Posts Tagged ‘Il pianista’

Venezia 76: Roman Polanski vincerà il suo primo, sospirato Leone d’oro dopo le polemiche della presidentessa Martel?


05 Sep

polanski accuse

accusepolanskiAllora, plachiamo gli entusiasmi. I ragazzi infervorati e arrapati dietro le transenne non si scaldino. Va bene, Emmanuelle Seigner ha ancora un seno gioioso come in Luna di fiele ma non mi pare il caso di sovreccitarsi in modo così focoso.

Neanche se aveste visto la moglie di Louis Garrel, ovvero Laetitia Casta. Ah ah.

Allora, qui per fermare tutto questo chiassoso isterismo, questo volgarismo di massa bifolca, occorrerebbe un uomo come Dujardin, sì, The Artist.

Siamo stanchi di questa società impietosamente cinica e Joker/Joaquin Phoenix lo sa.

Non è populismo il nostro, bensì la presa di coscienza che questa società improntata al culto dell’immagine ove le donne, da oggetti sessuali mai davvero ribellatesi al maschilismo da sempre imperante, espongono soltanto la mercanzia del sodo culo, affidandosi poi al movimento femminista MeToo quando non incontrano un produttore come Jules Jordan, uno che non produrrà mai un film altamente fine e delicatissimo come Il pianista, film capolavoro per il quale Polanski vinse il suo unico Oscar come regista.

Sì, Lucrecia Martel la sparò davvero grossa in conferenza stampa, affermando senza battere ciglio che non avrebbe mai presenziato alla serata di gala in onore del maestro.

Poiché, come sappiamo tutti, malgrado mi paia osceno rimarcarlo, su Polanski sempre pendette e ancora vige un’accusa di stupro per cui non fu davvero condannato al carcere, alla giusta punizione e alla sacrosanta ammenda.

Ma è poi così? La stessa vittima della violenza sessuale ricevuta da Polanski che, peraltro, in quella serata si trovò in stato di fortissima infermità mentale per via del fatto che assunse potenti stupefacenti distorsivi, pubblicamente riconobbe che in un certo senso Polanski la sua condanna, anche bella tosta, già ricevette. Poiché subì la totale estradizione e fu confinato in Francia.

Per tale ragione, non lo si vide in passerella in laguna assieme a sua moglie, ottima passerona, ripetiamolo a scanso di equivoci. Detta come va detta, Emmanuelle è bona forte. Luca Barbareschi lo sa. Per questo è amico di Polanski e co-produttore di questo suo ultimo film magnifico. Poiché Luca spera che, durante una notte plumbea come le atmosfere cupe filmate da Roman, lo stesso Roman si assenti, lasciandolo solo Luca con Emmanuelle.

Sì, Luca è un grande bluff. Sa come farsi nuovi amici, come tenerseli buoni per arrivare, come sempre, alla bontà.

Nel 1994, Polanski lo diresse nella riduzione dello spettacolo teatrale Amadeus.

Ma per l’amor di dio. Luca, ricordiamolo, è uomo che viene da Via Montenapoleone, insomma un ricco volpone che fa il cascamorto alla Riccardo Cocciante, cantando a Carol Alt l’intramontabile Margherita.

Ah ah.

Roman, se ci sei, batti un colpo. Io, se fossi in te, non mi fiderei di questo Barbareschi. Questo è più infido dei vicini di casa di Mia Farrow e John Cassavetes di Rosemary’s Baby. Fidati…

Infatti, Luca interpretò anche il film Tv La tenda nera ove non la raccontò affatto giusta a Valeria Cavalli.

Ah, ebbi la fissa per Valeria, a quei tempi era una stra-figa mai vista. E il mio cavallo s’imbizzarrì quando nel film Il caso martello, a pochi minuti dall’’inizio, ha una scena di sesso in cui non viene cavalcata ma è comunque avvinghiante, di cosce avvolgenti, nella sua missionaria travolgente.

Sì, signore e signori, possiamo ribattezzare questa causa come Il caso Martel!

Scusate, ci fu anche Il caso Mattei e Lucrecia è la versione argentina di Borgia Lucrezia!

Diciamocela!

Il fatto che, in quella notte in cui Polanski violentò la tredicenne Samantha Geimer, il nostro accusato fosse drogato, dunque il suo stato cognitivo della realtà fosse profondamente alterato, anzi adulterato, certamente non lo giustifica né lo assolve dal suo gesto vigliacco e lercio.

Ma c’è un ma che non possiamo sottovalutare, signori della corte.

Vi prego d’ascoltare con molta attenzione la mia arringa in difesa di questo genio indiscutibile della Settima Arte.

Non possiamo giudicare i suoi capolavori sulla base delle sue oscure vicissitudini personali. L’arte ha ben poco a che spartire col cinema a luci rosse dei suoi cazzi privati. Anche se c’è un SE che poi sottolineerò in tale mia spregiudicata, infoiata predica oratoria.

Mi concentrerò, in tale mia linea difensiva, su alcuni aspetti precipui che, alla luce dei fatti da me esposti, evidenzieranno come il mio assistito già patì la sua pena, dettata da quel che fu un momentaneo “colpo di testa” del suo surriscaldato p… e. Ci siamo capiti…

Andiamo avanti, orbene. Non dobbiamo essere orbi ma valutare, con lucida obiettività, la sua poetica. Senza lasciarci ammorbare dai nostri culturali retroterra di natura pregiudizievole che, per l’appunto, potrebbero compromettere la nostra integerrima oggettività decisa e ferma.

Polanski, a tutt’oggi, non può mettere piede al di là dei francesi confini, dunque non può oltrepassare il limite della linea di demarcazione che separa la Francia dal resto del mondo.

Naturalizzato, infatti, francese, non si può assolutamente spostare per trasferte estere, cioè in terre straniere alla sua. Altrimenti, dopo 5 minuti scatta l’allarme dei massimi organi preposti alla sua libertà vigilata assai particolare da sorvegliato speciale e la polizia lo può acchiappare e sbattere dentro, gettando pure ogni chiave di qualsivoglia lucchetto.

Quest’uomo, in sua discolpa, per redimersi dall’esecrabile suo atto lussurioso, infame e vizioso, girò tremila capolavori.

Perdonando anche la setta di Charles Manson che nei confronti della sua ex moglie, Sharon Tate, compì un abominio ben peggiore del suo veniale vizietto…

Quest’uomo che fu soltanto scandalosamente una sola volta Palma d’oro a Cannes, proprio per Il pianista, mentre per tutti gli altri suoi film monumentali dai premi vari e dagli Academy non fu cagato di striscio, ci regalò, qui in Concorso a Venezia, un’opera che non piacque soltanto a quegli idioti dei critici americani.

L’ufficiale e la spia è un masterpiece cattivissimo.

Deve vincere qua a Venezia.

Lucrecia Martel non deve però premiarlo alla stessa maniera di Mahmood a Sanremo. Cioè onorarlo per azzittire le polemiche da lei stessa scatenate.

Altrimenti, Lucrecia bella, premi Joker e buona vita a tutti.

Sì, come si suol dire, uno vale l’altro. Sono entrambi dei j’accuse.

Io propenderei per il Leone d’oro ex aequo sia al film di Polanski che al film di Phillips con Phoenix.

Se invece questa giuria del cazzo vorrà premiare Noah Baumbach, sapete che vi dico?

Andate a dar via il cul’.

Applauso!

 

di Stefano Falotico

Attori bolliti: Adrien Brody


01 May

attori-bolliti-adrien-brody-04-

 Ebbene, da oggi inizia questo mio personale giochetto, che spero di tutto cuore davvero possa divertirvi quanto indurvi a una risata amarognola. Sì, perché inauguro gli appuntamenti con una rubrica dedicata agli attori bolliti, cioè uno spazio esclusivo riservato a quegli attori che, sino a poco tempo fa, erano sulla cresta dell’onda, cavalcavano furiosamente il successo e poi, per strambe circostanze sfortunate, per loro pigrizia, per rocamboleschi, assurdi, strani casi del destino, lentamente sono quasi scomparsi dal grande giro o, perlomeno, si sono sempre più livellati e arenati in performance decisamente alimentari, come si suol dire, in filmetti discutibilissimi e alle volte perfino inguardabili. Robetta straight to video o produzioni squallidamente commerciali. Insomma, sono sprofondati nell’infimo oblio, in un mesto quanto avvilente purgatorio cinematografico.

Semmai, come nel caso che fra poco menzionerò, sono attori anche abbastanza giovani ed è inspiegabile questa loro improvvisa débâcle mortificante.

Ebbene, dopo questa necessaria, piccola introduzione, direi d’iniziare con Adrien Brody. Eh sì, so che voi cinefili non l’avete mai perso di vista e l’avete seguito e sostenuto anche in abomini come Giallo di Dario Argento, ma lo spettatore medio oramai credo che non veda un film con lui protagonista sul grande schermo da una vita. Insomma, ne ha perso memoria.

Procediamo con calma. Adrien Brody, dicevamo. Nato a New York il 14 Aprile del 1973, figlio di una giornalista e fotografa molto abbiente e di un professore. Insomma, Adrien proviene, come si dice, da una buona famiglia. Che infatti lo indirizza subito a potenziare la sua propensione innata per la l’arte attoriale, e l’imberbe Brody ecco che s’iscrive a corsi di recitazione egregi, e ottiene subito piccole ma incisive particine in alcune sitcom statunitensi.

Al che comincia a farsi notare in New York Stories, nell’episodio di Coppola, e in Natural Born Killers di Oliver Stone. Poi, la sua presenza diventa via via più consistente e il minutaggio che occupa nelle pellicole a cui partecipa aumenta. Dopo Bullet e L’ultima volta che mi sono suicidato, Spike Lee scommette tutto su di lui, e punta sul suo viso asimmetrico, magrissimo, sulla sua postura sbilenca e soprattutto sulla forza espressiva del suo naso elefantesco, dandogli uno dei ruoli principali nel suo bellissimo Summer of Sam. Lo vediamo anche ne La sottile linea rossa di Malick e nel “proletario” Bread and Roses del grande Ken Loach. A dire il vero, Adrien in quel periodo è come il prezzemolo e gira anche con Barry Levinson. Ma è il 2002 il suo annus mirabilis e sorprendentemente addirittura vince l’Oscar come Miglior Attore Protagonista per la sua intensa e sentitissima interpretazione nel magnifico Il pianista di Roman Polanski. Diventando l’attore più giovane della Storia ad alzare la statuetta di Best Actor. Visibilmente stupefatto e commosso, sale sul podio e bacia voluttuosamente Halle Berry, lasciando di stucco e all’asciutto i suoi diretti concorrenti, vale a dire Michael Caine, Nicolas Cage, Jack Nicholson e in particolar modo Daniel Day-Lewis di Gangs of New York che veniva dato per favoritissimo. Quindi, gira il pomposo King Kong di Peter Jackson, e da allora avviene la fine. Sì, vero, partecipa ad alcuni film di Wes Anderson, sfodera un brillante cameo in Midnight in Paris di Woody Allen nei panni di Salvador Dalí ma davvero qualcuno di voi ha visto American Heist di un “tale” Sarik Andreasyan o sa che esiste un film intitolato Septembers of Shiraz? Sì, ammettiamolo, se non ci fosse IMDb a darci una mano a mo’ di “promemoria”, certi film non sapremmo neppure che esisterebbero. Non perché sono di nicchia ma semplicemente perché sono pasticciacci indigesti.

Dai, forza, Adrien, hai solo quarantacinque anni, hai una vita davanti… per girare altre schifezze.

Ah ah.attori-bolliti-adrien-brody-01- attori-bolliti-adrien-brody-02-

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)