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La maieutica di F. Frusciante e il suo accanimento, immotivato e troppo radicato nei confronti della nuova Critica e dei ragazzi esuberanti


22 Jun

frusciante

Ho assistito pressoché integralmente, lasciandomi emotivamente e sensibilmente coinvolgere in più punti, indubbiamente rimarchevoli e nient’affatto trascurabili, al video YouTube intitolato esattamente (NON) CRITICARE IL CINEMA:: LIVE SHOW :: feat. FEDERICO FRUSCIANTE.

Del quale subito, immantinente, oserei dire subitaneamente, essendo io sofista della Lingua italiana, ne obietto per l’appunto l’intestazione. Perché, infatti, dopo Cinema vi è uno spazio e poi ci troviamo due… :: Puntini di sospensione. Video trasmesso in live streaming non molto tempo fa, anzi recentissimamente, cioè in data 2 Giugno 2021. Video realizzato dai Licaoni Videoproduzioni che, nel giro di poche ore, ha ottenuto, ottenne, ah ah, la bellezza stimabile di ben 33.614 visualizzazioni. Destinate ad accrescersi spasmodicamente. Grandi numeroni, niente da dire e porgo dunque ai Licaoni gran complimentoni. Ospite di tale puntata suddetta, avvenuta all’inizio per l’appunto di tale Giugno dal clima precocemente torrido e afoso, dunque in questa condizione climatica italiana umidiccia e sudata, il solito esimio ed egregio uomo dai capelli tinti, naturali o dalla barba grigia, dalla parlata toscana non sempre forbita eppur forse, se non erudita, almeno schietta, verace e voracemente furbetta, vale a dire F. Frusciante, il quale deve molto del suo attuale successo agli stessi Licaoni, avendo lui pressoché esordito con loro da youtuber adesso ottenente tanti iscritti e migliaia di soldoni, no, di pecoroni che pendono inappellabilmente dai suoi labbroni? No, Fede è uomo-omone gestore d’una videoteca che fa del suo folclore gran calore e clamore, chiamata Videodrome, oramai in tutta Italia divenuta molto famosa e, parimenti, lui stesso è oramai diventato incommensurabilmente ma soprattutto incontestabilmente, eh sì, guai a contraddirlo, l’imbattibile fenomeno del web della cinematografica Critica fai da te. Egli è al di là di ogni generazione! Secondo il motto chi fa da sé fa per tre. Eh eh. Fede forse non ci appare, sempre e impeccabilmente, come un lord inglese da ora del tè (a differenza della breve descrizione a piè di video sottostante) poiché, a differenza degli uomini inglesi cresciuti a Regina d’Inghilterra, ortodossia protestante, calma olimpica infrangibile e altamente inconfutabile, detta altresì in forma esterofila di matrice anglosassone, appunto, self control inappuntabile, denominabile anche come morigeratezza incriticabile e assai lodabile, ecco… poiché spesso perde la pazienza e si lascia, come si suol dire, prendendovi, no, prendere la mano… seguitelo! Apprendete! Egli è il Messia! Ah ah. Lui, livornese di origine controllata, fece una comparsata in Bomber con Bud Spencer mentre, in questo video, indossa un giubbotto di pelle ricordante quello di Ghost Rider. Insomma, Frusciante è un metallaro dalla forza carismatica impressionante, non veste il blazer e odia Nic Cage/Johnny Blaze. A dire di Fede, sono solo 7 8 i cinecomic degni di nota. Considera Joker di Todd Phillips una monnezza e, come tutti sanno, non manca occasione per stroncare a tamburo battente tutti i film di Michael Bay & Zack Snyder, senz’eccezione alcuna. A volte, non ama neanche tanto Christopher Nolan. In tutta fede, Fede è uomo di ampia cultura da autodidatta con la terza media, è l’uomo che non deve chiedere mai agli altri un consiglio di Cinema e/o Musica, in quanto convinto di possederne sempre la verità in tasca, è un assolutista dei più comunisti-nazifascisti contro chi non la pensa come lui, è figlio della Toscana legata ancora, retoricamente e in forma tristemente passatistico-nostalgica, a un’era oramai scomparsa da lotte di classe a mo’ di Novecento di Bertolucci od Elio Petri, è un opinionista inopinabile dall’ego disumano, è potente e indistruttibile uomo di sostanza o è, sostanzialmente, uno con la panza che vive in modo senziente e non da deficiente anche ogni stronzata che spara svergognatamente da uomo, qual è, graniticamente ruspante, irriverente, immotivatamente saccente e presuntuoso al limite del Seme della follia di John Carpenter? Poniamoci la domanda in merito alla sua megagalattica “ignoranza” spacciata per sapienza cinefila delle più immensamente sconsiderate, no, interroghiamoci a riguardo di tale uomo che fa della Critica pura la sua ragione di vivere principale ma non è mai autocritico né autoironico per quanto concerne, sì, riguarda almeno il suo taglio di capelli poco ameno da Wes Studi de L’ultimo dei Mohicani di Michael Mann. Dopo questa, me mena… mi menerà ma quanto se la mena.

Secondo Frusciante, Daniel Day-Lewis è il più grande attore vivente e, sempre a suo avviso, gli attori non valgono un cazzo poiché è il regista quello che conta. E, senza Michael Mann dietro la macchina da presa, Tom Cruise non avrebbe mai recitato benissimo in Collateral.  Ok, boomer… Espressione, quest’ultima, che lui, non a torto comunque, critica… in modo sacrosanto. Ma, dall’alto di quale presunta superiorità deduttiva, costui fa della supponenza, della sua convinzione di essere il più intelligente in materia della Settima Arte più pregiata, la sua fiera ragione dogmatica del suo Credo inappellabile, Credo anche dei suoi seguaci irriducibili tenuto a immutabile FEDE, secondo il quale ammette di non aver mai capito nulla di Lirica ma di possedere un’innata e inaudita sensibilità per l’appunto divinatorio-artistica di natura cinematografico-esegetica-musicale profetica e lungimirante da Frusciante il più grande, unica e al di sopra della media generale? Egli detta legge ma non vuol essere un caporale, odia pure il capitalismo e non è un edonista. Odia Hitler, disprezza Salvini e urla che il Dams non serve a nulla se uno si laurei senza mai aver visto un film di Fritz Lang. Perché mai lui pensa che, ad esempio, Scorsese abbia girato Taxi Driver soltanto dopo aver guardato tutti i film del mondo?  Si stupisce anche che uno che si dichiari regista non conosca Arthur Penn, eppur partecipò a un cortometraggio di Daniele Misischia, director di The End? L’inferno fuori, prossimamente de Il mostro della cripta, quando Misischia non aveva, dati alla mano su Facebook, ancora Casinò… visto. Certo che Misischia, da me stesso contestato in passato in forma puramente goliardica e non cattiva, è un regista. Checché se ne dica. Ma ancora tanti importanti film non ha visto né forse vedrà. Si cresce, d’altra parte, s’involve e poi ci si evolve, si sbaglia e s’impara, questa è la vita. D’altronde, prima Frusciante dichiara, con orgoglio imbarazzante, di non voler prendere lezioni di Cinema da nessuno, in quanto, eh, si capisce… lui ne capisce ma gli altri no, eh sì, poi sostiene che a vent’anni non si può capirne, altresì asserendo che lui, a circa dieci anni d’età, aveva già compreso Peter Greenaway. Cazzo! Dunque, un’altra domanda sorge spontanea. È Frusciante il Dalai Lama di Kundun? Sì, egli è un illuminato piccolo Buddha bertolucciano-scorsesiano irrinunciabile ma, purtroppo, sebbene io ami tantissimo il nostro Scorsese venerato e già succitato, Silence non è un capolavoro esagerato. Semplicemente, trattasi, d’un ottimo film esteticamente molto affascinante, però sbilanciato, troppo studiato, troppo calcolato, troppo poco arrabbiato. È l’opera di uno Scorsese nemmeno più spiritualmente combattuto, bensì troppo appagato. Quindi, sa mio Frusciante che, a prescindere dai nostri accesi diverbi e incresciosi litigi, la stimo. Ma, per cortesia, lasci stare la borghesia e permetta che ogni generazione cresca pur sbagliando.  Così sia. Poiché, lo so, lei ne ha passate tante, caro Frusciante. Ma mi appare datato, ben lontano dai suoi tempi dorati, lei è adesso nell’anima arido e un po’ imbambolato. Anche un po’, sinceramente, frustrato. Lei ha già troppo vissuto, anche di suo interiore e virtuale vissuto in modo videodrome… leggermente di riflesso, introiettando troppo Enrico Ghezzi, “acculturandosi” di troppe teorie lette e date per assodate, giammai praticate, di troppe riviste e di troppo imbrodarsi infinito e autocratico, lei cita Craxi ma sta invecchiando spaventosamente da arrogante. Lei è Vittorio Sgarbi? Scusi, non voglio esserle sgarbato. Va rivisto. Seduta stante. Frusciante, mi dia retta, lei non ha nulla da dire? No, ci mancherebbe. Non ha niente da dimostrare. Viva! Cristo di dio! Il sottoscritto le porse, dal vivo, gli auguri di più immediata guarigione verso sua moglie. La quale, mi spiace veramente, che sia stata ammalata. Ricordi, Frusciante, la frase finale pronunciata da Nicole Kidman in Eyes Wide Shut. Ecco perché Kubrick è stato un genio. Inutile perdere tempo in spiegazioni rompicapo.  La vita e il Cinema, la Musica e la bellezza sono leggiadria e vanno vissuti con più soavità e armonia. Ah, evviva la poesia. Altrimenti, tutto diventa una patetica nostalgia, una sterile e controproducente, inappagante litania. Una precoce e preoccupante senilità mortifera. È un bravo ragazzo, Frusciante. La finisca però, per l’amor del cielo, anche se siamo sia io che lei atei, con le sue “meravigliose” monografie.  Usciamo tutti noi da un orrendo periodo nefasto e scuro cagionatoci dal Covid. Al che, un uomo, il quale parve già morto e sepolto, ovvero il Falotico, un bel giorno rispuntò e con questo libro fuori se ne saltò.  In effetti, devo dare ragione ai miei detrattori. Costoro, degli impostori, devono guidare il trattore e lasciare stare il Falò. Poiché, diciamocela, non c’è paragone.

 

bologna-audible

di Stefano Falotico

Ode a CLINT EASTWOOD, waiting for CRY MACHO, il prossimo 31 Maggio compirà 91 anni… al mio mulo non piace la gente che ride…


20 Feb

clint eastwood

eastwood eastwood pugno di dollari debito di sangue eastwood daniels

Sono in trepidazione, sono in attesa di qualcosa di febbricitante. Non credo di avere il Covid, forse sono asintomatico. Forse, sono soltanto psicosomatico. Di certo non sono un somaro.

Adoro The Mule. Non ho mai capito come si st(i)a al mondo. Neanche al monte. D’altronde, odio sia il mare che la montagna, anche i saggi che vorrebbero darti lezioni di vita. Vivono sul K2? È più alto l’Everest.

Chi stava sull’Everest? Gianni Agnelli? Oppure Anita Ekberg stava sopra di lui quando Gianni non faceva l’avvocato, neppure il direttore della Fiat? E che faceva, Gianni? La dolce vita?

Invece, Gianna di Rino Gaetano?

Siamo di nuovo in zona arancione. Mentre è morto Mauro Bellugi, famoso terzino dell’Inter dei glory days, uomo fallico, no, falloso come pochi. A Bologna sono rossoblù?

Bellugi che, negli ultimi anni, ammirò da vicino vallette scosciate e bone come Monica Bellucci nelle trasmissioni calcistiche ove codeste sgambettarono sugli sgabelli, esibendo minigonne mozzafiato da Alba Parietti dei tempi d’oro, cioè di Galagoal. Appena la vedevo, da puberale, sapevo già che lei stava ancora con Franco Oppini ma non poco velatamente amava, aspettando tutte le albe solari, il “centravanti di sfondamento” Speroni de L’allenatore nel pallone col grande Banfi Lino? No, a letto tifava calorosamente per Gianluca Vialli, “punta di diamante” non come Oscar Damiani né come Pascutti. Bomber della Sampdoria e della Nazionale italiana, anche del numero nove “mondiale”. Sì, Alba era amante d’un sampdoriano. Ora, se togliamo in quest’ultima parola, ovvero sampdoriano, le prime otto lettere, che cosa otteniamo? Bravi… Stava con Gianluca Vialli. E perché stava sullo sgabello come una dei viali?

Mah.

L’amante di Speroni, nel film succitato con Banfi, fu incarnata da Licinia Lentini. Lentini, quello del Torino? Licinia, donna molto bella, sexy quasi quanto Belli Cecilia, ex di Cassano, non lo psichiatra. Che alleviava ogni male oscuro e Saudade, cioè melanconia da Aristoteles, imboccando ogni uomo di Bari vecchia, sì, pugliese come Zagaria Pasquale, alias Lino, grazie al movimento basculante-pelvico del suo esagerato fondoschiena con tanto di bacino…

Licinia Lentini, la signora Bellugi del capolavoro di Dino Risi. Il sorpasso? No, Il commissario Lo gatto. Una gattona, miei cani che amate fare all’amore anche in posizioni (d)a gattoni. Siete proprio dei volponi. Torniamo a Mario. Chi, il bagnino? No, Mauro Bellugi. Quando l’Inter decadde, Mauro incitò la sua squadra a tirare fuori le palle.

Bellugi Mauro, difensore bravissimo, mastino insuperabile, tombeur de femmes paragonabile a Clint Eastwood. Un uomo con un naso da Bonimba, Roberto Boninsegna, il Mauro. Mentre il vostro nasino cresce. Non solo quello dinanzi a Anna Levine de Gli spietati. Soprattutto Anna dei miracoli? No, dei film, e non solo, venuti… dopo. Sperando nel frattempo che il 25 Aprile, giorno della Liberazione o compleanno di Al Pacino, saremo per l’appunto liberi da ogni dittatura sanitaria figlia del nuovo fascismo castrante, guardiamo un po’ più da vicino il signor Eastwood. Il quale, dopo una serie interminabile di fotoromanzi, dopo essersi mostrato in filetti, no, in filmetti da bel manzo, ottenne un ruolo di carne di prima scelta. No, fu scelto da Sergio Leone per… Per cosa? Per un pugno di dollari. Un attore e regista divino, mica un cane, appunto. Miei bambini.

– Prepara tre casse.

– … Forse non hai capito che non ci piace vedere bambocci in giro. Dov’è il tuo mulo? Te lo sei lasciato scappare?

– Ah sì, proprio di questo ero venuto a parlare. C’è rimasto male.

– Chi?

– Il mio mulo… se l’è presa per quei quattro colpi che gli avete sparato fra le zampe. E adesso non sente ragioni.

– Ehi, ci stai prendendo in giro?

– Uhm, no. Io ho capito subito che volevate scherzare ma lui, invece, si è offeso e ora pretende le vostre scuse.

– Ah ah ah. Ah ah ah.

– Fate molto male a ridere. Al mio mulo non piace la gente che ride. Ha subito l’impressione che si rida di lui…

Volevo dire quattro casse.

Il genio di Leone, degli sceneggiatori, la classe di Clint. Cazzo. E dire che, oggigiorno, dobbiamo sorbirci le minchiate di Christopher Nolan. Un asino, il Nolan. Ma a lavare la testa all’asino si perdono acqua e sapone. Vecchio detto meridionale delle parti dei miei genitori. Gente rustica, sapete. Gente non “educata” alla catto-borghesia filistea.

Ecco, io amo, ho detto amo, quando dico amo significa che amo Sergio Leone. Un tempo, pensavo che C’era una volta in America fosse un capolavoro esagerato. Invece, me ne rincresce. Non lo è affatto. No, non perché sia misogino. Così almeno sostiene Paolo Mereghetti, a torto. Può essere accusato di misoginia un film ove i protagonisti sono dei gangster, cioè dei “maschioni” cazzuti bravi solo a usare il grilletto…? Sì, ebbe ragione Tarantino a definire grande la prova di De Niro. Capace, in un solo tintinnare il capo e aggrottare morbidamente la fronte, di esprimere velocissimamente tutte le contraddizioni di un uomo da Cantico dei Cantici che amò così tanto Deborah da violentarla… che uomo! Ah ah.

C’era una volta in America, nel primo tempo, non se po’ vedde’. Onestamente, sembra una fiction con Sabrina Ferilli.  Sì, roba del tipo… Baciamo le mani – Palermo New York 1958 di Eros Puglielli! Oppure merda per casalinghe frust(r)ate del (sotto)genere melodramma famigliare semi-napoletano incrociato al burino all’amatriciana come L’amore strappato e La donna del vento firmati dall’inseparabile coppia-premiata ditta Ricky Tognazzi e Simona Izzo. A dirla tutta, non m’è mai piaciuta la Ferilli. Le preferisco ancora un piatto di fusilli. Non ho mai amato neanche Ugo Tognazzi. Il fratello di Rocky, no, Ricky, figlio di Ugo Fantozzi, no, Tognazzi, Gianmarco… non lo prendiamo neppure in considerazione. L’unica volta che ho sopportato Gianmarco è avvenuta quando è stato intervistato da Tiziana Panella. Sì, speravo che l’intervista non finisse mai. Tiziana, durante quella puntata di Tagadà, batté di burro, no, di brutto Alba Parietti. Comunque, Clint Eastwood non sarebbe mai andato con donne così. Sì, è sempre stato un bell’uomo, il Clint. Un marcantonio, un tipo sensualmente immarcabile. Un genio, a mio avviso. Capace di passare da film come Un mondo perfetto a un film romanticissimo, nel senso più sentimentale del termine, non che gli altri suoi non lo siano, come I ponti di Madison County. Ecco, se volete sapere che cosa sia l’amore, lasciate perdere le canzoni di Emma Marrone e di Alessandra Amoroso. Secondo me, dovreste lasciare anche le vostre “morose”. Sono delle donne di bassa sega, no, lega come la Ferilli. Sì, delle urlatrici. Vi tradiranno come Deborah/Jennifer Connelly/Elizabeth McGovern.

Se volete commuovervi dinanzi al grande Cinema, fatto con semplicità, con sentimenti veri, riguardate Million Dollar Baby. Se volete sapere come si menta dinanzi alle tragedie, rivedete lo sguardo finale di Sean Penn di Mystic River. Se volete sapere che cosa significhi avere i coglioni, amate Gran Torino. Se volete sapere come si ami una donna che sta morendo, riascoltate cosa dice Clint a Dianne Wiest in The Mule. Clint è un grande, sa scherzare e sdrammatizzare, è capace di girare immani drammi e film enormemente simpatici, è stato capace di farci piangere, di averci raccontato storie bellissime, è stato capace di essere il mio regista preferito in assoluto. Ed è l’unico uomo che indossò il poncho da giovane e a circa 91 anni senza cadere nel ridicolo. Perché Clint è retorico in modo sobrio, mai disturbante, sempre calibrato da 44 Magnum dell’ispettore Callaghan. Clint non è un reazionario, è semplicemente l’unico capace, assieme a Kevin Costner e a Michael Mann, di girare western magnifici. Non spargete comunque la voce in giro. Ne andrebbe della mia reputazione da “duro”. Io sono fan di Colin Farrell e di Miami Vice.

– Che cosa, Stefano? Ti piace Colin Farrell? Sei frocio?

– A te non piace Colin Farrell? – replico io a Gong Li.

 

Su questa freddura alla Clint, vi lascio. Anzi no. Sì, ho molti nemici. Sono indubbiamente molto cattivi e forti. Vediamo un po’, però. Guido la macchina meglio di Al Pacino di Heat, adoro i Linkin Park, sono come Will Smith di Alì, sono Daniel Day-Lewis de L’ultimo dei Mohicani, sono “solo come un cane”, freddo e spietato come Neil McCauley/De Niro, sono William Petersen di Manhunter. Insomma, a ogni Indio di Per qualche dollaro in più, appaio un povero “rincoglionito” come Lee Van Cleef. È facilissimo ammazzarmi… In effetti, ho il “cervello piccolo”, dovete sapere che ho 41 anni e la gente della mia età dice che sembro un bambino di 13 anni. Per forza, a forza di vedere solo film e non capirvi un cazzo, al massimo, come dice Pino Farinotti a proposito di C’era una volta il West, sono ragionieri in vena, in cerca di poesia.  Devo dirvi la verità, sono “distrutto”. Il mio miglior amico è Jeff Daniels di Debito di sangue. Insomma, per lui prevedo molte, molte patate? Ho detto patate?  Scusate, ho sbagliato. No, non lo ammazzerò. Sapete perché? Sembra il terrorista di 15:17 – Attacco al treno. Fa pena. Certo, anche questo film, da tutti sottovalutato, è un capolavoro. Nel treno c’erano un sacco di “grandi uomini”. Solo uno ha fatto una cosa del genere. Come dice il detto, quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. The 15:17 to Paris è come The Millionaire di Danny Boyle. Il presentatore gli aveva suggerito in bagno la risposta giusta. Tutti avrebbero scelto quella risposta. Sì, non ho mai dato retta a nessuno. Ho fatto le scelte sbagliate, ovviamente, che dite? Scusate, sulla Rai stasera danno il “programma culturale” COVID-19 – come far credere al mondo una stronzata del genere.

– Stefano, non scherzare. Il Covid esiste.

– Certo, non per me.

– E chi sei, tu? Tu sei immune dal Covid?

– Fino a prova contraria io non ce l’ho.

– Non fare lo scemo.

– Te l’ho detto, non è colpa mia se gli altri sono geneticamente inferiori.

 

Be’, Clint è anche cinico. In Unforgiven, Gene Hackman gli disse che fu un vigliacco a sparare a un uomo disarmato.

– Avrebbe dovuto armarsi.

 

BRAVO

di Stefano Falotico

UNFORGIVEN, Clint Eastwood, 1992, ©Warner Bros. Pictures

UNFORGIVEN, Clint Eastwood, 1992, ©Warner Bros. Pictures

allenatore nel pallone lentini

il commissario lo gatto lino banfi licinia lentini

penn mystic riverattacco al treno eastwood

Il Falò, l’unico uomo che riesce a essere sia Tom Cruise che Dustin Hoffman di Rain Man, vedere per (non) credere: – Adesso abbiamo pure Rapide di Mahmood e Ultimo con Tutto questo sei tu…


31 Jan

rain man dustin hoffman

EXCALIBUR, Nigel Terry, 1981, (c) Orion

EXCALIBUR, Nigel Terry, 1981, (c) Orion

ultimo dei mohicani

…mentre nei cinema impazza ancora Zalone con tutti i suoi servili zoticoni, povera Italia da Mino Reitano, meglio Daniele Pino e Gaetano Rino.

Basta col servilismo, anche coi fanatici di Toni Servillo. Meglio Totò. Sapeva che la serva serve! Ah ah.

Sì, l’Italia non cambierà mai. Povero anche me che m’illusi di poter cambiare. Ancora rigettandomi a capofitto nella mischia. Ma incontrai donne volgari che scambiano il muschio del presepio con quello della loro grotta di Betlemme ove l’uomo marpione, non tanto lemme lemme, penetra di soppiatto, ansimando come un asinello da vero bue, il toro nostrano che, falsamente, celebra da fake santino le donne angelicate come la Vergine Maria, recitando la parte da San Giuseppe castissimo quando in verità vi dico che ama Oro, incenso e birra di Zucchero. Ah ah.

L’uomo italicus è un repellente, gretto homo eroticus alla Lando Buzzanca. Appunto, un cavernicolo troglodita che cela le sue voglie sessualmente più primitive dietro un sorriso da Gesù bambino.

Oh, signur’, oh mio dio che blasfemia! No, è il Ver(b)o fariseo di questo Belpaese di Re Magi ove tutti si professano buoni, elargitori di doni ma, sinceramente, sono tutti troioni.

Meglio me, bella statuina del presepe come il dormiglione che sonnecchia, vive in dormiveglia e, con l’occhio vigile nei momenti più lucidi, vaglia e poi, alle limonate, preferisce essere una sogliola.

No, non sono razzista e salviniano, non ce l’ho con gli extracomunitari anche perché io stesso sono un Clandestino come Manu Chao. Sono un cane tenero e mansueto come il Chow-Chow e, a Bella Ciao, canzone ipocrita dei partigiani, preferisco il Partigiano Reggiano. Non mi piace più il Calcio, odio il cacio sui maccheroni e l’inglese maccheronico di quest’Italia ove tutti, dopo aver sfogliato solamente una volta il libro The Grammar You Need, sotto le loro foto su Instagram, avvalendosi del traduttore di Google, scrivono cose così…

Il testo in italiano è una simpatica filastrocca dedicata a chissà quale bramata gnocca:

Mi ami ma quanto mi ami? Ti amai, ti amo e ti amerò e sempre così sarà il mio amore per te, moretta, durevole in qualcosa di più che amorevole.

Tradotto con… Do you love me but how much do you love me? I loved you, I love you and I will love you and always will be my love for you, brunette, lasting in something more than loving.

Ora, il gioco di assonanze del testo in italiano, nella traduzione, va bruttamente a farsi fottere, moretta diventa brunette e forse il politico Brunetta, a differenza di quello che si possa credere, ha molto da spartire con Nanni Moretti.

Entrambi infatti sono degli esaltati e Vittorio Sgarbi, fra loro due apparentemente agli antipodi, da cui i poli opposti si attraggono, fa da paciere urlatore con Aldo Busi che se la sghignazza, celebrando il cazzo duro da anti-leghista che un tempo fu solo fancazzista s(i)curo.

No, non sono razzista e il cantante Mahmood mi sta simpatico. Sembra la versione giovanissima, non ancora incattivita di Wes Studi de L’ultimo dei Mohicani.

La sua canzone Rapide è bella, indubbiamente. Ma, in alcuni momenti, Mahmood carica troppo, esagera coi vocalizzi lamentosi, mugola più del dovuto. E sembra pure Madeleine Stowe che, sotto le cascate, lo prende in culo, alla(r)gata, dal macho Daniel Day-Lewis.

Comunque, Mahmood è promosso.

Quello che non promuoviamo affatto è invece Ultimo (nomen omen, eh eh) con la patetica Tutto questo sei tu.

Una lagna interminabile ove, nel videoclip, tale borghese col pullover, cazzo, gigioneggia fra le pareti domestiche di una casa arredata con Ikea da spot del Mulino Bianco assieme a una donna che certamente amerà Maria De Filippi e Il segreto.

Lei, fra un inzuppare la brioche al mattino e il maritino che non le bagna oramai più il maritozzo con la panna montata nella zona bollente da caffè macchiato caldo, di notte scrive su WhatsApp ai mille amanti raccattati su Facebook che, annoiati e insonni come tale mentecatta frust(r)ata, elemosinano figa matura per tirarsela… da duri fottuti e, diciamocela, completamente andati.

Veramente, di questo posto di leccaculo non ne possiamo più. Abbiamo sempre Caterina Balivo, la pseudo attrice Sara Ricci che, invero, è solo una mannequin dalle belle cosce, belle quasi quanto quelle di Tiziana Panella. Ah Sara, non quella di Pino Silvestre, no, non Tiziana, cioè Titti di Gatto Silvestro, no, quella del Daniele Pino, la Ricci, il naso arricciando e ancora scopando come una ciccia, no, riccia, sventolandola, si vanta di essere stata bombata dall’ex Tom Cruise di no’ a(l)tri, Convertini Beppe.

Di mio, imito Tom Cruise, uno dei primi fautori del cul(to) delle milf. Tant’è che stette con la regina delle super tette, Mimi Rogers.

Ma, a essere onesti, me ne fotto bellamente. E, fra poche ore, mi giungerà a casa il Blu-ray di Joker.

Quindi, vedete di non scassare il cazzo e lasciatemi fare il “matto” a briglia sciolta. Basta con questa retorica al miele e con questi cantanti da strapazzo. Evviva invece il grande Pino Daniele e ovviamente Rino! Canzoni, le loro, semplici, sincere, melodiose, struggenti, quietamente malinconiche, canzoni schiettamente poetiche. Canzoni nient’affatto da due lire, bensì liriche! Oniriche! In una parola, stupende.

Ricordate: quando Arthur Fleck comincia a ballare, è uno spettacolo impressionante.

Il 9 Febbraio, Joaquin Phoenix vincerà l’Oscar. Poiché, giustamente, vede Leo DiCaprio e gli dice:

– Sono più bravo io. Prenditi il ciuccio e ciucciamelo.

 

Che vi piaccia o no, è così. E, che vi piaccia o meno, voglio fare il piacione. Se volete tagliarmelo, vi castro subito. Sì, molta gente pensa che io sia più pazzo di Linda Hamilton di Terminator 2. Infatti, non fu pazza manco per il cazzo. Altri, credono che sia Linda Hunt.

Uomini alla Mastro Lindo, cioè come Schwarzenegger, pensano che io via vada, nel cervello piccolo, ripulito. Alcune donne invece pensano che, piacevolmente, farebbero il bagno con me in maniera sporca. Sì, oggi per radio sentii una che disse che Otello soffrì di gelosia e invidia. Invero, quello fu Iago.

Ah, Iago proprio, come si suol dire, non mi soffre e regge, quindi, geloso a morte, ora per l’appunto soffre non tanto in modo soffice. Iago, anche se tu torni in splendida forma, continua a mettere il dito nella piaga e ti contesta anche la piega del cavallo dei pantaloni poiché è come una cavalletta. Non gli va giù che stai su, sempre più su e soprattutto, anche sotto di lei, sempre più lì, tutto ove è lilla, e non gli va a geniuspop che possiedi un colorito roseo, che non sei calvo e superasti brillantemente ogni calvario, che forte ora potresti veramente spaccargli la faccia oppure perdonarlo e offrirgli pure una focaccia.

Ficcandogliela in bocca. Con tanto di Boccaccio, no, di boccacce. Insomma, questo Iago calunniò ma è oramai incontrovertibile e non velabile che abbia rimediato una storica figuraccia.

Dicasi, la mia, una strepitosa, imbattibile faccia da schiaffi. Ora a Iago porgiamo un fazzoletto e uno strofinaccio ma qui, orsù, vi lascio perché, dopo essere stato emarginato, ora sono rimarginato e, fottutamente, Iago è rimasto con un palmo di naso, detta come va detta, inculato.

Questo si chiama (s)fortunato, culo sfacciato.

In completa sincerità, la mia vita va e domani la mia sfiga finisce, domani riparte e sarà, impeccabilmente, una trombata, un’inchiappettata.

Gli amici ti tradiscono e te lo ficcano là metaforicamente. Sono peggio le donne. Donne poi… a me paiono semplicemente delle oche. Ah ah. Loro, in entrambi i fori, lasciano che colui che ti cornifica, eh sì, in maniera orale faccia sì che esse sprigionino tutta l’arte oratoria in grida ecumeniche. Sì, gridano come delle indemoniate, pure il Papa le sente. Ah ah.

Ora, in questo pube, no, in questo pub, lasciatemi mangiare il mio hamburger e condite voi con della salsa queste patate fritte, cioè queste ballerine d’avanspettacolo.

Di mio, sono Arthur Fleck, dunque Re Artù. E non vado più giù. Oramai estrassi la spada nella roccia

So che Ginevra, stanotte, userà l’Excalibur di Lancillotto.

Ma è una mignotta e sapete che vi dico? Meglio mangiarsi una pagnotta.83297234_10215594725324078_8588912853640019968_o 84458979_10215595416941368_7637463372920782848_o

di Stefano Falotico

 

vanilla sky

Separiamo le (di)stanze e tagliamo la testa a ogni critico del cazzo


16 Jul

ultimo dei mohicani

weinstein distanzeSì, sono profondamente innamorato di una ragazza.

Oramai l’avete compreso tutti. Spero che comprendiate questo mio slancio passionale da Daniel Day-Lewis de L’ultimo dei Mohicani. Lei è forse più bella di Madeleine Stowe.

Cioè praticamente è da manicomio. Lei non vi finirà, non è pazza di me. Non vi finirò nemmeno io, non sono pazzo, solo fottuto nel cervello. Ah ah.

Mi farà lo scalpo, scappellando un altro e rimarrò al solito scapolo. Grattandomi le scapole mentre lei si lascerà massaggiare il fondoschiena da una dura spatola, pettinandosi poi col gel di questa da lei mangiata piattola.

Mah, andiamo a pulire i piatti, suvvia.

Nonostante quest’ennesima inculata, non dovete più comprimermi, bensì spronarmi a urlare per lei tutto il mio urlo da Tarzan. Insisterò, non arrendendomi.

So che lei è stata, nel frattempo, con altri dieci uomini, quindi è una zoccola conclamata. Ma ci sta lo stesso?

Ah ah.

Afferrerò la macchina come una liana e, sognando di toglierle la maglietta di lana, anche se è estate e forse lei è in topless al mare con un macchinista, m’involerò in autostrada, fermandomi all’Autogrill ove sceglierò il regalo da donarle come pegno del mio amore romanticamente eterno. Immaginando, durante il viaggio, il suo corpo già pregno di eccitamento, sarò io stesso impregnato di sudore dovuto al surriscaldamento.

Forse, sarò sudato semplicemente perché ci sono quaranta gradi?

Sì, agli Autogrill esistono queste piccole librerie ove finiscono i romanzi peggiori, forse anche i miei. Dunque, oculatamente, dopo un’accuratissima scelta selettiva, capirò che aveva ragione Darwin.

Io sono un superuomo nietzschiano che non abbisogna di andare da una donna e regalarle un romanzo d’amore. Resiste l’uomo che, nonostante le botte pazzesche, non muore e non arrossisce a causa di una dolciastra bionda o mora che sia. Rossa è meglio. Più rossa è più significa che è già fritta e di te arrosto.

Sono un uomo durissimo che non scopa mai ma non viene comunque sbattuto a terra.

Una selezione naturale delle briciole.

Questi romanzetti rosa sono adatti alle donne frust(r)ate. Donne che compensano le loro carenze affettive, trasfigurandosi nelle eroine caldamente trasgressive della collana Harmony.

Con me, le donne sono armoniose, dunque ardentemente amorose senza che io mi prostituisca e mi abbassi a plichi da leccaculo.

Sì, ogni giorno ricevo su Facebook le loro poesie altissime:

che il giorno rigoglioso splenda nella tua anima meravigliosa, che il sole t’irradi di speranza e che l’esistenza ti sia dolce, fragrante e calorosa… ora, scusa, devo offrire la mia torta di mele a un uomo meno soffice di te, il quale sa però usare con più tosta levità il lievito di birra…

Sì, non sono misogino ma queste donne mi fanno girare i coglioni.

Guardate, a questa qui ora scrivo quanto segue:

ciao, io e te abitiamo lontani. Le distanze sono notevoli ma ogni tua nuova foto m’induce ad allungarlo, no, ad accorciarle.

Comunque, io cazzeggio, nessuno riesce a incularmi davvero, in quanto sono eterosessuale convinto e, diciamocela, del sesso me ne sbatto altamente.

Sì, ho la casa sommersa da dvd porno. Ve lo confesso.

Alla fine, questa qui è venuta comunque con me. Sapete perché? Non le avevo mai confidato di essere un collezionista dei film con Samantha Saint, di Kendra Lust e di altre troie di merda.

Pensava che fossi solo un cinefilo, amante di Bergman.

Secondo voi, questa qui, è una puttana?

No, è un’attrice premio Oscar di Hollywood.

Cioè, stringi stringi, una di quelle.

Sì, io ne conosco una più del diavolo, vale a dire Harvey Weinstein.

Il diavolo ha le corna in testa.

Per forza, gliel’ho messe io.

Io ho scopato pure con la sua ex moglie.

farinotti

Le contraddizioni viventi dei dementi

 

Sì, è una società di dementi ove il demente migliore diventa il vero demente.

Mi pare chiarissimo il concetto da me espresso in questa lapidaria frase. Che non è a effetto e non è neppure una freddura per ottenere facili risate oppure, ancora peggio, per attirarmi l’ammirazione di qualche esteta e cultore delle massime con gli ossimori, a loro volta pregne di significa(n)ti e spericolati, cosiddetti geniali doppi sensi.

È da un po’ che intendo sputtanare questa gente, platealmente deriderla. Prima di oggi, devo ammettere, che non possedevo il coraggio, la franchezza intellettuale, la forza morale e l’arguta capacità di ribattere dinanzi ai loro sacrileghi affronti vergognosi e allarmanti.

Sì, perché dirimpetto alle loro proterve bocche offensive, ero debole e, alla fine, soccombevo.

Schiacciato dalle loro insistite, imperterrite provocazioni voraci.

Diventando, ah, oscenità delle mostruosità, la parvenza del sembiante da loro ipocritamente, malignamente scaricatami addosso, cucitami a pelle, dipintami a immagine e somiglianza dei loro volgarissimi tiramenti di culo bastardi.

Figli della loro cattiva, pessima educazione coatta.

Ma procediamo con calma, mi stavo già facendo assalire dall’ira e il mio temperato istrionismo, parafrasando il compianto critico Morando Morandini, il quale usava questa bellissima espressione per identificare le performance attoriali più sfumatamente creative e personali, ecco dicevo… la mia composta moderatezza stava già collassando, infettata dalle loro maligne allusioni pazze.

Sì, queste persone oltraggiose della dignità altrui, lestofanti e sciacalli delle anime del prossimo, che loro insultano e macerano a diletto e a dileggio delle loro stolte, criminose e dunque delittuose false congetture, delle loro catture e sceme iatture, sono dementi, altresì psicopatiche.

E godono nello scatenare al malcapitato di turno, attraverso appunto le loro scellerate umiliazioni inflitte al prossimo loro, verso il quale provano solo odio, invidia e alcuna empatia, reazioni psicotiche, a loro volta figlie delle loro esagerazioni imperiose, boriose, fatte d’improperi arcigni e severamente impietosi.

La psicosi nasce infatti da un alterato rapporto dell’individuo affettatosene, no, affetto rispetto a un ambiente circostante percepito giustamente come ostile e pericoloso.

Quindi, lo sfigato angariato da tali vili impostori, da tali maiali, da questi malati mentali affettati, cinici e soprattutto affetti da crudele bestialità porcellesca e acrimoniosa, annega nell’impoverimento emozionale, divenendo schiavo delle loro misere diffamazioni pusillanimi, scarsamente amorose.

La pusillanimità, ah, patologia di cui soffre il novanta per cento dell’umanità. L’umanità è perlopiù costituita da persone che, a prima vista, paiono appunto di sana e robusta, fisica costituzione, che si attengono almeno esteriormente alle facciate costituzionali della legge civile del rispetto e dell’egualitaria visione umanistica, oserei dire panteistica del Creato ove ammazzarono il Cristo.

Si spacciano per persone, infatti, buone, sensibili, umanamente disponibili. Invero, sono soltanto degli opportunisti, oserei dire degli egoisti tristissimamente arrivisti.

Cosicché, come ci hanno insegnato, grazie alla mirabile, ficcante penna di David Mamet, Robert De Niro e Jean Reno in Roninsono tutti amici finché non arriva il conto da pagare.

Vi posso garantire che appena qualche loro amico crolla, questi sedicenti amici fuggiranno, vi abbandoneranno, come si suol dire, nel momento del bisogno se ne fotteranno.

È troppo facile essere amici del prossimo quando le cose vanno bene a tutti.

Non scopro certamente l’acqua calda né conio naturalmente una verità apodittica di rilevanza planetaria nel ribadire pleonasticamente, diciamo pure pateticamente, insopportabilmente, banalmente che il vero amico si riconosce nel momento del bisogno. Il resto è solo un sogno.

Peccherei di demenza nel credere che tale suddetto aforisma sia una mia frase di risma e non una faciloneria qualunquistica.

Ma non perdiamoci in patemi d’animo, non scoraggiamoci se qualche stronzo ci scoreggia in faccia quando, in realtà, andrebbe solo smerdato ed evacuato dal nostro culo iroso.

So soltanto che, grazie alle sciocche offese altrui, se come detto un tempo ne risentivo e m’accasciavo, anzi, accasavo nella casa costruitami addosso delle loro ignoranti maldicenze, ora le affronto impavidamente. Deliberatamente in maniera micidiale, in forma parimenti bestiale e superbamente arrogante, in modo altrettanto arbitrario, sfacciato e sprezzantemente vanaglorioso.

Ad esempio, il giovane medio, dall’alto prosopopeico della sua gagliarda giovinezza scriteriatamente illusa, temerariamente m’insulta, dandomi dell’uomo anacronistico, lento, in una parola vecchio e inconsolabile, amaramente matto e solo.

Questo suo atteggiamento codardamente spocchioso è figlio appunto invece delle sue inconsce paure da tragico immaturo assai sospettoso e calunnioso.

Il quale, ragionando di stereotipie e luoghi comuni a iosa, ancora è lui, sì lui, fermo alle schematizzazioni del prossimo entro i compartimenti diagnostici, cretinamente esegetici della sua visione acerba della complessità del reale, dell’insieme invero entropico, immensamente, stupendamente caotico di tutto questo mondo falotico.

Falotico è sinonimo di bizzarro e stravagante. Ovvero il contrario della faciloneria castrante ogni speranza del deficiente succitato-sovreccitato che, credendosi invincibile, ancora spara sesquipedali idiozie.

Al che, ecco che spunta l’ombra di Fantozzi. Che lui t’appioppa poiché ti vede impressionisticamente, oserei dire molto superficialmente come un declassato uomo medio-basso senza qualità, senza palle e personalità stupefacente.

È un ragazzo molto indietro, un arretrato.

Assomiglia tanto a quell’idiota del critico della minchia per eccellenza, Pino Farinotti.

Il quale, a proposito della sua illeggibile recensione di C’era una volta il West, chiosò il suo antologico finale con una massima storicamente, oltre che inattendibile, squallidamente qualunquistica, come già detto.

Secondo Wikipedia, il qualunquismo è un atteggiamento vagamente ispirato dalle azioni del movimento dell’Uomo qualunque che rinnega o almeno intenzionalmente ignora l’aspetto politico del vivere associato. Comparve in Italia nell’immediato dopoguerra.

Aggiungo io, quest’atteggiamento così tanto qualunquistico da essere e risultare ridicolmente superomistico, purtroppo, non è affatto scomparso. Anzi, sta crescendo proprio in seno alle famiglie delle nuove generazioni che, appunto, stanno educando i figli all’arrivismo, alla competitività più meschina, all’egoismo addirittura più egotista, cioè auto-centrato sulle loro circoscritte esistenze solipsistiche.

Abbiamo perso di vista il Farinotti, scusate, ora lo riprendiamo ed estrapoliamo la sua bischerata epica, assai lontana dall’epicità leggendaria di Sergio Leone, remota anni luce dalla sofisticata, melodica musicalità paradisiaca di Ennio Morricone: un cult movie per ragionieri in vena di poesia.

Sì, il ragioniere alla Fantozzi ama C’era una volta il West perché, fortunatamente, non è Farinotti.

Uomo di sé pienotto che, anziché essere angariato dal padrone, è uguale a Sam Rothstein/De Niro di Casinò.

È cioè talmente puntiglioso e meticoloso nel recensire le vite e i film altrui da non aver capito ancora che invece la sua vita è una tragedia (dis)umana.

Farinotti è uguale sia a Noodles che a Max di C’era una volta in America ma ancora non l’ha capito.

Pino, non preoccuparti, è stato tutto un trip esistenziale-anti-recensorio del tempo tuo perduto da drogato, più che di oppio, di cazzate col paraocchi.

Io non sono nessuno per proferire parola e non sopporto quando la gente più grande di me mi chiama signore.

Io sono solo il signore delle belle signore. Che posso amare a tutte le ore, miei pecoroni e suore che, in cuor vostro, da an(n)i sognate una pecorina col luterano pastore. Protestate, datevi al protestante.

Buona suora, no, buona sega, no, buonasera.

Anche oggi abbiamo partorito la cazzata mitica. Sempre meglio delle cazzate di Pino. Uno che non è amato né stimato dalla moglie di Fantozzi.

Ho detto tutto.

 

di Stefano Falotico

I migliori film sull’amicizia e sull’amore


04 Jun

Revolutionary Road

Ebbene, da tempo volevo scrivere qualcosa di veramente centrato, scevro dei miei consueti, oserei dire fuori tematici voli pindarici, per posarmi semplicemente delicato su questi due umani sentimenti portanti.

Sì, credo che nella vita uno possa essere buddista, agnostico, miscredente, ateo oppure cristiano ma non vi possa essere nessun uomo che, in quanto essere dotato di anima pensante, sia in grado di sganciarsi da queste due colonne basali, forse basiche dell’esistenza di noi tutti.

Il Cinema, così come tutte le arti, ha campato su tali argomenti. Anzi, a dire il vero, il 90% delle storie filmate si basano su queste due principali emozioni.

E ora vi argomento, datemi un momento. Non datemi più del demente.

Anche quando la Settima Arte diventa lynchiana, quindi apparentemente dissociata di nonsense narrativo da intrecci diciamo alla Beautiful, come in Mulholland Drive per esempio, a volerci vedere chiaro, va comunque puntualmente a parare sulle relazioni interpersonali. Che siano pure, così come in quest’indiscutibile capolavoro del maestro Lynch, flirt lesbici e via dicendo.

In fondo, Mulholland Drive possiede al suo interno molte chiavi interpretative, perfino psicanalitiche. Che ve lo dico a fare? Lo sapete meglio di me.

In questi anni, per via di miei esistenziali percorsi indubbiamente alquanto forti, vanitosamente posso affermare di aver acquisito competenze psichiatriche degne di un dotto luminare della materia suddetta.

Voi sapete che cos’è, cosa sia il Super-io? Macché. Voi non sapete usare nemmeno il congiuntivo. Basta che vi congiungiate con la prima baldracca raccattata per strada e utilizzate il condizionale per suonarvela e cantarvela: vorrei ma non posso, posso ma potrebbe essere, anche no.

Ma per piacere. Andate a dar via il culo. E pulitevi i denti col collutorio. Qual è la vostra nuova ipocondria, leggasi alibi, per raccontarvela? Ah, capisco, avete la congiuntivite.

Freud sosteneva, forse giustamente, che il Super-Io sia un’istanza intrapsichica secondo la quale noi uomini, anche se nessuno fin dapprincipio c’abbia inculcato certi modi di fare, prendiamo ad esempio Christopher Lambert di Greystroke, sin dalla nascita siamo geneticamente dotati di alcuni importantissimi codici di comportamento, denominati genericamente valori secondo cui agiamo moralmente anche se, ripeto, non siamo stati educati dall’aristocrazia inglese.

Ci mancherebbe, fra l’altro. Lascio al Principe Carlo le sue orecchie a sventola. A cosa gli è servita tutta la sua sontuosa educazione raffinata se poi abbandonò la splendida Lady Diana per quella volgare villana di Camilla?

Ma sì, continuasse a bere il tè, Carlo. Anzi, le camomille. Uno che ebbe genealogicamente un culo sfacciato e che fece? La fece, appunto. Sì, con Diana l’amore fece ma fu anche fece nel senso di pezzo di merda. Permise che Diana morisse nella stessa galleria di Ronin con De Niro del Frankenheimer.

Ma dico! Oltre a non possedere l’eleganza british, questo Carlo non conosce(va) neppure i baci alla francese. Sì, se fossi stato in lui, avrei portato Diana in Costa Azzurra con tanto di maglietta sportiva ed estiva della Lacoste. Ora, invece è inutile che pianga da coccodrillo. Ah ah.

Poteva involarsi a Nizza con una donna che lo faceva diventare rizzo più di Katarina Witt, appunto, di Ronin e lui invece passò a passa tuttora le giornate a cacciare le volpi, montando il suo cavallo di razza.

Ma che razza di uomo è costui? Più che una volpe e un cavallerizzo, è un ricco riccio molto coglione. Diciamocela.

Ronin è un grande film sull’amicizia. Jean Reno salva la vita di De Niro che guida le BMW. Quindi, fra macchine della Renault e atmosfere anche alla Léon di Luc Besson, De Niro s’inchiappetta Natasha McElhone da vero Lion. E sul Pacino de Lo spaventapasseri avrei da dirvene…

Voi siete solo degli spaventa-passere. Ma sì, date da mangiare ai piccioni, piccini.

Ah, Natasha, donna britannica, donna a cui offrirei subito il pan di spagna. Anche il pen di spugna… onestamente.

Spagna o Francia basta che se magna? Sì, lo so che voi, italiani magnaccia, mannaggia, non credete a nessun ideale e, secondo me, oramai non credete più né all’amicizia né all’amore.

Basta che vi facciate du’ spaghi e andiate a divertirvi coi film con Paola Cortellesi. Contenti voi, io no.

Avete perso il gusto della veracità ruspante, puttanesca, amicale oltre ogni dire del mitico Sergio di C’era una volta in America. Film di maschi mai cresciuti, di donne desiderate, bramate, persino felliniane, stuprate, di uomini violentissimi, di bestiali inculate, corna, tradimenti, pistolettate, colpi gobbi, tiri mancini, rapine a mano amata, no, armata, con un James Woods che alla fine, nonostante le porcate che rifilò a Noodles, malgrado Noodles lo servì da maiale alla loro donna, dopo eterne, reciproche rivalità con Noodles da figlio di puttana luridissimo, capì che non valeva la pena farne una tragedia.

Infatti si ammazzò. Ah ah.

Forse, è stato tutto un sogno impossibile come nel finale de La 25ª ora.

Più che un capolavoro di Sergio Leone, probabilmente Un mercoledì da leoni, uno scontro fra Keanu Reeves e Patrick Swayze da indimenticabile Point Break.

Chi è Il cacciatore e chi la preda? Chiedetelo a Christopher Walken dell’appena citato masterpiece di Michael Cimino e vi risponderà, sparandosi in testa.

La vita è un Casinò. De Niro e Pesci sono inseparabili amici dall’infanzia e fanno di tutto per incarnare invece una delle massime storiche proprio di Once Upon a Time in Americanoi siamo come il destino… chi va a star bene e chi va a prenderselo nel culo!

I grandi film sull’amicizia sono veramente tanti, troppi. Mi sono limitato a una parentesi goliardica, eh eh.

Adesso invece andiamo a parlare, anzi a parare sull’amore.

A proposito del povero, compianto Swayze, lasciate stare subito puttanate come GhostUnchained Melody è bellissima, Demi Moore di più, Whoopi Goldberg non tanto. E il film va bene per le classiche casalinghe di Voghera, amanti degli oroscopi e della new age del cazzo.

Che ne pensate de L’età dell’innocenza? Daniel Day-Lewis ama da impazzire Michelle Pfeiffer e anche lei farebbe carte false per stare tutta la vita con Daniel. Non ha bisogno di andare da una maga che le legga i tarocchi per capire che, appena lo guarda, vorrebbe essere la sua regina di bastone/i… Bastone della vecchiaia ma soprattutto di una maturità florida, tutta deflorata, ah ah.

Ora, chiariamoci, donne. Michelle voleva stare con Daniel. Perché voi no?

Non raccontatevi stronzate. Daniel Day-Lewis vede Madeleine Stowe ne L’ultimo dei Mohicani e si scioglie come una cascata.

Pure lei però non scherza, infatti dappertutto schizza.

Sì, Day-Lewis non è mica un povero cazzone… un pesce, no, un Joe Pesci qualsiasi.

Soltanto che, tornando a L’età dell’innocenza, quel tipo di società era classista più dei falsi amici e delle tribali regole d’onore di Quei bravi ragazzi. Prendete, che ne so, Titanic ad affondamento, no, a fondamento del mio ragionamento, miei uomini annacquati.

Leo è tanto bello e anche la Winslet è bona. Ci scappa la scopata, lei è un lago ma alla fine lui affoga. Sarebbe affogato comunque. I genitori di Kate non avrebbero mai permesso che Jack Dawson potesse sposare la principessina sul pisello. A meno che non avesse avuto i soldi di The Wolf of Wall Street.

Anche così però l’avrei vista molto dura. Insomma, questa vita è una Revolutionary Road. Non si può mai stare tranquilli.

Di mio me ne fotto.

Sì, se non fosse stato per il mio genio anomalo, avrei fatto la fine di Michael Shannon di My Son, My Son, What Have Ye Done.

Oppure la fine sempre di Shannon, però di The Iceman.

Da quando invece non do più retta ai vostri piccoli cervelli…

Ho detto tutto.

Come va adesso, insomma?

Meglio che non lo sappia. Non voglio fare la fine di Rocco Siffredi. Quella di Rocco non deve essere una gran vita. Sì, sta sempre a scopare ma, a differenza di me, non crede più a niente.

Eh già. Dove la troverete una testa di minchia come la mia? Non ce sono più in giro, abbiate fede.

Guardatevi attorno, sì, è un mondo andato a zoccole.

 

di Stefano Falotico

michael shannon revolutionary

Il trailer di Le Mans ’66 di Mangold mi ha ricordato di essere un futurista amante di Michael Mann


03 Jun

alì smith mann

alifaloticoInnanzitutto, prendiamola molto larga di curve pericolose.

Stamattina, son stato contattato da una ragazza su Facebook. Di nome Veronica.

Al che, adocchio le sue foto e intrattengo subito una conversazione per arrivare, sgommante, al Rush finale di piacevoli veroniche. Lasciate perdere invece il film omonimo di Ron Howard, sopravvalutato e, comunque, mi spiace per la morte di Niki Lauda.

Lauda è, oramai era in verità l’antitesi di Freddy Krueger. Sì, entrambi avevano il viso bruciato. Ma mentre Niki, con le sue prodezze automobilistiche, ardeva i nostri cuori di radiosi sogni in mezzogiorni infuocati, Freddy fu il re di Nightmare, il babau che, dal profondo della notte, frenava subito i giovani ardimentosi e frementi di romanticismi bollenti che volevano avere, semmai, una vita da motociclisti come Valentino Rossi, sognando di fare l’amore a tutto gas con tutte le ragazze-vallette scosciatissime del Motor Show.

Sì, povero Freddy. La sapete la sua storia, no? Freddy fu bruciato vivo, appunto, perché incriminato dalla comunità bigotta del suo paese di perversità o qualcosa del genere. Invero, era solo uno scalcagnato disoccupato preso di mira da degli ipocriti moralisti mai visti.

Era interpretato, non so se lo interpreterà ancora, da Robert Englund, paladino di questa saga magnifica di Wes Craven e protagonista anche di uno dei migliori film di Tobe Hooper, regista compianto dell’epocale, allucinante Non aprite quella porta e di Poltergeist, ovvero The Mangler – La macchina infernale.

Film che avercene e invece, inspiegabilmente, ha ottenuto dal poco credibile metacritic.com, aggregatore di medie recensorie che non stanno né in cielo né in terra, un agghiacciante 8% da gelarti il sangue, un voto paurosamente orrido che grida vendetta come il Krueger nei confronti di chi essiccò ogni sua chimera.

Dico, scherziamo?

Comunque, non perdiamoci in critiche horror.

Torniamo a cosce, no, cose più gradevoli, più dolci e serene, cioè a costei da me messa incinta, no scusate, citata a inizio scritto.

La scruto, noto all’istante la perfetta sua carrozzeria da Alexandra Paul di Christine del John Carpenter e con lei desidero immantinente sbullonare ogni inibitorio freno per spingere come Bruce Springsteen del video I’M On Fire. Ma so che sarà solo una mia ballata nella notte in solitaria da sfigato Jamie Foxx di Collateral e, arrivato all’uscio della sua porta di casa, desisterò dal diventare Colin Farrell di Miami Vice.

Lei è stupenda, le sue gambe sono chilometriche e non presentano alcun segno di cellulite. Possiede una pelle morbidissima, liscia come l’olio, con questa mi scaldo, ingranando la quinta e accelerando con una brusca, rovente sterzata in chat:

– Piacere, Veronica.

– Piacere, Stefano. Ti do il mio numero di telefono.

– Ehi, calma. Mi pare che tu stia correndo troppo.

– Sì, vero. Mi son lasciato prendere la mano.

– Nel senso che su di me ti stai già tirando una sega?

– No, ho sbagliato, perdonami. Tu sei una donna diesel. Devi prima carburare. Solo quando i motori dei tuoi ormoni saranno belli che su di giri, potrò essere per te Diesel, appunto, però il Vin di Fast and Furious.

– Scusa, chi credi di essere? Una sex machine?

– Macché. Sono il film mai realizzato da Michael Mann, The Winter of Frankie Machine. Forse adesso lo realizzerà William Friedkin, specializzato negli inseguimenti, vedi Il braccio violento della legge, Vivere morire a Los Angeles, Jade, The Hunted. Con te vorrei esserti solo franco, fianco a fianco nei tuoi fianchi per notti afose come l’estate di un amore selvaggio mai stanco.

So che invece farò la fine di Franco Franchi.

Non biasimarmi, non compatirmi. Sono un iper-romantico quasi patetico, l’ultimo dei mohi(ri)cani, come dice Giancarlo Giannini alla fine di Carlito’s Way quando doppia magistralmente Al Pacino, protagonista di Bobby DeerfieldUn attimo, una vita e tu potresti essere già partita.

Ti supplico, non voglio ridurmi a cantare Binario di Claudio Villa:

Binario, triste e solitario

Tu che portasti via col treno dell’amore

La giovinezza mia

Odo ancora lo stridere del freno

Ora vedo allontanarsi il treno

Con lei che se ne va

Binario, fredde parallele della vita

Per me è finita…

Prima di fotterti con la droga, bellissima, fottiti con me e ci ubriacheremo sin all’alba in momenti di gloria, soprattutto di gola.

– Senti, Stefano. Sei uno a scoppio ritardato. Sei lentissimo per i miei gusti.

– Meglio. Come dice il detto, chi va piano va sano e lontano. E il rapporto sessuale non voglio che sia un’eiaculazione precoce. Abbiamo tutta la notte e anche tutto il giorno. Tanto io domani non faccio un cazzo, sono libero.

– Benissimo. Sei in ferie? Di solito, invece, che fai nella vita?

– Non lo so. Partirei dal farmi te, ci stai? Il resto, ripeto, verrà da sé…

– Ok, ci sto.

 

Sì, l’alta sera a un mio amico ho mostrato una ragazza con cui le notti mie e sue, suine, furono ardenti. E lui:

– Dai, stai scherzando, vero? Questa sarà una che passava per strada, anzi, non vorrei dire altro. Tu ti sei fermato e le hai chiesto di scattare assieme a te, a lei un selfie.

– No, non credo.

– Prendiamo per buona la tua versione.

– Ah, più bona di così si muore.

– Infatti. Tu fai veramente schifo, sai? Sai che io, per stare con una così, mi devo fare il culo e prendermi cinque lauree? Tu, invece, fammi capire bene… l’hai vista, le hai detto due parole e questa è venuta con te senza battere ciglio? Che tu sei più bello?

– Mi pare visibile che sia più bello, non credi?

– Non me ne intendo di bellezza maschile, non sono omosessuale.

– In verità, credo che tu non te n’intenda neanche di bellezza femminile.

– Ah, ricominci, Stefano. Toglimi una curiosità. Quand’è l’ultima volta che sei stato dallo psichiatra?

– Ma non ci vado più da una vita. Mi hanno dimesso.

– Smettila. Nessuna persona che si piglia un ricovero per turbolenze mentali, suvvia, viene dimessa. Non è mai successo. Tu sei più bello? Perché gli altri non vengono mai liberati e tu sì?

– Ma te l’ho già detto.

– Cosa? Che sei più bello?

– Già. Questo ti turba?

– Mi sta sul cazzo.

– Lo so. Io pensavo che…

– Tu pensi molto male. Sei come i giornalisti che pensavano: Alì non potrà mai battere Sonny Liston.

 

Sì, la mia vita è sempre stata troppo avanti. Fin dai primi scalpitanti battiti tonanti della mia adolescenza, priva dei vuoti pneumatici della mia generazione già morta dentro, tutti quanti, adulti e coetanei hanno cercato vanamente di fermarmi. Castigarmi, perfino castrarmi, psicologicamente e non, trattandomi come Massimo Troisi di Scusate il ritardo. Ora si sono accorti davvero che sono, nonostante tutto e le multe, sempre il più veloce, Driver l’imprendibile. Quando incontri uno così, se sei una donna, devi ringraziare iddio.

A proposito anche di Heat di Michael Mann e di altri calori vari… quand’è che Michael Mann girerà il suo Ferrari e sapete, vero, che Bob De Niro doveva essere il primo attore nella storia del Cinema a interpretare il commendatore di Maranello? Ma forse lo interpreterà lo stesso per la regia di Barry Levinson.

Amici, come dice Jon Voight, con me ogni previsione va a farsi friggere.

Mi spiace per voi. E per quel coglione che continua a volermi buttare giù, scrivendomi:

– Stronzo, bastardo. Perché esisti? È meglio che tu non lo sappia.

– Già, è meglio che non lo sappiamo, entrambi.

– Perché mai?

– Perché tu capiresti chi sei e io non voglio essere cattivo. Mi pare che ti abbia già massacrato abbastanza. Ne vuoi ancora? Se però desideri, accendo di nuovo il turbo.Marliece Andrada ali will smith

 

di Stefano Falotico

Fidatevi, è meglio essere un latinista che un latin lover, meglio essere un Kitano che una cagna


14 May

kitano hana bi

Sì, nella mia vita, fratelli e sorelle della congrega, ne ho viste poche ma ne ho ascoltate parecchie.

Il novanta per cento delle donne vogliono solo i soldi, tutti gli uomini vogliono quella. E su questo non ci piove.

Nella mia vita, ho visto e sentito uomini dire che Tony Scott era meglio di suo fratello Ridley e che Benedetta Parodi è più sexy della sorella Cristina.

Davvero un’umana parodia. Come si può soltanto paragonare un filmaccio come Revenge col peggior film vendicativo di Ridley, ovvero Il gladiatore?

Revenge col Costner valeva il prezzo del biglietto solo per le gambe fenomenali di Madeleine Stowe. Una per cui, anche se saprai di essere l’ultimo dei Mohicani, accetteresti pure lo scalpo e il fallo, no, fatto di rimanere scapolo pur di passare con lei l’ultima notte ficcante della tua vita.

Sì, Cristina Parodi ora è un po’ invecchiata ma, al pari di Madeleine, possedeva un paio di cosce tali da corrompere anche il bravo Giorgio Gori. Uno che forse non ha lo stesso sex appeal di Richard Gere ma che con Cristina non è mai stato certamente un ghiro. Sì, di notte, fra le loro lenzuola pullulavano orgasmici ghirigori. Fidatevi.

Stesso discorso dicasi per l’antipatica ma indubbiamente notevole Ilaria D’Amico. Una che ha reso Buffon proprio un buffone e che l’ha data persino a Bruce Willis ma non a Fabio Caressa. Che sta appunto con la sorella di Cristina, Benedetta.

Sì, Fabio, così come proverbialmente dice alla fine del primo tempo delle partite di Calcio ai telespettatori, ovvero, le squadre vanno al riposo e i giocatori si bevono un tè caldo, dopo aver fatto l’amore con la sua compagna, dice lei che, dopo essersi riposato, gli deve preparare una colazione secondo le sue storiche ricette. Solo dopo aver mangiato come un ludro, può concedere a Benedetta i supplementari.

Sì, noi uomini siamo dei coglioni, abbocchiamo alla prima che mostra un bel paio di quadricipiti e tifiamo per gente pallosa che prende a calci le palle, spezzando i menischi dei disoccupati che li riempiono pure di soldi.

Le donne sono perlopiù delle stronze. Vanno dal loro maschio dopo che sono andate con altri cinquemila individui elaboranti i gameti col testosterone e anche i gemiti per gli estrogeni, e sono gelosissime se il loro uomo guarda le altre donne. Però, nel frattempo, amano farsi guardare pure dalle lesbiche in un gioco di provocazioni interminabili.

Insomma, delle pazze isteriche al servizio di leccaculo.

Sì, io commisi un solo errore nella vita. Quello di aver scopato.

Ah ah. Sì. Da allora, persi ogni passione per il Cinema di Miyazaki e divenni un Porco Rosso.

Tutte le mie malinconie da Takeshi Kitano e il mio adulto infantile come ne L’estate di Kikujiro, cazzo, andarono a farsi fottere.

Lei, in preda a paranoie incredibili, mi telefonava in piena notte, chiedendomi se mi stavo scopando un’altra. Per tranquillizzarla, le dicevo che stavo riguardando Hana-bi quando invero stavo rispolverando sia Anna che Julianne Moore di Boogie Nights. Una che mica si accontenta di un cazzone qualsiasi, pretende il massimo.

E qui ci sta tutto il mio umorismo nero da vero Beat.

Lei sapeva benissimo che stavo mentendo. Sì, sinceramente non stavo né guardando il capolavoro di Takeshi né scopando nessuna. Stavo solamente sognando.

Ah ah.

E lei mi aveva appena rotto i coglioni.

Sì, per me è stata una tragedia andare a letto con una. Da allora, tutte le donne vogliono venire a letto con me. Peraltro, pure gli uomini, questi omosessuali maniaci e bisex.

Sono cazzi davvero amari, fratelli e sorelle.

Devo diventare come Gesù Cristo, donarmi all’intera umanità e moltiplicare il mio pesce.

Faccio quel che posso, non chiedetemi un miracolo che non sta né in cielo né in terra.

Ha fatto bene Bob De Niro a rifiutare la parte dei due ginecologi gemelli omozigoti nel film Inseparabili.

Di Bob De Niro ce n’è uno solo, unico e inimitabile.

Di uomini come me non c’è nessuno.

Già, è stato un errore essere nato in questo mondo di uomini e donne, di animali e alberi, di gente inalberata e a vicenda inculata.

È solo un porcile.

Sì, sono un uomo antico, di un’altra epoca, un uomo latino.

Che vive nel suo temp(i)o.

A me di questi fottuti tempi moderni non piace niente.

 

di Stefano Falotico

L’insospettabile Dr. Falotico/Don Shirley à la Mahershala Ali vi scrive lettere d’amore se volete…


12 Feb

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Ecco, avete visto Green Book? Quell’illetterato di Tony Lip/Viggo Mortensen è costretto ad allontanarsi da sua moglie per portare a spasso in tour, appunto, il dottor musicista Don Shirley, interpretato da uno splendido Mahershala Ali.

Al che, sta scrivendo una lettera d’amore alla sua lontana consorte. Comincia a leggerla al dottore e lui gli rinfaccia che è semplicemente dozzinale e patetica. Perché a una donna innamorata, rimasta sola e dunque bisognosa di parole lusinghiere, amorevoli appunto, calde e ispiratrici di torbida malia metafisicamente erotica, sì, al pari di una donna inconsolabile che soffre una sessualità castigata perché fedelmente coniugata a un marito che sta al fronte, non si può scrivere che stai seduto a mangiare le patatine…

Come la donna del private/soldato semplice Ben Chaplin de La sottile linea rossa di Malick, per intenderci, una donna rimasta temporaneamente vedova, va protetta con effluvi epistolari che sappiano coccolarla anche soltanto col pensiero.

Ecco, detto questo, ora inframmezziamo questo mio scritto da Sturm und Drang, da Daniel Day-Lewis de L’ultimo dei Mohicani con un episodio che ha avuto alquanto del disdicevole. Io oramai non mi scandalizzo più di nulla, ma…

Un attimo e poi ci arriviamo, abbiate fede e non quella nuziale. Ché poi, se litigate, sono cazzi davvero col divorzio.

Cazzo, be’, dinanzi alla Madeleine Stowe dei tempi d’oro, d’altronde, un uomo non aveva molte scelte, o le diceva infatti sfacciatamente che era una figa mondiale che poteva (s)battersela con Jennifer Connelly, rimediando forse uno schiaffo in faccia o arrivando, fortunatissimo, a una botta di culo pazzesca, in senso lato B e non, oppure romantico lo diventava per forza. Con Madeleine, no, non avevi molte opzioni. Dovevi esserle morbido e duro allo stesso tempo. Certamente, se a lei ti fossi presentato come ingegnere astrofisico, non ti avrebbe cagato. A meno che, essendo ingegnere della NASA, quindi più miliardario di lei, poteva sposarti per poi farsi il viaggio sulla luna con un altro più terra terra. Ah ah.

Ora, l’altro giorno, a tradimento, diciamo, son stato contattato da uno su Facebook. Uno che mi ha detto di essere un produttore musicale. Dalle foto del suo profilo, infatti, tutto lasciava presagire a un uomo dai gusti raffinati, un amante della bellezza universale come Chopin. O forse Sean Penn? Sì, Sean Penn con Scarlett Johansson pare che abbia suonato bellissimamente, anche robustamente, la carica in maniera “grilletto-vivo” con preliminari da Preludio op. 28 n. 15, sterzando poi su Richard Wagner con una Cavalcata delle Valchirie, detta più volgarmente cowgirl.

Sì, questo qui si è presentato a me come un fine conoscitore non solo della musica ma di ogni ars amandi sofisticata.

Tale la conversazione fra noi due, davvero “altolocata”.

– Bene, ho visto che sei anche tu iscritto a un gruppo niente male.

– No, non suono in nessun gruppo.

– Ah, simpatico. No, volevo dire che sei iscritto a Dee VIP.

– Ah sì? Boh. Su Facebook, m’iscrivo un po’ a tutto, a casaccio.

– Be’, quale è la tua donna dello spettacolo preferita?

– Ne avevo molte. Da parecchio non seguo il jetset televisivo. Ho cose più importanti adesso da fare che stare dietro alle oche della Radio Televisione Italiana e di Mediaset.

– Conosci però Diletta Leotta? Ti piace?

– Chi? La presentatrice, pseudo-conduttrice calcistica?

– Eh già. Non è male, no?

– Sì, in effetti è una donna bellissima.

– Ecco, te ne sei mai sparata una su di lei?

– Ma che domande sono? Come ti permetti?

– Su, dai, mi hai detto che ti piace. Piace molto anche a me.

– E quindi?

– Una di queste sere ci spariamo una sega (lui, anzi, ha detto testualmente ci seghiamo) assieme su di lei?

– Senti, pervertito, ti blocco subito. 1: non ho quindici anni e nemmeno a quell’età mi son mai segato, come dici tu, in compagnia. 2: sei una sega totale. Un nano onanistico.

– Ma sì. Non me la prendo. Era per chiedere. Non si sa mai. Sai… potevi anche starci.

– Ok, ora ti blocco.

– Fai pure, carissimo. Ma, prima di bloccarmi, posso farti un’altra domanda?

– Acconsento. L’ultima e poi sparisci per sempre dai coglioni?

– Il tuo di quant’è? È grosso, è lungo?

– Abbastanza. Trenta centimetri. Alla prossima domanda sconcia te lo sbatto in testa. Una bella mazza(ta).

– Uhm, trenta centimetri. Un ottimo arnese. Sicuro che vuoi bloccarmi? Sai, come si suol dire, una mano lava l’altra…

 

Orbene, nella vita, alla soglia dei quarant’anni, può succedere d’incappare in personaggi del genere. Un sottogenere, per così dire, alquanto “boschivo”.

Terminata la “pratica” mai avvenuta, per fortuna, con questo segaiolo omosessuale-bisex dai vizietti alquanto discutibili, passiamo al resto.

Un mio amico, da tempo, non scopa più con sua moglie. Lui è sempre lontano da lei per lavoro. E lei risponde ai suoi telegrafici ma passionali messaggi WhatsApp con deprimenti pollici su. E basta.

 

– Stefano. Voglio farle capire che per me lei è importante. Vorrei scriverle, come si faceva una volta, ai tempi di Leopardi, sebbene io non sia all’antica, una bella lettera d’amore. E chiederle la mano in maniera superbamente commovente. In modo tale che, dinanzi a una proposta di matrimonio, così magnificamente esposta, lei capirà davvero che io la amo sconfinatamente e mi sposerà.

– Va bene.

– Quanto devo darti?

– Niente. Non si fanno certe cose… per soldi.

– Sei un tesoro.

– Ti sei già portato avanti? Insomma, hai già buttato giù qualche riga?

– No. In verità, sì.

– Posso leggere la prefazione, diciamo?

– Non è un granché.

– Non importa. Fammi per piacere leggere.

 

Ciao Melissa,

son qui stasera, dopo essermi spaccato il culo, triste e solo come un cane. Sto leccando e succhiando… la melassa ma mi mancano i tuoi baci dolci come la più lieve glassa. Finito che avrò di leccare non solo quella ma soprattutto pene… d’amore, berrò anche una buona cioccolata calda.

Tu mi pensi? Ieri sera, so che hanno ridato, su LA7, 9 settimane e ½.

Adori quel film. E io adoro te. Sono dodici settimane e un quarto che non ti vedo, che non ti sento. Che non ti annuso.

Mi mancano, onestamente, le tue gambe profumate, vellutate come la seta. Di te ho fame e sete. Mi struggo nel rimembrare il tuo culo quasi da Kim Basinger.

Ti amo. Ma voglio dirti altro… Io ti darei tutto…

 

– Come inizio, prima poi di dichiararle che voglio convolare a nozze con lei, che te ne pare? È buono?

– No, fa veramente schifo al cazzo. So io a cosa convolerà se le manderai una troiata del genere. Non convolerà a niente, semplicemente volerà altrove e il tuo uccello, detta come va detta, precipiterà come un aeroplanino di carta, molto moscio. E non ti basterà bere mille Red Bull per mettere le ali…

Questo lo sai, no?

– A me pareva un buon incipit.

– Siediti qua. Scrivi.

– Non siamo alle elementari. Che fai il maestrino e io, sotto dettatura, scrivo come un bambino?

– Ah, perché? Cosa sei?

Scrivi!

Ciao Melissa,

è stato il compleanno di Jennifer Aniston. Ha la tua età, sai? Cinquanta, meravigliose primavere. Una donna bellissima. A cinquant’anni schiena tutte quelle di venti. Le sue gambe sono sensazionali, il suo sorriso letizioso è morbidamente allineato alla parola beltà. Sorridente estasi mastodontica snocciolata in un’eleganza sensuale davvero mozzafiato.

Jennifer Aniston mi fa impazzire, Melissa.

Ma devo dirti questo. Voglio esserti schietto.

Melissa, la tua voce par che io sensibilmente la oda da qui. Qui, ove ora dormo solo in queste notti buie e livide. E sterminatamente la tua voce, rocciosa, melodica, soffice e delicata come lo spumeggiante seno di Jennifer Aniston, sì, soave come la sua venustà femminile oltre ogni limite, divampa sublime nella fragile, incostante monotonia di queste mie giornate senza sole in cui m’accorgo di essere un uomo, senza di te, con tanti limiti.

Tu, Melissa, sei la mia forza. La mia luce e la mia potente energia dell’anima. Devi sapere che, se un domani Jennifer Aniston mi chiedesse di uscire con lei, questo non avverrà mai.

Ma non perché lei è un’attrice di Hollywood e io semplicemente un uomo comunissimo e neppure tanto bello e ricco.

Perché io, anche se Jennifer Aniston dovesse impazzire e mi domandasse d’invitarla a cena, preferirei passare la serata, guardando i tuoi occhi, Melissa.

Vuoi sposarmi?

 

– Ci metto P.S.: bacio ai bambini?

– Ma non avete figli tu e Melissa.

– Sì. Ma dopo questa lettera ne avremo molti.

– Su questo puoi starne certo.

– Sei davvero un grande amico. Non so come ringraziarti. Adesso però, scusami, devo andare.

– Dove vai così tanto di fretta?

– C’è una zoccola, a cui avevo chiamato un’ora fa, che sicuramente è già nel mio albergo ad aspettarmi. Ciao!

 

Ho detto tutto.

Ora vado ad ascoltarmi la Settima di Sciostakovic.

Mentre il mio amico suonerà con la bagascia russa, forse di cognome Davidovic, il suo “campanaccio” o solo campagnolo, nella spagnola della sua quarta con tanto di vodka e whisky naturalissimi…

Per farla breve, cioè sveltina…

No, non sono Day-Lewis de L’ultimo dei Mohicani, mi pare ovvio, neppure Mickey Rourke, mi pare altrettanto palese. Potrei essere Cesare Pavese? No, meglio un Pavesino.

I miei vengono da un paesino. E non sono Don Shirley né una leggenda del pianista sull’oceano.

Al che, torna a farmi visita il mio amico. Gli offro un caffè. Senza zucchero perché quello l’ha già mescolato alla russa.

– Però potresti diventare davvero uno dei più grandi scrittori italiani.

– Non esageriamo.

– Sai, amico. In ogni grande storia d’amore, un uomo quando va giù ha bisogno di una donna che lo tiri… su, e viceversa.

In ogni bella storia d’amicizia, ci vuole qualcuno di fidato che ti regga il monco, no, scusa, quello è mio zio, volevo dire il moccolo. No, scusa, quello non sei tu. È quel finto amico geloso di me ché sto con Melissa.

Hai bisogno cioè di un amico che ti regga il gioco.

Se ti fidi di me, lo diventerai davvero.

– Ma tu non sai scrivere non solo una lettera d’amore ma neppure la letterina di Natale.

– Questo non c’entra.

 

Su quest’ultima frase, peraltro, si riconosce, a seconda di come viene interpretata, la classe di uno.

Se il questo non c’entra maliziosamente viene visto come omosessualità, potete andare subito da uno psichiatra.

Perché soffrite di manie interpretative e non solo sessuali. Proprio di distorcimenti lessicali dovuti alla vostra scarsissima preparazione culturale.

E vedete sesso dappertutto.

Insomma, la maggior parte delle persone. Che ficcano… il sesso in ogni gesto, in ogni espressione, perfino in ogni accentazione del parlare per sembrare più fighe e per fare colpo.

Persone mediocri, squallidissime. Che però si credono appunto sexy.

Se invece in… questo non c’entra ci vedete una semplice lealtà amicale fra due persone che, nonostante le loro diversità, e cazzo non parlo di quel tipo di diversità, hanno finalmente capito i valori della vita, siete a cavallo.

E stavolta cavallo sta anche a significare che di tutte le invidie, le subdole cattiverie e anche di qualcos’altro… ve ne fotterete.

– Stefano, perché prima di questo scritto hai inserito il tuo video su Bohemian Rhapsody? Sottintendeva qualcosa?

Ti piace Freddie Mercury?

– Sì, ho tantissimi idoli musicali e non. Mi è sempre piaciuto.

– Quindi, sei omosessuale?

– Perché mai?

– Beh.

– Vai a dar via il culo, idiota.

 

 

 

di Stefano Falotico

Attrici bollite: Madeleine Stowe


17 May

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Ebbene, oggi voglio andare a parare su una donna che forse alle nuovissime generazioni dirà assai poco e probabilmente è perfino misconosciuta ai ventenni, l’ex bellissima Madeleine Stowe. Ex, perché oggi il suo viso è decisamente appassito e la florida venustà di un tempo è sdilinquita in un viso più volte ritoccato con la chirurgia facciale.

Madeleine Stowe nasce a Los Angeles il 18 Agosto 1958 e presto, alla sola età di dieci anni, comincia a studiare pianoforte, poi s’iscrive a dei corsi di recitazione e giornalismo all’università della California.

Subito viene notata e ottiene una parte abbastanza di rilievo in Sorveglianza… speciale di John Badham al fianco del navigato Richard Dreyfuss. Film da non confondere con due film, peraltro usciti proprio in quel periodo, dal titolo italiano abbastanza simile, ovvero Sorvegliato speciale con Sylvester Stallone e Sotto massima sorveglianza con Rutger Hauer e Mimi Rogers.

E immediatamente esplode con Revenge di Tony Scott con Kevin Costner ed Anthony Quinn in cui, oltre a mostrare tutta la sua avvenenza, si cimenta in torbide scene di sesso col bel Kevin. Sebbene le malelingue sostengano a tutt’oggi che nelle suddette scene sia doppiata da una controfigura.

La Stowe è una donna molto sexy ma quasi angelicata, onestamente assai fotogenica e brava, e fioccano le proposte lavorative.

 

Arrivano Abuso di potere di Jonathan Kaplan con Kurt Russell e Ray Liotta, nel quale ancora una volta si spoglia piacevolmente, ma soprattutto L’ultimo dei mohicani di Michael Mann con Daniel Day-Lewis.

L’anno dopo spicca in un altro grande film, America oggi di Robert Altman, ove esibisce addirittura il suo primo nudo integrale.

Quindi Occhi nelle tenebreChina Moon e un altro capolavoro, o giù di lì, il distopico e stupefacente L’esercito delle 12 scimmie di Terry Gilliam con Bruce Willis, e lei nei panni di una sensuale psichiatra.

Ma all’apice del suo successo, l’incantesimo si spezza e la sua fama s’incrina. Arrivano tanti film mediocri o solo pomposi, come La figlia del generale con John Travolta, Impostor e We Were Soldiers con Mel Gibson, oppure dimenticabilissimi come la sciocchezzuola Avenging Angelo con Stallone. Peraltro il suo penultimo film, considerando il successivo e da noi inedito Octane, film del 2003.

E da allora niente più Cinema. Solo robetta e insulsi tv movie molti dei quali da noi non sono mai arrivati.

Il 27 Maggio del 2014 Deadline dà la notizia che tornerà a lavorare in un lungometraggio, The Runner con Nicolas Cage. Il film, abbastanza inguardabile, da noi esce solo in home video ma la Stowe non c’è. No, la Stowe in verità non ha mai preso parte a questa pellicola.

Ma anche a nessun’altra. E dire che non ha novant’anni.

Che è successo? Stranito, rimango basito.

 

di Stefano Falotico

Omaggio a Mango, R.I.P. a un cantante “mediterraneo”, poeta circense dei baci sfiorati, dei sogni e de “La rondine”


08 Dec

Mango

 di Stefano Falotico

Accasciatosi per un “misterioso” malore in quel della provincia di Matera, durante un concerto autunnale, nel torrido freddo d’una morte che ci fa rabbrividire, ricordandolo nel “ruscello” delle sue note leggere, ballerine d’un uomo libero come i gabbiani sorvolanti le onde del Tirreno, passeggiatore “bislacco” del suo artista unicamente pittoresco come un melodico personaggio da colorito presepio in mezzo alla “siccità” di statuine tristi più impietrite, nelle anime squallidamente borghesi, dei duri sassi rupestri.

Un uomo “murales”, un graffi(t)o armonioso, un uomo dagli occhi s(i)curi, un attore dei palchi meridionali, a svettar in picchiata su notturne note libranti, soffici come seta, come acqua “sciolta” che “digrada” piana in  spaziali (rim)pian(t)i e “brulle” pianure su lieve, magnetico, frenetico (s)piovere nel sangue delle emozioni più vivide, un corridore melanconico di liriche suadenti, carezzevoli come le mani romantiche d’una donna febbrile d’amor florido, risbocciata nella sua dolcezza, nelle sue nostalgie imprendibili, muore il grande Mango nella sua città…

O forse in zona limitrofa, a Policoro…

I miei genitori son di Pomarico, paesello collinare ove son sempre pullulate mille leggende da “stolti”. Leggende del santo patrono come quella su San Michele, cavaliere che distrusse Satana, regalando poi ai contadini il grano per stagioni più d’armonia fertili. Gli zoccoli del suo bianco, purissimo cavallo scapitavano di premonizioni ben auguranti per chi credeva al suo “mito”.

Mio padre mi raccontò una bella “superstizione” a tal proposito. Correva… voce che, chi si risvegliava di notte, sentendo lo scalpitio d’un cavallo, avrebbe ricevuto presto una fortuna dal Cielo. Poi, avrebbe dormito sonni più tranquilli, perché la vita, laggiù, al Sud “povero”, è sempre un continuo lottare per il (bi)sogno affamato d’avventuriere chimere spesso fugaci e da (d)eludente “(Dis)incanto”…

Mio zio, che invece era di Prato, e non credeva a queste stronzate, prendendolo per il culo, gli diceva che quel suon disturbante “di fondo” era soltanto un agricoltore col suo mulo a spaccar le pal(l)e e il sonno dei poveri fessi troppo “dormiglioni” e coglioni.

Comunque sia, ogni credulone è bello a mamma sua, forse ci sarà il Sole nelle stanze in fondo agli occhi tuoi, amore che non ha più sogni…

Storie e “lotte” di uomini po(po)lari…

Di lune “rudi”, da lupi abbaianti perennemente la voglia di (ri)scatto, di grintosa fame libertaria, ribellanti per non farsi sbranare da una bigotta mentalità schiacciante, per fuggir lontano, anche sol (dis)illusi, da un ambiente che opprime, soffoca le ali ai sognatori nati virtuosi di poesia nell’anima, ché non possono accettare una vita “grama” e, allora, al Nord emigrano per far sì che riesploda grandissimo il (ri)piacer(si), dopo il temporale e la grand(in)e… caduta degli “dei”… e delle leggende a cui non crede più nessuno, perché si son tutti imborghesiti nel tirar a campare, perché si riaccenda il ritornante (co)raggio rifulgente d’una speranza che non s’afflosci, che pur fioca rifiocchi migliore nell’infuocarsi nitrente un amore superiore…

 

Io di te, io di te non mi stancherei mai…

Forse amore o forse amore… sei ora sei amore immenso, sei disincanto…

Tu sei…

Io con te, io con te 

a prescindere che 

tutto quello che volevi 

trova spazio dentro me, 

sogna ancora amore mio 

frase di canzone 

che spinge all’emozione 

 

Molti mi chiedono dove io trovi sempre la forza di vivere.

Io la trovo nella poesia.

 

Accosto Mango e le sue canzoni al finale de L’ultimo dei mohicani.

Perché è… “(de)fu(nto)” un uomo di un’altra era, con le sue origini che combatte/é affinché ogni purezza non sia/fosse deturpata, perché ogni anima non venga violata. Vola/i via!

Se i cattivi vogliono uccidere i sogni, il “padre” s’incazza, se gli ammazzano il figlio, se una figlia dei “fiori” muore per le brutalità d’un mondo crudele, dalla “cancrena” delle amarezze, risorge il furore e, crepitando la rabbia potente nei c(u)ori vin(ci)t(or)i, questo è l’immenso Michael Mann, questo per me è anche Mango…

Buonanotte.

Un altro giorno nella vita.

 

 

ultimo dei mohicani Daniel Day-Lewis Last of the Mohicans

 

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