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La questione Ridley Scott: perché mai costui alterna capolavori a film improponibili, marchettari e odiosi come House of Gucci?


01 Aug

lady gaga house gucci

Be’, dopo averci deliziato con lo squisito trailer di The Last Duel, con tanto di Matt Damon inedito in veste di sfregiato, un Ben Affleck biondo e stronzo, un ponte levatoio degno di Camelot e dei Cavalieri della Tavola Rotonda, malgrado l’uso pesante della computer graphics forse esagerata e posticcia, come volevasi dimostrare e come io già profetizzai (da fata Morgana, ah ah) in tempi non sospetti, nemmeno oscurantistici da caccia alle streghe, Ridley Scott, forse stregato dalla sua attuale compagna, ovvero Gian(n)ina Facio, donna cinematograficamente medioevalistica, cioè non molto acculturata sul vero valore della Settima Arte, lasciandosi “caldeggiare” da costei, cioè nientepopodimeno che l’ex di Fiorello, vale a dire una popolana come Katia Noventa dei tempi di Karaoke, eh sì, care oche, ecco che ci propina House of Gucci, pastrocchio mostruoso già in pole position per vincere cinquemila Razzie Awards. De Niro fu inizialmente approcciato da Scott e dalla produzione per interpretare la parte poi andata a Jeremy Irons. De Niro gentilmente declinò, girando invece la nuova, attesissima opus di David O. Russell. Bravo, Bob. Così si fa. Scelta sacrosanta. House of Gucci si palesa infatti immantinente come un film gossiparo e marchettaro dei più deprimenti. Al che, Jared Leto, testimonial anche di Armani, si presenta con un look da mio zio Rocco, similmente paragonabile al compianto John Cazale, ex grande amico di Al(fredo) Pacino. Povero, Al, perché accettasti di girare questo film stracolmo di color corrections inguardabili? Il cinematographer è Dariusz Wolski?! Dico, scherziamo? Sei un grande direttore della fotografia ma ti assicuro, Wolski, che il grigio-perla virato al blu plumbeo sarebbe venuto meglio con Sony Vegas Pro del 2013. Cioè il programma che utilizzo io. Adam Driver continua a non convincermi. Assomiglia a un mio ex amico delle scuole medie, G. Tedeschi. Se non mi è più amico, ci sarà un motivo, no? Sì, Adam, classico stangone magrolino con faccia da volpino e dai modi da perfettino. A cui offriresti subito un buon cioccolatino e del buon vino. Poi nient’altro. Ma che ci sta a di’ con Lady Gaga, la matrona di origini italiane il cui reale cognome è Germanotta? Lady, Adam è un gagà, tu sei una poker face. Non ti vedo proprio nei panni di una che mangia panzerotti e si fa il segno della croce come una mia zia di Ferrandina, paesino dell’entroterra lucano ripieno di gente che non ha i soldi per andare sulle Dolomiti. Infatti, molta gente, dopo aver trascorso tutta la giovinezza a sognare di essere come i divi di Hollywood, intanto sfogliando, al bar Triunfo, Il Corriere dello Sport e sputtanando ogni economico rimasuglio alla SNAI, dopo le vasche in via del Corso a guardare le cosce delle donne sposate, finisce suicidata oppure cassaintegrata. Fra una crisi psicotica e l’altra, fra una scena di gelosia da sceneggiata napoletana, no, tipicamente della Lucania, detta altresì Basilicata, fra un tuffo estivo dal pedalò a Metaponto e una canzone maledetta di Jim Morrison, dopo tante nottate in bianco in tetre e anguste abitazioni rustiche, ecco che vede comparire lo spettro di Giovanni Verga, della Cavalleria Rusticana e di compare Turiddu! Uomini meridionali, non siate veristi, siate realisti. Dopo i trentacinque anni, non vi sono rimaste molte opzioni per sopravvivere in questo mondo pieno di falsità, corruzione, avarizia, anche liquirizia e avidità, lussuria, lotte fratricide e intestine, spappolati intestini, detti anche fegati amari, impudicizia e sporcizia. Opzione 1) Fatevi passare per invalidi psichici e, con meno di 300 Euro al mese, più qualche extra dei vostri parenti non abbienti, però generosi, non tanto comunque danarosi, invero spilorci e porci, riuscirete a navigare non in Costa Azzurra ma almeno in Internet? Forse sì. Bene, vi piace Lady Gaga ma non gliela vedrete mai? Non disperate. In American Horror Story, Lady si mostra nuda. È andata così, non vi ammazzate, suvvia.

Opzione 2) Emigrate al Nord come mio padre che si è fatto il culo affinché potessi io permettermi di non prostituirmi al sistema, a differenza di Ridley Scott, il quale continua a svendersi ignobilmente.

Opzione 3) Passerete tutta la vita a cantare Vasco Rossi. Contenti voi…

Ridley Scott, capisco, vieni dalla pubblicità e, infatti, persino in Blade Runner ficcasti la Coca-Cola… Fatto sta che qualche buon film l’hai fatto, il resto sono porcate come aver castrato Kevin Spacey.

Lady Gaga, in House of Gucci, è (ac)conciata come una donna di nome Carmela che andava sempre a tagliarsi i capelli da mia nonna, ex parrucchiera oramai purtroppo defunta. La Vedova NeraMah, a me pare una comare di Matera. E ho detto tutto. Patrizia Reggiani fu davvero la mandante dell’assassinio del marito? E chi fu invece il mandante dell’omicidio della Black Dahlia? Chi fu l’assassino di Assassinio sull’Orient Express? Tutti. Certo, avete mai letto il libro di Agatha Christie? Voi non leggete mai niente di buono. Al massimo, sfogliate Ciak. Mia nonna paterna invece è ancora viva. Ha, in cucina, a tutt’oggi una piastrella con la scritta: la vipera che morsicò mia suocera morì avvelenata.

Mia nonna paterna non deve aver goduto molto nella sua vita. Oltre a quello di mio nonno, leccava solo il gelato crema e nocciola. Dai, basta, sono veramente un Genius. Nel mio quartiere, mi chiamano il detective. Al volo, capisco se una persona mente. Mi basta fissarla negli occhi soltanto per tre secondi. Dunque, non vi conviene mettervi contro Hercule Poirot. A dircela tutta, non sono Ercole, sono Pierrot. Ah ah. Ammetto che, a volte, gli intrighi sono torbidamente sfaccettati e gli enigmi da risolvere sono molteplici e di non facilissima decifrazione immediata. Ammetto anche di essere Kenneth Branagh di Hamlet. Avete capito la battuta? No, eh. Non avevo dubbi. È per questo che io, alla pari di Al Pacino, sono l’unico uomo dalle origini meridionali a saper recitare Shakespeare. Al Pacino è un genio. Mi ha sempre scioccato, nel Padrino, la sua trasformazione. Apparentemente, sembrava il più debole di tutti. A un certo punto però alla sua famiglia combinarono qualcosa di veramente sporco e cattivo. Lui diventò Michael Corleone. Cioè, il bacio di Giuda a suo fratello sarebbe arrivato solamente dopo. Soltanto quando sarebbe tristemente diventato un “uomo d’onore” come volle, vuole e sempre vorrà la società della minchia, che è mafiosa e puttana. Prima di allora, invece, essendo un puro, ragionò così: siamo tutti fratelli ma, se ammazzi uno dei miei fratelli, nessuno mi sarà fratello. Non posso fidarmi di nessuno. Neanche di tua sorella. Fidati, sei mio fratello. Tu, non fidarti della tua fidanzata perché non sai che lei non è fidanzata, in verità, con te, sta con me ma anche con altri tre. Ha preso dalla madre, è una zoccola, mio figlio di troia.

Il mondo è questo.  Dunque, ragazzi e ragazze, se pensate che, comportandovi bene, vivrete felici, ricchi e potenti, è meglio che vi suicidiate subito. Di mio, credo di stimare poche persone sulla faccia della Terra.

Infatti, sono tutte morte. Cioè Kurt Cobain, Mishima e Chris Walken de Il cacciatore. Anche Clint Eastwood di Million Dollar Baby e di Gran Torino. In quanto, quando il troppo è troppo, solo in quel momento ci vogliono le palle. Tornando ad Al Pacino, però quello di Scarface: tu ce l’hai, le palle?

Cercheranno di ammazzarmi ma non possono uccidermi, sono già morto. Non lo sapevate? Io esisto solo nei vostri incubi peggiori. Sì, voglio terminare con una freddura alla Eastwood.

È vero, non sto mentendo. Non avete sognato, l’altra notte, Freddy Krueger o Eric Draven de Il corvo.

Avete sognato me, miei uomini e donne. Poi sono scomparso. Lo so, ci siete rimasti male, soprattutto voi del gentil sesso. Non era un incubo. Inoltre, so che non ci vuole sinceramente molto per essere più belli di Krueger, per quanto riguarda invece Brandon Lee, la vedo più dura. Per te, forse, assomigli al Ridley Scott odierno. Sei un po’, in tutta franchezza, un pochino rincoglionito.

Comunque, se Ridley volesse regalarmi dieci Euro, mi tornerebbero utili. Domattina, devo comprare due pacchetti di sigarette. Morirò di Cancro ai polmoni, sempre meglio che morire malati nel cervello come voi. Ricordate, se non va bene il cervello, saranno cazzi e (s)fighe vostre. Al povero personaggio di Driver, andò benissimo il suo uccello con Camille Cottin. Un bel coglione, porco dio.

Vogliamo mettere la Cottin, questa francesina insipida dai piedi puzzolenti, con la Gaga?

Fanno entrambe cagare, avete ragione. Di mio, avrei scelto Mădălina Diana Ghenea.

Poi avrei appreso che sarebbe stata Sophia Loren, altra villana mai vista. A quel punto, sì, mi sarei suicidato. Ah ah! Anzi no.

Ci sono molte cose per cui valga la pena vivere.

Innanzitutto, aspettare che esca al cinema questo film, sperando che smentisca tutte le mie misere aspettative. Dunque, ammazzarlo con una critica omicida? No, micidiale.

Avete ragione. Tanto si sa già che farà schifo. Allora, potrei continuare a vivere per mangiare dei buonissimi tiramisù. E se non mi tireranno su? Se invece non tirerà più? Non importa, come sopra dettovi, mia nonna paterna campa ancora, nonostante non riesca più, avendo ora il diabete, a leccare il gelato crema e nocciola. A mia nonna piacciono le fiction. Andrà matta per House of Gucci.

Mia nonna non capisce un cazzo di Cinema.

Forse, a stento capiva quello di mio nonno.

Comunque, non lo tradì mai. Mio nonno era un contadino, ammazzava i polli.

A voi invece piacciono le galline?

Io non sono un uomo.

Sono un uovo.

 

di Stefano Falotico

È morto il Pibe de Oro, Dio è morto, Marx pure, e anche io non mi sento molto bene, evviva comunque Francis Ford Coppola & Scorsese, Al Pacino & De Niro!


25 Nov

maradona

Un uomo è morto. Un uomo non tanto normale…

Colui che, anche se non fosse vero che sia stato the greatest football player of all time, cioè il più grande calciatore di tutti i tempi poiché, con buona pace dei napoletani, forse lo fu Pelé oppure lo è Messi, oramai verrà considerato tale. Mi pare un doveroso omaggio. Sacrosanto!

Diego Armando Maradona, forse, non era un grande uomo. O forse, così come disse la serafica, magnifica, sì, gran fi… a, Marlene Dietrich nei riguardi de L’infernale Quinlan, a suo modo, lo era…

Un uomo folle, vizioso, capriccioso. Soprattutto permaloso. In particolar modo perché, per l’appunto, nessuno poteva dirgli che Pelé fu più bravo di lui.

Una testa calda, un uomo sanguigno e verace. Argentino eppur partenopeo nell’animo. Un uomo vulcanico che, alla pari del Vesuvio, purtroppo non potrà più eruttare la sua magmatica e magnetica forza lavica, incendiando le platee anche solo col potere del suo focoso carisma inaudito e immane.

Ebbe una vita sregolata, drogata, oggi oramai definitivamente e mortalmente infartuata.

Che vi piaccia o no, che l’abbiate amato, adorato, idolatrato oppure l’abbiate considerato solamente un pagliaccio, un giocoliere da circo, Maradona è un mito.

È, Dio c’è. C’è ancora anche se adesso sta lassù. A benedire la sua patria immiserita, forse miserrima o patetica, sta là e non prega Allah, sta alla destra del Padre a sperare che il sangue di San Gennaro riesploda vitalmente e vivifichi molte reliquie viventi, asciugando le lacrime amare di tanta gente di Napoli disperata. Credete a Nietzsche o a Woody Allen?

O agli zingari di Emir Kusturica?

Maradona era così. Un tipo difficile, scontroso, dal carattere fumantino. Fumante come il Nevado Ojos del Salado.

Tutti sapevano che era il più forte, al che lo invidiavano a morte e lo facevano apposta arrabbiare ma lui, esasperato, li afferrava per le p… le, no, prendeva una palla e faceva questo.

Facendosi perdonare per aver segnato, (ir)regolarmente, un goal con la mano. Mano de Dios.

Eh sì, rigirava sempre le frittate in modo balistico, più che altro ballistico, grazie al potere fascinoso della sua pancetta ipnotica. E, con posa basculante da “tarchiatello” deriso da Diego Abatantuno di Tifosi, dribblava ogni cattiveria, fottendosene immensamente, rifilando a ogni pallone gonfiato un’acrobazia esagerata.

Pura rovesciata incredibile. Che classe, che portamento. Altro che quella del Pelé in Fuga per la vittoria. Visto che fenomeno? Dunque, è morto Sean Connery dopo essere stato ucciso nella finzione, su commissione, da De Niro negli Intoccabili. È morto Gigi Proietti che doppiò De Niro in Mean Streets simili ai quartieri spagnoli.

Ed è finita una vita da Asso come in Casinò… The Irishman è un capolavoro. Anche tutti i padrini sono opere grandiosamente belle quanto il goal più bello del mondo. Al Pacino viene ucciso da De Niro in The Irishman. E, nel secondo capitolo della trilogia di Francis Ford Coppola sulla famiglia Corleone, al crepuscolo di un autunno tristissimo, non ha il coraggio di piangere, pensando che forse ha fatto ammazzare, per orgoglio e vanità cretina, il suo fratello migliore, interpretato dal compianto John Cazale. Il fratello che gli voleva più bene. Colui che non l’avrebbe mai tradito, bensì servito e riverito.

Maradona, genio del Calcio. Coppola e Scorsese, geni del Cinema.

Uomini malinconici, uomini passionali e al contempo fragili e tragici, uomini melodrammatici, uomini nel cui cuore batte un falò…

Ovviamente, vostra signoria, un articolo del sottoscritto, ovvero Stefano Falotico. de niro pacino padrino

I progetti irrealizzati, forse solo idealizzati, di Brian De Palma: innanzitutto, Toyer ma forse è meglio il libro Il diavolo è un giocattolaio


02 Oct

brian de palma

Sì, ogni regista ha almeno, conti alla mano, anzi su due mani, circa dieci progetti ambiti, i cosiddetti dream projects, giammai realizzati. A causa di tutta una serie di circostanze sfortunate, di difficoltà produttive, semmai all’ultimo momento, riscontrate. Per colpa di non dati per scontati scontri con chissà chi.

Per esempio, credo che Francis Ford Coppola, oramai più obeso di Marlon Brando dopo vent’anni da Il Padrino, per quanto s’ostini ad annunciare continuamente le riprese, più e più volte slittate, mai veramente partite, oserei dire di sudore freddo patite, posticipate, semplicemente rimandate, diciamo pure mai svoltesi né iniziate di Megalopolis, a causa di evidenti suoi limiti anagrafici e d’una demenza senile sempre più galoppante, non salirà in sella a tale suo sognato film perennemente mai concretizzatosi. Sì, oramai Francis è vecchio, rimbambito più di Bruce Dern di Nebraska e Megalopolis, film scifi di natura semi-peplum, ambientato cioè in un’antica, oserei dire postmoderna, avveniristica Roma simil Metropolis, non troverà mai la luce.

Sì, Francis, fra poco ascenderai nei campi Elisi. Campi ove non finirà quella frustrata della cantante Elisa, bensì è il posto dei Beati ove salgono lassù non solo i Russell Crowe de Il gladiatore ma anche tutti i cineasti, per l’appunto, paradisiaci come te. Da empireo, registi imperatori che per anni imperarono sulla Settima Arte con tanto di sacrosanta aureola, giammai riposandosi sugli allori.

Allora… Gian(n)ina Facio fa sì che Ridley Scott, ogni volta che quest’ultimo giace/ccia con lei a letto, essendo ora costei sua moglie dopo averla data anche a Fiorello che, a sua volta, di “Karaoke” lo diede a Katia Noventa, non so se pure a novanta, ecco, fa sì che il regista del super malinconico Blade Runner, alla fine dell’amplesso con lei, reciti in maniera liturgica, diciamo anche da arrapato Mimì metallurgico, il celeberrimo monologo di Rutger Hauer con tanto di Cristoforo Colombo di 1492: La conquista del paradiso, no, di lui al settimo cielo come una colomba bianca che se la ride come una pasqua, come si suol dire.

Sì, ragazzi, dinanzi a Gianina tutta ignuda, semmai anche in perizoma e tanga presto da lei tolto per annegare il suo “Triangolo delle Bermude” (da non confondere con quello di Renato Zero), Ridley mitraglia come Eric Bana di Black Hawk Down per tempeste ormonali sue da Albatross senza bermuda.

Comunque, lasciamo stare Ridley (non sono ca… i che ci riguardino) che scotta con la Facio ogni volta che se la fa e torniamo a Coppola.

Megalopolis… dovrebbe esserci adesso Jude Law e, tanti anni fa, nel cast doveva esservi pure il nipote del Coppolone, vale a dire Nicolas Cage, assieme a Bobby De Niro, Russell Crowe (sì, sempre lui), Paul Newman e Kevin Spacey. Castrato da Scott per via dello scandalo imputatogli, forse peggiore di quello al centro del prossimo film di Scott stesso, ovvero Gucci, estromesso e censurato da Tutti i soldi del mondo poiché Ridley non poteva sputtanarsi… e ho detto tutto.

Ma chi se ne fotte… di Coppola. Parliamo di un suo grande amico, vale a dire Brian De Palma.

A quanto pare, malgrado perenni rimandi, Brian dovrebbe girare Catch and Kill, una sorta di storia alla Predator. Cioè un reboot del capolavoro di John McTiernan con Schwarzenegger? No, uno psycomovie perverso, in stile hitchcockiano su tipico stilema depalmiano da Doppia personalità e Omicidio a luci rosse, ispirato ad Harvey Weinstein. Ah, ma allora questi registi sono fissati a fare i guardoni. Ma che sono James Stewart de La finestra sul cortile oppure De Niro di Hi, Mom? Mah… Fatto sta che alla Donna che visse due volte preferisco il mio libro La vertigine del lieve crepuscolo. Mentre a Kim Novak preferisco Rebecca Romijn di Femme Fatale. A Hilary Swank di Black Dahlia, preferisco Scarlett Johansson. Invece, a Sharon Stone di Sliver, preferisco il suo vedo-non vedo, diciamo il suo upskirt senz’alcun velo, di Basic Instinct.

Brian De Palma voleva Nicolas Cage in un biopic su Howard Hughes. Poi, lo voleva nella parte di De Niro da giovane, cioè Al Capone, nel prequel de Gli intoccabili.

Con Gerard Butler nella parte che fu di Sean Connery. Meglio che tale stronzata non sia stata realizzata.

Nicolas Cage nella parte di De Niro mi pare infatti una cagata pazzesca. E qui sono Paolo Villaggio/Fantozzi che attacca, senza mezzi termini, La corazzata Potemkin. Da Brian citata in The Untouchables.

Vorrei parlarvi invece di Toyer. Film che doveva essere ambientato a Venezia con Colin Firth e Juliette Binoche. Sulla Binoche, siamo tutti d’accordo? Potrebbe anche stare ferma, in gondola, per due ore e mezzo di film, senza dire una sola parola. Recitando in maniera annacquata, cioè interpretando un ruolo mal cucitole addosso che fa acqua da tutte le parti. Sì, cucite male parti che non calzino a pennello a Juliette. Meglio, difatti, che Juliette sia pure senza calze.

La sua bellezza oceanica parla da sé e scatena una marea cataclismatica in ogni uomo non solo romantico da Ponte dei Sospiri…

Che cosa? Juliette è invecchiata? Non diciamo stronzate. Se si spogliasse davanti a voi, comincereste a guardarla (e non solo) da ogni angolazione come John Travolta di Blow Out.

Comunque, avete ragione. Carla Gugino di Snake Eyes è più bona. Anche l’ex di Nic Cage, Christina Fulton. Lo sapeva pure Val Kilmer/Jim Morrison di The Doors. Eh sì, il re lucertola… e si prende l’ascensore.

Sì, credo che Cage sia stato reso cornuto da Christina molto tempo prima di essere da lei lasciato e venir coglionato da Patricia Arquette. Nic, dammi retta, riguarda la scena finale di Al di là della vita e non recitare la parte del duro. Fai pietà. Di Michelangelo?

In Toyer, Colin Firth doveva interpretare la parte di un genio pervertito che, anziché uccidere le sue vittime, le torturava psicologicamente. Facendo loro dello stalking e dello body shaming crudele.

Al fine di farsele, no, farle impazzire, rendendole psicotiche e obbligandole, giocoforza, a coma farmacologici e a gravissimi TSO.

Praticamente, quello che alcuni idioti fecero a me.

Peccato che non avessero calcolato che so scrivere libri à la De Palma ambientati in laguna come Il diavolo è un giocattolaio.

E che la mia attuale lei sia la donna che compare in questa copertina.speculareipnosifalotico

A proposito di Val Kilmer e De Niro, non scoperto da Scorsese, bensì da De Palma, miei voyeur “dritti”.

Che cosa dice Al Pacino in Heat? È gente cazzuta, questa.

Comunque, non nutro pensieri vendicativi nei riguardi di certa gentaglia che volle indurmi al suicidio, non sono Il conte di Montecristo.

E non ucciderò nessun Ted Levine. Neppure quello de Il silenzio degli innocenti. Non sono mica Jodie Foster… de Il buio nell’anima, no?

Per cui, i miei haters possono dormire sogni tranquilli. Tanto, sono così scemi che confondono Freddy Krueger di Nightmare con Diane Kruger di Bastardi senza gloria.

Oh, nazisti filo-fascisti. Non sono bello come Brad Pitt ma sono Leo DiCaprio di C’era una volta a… Hollywood.

Se non vi sta bene, vi spediamo subito in manicomio come Charles Manson.

Ecco, molta gente mi urla che io debba soffrire e stare malissimo.

A me pare di stare benissimo. Ora, mi spiace per il demente che andava a dire che io fossi schizofrenico. Semplicemente, è stato distrutto.

Sapete, se provocato da imbecilli, posso essere più cattivo di Al Pacino di Scarface.

 

di Stefano Falotico

falotico

Prendete lezioni da Al Pacino, non da questi buontemponi che si sono improvvisati attori su YouTube, siamo caduti davvero in basso


13 Nov

the irishman stephen graham

giustizia per tutti pacinoAl Pacino è un uomo che indossa splendidamente i suoi quasi ottant’anni di vita.

Firmerei subito un contratto con Mefistofele, con Belzebù e con De Niro/Louis Cyphre di Angel Heart, ah ah, per arrivare alla sua età come il suo John Milton de L’avvocato del diavolo.

Al Pacino, soprattutto in questo succitato film di Taylor Hackford, emana un fascino e un carisma bestiali.

Si atteggia a sapientone ma sfodera alcune espressioni che, se non sapessimo essere figlie di colui che conosce Shakespeare a memoria, potremmo scambiarlo per Adriano Celentano.

Sì, che poi anche Adriano non è mica il re degli ignoranti come s’è sempre detto. Questi sono appellativi appioppatigli da gente che non conosce la via Gluck e non ha mai letto I ragazzi della via Pál.

Classiche persone che se citi i ragazzi di via Panisperna, se ne saltano subito con la battutina prevedibilissima… chi? I c… zi di pen di sp… ma?

Basta, non ne posso più davvero.

L’Italia è un Paese ove vige un’arretratezza culturale che viene erroneamente scambiata per cultura colloquiale, per sapida brillantezza conviviale.

Cosicché, se parli di Nicolas Cage, ecco che che ti senti dire… chi? Nicolas Scheggia? Alle schegge ho sempre preferito le scoregge.

Quando è iniziato tutto questo?

Forse con un tipo di nome Charles Randall? Sì, il personaggio psicopatico di Sfida senza regole, film con De Niro e Pacino che, a mio avviso, sebbene disconosciuto da entrambi, non è poi così malvagio.

Anche qui viene inquadrata una trattoria italiana simile a Villa di Roma come in The Irishman.

Jon Avnet non vale Scorsese ma io mangerei eccome i Pomodori verdi fritti alla fermata del treno con Amy Brenneman. Che, in Heat di Michael Mann, recita la parte della bella figa giovane di De Niro, mentre in 88 Minutes incarna, molto più in carne, la passerina dello psichiatra profiler interpretato da Al.

Ecco, in passato incontrai uno psichiatra forense assai meno bravo di Al Pacino.

Lui, per via del fatto che gli confidai, quando mi eseguì la diagnosi, che adoravo Quel pomeriggio di un giorno da cani Serpico ma soprattutto …e giustizia per tutti, mi considerò “socialmente pericoloso” poiché incorruttibile, quindi poco adatto a una società ove la gente venderebbe pure il culo della madre pur di avere mille followers in più su Instagram.

Sì, è una società di luridi figli di puttana. E io non vado bene. Dico la verità e la verità non piace.

A dirla tutta, credo che io non possa fidarmi di nessuno.

Spesso sono come Robert De Niro, per l’appunto, di Righteous Kill, perfino Al Pacino m’invidia.

Mi adora così tanto per via della mia integerrima, morale integrità, che passa il tempo ad ammazzare la feccia poiché questi criminosi, viscidi esseri che strisciano come serpenti, secondo lui, è meglio che vengano fatti fuori subito.

Perché se la godono più di me, coglionando il prossimo. Ciò, a suo avviso, non è giusto.

Sì, lui pensa fra sé e sé: no, è orribile, è un mondo capovolto.

Gente che non sa neppure chi sia Al Pacino e lo scambia per Dustin Hoffman, cazzo, è stata furbissima e stronza, se la ride, se la spassa e tromba da mattina a sera mentre questo De Niro della periferia bolognese scrive una recensione meravigliosa su The Irishman, citando il regista degli outsider per eccellenza, ovvero Arthur Penn, ed è passato per matto soltanto perché, anziché passare l’adolescenza a farsi le canne, fingendo di studiare per fare felici i genitori, è sempre stato onesto con sé stesso.

Affermando che era già molto oltre gli adolescenti perdigiorno che guardano Il padrino e pensano che sia più brutto di una fiction prodotta da Pietro Valsecchi con Giorgio Tirabassi.

Sì, il livello d’imbarbarimento culturale iniziò forse con la rivoluzione industriale. Lo insegna anche Marx col suo Il Capitale.

È tutto un inganno, fratelli.

Puoi conoscere anche Amleto a memoria ma, se non sei una merda come Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street, non riuscirai nemmeno a vendere una penna.

Poi è capace davvero che diventi De Niro di The Fan. Lui non riuscì a vendere i coltelli e perse tutto.

Al che accoltellò perfino Che Guevara, ovvero Benicio Del Toro.

Ho detto tutto.

Morale della favola: non è vero che la vita sia per i coraggiosi, la vita è per chi ha fame.

Per chi ha fame di soldi e potere.

Una volta acquisito il potere, non importa come tu l’abbia ottenuto, semmai lucrando e mangiando la pelle e le anime altrui, puoi permetterti di decidere chi è il prossimo.

Di schernirlo, distruggerlo e annientarlo dall’alto del tuo cosiddetto prestigio e autorevolezza.

Dunque, non stupitevi se le stesse persone con la panza piena che acclamano Joker, poiché fa cool il pagliaccio truccato e assassino, metafora del mostro che alberga dentro ognuno di noi, sono spesso gli stessi che non stringerebbero mai la mano a chi, per distrazione, sbaglia un congiuntivo.

Gli stessi chiacchieroni che si dichiarano di Sinistra perché Sinistra, da tradizione, fa rima con cultura, aperta mentalità e vedute libere, ma poi sono gli stessi nei cui cuori albergano solo delle puttane da albergo a 5 Stelle.

Ma è gestito però dalla Escort di Salvini.

Be’, a dirla tutta, più che ad Al Pacino, io assomiglio a Sylvester Stallone di Rocky V.

Un tipo con più soldi di me mi offende platealmente.

Al che io a lui mi avvicino e lui, come George Washington Duke, mi dice:

– Avanti, pagliaccio, toccami e ti denuncio.

 

Sì, sono Fantozzi. Lui però è al traumatologico.

 

di Stefano Falotico

pacino de niro the irishman

THE IRISHMAN: il carisma di Bob De Niro, la forza sovrumana di Pacino, Leo Gullotta doppia Pesci e io sto vivendo una mistica estasi-ascesi da Gladiatore stalloniano


30 Oct

brando padrino de niro padrino parte seconda

Questa mia vita è stata un Casinò. Ah ah.

S’è attuato in me, nella mia fisiognomica apparenza e anche nella potenza della mia romantica irruenza, un putiferio.

Sono scalmanato, devo darmi una calmata.

Pochi giorni fa, esattamente la settimana scorsa, senza sprezzo del pericolo mi sono indiavolato, no, involato per Roma. Di solito, si usa il verbo involare quando si prende l’aereo ma molta gente mi disse che persi il treno e invece, puntuale come un orologio svizzero, salii su quello di Italo con enorme charme, sedendomi nel posto assegnato in carrozza. Al mio fianco, una bella fanciulla orientale. Sul posto davanti, una che sul pc portatile stava guardando Shutter Island. Alla mia sinistra una strafiga che, per le due ore e un quarto di mio viaggio da Bologna a Roma, non ha smesso un solo secondo di fare su e giù con la scarpa destra, modulandola su movimento basculante di caviglie così sensuali da lasciarmi stecchito. Eccitandomi a morte.

Stazionai non alla stazione, ah ah, ma in un albergo di Via Flaminia, detta dai romani anche Via Flaminio poiché il quartiere si chiama Flaminio.

Certo che questi romani si complicano la vita. E ogni via porta alla capitale, ah ah.

Ero molto teso. Sono un accreditato stampa, sì, grazie alle mie pindariche collaborazioni giornalistiche, ai miei scritti monografici su Scorsese, De Niro, Carpenter e chi più ne ha più ne metta, dopo il Festival di Venezia, mi sono sparato pure quello di Roma in mezzo alla stampa. Che figata.

A Roma, però, avendo ricevuto in ritardo la conferma via mail dell’accredito, da me poi ritirato opportunamente al desk, come sapete, ho visionato solo The Irishman.

Adesso passiamo al remoto passato, centurioni, miei uomini gladiatorii come Russell Crowe, poiché Roma è la città eterna e nel suo fastoso passato imperiale ancora si riverbera! Ah ah.

Miei prodi, al mio “ciak” scatenate l’inferno. Ah ah.

Piazzai la sveglia alle sei e mezza.

Dopo essermi destato di soprassalto per colpa, appunto, del casino infernale della suoneria, mi vestii in tutta fretta, raccolsi opportunamente tutti gli oggetti personali e mi diressi alla volta dell’Auditorium. Ma prima bevvi un caffè alla John Goodman de Il grande Lebowski, sorseggiandolo nell’adocchiare l’ottima milf barista.

La osservai senza dare nell’occhio, anzi porgendole di sottecchi l’occhiolino. E pensai, fra me e me, questa è bona forte. Poi aprì bocca e compresi che era solo una popolana. Sì, di seno stupenda come la Ferilli ma, alla pari della Sabrinona nazionale, sboccata, farsesca, volgare e troppo burina.

Insomma, un’Anna Magnani ficcata in caffetteria nell’urlare ai suoi clienti:

– Volete i cappuccini? Pagateli, sennò andate a pigliarvelo inter-culo.

 

Sì, una donna simil-Christian De Sica.

Al che, dopo aver deglutito il bollente caffè saporitamente zuccherato, di lì a poco sudai freddo.

Cazzo, me in un ambiente di conoscitori altolocati di Cinema. Minchia, la paura scoccò a novanta ma avvistai in prima figa, no, a fare la fila, una ragazza più terrorizzata di me. Fu la sua prima volta al festival.

Solo a Roma, però, no, non è vergine. Se vi dico che è così è perché lo so. Ah ah.

Perlomeno, sessualmente non lo è più. Perché venne con me o perché, dopo essersela fatta nelle mutande per l’imbarazzo di trovarsi al cospetto di critici con tanto d’attestati, guardandomi negli occhi miei, languidi poiché parimenti intimiditi, si sciolse in mezzo alle gambe?

Non lo so e non sono cazzi vostri.

Fallo sta, no, fatto sta che dopo i primi, comprensibili timori iniziali e qualche pudica titubanza, dopo essermi sorbito un cinefilo mezzo matto, entrai in Sala Petrassi con tre quarti d’ora d’anticipo rispetto all’erezione, no, polluzione, no… proiezione di The Irishman.

Cosa urlò il matto cinefilo? Siete curiosi? Quanto segue:

– Questo film sarà un capolavoro e abbasso i cinecomic. Evviva Netflix che ha permesso a Scorsese di realizzarlo. La dovrebbe finire anche Francesco Coppola, Francis Ford, di schierarsi contro i film di supereroi. Avete sentito che cos’ha detto ieri? Che i cinefumetti sono spregevoli! È solo un rimbambito!

 
Dunque, una donna con le palle gli rispose con estrema acredine e severità impietosa, zittendolo subito e ricevendo la standing ovation di tutti noi:

– L’unico rintronato sei tu. Fa freddo, stiamo facendo la fila, non sappiamo se riusciremo a entrare. Torna al tuo posto e non sbraitare, villain!

 

Io ebbi il pass giallo come quello di Francesco Alò. Il passa giallo è di “serie b”, nel senso che si dà ai giornalisti online che non scrivono per il New York Times. Quello blu è riservato ai critici “di risma” internazionale.

Ma per piacere. Il pass blu è fighissimo e io al semaforo non passo mai col rosso. Ah ah.

Pensate che sia finita qui? Macché. Entrammo quasi subito, sì, noi “gialli”.

Ora però devo dirvi questo. Se le maschere e quelli della sicurezza ti lasciano entrare, significa che in sala ci sono posti liberi a sedere e, solamente a sala piena, bloccano ogni altra entrata. Per cui i ritardatari stanno fuori.

Ma, dinanzi a me, vidi un gruppo di ragazzini ipereccitati che gridarono tutti assieme appassionatamente:

– Saliamo le scale in fretta e di corsa, altrimenti ci perdiamo il film!

 

Fu a quel punto che compresi l’abisso come Adso da Melk de Il nome della rosa:

be’, se sono critici intelligenti questi, io in mezzo a tali ritardati sono il più grande critico del mondo. Sì, intimamente li criticai, considerandoli scemi, stroncandoli di pallino vuoto. Cazzo, se siete entrati nell’atrio, significa che vedrete il film. Se no, vi lasciavano fuori. Ma forse voi, fuori, lo foste dalla nascita.

Questa sarebbe l’intellighenzia italiana?

Comunque, io salii le scale con calma olimpica. Mi sedetti a fianco d’un gentilissimo signore distinto.

Ma, ancora una volta, dio della madonna, non fatemi bestemmiare, accanto me vi fu un’altra gnocca mai vista. E, prima che si spegnessero le luci, odorai il suo Scent of a Woman, facendo finta di non vederla, cioè di essere cieco come al Pacino del film suddetto ma, ve lo posso dire, la sentii tutta. Eccome.

Un’emozione impalpabile, indescrivibile come quella che provai alla fine di The Irishman. Insomma, il classico orgasmo da pure sensazioni a palle, no, a pelle. Liquide come il piacere di essersi goduto un filmone estasiante da farti (s)venire.

Ora, amici, non so se nella vita sia meglio un filmone o un figone ma, nel dubbio, io sceglierei entrambi.

Avete mai visto Over the Top?

Prima di Giancarlo Giannini, Ferruccio Amendola doppiò spesso, oltre a Stallone, anche Al Pacino.

Secondo me, sì, è un film puerile, Over the Top.

Ma rimane un mio cult.

Bull Harley dice a Sly che lo storpierà perché è merda di porco.

Sly, prima di battersi con Bull, ebbe davvero paura di non farcela. Se avesse perso l’incontro, avrebbe perduto tutto.

A me ha sempre emozionato la scena in cui Sly vince e Bull Harley gli stringe la mano. Porgendogli uno sguardo fra l’abbattuto e il sommesso-commosso, come per dirgli:

sei davvero più forte di me.

 

Bene, sono tornato a Bologna. Solita vita.

Uno vuole la recensione di tutti gli episodi de Il metodo Kominsky 2, un altro invece vuole la recensione di Dolemite Is My Name.

Scusate, devo rispondere a una telefonata, anzi no.

È la solita rompiballe. So io cosa vuole questa…

 

di Stefano Falotico

 

padrino pacino keatongladiatore crowe

 

OVER THE TOP, Sylvester Stallone, Rick Zumwalt, 1987

OVER THE TOP, Sylvester Stallone, Rick Zumwalt, 1987

JOKER di Todd Phillips è un capolavoro o, come sostenuto da alcuni critici col paraocchi, un j’accuse troppo sbrigativo e superficiale, poco attizzante?


04 Sep

joker 2

dav

Be’, ricollegandomi a quanto da me già detto in merito alla recensione di Paolo Mereghetti riguardante Joker, uscita sul Corriere della Sera, Mereghetti ha assegnato solo 7 al film di Phillips.

Ora, conoscendo i parametri piuttosto severi di Mereghetti, sapendo bene che lui fa sempre così, ovvero all’uscita di un film si mantiene abbastanza moderato, senza sbilanciarsi troppo, non mi stupisco del suo voto non eccelso.

7, nella scala della valutazione mereghettiana, è un signor voto. Questo va altresì detto.

Basti pensare che al magnifico Crash di Cronenberg, Mereghetti nel ‘95 diede solo due scandalose stellette, scrivendo nella sua lapidaria disamina una stronzata da immediato ricovero psichiatrico, vale a dire:

il Cinema di Cronenberg è una macchina autoreferenziale in sé perfetta ma il Cinema e la vita abitano altrove.

Sì, credo che avesse usato quest’esatte parole. E ora non ho voglia di stare a scartabellare in libreria alla ricerca dell’opuscolo di aggiornamento del 1995 firmato da Mereghetti per controllare.

Posso solo affermare che forse, al posto di abitano, scrisse stanno ma è la stessa cosa. Ah ah.

Soltanto pochi mesi dopo, Mereghetti cambiò però drasticamente opinione e oggi come oggi reputa Crash un intoccabile capolavoro.

Credo che la stessa sorte capiterà a Cosmopolis, attualmente fermo ancora, appunto, a due stellette del cazzo.

Scanners invece è passato da 3 a 4, cioè il massimo.

Eh sì, Paolo non si espone mai troppo. È un furbacchione. Dice la sua ma senza dare nell’occhio e recita le sue video-recensioni in sordina con tanto di birignao da milanese di origine controllata. Dunque, con la ponderatezza algida dell’uomo del nord che non vuole lasciarsi andare ad emozioni troppo entusiastiche.

Sì, Paolo abbisognerebbe di essere educato da Nic Cage di Cuore selvaggio. Altro film non particolarmente amato da Paolo ai tempi della sua uscita, ora invece da lui ritenuto un film, appunto, emozionante e stimolante più di una notte di sesso con Lena Paul, celeberrima pornoattrice americana verso la quale, onestamente, ogni uomo sanamente eterosessuale sente squagliare la sua pelle di serpente.

Il serpente e la lucertola, la salamandra e gli anfibi vari, tranne quelli militari di Dr. Martens, sono animali a sangue freddo.

Be’, non so voi, ma io dinanzi a Lena Paul, anche in pieno inverno rigidissimo, mi sfilerei la giacca da Sailor, simbolo della mia individualità e della fede personale, e la permeerei, assai premerei, riscaldandola a mo’ di pullover avvolgente.

Sì, Lena, una donna più bollente di una corposa maglia di lana.

Ah ah.

Poi, dopo aver giaciuto con quest’irresistibile meretrice, uscirei dalla sua casa e conserverei intattamente il mio aplomb da Humphrey Bogart, tirandomi su il bavero dell’impermeabile. Cosicché, alla gente in strada, guardona e pettegola, moralista e falsa, farei credere di avere un metafisico fantomatico mistero da Franco Battiato, in quanto inforcherei pure un paio di lenti nuovissime con tanto di trasparenza traslucida da film noir e luci al neon.

Le stesse che il tuo ottico ti diede l’altra sera.

Sì, ti conosco. La scorsa notte, tu guardasti un filmetto con Brandi Love e da allora, eroticamente aggradandone, perdesti non solo due gradi alla sfera dell’occhio sinistro ma anche le due palle che sono ubicate normalmente ai lati di quella cosa, si spera ritta quando eccitata, che sta in mezzo alle gambe, perpendicolarmente situata in maniera diametralmente opposta al buco ove di solito s’infila la supposta.

Ma non perdiamoci in puttan(at)e.

Torniamo all’irreprensibile Paolo.

Un uomo che si mantenne equidistante sia dai critici che esaltarono Joker che da quelli che a man bassa, appunto, lo struccarono, no, stroncarono impietosamente.

Ora, Mereghetti è chiaramente del PD, dunque la deriva ribelle di Arthur Fleck/Phoenix nel pre-finale non deve aver apprezzato molto.

Sì, negli ultimi venti minuti del film, Fleck/Phoenix, stanco di essere un semi-disoccupato perennemente angariato, dissanguato, dai bulli asfissiato, dagli psicologi crocifisso e dalla società di massa nell’amor proprio trafitto, si trasforma in Che Guevara dei poveri. Sembra perfino che sia diventato Beppe Grillo. Questo, sì, un vero pagliaccio socialmente pericoloso. Sì, Beppe, a forza di promettere facili illusioni agli italiani disperati, sarebbe da spedire in cura da un altro Grillo. Quello Parlante di Pinocchio.

Il Grillo Parlante, nella favola di Collodi, non fa una bella fine ma almeno per un po’ riesce a contenere gli exploit del burattino di legno. Ah, un burattino che propugna pure i robot.

Beppe manovrò come Mangiafuoco tutti i grillini, designando Di Maio a capo del carrozzone. Anche del cazzone.

Comunque, quelli di estrema Destra non stanno messi meglio. Sono come quei nazi-fascisti di CasaPound che aggrediscono senza motivo, in modo gratuitamente vergognoso e pretestuoso, il povero Arthur Fleck in metropolitana.

Sì, gente che non merita il mio rispetto. Gente che si prende gioco della gente timida, della gente debole, insomma degli ignobili vigliacchi. Incapaci, peraltro, di fare i forti da soli, bensì san stupidamente essere violenti e maneschi soltanto quando sono in gruppo, cioè in branco.

Al che, succede l’incredibile, l’impensato. Fleck, quest’uomo all’apparenza cacasotto storico, questo elephant man denigrato ed emarginato, questo Vito Andolini/De Niro de Il padrino – Parte II prima di diventare spietato come Marlon Brando, costui che le classiche donne stronze e altezzose definirebbero un ragazzo meraviglioso, eufemismo da loro adottato per non offenderlo, dicendogli che ai loro occhi appare sinceramente come una persona speciale, cioè pure peggio, ovvero uno storpio, uno a cui non darebbero un bacio con la lingua nemmeno se fosse più ricco di Vittorio Feltri, ecco, giunto allo zenit delle offese oramai intollerabili, Fleck si trasforma, come da me già detto, in Eric Draven de Il corvo.

E lì sono cazzi amari per gli altri.

Afferra i tre tizi della metro e li picchia con calci volanti e pugni da Mike Tyson. Dunque, dopo averli tramortiti con una potenza devastante più furiosa di Jean-Claude Van Damme nel finale di Kickboxer, si trucca da down? No, da clown e fugge via dalla sua notte apparentemente, tragicamente interminabile.

Involandosi verso la sua bella, Zazie Beetz.

Qui, Todd Phillips è stato davvero un grande.

Io ho sempre appoggiato la teoria di Orson Welles. Secondo il quale il sesso in un film mainstream è decisamente irrilevante e superfluo. Per l’appunto, non parliamo di un porno, bensì di Cinema con la c di c… o maiuscola.

Il non visto, il fantasticato, il non detto, il suggerito, l’evocato e non mostrato, fidatevi, è ancora più perturbante ed eccitante del tutto… filmato. Filtrato e fluidificato.

Che cosa successe fra Arthur e Sophie Dumond/Beetz dopo che Fleck, rinnovato nel coraggio e nelle forze, si precipitò da lei e la baciò con una passione così intensa da fare spavento a ogni attore di film per adulti?

Ah, secondo me, accadde qualcosa di mostruosamente bellissimo, di rovente e terrificante, di esplosivo, deflagrante, super-piccante e iper-ficcantissimo-leccante per una notte d’amore stra-scaldante.

Sì, Joker riesce a mantenere il suo immacolato candore nonostante sia oramai inequivocabile che con la sua voce roca, assai ammaliante, è davvero inchiappettante.

Se volete toccare con mano, siete le benvenute…

Come dico io, la faccia da schiaffi, cioè da culo… c’è tutta.

 

di Stefano Falotico

joker phoenix

Top AL PACINO performances: from The Panic in Needle Park to the IRISHMAN, adesso parla il tenente colonnello Frank Slade


25 Aug

al pacino

Allora, bimbi, bambagioni, direttori e rettori di università e college per liceali farisei che prima studiano teologia e fanno i moralisti, elevandosi a pontefici, e poi guardano segretamente scene non propriamente cristologiche in film non certamente da Oscar con la straordinaria April Flowers di Fast Times at Deep Crack High Vol. 1, ebbene, non venite… a farmi la morale.

Voi non sapete un cazzo della vita vera, sentita, respirata, delle patite inculate e delle grosse scorpacciate di cioccolato/a come dice Al Pacino ne L’avvocato del diavolo. Ah ah.

Voleste addivenire, col vostro presuntuoso discernimento e le vostre malate congetture, alle ragioni che stettero alle origini della mia lunghissima cecità emozionale, faceste dell’insana dietrologia riguardo le mie ansie da lupo solitario che consolò le sue nevrosi, le sue nevralgie, le sue amletiche notti insonni nel perpetuo mutismo di un’auto-segregazione di tutto.

Di tutto… celebrandosi nel buio e nel lutto. Farabutti! Ah ah.

Divenni monosillabico, non spiccicai parola sebbene le due sillabe più importanti che esistono sulla faccia della terra, ah sì, io ho sempre saputo, anzi, seppi quali erano e saranno sempre, cioè FI-GA. Ah ah.

Sì, la mia vita dal rosa virò al colore seppia ma voi di me nulla sapeste. Donna, lo sappia. Ah ah.

Anzi, lo stappi.

Sì, ho sempre saputo, ribadisco, qual era la retta via da imboccare ma, come Alighieri Dante, mi smarrii in una selva oscura. E ad April lo infilerei solo ritto nel retto.

Ah ah.

Sì, sono un amante mai visto di April Flowers, posso regalarvi anche qualche dvd suo di sorca, no, di scorta poiché non mi servono più a un cazzo. Ah ah.

La smettesse perciò quella donna suora a volermi impartire regole. Dovrebbe anche cambiare profumo poiché io voglio solo tirarmela… di più. Ah ah.

Son stanco delle sue reprimende tremende, dei suoi discorsi chiesastici, la sua retorica è solo un’enorme sega che non porta al godimento schietto dell’essere. Ah ah.

Sì, quella donna è frigida soprattutto nel cervello. Sì, è molto colta, intelligente oltre ogni dire ma la dovrebbe finire di redarguirmi ed ardermi. Con qual ardire si permise infatti di guardarmi e di giudicarmi? Perché mai volle farsi gli affaracci miei? Ah ah.

Sì, è arrivato Frank Slade, l’uomo che col solo potere tonante del suo carisma bestiale da uomo che sa il “falò” suo, in pochi minuti distrugge, annienta, annichilisce ogni sconcia, bugiarda castità, ogni falsità di tutte le false zie.

Abbattendo ogni stolta e ottusa ipocrisia.

Faceste le serpi ma io sono Serpico.

Siamo tutti peccatori e io metto, eccome, la lingua nella vostra mela.

Ah ah.

april flowers fast times deep crack high

 

di Stefano Falotico

Sono morti Andrea Camilleri e Luciano De Crescenzo, Panta Rei: io sono rinato e son sempre più duro, che storia…


18 Jul

mde

Be’, devo esservi sincero. Di Andrea Camilleri non ho letto quasi niente. Solo un libricino. Peraltro scritto, come Andrea ha sempre fatto, in dialetto siciliano molto stretto. Perlomeno, con molti termini arcaici. Il dialetto della sua generazione…

Non mi ricordo in quale mensola impolverata sia andato a finire. L’ho cercato, mezz’ora fa, ma non lo trovo. Si sarà disperso nel marasma dei miei ricordi.

Io spesso sono una cianfrusaglia vivente, lo ammetto, son un caravanserraglio di contraddizioni disumane.

Ho pure visto poche puntate del Commisario Montalbano. Per due principali ragioni: la RAI, appunto, dato che le opere di Camilleri sono scritte quasi, come detto, integralmente in siciliano, ha addolcito tutte le traduzioni dei suoi libri, italianizzandole. E dunque quella fragranza splendidamente genuina del dialetto siciliano, quelle atmosfere rusticamente autentiche di quel mondo bellissimamente antico, son state centrifugate nell’omologazione culturale partita già secoli fa con Dante Alighieri e il Dolce Stil Novo del cazzo.

La seconda ragione è che lo Zingarelli, dizionario della lingua italiana, no, Luca Zingaretti mi stava simpaticissimo.

Da quando è però sposato con Luisa Ranieri, dunque se la scopa, minchia, mi sta un po’ sul cazzo.

Sì, sono gelosissimo come un vero siciliano di origine controllata. Divento Al Pacino di Scarface e anche de Il padrino.

Luisa Ranieri la scopai io, ah ah, magari, la scoprii molti anni or sono.

Quando, in edicola, adocchiai di sfuggita un numero speciale di Max.

Lei era bellissima, dolcissima. Esponeva un seno voluttuoso e rotondamente avvolse ogni mio Eros da Michelangelo Antonioni nella simmetria procace delle sue forme prosperose come una moderna dea greca. Sì, Giunone.

Ah, Luisa, a quei tempi, ovvero prima della gravidanza, giunonica turbò le mie notti insonni da coglione epico. Morfeo non riuscì a placare la mia voglia ciclopica.

Ammirandola, contemplandola, eccitandomene a sangue, in quegli istanti mi sentii posseduto da una virilità forzuta assai sovrumana, sì, come Ercole e le sue fiche, no, fatiche.

Luisa Ranieri è di Napoli ed è poco più grande di me.

A proposito di sempiterni poeti deceduti, musicalmente romantici, appena vedevo Luisa, mi andava di cantare a squarciagola l’imperitura canzone celeberrima di Pino Daniele, Che dio ti benedica… che fica…

Ah ah.

Anche Luciano De Crescenzo era di Napoli.

Ho molti suoi libri, Il dubbio, da non confondere con la pellicola omonima interpretata da Meryl Streep, Amy Adams e da un altro mito, ahinoi, morto, vale a dire Philip Seymour Hoffman, Ordine & disordine e soprattutto Panta Rei.

Li comprai ai tempi delle mie scuole medie. Perché un mio ex amico super secchione, Andrea Torre, mi faceva una capa tanta con De Crescenzo durante la ricreazione. Quando, mangiando la crescenza, anziché crescere, nell’ammirare le gambe d’una nostra compagna di classe molto precoce, se la tirava… da filosofo del cazzo. Dunque palloso.

Mi feci coinvolgere da questa sua passione focosa. E, tornato da scuola, anziché rifarmi gli occhi con le stra-gnocche di Non è la rai, appunto, mi davo al cul… tural, registrando Così parlo Bellavista e ascoltando i programmi sui miti greci, illustrati da Luciano.

Comunque, fra uno Zeus e un’Atena, fra un Apollo e un Dioniso, talvolta ci scappava un onanismo mitologico su quelle di Non è la Rai.

Avevo varie Afrodite preferite che qui elencherò in maniera poco elegantemente ellenica, diciamo.

Ora, scartiamo subito Angiolini Ambra, in quanto civettuola e smorfiosa.

Andavo matto per Maria Teresa, per Antonella, però meno bella di Gabriella, la quale a sua volta comunque era ed è ancora meglio di tua sorella.

La mia Venere però, eh sì, la veneravo, era Cristina Quaranta.

Io non mento mai.

Tant’è vero che, neanche a farlo apposta, un paio di nottate fa, ho scritto su Instagram a Cristina un commento poetico davvero immane. Non so però se da vero man.

Dichiarandole il mio amore inconfessato:

Cristina, complimenti: foto meravigliosa, forse la tua migliore in assoluto. Da pre-adolescente ti seguivo appassionatamente, poi mi smarrii nelle mie meandriche notti silenziose e ora mi riappari più in forma che mai, dolcissima e ancora stupendamente armoniosa. Sei poco più grande di me, io sono del ‘79, tu del 1972. Io sono un folle, visionario scrittore clownesco, burlesco ma anche malinconico. Autore di molti libri e saggi. Chissà. Un giorno potremmo bere un caffè e smalterò le labbra dei miei occhi nella rifrangenza dei tuoi occhi morbidissimi come la tua pelle piacevolmente liscia.

C’è un refuso nel testo mio mandatole su Instagram. Fra Chissà e un giorno v’è il punto ma Un necessitava della maiuscola. Ah, testone!

Comunque, con Cristina sarei maiuscolo di gran muscolo. Da cui il film, He-Man e Cristina col suo imene se le danno in maniera universale e poco universitaria.

Tu te la meriti o te la/o meni?

V’è pure una ripetizione della parola occhi, miei allocchi. Cristina è ancora stupenda. Apriteli, apritele.

Ci sta…

Ma sì, che cazzo me ne fotte?

Vado a trovarla a Roma. Lei mi umilierà a morte. Mi darà in pasto alle bestie selvagge.

Basta comunque con una vita da fifa e arena, miei polli.

Eh già, signore e signori, sono ancora un gigante, un colosso. Al Colosseo, Russell Crowe de Il gladiatore mi fa un baffo.

Per molto tempo, luridi traditori, infingardi che non foste altro, mi chiedeste di togliermi la maschera. Siete voi che indossa(s)te le maschere. Io sono nudo e crudo. Buono e caro, anche piuttosto bono.

No, suvvia. Non ho intenzioni vendicative.

State tranquilli.

Devo leccare solo un altro gelato e qualcos’altro, mica spaccarvi le vostre teste di cono, miei cornuti.

Eh già, tutto scorre. A voi no.

Ve la fate al massimo, non Decimo Meridio, sempre soltanto sotto.

Guardate che, farsela solo sopra, è una missionaria ma non è male.

Ah ah.

 

Ma voglio lasciarvi con un pezzo serio. Come dice Rust Cohle di True Detective, io non dormo, sogno soltanto.

A parte le burle, le torte in faccia, gli scherzi cattivi e volgarmente troppo goliardici, vorrei che nessun uomo e nessuna donna morisse, nemmeno i miei peggiori nemici.
E ne ho ancora tanti.
Oramai non credo più alle Ave Maria e penso che non esista nessun Ade.
Quando si muore, non vi sarà nessun paradiso e nessun inferno ad attendere le nostre anime.

Il nostro mondo odierno ha perso perché ha distrutto, cinicamente, anche gli ultimi baluardi dei sogni, cioè i cinematografici miti.

Ne resterà soltanto uno, forse Highlander.

lambert highlander

Directed By: Michaelangelo Antonioni, Steven Soderbergh & Wong Kar Wai.

Directed By: Michaelangelo Antonioni, Steven Soderbergh & Wong Kar Wai.

fifa e arena totò lou ferrigno hercules andreacamilleri

di Stefano Falotico

cristina quaranta luisa ranieri figa luisa ranieri

Non siete Lynch né Scorsese, non siete Stephen King né Thomas Harris, abbassate le creste


29 May

deniro irishman

 

Ancora consigli per giovani scrittori di belle speranze e per inesperti cineasti alle prime armi, abbassate il tiro, pure Scorsese ha ora dei ripensamenti sugli effetti speciali del ringiovanimento in CGI di The Irishman.

Sì, avete letto l’intervista di Scorsese al Guardian?

Scorsese, visto il protrarsi inimmaginabile della post-produzione di The Irishman, ritardo imprevisto e assai spropositato dovuto al massiccio, sesquipedale, faraonico impiego sconsiderato degli effetti speciali deaging di De Niro, Pacino, Pesci e compagnia bella, ha detto che non avrebbe mai, appunto, pensato che il tutto sarebbe risultato così difficile.

Avrebbe potuto semplicemente realizzare un’epopea gangsteristica da C’era una volta in America, forse scegliendo il sottoscritto come “sosia” di De Niro da giovane, eh eh. Anziché affidarsi alla Industrial Light & Magic.

Sì, The Irishman sarà un film epocale e storico sia nel senso di sviluppo narrativo e filologico di un’era oramai appartenente al passato, sia nell’accezione di storico in senso propriamente figurato del termine. Cioè, un film che con tutta probabilità entrerà di diritto, da instant classic fenomenale, nella storia.

Perlomeno, considerando le credenziali di uno come Scorsese, un regista pazzesco, noi tutti amanti della Settima Arte più alta ed eccelsa, vivamente ci auguriamo che questo possa gloriosamente avvenire e che The Irishman, di conseguenza, nel suo avveniristico alternarsi di flashback proustiani, rappresenti immediatamente il futuro a venire del Cinema stesso.

Sino ad ora, il ringiovanimento attoriale è stato limitato a pochissime scene di scarsissimo minutaggio ove l’Anthony Hopkins di turno di Westworld o Michael Douglas di Ant-Man sono apparsi ritoccati e rinverditi dai fasti computeristici delle super moderne tecnologie più futuristiche e avanguardistiche.

A quanto pare, per metà della durata di The Irishman, invece vedremo De Niro e Pacino giovanissimi come ai tempi de Il padrino e del suo sequel.

De Niro che è l’unico interprete nella storia del Cinema, appunto, ad aver vinto l’Oscar, come miglior attore non protagonista, per lo stesso personaggio oscarizzato di Don Vito Corleone interpretato dal suo putativo padre dell’Actor’s Studio, ovvero Marlon Brando.

E Pacino, come sappiamo, di entrambi è stato il loro figlio ereditario Michael.

The Irishman, strepitoso meta-cinema alla massima potenza. Il primo film in assoluto ove De Niro non viene interpretato da giovane, che ne so, da un clone che vagamente gli possa somigliare, come avvenuto per esempio in Red Lights, bensì da lui stesso in carne e ossa digitalizzate.

Scorsese, in questa suddetta intervista, ha ammesso che pensava sarebbe stato più semplice ringiovanire gli attori.

E i primi risultati non l’avevano convinto affatto. Un conto è, appunto, ringiovanire un attore per una scena di pochissimi secondi, come lo stesso De Niro di Joy, ove l’attore semmai non ha nemmeno delle battute e fissa per impercettibili istanti il vuoto con un’espressione catatonica, tutta un’altra storia… invece riuscire a ricreare l’espressività mobile e polimorfica di un attore che prima è incazzato e poi, alla Marlon Brando, improvvisamente parla unicamente, malinconicamente con lo sguardo, stando muto e senza proferire nulla.

Brando l’ha sempre detto. Un grande attore non si vede solo quando recita lunghi monologhi, bensì anche e soprattutto quando, pur stando zitto, riesce a parlare alle anime degli spettatori solamente con un’occhiata.

Brando, Pacino e De Niro sono campioni in questo.

Vale a dire nel saper comunicare enormi emozioni soltanto tintinnando il capo come lo stesso De Niro/Noodles del capolavoro succitato di Sergio Leone.

Una bella gatta da pelare, Martin. Siamo sicuri che riusciremo a vedere The Irishman prima che tu, De Niro, eccetera eccetera, sarete già nella tomba e vi ringiovaniranno solo i cinefili passatistici e nostalgici del Cinema delle memorie perdute?

Invece, cambiando discorso ma rimanendo in tema di storia però attuale…

Voi, belli miei, che continuate a idolatrare le Strade perdute di Lynch e vi sdoppiate come in Mulholland Drive, vivendo segregati in casa come Elephant Man e sognando di accarezzare à la Velluto blu la vostra Isabella Rossellini, ex compagna di Lynch e Scorsese, peraltro, non è che mi diverrete, oltre che frustrati, anche asmatici e pervertiti come Dennis Hopper?

Sì, la dovreste veramente finire di credervi psichiatri indagatori della mente umana come Hannibal Lecter, a proposito di Hopkins, cannibalizzando voi stessi in vampirismi degni di un becero horror di Stephen King.

Sognate di essere i nuovi anfitrioni e i rivoluzionari padri della letteratura più profetica e millenaristica, invece non avete capito né Snowpiercer né perché, con due lauree all’attivo, avete meno soldi del vostro vicino di casa.

Il quale non sa neppure chi siano Scorsese e Lynch ma è più ricco e porco di Ed Harris del film appena menzionato di Bong Joon-ho.

Sapete perché è avvenuto questo? Perché siete i classici tipi che, anziché aiutarsi a vicenda, emarginate il prossimo solo perché, d’ingenuissimo refuso trascurabilissimo, scrive Basilicata al posto di Basilica e avete passato la vostra giovinezza a pontificare sul mondo manco se aveste ottant’anni suonati come il Bergoglio.

Che è un grand’uomo, a prescindere che voi siate cristiani o no, mentre voi siete solo dei moscerini moralistici e più rincoglioniti di un rintronato in stato avanzato di demenza senile.

Sapete come ho fatto io a ringiovanire nel viso ma soprattutto nell’animo?

Ho capito che avevo sbagliato tutto. E che soprattutto voi state continuando a fraintendere la vita coi vostri sogni di gloria con le pezze al culo.

Vi credete dei geni e forse lo siete realmente. Non voglio metterlo in dubbio. Ma non allontanate Viggo Mortensen di Green Book. E non fate neppure come Mortensen di Carlito’s Way. Insomma, non fate i traditori e le merde.

Magnificate C’era una volta in America. Va benissimo. Un film indiscutibilmente magistrale ed emozionante. Però, se a vent’anni avete già dentro i vostri cuori l’amarezza di Leone, a novanta sarete messi a pecora, miei uomini Buffalo Bill da Silence of the Lambs.

Continuate pure a ballare davanti allo specchio come Buffalo, denudandovi per avere due Mi piace in più sui vostri selfie da figoni e fighette. Credendovi sapientoni, bellissimi e intelligentoni.

Sì, ha ragione il grande Joe Pesci di Casinò quando il tizio al bar gli parla di progetti forse non nobilissimi ma che comunque richiedono la necessità impellente ed evidente di farselo tostamente.

E lui, senza badare a sottigliezze e a sofismi da quattro lire, gli risponde: – Sì, ma dove cazzo stanno i soldi?

Un mio amico mi chiede di leggergli un libro e di recensirglielo, un altro vuole che gli realizzi un video d’immagini sue in slideshow, un altro povero cazzone, per dirla sempre alla Pesci, mi costringe quasi con la forza a condividergli tutti i suoi filmati e filmini in cui scoreggia per avere più visualizzazioni.

Ecco, ora basta fare San Francesco e Santo Stefano, il primo martire storico.

In questi anni, ho aiutato gente semi-analfabeta a ritrovare la sua fiducia persa, regalando loro dizionari di sinonimi e contrari. Reggendo il loro gioco, sostenendoli nei loro sogni.

Ma ancora una volta anche questi qua mi hanno voltato le spalle, dicendomi che sono un senza palle.

È davvero uno scandalo che io debba essere continuamente inculato a raffica in questa maniera ruffiana e ipocrita.

Per tutta l’adolescenza ho scarrozzato la gente come Travis Bickle di Taxi Driver, regalando perle ai porci. E mi son pure preso la patente di coglione schizofrenico. Mi pare giunto il momento di smetterla con le assurdità.

Mi hanno pure detto che vivo di riflesso… non credo e comunque sarebbe sempre meglio che vivere come voi, idioti molto fessi.

Urge sterzare bruscamente, cambiare marcia come Sly Stallone di Over the Top.

di Stefano Falotico

La famigliola di parenti serpenti nel Cinema, dal Padrino a Ti presento i miei, da La Famiglia Addams ai Tenenbaum


13 May

brando padrino

Sì, la famiglia è fra i primi posti nella gerarchia dei valori italici.

Quasi tutti gli uomini e le donne non si offendono quasi mai, a meno che non siano dei permalosi incendiari, se subiscono provocazioni goliardiche. Anche se vengono apertamente derisi, arrivati all’età della ragione, in seguito a queste smodate offese, non si scompongono più e, appunto, non sragionano.

Se le offese sono meritate e non gratuite, se le critiche non sono figlie dell’invidia, dell’ipocrisia oppure generate per malevolenza calunniosa, un uomo maturo sa che deve accettarle. Fanno parte del gioco della vita. Non si può pretendere di essere affascinanti come Marlon Brando di Un tram che si chiama desiderio se madre natura invece ci ha reso Rick Moranis.

Detto questo, se invece si va a toccare la famiglia, ecco che sia gli uomini che le donne s’infoiano bestialmente e danno libero sfogo a tutto il peggio di loro stessi, arrivando a bassezze incredibili:

– Che cosa? Come ti sei permesso di dare della puttana a mia moglie? Io ti accido!

 

E voi donne la dovreste per una buona volta finire d’insultare la signora Monica Bellucci. Sputandole addosso infamie e cattiverie inusitate. Bona è bona, fa veramente schifo da quanto è ancora bona nonostante l’età non più giovanissima. Che poi sia un’attrice del cazzo è un altro discorso.

Ma sfido qualsiasi uomo a non voler giacere con lei. Semmai, dopo una tiepida, intima cena al Ristorante Trattoria Peppone il pepato e forse il pippaiolo.

Sì, Peppone è uomo comunista che se ne frega dei puritanesimi di Don Camillo. E, oltre a far il sindaco, insindacabilmente nel tempo libero prepara primi piatti alla puttanesca conditi con olio piccante, serviti ai clienti infreddolitisi per colpa del rigido inverno ma già scaldati nell’afrodisiaco lor gustarsi di sguardi assai roventi, come dico io, ardenti e al dente come il buco dell’ozono e anche di qualcos’altro.

Ah, si leccano i baffi…

Peppone, sposato a Peppina, è uno stalinista dello zoccolo tosto che dà all’uomo una felicità robusta e culinaria in senso lato anche b del termine.

Ecco, ma non dilunghiamoci nelle sognanti, fumanti notti impossibili con Monica Bellucci, miei bellocci.

Qui si parla di famiglia. Io per Monica, sì, rinuncerei a ogni sogno di gloria, sposandola, pure spossandola e lavorando duro… come un negro pur di metter su con lei una generazione matriarcale. Sì, rinunzierei a ogni ambizione artistica se mi chiedesse di stare con lei finché morte non ci separi.

O ci spari nel caso in cui Monica s’innamorasse di Al Pacino di The Godfather poiché sarebbero cazzi miei se mi opponessi da bravo, non so se goodfella, alla promessa sposa del siculo re dei mafiosi.

Un vero Don Rodrigo, un cafone signorotto che vuole fottere tutti e tutte.

Sì, Michael Corleone mi griderebbe:

– Monica deve accavallare le gambe solo per me. Altrimenti taglio la testa al toro della tua sessualità da cavallo. Cioè ti amputo i testicoli, testone! Caprone, zuccone.

 

Provate a replicargli che vostra moglie, presto sua futura consorte, non gli farà manco un pompino e le funebri pompe vi aspetteranno dopo tre secondi netti.

No, se la pigliasse pure. Ci tengo alle mie palle.

Ma, a parte gli scherzi, sì, la famiglia del Padrino è tremenda. Se uno nasce in una famiglia così, sì, potrà avere la strada spianata per la ricchezza ma pure la reputazione rovinata anche se dovesse diventare il nuovo redentore e sua figlia divenisse Madre Teresa di Calcutta.

– Chi? Non ci crede nessuno che quello sia un santo e sua figlia una missionaria. Quella è una famiglia di ladri, assassini, di criminali incalliti e imperdonabili.

 

Sì, ecco la gente mafiosa che spettegola sui figli pentiti dei mafiosi impuniti. E questa gente non si pente!

Dio mio! Solo pene… linciaggi e sentimenti melodrammatici da tragedia napoletana si mischiano fra tarallucci e vino.

Dunque, se nascete in una famiglia di questo tipo, fatevi subito il segno della croce come Paul Vitti di Terapia e pallottole e, se non siete nell’animo dei gangster, sparatevi in testa.

Ma quale famiglia?

La famiglia dice peste e corna, di richieste t’impesta e tuo fratello è geloso come De Niro di Toro scatenato, come Pacino di Scarface.

Insomma, non si salva nessuno. Il principe Carlo è figlio di una a cui credono solo gli inglesi mentre noi italiani lo consideriamo un babbeo.

In Italia nessuno vuole lavorare. Nemmeno in Inghilterra. A dirla tutta, da nessuna parte, qualcuno ama il lavoro. Mettiamo però per ipotesi che a Carlo venisse voglia di lavorare, cazzo, gli darebbero ancora di più del coglione. Quest’uomo è spacciato per colpa della sua dinastia nobile della minchia.

I figli de La famiglia Addams amano il Cinema di Tim Burton, i figli di Berlusconi amano pure le Escort con cui è stato il padre. Come no?

Un gran puttanaio, diciamocela.

Ah ah! Siamo tutti, chi più chi meno, rovinati.

I figli degli avvocati se decidono di fare gli operai vengono diseredati, i figli degli operai se vogliono fare gli avvocati penalisti vengono considerati degli stronzi dai parenti che urlano loro:

– E tu guadagni un mucchio di soldi, condannando un cristiano del cantiere popolare che ha dieci figli? Vergognati! Adesso andremo da tutti i muratori della città a dire loro che devono murarti vivo!

 

Le figlie delle zoccole diventano più mignotte delle madri, i figli dei gastroenterologi curano semmai tutti ma non riescono ad alleviare il mal di panza loro perché la moglie, una modella analfabeta, li ha traditi con un disoccupato malato terminale che, in quel momento, aveva bisogno di un’ultima botta.

Davvero, è tutto uno schifo. Una merda collettiva.

E gli infermieri dove stanno? Chiamate il pronto soccorso!

È una società impazzita.

Ma io ballo, sculettando.

Io so come va il mondo… figli miei. Ah ah.

 

di Stefano Falotico

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