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Nostalgia della Hollywood classica: Lo stagista inaspettato, di Nancy Meyers


16 Oct

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Il rapporto tra Nancy Meyers e il cinema classico è sempre stato così stretto che The Intern non ha nessun bisogno di svelarlo ulteriormente. La regista sta cercando di saldare il suo debito verso il romance e sta provando a farsi testimone di una serie di formule che ormai sono considerate sorpassate. La questione non è solo un fatto di forma narrativa ma è principalmente un problema di ribaltamento delle gerarchie tra uomo e donna. Le tipologie dei rapporti sono evidentemente cambiate ma Nancy Meyers insiste nel sottolineare un sentimento di nostalgia verso la commedia rosa del passato. Il suo cinema tenta continuamente quell’opera di persuasione che riusciva ad Eli Wallach in The Holiday del 2006. Il vecchio sceneggiatore hollywoodiano in pensione convinceva Kate Winslet della necessità intrinseca di quelle storie d’amore che aveva scritto per tutta la vita. La regista si impegna in questa operazione in modo paradigmatico e la chiave per capire la natura del suo lavoro non è soltanto nel bellissimo omaggio a Singin’ In the Rain. La scena in cui un vedovo orgoglioso come Robert De Niro si commuove davanti a Gene Kelly che canta You Were Meant For MeDebbie Reynolds è semmai il punto di riferimento a cui umilmente sa di non poter arrivare. L’uomo ha appena sentito l’ennesimo resoconto diAnne Hathaway sul suo matrimonio complicato e l’ha consigliata sull’opportunità o meno di perdonare il marito dopo un tradimento. Il suo ruolo di secondo padre non gli impedisce di rimpiangere il suo tempo e le sue convenzioni sentimentali. L’epoca lineare in cui si era innamorato di una ragazzina di Brooklyn e avevano deciso di invecchiare insieme: lui aveva trovato lavoro e avevano tirato su famiglia.


Il fatto che Nancy Meyers ci creda o meno è relativo perché per lei la cosa fondamentale è che il cinema porti avanti questa situazione come archetipo.
In questo senso il momento veramente didascalico è quello in cui la protagonista rinfaccia ai suoi amici la loro scarsa virilità. Il suo personaggio gestisce un’azienda di successo e si lamenta che adesso le donne sono donne troppo presto mentre gli uomini restano ragazzi troppo a lungo. Non è un caso che davanti a sé abbia un campionario di trentenni che sembra un meltin pot tra la factory di Judd Apatow e una puntata di The Big Bang Theory. La presenza di Robert De Niro non rinuncia ai soliti e fastidiosi tocchi di autoironia che ogni volta gli impongono una rivisitazione del monologo allo specchio di Taxi Driver. L’attore si trova a suo agio con una collega che non ha problemi a declinare nel ventunesimo secolo la personalità di Katharine Hepburn. Il suo bagaglio professionale basta e avanza ad imitare quella di Spencer Tracy e a dare credibilità ad uomo che non dimentica mai di portare un fazzoletto nella giacca. Le donne prima o poi piangono sempre e la cavalleria non dovrebbe mai estinguersi: la domanda è quante siano disposte a dare ancora retta a Nancy Meyers. La risposta potrebbe dire se i suoi film sono anche efficaci oltre che ad essere piacevolmente retro.

 

 

 

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