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JOKER 2, riprese confermate ma colpo di scena: non tornerà Joaquin Phoenix, bensì De Niro, inoltre corteggiai le figlie di Sylvester Stallone, Sly volle menarmi ma, ridotto male, gira or I mercenari 4 e le monografie di Frusciante


07 Oct

joker phoenix de niro

Sì, Production Weekly riporta che Joker 2 non è un miraggio né una fantasia creata dai fan del capolavoro di Todd Phillips. Sì, lo è, un masterpiece. Non date retta a Federico Frusciante, il quale parla di Cinema con la stessa protervia da Ed Harris di The Rock, firmato dal suo “amatissimo” Michael Bay. Secondo il Frusciantone, Bay fa caaare. Forse è vero, forse no. Quello che so per certo è che Frusciantone vide, comunque sia, Transformers 3. Alla vista di Rosie Huntington-Whiteley, comprese che non è figo come il suo compagno, Jason Statham. Il Fruscio ce l’ha col capitalismo ma sa benissimo che Mark Wahlberg, non di Pain & Gain – Muscoli e denaro, bensì di Boogie Nights, è uno a cui non può piacere Il filo nascosto. Ah ah. Si scherza, eh. Non è che per queste mie goliardiche e innocue provocazioni, il Fruscio, assieme ai suoi Bad Boys followers, dicasi altresì leccaculo sfigati mai visti che, pur di ottenere due visualizzazioni in più grazie alla “comunella” col Fruscio, sarebbero capaci di lanciarsi in sfide suicide a mo’ di Bruce Willis di Armageddon, ah ah, scatenerà contro di me una nuova tragedia da Pearl Harbor?

Che vi debbo dire? Il mondo si divide in due categorie. C’è chi, essendo Ben Affleck, nella finzione scopa Kate Beckinsale e Liv Tyler, nella vita reale invece J. Lo, Ana de Armas e chi più ne ha più ne metta.

Girando pure grandi film da regista come The Town e vincendo l’Oscar come sceneggiatore per Will Hunting.

C’è chi odia Zack Snyder ma è più morto vivente degli zombi di Romero.

Detto questo, non perdiamoci per strada e soprattutto non tiriamocela. La sto tirando per le lunghe. Ebbene, come da titolo del post, Joker 2 è ora una realtà e non più un rumor.

Però Joaquin Phoenix non tornerà nei panni del principe della notte di Gotham City. Pare che non voglia più dimagrire, difatti, trenta chili per rivestire i “panni” di Arthur Fleck. Mentre Robert De Niro, alla soglia d’ottanta primavere assai stagionate, essendo il re dei camaleonti per antonomasia, interpreterà di nuovo Murray Franklin. Com’è possibile ciò? Non era morto ammazzato da Joker?

Sì, verissimo. Ma Joker altri non è che Rupert Pupkin, alias The King of Comedy.

Non vi ho fatto ridere? Scusatemi, allora significa che devo resuscitare Jerry Lewis. Ah ah. So bene che, tramite Instagram, ci provate con le figlie di Stallone. Sono tutte fighe, avete ragione. Non posso biasimarvi né farvene una colpa. Dunque, a proposito di geni della comicità, che ne pensate del sottovalutato Oscar – Un fidanzato per due figlie di John Landis?

Ah, non dovete prendermi seriamente. Io sono burlesco come John Belushi. Dovete sapere, infatti, che i miei haters mi danno la caccia come Carrie Fisher di The Blues Brothers.

Quando sono sull’orlo di ammazzarmi, io mi genufletto dinanzi a loro e imploro a codesti perdono:

– Stefano, perché ci hai tradito?

– No, vi prego. Non uccidetemi. Dico sul serio. Ero… rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tight. C’era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C’è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio! 

Invero, voglio dirvi tutto onestamente. Mi sono ribellato a tutti in quanto volevate ammazzarmi soltanto perché non ero un figlio di puttana come voi. E, piuttosto che andare con le ragazzine, preferivo guardare i film con Robert De Niro e Stallone. Mi avete fatto passare per malato di mente. Vi posso giurare che sono normalissimo. Anzi, sono più dotato di un pornoattore. Non mi piace però Megan Fox, è una troia. Volete castrarmi perché Megan è indubbiamente più puttana di Rachel Starr che s’è scopata il suo “amore?”. Dai, non fate i cazzoni.

 

di Stefano Falotico

LE FOLLI NOTTI del dottor JOKER


25 Sep

dav

Joaquin Phoenix?

No, Jerry Lewis, anche alla regia. Poi reinterpretato nel remake anomalo de Il professore matto da Eddie Murphy a briglia sciolta, doppiato da Tonino Accolla.

Capolavoro della comicità pazzesca d’un Jerry Lewis super ispirato, titanico, travolgente, scatenato.

Che incarna due personaggi agli antipodi in un colpo solo, divorandosi il film con un carisma animalesco che stenderebbe qualsiasi malato mente, cioè ogni psichiatra affetto da cognitiva deficienza incurabile per via della sua ottusità an(n)ale, poiché interpreta un doppio character che sarebbe stato sbrigativamente individuato da tali strizzacervelli da camicia di forza, come sofferente di disturbo di personalità. Perfino, forse, socialmente pericoloso.

Che genio, Jerry Lewis. In questa strepitosa, cinematografica parodia del cupissimo, oserei dire lombrosiano, addirittura licantropo capolavoro letterario di Robert Louis Stevenson, Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde.

Eh già, ça va sans dire, libro d’importanza socio-psicologica quasi pari all’opera straordinaria e immane di Todd Phillips, vale a dire Joker. È ovvio!

Jerry Lewis, in questa sua prodigiosa pellicola devastante, demenziale oltre ogni dire, quindi anticipatrice d’ogni Mel Brooks e Jim Carrey futuri e immaginabili, veste i panni di un timidissimo, praticamente handicappato, iper-impacciato, fantozziano professore universitario di giorno, il coltissimo ma per l’appunto socialmente impresentabile, nonostante il ruolo cattedratico riservatogli in forma prettamente stimabile, prof. Julius Kelp.

Mentre di notte, assumendo le fattezze caratteriali di Kevin Spacey di American Beauty, cioè distruggendo ogni falso perbenismo e ogni moralistico puritanesimo da quattro soldi, impomatandosi come Little Tony, si diverte come un matto a corteggiare ragazzine stupende, bionde e onestamente molto gnocche. Puttanesimo? No, abbasso ogni chiesastico cattolicesimo.

Facendosi chiamare Buddy Love. Un uomo dal fascino, appunto, mostruoso, un uomo che… come dicono le donne, solo a vederlo fa sesso. Forse anche un po’ ribrezzo. Ma un uomo talmente convinto, nella sua imbarazzante sicumera sensuale così secca, diretta, senza filtri, perfino apodittica da dispensatore di zuccheroso, brillantissimo sex appeal lontano da ogni farmacologica pillola, che tutte le lascia stordite. Come si suol dire, senza fiato.

A bocca aperta. Una boccuccia che se ne fotte… di chi ancora alle stolte regole da tonti abbocca, un uomo che bacia e si spinge oltre senza battere ciglio. Anzi, con le nerissime sopracciglia da Colin Farrell di Miami Vice, osa di avance decisamente osé con estremo piglio. Cioè, ci dà. Senza risparmiarsi in fallo, no, fatto di qualità o quantità.

Tutte se le piglia, eh sì, senz’eccezione alcuna.

Buddy Love, un uomo che non abbisogna di guardarsi un porno con Brandi Love e compagnia bella per prendere coscienza di essere un uomo fortemente, follemente erotico alla Falotico.

Non ha alcuna consapevolezza della sua aggressiva, fin troppo virile sfrontatezza ed è per questo che piace. Di brutto!

Poiché è così sfacciato da meritare una simpatia contagiosa, oserei dire maleficamente irresistibile.

Un uomo senz’ipocrisie di sorca, no, di sorta.  Che va da una donna fighissima e le dice apertamente, sì, evidenzierei aperta-mente, che non gl’interessa se lei sia una commessa della Coop o una sfigata laureata in scienze educazionali, dunque una frustrata che lavora alle sociali cooperative. Poiché, visto che studiando come una secchiona, da nessuno cagata, giammai scolasticamente trombata eppur sessualmente nemmeno una volta scopata, ha fatto la fine di Arisa la cantante, da me ribattezzata la sincerità della sua psichica invalidità, adesso se la tira… d’acculturata. Da inculata, no?

Ah ah.

Sì, come spacciarsi per Santa Maria Goretti semplicemente perché nessun fighetto volle farla godere nel retto.

Ed è anche rettrice dell’istituto manicomiale ove tutti i matti, oramai d’ogni bene spogliati, in senso lato… b e non, vengono (dis)illusi dagli psichiatri che siano persone speciali.

Infatti, a squarciagola cantano il ritornello splendido splendente di Donatella Rettore. Rinominata dal grande Diego Abatantuono as Donatella Erezione.

Ah ah.

Sì, Jerry Lewis fu un genio mai visto.

Irrise la schizofrenia del vivere quotidiano. Un Man on the Moon senza mask.

E torniamo a Re per una notte e Taxi Driver.

Vero?

Suvvia, poveri idioti, vi si vuole bene.

Non è colpa vostra se siete dei mammalucchi.

Ebbene, a distanza di circa trent’anni, alla Notte degli Oscar potrebbe vincere un “villain”, proprio Joker/Joaquin Phoenix.

Così come quando il leggendario Sir Anthony Hopkins, sconfiggendo Bob De Niro di Cape Fear e Nick Nolte de Il principe della maree, anche Robin Williams de La leggenda del re pescatore e Warren Beatty di Bugsy, con soli venti minuti di presenza ne Il silenzio degli innocenti, dopo dieci anni in cui, abbandonato da “chi contava”, meditò spesso al suicidio, dimostrò la sua classe al mondo intero.

Beccandosi pure l’entusiasmo incontenibile di Iris/Jodie Foster…

Uno dei momenti più emozionanti di sempre.

 

di Stefano Falotico

 

 

THE MULE: tra Fabrizio Corona e Jerry Lewis, scelgo Michael J. Fox di Ritorno al futuro 3


05 Feb

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BACK TO THE FUTURE III, Michael J. Fox, 1990.

BACK TO THE FUTURE III, Michael J. Fox, 1990.

 

Sono il Joker Marino, uomo che non ha bisogno di truccarsi per essere sé stesso, nonostante sia pirandelliano, uno, nessuno e centomila, forse un mezzo uomo o un superuomo. Magari… Il giudizio sul mio valore umano spetterà al mio specchio dirmelo quando finalmente ne comprerò uno deformante, al fine che possa davvero osservare davanti a me un man distorto. Credo di essere abbastanza retto, un tipo straight, sin troppo dritto tant’è che la gente, spesso addormentata e lobotomizzata, pensa che sia io a farmi un tranquillo pisolino.

Al massimo vivo in dormiveglia. E comunque vaglio, pagando le bollette e i postali vaglia. Non sempre…

Oggi, vaglierò con oculatezza, di attenta disamina quello che considero uno dei film più grandiosi di tutti i tempi, ovvero Gli spietati (Unforgiven).

Chiariamoci, sono abbastanza di parte. Ho scritto un libricino intitolato Ghiaccio arcano di romantici occhi, che ha venduto otto copie perché le persone sono fintamente buone ma più spesso, soprattutto, brutte e cattive. Ah ah.

Ma in particolar modo, qualche anno fa, ho inaugurato una saga letteraria che va dal Cavaliere di Alcatraz a quello di Madrid. E in quest’ultimo la copertina è eastwoodiana al mille per mille, con tanto di Clint che cammina per un vicolo buio. Via da me i gatti neri. Sì, sono un Joker che caccia il malocchio col potere iridescente delle mie iridi cupe. In quanto uomo notturno che però non è mai stato a Castel Volturno. E che forse, nonostante sia stato molte volte tordo, tornò, è tornato come il revenant Eastwood, William Munny de Gli spietati.

Sì, basta con un’esistenza appartata e taciturna. Parliamo, mostriamoci, mostriamovi la mia analisi di Unforgiven.

Partiamo ovviamente con la messa in scena. Da non confondere mai con la messa in cena. Quella è stata l’ultima predica di Cristo prima di scatenare il cristianesimo e di conseguenza tutte le successive messe.

Di mio, spero di non essere mai messo… sulla croce. E nemmeno in una certa posizione a pecora.

Ecco invece la mia ideologica posizione sulla messinscena. Una posizione non a novanta ma credo a 360 gradi.

Eastwood, nei titoli di coda, ringrazia i suoi maestri Sergio Leone e Don Siegel. Ma Eastwood ha sempre saputo di essere un regista la cui poetica cinematografica è unica, indissolubile, inconfondibile.

Ne Gli Spietati non abbiamo retoriche leoniane né iperboli stilistiche da Siegel.

Eastwood non è Scorsese, non adotta cioè molti dolly, carrellate interminabili e zoomate, né in colonna sonora è postmodernista. Questo è western purissimo. Classico al top. E non al pop.

Eastwood non è Kubrick, è altrettanto geometrico e freddo nelle inquadrature ma al contempo sa infondervi spasmodica armonia romantica nella sua glacialità visiva e secchissima.

Si passa dai grandangoli del pestaggio di Bill Daggett ai danni di Bob l’inglese a primi piani fermissimi sui volti dei protagonisti. Eastwood ama gli spazi (s)confinati, il crepuscolarismo e assistiamo a scene ambientate a mezzogiorni di fuoco ad altre immerse nella notte più livida, profonda e tempestosa.

La messa in scena di Eastwood è magistrale, è come se avesse girato un noir, un semi-poliziesco in mezzo ai saloon, alle bettole da prostitute, alle stelle di latta di sceriffi stronzi.

Non ha bisogno di grossi effetti, è appunto millimetricamente spietato nell’uso sapiente della macchina da presa. Che c’è ma è come se non la vedessimo. Al che inquadra lui e Anna Levine vicini a un casolare come fosse un 70mm e invece è normalissimo Panavision 35. Che occhio di lince, che aquila!

Ciò andrebbe detto a Tarantino. Il cui The Hateful Eight mal tollero.

Una messa in scena prospettica che espande la focalità del campo ristretto d’azione e si dilata nei dettagli di una natura libera e selvaggia.

Prima abbiamo appunto la natura brulla ma selvatica del West e quindi negli ultimi dieci minuti ecco che veniamo soffocati claustrofobicamente nel covo di Big Whiskey. Come fosse un horror kammerspiel, addirittura!

Quindi, la ballata scritta dallo stesso Eastwood che, come nell’incipit, sigilla cimiteriale la fine di un’epoca e la fine di questa storia arrabbiata e cinica.

Eastwood è come se avesse scattato qui un dipinto in movimento a tramonto tombale del suo antieroe.

Messa in scena, dunque, 10 e lode.

 

Personaggi: è un film invero con due personaggi base, il William Munny di Eastwood e il memorabile Bill Daggett di Hackman, premiato giustamente con l’Oscar.

Ma altrettanto importanti e affatto secondarie sono le figure di Ned (Morgan Freeman), di English Bob (Richard Harris), perfino della prostituta interpretata dalla “sfregiata” Anna Levine.

Partiamo innanzitutto da William Munny.

Munny è un pistolero figlio di puttana che, dopo essersi sposato, ha voluto dimenticare il suo passato mostruoso. Perché era uno scellerato uomo senz’alcun scrupolo morale che ha ucciso donne e bambini.

E si è ritirato nella sua casetta in campagna coi due figli piccoli, ove fa ora l’allevatore di maiali.

Munny è un diavolo, un fantasma con la sua precisa etica da samurai.

Appena Kid gli propone di dar la caccia ai due uomini, Munny, allettato dall’idea di poter fare soldi per garantire un miglior futuro ai suoi pargoletti, che vuole preservare dal male del mondo, che lui conosce benissimo e del quale è stato schiavo, ritorna pian piano a ridiventare l’animale che aveva sepolto nella sua coscienza. Non si scappa mai dal proprio infimo passato e Munny, purtroppo, n’è perfettamente cosciente.

Al che, una donna gli dice che il suo amico Ned è stato macellato da Bill. Lui accoglie la notizia senza far una piega, al massimo corruccia la fronte e il suo sguardo s’indurisce all’improvviso. Ma dentro di lui ribolle il ribelle Munny dei suoi ripudiati anni giovanili e si vendicherà biblicamente.

Voto: 10.

Bill Daggett. Un attimo, per favore. Gene Hackman, pur essendo coetaneo di Eastwood, pur avendo già interpretato molti film, più o meno celebri, prima del suo Oscar per Il braccio violento della legge, ha ottenuto davvero popolare successo soltanto negli anni settanta. Ma a differenza di attori, un po’ più giovani di lui, esplosi in quel periodo, vedi Pacino e De Niro (fra l’altro, gli unici due della loro generazione a non aver mai interpretato un western), Hackman non è mai stato figlio del Metodo. Al contrario di Al e Bob, che son divenuti i personaggi che hanno interpretato, Hackman è sempre stato Hackman. Come disse un critico americano, del quale mi perdonerete se adesso non ricordo il nome, non è mai Hackman a trasfondersi nel personaggio da lui incarnato. È semmai l’inverso. È il personaggio che si adatta ad Hackman e Hackman, anche quando interpreta parti assai diverse fra loro, rimane sempre Hackman.

Bill Daggett non fa eccezione. Daggett diventa Gene Hackman. Con la sua celeberrima risatina sadica e strafottente, i suoi modi burberi e maneschi, la sua posa tronfia e cafona. Uno che è difficile fregare con le chiacchiere.

Hackman è sempre stato grande. Bill Daggett è un grande personaggio e in questo film Hackman sembra più grande di quello che è invero anche in film brutti come Boxe.

Voto dunque al personaggio ma di conseguenza ad Hackman che ne fa un suo personaggio: 9.

Ned: Morgan Freeman è uno che ha girato tre film con Eastwood. Questo Gli spietati, Million Dollar Baby e Invictus nei panni di Nelson Mandela. Per Million Dollar Baby si è beccato l’Oscar, per Invictus ci è andato vicinissimo.

Ecco, basterebbero questi soli tre personaggi per considerare Freeman un grandissimo. Ho detto tutto.

Ned è un poveraccio, uno che si crede chissà chi e invece si lascia massacrare come una femminuccia.

Uno che dà consigli di vita a Kid, che lui prende sempre per il culo, è uno che sbeffeggia bonariamente Munny ma che non ha fatto i conti mai davvero con la pura cattiveria di questo nostro mondo merdoso.

Sì, in mezzo a questa pura cattiveria, Ned è un puro. Nonostante l’apparenza da duro. Altro personaggio indimenticabile.

Voto: 8.

Bob l’inglese. Altra presenza impossibile da dimenticare. Richard Harris era già molto vecchio, qui. Incanutito a dismisura, grinzoso, coi capelli sfibratissimi. Eppure titanico nonostante compaia una ventina di minuti e basta. Lui è il baro della morte, anzi, il barone della morte. Uno che millanta di essere stato e di essere ancora, nonostante l’età, il bounty killer più veloce del West, e forse ciò era ed è pure vero, ma Daggett lo sputtana di brutto e lo tratta da pagliaccio cretino. Lo smonta in pochi secondi.

E, con la coda fra le gambe, Bob, spogliato di tutto, rimedia una figura da fesso colossale. Povero Bob.

Che classe, Richard Harris.

Voto: 8.

Anna Levine la prostituta: bella, bellissima, una che svolge il mestiere più antico del mondo e il più “sporco”. Eppure, dal suo viso, sfregiato, più che dalle cicatrici, dal dolore della sua anima infranta, traspare l’angelica rinomanza di una donna volitiva, in cerca di giustizia. Che dolcezza. Io me la sposerei.

Anche in questo caso, gli (riferito al personaggio), le (riferito a lei) diamo voto molto alto, 7 e mezzo.

E sarebbe bello, semmai facendo rivivere il defunto Harris con la computer graphics, un sequel de Gli spietati, con Eastwood, Harris e la Levine diventata donna matura, con Eastwood oramai novantenne che accende il fuoco, Harris che si pettina i pochi capelli allo specchio e la Levine che prepara i tortellini, sì, loro sono gli unici sopravvissuti nella pellicola. Sarebbe altrettanto stupendo un prequel in cui si racconta la vita dello sceriffo-carpentiere Daggett prima della sua ascesa, appunto, a sceriffo. Che cazzo faceva quando aveva quindici anni? Sì, Bill Daggett scopriamo che in realtà è Biff Tannen della trilogia Ritorno al futuro e legge l’almanacco delle scommesse sulle corse dei cavalli, fa soldi con quest’imbroglio, al che si candida, visto il potere pecuniario acquisito, come sceriffo di Big Whiskey. La gente è terrorizzata. Messa in soggezione da quest’uomo potentissimo e pieno di money, lo elegge appunto capo della cittadina. Arriva in città anche Michael J. Fox di Ritorno al futuro 3 e si presenta come Clint, Clint Eastwood. Al che Bill, non Biff, pensa: ma quanti cazzo di Eastwood vogliono farmi il culo?

Meglio. Questo Eastwood mi ha fatto vincere l’Oscar, battendo Al Pacino di Americani, in Potere assoluto invece ho interpretato la parte sognata da ogni americano: quella del Presidente degli Stati Uniti che non fa un cazzo da mattina a sera, eccetto raccontare stronzate e frottole alla gente, e si tromba pure una gnocca della madonna.

 

Coinvolgimento… un film che dura quasi due ore ed è come se durasse invece 10 min. Ipnotico, senza un attimo di tregua. Che semmai ti scappa, mentre lo stai vedendo, di andare a pisciare ma ti fai scoppiare la vescica perché non puoi interromperne la magia che t’ha avvolto.

Uno dei film più appassionanti di sempre.

Voto: 11.

 

Morale: Eastwood non è mai retorico. E la morale de Gli spietati è quella secondo la quale, invero, il mondo non ha morale. Il mondo è amorale. Così fu, così è, così sarà. E così sia scritto. Amen.

Munny, così come tutti gli altri, è una merda d’uomo, non certo uno stinco di santo. Sebbene sia romanticissimo e non vuole tradire sua moglie con qualche “anticipo”.

Daggett è un porco, Bob l’inglese un bugiardo azzimato, Ned un coglione mezzo maniaco sessuale. Ah ah, sì, lo è. Fa battutine sconce, senza sconti e gl’interessa sapere se il suo amico Munny, dopo la morte della moglie, si fa le seghe o va a puttane.

La morale è che gli eroi non esistono, non sono mai esistiti, non esiste bianco o nero, siamo tutti, chi più chi meno, dei falliti, dei luridi vermi. Siamo tutti fregati!

Voto: 9 e mezzo.

 

Epicità: stesso discorso di prima. Gli spietati è uno dei film più epici della storia proprio per il fatto che di epico in questa pellicola non c’è nulla. Anche il finale vendicativo non appartiene all’epica, alla leggendarietà, bensì alla funeraria dissoluzione di ogni finto sogno americano.

Un film epicissimo. Superlativo, in ogni senso, assoluto.

Voto: 10 -. Il meno sta ironicamente a significare che è il massimo dell’epicità nonostante in quanto a epica non siamo proprio al massimo. Anzi, siamo allo zero assoluto.

Epicità super più di lineetta “negativa”. Ah ah.

 

E questo è quanto.

Adesso, scusate, anche il Joker deve mangiare fagioli…

 

di Stefano Falotico

La gente mi chiede perché mi prenda per il culo da solo. Non è prendersi per il culo, si chiama autoironia, forse


04 Feb
Jerry Lewis 1955

Jerry Lewis
1955

Sì, sono da tempo immemorabile specializzato nelle prese per il culo poiché amo mangiare un panino al bar con del prosciutto mentre osservo il grigiore dei commendatori che, al mattino, già si avvia mortifero verso una vita di lavoro per me superfluo. Sentire lo sgranocchio dell’affettato nelle mie papille gustative mentre, con occhio denso di disillusione, ingoio un altro boccone amaro, pago il conto, esco senza dare nell’occhio e sfilo nel vento, con la brezza lieta che accarezza la mia alopecia androgenetica.

Un momento palpitante, impagabile. Da vero uomo che, al primo tintinnare del giorno, già sa che sarà un’altra giornata di merda.

Sì, rincaserò dopo aver la lauta colazione trangugiato e mediterò su voi, ragazzi bocciati oramai irrecuperabili che annaspate in un mare schizofrenico di deliri sconclusionati.

Abbiate fiducia, la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni, si dice. Le vostre furono nefaste, dunque vi si spalancherà il paradiso e godrete della vostra scarsa volontà in pace e santità. Ah ah.

Ieri, una ragazza mi ha chiesto se ho mai fatto l’amore al cinema.

Le ho risposto lapidariamente:

– Mah, non ho mai fatto l’amore, più che altro.

– Mi stai prendendo per il culo?

– Sì, mi pare plateale la presa per il culo.

– Tu sei pazzo.

– Solo a giorni alterni, dipende dall’interlocutore. Tu sei una che mi fa impazzire, sai? Vorresti condividere questa pazzia e sorseggiarmi sinché morte non ci separi?

– No, preferisco il vino.

– Mah, di mio la birra.

– Tu sei proprio scemo.

– Di tanto in tanto non fa male a nessuno. Vi è troppa serietà in questo mondo invero imbarbarito dall’empietà. Sii a me una donna di qualità e amerai, lo so, la mia quaglia salata di qua e di là. Zuccherala e renderemo la vita meno insipida. Lo so, di certe cose sei sapida e poco pia, ama il mio pulcino. Son canarino che fa pio pio.

 

Partì una sberla. Mi ferì sulla guancia.

E io, contento di questo vile sgarbo, dissi al medico che mi diede i punti…

– Bene, cucia male. Si deve vedere che sono un uomo che ha sofferto. Voglio che la cicatrice sia evidente.

Così la gente, vedendo il mio volto deturpato, penserà… sì, questo è un uomo sfregiato. Dunque possiamo dargli la pensione d’invalidità.

Ah ah.

Sono veramente un bel volpino. Peccato che non abbia i soldi per la pelliccia.

 

 

di Stefano Falotico

 

Il bisbetico indomabile: non reggo più l’alcol, ma continuo a bermi tutto


10 Nov

ilbisbeticodomato

 

Sì, l’altro giorno son stato dal mio psichiatra. Sì, che c’è di male? Tre volte l’anno vado da lui per dargli cento Euro a botta. Lui, nell’ora in cui parliamo dei film con Celentano, può comprarsi coi soldi miei e degli altri clienti una nuova villa nel Chianti. Nel frattempo, mi fa bere le sue rabbie da alcolizzato che dice di curare il mio fegato amaro.

Sì, ogni tre volte l’anno il mio psichiatra controlla che abbia imparato a moderarmi. Sì. è convinto che abbia troppa voglia di scopare e quindi, coi suoi lavaggi del cervello, fa sì che per un po’ il mio bucato sia più pulito.

Come ho letto oggi su lercio.it: uomo fa pace con sé stesso dopo dieci anni e ha ricominciato a masturbarsi.

Sì, il mio psichiatra vuole che mi riappacifichi col mondo e mi accheti in una visione più buddista. A forza di farmaci antidepressivi, mi è venuta una panza, appunto, da Buddha e sublimo ogni trombata che ricevo grazie alla forza compressa delle mie budella spappolate e condensatesi ancor di più in un piagnisteo strozzato molto ombelicale.

Il mio psichiatra attuale mi ha paragonato a Jerry Lewis. A suo avviso, un genio che fa il cretino per far ridere gli scemi. Quello di prima, uno psicologo rinomato di Modena, mi aveva invece paragonato a Jim Carrey. Compreso quello di Dark Crimes. Annamo bene… sì, in Dark Crimes, Carrey interpreta la parte di un uomo serissimo, meticoloso e composto che ritiene di avere un fiuto infallibile. Tant’è vero che si scopa quella depravata della Gainsbourg. Ma non aveva capito che lei lo coglionava e alla fine l’avrebbe pure avvelenato.

Sì, Carrey in quel film è veramente “sveglio”.

Io ho un rapporto spesso sin troppo normale con le donne. Come no?

Ad esempio, vi dico questa. Negli scorsi tre mesi, ho chattato inesauribilmente con una bella bionda. Sì, una gran donna. Ha solo venticinque anni e ama la De Filippi, ma a me non fregava un cazzo dei suoi discutibili gusti televisivi. Avevo notato, sin dapprincipio, le sue slanciate gambe, la forma tonica e molto soda del suo culo ciclopico e indubbiamente, con far marpione, avevo adocchiato immediatamente la sua propensione per gli sbaciucchiamenti.

Chattavamo soprattutto la sera quando lei, dopo una giornata da commessa alla Coop, amava ascoltare le mie stronzate. Devo confidarvi che platealmente ci provava. E mi riempiva di complimenti.

Al che, trascorsi questi novanta giorni di desiderio immane, io mi son spinto un po’ oltre il lecito.

– Ecco Mariella. Vorrei farti una domanda, arrivati a questo punto.

– Dimmi, caro.

– Si è capito che voglio leccarti la figa?

 

Dunque lei, sconvolta da questa sfacciata avance volgare, ha chiuso tutti i battenti e ha cominciato a ingiuriarmi pesantemente.

– Oramai sapevo tutto di te. Mi hai raccontato ogni tuo cazzo. Di quante volte l’hai preso nel culo in questa vita di merda e tutte le sberle che ti hanno dato. Ma sino a oggi non sapevo una cosa.

– Quale?

– Che sei un pervertito.

– Anche io sapevo tutto di te. Almeno, pensavo di sapere ogni cosa. Mi hai detto che, fra una chat e l’altra col sottoscritto, ti prendevi delle pause di mezz’ora per fare i pompini a quello che del banco dei salumi. Sì, l’ho accettato. Come ho accettato anche quando mi hai detto che uno dei clienti della Coop in cui lavori non paga mai e ti rilascia solo il Bancomat quando gli fai lo sconto nel retrobottega. Ecco, conoscevo queste tue turpitudini, ma non avrei mai pensato che tu fossi una suora.

– Senti, impotente! Non farmi la predica!

 

Ho detto tutto…

 

Sì, oramai da quindici anni a questa parte, bevo al massimo una birra condita di pizza capricciosa. E un gingerino mentre ballo rincoglionito per casa come Fred Astaire, fra un’isterica che vuole bermelo tutto e la tv accesa ove mi voglion dar a bere che Carlo d’Inghilterra è un uomo del popolo.

 

No, sono un essere anomalo. Di solito, alla mia età, sia gli uomini che le donne impazziscono per il vino.

Di mio, intrattengo Jimmy il Fenomeno, schiacciando l’uva nel dar spettacolo.

Non mi pagano per questi show, il piatto piange sempre di più ma tengo allegra la gente.

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di Stefano Falotico

La mia teoria sul Joker con Joaquin Phoenix, un monito contro questa società di clown


13 Oct

 Madison+Beer+outside+Delilah+Nightclub+West+YuIvXpeMj6tl

Be’, che si può dire di me? Sono un nichilista, un ribelle, un contestatore, l’elemento anomalo di una società impazzita sull’orlo del collasso nervoso che, per illudersi di mantenersi stabile, si rivolge sempre più a ciarlatani curatori dell’anima? Affinché perfetti estranei, soltanto parlando con voi per trenta minuti scarsi, soprattutto di comprendonio, addivengano a diagnosi lestofanti, bruciando ogni vostro potenziale e inscatolandolo in reparti geriatrico-pedagogici di asservimento delle vostre coscienze, castrate, svigorite e svuotate, avviandovi a oscene riabilitazioni protese a un falso e fatuo perbenismo ipocrita? Affinché possiate, dietro maschere di finta rispettabilità e adempimento a un ordine costituito fallace, coprirvi di dignità farisee, bugiarde, improntate soltanto a uniformarvi a precetti istruttivi laidamente viscidi per assoggettarvi indeboliti e smembrati della vostra vivaddio autenticità ruspante, appunto, a questa società volgare, materialista, edonistica?

Sì, il Joker è un tipo da manicomio e certamente Phoenix, che è stato lo squilibrato protagonista di The Master, mi pare davvero la faccia giusta, tormentata e laconica, malinconica e sciupata da “bad boy” adatto, disadattato, per incarnare un personaggio i cui crismi esistenziali risiedono proprio nel suo esistenzialismo. Nella sartriana sua nausea rispetto a un mondo che, violento, l’ha respinto, declassato, umiliato, e dunque anestetizzato, frenandolo quando poteva enuclearsi in maniera vivamente vivace e attiva, vorace, serena e armoniosa. Un mondo che ha spezzato con furia cattivissima le sue armonie. Le sue ambizioni da simpatico e giocoso uomo col sorriso sulla bocca. Sì, un comedian vilipeso, strozzato, deriso, coperto dei peggiori insulti e messo alla gogna dalla televisione, dal sistema mediatico ove, se non sai vendere ed esporre la tua merce, contrabbandando la purezza della tua anima e dunque corrompendola al comune, chiassoso, esibizionista volgo ignorantissimo, vieni appunto emarginato, schivato e soprattutto schifato. Perdendo ogni entusiasmo vitale, inaridendoti e trasformandoti in uno sbeffeggiante, sardonico mostro cinico. Oramai dissociato da ogni sistema di valori, quindi disvalori, futili, frivolissimi, tesi soltanto a robotizzare il tuo cuore per omologarlo a una menzognera compiacenza verso la massa che pretende che tu sia, noi siamo delle macchine a modo, compostamente inappuntabili, schiavi di un lavoretto che, in cuor nostro, nell’intimità della nostra veridicità, ripudiamo, rinneghiamo ma facciamo di tutto per mantenere perché con la creatività e l’arte non si mangia, perciò dobbiamo, volenti o nolenti, attenerci a dei parametri basici di “costituzionalità sana e robusta” che non possa arrecar fastidio alla società.

Che orrenda bugia!

Io amo più di me stesso Taxi Driver, la storia di un fantasma che vaga nella notte, soprattutto dei suoi tormenti e delle sue angosce, aspira, capta, inala un attimo illusorio, chimerico di vanità ma poi, per troppa integrità morale verso la sua natura innatamente dannata, non sa mentire a quella donna. E le dice schiettamente che non ama le romanticherie imbecilli ma gli piacciono di più i porno ben fatti, ché almeno sono sinceri nel loro nudo squallore carnale. Sì, Travis Bickle è talmente metafisico, talmente bergmaniano nel suo disagio, da essersi involontariamente elevato a messianico angelo devastante. E, guardandosi allo specchio, non sa raccontarsi frottole, non sa auto-ingannarsi, a differenza della maggior parte delle persone, e sa che la salvazione, l’unica possibile, dalla sua lucida follia, è diventare matto davvero. In un’apoteosi esplosiva di tutto il marcio, di tutta le merda che ha sopportato e ingerito per tempo immemorabile. Dando un senso alla sua esistenza da invisibile nello sbottare in maniera platealmente furibonda.

Rupert Pupkin, invece, di Re per una notte… chi è? Uno che, sempre in cuor suo, sa di essere un fallito, angariato da una madre che lo schiavizza e nanizza per complesso di Edipo in una stanza dei sogni ove, libero da sguardi indiscreti, è realmente-virtualmente sé stesso, immaginando una platea, appunto, che gli tributi quei minuti di celebrità a cui ha sempre anelato e che tutti gli hanno perennemente negato con acidità, con quell’aplomb ipocrita, altezzoso e affettato da Jerry Lewis stronzo. Perché Jerry è arrivato, a lui interessa soltanto di continuare ad avere successo e fregare la gente con le sue bambinesche battutine. Non può e non vuole aiutare nessuno. Può aiutare qualcuno soltanto se quel qualcuno può garantirgli ancora maggiore notorietà. Se dietro quel talento, ancora non rivelatosi, può individuare, in maniera egoisticamente profittatrice, un utile al suo “di(v)o”. Ed è per questo che se ne frega di Rupert. Perché Rupert è troppo strampalato per poter piacere alla gente che si beve tutto e poi va a consolarsi da qualche psicologo della mutua, il quale poi, pigliandola pel culo, beccandosi la parcellona, rifila a essa “al bisogno” caramelline e zuccherini per lusingarla, abbagliarla con questa scemenza della psicologia. Delle patologie, con questa immonda mistificazione della verità.

Sei depresso? No, non lo sei. Lo sei perché ti sei contornato di gente che non ti ha mai voluto bene. Ma bene davvero. Che usciva con te per un interesse. Ma quando l’interesse è sparito… ha violato ogni patto d’amicizia, tempestandoti d’insulti raccapriccianti. Deprimendoti, appunto, mortificando la tua beltà, la tua bella o brutta unicità di essere umano per sconfortanti persino con poderosi, minacciosi attacchi alla tua sessualità.

Perché, in questa società, puoi essere anche un genio, un man on the moon, ma conta sempre l’apparenza, contano i soldi, inevitabilmente la potenza sessuale che sai offrire agli occhi degli altri. Solo così qualcuno ti caga, ti ama, ti adora, ti eleva in gloria.

Solo così puoi divenire un pagliaccio accettato, una pornoattrice offesa e al contempo idolatrata nella segretezza delle vostre ipocrisie. Ché tutti, moralisti del cazzo, sputate in faccia alle puttane ma poi ve ne masturbate di brutto. E semmai sognate pure di metterle a pecora!

Io non credo né al comunismo e neppure al fascismo. Con le ideologie pesanti, con le prese di posizioni radicali ed estremistiche, si generano mostri. Si crea la pazzia. Si crea il fondamentalismo, si partoriscono divisioni, lotte di classe e individuali.

Si dà vita a una società di zombi.

 

Parola del Signore. Rendiamo grazie a Cristo.

Sempre sia lodato.

 

 

di Stefano Falotico

Il professore matto: perché essere Zichichi quando si può essere simpatici come Jerry Lewis, spiritosi come Eddie Murphy e sexy come Buddy Love?


15 Jun

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Sì, ho un piacevole ricordo di questa scanzonata commedia con Eddie Murphy, attore che io ho definito bollito… Rinverrete lo scritto a tal proposito sul net. Eddie mi faceva morire dal ridere!

Ora, forse un giorno mi laureerò. Io soffro del cosiddetto coitus interruptus in termini istituzionalmente formalizzanti il sapere. Ecco che, spronato dalla mia innata carica travolgente, mi lancio e poi mi blocco, svicolo per altre vie, perché reputo tempo perso attestare il mio scibile. Lo scibile è una cosa diversa dalla cultura comunemente intesa. Per cultura, soprattutto nel nostro Paese di trogloditi e arretrati, s’intende la laurea, il basamento indottamente nozionistico invero assai distorsivo e fallace che comprovi un grado superiore di conoscenza. La laurea, mi spiace ripetermi, non sapete quanto mi dolga sottolinearlo per l’ennesima volta, certifica e parcellizza settorialmente una conoscenza in un certo campo, ma non rappresenta affatto un’autenticazione sincera e reale del nostro universale livello cognitivo-istruttivo. È semplicemente un attestato di “stima” formale in una determinata “materia” ma non so fin a che punto formativo. Soprattutto umanamente. Anche in materia della materia stessa.

Conosco tante stronze insegnanti di Lettere che conoscono a memoria, a menadito come si suol dire, i poeti ermetici e non hanno mai letto Cormac McCarthy, oppure laureati al DAMS che scambiano De Niro per al Pacino… Ah sì, De Niro, grandissimo in Scarface. Ah sì, Pacino, magnifico in Quei bravi ragazzi.

Ci sono tanti ingegneri che, ad esempio, non sanno cosa sia il fuorigioco nel Calcio, ma ancora peggio non sanno che le mogli li tradiscono con dei costruttori abusivi. E abusano del sovrastimarsi, perdendo di vista l’architettura della propria anima, smarriti in vite piccolo borghesi in cui inculcheranno ai figli un’educazione falsamente perbenista da “geometri” di piani regolatori falsi che non stanno in piedi.

Scollati dalla realtà, costruiscono case squadrate, ma non metton su mattoni alla bellezza e al loro cuore. Senza mattoni puri si diventa matti… e poi ci s’arrabbia come infoiati se qualcuno all’incrocio non ha rispettato la precedenza.

Ci sono tante scienziate che, credendo fermamente che la Scienza abbia le risposte a tutto, non credono che la figlia si sia svegliata dal coma nella quale era cascata, insomma, confutano il palese miracolo e pensano che ci sia dietro questo risveglio una spiegazione razionale, dimostrabile a tesi…, cosicché, anziché rallegrarsi per il sopraggiunto prodigio della natura, paradossalmente s’intristiscono perché la loro laurea in Biologia non fornisce loro delucidazioni in merito. Allora, da esseri non più razionalmente scientifici, si affidano alla fede, e vanno a pregare un Dio solipsistico perché ha ridonato la vita alla figlia, data per cerebralmente morta da altri “dottoroni” inconfutabili, dimenticandosi che son sempre stati atei/e e in passato hanno permanentemente inveito contro quei poveri cristi “crocefissi” ai semafori.

Sì, la vita è un totale inganno. Molta gente ancora crede che se ha sentito una notizia in tivù… quella è la verità. L’ha detto quello del telegiornale per cui paghiamo il Canone. No, non può mentirci, non può essere stato superficiale, se ha detto così dev’essere così.

Al che, che ne so, un ragazzo si sente depresso, scarsamente voglioso di vivere.

Vai dallo psicologo, gli suggeriscono di rivolgersi a un “esperto”… così quel capoccione ti dirà di che soffri. Ha studiato la “testa”, testone!. Questa è bellissima. Un perfetto estraneo che non sa un cazzo delle nostre emozioni e del nostro vissuto in mezz’ora deve dirci, anzi, dirvi chi siete. Con tanto di diagnosi “accertata”, e prognosi riservata. E voi lo pagate pure!

Ad esempio, io sono uno che sa che il plurale di magnaccia è identico al singolare, non esiste in italiano magnacci o magnacce. Mannaggia. Mentre Triangolo delle Bermude, venendo da Bermuda Triangle, si può dire anche delle Bermuda, non viene considerato errore.

Secondo Mereghetti, La famiglia del professore matto è un film regressivo e petomane che mischia il banale con l’anale. Sì, e lui gioca di parole triviali per essere più triviale di C’era una volta in America che sempre lui, orrendamente, considera tale. Perché, come dice Morandini, a ragion veduta, è un film sull’analità e sulla golosità di bambini che diverranno uomini solo sul finire della loro vita. È questo il significato corretto del film.

Ora, io posso essere Jerry Lewis de Le folli notti… se le cose girano bene, anche i coglioni, divento Jerry Langford invece se qualcuno, come scrissi, mi ha tamponato e l’assicurazione mi dà solo 800 Euro su un danno che ne vale 5000 perché la “legge” dice che la macchina è del 2002 e quindi è un usato “invalido”. Da rottamare.

Ho detto tutto…

Statemi bene.

Eh sì, è tutta una squallida corsa “meritocratica” a premi. Puoi avere anche una grande anima ma nella società “moderna” conta l’efficienza e il grado potente della “forza” du’ caz!

Ah, guarda quello… ha le palle, maltratta gli handicappati e sfotte i vecchi, ma sa il “fatto suo”. Sì, potrebbe diventare il Presidente degli Stati Uniti, ha i requisiti “adatti” per governarci tutti quanti… e dirci chi siamo.

 

– Ah, e dire che ti facevo un tipo da Cinema di Bergman. Mai avrei immaginato che ti piacesse Il professore matto.

– Perché sei limitato.

– Non pensavo fossi così.

– Così come? Come una statuina? Pigliati questa scoreggina e pure questa scoreggiona!

Tu, essere sospettoso, volevi bruciarmi come fece Nerone, e invece a me piacciono tutte, bianchissime, cinesi e pure nerone, no, nerissime. Sarai tu il troione, e ora sei sbiancato.

Mi spiace, ho sbancato. Tu dividi il mondo in bianco e nero. Vai tu a ripulir la banca che io “ripulisco” Bianca di vero banchetto e poi “bianchetto”.

Ah ah.

 

© ABACA. DO NOT CREDIT. 19028-4. USA, 2000. Nutty Professor II: The Klumps, directed by Peter Segal. Eddie Murphy & Janet Jackson

© ABACA. DO NOT CREDIT. 19028-4. USA, 2000. Nutty Professor II: The Klumps, directed by Peter Segal. Eddie Murphy & Janet Jackson

 

di Stefano Falotico

In questa società televisiva e stupida, mi sento come Jerry Langford


10 Nov

tvre25

Spareggio per i mondiali, agli italiani ho sempre preferito le svedesi e alla tv di regime dar ai tamarri con le loro “gattine” un po’ di mangime a base di sale in zucca. Poi, la dovrebbero finire di far le zucchine ad Halloween con quelle micine…

Ah ah. Sì, l’Italia schiererà Zaza? Come sta Zazà? Pare che si sia infortunato. Boia. Ah no, mi son sbagliato, scusatemi, volevo dire Dove sta Zazà?, canzone del Cutolo.

Sì, per anni siamo stati ammorbati da questo ritornello con Arbore Renzo e la sua r moscia in tutti questi varietà. Varietà di che? Arbore, incarnazione dello spirito partenopeo più chiacchierone, quello che quando parla sembra abbia una pizzetta al pomodoro in bocca, aspettando fra una cazzata e l’altra di bere il caffettino.

Un uomo “liquoroso”.

Mah, controllo la sua età. Vabbe’, speriamo si sbrighi…

Poi, per anni, abbiamo avuto Baudo Pippo, uno che in verità si chiama Giuseppe Raimondo Vittorio Baudo. Questo “Pippo” è esemplificativo delle pippe con cui ha rincoglionito la gente, con la sua ignoranza camuffata da “informazione culturale”.

Ah, una cosa di cui mi spiaccio dell’odierna tv italiana è che le donne son adesso meno porche e di scosciate più parche. Ma i deficienti stanno sempre al parco… Rimpiango i tempi in cui “qualcosa” ringalluzzivo alla vista di quei centimetri chilometrici di epidermide rivestita da collant che davano di tacchi a spillo dei “tocchi” in più al mio “divertirmi” da tocc(at)o. Sono peccatucci per i quali non incolpatemi… voi, che avete una “sana” sessualità a base di litigi, urla in faccia, corna e che figliate non sapendo poi come educare alla bellezza i vostri innocenti pargoletti. Li indirizzate al trash, andando a buttare la spazzatura fra un Grande Fratello e le telefonate matte di vostra sorella.

Ah, adesso invece mi tocca veder queste donne, che donne “vere” erano, così pudiche, mascolinizzate in mise con tanto di giacca e cravatta. Sì, i tempi son cambiati, un tempo almeno c’era la verace scostumatezza che non si vergognava di profumarsi di puttanesca femminilità. Sì, bando alle ipocrisie, le donne si son volute indurire nei canoni non solo della Rai ma estetici-falsamente “etici” del pudore più falso, “igienico”, su su, è alla tentazione a cui devono “indurirlo”, no, volevo dire indurre.

In verità me ne frego…

In mio soccorso è “venuto”… anche lo psichiatra Morelli, uno che vien pagato per dire cose che io dico un minuto sì e uno no ma non ho ha la sua villa con piscina. Morelli ha sostenuto che non bisogna scandalizzarsi per le molestie sessuali. Secondo lui, dietro ogni donna si nasconde una prostituta che, pur di raggiungere il suo scopo, si fa… tranquillamente scopare.

Come dargli torto? Kemper, in Mindhunter, sostiene la stessa cosa. Dice che le donne hanno un “vuoto” da riempire, sono sempre insoddisfatte, e inventano strategie da “stagiste” per arrivare al “sodo”. Sì, non usa proprio queste parole, ma il “succo” è questo. Ah, succhiatrici…

Devo confessarvi questo. Son appena rincasato dopo il mio consueto giro al bar dopo pranzo. Al semaforo, mentre ero in macchina coi miei occhialetti, due sciocchine alla mia vista hanno “inforcato” le più cretine risatine, divorandomi in modo sfacciato come i mostri mangiano Sean Astin di Stranger Things. Sì, io incarno la quintessenza dello star sulle mie, e il sesso è quanto di più lontano dalla mia anima ci possa essere. Le donne se ne accorgono subito, son cos(c)e che (non) si sentono. E io gioco a far finta di niente, fra l’imbarazzato, l’imbranato e il mio “pesce” lesso. Ieri sera, comunque, ho magnato un branzino con delle patate… al forno ben rosolato nel mio dolce pancino.

Sì, sono un uomo spesso solo come Jerry Langford, uno che beveva al calar della notte con il cane della sua amarezza.

 

di Stefano Faloticolewis re per una notte

 

 

Un “irresistibile” seduttore, forse solo un provocatore, ma che attore


09 May

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Credo, a ragion veduta, che Jerry Lewis fosse un genio. E su questo non si discute, specie quando incarnò il suo Dr. Jerryll che di notte si trasformava in un “licantropo” dilettevole e “dovizioso” di “gelatina” verso il “gentil” sesso, sfog(gi)ando il suo machismo incontrastato…

Sì, ancora reminiscenti son certi miei discorsi “deficienti”, che porsi alle donne con inconsapevole “idiozia”. Ricevendo (mal)sani colpi alle palle e, quando mi andò meglio, dunque non “entrò”, delle “spallucce” irridenti il mio savoirfaire del cazzo.

Non me le ricordo tutte a memoria, molte, un’infinità corteggiai con incoscienza degna di un vero lupetto. E altrettante volte esse si “catapultarono” a me riempiendomi di “cioccolata calda”, così come furono (altret)tanti i capitomboli del mio “sciupa-maschio” molto nella “tomba” e poco tombeur. Evviva Tom Berenger, vero “duro” oramai andato a puttane.

Ma non perdiamoci nel mio “Platoon” seduttivo quanto la bomba atomica “sexy” della mia risata beffarda al caffè “nucleare” di esplosione ormonale non in “quelle” zuccherata…

 

– Donna, sono lontani i tempi in cui le mie tempie volevano appoggiarsi a te come in quella tua foto morbida col cuscino vellutato.

– Che vuoi dire, scemo?

– Straziami, accoccolandoti sciolta.

– Sei una merda. Basta!

– Succhia(mi), spossami ma non sposarmi.

– Maiale!

– Non è un male!

 

Ripen(s)o a tutte le mie conquiste oramai “scioltesi” nel cappuccino amaro di queste mie mattine già stanche.

Sì, “venni” molto di saccarosio ero(t)ico molti an(n)i fa, quando tutte mi si concedevano per via dei miei occhi neri e maculati nell’ambiguo tenebroso che sa il “fallo” suo. Esse capitombolavano nel mio cascamorto con facilità incredibile. Bastava che alzassi le sopracciglia e capivano al vol(t)o che ero un marpione di classe inestimabile. Mi spossai nei loro (di)letti ma giammai una, che fosse un(t)a, sposai. Perché, dopo averle accalappiate, le lasciavo soltanto in quel posto “acchiappate”. Ah, quante chiappe, mie (s)chiappone. Donne di ogni risma che “c(r)ol(l)avano” di fronte, anche “di dietro”, al mio carisma, tante care(zze) pronte a “slinguazzarmi” anche quando, invero, non molto curandomi, avevo i denti cariati. Sì, ero un pastore tedesco che se le faceva perfino, che “finezza”, “a garrese”, fra posizioni orizzontali e le vie decumane della città ai miei piedi, senza nessuna incinta. Ci “scopò”, no, scappò, miei scapoli, anche un incidente. Ma fu qualcosa d’accidentale, nonostante, dopo aver a lei sganciato la cintura…, sì, mi cinse e il “mio” non tanto si strinse, pur essendo di “pura” essenza fra le sue gambe cinto.
Dunque, mi sveglio e, dopo queste sveltine, so di essere Jim Carrey di Bugiardo bugiardo.

 

di Stefano Falotico

01470510

The Trust, Nicolas Cage Poster and Trailer


08 Mar

The-Trust-Movie-Poster-Nicolas-Cage-and-Elijah-Wood

Genius-Pop

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