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THE IRISHMAN: il carisma di Bob De Niro, la forza sovrumana di Pacino, Leo Gullotta doppia Pesci e io sto vivendo una mistica estasi-ascesi da Gladiatore stalloniano


30 Oct

brando padrino de niro padrino parte seconda

Questa mia vita è stata un Casinò. Ah ah.

S’è attuato in me, nella mia fisiognomica apparenza e anche nella potenza della mia romantica irruenza, un putiferio.

Sono scalmanato, devo darmi una calmata.

Pochi giorni fa, esattamente la settimana scorsa, senza sprezzo del pericolo mi sono indiavolato, no, involato per Roma. Di solito, si usa il verbo involare quando si prende l’aereo ma molta gente mi disse che persi il treno e invece, puntuale come un orologio svizzero, salii su quello di Italo con enorme charme, sedendomi nel posto assegnato in carrozza. Al mio fianco, una bella fanciulla orientale. Sul posto davanti, una che sul pc portatile stava guardando Shutter Island. Alla mia sinistra una strafiga che, per le due ore e un quarto di mio viaggio da Bologna a Roma, non ha smesso un solo secondo di fare su e giù con la scarpa destra, modulandola su movimento basculante di caviglie così sensuali da lasciarmi stecchito. Eccitandomi a morte.

Stazionai non alla stazione, ah ah, ma in un albergo di Via Flaminia, detta dai romani anche Via Flaminio poiché il quartiere si chiama Flaminio.

Certo che questi romani si complicano la vita. E ogni via porta alla capitale, ah ah.

Ero molto teso. Sono un accreditato stampa, sì, grazie alle mie pindariche collaborazioni giornalistiche, ai miei scritti monografici su Scorsese, De Niro, Carpenter e chi più ne ha più ne metta, dopo il Festival di Venezia, mi sono sparato pure quello di Roma in mezzo alla stampa. Che figata.

A Roma, però, avendo ricevuto in ritardo la conferma via mail dell’accredito, da me poi ritirato opportunamente al desk, come sapete, ho visionato solo The Irishman.

Adesso passiamo al remoto passato, centurioni, miei uomini gladiatorii come Russell Crowe, poiché Roma è la città eterna e nel suo fastoso passato imperiale ancora si riverbera! Ah ah.

Miei prodi, al mio “ciak” scatenate l’inferno. Ah ah.

Piazzai la sveglia alle sei e mezza.

Dopo essermi destato di soprassalto per colpa, appunto, del casino infernale della suoneria, mi vestii in tutta fretta, raccolsi opportunamente tutti gli oggetti personali e mi diressi alla volta dell’Auditorium. Ma prima bevvi un caffè alla John Goodman de Il grande Lebowski, sorseggiandolo nell’adocchiare l’ottima milf barista.

La osservai senza dare nell’occhio, anzi porgendole di sottecchi l’occhiolino. E pensai, fra me e me, questa è bona forte. Poi aprì bocca e compresi che era solo una popolana. Sì, di seno stupenda come la Ferilli ma, alla pari della Sabrinona nazionale, sboccata, farsesca, volgare e troppo burina.

Insomma, un’Anna Magnani ficcata in caffetteria nell’urlare ai suoi clienti:

– Volete i cappuccini? Pagateli, sennò andate a pigliarvelo inter-culo.

 

Sì, una donna simil-Christian De Sica.

Al che, dopo aver deglutito il bollente caffè saporitamente zuccherato, di lì a poco sudai freddo.

Cazzo, me in un ambiente di conoscitori altolocati di Cinema. Minchia, la paura scoccò a novanta ma avvistai in prima figa, no, a fare la fila, una ragazza più terrorizzata di me. Fu la sua prima volta al festival.

Solo a Roma, però, no, non è vergine. Se vi dico che è così è perché lo so. Ah ah.

Perlomeno, sessualmente non lo è più. Perché venne con me o perché, dopo essersela fatta nelle mutande per l’imbarazzo di trovarsi al cospetto di critici con tanto d’attestati, guardandomi negli occhi miei, languidi poiché parimenti intimiditi, si sciolse in mezzo alle gambe?

Non lo so e non sono cazzi vostri.

Fallo sta, no, fatto sta che dopo i primi, comprensibili timori iniziali e qualche pudica titubanza, dopo essermi sorbito un cinefilo mezzo matto, entrai in Sala Petrassi con tre quarti d’ora d’anticipo rispetto all’erezione, no, polluzione, no… proiezione di The Irishman.

Cosa urlò il matto cinefilo? Siete curiosi? Quanto segue:

– Questo film sarà un capolavoro e abbasso i cinecomic. Evviva Netflix che ha permesso a Scorsese di realizzarlo. La dovrebbe finire anche Francesco Coppola, Francis Ford, di schierarsi contro i film di supereroi. Avete sentito che cos’ha detto ieri? Che i cinefumetti sono spregevoli! È solo un rimbambito!

 
Dunque, una donna con le palle gli rispose con estrema acredine e severità impietosa, zittendolo subito e ricevendo la standing ovation di tutti noi:

– L’unico rintronato sei tu. Fa freddo, stiamo facendo la fila, non sappiamo se riusciremo a entrare. Torna al tuo posto e non sbraitare, villain!

 

Io ebbi il pass giallo come quello di Francesco Alò. Il passa giallo è di “serie b”, nel senso che si dà ai giornalisti online che non scrivono per il New York Times. Quello blu è riservato ai critici “di risma” internazionale.

Ma per piacere. Il pass blu è fighissimo e io al semaforo non passo mai col rosso. Ah ah.

Pensate che sia finita qui? Macché. Entrammo quasi subito, sì, noi “gialli”.

Ora però devo dirvi questo. Se le maschere e quelli della sicurezza ti lasciano entrare, significa che in sala ci sono posti liberi a sedere e, solamente a sala piena, bloccano ogni altra entrata. Per cui i ritardatari stanno fuori.

Ma, dinanzi a me, vidi un gruppo di ragazzini ipereccitati che gridarono tutti assieme appassionatamente:

– Saliamo le scale in fretta e di corsa, altrimenti ci perdiamo il film!

 

Fu a quel punto che compresi l’abisso come Adso da Melk de Il nome della rosa:

be’, se sono critici intelligenti questi, io in mezzo a tali ritardati sono il più grande critico del mondo. Sì, intimamente li criticai, considerandoli scemi, stroncandoli di pallino vuoto. Cazzo, se siete entrati nell’atrio, significa che vedrete il film. Se no, vi lasciavano fuori. Ma forse voi, fuori, lo foste dalla nascita.

Questa sarebbe l’intellighenzia italiana?

Comunque, io salii le scale con calma olimpica. Mi sedetti a fianco d’un gentilissimo signore distinto.

Ma, ancora una volta, dio della madonna, non fatemi bestemmiare, accanto me vi fu un’altra gnocca mai vista. E, prima che si spegnessero le luci, odorai il suo Scent of a Woman, facendo finta di non vederla, cioè di essere cieco come al Pacino del film suddetto ma, ve lo posso dire, la sentii tutta. Eccome.

Un’emozione impalpabile, indescrivibile come quella che provai alla fine di The Irishman. Insomma, il classico orgasmo da pure sensazioni a palle, no, a pelle. Liquide come il piacere di essersi goduto un filmone estasiante da farti (s)venire.

Ora, amici, non so se nella vita sia meglio un filmone o un figone ma, nel dubbio, io sceglierei entrambi.

Avete mai visto Over the Top?

Prima di Giancarlo Giannini, Ferruccio Amendola doppiò spesso, oltre a Stallone, anche Al Pacino.

Secondo me, sì, è un film puerile, Over the Top.

Ma rimane un mio cult.

Bull Harley dice a Sly che lo storpierà perché è merda di porco.

Sly, prima di battersi con Bull, ebbe davvero paura di non farcela. Se avesse perso l’incontro, avrebbe perduto tutto.

A me ha sempre emozionato la scena in cui Sly vince e Bull Harley gli stringe la mano. Porgendogli uno sguardo fra l’abbattuto e il sommesso-commosso, come per dirgli:

sei davvero più forte di me.

 

Bene, sono tornato a Bologna. Solita vita.

Uno vuole la recensione di tutti gli episodi de Il metodo Kominsky 2, un altro invece vuole la recensione di Dolemite Is My Name.

Scusate, devo rispondere a una telefonata, anzi no.

È la solita rompiballe. So io cosa vuole questa…

 

di Stefano Falotico

 

padrino pacino keatongladiatore crowe

 

OVER THE TOP, Sylvester Stallone, Rick Zumwalt, 1987

OVER THE TOP, Sylvester Stallone, Rick Zumwalt, 1987

Top AL PACINO performances: from The Panic in Needle Park to the IRISHMAN, adesso parla il tenente colonnello Frank Slade


25 Aug

al pacino

Allora, bimbi, bambagioni, direttori e rettori di università e college per liceali farisei che prima studiano teologia e fanno i moralisti, elevandosi a pontefici, e poi guardano segretamente scene non propriamente cristologiche in film non certamente da Oscar con la straordinaria April Flowers di Fast Times at Deep Crack High Vol. 1, ebbene, non venite… a farmi la morale.

Voi non sapete un cazzo della vita vera, sentita, respirata, delle patite inculate e delle grosse scorpacciate di cioccolato/a come dice Al Pacino ne L’avvocato del diavolo. Ah ah.

Voleste addivenire, col vostro presuntuoso discernimento e le vostre malate congetture, alle ragioni che stettero alle origini della mia lunghissima cecità emozionale, faceste dell’insana dietrologia riguardo le mie ansie da lupo solitario che consolò le sue nevrosi, le sue nevralgie, le sue amletiche notti insonni nel perpetuo mutismo di un’auto-segregazione di tutto.

Di tutto… celebrandosi nel buio e nel lutto. Farabutti! Ah ah.

Divenni monosillabico, non spiccicai parola sebbene le due sillabe più importanti che esistono sulla faccia della terra, ah sì, io ho sempre saputo, anzi, seppi quali erano e saranno sempre, cioè FI-GA. Ah ah.

Sì, la mia vita dal rosa virò al colore seppia ma voi di me nulla sapeste. Donna, lo sappia. Ah ah.

Anzi, lo stappi.

Sì, ho sempre saputo, ribadisco, qual era la retta via da imboccare ma, come Alighieri Dante, mi smarrii in una selva oscura. E ad April lo infilerei solo ritto nel retto.

Ah ah.

Sì, sono un amante mai visto di April Flowers, posso regalarvi anche qualche dvd suo di sorca, no, di scorta poiché non mi servono più a un cazzo. Ah ah.

La smettesse perciò quella donna suora a volermi impartire regole. Dovrebbe anche cambiare profumo poiché io voglio solo tirarmela… di più. Ah ah.

Son stanco delle sue reprimende tremende, dei suoi discorsi chiesastici, la sua retorica è solo un’enorme sega che non porta al godimento schietto dell’essere. Ah ah.

Sì, quella donna è frigida soprattutto nel cervello. Sì, è molto colta, intelligente oltre ogni dire ma la dovrebbe finire di redarguirmi ed ardermi. Con qual ardire si permise infatti di guardarmi e di giudicarmi? Perché mai volle farsi gli affaracci miei? Ah ah.

Sì, è arrivato Frank Slade, l’uomo che col solo potere tonante del suo carisma bestiale da uomo che sa il “falò” suo, in pochi minuti distrugge, annienta, annichilisce ogni sconcia, bugiarda castità, ogni falsità di tutte le false zie.

Abbattendo ogni stolta e ottusa ipocrisia.

Faceste le serpi ma io sono Serpico.

Siamo tutti peccatori e io metto, eccome, la lingua nella vostra mela.

Ah ah.

april flowers fast times deep crack high

 

di Stefano Falotico

La famigliola di parenti serpenti nel Cinema, dal Padrino a Ti presento i miei, da La Famiglia Addams ai Tenenbaum


13 May

brando padrino

Sì, la famiglia è fra i primi posti nella gerarchia dei valori italici.

Quasi tutti gli uomini e le donne non si offendono quasi mai, a meno che non siano dei permalosi incendiari, se subiscono provocazioni goliardiche. Anche se vengono apertamente derisi, arrivati all’età della ragione, in seguito a queste smodate offese, non si scompongono più e, appunto, non sragionano.

Se le offese sono meritate e non gratuite, se le critiche non sono figlie dell’invidia, dell’ipocrisia oppure generate per malevolenza calunniosa, un uomo maturo sa che deve accettarle. Fanno parte del gioco della vita. Non si può pretendere di essere affascinanti come Marlon Brando di Un tram che si chiama desiderio se madre natura invece ci ha reso Rick Moranis.

Detto questo, se invece si va a toccare la famiglia, ecco che sia gli uomini che le donne s’infoiano bestialmente e danno libero sfogo a tutto il peggio di loro stessi, arrivando a bassezze incredibili:

– Che cosa? Come ti sei permesso di dare della puttana a mia moglie? Io ti accido!

 

E voi donne la dovreste per una buona volta finire d’insultare la signora Monica Bellucci. Sputandole addosso infamie e cattiverie inusitate. Bona è bona, fa veramente schifo da quanto è ancora bona nonostante l’età non più giovanissima. Che poi sia un’attrice del cazzo è un altro discorso.

Ma sfido qualsiasi uomo a non voler giacere con lei. Semmai, dopo una tiepida, intima cena al Ristorante Trattoria Peppone il pepato e forse il pippaiolo.

Sì, Peppone è uomo comunista che se ne frega dei puritanesimi di Don Camillo. E, oltre a far il sindaco, insindacabilmente nel tempo libero prepara primi piatti alla puttanesca conditi con olio piccante, serviti ai clienti infreddolitisi per colpa del rigido inverno ma già scaldati nell’afrodisiaco lor gustarsi di sguardi assai roventi, come dico io, ardenti e al dente come il buco dell’ozono e anche di qualcos’altro.

Ah, si leccano i baffi…

Peppone, sposato a Peppina, è uno stalinista dello zoccolo tosto che dà all’uomo una felicità robusta e culinaria in senso lato anche b del termine.

Ecco, ma non dilunghiamoci nelle sognanti, fumanti notti impossibili con Monica Bellucci, miei bellocci.

Qui si parla di famiglia. Io per Monica, sì, rinuncerei a ogni sogno di gloria, sposandola, pure spossandola e lavorando duro… come un negro pur di metter su con lei una generazione matriarcale. Sì, rinunzierei a ogni ambizione artistica se mi chiedesse di stare con lei finché morte non ci separi.

O ci spari nel caso in cui Monica s’innamorasse di Al Pacino di The Godfather poiché sarebbero cazzi miei se mi opponessi da bravo, non so se goodfella, alla promessa sposa del siculo re dei mafiosi.

Un vero Don Rodrigo, un cafone signorotto che vuole fottere tutti e tutte.

Sì, Michael Corleone mi griderebbe:

– Monica deve accavallare le gambe solo per me. Altrimenti taglio la testa al toro della tua sessualità da cavallo. Cioè ti amputo i testicoli, testone! Caprone, zuccone.

 

Provate a replicargli che vostra moglie, presto sua futura consorte, non gli farà manco un pompino e le funebri pompe vi aspetteranno dopo tre secondi netti.

No, se la pigliasse pure. Ci tengo alle mie palle.

Ma, a parte gli scherzi, sì, la famiglia del Padrino è tremenda. Se uno nasce in una famiglia così, sì, potrà avere la strada spianata per la ricchezza ma pure la reputazione rovinata anche se dovesse diventare il nuovo redentore e sua figlia divenisse Madre Teresa di Calcutta.

– Chi? Non ci crede nessuno che quello sia un santo e sua figlia una missionaria. Quella è una famiglia di ladri, assassini, di criminali incalliti e imperdonabili.

 

Sì, ecco la gente mafiosa che spettegola sui figli pentiti dei mafiosi impuniti. E questa gente non si pente!

Dio mio! Solo pene… linciaggi e sentimenti melodrammatici da tragedia napoletana si mischiano fra tarallucci e vino.

Dunque, se nascete in una famiglia di questo tipo, fatevi subito il segno della croce come Paul Vitti di Terapia e pallottole e, se non siete nell’animo dei gangster, sparatevi in testa.

Ma quale famiglia?

La famiglia dice peste e corna, di richieste t’impesta e tuo fratello è geloso come De Niro di Toro scatenato, come Pacino di Scarface.

Insomma, non si salva nessuno. Il principe Carlo è figlio di una a cui credono solo gli inglesi mentre noi italiani lo consideriamo un babbeo.

In Italia nessuno vuole lavorare. Nemmeno in Inghilterra. A dirla tutta, da nessuna parte, qualcuno ama il lavoro. Mettiamo però per ipotesi che a Carlo venisse voglia di lavorare, cazzo, gli darebbero ancora di più del coglione. Quest’uomo è spacciato per colpa della sua dinastia nobile della minchia.

I figli de La famiglia Addams amano il Cinema di Tim Burton, i figli di Berlusconi amano pure le Escort con cui è stato il padre. Come no?

Un gran puttanaio, diciamocela.

Ah ah! Siamo tutti, chi più chi meno, rovinati.

I figli degli avvocati se decidono di fare gli operai vengono diseredati, i figli degli operai se vogliono fare gli avvocati penalisti vengono considerati degli stronzi dai parenti che urlano loro:

– E tu guadagni un mucchio di soldi, condannando un cristiano del cantiere popolare che ha dieci figli? Vergognati! Adesso andremo da tutti i muratori della città a dire loro che devono murarti vivo!

 

Le figlie delle zoccole diventano più mignotte delle madri, i figli dei gastroenterologi curano semmai tutti ma non riescono ad alleviare il mal di panza loro perché la moglie, una modella analfabeta, li ha traditi con un disoccupato malato terminale che, in quel momento, aveva bisogno di un’ultima botta.

Davvero, è tutto uno schifo. Una merda collettiva.

E gli infermieri dove stanno? Chiamate il pronto soccorso!

È una società impazzita.

Ma io ballo, sculettando.

Io so come va il mondo… figli miei. Ah ah.

 

di Stefano Falotico

TOP TEN Al Pacino


05 Nov

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Ebbene, oggi parliamo di Alfredo James Pacino, indubbiamente, e sfido chiunque a smentirmi, uno dei più grandi attori della storia del Cinema.

Quali sono a mio avviso le sue dieci più grandi interpretazioni?

Partiamo col dire che è difficile trovare, nella sua filmografia, una brutta interpretazione. Semmai, ovviamente, con l’andare dell’età, di ruoli migliori gliene sono stati offerti sempre meno, quindi negli ultimi vent’anni è incappato in film assai mediocri e abbastanza invedibili. Eccezion fatta per i suoi superbi lavori per la HBO.

Anche se, come sapete, il prossimo anno, quando compirà la bellezza di settantanove anni, uscirà con i due film più attesi in assoluto della stagione, vale a dire The Irishman di Scorsese e Once Upon a Time in Hollywood di Quentin Tarantino.

Mica male per un vecchione, eh eh. Che poche settimane fa si è messo assieme a una che potrebbe essere la sua nipotina. Ci dà, Al, ancora un mandrillone!

Dunque Al, nonostante l’inesorabile trascorrere del tempo e nonostante non sia più quello di una volta, ha ancora il suo ottimo perché.

Ma passiamo alla classifica. Otto nomination all’Oscar ma, scandalosamente, solo una statuetta. E nel suo carnet può dire e vantarsi di essere uno degli attori con più candidature ai Golden Globe di sempre, ben diciassette!

La sua migliore performance, a mio parere, è quella di Cruising. Specie nella seconda fase della sua carriera, Al è stato famoso per i suoi lunghi monologhi, vedi L’avvocato del diavolo e Ogni maledetta domenica. Gigioneggiando a briglia sciolta. In Cruising, invece, parla poco, è molto sulle sue e comunica quasi esclusivamente attraverso lo sguardo.

Come diceva Marlon Brando, un grande attore non ha bisogno di troppe parole. È nella forza del suo sguardo che si vede la potenza recitativa.

Al secondo posto, il mitico, terrificante Michael Corleone della saga de Il padrino.

Al terzo e quarto posto, Scarface e Carlito’s Way.

Quinta posizione per il suo Vincent Hanna di Heat.

Non so se ci avete fatto caso, eccezion fatta per Il padrino, ho citato sino a questo momento tutti film per cui è stato oscenamente ignorato dagli Academy Awards…

Settimo posto per un film del quale non parla più nessuno: Lo spaventapasseri.

Dunque ci mettiamo Sonny di Quel pomeriggio di un giorno da cani.

Passiamo al magnifico Donnie Brasco.

E finiamo con Seduzione pericolosa. Ah ah.

Come? E che fine ha fatto Scent of a Woman? No, secondo me non entra fra le prime dieci posizioni.

Se non vi sta bene, andate a fare in culo. Uahh!

E ora sparatevi pure questo video!

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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