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Il più grande attore e cantante della storia: vedere per credere


25 Jun

dicaprio prova a prendermi

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64915135_10213936153940830_1434793258986242048_oEcco, avete visto bene questa faccia da culo imbattibile? Lo so, a prima (s)vista, può sembrare un demente certificato con tanto di attestato (ig)nobile.

Ma dietro questa faccia da schiaffi, questa faccia da Leonardo DiCaprio di Prova a prendermi, si nasconde un uomo capace di scrivere libri interminabili, di recitare con dizione straordinaria, un amante di ogni donna vogliosa di notti selvagge e scalmanate, un trasformista persino della sua anima multiforme e sfaccettata.

Un campione del fregolismo, a volte anche del menefreghismo, un adoratore del nichilismo e anche un piacione di risma.

Non più, baggiani asinissimi, lo fregherete, oggi lui cammina con fierezza e disdegna questi omuncoli che raccattano le prostitute in zona Fiera.

Se la tira con enorme contentezza, fottendosene di ogni moralista e di ogni panzone a lui fascista.

Sì, per anni fu scambiato invece per DiCaprio di Marvin’s Room. Per un ignorante come Leo di Titanic.

La moralità che risiede nel suo cuore moralmente giusto l’ha sempre frenato dal divenire Leo di The Wolf of Wall Street.

In questi anni, numerose donne, perfino più belle e attizzanti di Margot Robbie, sfacciatamente l’hanno contattato in privato per ricevere da costui un po’ di calore cocente.

Ma il Genius-Pop, tale è infatti la sua auto-definizione, non ha mai voluto sputtanarsi con baldracche da due lire.

Soffrendo comunque immensamente nel sapere che codeste, ottenuti i suoi incredibili rifiuti, si sono accoppiate con uomini che valgono sinceramente l’unghia del suo mignolo sinistro.

Ah, tenne tutto dentro…

Ah, che stile, pur di non mercificarsi, castamente si negò ogni carnale piacere. Perché tanto sapeva che, al di là di un attimo esplosivo e infuocato… quello che sapete voi, ah ah, è sopravvalutatoBiochimicamente non è diverso da una grande scorpacciata di cioccolata.

Ma a questa idiozia nessuno ci crede, tantomeno il Genius-Pop, uomo raffinato, giammai affettato, nemmeno affrettato poiché non si volle mai bruciare nel chiasso infernale di tutti questi scemi e cretini oramai andati.

Egli è uomo tagliato, come si suol dire.

Poiché il Genius-Pop non si vende alla prima che gli capiti a tiro… con attenta oculatezza, entra in un bar, beve un caffè morbido e bollente senza dar nell’occhio, fuggevolmente inquadra le donne più ardenti e al dente come la schiuma di un cappuccino cremoso e scottante, dunque sceglie le migliori e più dolci con fine gioco di labbra irresistibile, muovendo il linguino come Al Pacino de L’avvocato del diavolo.

Sì, la vanità è decisamente il suo peccato preferito. Il Genius-Pop vaga di qua e di là. Lo so, se non lo si conosce nelle immani profondità delle sue imperscrutabili interiorità e invece, sbadatamente lo si valuta solo per la sua modesta esteriorità, può onestamente sembrare un pazzo senza molte qualità.

Invece, miei baccalà, lui volteggia fra recensioni svettanti in mezzo a tante stupidaggini, a tanta inutile insulsaggine.

È anche maestro, oltre che dell’oratoria, a differenza di donnette che hanno sempre bisogno di essere imboccate, un irreprimibile fenomeno della spiritosaggine, un geniale, demenziale auto-didatta sfrenato della presa pel culo ben lì posata alla società di massa più mercantilistica, edonistica e da lui con classe impari, sì, smascherata.

Udite con quale calma olimpica, con quale ardore stupendo scandisce le poesie dei suoi amici e canta le canzoni del suo idolo.

Egli è il WANTED per eccellenza.

Sylvester Stallone di Cop Land gli fa un baffo.

Sì, Il Genius-Pop è un anticonformista stravagante ma, se gli scade la carta d’identità, legalmente si reca subito a farsi le foto per rinnovarla.

E questo è quanto, poveri deficienti.

Ricordate:

il Genius-Pop è come Mel Gibson/Interceptor, è imprendibile.

Vi saluta ora con una delle scene più belle dell’anno.

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Scena capolavoro #milesteller #toooldtodieyoung #mandy #barrymanilow

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di Stefano Falotico

È morto Franco Zeffirelli ma io no e ieri sera a Ravenna è stato presentato il mio racconto Disturbo denirante


16 Jun

Anton Giulio Onofri, su Facebook, ha sostenuto che Franco (non) sia stato niente.

Sì, questo regista non era un granché. E chi lo acclamò prese un granchio.

Al suo Romeo e Giulietta, gli ho sempre preferito quello di Baz Luhrmann.

Al suo Gesù di NazarethL’ultima tentazione di Cristo.

Al suo Fratello sole, sorella luna, Massimo Troisi di Ricomincio da tre quando sostiene che la migrazione degli uccelli sia avvenuta per colpa di San Francesco.

Gli uccelli ne avevano le palle piene di questo qui che parlava loro. Le donne invece, a quanto pare, si riempiono quando migro in loro.

Sì, possiedo il fascino di Mickey Rourke nel biopic sul santo d’Assisi di Liliana Cavani.

E, a proposito di Chiara, Helena Bonham Carter è stata Ofelia nell’unico film, a mio avviso, bello di Franco. Perlomeno vagamente passabile. Il suo Amleto con Mel Gibson.

No, non ho gli occhi celesti di Gibson ma adoro viaggiare in tangenziale a tutta velocità neanche se fossi in Interceptor.

Quando sollevo i pesi, acquisisco anche un sex appeal bestiale da Tom Hardy di Mad Max: Fury Road.

La mia vita è stata tragica, una Callas Forever ma, nonostante le sfighe colossali e qualche figa amabile, nel senso che sarebbe stato possibile amarla tutta la vita ma sono troppo capa rossa per sposarmi, diciamocela, la tragedia non solo scespiriana è incarnata/s’incarnò in me.

Me ne incarnai, sono incarnito, ah ah.

Sì, ho i capelli rossicci da Rosso Malpelo, altro che Storia di una capinera, famoso volatile “passeriforme”.

Già, malgrado abbia perso molto in questa mia esistenza, non vado con la prima Traviata che possa capitarmi a tiro…

Ah, le donne vogliono un(a) Verga ma qui ne vedo poche di femmine vere.

Sì, la mia vita ha seguito un percorso introspettivo, formativo, sentimentale-erotico da fare un baffo a Jane Eyre.

Comunque, il mio amico Gennaro, di professione pizzaiolo, sta messo peggio di me.

Molti uomini, dopo la prima volta, si montano oltre a quella con cui l’hanno fatto, eh già, pure la testa. E diventano fascisti. Bevono insomma un Tè con Mussolini ogni giorno.

Di mio, per alcuni anni ho fatto la fine di Ida Dalser/Giovanna Mezzogiorno in Vincere.

Altro che Filippo Timi, soffrii di atimia.

Sostenni che fui rifiutato dai fascisti e fui accusato di soffrire di disturbo delirante.

Sì, fui scambiato per un personaggio manicomiale solo perché asserii che miei ex amici gelosi a morte del sottoscritto, degli Jago insomma, persone che cercarono nel pagliaio l’ago, non vollero che scopassi la mia Desdemona.

La mia donna non era una Ricciarelli, era una ricciolina molto più bona di Cicciolina.

Scusate, sono un bello e impossibile con gli occhi neri dal sapor medio-orientale come Otello o forse un incosciente che non ha fatto i conti con l’oste del sociale hotel, dunque un povero sfigato adatto a una racchia come Gianna Nannini?

Dico!? Si fanno questi scherzacci da bambini?

Sì, io amo Shakespeare, sono Il mercante di Venezia. Film mai girato da Zeffirelli che, in compenso, filmò La bisbetica domata.

E qui ci rifacciamo agli occhi di Mel Gibson. Sì, questa gente mi urlò come Celentano… chi non lavora, non fa l’amore.

Allora, da ragazzo della via Gluck, anche con in gola il glup o forse solo in bocca un chewinggum, non credetti in me stesso e fu tutta una personale svalutation.

Mi depressi e, mentre gli altri mi sfotterono e trombarono… pure le loro Claudia Mori, io rimasi solo un Moro senza morosa. Mi consolai, mangiando una Morositas e cantando… azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me, mi accorgo di non avere più risorse senza di te. Ma allora io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te, ma il treno dei desideri nei miei pensieri all’incontrario va.

Il treno di Giada Desideri nel treno di Luca Ward va!

No, non presi il treno. Il treno, dalla nascita, lo persi. Pigliai la macchina e mi feci un giro in cerca di qualcuna. Ma trovai solo trans che sapete benissimo dove lo prendono. O no?

Mi resero, dunque, un uomo invalido. Quasi muto, nonostante avessi e abbia una bellissima voce.

Mi fecero credere che nessuna Ornella Muti sarebbe venuta con me. Venne eccome. Io sarò pure un bisbetico domato a volte, oltre che misantropo, un po’ stronzo e misogino ma, basta che una donna mi pensi e va’ pensiero sull’ali dorate. E sicuramente lei viene a squarciagola.

Con me le donne divengono delle soprano anche se il mio stile di vita, detta come va detta, non mantiene un gran tenore.

Sono un Nabucco, un Verdi di rabbia come Hulk e appunto un uomo rosso che tutte le arrossa. Arrossiscono, certo. Appena mi vedono, provano imbarazzo. Non ho mai capito se sia perché sono attratte da me o per il fallo, no, fatto che mi prendano per un coglione.

Già, perché sbattersi una comune scema ché poi diventi nuovamente malinconico quando puoi battertela con Carmelina?

Sapete cos’ho scritto, nel mio saggio monografico John Carpenter – Prince of Darkness? Che The Ward non è un grande film ma…

Come diceva al solito illuminatamente Carmelo Bene… a sua volta citando Deleuze:

On n’échappe pas de la machinenon si sfugge da-alla macchina.

Chi sceglie la libertà, sceglie il deserto. Se la democrazia fosse mai libertà. Ma la democrazia non è niente, è mera demagogia…

Non si scappa. Uscendo dalla catena di montaggio, la macchina, la catena di montaggio si fa ancora più forte nella vostra strada che percorrete, poi nel tram, poi in auto, poi a casa, in famiglia… aumenta ancora, si fa sentire l’oppressione della catena di montaggio, si fa sentire il nulla della vita. L’oppressione… financo nell’amore, nella rivoluzione ancora di più e, soprattutto, l’oppressione si sente, si risente, nell’entusiasmo…

Dunque, mi pare giusto che il sottoscritto rimanga un Joker amante di Bob De Niro. Se pensate che sposarvi vi renderà persone felici, state freschi. Anzi, state al fresco.

Ogni istituzione serve solo a istituzionalizzarvi. Io credo che l’uomo sia una scimmia dotata della facoltà di credere a Dio. E, dai suoi credo, nasce la civiltà. Per il resto, è un film retorico da Zeffirelli.

Sono stato Re per una notte.

Anche Leonardo DiCaprio di The Wolf of Wall Street.

Sì, non sto scherzando. Come già scrissi, il mio breve racconto intitolato Disturbo denirante è risultato fra i vincitori del concorso letterario indetto da RuleDesigner e inserito nel primo volume di un pregiato, nobilissimo libro della Historica Edizioni. Attualmente già in vendita. Racconto ch’è stato inserito assieme a quello di altri 19 autori-colleghi.

Negli altri volumi, sono stati inseriti gli altri vincitori.

Ora, la domanda d’uopo che vi sovverrà subito, lo so, è questa.

Stefano Falotico, autore del succitato Disturbo denirante, si è presentato alla manifestazione o ha dato forfait come suo solito e secondo il suo inappuntabile, discutibile stile?

Ça va sans dire, il Falotico incarna la parola schivo, è infatti talmente riservato da assomigliare ai migliori film intimistici di Nanni Moretti e, al momento, è molto simile al suo personaggio di Ecce Bombo. Infatti, a molti, per questo suo ritroso atteggiamento, Falotico risulta fastidioso, addirittura permaloso e a tratti odioso. Insomma, ad alcune persone fa schifo, essendo lui schivo. Ma del giudizio di chi non ci vuole bene non dobbiamo divenire schiavi. O no?

Falotico appare, scompare, vede gente, fa cose, poi si isola, ama la solitudine eppur non tanto non regge, malgrado voglia distinguersi dal gregge, la mancanza troppo protrattasi nei mesi di compagnie, anche di una bella, dolce compagna. Questo lo manda in fasi mentali di scompenso. Al che in lui si alternano momenti di gloria a frangenti oserei dire st(r)ingenti, vi si accavallano crisi depressive, malinconie galoppanti che lui cura coi film di Bergman e con Silence di Scorsese. Ah ah.

Insomma, Falotico ci è o ci fa? Ci è andato o no?

Non vi svelerò l’arcano. Dovete indovinare voi. Secondo voi, quindi, ha preso su il microfono sul palco e, come Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street, ha dato sfoggio del suo istrionismo, facendo il gigione, imbrodandosi sopra le righe, oppure al pari di Woody Allen, proverbiale (in)giustificato assente agli Oscar, è rimasto in casa a scrivere, semmai, un altro racconto?

Non posso rispondervi e fornirvi delucidazioni in merito.

A volte, non so nemmeno io dove mi trovi. La gente meschina mi calunnia, dicendomi che non esco mai dal mio guscio come Tim Roth de La leggenda del pianista sull’oceano e invece, proprio in quell’attimo in cui la maldicenza viene espulsa da esseri calunniosi, in verità soltanto gelosi, ah, fottute malelingue, sto usando la mia lingua con un’amante di Baricco.

Quello che posso asserirvi con certezza scientifica è che non sono ricco come Baricco, nemmeno come De Niro. Che ora, a quanto pare, deve dare all’ex moglie ben 500 milioni di dollari di risarcimento.

Ma risarcimento di che? Questa donna, Grace Hightower, non era nessuno prima di sposare De Niro. Ma che vuole?

Anche io non ero nessuno prima d’incontrare Bob.

Da quando sono coniugato, di affinità elettive, ai suoi migliori personaggi, posso affermare orgogliosamente di essere migliorato molto come persona.

Sì, prima di adorarlo e venerarlo, idolatrarlo in Taxi Driver, ero davvero solo come Travis Bickle.

E passavo il tempo a credermi Sylvester Stallone di Rambo. Ridendo coi film con Christian De Sica.

Anche ora non ho tantissimi amici, a esservi proprio sinceri. Ma è colpa mia. Sono molto introverso anche quando me la tiro… da duro come Max Cady di Cape Fear.

Comunque, Disturbo denirante, a mio avviso, altrimenti non l’avrei scritto, è un ottimo racconto.

Dato che ne detengo appieno i diritti d’autori, posso pubblicarlo quasi integralmente anche qui.

Se vi va, leggetelo. Se vi va di sapere come va questa storia, compratelo.

Disturbo denirante

Ecco, ho necessariamente l’impellenza d’alleggerirmi la coscienza e sgravarmi dal gravame stesso di assidue preoccupazioni che, da tempo immemorabile, mi stanno affliggendo infinitamente, inducendomi in un imperterrito circolo vizioso di resilienze emotive assai dannose.

Sì, da tempo infinito, son assillato da perenni, turbolente, assillanti incognite che, strisciando e aleggiando angosciose nella mia anima, disossandola e scarnificando il mio cuore, ininterrottamente mi tormentano. E m’han lasciato spossato, svilito, svuotato. Essiccato come se fossi completamente arso e denudato, totalmente inerme dirimpetto al crescente, strozzante lor martellarmi dentro irrefrenabile, morboso, ferente. Come se, non potendo io contrastare questo lor salirmi nel cuore in maniera ardentemente focosa e crudamente nodosa, mi stessi dissanguando e sciogliendo vivo, strangolato da lancinanti, infermabili dolori interiori.

Come se all’improvviso, questa mia vita, rimanifestatasi in tutta la sua slanciata e poderosa, dinamica irruenza portentosa, ancor la temessi e, impaurito dal troppo esperirla d’emozioni tanto violentemente gioiose quanto avidamente conturbanti, col suo carico di spine inevitabilmente taglienti e maliziose, pregna di delusioni sempre latenti e tremende, non la sapessi vivere nuovamente.

Come se, per sopperire a quest’ansia ciclopica, per rifuggirla codardamente, perennemente mi trascinassi in un malinconico delirio sognante dentro cui, immaginando una realtà più serena e soave, poi danzassi nel suo immaginifico ventre, lasciandomene felicemente trasportare, irradiato di fulgida, illuminante estasi che, da tanta straziante angoscia e quotidiana vita livorosa e feroce, mi consola.

Un delirio piacevole, certo, sebbene illusorio.

Anzi, a essere più precisi un De Niro.

Sì, avete letto bene. Non è un lapsus. Ho scritto De Niro. Robert De Niro.

Io credo di essere suo ammiratore sconfinato e impareggiabile da tempo insuperabile.

Sì, divenni suo fan e strenuo seguace moltissimi anni fa.

Quando, al tintinnare dei primi, ferali fremiti adolescenziali, allo scoccare nevralgico dei primissimi turbamenti ansiosi, egualmente acuminati ed efferatamente selvaggi, per caso guardai Taxi Driver alla televisione.

Il suo protagonista, come sapete, è Travis Bickle, un uomo del sottosuolo, interminabilmente insonne e pensieroso. Una sorta di straniero iper-nervoso. Schizofrenicamente forse pericoloso.

Un ectoplasma martoriato dal suo esistenzialistico, doloroso ed esiziale navigar nelle fluorescenti luci della più cupa notte di New York, una specie di Caronte macilento, un teschio vivente, uno zombi magrissimo ed emotivamente assai instabile e poi furiosamente incandescente, forse solo un diavolo innocente a traghettare anime dannate lungo la dedalica capitale mondiale dei disagi metropolitani per eccellenza.

Un angelo infernale, un tassista cherubino che, nella sua anima, distrutta e flagellata da mille demoni, sta indubbiamente male.

Ecco, all’epoca, subito in lui m’identificai. Perché, parimenti a Travis, in quel periodo così emozionalmente complicato che è l’adolescenza col suo ineludibile, frenetico accavallarsi di purezza rabbiosa, mi sentii tanto similmente speculare alla sua anima spettrale.

 

Detto e fattovi leggere ciò, amici, nemici e anche emotivamente anemici, andiamo tutti quanti al cinema a vedere The Irishman appena uscirà di casa? No, scusate, volevo dire se non lo proietteranno, in versione da pochi pollici, solo per visioni casalinghe da Netflix ma lo distribuiranno in grandi sale per un super pollice SU?

Dai, dai.

 

di Stefano Falotico

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Attori rinati: Mel Gibson, l’arma letale dei suoi occhi azzurri come lapislazzuli


25 Aug

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Oggi vi parlo di Mel Columcille Gerard Gibson, più comunemente noto as Mel Gibson.

Chiariamoci innanzitutto molto bene. Molti lo considerano australiano. Sbagliatissimo.

Mel Gibson è in verità nato a Peekskill nello Stato di New York il 3 Gennaio del 1956. Sì, ha vissuto per molto tempo in Australia, ma lui giustamente si considera statunitense e non ha mai rinunciato alla sua cittadinanza USA.

Chiarito questo, andiamo avanti.

Gibson è il sestogenito di una famiglia numerosissima.

E, a differenza di quello che si possa credere, non si è imposto nel Cinema soltanto grazie alla sua bellezza, quella evidentissima dei suoi fotogenici anni giovanili, perlomeno prima che la sua fronte non si corrugasse profondamente e prima che perdesse molti capelli. Mel Gibson, infatti, si è diplomato a una prestigiosa scuola d’arte drammatica in quel di Sydney, e ha fatto tantissima gavetta.

Nel 1979, George Miller lo designa protagonista dello strepitoso Interceptor, che avrà due seguiti, uno più post-apocalittico dell’altro, e Gibson diviene subito nell’immaginario collettivo il giustiziere-vendicatore Mad Max, stupefacendo le platee mondiali. Gibson è atletico, scattante, con due occhi azzurri penetranti che non si scordano.

Come sapete, la saga di Mad Max sarà ripresa e reinventata dallo stesso Miller con Tom Hardy in Fury Road… ma questa è un’altra storia.

Gibson, nel frattempo, diventa amico anche di Peter Weir e con lui gira due splendide pellicole, Gli anni spezzati e Un anno vissuto pericolosamente.

Recita ne Il Bounty di Roger Donaldson con Anthony Hopkins, ne Il fiume dell’ira con Sissy Spacek e assieme a Diane Keaton in Fuga d’inverno ma è nel 1987, probabilmente, che Gibson si trasforma in una star vera e propria. Con Arma letale di Richard Donner, film che riscuote un successo pazzesco, tanto da generare tantissimi sequel.

E Gibson azzecca un personaggio indimenticabile, quello dello sballato poliziotto “pericoloso” Martin Riggs, ex reduce del Vietnam con pensieri suicidari, per cui gigioneggia spassosamente con Danny Glover. Arma letale diventa uno dei più originali, divertenti e trascinanti buddy cop film, una variazione sul tema di 48 ore.

E si concede perfino di essere il più “pazzo” principe di Danimarca della storia, in Amleto del nostro Franco Zeffirelli. Un Amleto singolare, molto fisico e americano, lontano anni luce da Laurence Olivier e Kenneth Branagh.

Quindi Gibson, cementata e consacrata la sua popolarità, decide di cimentarsi alla regia, dirigendosi ne L’uomo senza volto, film molto interessante ma parecchio imperfetto. Le critiche sono controverse, Gibson però non demorde e spopola con Braveheart, pellicola che vince 5 Oscar, fra cui la statuetta per la Miglior Regia.

A questo punto, Gibson abbandona per un bel po’ la regia e ritorna al puro Cinema d’intrattenimento e di genere, come Ransom di Ron Howard e Ipotesi di complotto con Julia Roberts sempre per Donner. Incrocia anche Wim Wenders per The Million Dollar Hotel, con Bono degli U2 in veste di produttore e autore del soggetto e della colonna sonora. Un mezzo pasticciaccio, ahinoi.

Gira pomposità indigeste come Il patriota di Roland Emmerich e We Were Soldiers, ma conquista una nomination ai Golden Globe per What Women Want – Quello che le donne vogliono e fa la sua bella figura in Signs di M. Night Shyamalan.

Poi, dopo una piccola parte in The Singing Detective con Robert Downey Jr., fra indubbi e da lui mai negati problemi di alcolismo, liti coniugali e cause di divorzio dispendiosissime, Gibson si ridà alla regia con gli ambiziosissimi La passione di Cristo Apocalypto.

Hollywood però pare averlo un po’ emarginato e lui si piglia la patente di rissaiolo, di uomo intrattabile, manesco e irascibile.

Tant’è che, prima di recitare ancora, fa passare molti anni, e ritorna performer soltanto nel 2010 con Fuori controllo di Martin Campbell, il regista di Fuga da Absolom e degli 007eiani GoldenEye con Pierce Brosnan e Casino Royale col primo e forse a tutt’oggi ancora migliore James Bond targato Daniel Craig.

Gibson se la spassa, recita nell’impegnato, drammatico ma irrisolto Mr. Beaver di e con Jodie Foster, e ancora fa il gigione a tutto spiano e a briglia sciolta nei divertissement Machete Kills di Robert Rodriguez, I mercenari 3 con Stallone e la sua “allegra” combriccola, e Blood Father.

La sua stella sembra tuttavia un po’ appannarsi. Decisamente.

E Gibson, oramai l’abbiamo capito, quando se la vede brutta, ecco che si ributta dietro la macchina da presa, anima e corpo.

Così, nel 2016 sforna La battaglia di Hacksaw Ridge con Andrew Garfield, film che viene molto applaudito al Festival di Venezia e, nonostante violentemente divida la Critica, si becca ben sei candidature agli Oscar. Gibson viene nominato ancora nella cinquina dei migliori registi dell’anno.

Gibson ha ritrovato nuovamente fiducia e gira film a getto continuo.

Prossimamente lo vedremo in Dragged Across Concrete dell’acclamato S. Craig Zahler (Bone TomahawkCell Block 99: Nessuno può fermarmi), in Boss Level di Joe Carnahan (NarcThe Grey) e in The Professor and the Madman con Sean Penn.

Assai presto inizierà le riprese di War Pigs con Colin Farrell, e sarà ancora director con un altro war movieDestroyer nel quale dirigerà Mark Wahlberg.

Insomma, questo Gibson, nonostante abbia superato da un pezzo la sessantina, e dunque non è certo di primo pelo, sta vivendo attualmente una seconda, prolifica seconda giovinezza.

Che uomo!

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di Stefano Falotico

 

Mad Max: Fury Road – Comic-Con First Look Trailer


28 Jul

 Riparte rombante il nostro Interceptor e, a giudicare dalle prime scoppiettanti, frenetiche immagini potenti, piroettanti e partenti in quinta di motori accesi a nostre emozioni lubrificate ancora a rimembrare, elucubranti, i fast(i) and furious del vero modello imbattibile apocalittico per eccellenza delle auto infernali, possiamo dirci entusiasti.
A caval tonante del grintoso e robusto di un Tom Hardy dalla carriera irrefrenabile e spacca-tutto!

Rosso di sera, il temperino tagliò le dita, salvo “ricucirmelo” senza fascisti, ma col mio editto sopra la media


23 Nov

Com’incriminai e incrinai colui che s’inchinerà e, prima d’esser cremato, creperà da caprone

Viviamo in un Mondo ove molta gente sa sol vegetare, si ciba di vegetali per non ingrassare ma poi pasce nell’anima, anzi è asciutta. Aridità e secchezza delle fauci, d’alimentar con fave di faca e, come dico io, compulsiva fame di figa.
Il puberale aspetta con trepidazione il prossimo sex tape “censurato” ma visibile “online” di Kim Kardashian (che cosce, che superbagascia) per un’escrementizia distorsione sessuale “incanalata” nel “Tubo” porn.
Ove tiferà sfrenatamente, e “sfregatamente”, in balia del nero riccone che alliscia il suo pelo riccio.
Quindi, si sintonizzerà, dopo tal “rizzamento”, nell’appiattimento dell’encefalogramma a temperatura stagna.
Coltivando il vuoto depressivo, pressato da genitori che l’obbligheranno a scelte forzate, salvo spedirlo ai lavori forzati. Non vogliono che alleni troppo il fisico per di-“venir” forzuto ché, tamarro, potrebbe esser spacciato in senso (a)lato da “pollo” solo “ingellato” nel freddo che verrà se una “buona” reputazione farà sì che non ti sputtani. Solo con la “laurea”, potrai “amico” infatti avere le puttane di “fallo”, come te con le “aureole” e un’esistenza “aureissima”. Sì, il “muscolo” va terso nella ponderatezza degli equilibri, per una mens sana in corpore da futuro “premier in pectore. Presentabile di “buona” cul-tura, di corpo piacente e destrorso, invero distruttivo, ambivalente ma “valoroso” di “credenziale” ché non “lo” può toccar nessuno, eccetto le sue “belle”, tutte da “belare”. Tastan per l'”uomo” di “gusto”, per il suo “cotto” nelle loro gambe toast ma di culo tosto “mangiato“.

Persuasi alla parsimonia noi ci prostrammo per l’ano riceverlo, annualmente.
Ragazzini che si mascherarono dietro liceotti classici per acquisir la licenza “formativa” di poter deformare il prossimo a immagine e somiglianza dei propri ricatti.
Con me non funzionò. Eppur, “mi funziona” di più. Ci provarono, ma rimasero provati. Se insisteranno, saran anche privati con delle prove (in)castranti. Chiamatelo impatto di sbatterli, loro sì con la fissa di sbattere, appunto, quelle “magistrali” circensi da “istruire”, in modo circuibile, spogliandole dai loro “chiodi” paranoici e inchiodandole allo “scroscio” delle loro gambe che apron-(ard)Iron-ma quale “man“)-tirati con frasette “manipolatorie” da parole crociate per mettere a segno un’altra “crocetta” nella “casella” da riempir’. Dicesi empio ed “elmo” di Scipio. Le “famiglie cristiane”.

Questa gente, se vivessimo in un’altra epoca, sarebbe da fucilare. Le loro fucine son solo focose di retorica ma poi, ipocriti, dibatton sui dibattiti politici, battendo falsamente con dei clap clap a chi parerà le chiappe loro, garantendo (con tanto di garanti della “privacy“) interessi proficui e “profilattici”, anallergici alla combattiva giustezza, ché questi vogliono solo giustiziare e mal giudicare, ma non si schiereranno mai in battaglia, si sa, è meglio una “battona” che finge di “battersi” per “denudare” il vero, in verità per scosciare sulla poltroncina del Quirinale (Carfagna Mara “calza” a esempio di tal “fauna” famosissima…), piuttosto che darsi da fare (eppur codeste “politicanti” coccodè son s-fatte di trucco e di altri ritocchi…) al fine di portare avanti l’Italia, piuttosto che “moralizzarla”, io direi “inumidirla”-indurendo l’italico medio di “stivalone”, nel solito catechistico “Mangia, prega, ama e vai a messa, ché sarei messo a posto…”.
Sì, tutti si sistemeranno in questo “sistema”.

Io pongo loro questa stigmata: se peccherete d’altro beccare, sarete beccati e le beccherete.
Che dolor’ al “palmo”. Sarete “impalmati” di dorso schienato.

Gli idioti sono avvertiti, gli psicopatici comprenderanno d’esser loro adesso le vittime della carneficina con cui uccisero, e gli stronzi non galleggeranno più, perché saran lavati in galera, eppur sempre più da merde macchiati per come essi stessi sporcarono da porci.

Vangelo secondo l’angelico eretico un po’ diabolico

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Apocalypto (2006)
  2. Fuori controllo (2010)
  3. La Passione di Cristo (2004)
  4. Interceptor – Il guerriero della strada (1981)
    Gibson picchiò la moglie e dovette sborsare un sacco di soldoni, “rovinandosi” la carriera.Secondo me, ha fatto invece benissimo. Quella era solo una d'”affari”, dicesi baldracca. Che “glielo” turlupinò per intascarsi i soldini e “altri”… Mel credette alla “fede”, non solo nuziale, ma la moglie era una da feci.

    Già, la “fece”. Prima “lei” se l’è fatto, poi voleva “farglielo”, ma Gibson fu feroce.

    Applauso!

Ode a Mel Gibson, cioè “Mad” Max


12 Aug

 

 

Quando le ingiustizie superano le soglie delle sogliole che son state pescate in flagranza di reato, un Uomo, armato sin ai denti, sbudella gli ebeti al fin d’imbottirli di piombo, con tutta la scia adorante del suo alive

Cari fratelli, dei miei fatti privati, “sfatti” in fattacci per l’ignoranza d’una famiglia di barbari, abituata a coprirsi dietro la presuntuosa maschera d’una “sociale” benevolenza (s)truccata a stuccar il prossimo con “proibizioni” inquisitorie degne del Medioevo più buio, vi ho narrato in tempi anche “sospetti”, quando equivocaste la mia “sagoma”, sfigurandola anche voi dietro “preoccupanti” paranoie a scapito che non capì quanto, invece, son emerito e principesco, com’esige la tradizione nobiliarissima del mio “genealogico” genio. Oserei dire, senza paura del ridicolo, fiero e di portamento altezzoso, secondo la superbia che mi è congenita, appunto, e non intendo “rinnegarlo” scendendo a patti(nar) con una mediocrità che tanto mi “distrugge” quanto m’induce a scardinarla per annusar, sempre più, il fiotto vincente della mia mente incoercibile, oltre ogni limite “prevaricato”, per valicar ancora panorami di scibilissima Illuminazione a cui pochi eletti saranno ammessi, ammesso che abbian le mie eguali energie per scalar montagne, alla cui “asperità” difficoltosa già tremerebbero, arrancando più che arrampicandosi.
Sì, sono la pianta rampicantissima, piccante di sberleffo e sberlone, a chi vorrà anchilosar i miei polmoni per asfissiarli nel suo “fiato corto” da crudo imborghesito prima d’esser nato.
Sì, le mie “foglie morte”, eppur appiccicaticcissime, pungono gli untori cinici e ne graffian la pelle intonsa, murandoli vivi.

Circa tre mesi fa, telefonai, ripetiamolo per la cronaca (“nera”) a una radio bolognese che “staziona” in un pub ubicato in una delle zone più losche di Bologna. Un “ritrovo” di mezze calzette che “filano” di musica pompante per “spippar” in compagnia di qualche “donzella vien dalla campagna” per ritmi a “marinarla” su andature “poganti”, con qualcuno che si sfoga e una fighetta “affogata” nell’alcol “dolce-liscio” di andamenti lenti nel fegato “a bollore”. Sì, evaporerà, traumatizzata dai villani assalti alle sue verginità, piangendo poi amara con un tamarro “duro” che si sarà sposata per consolarsi fra un’autoradio “scacciapensieri” e un direttore che la “insegretarizza” cancellando i peccatucci fedifraghi nella “ninfomania” religiosa d’ipocrite confessioni domenicali, “valide” quanto un bambino che ruba la marmellata e poi si lecca le mani, scambiando un segno di Pace con suo padre che, intanto, sta telefonando a un “Telefono rosso”, un po’ rozzo, un po’ di “Ingozzami, dai, bella gnocca, mia moglie non basta, imbestialiscimi tu. Sai, ho avuto una giornata pesante, ho bisogno di qualcuna che mi renda (dis)tensivo. Sì, sarai il mio detersivo, il mio diversivo”.

Questi qua, uno in particolare, di cui il mio avvocato conosce benissimo l’identità “nascosta” e vigliaccona, per un’altra querela che lo spolperà “pen malissimo”, non sa contro chi si è messo.

Allora, raccontiamola questa storia. Questi deficientuzzi pensano d’impaurire la mia “lethal weapon?”.

Sì, come tutti sanno, frequentavo una compagnia che mi pareva degna della mia “frequenza”, poi, per ragioni dettate da invidie profonde e immotivatissime, da collegar solo alle pulsioni omicide che tanto “allettano” l’adolescenza, pensaron bene di tirarmi uno scherzetto per “stirarmelo”.

Sì, un massacro psicologico da branco, con tanto d’intimidazioni, abusi indifendibili e “ostaggio senza riscatto”. Cioè, se mi fossi ribellato e avessi denunciato le loro offe(nsiv)e, mi avrebbero poi riso in faccia per “mancanza di prove”.

Cercai spiegazioni, e mi recai proprio all’indirizzo di questa radio. Ove, tutt’ora, non so in quale stato “emotivo” (forse, di tanti ematomi finanziari), “lavora” uno di questi “Caponi“, nel senso di Al.

Eh sì, nella nostra società, ove le magagne e i manganelli coprono di pugni, son tutti “coperti” dietro apparati istituzionali che ne preservano l’integrità (im)morale.

Al che, costui, consapevole che la bomba era finalmente, giustamente esplosa, chiamò la polizia, dichiarando che ero andato lì per piazzare davvero un “esplosivo”.
Tale denuncia m’è costata quattro mesi di ricovero psichiatrico a scopo “calmante”, perché fu appurato che avevo subito un trauma ma gli “uccisori” non potevano essere accusati per “insufficienza” di testimoni e “dati alla mano”, e ha costretto l’intero “gruppo” a finire in tribunale, come tutti voi sapete. Ne siete già stati ampiamente illustrati.

Visto che non ho nulla di cui vergognarmi, ho contattato costoro per ricordare che le violenze si ritorcono sempre contro quando, ogni mattina, prima di parlare al microfono, si specchieranno “testando” la loro “voce”… dell’anima.

Al che, spaventati di nuovo dalla “mina vagante”, mi hanno “segnalato”.
Dove non si sa, essendo io, come potete constatare, un Uomo liberissimo che, però, mal sopporta tali affronti di “recidiva” che vorrebbero “terrorizzarmi” nel silenzio, come dire: “Stai zitto, fai la tua vita, non complichiamoci le cos(c)e”.

E perché mai? Questa storia, come sa bene il mio avvocato, è appena iniziata, cari “bellocci” di mamma.
E non credo che “ballerete” il Sabato sera. Anzi no, danzerete alla grande. Sì, se non finirete in galera, sicuramente sarete sfiniti sotto il Ponte Galliera, cioè nel dormitorio dei barboni della “ferrovia” di Bologna. A brindar fra un treno e la merda dei cani. Alziamo il “volume”.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Arma letale (1987)
    Sono più “pazzo” di quello che non pensavano.
    Pensavano fossi “folle”, nel senso di scemo.
  2. Interceptor (1979)
    Sì, l’artefice di tale porcatona lo legheremo al palo e poi gli daremo fuoco, come nel finalone di questo capolavoro.Accendendo il motore e augurandogli un buon “Inferno”.
  3. Fuori controllo (2010)
    Quando non si ha nulla da perdere, la giustizia si fa da sé.

Genius-Pop

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