po’ matto? Ma è una pazzia colorata la tua. Assomigli a Modigliani/Andy Garcia de I colori dell’anima.

– Cioè, giudicandoti dalla faccia sua magrissima, scavata e stilizzata, questa ragazza ha creduto che morirai a soli 35 anni di tubercolosi? Oppure, voleva dirti che sembri un creativo un po’ fuori di testa? Ma fuori di testa-cretino, no, creativo in senso pittorico, anzi, pittoresco come Modì?

– Ah, non lo so, ah ah.

– Che cosa dunque t’ha turbato di questo paragone?

– Nulla, a dire il vero. Io però le ho risposto… con te, donna, vorrei usare il mio pennello a mo’ di acquerello sulla tua pelle.

– Davvero le hai detto così? Ma che sei matto sul serio? Non ti ha bloccato oppure telematicamente preso a sberle?

– Macché, psichiatra. Siamo figli di una generazione molto libera, diciamo. Alle ragazze fanno solo che piacere certe avance “figurative”. No, non sono come voi vecchietti. Non badano alle figuracce.

– Ah, capisco. Non mi piace che mi hai dato del rincoglionito ma sono stato giovane anche io, ci sta. Allora, che cosa ti ha doluto l’anima, carissimo?

– Be’, lei dopo questa mia proposta indecente molto sfacciata, anziché prenderla appunto malissimo oppure pigliarla a ridere con ironia, è stata molto seria, sa?

– Cioè?

– Mi ha detto che sono un bell’uomo con un’intelligenza superiore alla norma.

– Perché hai dei dubbi a riguardo?

– Un po’ sì.

– Comprendo benissimo, altrimenti non verresti da me.

– In verità, a volte sono consapevole della mia malattia, vale a dire la bellezza ed esserne amante in ogni sua forma artistica e anche figa. No, scusi, fisica. Sono belloccio, piacione e molto intelligente quando voglio. Soprattutto se la voglio.

– E dunque. Che cosa ti angoscia?

– Ripeto, sono bello ma avrei dei dubbi sul fatto che fra me e questa ragazza possa esservi un futuro economicamente soddisfacente.

Anche perché fra cinque minuti, caro psichiatra, il colloquio con lei finirà e io avrò pure 100 Euro in meno.

– Vorresti dire che non hai molti soldi e non puoi garantire a questa qui almeno una cena al ristorante e il cinema il sabato sera?

– Non volevo dirlo ma lei, essendo studioso della mente, conosce bene il portafogli.

– Non ti preoccupare. Ken Loach continua a fare film. Ti consolerai, guardando Bread and Roses.

 

Pazzo, no, pezzo sui tre capolavori cinematografici della stagione

Innanzitutto, partiamo da Joker. È un capolavoro? Sì o no?

Siamo al primo Novembre, giorno in cui si festeggiano i morti. E molti critici da strapazzo, per l’appunto, gli stesso che l’osannarono a Venezia, ora lo stanno uccidendo per fare i fighi. Poiché, si sa, fa figo dire la cosa controcorrente. Cosiddetta alla moda.

Joker è un grande film. Secondo me, ribadisco per l’ennesima volta, a costo di apparire ripetitivo e scontato, capolavoro lo è. Eccome.

Ma Joker, come tutti i capolavori, sta subendo il classico, inevitabile effetto boomerang.

Dopo l’immenso, sacrosanto clamore ottenuto al Festival di Venezia, ove è stato insignito di un meritatissimo Leone d’oro, ora i critici con la puzza sotto il naso dell’ultima ora stanno cercando il pelo nell’uovo.

Joker non vincerà l’Oscar come miglior film. Nemmeno Taxi Driver lo vinse.

Fra l’altro, Taxi Driver, pur andando benino al botteghino, non fece sfracelli quanto Joker.

La Critica è importante ma un ruolo predominante per l’assegnazione dell’Oscar lo gioca anche il pubblico.

Taxi Driver fu battuto da Rocky.

Taxi Driver, con tutto il bene e l’affetto nostalgico che possiamo volere a Rocky, è superiore alla pellicola di John G. Avildsen. Scorsese è un genio mentre il compianto Avildsen fu al massimo un buon regista con qualche pellicola di pregio. Allora perché vinse Rocky? Per quanto possa apparire incredibile. Avildsen all’epoca era più quotato di Scorsese. Tant’è vero che Mean Streets lo cagarono in pochi, solo la Critica di New York, mentre Salvate la tigre venne considerato erroneamente un capolavoro e Jack Lemmon vinse come miglior attore.

Poi, va anche aggiunto questo. Se gli Academy Award avessero premiato Taxi Driver, tutti i bastian contrari avrebbero affermato: ma come? Premiate un film sovversivo e inquietante, non dando invece l’Oscar a un film di buoni sentimenti?

Fatto sta che, se Joker è un capolavoro o no, lo sapremo fra dieci anni.

Oggi la gente si fa i selfie sulla scalinata in cui Arthur Fleck/Phoenix balla, emulandolo. Se fra una decade, la gente, dopo averlo rivisto di cinquemila passaggi televisivi, il mattino dopo entrerà in ufficio, imitando Joker, Joker sarà un capolavoro.

Passiamo adesso a The Irishman.

Francesco Alò è un ottimo critico. Altrimenti, non avrebbe scritto pezzi meravigliosi su Il Messaggero. Ma, nella sua video-recensione del film di Scorsese, è stato eccessivo per puro spirito provocatorio. Solo per attirare visualizzazioni.

The Irishman è davvero un capolavoro. Alò è stato estremamente superficiale. Perché mai ha detto, per esempio, che non ci si può affezionare a un tipo come Sheeran? Sì, non ce ne si può affezionare. È questo il bello della faccenda. Sheeran è un Forrest Gump al contrario. Attraversa cinquant’anni di storia americana e, alla pari di Tom Hanks, non fa una piega. Forrest Gump non capì però mai un cazzo mentre Sheeran, fin dapprincipio, capì tutto. Ma recitò la parte del fesso per non tornare in guerra. Non lo avevate capito? Alla fine, persino in punto di morte non vorrà tradire vigliaccamente sé stesso, non confessando neppure al prete di aver ucciso il suo unico, vero amico. Morirà con due enormi rimpianti. Quello di aver scelto l’amico sbagliato, Russ Bufalino/Joe Pesci, e quello di non essere stato in grado di aiutare sua figlia. Mentre però poté scegliere l’amico giusto e invece clamorosamente fallì, non poté invece aiutare realisticamente sua figlia.

Finiamo con Richard Jewell.

Io dico che è già capolavoro. Anche se non è ancora uscito. Clint Eastwood è un uomo molto, molto anziano. E sinceramente non ha più tempo né voglia di fare il biondo con Sondra Locke, la sua storica ex bionda. Da trent’anni a questa parte, a Clint piace svelare, con classicismo da uomo d’onore e classe immensa, le verità sepolte delle ingiustizie. Poiché, come Joker, non ha più nulla da perdere.

Termino il pazzo, no, il pezzo così. Mostro questo video a una ragazza e lei:

– Lo sai che, a tratti, assomigli sia a Johnny Depp che a Joaquin Phoenix, a Tom Cruise, a Bob De Niro e ad Eastwood da giovane?

– Sì, però da quel che vedo di te, tu non hai la faccia di quella che lo incassa.

 

 

di Stefano Falotico

Leo Gullotta doppia Joe Pesci in THE IRISHMAN: ogni volta che vado a Roma, divento Mio cugino Vincenzo


29 Oct

vincenzo pesci tomei

Sì, sarà Leo Gullotta a doppiare Joe Pesci in The Irishman.

Se possedete Netflix, potete già gustarvi il doppiaggio di Gullotta nel trailer. Su YouTube ancora non vi è!

Ora, il doppiatore storico di Joe Pesci è stato Manlio De Angelis. Peccato che Manlio sia morto nel 2017.

Negli ultimi anni, non c’è stato bisogno di doppiare Joe. Dato che s’era semi-ritirato.

Facciamo però chiarezza. Pesci è stato doppiato in Toro scatenato da Piero Tiberi, no, non da Tiberio Timperi. Questo doppia solo Francesca Fialdini. Eccome se fa la doppietta.

Lei invece fa un po’ la tr… tta e allora Tiberio con lei non va più a cenare in trattoria.

Francesco Alò invece, stroncando l’interpretazione di De Niro e il film di Scorsese, ha detto che il personaggio di Robert va avanti nel film come un trattore.

Ma torniamo a Leo. No, non DiCaprio. Sebbene Scorsese e DiCaprio, secondo me, si amano segretamente.

Gullotta doppiò Joe anche in C’era una volta in AmericaMoonwalker e Mio cugino Vincenzo.

Ecco, io ho visto The Irishman al Festival di Roma. Ma non ho voluto saperne d’imbucarmi alle feste.

Sono come Rust Cohle/Matthew McConaughey. Ove sento puzza di bruciato, cioè di porcume e troiai, divento nichilista e m’ottenebro nella malinconia. I carnai, la frivolezza, le carnascialesche dolcezze mi ripugnano, mi repellono e le odio senza malincuore.

Scorsese è sempre stato scisso fra due poli agli antipodi, ovvero i preti e i gangster. Non uso il plurale di gangsters perché voglio italianizzare. Sì, lo stesso Scorsese ha più e più volte ribadito che, se non si fosse realizzato come regista, avrebbe purtroppo optato, giocoforza, per queste due scelte. Lo “auto-biografizza” anche Jack Nicholson nell’incipit di The Departed.

Scorsese, difatti, entrò in seminario e, se non avesse avuto voglia d’incontrare una donna, semmai per inseminarla, oggi probabilmente sarebbe in un monastero alla Silence oppure dietro le sbarre. Poiché i criminali, prima o poi, la pagano.

Roma è piena di zoccole.

Per dirla alla Pesci di Casinò, ce ne sono un fottio. Ah, pensano solo a (s)fottere, tutte incipriate e, per l’appunto, in tiro. Rifatte, strafatte, a volte strafighe, non lo metto in dubbio ma spesso e volentieri sono solo delle sfigate in cerca dei flash dei paparazzi per essere immortalate come imbalsamate per quattro voyeur rimbambiti.

Gente oramai andata, fottuta completamente. Che s’illude di essere felice solo perché ha i soldi in banca. Poveretti. Gente che col Cinema non ha niente a che vedere ed è infatti meglio che ne stia lontana e non lo veda. Persone che non hanno pathos nell’anima, hanno esistenze piatte. Monotematiche, monolitiche. Fatte, per l’appunto, solamente di soldi a palate rifilati per corrompere qualcuna che non sia suora ma a loro su(p)ina di rosolata, elargita patatina.

Come no? Roma è il cul(t)o per eccellenza di questo puttanaio. Starlette perfino con brutte tette che scosciano in passerella quando non sono belle passere ma hanno solamente la tessera d’accreditate poiché l’unico credit da loro esibito è averla registrata come Belén Rodríguez.

Sì, l’unico film di successo della Belena è stato il suo porno casareccio d’impuro sesso.

Per il resto, piattume totale, encefalogramma d’ameba, cosce d’indubbia, ottima fattura ma, stringi stringi, Belena vuole solo la confettura. Eh, diciamocela, porca puttana.

Senza peli sulla lingua. A proposito, nel suo porno non si vede se sia pelosa sull’inguine.

Sì, Belena non mangia le linguine allo scoglio poiché deve mantenersi in linea… coi canoni non della Rai ma di Mediaset.

Natale in Sudafrica! Eh sì, se l’è sudata questa sudamericana a botte di darla in maniera extralarge su body servito all’uomo accalorato-medio italiano che la deve chiedere sempre.

No, non sono un moralista. Sono pieno di porno in casa. Ma almeno sono porno veri. Non sono film con attrici che vogliono prendere da tutte le parti. Sono almeno attrici deliziose nel prenderlo dappertutto senza remissione dei peccati.

In Italia invece molte donne vogliono la vita moralmente rispettabile da Tú sí que vales per fare pure le brave bambine in Don Matteo.

Incredibile! Qui ci vorrebbe il grande Terence Hill dei bei tempi, ovvero de Lo chiamavano trinità. A queste sberle vanno dati solo calci in culo.

No, io ogni mattina, prima d’approdare all’Auditorium, andavo alla caffetteria Briò Bistrot, ubicata in Piazza Apollodoro.

Praticamente, ho stazionato più lì che in albergo. Ho scolato cinquemila caffè, osservando stomachevoli coppiette sposate intente a litigare fra un primo e l’altro disgustoso, giovani intraprendenti cinefili impegnati a scambiarsi opinioni da ignoranti, sedicenti intellettuali soltanto sedicenni e critici capaci di esegesi magnifiche ma inetti perfino a ordinare un dessert.

Sì, persone che conoscono a memoria tutti i film di Scorsese ma scambiano il ketchup per la maionese e un cappuccino schiumoso con la crème de la crème delle persone che leccano pur di guadagnare 3 Euro in più, cioè gente che a loro volta fa venire la diarrea più di un quintale di profiterole.

Approfittatori!

Sì, sono di Bologna ove le lasagne vanno forti. Ma volevo assaggiarle a Roma. Superbe, con una besciamella che non abbisogna della profilassi per saziarti.

Come dico io, l’appetito vien mangiando. Chi ha i soldi ne vuole fare di più per farsene di più.

Di mio, non ho molta fame. Ma le lasagne mi piacciono. A te invece, donna bagascia, non piace quella cosa altrettanto bianca e densa che ingoi, ti schifa ma lo fai perché lui possa pagarti la cena.

Ah ah.

Poi, durante un pomeriggio super noioso, mi son incamminato per tutta via Flaminio, fermandomi al Caffè dei Carracci.

Sì, avevo finito le sigarette e questo bar è fra l’altro l’unica tabaccheria in zona.

Proprio mentre stavo per entrare, ho avvistato una faccia che, parafrasando Totò, non m’era nuova.

– Davide?

– Sì, chi sei?

– Sono Stefano.

– Stefano Falotico, certo. Abbiamo pure scritto assieme questo libro, Nel neo(n) delle nostre avventure (per caso c’è l’allusione al neo di De Niro? No…).

– Non mi hai riconosciuto?

– All’inizio, no, sinceramente.

 

Onestamente, nonostante parliamo da anni su Facebook in chat, non ci siamo mai visti dal vivo.

Ah ah. Questa è splendida.

– Davide, che ci fai qui? Siamo lontani dall’Auditorium.

– Sono venuto qui per comprare le sigarette della Marlboro. È l’unica tabaccheria della zona. Tu, invece, come mai qua?

– Sono venuto a comprare le sigarette della Chesterfield.

 

Ah, su Roma avrei da raccontarvene tante.

Tanti anni fa, un tizio, il quale su FilmTv.it si faceva chiamare Ragiontravolta, m’invitò a una festa assieme a una di nome Cristina.

Tale Cristina all’epoca era presa da me. Credeva che fossi un grande talento letterario.

Mi propose un favore sessuale. Sì, se mi fossi accoppiato con lei, mi avrebbe raccomandato per la Guanda.

La mandai a farselo dare nel culo. Preferisco rimanere un panda. Sì, sono un essere in via d’estinzione. Lei mi rispose che dovevo crescere e io le ribadii che non doveva rompere le palle.

Al che, partirono pettegolezzi, notti d’imbrogli e sotterfugi. Lei in combutta col Ragion a farmi scherzetti, a telefonare a una tipa, dicendo che c’eravamo incontrati e che io ero stato a letto con lei.

– Non è vero.

– Le dico che è vero. Come fai a smentirmi? Ho la foto di noi assieme.

– Non dimostra nulla quella foto. A chi la mandi?

– A lei.

– Non ci provare.

– Non sei venuto con me e ora ti rovino la vita.

 

Sta qui era pure in confidenza virtuale con un pazzo purtroppo di mia conoscenza. Che la invogliava a deridermi. Della serie scema e più scemo.

Quello che Alò non ha capito è questo. Afferma che non ci si possa affezionare a Frank Sheeran.

Perché è un uomo inutile… Però la scena in cui ammazza Joe Gallo è terrificante.

Di mio, l’altra sera son stato al Gallo Garage. Ho anche il ciuffo di banana.

di Stefano Falotico

gallo garage

THE IRISHMAN di Martin Scorsese | Video-recensione del film con ROBERT DE NIRO, AL PACINO, JOE PESCI


24 Oct

dav

Ebbi il presentimento e il sentore istintivo che The Irishman sarebbe stato il mio ultimo film definitivo, posso darvi ora l’addio, alla prossima s-figa


22 Oct

Anna+Paquin+Flack+UKTV+Premiere+Red+Carpet+SQe6nYkAZK0lFrase epica: di cento cose che dico, novantanove sono vere, solo una è falsa ma non mi ricordo nemmeno io quale.

Sì, ho completato il patto stipulato con me stesso anni or sono quando annunciai che, a visione terminata di The Irishman, quando tale opera magna fu ancora in fase d’iniziazione, ancora prima che si parlasse di pre-produzione, pochi minuti dopo aver letto la notizia su Variety in mento alla sua futura lavorazione, avrei posto fine alla mia vita.

Dopo aver visionato tale pellicola mastodontica, dopo un’attesa interminabile durata in modo spropositato, dopo aver assistito all’infinito scandirsi dei titoli di coda, dopo esser rincasato a Bologna post mio viaggio a Roma, dopo aver allestito un’epica, epocale, magniloquente recensione, giunto che son ora nella mia umile dimora, nuovamente asfissiato dall’autunnale incedere inesorabile della mia melanconia incurabile, asserisco testé e ivi che la mia esistenza non ha molto più senso ancor d’inoltrarsi e avanzare.

Mi pare logico e obiettivamente realistico abbandonare ogni utopistica illusione e far sì che la morte possa bussare presto alla mia porta. Le offrirò un dolce caffè e poi scivolerò via, scremato lievemente fra le mie essiccate labbra screpolate nei sepolcri della mia vita solo trasognata e mai davvero lambita, mai veramente voluta e ambita, probabilmente soltanto non capita, per crepare come un bacio di morbida panna nella calda cioccolata del mio squagliarmi lontano da ogni ansia zuccherata. Vivamente mi cremerò nell’estasi della perpetua dissoluzione senza chiedervi omaggianti, retoriche assoluzioni.

Poiché già patii una resilienza immane atta solamente a scagionarmi, in questo decennio abbondante, da vili e spregevoli, malvagie infamie proterve e stupidamente arroganti.

Dunque, dopo essermi inutilmente giustificato dinanzi ai più burocratici, frettolosamente e scandalosamente organi preposti alla valutazione psicofisica della mia interiorità morale, inviolabilmente sacra e mortale, dopo essermi vanamente sbudellato e scorticato le interiora al fine soltanto d’attestare la mia giammai contraffatta integrità a degli animali sesquipedali, affermo che è un mondo affetto da mentale, irreversibile infermità. Cosicché, dirimpetto a una mostruosità disumana dalle proporzioni spaventose forse maggiori del budget enormemente dispendioso di The Irishman, parimenti a questa titanica e indimenticabile, insuperabilmente sopraffina prova artistica improba e impari, decreto catacombale di tale iper-sintetica, poetica silloge la mia devastante dipartita monumentale. Oserei dire cimiteriale.

Ah, per forza. Una volta morto, tu speri davvero di ascendere al paradiso? Stai fresco.

Sì, sottoterra stai freschissimo. È caldo d’inverno e freddissimo d’estate. Stai di un bene…

Senza battere ciglio. Sono stanco delle incitazioni superflue e sdolcinate attuatemi affinché possa fingere di essere felice e di mischiarmi alla baldoria euforica d’un mondo che, dalla nascita, dannatamente non m’appartiene né mai allineato sarà al mio spirito metafisico super raffinato. Puniamola, pugnaliamola, no poniamola così, ah ah. Altrimenti, se dovessi essere obiettivo, mi dovrei suicidare e basta. Ah ah.

Questo è uno scritto di puro afflato sebbene mi senta molto affaticato.

So che posso indurvi a ridere, perfino a deridermi nell’esternare con indubbia fierezza ciò che potrebbe apparire come strafottente, ilare irriverenza o come un’antipatica posa figlia d’un mio momento imbarazzante d’assurda deficienza.

Sì, quando opto per uno stato deficiente, sono un uomo splendente, autentico. Quando invece voglio omologarmi alla contemporanea imbecillità corrente, in quei momenti assumo espressioni innaturali come se stessi fremente cagando la diarrea più puzzolente.

No, mi viene facile essere un uomo ostico, assai difficile. Mi riesce pressoché impossibile ballare e ridere come tutti. Poiché alle scimmie preferisco la solitudine coi miei salati arachidi.

A nulla mi servì la scienza. La psichiatria di fronte a un granitico macigno indissolubile come me, in quanto convinto assolutamente che questa terra a me non s’addica e mi dica da tempo immemorabile e assai spettrale un bel niente, s’arrese esterrefatta e disfatta!

Completamente putrefatta, sconfitta grazie alle fitte che le riservai coi miei metaforici pugni allo stomaco.

Costernata e perfino vilipesa, oltraggiosamente affrontata dal mio genio stupefacente che sfatò e sfondò ogni teoria cretinamente partorita da Freud il malato. Uno che non possedette certamente una bella mente a voler enucleare le psiche altrui quando invero avrebbe dovuto copulare con la sua anima connaturatamente irredenta. Irridendo a stretti denti la sua boria penosamente, sorridentemente vergognosa ed esecrabile nel ridente essersi presa gioco di me con tale orripilante strafottenza.

Poiché chi ardì solamente a voler studiare i meandrici cunicoli della nostra inconscia, ermetica, criptica e perciò non decriptabile sofisticatezza, meriterebbe il manicomio eternamente. Nel suo folle delirio da onnipotente, elevatosi per l’appunto a dio giudicante quest’umanità derelitta e spregiudicatamente, irrimediabilmente violenta anche solo psicologicamente, commise il madornale orrore d’un tragico, insalvabile e insanabile pregiudizio che, in realtà, avrebbe dovuto applicare alla limitatezza della sua ridicola demenza.

Avrebbe dovuto effettuare a danno della sua inconsapevole pochezza, per l’appunto nei riguardi della sua incoscienza, nei confronti della sua presunzione farneticante e immonda, tale abominevole stoltezza.

Vomitante solamente la tristizia della sua boriosità tremenda.

Mi sento come Frank Sheeran, un uomo materico che non soffrì sensi di colpa né ebbe da confessare a chicchessia, tantomeno a un ipocrita uomo di chiesa, la durezza della sua spericolatezza e della sua insopprimibile, folle fermezza.

Visse senza sapere di vivere, camminando strisciante come un fantasma della notte. Aleggiando macabro nel nitore dei suoi estemporanei ardori, dei suoi brillanti seppur rari fulgori.

Vedendo attorno a lui dei fantocci di cartapesta, dei moralisti senza ritegno che, semmai, quando non impauriti dalla sua cupa, ombrosa e lombrosiana grandezza, gli consigliarono solo di redimersi e di mostrarsi al prossimo con più contegno. Quella che, falsamente, denominarono come dignità.

Sì, la dignità di coprirsi dietro un lavoretto per celare tutte le magagne dei loro nascosti magnaccioni. Mannaggia!

Evviva chi s’arrangia e non è mai contento in quanto non è un frivolo uomo di panza.

Ma quale tornare indietro? Ma che state dicendo? Non vi penso nemmeno a infatuarmi di un’altra puttanella. Perderò la testa per lei ma anche i testicoli. Poiché, dopo avermi sedotto e concupito, dopo avermi svuotato le palle e soprattutto il portafogli, m’evirerà come quella bagascia che, tanti an(n)i fa, per mia disgrazia conobbi. Una tale Elvira, baldracca che si spacciò per direttrice d’azienda. So io invece, eccome se lo so, di cosa fu rettrice. Donna poco retta ma comunque amò pigliarlo tutto ritto nel suo ottimo retto.

Sì, pappammo assieme un filetto e poi degustammo una saporita cotoletta. Quindi, ci sparammo un filmetto e lei si ficcò tutto il mio pisello dal notevole infilarglielo come un rastrello, leccandosi pure i baffi con tanto di lamento.

Ma quale amore di questo par de palle. Semmai prendo una cotta per innamorarmi di una con cui mettere al mondo Anna Paquin. Attrice che, dalla faccia, è più stronza del padre.

Infatti, secondo me, tra lei e Hoffa ci fu una sessuale truffa che Gesù avrebbe svelato, scoprendo gli imbrogli d’una insindacabile scopata che non viene riportata nel film di Scorsese né ufficializzata da nessun atto depositato alla cronistoria degli autotrasportatori ma che io so che avvenne poiché Pacino, con duri colpi di bacino, riempì il suo vuoto pneumatico, sgommando anche d’amplesso furioso sulle sue curve mozzafiato da divetta di Hollywood.

Poiché sono The Irishman, l’uomo più cattivo di tutti. Un lupo solitario dallo sguardo di ghiaccio.

No, quello fu Iceman, il signor Richard Kuklinski.

Uno che, arrivato all’età della cosiddetta maturità, non ebbe più il tempo di farsi le seghe su Valérie Kaprisky.

Al che, prima la buttò in vacca come Charles Bukowski ma poi capì che Bukowski non lo caga nessuno perché tutti i ritardati odierni amano i selfie e leccarsi il culo.

Arriveranno all’età di Frank Sheeran col rimpianto di non aver davvero fatto quel cazzo che vollero ma, improntati al buonismo più fariseo, dopo essersi scambiati baci di Giuda similmente ad Al Pacino nei confronti di John Cazale de Il padrino – Parte II, non più avranno il coraggio di mentire a sé stessi e null’altro nelle loro anime vi sarà se non la magra consolazione d’una esistenza da figli di troia.

Di mio, non ho da scusarmi né ricuso le ripugnanti, immisericordiose patologie attribuitemi. Poiché figlie del vostro mondo che, come detto, non è il mio.

E ne sono felice d’estrema unzione ad averlo (s)macchiato con furente passione.

Sentite condoglianze da parte di un uomo forse sfortunato, forse fortunatamente mai nato. Dunque, ancor prima di nascere e morire, ammainatosi.

Su questa stronzata vi auguro una felice notte.

Ci sentiamo domani.

Se devo dirla tutta, The Irishman è un film magnifico.

E la scena in cui De Niro, a tarda sera, entra nel locale in cui v’è quel bastardo di Joe Gallo e lo ammazza a sangue freddo, cazzo, vale un’erezione superiore a quella che potresti avere quando vedi Holly Hunter, madre di Anna Paquin in Lezioni di piano, superbamente ignuda.

Ora capisco perché ad Harvey Keitel danno sempre la parte della merda. Non si riprese dalla figona di Holly. Una che, nel succitato film di Jane Campion, interpreta la parte di una muta ma che riesce a parlare a ogni uccello meglio di tante laureate. Da cui il famoso detto: sì, quella donna è molto colta ma, stringi stringi, non serve a un cazzo.

In The Irishman vi sono quasi solo uomini. Ora però Paolo Mereghetti deve spiegarmi perché C’era una volta in America lo reputa un film misogino mentre The Irishman… no. In The Irishman v’è solamente e molto sola Anna Paquin, figlia viscida di De Niro avuta da un matrimonio con una donna che lui disprezzò. Io so la verità, Paolo scrive recensioni a seconda di come gli tira.

Ecco, Anna Paquin è la classica femmina che non sai se è figa o racchia. Ma un’inchiappettata liscia ci sta a prescindere. Ma sì, fottetevene. Pensate alla salute. Ora vi saluto.

La vita comincia a farsi dura e non la vedo benissimo. No, non ne vedo molte ma so come uscirne.

Non è difficile. Basta che lei ti dica: levati dai coglioni.

Ah ah.

Ricordate: non fate i galli come Joe.

 

di Stefano Falotico

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THE IRISHMAN docet: siamo tutti i perfetti sconosciuti delle nostre ambiguità, dei nostri desideri sopiti, non confidati, onirici e sepolti nei nostri emotivi rispostigli anche quando ci confessiamo ai migliori amici svegli


01 Aug

irishm-768x427O che come noi, all’apparenza, se la dormono…

Ecco, qualche anno fa, come sappiamo, uno dei film fenomeno della stagione fu Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese.

Regista furbissimo, ovviamente, plateale leccaculo della piccola borghesia di ascendenza mucciniana da lui arruffianata, realizzando pellicole che giocano appositamente coi rancori, i pettegolezzi, le sotterranee e (dis)sotterrate vite private di un’umanità che, tutto sommato, sta bene.

Agiografie di piagnistei di gente con la panza piena, metaforicamente parlando. Ove il lardoso Giuseppe Battiston, comunque un ottimo attore che, al di là dell’aspetto da lottatore di sumo, non essendo Valerio Mastandrea, invece paladino, capostipite, imbattibile re dei somari, fa sempre la sua porca figura.

Appena si muove nell’inquadratura, abbiamo perennemente paura che, al pari di un elefante, possa però spaccare i cristalli di Svarovski delle case di Alba Rohrwacher e Kasia Smutniak.

Sì, Svarovski fa rima con donne da matriosca.

Sì, sia Alba che Kasia sono delle bamboline al cui interno, soprattutto psicologico, da cui Woody Allen e Diane Keaton d’Interiors, spuntano nuove, interminabili, enormi femmine oppure donnette sull’orlo di una crisi di nervi.

Sì, Alba è un’attrice che sa il fatto suo, comunque. Muta forma più della figlia del signor Rosselli. Ah, ragazza bravissima a scuola, laureatasi con lode ma, a esser sinceri, un mese è sovrappeso e solo tre giorni dopo è dimagrita più di Christian Bale de L’uomo senza sonno.

Sì, perché è nevrotica.

Adesso, abita con suo marito. Torna dai suoi genitori solo quando deve magnare a sbafo e consegnare loro la figlia piccola. Poveri nonni!

Sua figlia è simpaticissima, appena m’incrocia assieme a sua madre, mi saluta. Poi, rivolgendosi a sua madre, esclama:

– Anna, hai visto che bell’uomo? Perché ti sei sposata papà?

– Figlia mia. Perché papà è come Christian Bale di Vice – L’uomo nell’ombra.

 

Ecco, a volte mi chiedo come mai una donna così bella come Kasia Smutniak sia stata l’ex di Pietro Taricone.

Taricone, pace all’anima sua, ragazzo di rara simpatia e ruspante tartaruga su bicipiti da Vin Diesel di Fast and Furious, chiariamoci.

Ma, detta come va detta, a prescindere dal giusto mio rispetto nei riguardi della sua morte tragica e commovente, come attore non valeva un cazzo.

Sì, dopo le sue passioni selvagge nella casa del Grande Fratello con Plevani Cristina, una che non è andata mai per il sottile e a cui non fregava molto del cervello ma adorava e ancor tiene in auge, appunto, l’uomo di sana e robusta costituzione che fa rima baciatissima e succhiata con la massa encefalica poco falotica, Pietro adescò la polacca Kasia.

E, nella loro casa, furono amori pirotecnici più degli spari che si vedono in quella cazzata di From Paris with Love. Rara, tamarra stronzata con un John Travolta che riesce a essere più burino del Taricone appunto peggiore.

Kasia Smutniak è esattamente un mese più giovane di me.

Io sono nato il 13 Settembre del ‘79, lei il tredici agosto dello stesso anno.

A proposito di Battiston, io faccio un baffo a Silvio Orlando de La passione del compianto, mica tanto, Carlo Mazzacurati, lei è sempre più la versione moderna della Maddalena.  Comunque, a Kasia e a Maddalena, preferisco la Bellucci di The Passion of the Christ del Gibson ma soprattutto quella di Malèna.

Guardate infatti Kasia in Loro e poi ditemi se non vi sentite come Willem Dafoe de L’ultima tentazione di Cristo.

Ah ah. Fra l’altro, mentre Kasia Smutniak diventa sempre più ricca e dunque unta, nonostante migliori come figa da monta, Willem diviene sempre più smunto.

Giada Colagrande è la moglie di Willem. Ma Willem è talmente spompato che, quando incontra la sua bell’italiana sposa, poco cola dal glande.

Di mio, molti mi considerano un grandissimo, altri un nano. In tanti non mi considerano proprio.

Ah ah.

La verità è che gli altri non conoscono molto del mio intimo, la maggior parte delle donne non conosce neppure la mia biancheria intima.

Io però conosco la loro. Come no? Appena vedo una che mi piace, penso subito a toglierle gli Intimissimi.

Sì, vado da lei:

– Stasera, gnocchissima, guardiamo assieme un film intimista? Uno di questi film da gustare intimamente, un film che ci sciolga dolcemente in modo cremosissimo?

– Che fai, minchione? Ci provi?

– Sì, perché no? Anzi, ti dirò di più. Opterei per un film proprio di primordiali conoscenze carnali da nudisti come Laguna blu. Ci stai?

– Ci sto.

 

A questo punto, punto g che non mi sarei mai aspettato, pensavo infatti solo di fare il guascone cascamorto, me la faccio sotto.

Lei volle farmi sopra ma ero stanco e stetti, fra le sue tette, come un baccalà. Lei mi sbatté, sguazzante, di qua e di là. Io, a dir il vero, non è che molto quagliai, anzi, me la squagliai.

Ah ah. Lei dunque affogò nel plancton, essendo stato uno squalo, forse sono solamente io che ora la rimpiango.

In verità, fratelli e sorelle cinti in raccoglimento, donne con le cinture di castità, vi dico che gli uomini peggiori sono quelli che sembrano gran signori.

Sì, su Facebook inseriscono solo le foto migliori, cioè di quando avevano vent’anni.

Ma prima o poi vengono scoperti poiché arrivano le notifiche dei loro compleanni. E dunque arrivano di conseguenza poche giovani fighe.

Di mio, che posso dirvi?

Siate sinceri e non sleali con gli amici.

Pensiamo, appunto, a Bob De Niro di The Irishman. Jimmy Hoffa/Pacino pensa di aver trovato un tesoro, cioè un amico che non l’avrebbe mai tradito.

Invece Frank Sheeran/De Niro lo ammazza.

Ma perché Sheeran ammazzò Hoffa?

Perché Jimmy era un sindacalista e dunque doveva ascoltare canzoni cazzute per camionisti da Over the Top e invece scoprì che in casa di Hoffa erano presenti, su uno scaffale segreto, tutti i cd di Ed Sheeran?

E questa storia, fra l’altro, che Ed Sheeran firmerà la colonna sonora del prossimo James Bond?

Ma che puttanata è?

Sì, più vado avanti nella vita e più capisco che le regole della società, anche di quella che sembra apparentemente più altolocata e intoccabile, sono pressoché uguali a quelle della mafia italoamericana.

Della serie… tu fai un favore a me e io lo faccio a te. Così siamo amici.

Peccato che qualcuno tradisca gli accordi per far carriera come James Woods di C’era una volta in America. Sposa, dunque scopa, la donna amata da Noodles per tutta la vita.

C’è però un piccolo problema. Deborah fu scopata pure da Noodles. Alla fin fine, Deborah non si rivelò poi questo granché di nobildonna virtuosa.

Ecco, invero Noodles la stuprò, cosa gravissima, ma lei, pur di avere la casa da Beautiful, si mise con un figlio di puttana impari. Come si permise?

Sì, fu e rimane una conclamata zoccola.

In questo ha ragione Paolo Mereghetti quando definisce misogino C’era una volta in America.

Lo è. Ma anche no.

I maschi gangster c’appaiono come dei bambini viziati e capricciosi che ammazzano, per un nonnulla, gli amici solo perché hanno fatto le femminucce.

Quindi, non so quale dei due sessi ne esca peggio.

Nessuno dei due.

Sia gli uomini che le donne, quando vogliono, fanno veramente schifo.

Si scannano di bassezze, si sferrano luridi, bestiali colpi mancini e a vicenda combinano porcate belluine, anzi solo belle e (non) buone. Che bovi.

Guardate, un macello!

Dunque, diffidate quando qualcuno vorrà etichettarvi come un maiale.

Forse, il porco è lui.

 

Probabilmente Scorsese, già decenni anni addietro, profeticamente comprese i meccanismi sociali, le ferree intransigenze che dominano le caste.

Avete presente quando il “mohicano” De Niro di Taxi Driver si reca ai piedi del covo del pappone Harvey Keitel?

Chiedendogli… Come ve la passate voi ruffiani adesso?

E, come secca risposta, ottiene uno sprezzante… tornatene nella tua tribù…?

 

Credo che qui ci sia da rivedere tutto. Da scandagliare come antropologhi-sociologi-polemisti alla Scorsese e alla Pasolini.

Qui la gente si maschera nei titoli, s’impalma, si lecca dietro le cornici delle false referenze.

Degli attestati non solo di carta e non soltanto di stima. Sì, c’è perfino gente che se viene derisa pubblicamente, cazzo, ne va pure fiera e sventola orgogliosa la sua stolta bandiera.

Finisco col dire che quell’esaltato di Christopher Nolan la dovrebbe finire coi suoi titoli da latinista nato a Londra.

Sì, altro che MementoInsomnia e Tenet.

Che ne sa costui del vocabolario-dizionario Castiglioni-Mariotti? Secondo me sa poco anche di Mariotta, donna marina della Versiglia spesso senza vestaglia che, comunque, ha più prestige di tale cineasta delle vettovaglie. Sì, i suoi film sono un caravanserraglio di cagate a vanvera, non mi fotte. Gli firmo adesso un vaglia. Basta che non rompa più il Cinema di gran gusto e dunque di mia tovaglia. Basta! Quest’uomo va smacchiato col sapone di Marsiglia! Sì, si fa il viaggio ma a quest’uomo da carnevale di Viareggio, eh sì, prenoto subito un andata senza ritorno, cioè un volo in caduta libera, da Dunkirk alla Cornovaglia. Se non dovesse schiattare, gli scoreggio.

Suvvia. Ma quale erede di Kubrick? Questo suo Cinema ipertrofico, di grandeur boriosa e idiozie a iosa, è peggio di quel bomber di Vieri Bobo, uno che stava con Maddalena, appunto, Corvaglia. Sì, Christian è stato pure con la Canalis e altre mille. Ma cristiano di che? Sì, questi uomini e donne li ficchiamo tutti in C’era una volta in Italia. Infine, Nolan dovrebbe girare il suo prossimo film, scegliendo un titolo più lungo d’Interstellar, simile ai titoli di Lina Wertmüller, vi faccio un esempio: Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico. Un titolo che vale mille volte di più dei voli, appunto, pindarici delle sue inquadrature.

– Stefano, davvero pensi questo di Nolan?

– No, scherzo, dai.

– Ah, allora cosa pensi?

– Penso peggio.

Ah ah.

– E invece del mondo in generale?

– Il mondo non esiste, non è mai esistito. Sarebbe stato meglio se non fosse mai nato.

– Dunque sei misogino?

– Abbastanza. Le donne però non sono con me femministe.

 

Detto quanto appena scritto, come mia dolce, leggiadra consuetudine, verso mezzanotte afferrai il volante della macchina e mi recai al bar cinese ove sono solito bere il caffè.

Lo bevvi, pensando che voi invece, cazzo, vi bevete il peggior Cinema del mondo e lo considerate pure un superbo alcolico, poiché vi fate ubriacare da gente come Nolan. Al che pagai, ammiccai alla barista, alludendo di occhiatina furbetta alle sue notevoli cosce che, soprattutto in questo caldo periodo estivo, lei mostra generosamente, quindi salutai pure il ragazzo altrettanto barista.

Non ho mai capito se questo ragazzo sia il figlio della barista con la minigonna, se sia suo nipote o il suo toy boy. Mah.

Ah, i cinesi comunque non barano mai, nemmeno al bar.

È un’altra cultura, a mio avviso, superiore alla nostra.

I cinesi, così come tutti gli orientali in generale, a prescindere dalla yakuza e vari cazzi ché, purtroppo, i criminali spuntano come funghi dappertutto, sono persone migliori di noi italiani.

L’italiano medio è un coglione oppure uno stronzone, un falso e un viscido. Lecca il culo all’amico per ottenere vantaggi, è solamente dunque un opportunista. Se l’amico va giù, lui al massimo gli offre un tiramisù. Poi, pure lo deride, ringraziandolo della cioccolata. Sì, perché se qualcuno ti tira su, cazzo, dopo devi sdebitarti. Dandogli un profiterole.

Ah, si strozzasse questo strozzino.

Sì, l’italiano è fissato coi debiti. Pure alle superiori, devi pagare il mutuo. Sì, se sei una ragazza che parla poco, perciò un po’ muta, ti rimandano con tanto di debito.

Classico pensiero mafioso. I mafiosi fanno così. Tali e quali anche ai camorristi.

Pensate a Riccardo Scamarcio di John Wick 2. Scamarcio regalò il villone a John/Keanu ma poi gli fece una proposta indecente. Volle liberarsi, cioè, della sorella Claudia Gerini che, a quanto pare, era stufa del vento del sud dello Zampaglione. Uomo che non sa più farla godere, servendole le sue canzoni più dolciastre dello zabaione.

Keanu, a differenze di De Niro/The Irishman, gli dice NO. Secco, imperioso, principesco. Da uomo che si piega ma non si spezza. Incorruttibile.

A quel punto, Scamarcio lo ringrazia, si allontana e con un bazooka gli fa esplodere la Kasia, no, la casa.

Keanu sopravvive. Mamma mia, che sfiga questo John. La moglie gli morì di Cancro, gli ammazzarono il cagnolino, non poté manco godersi di essere rimasto solo come un cane che gli arrivò, appunto, in casa quell’attore cagnissimo del Riccardone nazionale.

Comunque, torniamo a ieri notte.

Queste qui che vedete in foto non sono due mignotte, due passerone, sì. Ve lo posso sottoscrivere senza vergogna.

Sì, stavo rincasando dopo il caffè zuccherato e avvistai, nei pressi di casa mia, queste qua. Una più bella dell’altra.

Fui colto da un dubbio amletico imponderabile: me le scopo entrambe, ne rimorchio solo una oppure svolto a destra, apro il cancello della mia proprietà privata col mio telecomando elettronico e vado a letto?

Da dove son spuntate? Non le avevo mai viste prima di ieri.

So per certo che, come v’ho appena scritto, non sono due prostitute.

Come faccio a saperlo? Abitano nel palazzo di fronte.

Ecco, se svoltai subito a destra, come feci a sapere che loro salirono nei loro rispettivi appartamenti ubicati nel palazzo al mio adiacente o, che dir si voglia, antistante?

Vi lascio col dubbio.

Vi dico anche che forse non abitano in appartamenti diversi.

Sono studentesse universitarie che hanno affittato un monolocale, sono due lesbiche?

Non sono cazzi vostri.

Detto ciò, nella triviale, famosa scena del caffè di Once Upon a Time in America, James Woods/Max si rivolge alla sua donna come Vittorio Sgarbi.

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di Stefano Falotico

Chi dorme non piglia Joe Pesci, aspettando The Irishman, navigo sott’acqua da vero squalo


13 May

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Talvolta squallido e anche pallido, io sono comunque impavido.

Sì, abbiamo visto l’annuncio con le voci off di De Niro e Pacino ma siamo oramai a metà maggio e ancora non abbiamo avuto un filmato vero e proprio, appunto, di The Irishman, con gli attori in carne e ossa e flashback inclusi in CGI.

Che sta succedendo? Ah, non lo so, da molto tempo le nostre strade non c’incrociano più e io ho cambiato decisamente rotta. Perché della maggior parte di voi mi sono rotto.

Prima, ogni rabbia repressa eruttai come un vulcano esploso dopo tanti soffocamenti ingiusti al mio craterico detonare maestoso da voi reputato così odioso e troppo focoso tanto da volerlo sedare con tranquillanti che vi farei detonare, a mo’ di candelotto di dinamite, nel vostro vigliacco sfintere, capace solo di emettere puzzolenti sozzerie nello scoraggiare il prossimo. Siete delle scoregge. Sputiamola!

Ah, ringrazio iddio per avermi sanificato in un ribollente fiume di lava illuminante a sommergere tanta insulsa balordaggine, tanti luoghi comuni appioppatimi per puro, sfregiante dileggio da screanzati assai poco magnanimi.

Ah, meschinità degne d’un plotone di esecuzione. Sì, dopo tanti sfregi, mi fregio. E di voi giustamente me ne frego. Provate a fregarmi di nuovo e vi rifaccio nuovi. Sono esperto di carrozzerie, mie ultime ruote del carro.

Gente infida, estremamente malvagia. Persone ch’è meglio non incrocino neppure il mio sguardo perché altrimenti incenerirei, soltanto con un’alzata sopraccigliare torvamente minacciosa, ogni altro vile, pusillanime lor affronto bastardo. Squadrandoli dalla testa in giù perché a me i Frank Vincent di turno di Quei bravi ragazzi son sempre stati molto antipatici.

Sì, Joe Pesci è un grande, un apparente nanerottolo, un lustrascarpe che non gli daresti una lira, capace invece di sfoderare una grinta, un savoirfaire carismatico da Mio cugino Vincenzo tale, mica da tal dei tali, d’annichilire col suo ruspante sex appeal da testa di cazzo ogni Marisa Tomei di The Wrestler, cioè una che sa come stimolare Mickey Rourke, mica roba da ridere, soltanto con l’arringa della sua parlantina confusionaria, sconnessa eppur più eccitante di Gemma Arterton. Da mettere i brividi e schienare chiunque con la sua terrona capacità istrionica talmente poderosa d’arrossarle tutto solamente col giubbotto di pelle e una palandrana comprata al mercato rionale.

Sì, parliamone di questi Billy Batts alla Vincent. Dei vincenti, per modo di dire, dei deficienti ultra-raccomandati che si sono comprati la carriera e pure slacciati la cerniera pur di promuovere qualche loro amichetta megera. La classica spintarella…

Dei cafoni ingrati, degli irriconoscenti boriosi che meritano un pestaggio smodato con tanto di scarpe insanguinate, un furioso Bob De Niro mattante, un Ray Liotta ammattitosi e appunto un Pesci mattoide di origine controllata che, dinanzi all’ennesima, gratuita offesa, non transige e severissimo punisce come suo fratello scalmanato, ovvero un Toro scatenato davvero imbufalito.

Mostruoso nella sua ira devastante, infermabile. Una testa calda, un Nicky Santoro esagitato, esagerato, da applauso a scena aperta e una matrona che lo serve, caldamente acconsente rovente ogni suo capriccio da folle demente. Scaldando ancor di più le sue escandescenze con baci di lingua delicati e ardenti. Piluccanti e sacrosanti. Ah, che magnifico fetente.

Un genio il Pesci. Infatti, Scorsese ha dichiarato che, se Pesci non avesse accettato di recitare, dopo il suo semi-ritiro pensionistico, in The Irishman, sinceramente non avrebbe trovato mai un rimpiazzo adatto, un “pazzo” così simpatico per la parte di Russell Bufalino.

Pesci, uno che pare buffo e invece è stato con Angie Everhart. Mica un coglioncino, miei bimbini da canzoni degli Oasis e qualche vostra donna amante di John Lennon. A quei due fratelli, Liam e Noel Gallagher, ho sempre preferito Callaghan.

Basta con Gabriele Muccino e quel ritardato di Silvio, con Berlusconi e tutta questa gente apparentemente sana e bella che non può amare Martin Scorsese perché, appunto, non sente scorrere nelle vene la furia di Joe. Anche di Nicolas Cage omonimo del film di David Gordon Green.

Intanto, lasciando stare Ed Sheeran, no, Frank Sheeran, i vostri Justin Bieber e le notizie tristi, son sempre più futurista.

Dio vi benedica e io volteggio fra le lune vive del mio avido livore. In quanto uomo dai freddi sudori ma anche luminescente di notte in ogni suo amabile candore. Sebbene non ci metterei la mano sul fuoco… son uomo imprevedibile e appunto di calore.

Mentre voi seminate coi vostri oltraggi soltanto terrore, io mangio carne e pochi ortaggi e non mi sta simpatica Virginia Raggi.

Sì, son tutti da abolire. Quelli del PD sono dei paraculi, Salvini è un burino, Di Maio un trimone, Sgarbi un uomo a cui far lo sgarbo.

E io la barba non mi taglio.

In quanto posso permettermi questo e altro.

Sono un gigione come il Pesciolone, miei pesciolini.

Ah, anch’io abboccai come un Pesci, no scusate, come un pesce quando mi diedero dello schizofrenico alla Spider, sì, di Cronenberg, e sparai all’impazzata. Mi ero stancato di essere trattato da “bravo ragazzo” che si fa mettere però i piedi in testa perfino dai camerieri.

Ma sì, facciamo del cameratismo! Goliardia!

E ricordate: sono l’unico uomo che racchiude nei suoi lineamenti il fascino di Bob De Niro, la forza di Al Pacino e la simpatia appunto di Joe.

Se non mi credete, amen.

Sempre a indagare su di me state? Indagate sul vostro cervello, piuttosto. Sì, ci vuole un Joe Pesci da Oscar in questi casi, come in Goodfellas:

Mi portano dentro, mi fanno le solite domande, sennò quello mi comincia a dire allora che ci dici di bello?

E io il solito, zero, niente. Che cazzo vi devo dire? E lui dice no, me la devi dire qualche cosa signor bulletto. E io d’accordo te la dico qualche cosa, vaffanculo a mamm’t’.60334660_10213639829412902_3073064673839415296_n

 

 

di Stefano Falotico

The Irishman di Scorsese e la mia analisi (a)sociale alla Gambardella, questa è grande bellezza


26 Feb

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Oggi, in questa domenica pensierosa e penosa come sempre del mio esser scosceso, discendo che ho ragione su molte cose, anche su molte cosce, profittando della “levigatura” che combacerà col mio (prepu)zio, in “ottemperanza” al triangolo sacro del mio godimento. Sì, è una frase delirante, frutto del mio cerv(ell)o dislocato in una zona erogena, forse solo eremitica da adoratore della solitudine masturbatoria. Essendo un genio, dotato di un uccello fenomenale, posso criticare la Notte degli Oscar, che premierà le adorazioni banali e buoniste dell’amore, dei balletti e dei canti. Meglio il mio cane che scodinzola di neuroni affilati nel “disturbante”. Sì, mentre bevo un caffè al bar, turbo e adocchio donne chiacchieranti, gustando la mia misoginia misantropica da uomo di barbetta (in)colta. E spasimo per un culo che, nella segretezza della mia stanza, diverrà materia di sfogo, sì, una bella figa. E io, nonostante venga attaccato da ogni parte, “lo” att(r)acco di bella vita alla Happiness. Sì, ho conosciuto fessi che han lavorato in tutta la lor miseranda (r)esistenza facendo i facchini e poi hanno costruito attici felliniani per un “secret garden” poco springsteeniano delle lor fantasie proibite da Otto e mezzo. Rimpiangendo i culi perduti, più che altro (da) deperiti, e fantasticando sui lor sogni inf(r)anti. Patetica borghesia che davvero si domanda se Gibson Mel sarà il regista di Suicide Squad 2 e vive da Passion di poveri cristi. Vanno compatiti e che la lor mediocrità agghiacciante patiscano, in remissione della lor vita da messi… Meglio colui che volò sul nido del cuculo, uomo come me alla Nicholson, ghignante e luciferino di Anjelica beltà un po’ alla Huston. Con una faccia fra il torvo alla Scarface e il Pacino che ripugna i bacini. Eppur Al sarà Bufalino, mentre Keitel sarà Hoffa. Uffa, sbufferete voi, un altro crime movie di gangster. Sì, un C’era una volta in America su Frank Sheeran, uomo che ne vide di cotte e crude e non fu mai cotto, ma crudissimo di freddezza lapidaria, da sicario di uomo che non doveva chiedere mai un altro si(ga)r(o). Un signore che non andava provocato e la cui vita fu una merda. Ma un uomo di parola, uno che non credeva alle austerità di questi studenti odierni “brillanti” che non si sa cosa s(t)udino, lontano dalle false nobiltà di questi contemporanei facinorosi del “benessere” psicologico. Un uomo che teneva dentro, ruminava, “imbrogliava” perfino sé stes(s)o, corroborandosi della sua “gigantesca” malvagità. Insomma, io non sono come Frank l’irlandese ma non ascolto neppure Ed Sheeran. Un britannico ma dai nonni alla “valle verde”. Uno che giochicchia con le melodie mentre io aspetto di giocare con una che (non) me la dia. Per carità di Dio, che non esiste, me ne scampi… Meglio esser scapolo e grattarsi le scapole. Ah ah.

Insomma, leggendomi, avrete capito che non sono un fanatico dell’umanità ma di De Niro sì.

E così sia.

Che vi benedica, fessacchiotti.

All’uscita di The Irishman, se non vi piacerà perché lo riterrete, come il mio linguaggio, troppo “violento”, vi regalerò un orsacchiotto e un leccalecca. Per ricordarvi che dovete stantuffare la vostra bella, zuccherandovi di male, no, di miele. Andiamo a caccia, mentre voi andate sempre ad acacia.

Insomma, bambolotti, sappiate che la vita non è una pasticca antidepressiva.

Che voglio dire?

Quello che ti metti in bocca, mignotta. Mica cazzi…

 

Che grande bellezza…

Non sono uno scemo, ma Shame.

 

di Stefano Falotico

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